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Interculturalità nel Mediterraneo PROF. FRANCESCO TORRE UNIVERSITA’ DI BOLOGNA
Interculturalità nel Mediterraneo risponde ai programmi della strategia comune europea per la regione mediterranea.
Che cosa è l’interculturalità?
Interculturalità è una parola di uso recente, ma rappresenta da sempre una realtà abituale nel mondo mediterraneo.
Homo habilis
2 milioni di anni
La interculturalità nacque con i primi ominidi che lasciarono l’Africa e invasero l’Europa e l’Oriente.
Seguì poi con l’uomo di Neanderthal che venendo dall’Africa mescolò la sua cultura a quella europea e orientale.
Infine il Sapiens sapiens 40 mila anni fa, sempre proveniente dall’Africa, culla della cultura, attraverso l’oriente incontrò il Neanderthal in Europa e Asia e convisse con lui per 8 mila anni. Il Neanderthal scompare32 mila anni fa. Culture di continenti diversi che si mescolano e si rigenerano, culture che ancora oggi non si monopolizzano ma rimangono separate e arricchite .
Quando inizia nel Neolitico il commercio dell’ossidiana nel mediterraneo, e quindi la navigazione, esplode la prima grande interculturalità. Popoli diversi si scambiano armi, merci, costumi e culture. Inizia la prima relazione interculturale: culture o individui diversi si riconoscono reciprocamente pari dignità, pur nelle loro
evidenti differenze.
Con le grandi civiltà del Mediterraneo, Egizi, Greci, Fenici, Romani, Cartaginesi, pur nelle differenze culturali, si cerca di organizzare una convivenza sociale che ne salvaguardi la ricchezza.
Il tentativo è stato quello di convivere nel rispetto: conoscere l’Altro, capire cosa si pensa e si prova con un’altra lingua, altre credenze, altri costumi e un’altra storia. Si trattava di rendere comprensibili all’Uno i comportamenti e le credenze dell’Altro: in una relazione interculturale ogni fatto andava interpretato in base ai suoi presupposti storico-culturali. I greci impararono molto dai romani in fatto di organizzazione militare e i romani impararono dai greci l’arte, la cultura , la filosofia, la scienza. I fenici e i cartaginesi insegnarono il commercio, e i romani la guerra e le armi. Nessuna di queste culture si è fusa con un’altra, ognuna ha rispettato l’altra. Dai tempi del Profeta cristiani, musulmani ed ebrei irrobustiscono le loro rispettive identità in una relazione interculturale, che tutto ha prodotto tranne la fusione in una cultura unica.
Ogni tradizione culturale si arricchisce grazie all’incontro con altre culture, e la multiculturalità è stata la condizione normale di tutte le culture del passato, una volta superata un’eventuale fase iniziale di isolamento.
Se oggi i fenomeni migratori ci sembrano nuovi e preoccupanti, è perché non ci siamo ancora liberati di alcune aberrazioni ideologiche nate nella modernità, come l’idea di far coincidere la realtà-società con l’omogeneità etnica o l’idea dello stato-nazione: un principio teorico irreale nel quale lo “straniero” è ammesso solo nella forma deludente del principio di tolleranza.
La relazione interculturale è una prospettiva globale, a partire dalla quale è possibile prendere in esame sia la relazione interpersonale, sia la concezione della società, sia i rapporti tra persone, società, stato. Alla base di qualunque fatto sociale o relazione c’è infatti la persona (non l’individuo delle teorie), e la persona è la sua cultura. E questa cultura è sempre, in maggiore o minor misura, inclusa in una tradizione, mentre può non coincidere con l’etnia nel cui seno si è fisicamente nati.
Quando andai a insegnare all’Università di Tunisi 2 per un Progetto Europeo, vi posso dire che mi sentivo maggiormente a mio agio a Tunisi che nella mia Università di Bologna. Tunisi mi sembrava casa mia. Oggi si devono trovare terreni comuni per una migliore convivenza tra le differenti culture del mediterraneo. Naturalmente, non tutte le relazioni tra popoli hanno carattere interculturale, come è evidente nei casi di ghettizzazione o di apartheid, o nelle guerre tra culture, in cui si mira all’annientamento dell’Altro. Ho vissuto 3 anni con l’Apartheid in Sud Africa e so cosa significa. Perché vi sia una relazione interculturale è necessario che, a livello individuale o collettivo, due culture si riconoscano legittimamente pari dignità, pur nelle loro evidenti differenze.
L’interculturalità non mira all’eliminazione delle
differenze tra due tradizioni, né cerca di creare una
terza cultura ibrida o forme di sincretismo; al
contrario, parte dall’accettazione delle differenze e
si occupa, in primo luogo, di organizzare una
convivenza sociale che ne salvaguardi la ricchezza.
Ora, la prima condizione per realizzare la
convivenza dei diversi in un ambito sociale unico è
capirsi: la prassi dell’interculturalità sfocia
immediatamente nella questione teorica di
conoscere.
L’Università è il grande veicolo nobile
dell’Interculturalità.
E’ quello che vogliamo creare a Trapani con l’Università del Mediterraneo, dove
pensiamo che un ruolo importante deve essere lasciato ai nostri fratelli del Nord
Africa e del Medio Oriente. Abbiamo pensato la creazione di corsi e di Laboratori
di ricerca che possa coinvolgere studenti di Tunisi, Algeria, Marocco, Palestina e
Medio Oriente. Attraverso obiettivi comuni, come l’archeologia, la Biologia
Marina , il Turismo, la Medicina, l’Energie alternative e l’Agricoltura bio -
sostenibile.
L’archeologia del Mediterraneo parla la storia comune con il Nord Africa e la
Palestina. Le più grandi battaglie navali della storia antica del Mediterraneo sono
state combattute tra romani e cartaginesi. Quella delle Egadi del 241 a.C. I più bei
siti archeologici tunisini sono romani, e i più grandi e importanti mosaici al mondo
sono romani e si trovano in Tunisia. In Siria e Palestina abbiamo vestigia romane,
vedi Palmira. La nostra storia e la storia dei paesi del Nord Africa e del Medio
oriente, ed è per questo che dobbiamo sviluppare cultura assieme. Il piatto più
famoso della nostra provincia il Cos Cous è tunisino. La stessa parola Alcamo o
Marsala sono arabe. La Palestina è stata fonte di grandi flussi culturali e
commerciali. Tutta la nostra storia in Provincia di Trapani si rifà alla presenza dei
Fenici. I siti archeologici più importanti della Provincia di Trapani e Palermo
parlano la lingua fenicia: Panormus, Mozia, Solunto, Lilibeum (l’antica Marsala),
Erice, Trapani, sono stati i porti e le città più importanti dei grandi navigatori e
commercianti fenici.
Tutto s’intreccia in nel magico mondo dell’incontro
culturale tra i popoli del Mediterraneo.
Dai tempi del Profeta, cristiani e musulmani, per
non dire degli ebrei, irrobustiscono le loro
rispettive identità in una relazione interculturale,
che tutto ha prodotto tranne la fusione in una
cultura unica. Ogni tradizione culturale cresce e si
arricchisce nella storia grazie all’incontro con altre
culture.
L'allargamento delle rotte commerciali e l'incontro con altre civiltà; alcune delle quali ostili furono la causa della creazione di colonie in Africa settentrionale, in Spagna, in Sardegna e in Sicilia, che dovevano fornire protezione militare e rifornimenti alle navi. In relazione a questo tipo di colonizzazione furono poste le fondamenta di Mozia, di Palermo e di Solunto. Attraverso il commercio del sale e del pescato Mozia diventò un fiorente insediamento fortemente legato a Cartagine.
• La città è collocata sul lato orientale del Lago di Tunisi. Secondo una leggenda romana, fu fondata nell'814 a.C. da coloni fenici provenienti da Tiro, guidati da Elissa (la regina Didone). Divenne una grande e ricca città, molto influente nel Mediterraneo occidentale, fino a scontrarsi con Siracusa e Roma per l'egemonia sui mari. Le prime battaglie navali coinvolgenti il popolo cartaginese, infatti, furono le cosiddette guerre greco-puniche, poi quelle romano-puniche; la battaglia delle Egadi è stata la più importante della storia antica del Mediterraneo.
• Dalla Tunisia, dalla patria della regina Didone, è partita la Primavera Araba.
Oggi il Mediterraneo ritorna al centro della Storia, perché tutto è cambiato dopo la Primavera araba, per noi e per loro. Una narrazione letteraria che racconta di coloro che hanno preso in mano il futuro, sfidando morte e ingiustizia. Con le rivoluzioni arabe e i movimenti contro crisi e austerità che le ha accompagnate, questa parte del mondo è diventato il fulcro del cambiamento, dove si sperimenta un nuovo progetto di civilizzazione.
Doveva essere una primavera di riscossa e cambiamento invece ha portato morte e lutti. Ma quello che fa più paura all’Europa è questo. Scene che colpiscono i nostri cuori, le nostre culture, i nostri sentimenti di uomini civili.
O forse questo Scene di pura follia e crudeltà
Che hanno portato a questo grande commercio di uomini e di perdite di vite umane.
Noi desideriamo vedere queste altre scene.
Questo è ciò che vogliamo che i nostri figli imparino a vedere.
Oggi invito tutti a sperare che il futuro immaginato a Palermo e spero domani proiettato nelle piazze delle città del Mediterraneo, sia l'inizio di un percorso sociale, culturale e politico comune. Più giusto, più onesto, più democratico, più umano, più interculturale. Più mediterraneo.
E’ questo il futuro che ognuno di noi spera di lasciare ai nostri figli e alle future generazioni.