principessa piccolina

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Ulf Stark Principessa piccolina illustrato da CARLA MANEA traduzione di PINO COSTALUNGA

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Page 1: Principessa piccolina

“PERCHÉ UNA MINUSCOLA PRINCIPESSA DALLA VOCE INCANTEVOLE SE NE STA SEMPRE CHIUSA TRA LE MURA DEL CASTELLO?

SARÀ UN RE, UN CAPITANO O MAGARI UN PRINCIPE VENUTO DAL MARE, A CONVINCERLA CHE L’AMORE RENDE BELLA OGNI DIVERSITÀ?”

I S BN 978-88-472-1842-0

9 7 8 8 8 4 7 2 1 8 4 2 0

euro 10,00

Le abbiamo cercate per te, piccole storie preziose per arricchire la mente e il cuore.

ogni libro un tesoro

Ulf StarkPrincipessa piccolina

Ulf Stark

Principessa piccolina

illustrato da CARLA MANEA

traduzione diPINO COSTALUNGA

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Direttore di collana: Patrizia CeccarelliRedazione: Lorenzo Augelli, Emanuele RaminiTeam grafico: Claudio Campanelli

www.raffaelloragazzi.itwww.grupporaffaello.it

email: [email protected]

© 2012

Tutti i diritti riservati.

Raffaello Libri SrlVia dell’Industria, 21 - 60037 - Monte San Vito (AN)

Prima edizione: ottobre 2012 stampato presso: Gruppo Editoriale Raffaello

Con il patrocinio del Comune di Vicenza

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Prefazione di Pino Costalunga

Vicenza è la mia città. È bellissima, come tutte le città italiane. Non è grande, ma questo non le impedisce di essere piena di storie meravigliose. Ne puoi trovare molte, nascoste nei palazzi antichi della piazza o del Corso, sotto i portici, dentro gli androni o spiando dalle finestre. Op-pure sul palco in legno del Teatro Olimpico, il più antico teatro coperto del mondo, dove queste storie rivivono, ogni anno da cinque secoli, sotto forma di fiabe recitate e musicate. O nelle statue di pietra e negli affreschi delle ville palladiane, che sorgono numerose sulle dolci colline intorno alla città.Ed è proprio in una delle ville vicine a Vicenza che inizia anche la nostra storia, anzi le nostre storie: perché le storie in realtà sono tre!

In un giorno di maggio di qualche anno fa, avevo portato un amico - e questa è la prima storia - a fare una passeggiata a Monte Berico, così si chiama la collina che sovrasta la città. Prima di arrivare all’antica chiesa barocca che si trova sulla sommità del monte, abbiamo infilato una stradina stretta che sbuca proprio davanti a una villa meravigliosa, circondata da un alto muro di cinta su cui spicca una lunga fila di nani in pietra. È Villa Valmarana detta “ai Nani”.

Dovete sapere che l’amico che era con me è uno che ama molto le storie. Si chiama Ulf Stark ed è un bravissimo scrit-tore. Quel giorno però sono stato io a raccontargli una storia, perché questo mio amico vive in un’altra città, Stoccolma, che si trova in Svezia, e non conosce le storie di Vicenza. Così, quando mi chiese cosa ci facessero tutti quei nani di pietra sul muro della villa, gli raccontai la leggenda di Jana, la principessa nana.

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Principessa piccolina

E questa è appunto la seconda storia.Si dice che fra le mura di quella villa, molti e molti anni fa, vivesse una Principessa Nana che si chiamava Jana. I suoi genitori, affinché la figlia non si accorgesse di essere diversa da tutti gli altri, le prepararono una piccola stanza con mobili adatti alla sua statura e la circondarono di ser-vitori nani, raccomandando loro di non farla mai uscire dalla villa.

Un giorno però, un bellissimo principe passò di là, Jana lo vide e se ne innamorò. Nello stesso momento si rese conto dell’inganno in cui era vissuta fin da bambina e, convinta che non avrebbe mai potuto coronare il suo sogno d’amore, si gettò dalla torre e morì. I nani suoi servitori, per il dolore, si trasformarono in statue di pietra.

A Ulf quel finale non piacque, gli sembrava troppo triste, e decise di cambiarlo.

Inizia così la terza storia, quella che Ulf Stark mi ha raccontato e che io ho tradotto per voi. La città è un po’ diversa da Vicenza e la principessa cambia nome, si chiama Jahviz e non Jana - per forza: è una fiaba che arriva da Stoccolma e là mica parlano italiano! - ma sarà comunque una bellissima storia e resterà per sempre ad accarezzare i muri di Villa Val-marana.

Buona lettura!

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Ulf Stark

Principessa piccolina

illustrato da CARLA MANEA

traduzione di PINO COSTALUNGA

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– Ohi, ohi, ohi – sospirava il re. Se ne stava seduto sul suo trono

dorato e si dondolava, perché faceva bene alla circolazione,

così diceva il suo dottore. E poi si grattava l’orecchio destro.

Sua moglie, la regina, che gli stava seduta a fianco, si grattava

invece l’orecchio sinistro.

Lo facevano sempre quando erano preoccupati.

E cos’era dunque che li preoccupava?

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Avevano un piccolo regno davvero bello, con chiese e case di pietra.

C’erano anche forni per fare il pane, orologiai, botteghe e negozi di

ogni tipo.

Sulle verdi colline al di fuori delle mura della città pascolavano le

mucche, i cavalli e le pecore. E se si guardava fuori dalla finestra della

torre del castello si poteva vedere il mare stendersi verso l’orizzonte

come un’immensa coltre di seta blu.

Era proprio dal mare che arrivavano le navi dai paesi lontani per

trasportare il caffè, la cioccolata, i confetti turchi e tutto quello che

piaceva tanto alla coppia reale.

Tuttavia il re e la regina si lasciavano andare a lunghi sospiri

e si grattavano e stiracchiavano così tanto le orecchie che i lobi

erano arrivati fin quasi alle spalle.

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Il fatto è che per tanti anni avevano tentato di avere figli, ma non

c’erano mai riusciti, nonostante avessero interpellato sapienti

provenienti da ogni parte del mondo. Arrivavano in processione

continua, borbottavano sotto i peli della barba e bollivano pozioni

puzzolenti, consultando grossi libroni dai quali usciva tanta di quella

polvere che faceva starnutire la regina.

Il re e la regina seguivano con grande scrupolo gli strani consigli dei

sapienti: ogni sera, per esempio, mangiavano cibi così piccanti che

accendevano il fuoco in bocca.

Poi si mettevano a dormire sotto sette

copriletti di piume di cigno.

E ogni mattina la regina se ne stava a

testa in giù e gambe all’aria, cosa che

la rendeva davvero ridicola.

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Poiché niente di tutto ciò funzionava, fecero chiamare una vecchia

che aveva fama di maga. Arrivò dal bosco zoppicando, con in spalla

un sacco pieno di erbe selvatiche. Si sedette davanti al re e alla regina

e, senza neppure salutare con un “Buon giorno maestà!”, chiese:

– Perché mi avete fatto chiamare?

Il re, che non gradì quel comportamento da maleducata, dichiarò di

non credere affatto alle magie e di ritenerle tutte stupidaggini prive di

fondamento scientifico.

La regina invece disse che sarebbero stati pronti a provare qualsiasi

cosa, tanto era il loro desiderio di avere un piccolino.

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– Ah sì, volete un piccolino – ghignò la vecchia. – E come lo volete?

– Sarebbe bello che sapesse cantare – rispose la regina che, presa di

fretta, espresse il primo desiderio che le passava per la testa.

– Sì, e vorremmo anche che fosse sano – aggiunse il re. – Ma non

credo che una povera vecchia come te, senza alcun titolo di studio,

possa fare un granché in proposito.

– Un piccolino sano e con una bella voce adatta al canto – ripeté la

vecchia. – E questo sarà!

Poi, irritata dalla risposta sgarbata del re, pestò con rabbia le sue

erbe selvatiche, le impastò con linfa di betulla nana e fece bollire

quel miscuglio in uno strano recipiente.

Alla fine venne fuori una crema densa che fu spalmata sulla pancia

della regina.

– Ecco fatto – disse. – Adesso dovete solo aspettare.

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Poi la vecchia se ne andò senza salutare e si coprì la testa con un

grande cappuccio nero dal quale spuntava solo il naso, simile al

becco di un uccello rapace, mentre il vento si infilava nelle lunghe

maniche nere e le gonfiava facendole somigliare a larghe ali spiegate.

– Brutta vecchia megera – sbuffò il re quando la vide allontanarsi

lungo i viali del castello. – È proprio bene che se ne sia andata!

E si grattò l’orecchio.

La regina, intanto, se ne stava stesa a letto con la pancia al vento

e rideva perché la crema, seccandosi, le faceva un gran solletico.

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Da quel giorno la pancia della regina cominciò a ingrossarsi,

come succede quando si aspetta un bambino.

– È stata una brava vecchia, dopotutto – disse il re. – Non avrei

dovuto essere così scortese con lei.

– No, non avresti dovuto. Ma quel che è fatto è fatto, anche quello

che sarebbe stato meglio non fare – disse la regina accarezzandosi

la pancia. – Comunque tutto è bene quel che finisce bene e presto

nascerà un bambino. Senti, bussa già per uscire.

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