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Sociologia
della
comunicazione
Prof. Giovambattista Fatelli
Introduzione
1. Di che cosa parleremo
2. Come ne parleremo
3. Perché e con quali finalità
L’oggetto
Naturalmente si parlerà di
comunicazione.
Ma la stessa natura
dell’oggetto, la nostra
tradizione di studi e il
carattere preliminare del
Corso inducono a parlarne
in modo apparentemente
intricato.
Rose-Aimee Belanger, Les chuchoterses
La comunicazione è un tratto della vita sociale molto
diffuso, allo stato «naturale», in mille modi.
La comunicazione è ormai entrata stabilmente
nel lessico più comune e svolge funzioni
assolutamente vitali nella sfera privata come
nello spazio pubblico. Sia che se ne esaltino le
virtù miracolose sia che se ne denuncino vizi e
storture, i fenomeni comunicativi godono oggi di
un’attenzione molto marcata.
Alimenta l’opinione pubblica
mediante apparati che
forniscono un’informazione
continua e aggiornata.
Ha un ruolo strategico
nell’evitare i conflitti e nel
mantenimento della pace
nelle aree più «calde».
La comunicazione produce consenso elettorale,
orienta le policies e rafforza il potere politico
È parte importante del benessere quotidiano,
fornendo attività di svago a buon mercato.
Contribuisce a definire l’ambiente culturale,
elaborando temi e rafforzando le opinioni.
L’importanza della
comunicazione nella
società contemporanea
viene sottolineata dal fatto
che proprio la
comunicazione e
l’informazione, magari
intrecciate nella sigla
ICT (Information and
Communication
Technology), vengono
sempre più spesso usate
per definire la cifra sociale
complessiva dell’epoca che
stiamo vivendo.
Obiettivi
Tuttavia né l’ammirazione per
la straordinaria potenza dei
fenomeni comunicativi, né
tantomeno una preconcetta
avversione per le situazioni di
pericolo che potrebbe
prospettare, e neppure il
tentativo di svelare i loro
meccanismi segreti, vuoi per
imbrigliarli vuoi per
disinnescarli, possono fornire
la base per queste lezioni.
Né la spontaneità e la naturalezza, la facilità di
esercizio, il collegamento istintivo con le emozioni
devono ingannarci. Si tratta, a ben vedere, di un’attività
enorme e sfaccettata, sorretta da regole, spesso difficili,
demandata ad apparati macchinosi ed eterogenei,
molto più subita che azionata.
Oggetto scientifico
Noi dobbiamo qui considerare la
comunicazione come oggetto di
sapere scientifico.
Questo rende la faccenda
interessante, ma un po’ più
complicata del previsto. A questo
punto non possiamo più
considerare l’oggetto solo sotto gli
aspetti che ci interessano o
prendere quello che ci riesce più
semplice da usare o più gradito o
più utile.
Né possiamo accontentarci di proporre un «inventario»
delle principali proposte teoriche intervenute sul tema
(spesso non integrate, di provenienza e dimensione
diversa), né riempirci semplicemente la testa con
«spiegazioni» salottiere e «precetti» da adempiere in
un eventuale lavoro.
Oggetto scientifico
Oggetto scientifico
Questa attività così semplice e consueta deve
pertanto essere «concettualizzata». Non solo per
salvarla dall’imprecisione con definizioni e
«protocolli» o raggiungere un maggior grado di
consapevolezza rispetto al suo funzionamento.
Oggetto scientifico
Ma anche perché i dubbi e le questioni che si pongono,
le leggi di funzionamento, i collegamenti con la sfera
sociale e quella umana, le cause, gli effetti e le funzioni
devono essere riconosciuti ed esaminati con linguaggio
oggettivo e metodologie precise e confrontabili.
Oggetto scientifico
Questi occhiali «scientifici» che dobbiamo inforcare
naturalmente inaridiscono un po’ la naturalità e
l’immediatezza dei fenomeni. E questo è il prezzo,
finora inevitabile, che dobbiamo pagare per uscire
dall’incertezza e dall’incomprensione. La presa di
distanza fra soggetto conoscente e oggetto conosciuto
si chiama «oggettivizzazione» e, come vedremo,
rappresenta uno dei cardini della scienza moderna.
Tuttavia la distanza dall’oggetto considerato non
dovrebbe essere né troppo ampia né troppo astratta,
specialmente nel campo delle scienze umane.
Per evitare deformazioni eccessive o mistificazioni,
cioè, il «clone» scientifico non deve allontanarsi troppo
dall’oggetto reale, poiché la commutazione dei suoi
caratteri tangibili serve a cercare spiegazioni e verifiche,
non a fabbricare un oggetto «artificiale».
Sotto questo riguardo, la comunicazione come oggetto
reale non si presenta facile da «trattare», poiché i
comportamenti, le azioni e gli ambienti che possiamo,
con ragione, definire comunicativi costituiscono un
insieme vastissimo e fortemente variabile che spazia
dalla comunicazione di massa alla comunicazione intra-
personale.
Oggetto reale
1. Le attività di elaborazione e sistematizzazione dei
significati
2. La costruzione intersoggettiva del senso
3. L’interpretazione dei ruoli sociali
4. La formazione dell’opinione pubblica e la gestione del
consenso politico
5. L’elaborazione di simbologie complesse e la costruzione
dei miti
6. I criteri della conoscenza umana e l’analisi dei linguaggi,
naturali e artificiali
7. Il sondaggio delle profondità della psiche e le «reti
neurali»
Dentro l’idea di comunicazione trovano infatti cittadinanza…
Oggetto reale
Oggetto reale
Non si tratta solo di ambiti differenti, ma anche di
attività di natura diversa, che obbediscono a criteri
propri e pongono questioni specifiche.
Introduzione
Il sistema di segni che usiamo per
comunicare obbedisce a regole
grammaticali piuttosto precise, ma anche
agli impulsi e alla fantasia dell’individuo. Ciò
che vogliamo dire è psicologia, ciò che
abbiamo detto è storia. La gestione dei
simboli nei singoli contesti sembrano una
questione individuale ma i sistemi di
significato e i tratti culturali che li sorreggono
e li riempiono sono una costruzione sociale
che spesso ci soverchia.
Introduzione
E la risposta a uno stimolo è guidata in
modo originale dalla nostra storia personale
o in modo uniforme dalla rete neurale?
L’effetto di un messaggio pubblicitario
dipenderà dall’abilità del copywriter o dalla
condizione mentale del ricevente, dalla
forza magnetica dei simboli usati o dalle
abitudini di consumo, dalla razionalità del
contenuto esplicito o dalla seduzione di
quello implicito?
Kate Upton in uno spot per la
catena di fast food Carl’s Jr.
Il problema, per quanto qui ci riguarda, non sta nella
difficoltà di rispondere a domande come queste, che
pure è notevole. Alla fine un’opinione si riesce
comunque a farsela …
Il problema è che le ipotesi di soluzione pescano in
ambiti scientifici diversi, spesso assai poco omogenei, a
volte addirittura non confrontabili. Ognuno di essi cioè
propone linee interpretative e metodi di indagine
quando va bene estranei e quando va male
incompatibili rispetto agli altri.
Lo sforzo di trovare per la comunicazione una casa
comune aggiunge perciò al riverbero della complessità
dell’oggetto reale (che copre una gamma di attività e di
determinazioni concrete molto ampia e variabile,
spesso sovrapposte ma difficili da «incastrare»)
sull’oggetto scientifico, rendendolo superficiale e ostico
nello stesso tempo, l’inevitabile complessità
dell’intervento scientifico, in alcuni tratti acuto e brillante
ma generalmente lento, impacciato e frammentario.
Ma, se il compito è cosi difficile, siamo proprio
obbligati a cercare questa dimensione
sintetica tanto impervia quanto improbabile?
Non potremmo accontentarci di ritagliare un
oggetto preciso e concentrarci su quello?
Certo, questa è una strada possibile e, in fondo, è
stata quella finora più battuta, tanto che spesso lo
studio della comunicazione viene inteso
essenzialmente, specialmente in ambito
sociologico, come lo studio dei mezzi di
comunicazione di massa.
Il vantaggio è quello di poter risucchiare dalla
matrice sociologica rassicuranti cornici teoriche e
metodologie consolidate. Ci si rinchiude nell’alveo
del sapere sociologico, e fin qui poco male. Ci sono
altri inconvenienti, più drammatici, che amputano
l’oggetto di studio e rischiano di immiserire i risultati
del lavoro di ricerca.
L’identificazione della comunicazione con la
comunicazione di massa delimita un concetto e un
ambito di ricerca certo più precisi ma anche molto
«impoveriti», ridotti cioè all’analisi di un comparto
della società che assume le vesti di un meccanismo
di cui sarebbe possibile individuare genesi e
strutture, andamento, effetti e funzioni.
Il taglio delle radici ramificate negli altri settori
rinsecchisce il concetto di comunicazione e ne
spreca la ricchezza semantica. Le linee di ricerca si
infiacchiscono intorno a quesiti come la forza dei
messaggi mediatici nell’influenzare l’orientamento
degli elettori oppure l’andamento del flusso degli
spettatori che va a determinare, fra l’altro, il prezzo
degli spot. È un lavoro che qualcuno deve pur fare,
ma non è scienza. O è scienza solo a metà.
Se per scienza intendiamo un pizzico di seriosità in più,
o numeri e tabelle, o l’uso di parole complicate al posto
di quelle semplici, va bene anche così. Se s’intende
invece il tentativo di capire come funziona il mondo, di
affrontare i problemi che costantemente abbiamo
davanti, di «ammettere l’errore e tenere al giusto»,
allora non possiamo accontentarci: diventa fatale
scegliere il percorso più lungo e difficile.
Letture di base
Se lo studio della comunicazione, in altre parole,
dovrebbe sempre essere accompagnato dalla
consapevolezza della complessità sia dell’oggetto
che degli strumenti concettuali di cui si dispone per
indagarlo, sarà utile procurarsi alcuni volumi che
consentano di approfondire le considerazioni
preliminari da cui il Corso prende le mosse.
Letture di base
Un manuale di storia
della filosofia che
illustri le tappe
fondamentali del
pensiero del
Novecento.
Letture di base
Franco Lever, Pier Cesare Rivoltella, Adriano
Zanacchi (a cura di)
La comunicazione.
Il dizionario di scienze e tecniche
Eri-Rai, Elledici, LAS, Roma 2002 pp. 1248 , € 60,00
Letture di base
Luciano Gallino
Dizionario di sociologia Tea, Torino 1993
Testi d’esame
La gran parte di questo Corso sarà pertanto
dedicata a ripercorrere, avvalendosi del volume Le
scienze della comunicazione, sia la stratificazione
dei tentativi di giungere a una definizione del
concetto, sia lo strutturarsi dei campi di intervento
disciplinare, dando particolare attenzione ai tentativi
di convergenza.
Testi d’esame
Si cercherà perciò di completare la
panoramica dei diversi orientamenti
scientifici che si occupano a vario
titolo di comunicazione (tenendo
conto che comunque avrete a
disposizione un insegnamento di
Scienze semiotiche del testo e dei
linguaggi) con la ricostruzione del
percorso scientifico che ha condotto
al consolidamento della sociologia
della comunicazione, giovandosi del
libro Comunicazione e media.
Di comunicazione di massa e delle teorie elaborate
dalla ricerca in questo settore sentirete invece
parlare in modo approfondito altrove, seguendo
l’insegnamento di Teorie e tecniche della
comunicazione e dei nuovi media, in procinto di
diventare, dall’anno prossimo, Teorie della
comunicazione e dei nuovi media.
Avvertenze
1 I libri in programma non sono dei medicinali da
assumere con speranze miracolistiche o semplice
fastidio. Per fugare questo ingiusto paragone, anzi,
cercheremo di scoraggiare la pigra dipendenza dal
testo d’esame, allargando e diversificando il
panorama mediante il riferimento a opere ulteriori e
opportuni suggerimenti di lettura.
Avvertenze 2
Gli argomenti delle lezioni non
sono una sfilza di nozioni da
trascrivere e imparare a memoria.
Sono piuttosto una serie di
ragionamenti che spaziano in un
orizzonte tematico vasto, a cavallo
tra più discipline.
Avvertenze
3 Il sapere scientifico non produce verità «rivelate». I
contenuti di cui parleremo non saranno perciò
cognizioni certe e stabili, da tramandare e basta. E
meno che mai competenze o abilità.
Avvertenze
3 Saranno congetture, idee e interpretazioni che
ispirano il lavoro di ricerca, emerse da procedure
rigorose e controllate ma anche radicate nel tempo
e nella storia, perciò fallibili e sempre soggette alla
valutazione critica.
Un sapere critico La concezione apodittica
del sapere, l’idea cioè che
possano essere raggiunti
livelli di verità irrefutabili, è
infatti da tempo caduta in
disuso; ogni «certezza» è
sottoposta al vaglio della
intersoggettività e di
conseguenza ogni sapere
è stabile solo fino alla
successiva “confutazione”.
Estasi della Beata Ludovica Albertoni,
Gian Lorenzo Bernini, 1674
Un sapere critico
Inoltre, alla base del lavoro
scientifico, non c’è affatto
l’«Eureka!» di Archimede o
la serendipità (scoprire una
cosa mentre se ne cerca
un’altra) ma la ricerca
stessa, che sottopone ogni
oggetto e ogni istanza al
controllo critico della
ragione, mediante rigorosi
protocolli di osservazione e
di verifica delle ipotesi.