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SCP1 INGEGNERIA NATURALISTICA

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INGEGNERIA NATURALISTICAINGEGNERIA NATURALISTICA

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Il nome di questa disciplina è composto da:INGEGNERIA perché si utilizzano dati tecnici e scientifici per fini costruttivi e di consolidamento ed antierosivi, NATURALISTICA in quanto tali funzioni sono legate all'utilizzo di organismi viventi quali piante di specie autoctone con finalità di ricostruzione di ecosistemi tendenti al naturale ed all'aumento della biodiversità.

L‘Ingegneria Naturalistica è una disciplina tecnico scientifica che studia le modalitàdi utilizzo, come materiali da costruzione, di piante viventi, parti di piante o addirittura intere biocenosi vegetali, in associazione con materiali non viventi quali pietrame, terra, legname, acciaio, etc..

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Lo sviluppo della "società moderna" ha portato nel corso dei secoli a profonde modificazioni ambientali che negli ultimi decenni si sono tradotte in una drastica riduzione degli spazi naturali (quali boschi di pianura, zone umide, anse fluviali, etc..) per il progredire di aree agricole, industriali ed urbane.Il crescente degrado ambientale, visto come riduzione di ambienti naturali che assolvono a funzioni ecologiche ben precise, conduce ad una crisi dell'intero sistema crisi dell'intero sistema ecologicoecologico nel quale l'uomo stesso vive.ÈÈ in questo quadro che si in questo quadro che si èè sviluppata una nuova filosofia d'azione che tende a sviluppata una nuova filosofia d'azione che tende a recuperare ambienti naturali rari o degradati e a ricrearne di nrecuperare ambienti naturali rari o degradati e a ricrearne di nuovi. Tale filosofia uovi. Tale filosofia èèlala rinaturalizzazionerinaturalizzazione..Il concetto di rinaturalizzazione indica un approccio più moderno nella gestione territoriale, in particolare nella fase progettuale degli interventi oltre agli aspetti sociali economici e tecnici devono essere presi in considerazione anche quelli ambientali.Rinaturalizzazione da una parte significa accelerare i processi naturali di recupero di aree degradate altrimenti troppo lenti, e dall'altra ottenere un equilibrio naturale più stabile. Le tecniche di intervento sono molteplici e diverse tra loro, ma spesso sono riconducibili a quelle dell'dell'INGEGNERIA NATURALISTICAINGEGNERIA NATURALISTICA.

prima dopo

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L'impiego del cemento in tutte le opere ingegneristiche applicate alla modifica dell'assetto idrogeologico ed alla difesa del suolo affronta prevalentemente l'aspetto tecnico del problema (figure).L’ I.N. ha tra le sue finalità anche quella naturalistica ed estetico paesaggistica, infatti le sue funzioni sono:

L'utilizzo delle piante vive per il consolidamento di versanti oL'utilizzo delle piante vive per il consolidamento di versanti o sponde da sponde da processi erosivi e da altre forme di dissesto processi erosivi e da altre forme di dissesto èè il punto forte dell'ingegneria il punto forte dell'ingegneria naturalistica perchnaturalistica perchéé esse sono capaci di ricostruire ambienti prossimi alla esse sono capaci di ricostruire ambienti prossimi alla naturalitnaturalitàà. .

•Funzione idrogeologica: consolidamento del terreno, copertura del terreno, trattenuta delle precipitazioni atmosferiche, protezione del terreno dall'erosione eolica, drenaggio.•Funzione naturalistica: creazione di macro e micro ambienti naturali, recupero di aree degradate, sviluppo di associazioni vegetali autoctone, miglioramento delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno.•Funzione estetico paesaggistica: come ricucitura al paesaggio naturale esistente, rimarginazione delle "ferite" del paesaggio, inserimento di opere e costruzioni nel paesaggio, protezione dal rumore e dalle polveri.

E’ necessario osservare che gli ambiti di intervento per il per il consolidamento di versanti o sponde consolidamento di versanti o sponde da processi erosivi e da altre forme da processi erosivi e da altre forme di dissesto di dissesto dell’’I.N. sono decisamente più limitati rispetto a quelli di Ingegneria classica!!!

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Obiettivo principale dellObiettivo principale dell‘‘Ingegneria Naturalistica Ingegneria Naturalistica èè la ricostruzione di una la ricostruzione di una copertura vegetale che, attuata in tempi brevi, possa:copertura vegetale che, attuata in tempi brevi, possa:••ridurre l'erosione superficiale, ridurre l'erosione superficiale, ••limitare il trasporto solido, limitare il trasporto solido, ••rallentare i tempi di rallentare i tempi di corrivazionecorrivazione delle precipitazioni nel bacino, delle precipitazioni nel bacino, ••assolvere compiti di prosciugamento in caso di ristagno idrico cassolvere compiti di prosciugamento in caso di ristagno idrico che può he può rappresentare elemento di instabilitrappresentare elemento di instabilitàà di un versante.di un versante.

prima dopo

Nota:Nota:In genere per la stabilizzazione dei pendii naturali o delle scarpate artificiali non èpossibile demandare alla vegetazione l’intero compito stabilizzante e pertanto risulta necessario fare ricorso all’utilizzo di elementi strutturali integrativi.

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BREVI CENNI STORICINel 19511951 viene scritto il primo libro dal titolo “Ingenieurbiologie” (Kruedener) inerente l’ingegneria naturalistica. Tuttavia numerose sono già le esperienze e le applicazioni in Centro Europa a partire dal 1948, grazie a vari autori, in particolare l’austriaco H. M. Schiechtl.

Dal 19701970 si assiste alla sistematica applicazione delle tecniche di I.N. nel Centro Europa in tutti i settori del territorio e infrastrutturali.

E’ del 1973 1973 la pubblicazione del primo manuale in tedesco “Sicherungsarbeitenim Landschaftsbau”, di H. M. Schiechtl. Nello stesso anno il testo viene tradotto anche in italiano, con il titolo “Bioingegneria forestale”. Vari autori contemporaneamente pubblicano in Italia numerosi articoli inerenti lo stesso argomento (Dragogna, Watschinger, Schiechtl).

Nel 19721972 viene fondata negli Stati Uniti la “National Erosion Control Association” trasformata subito dopo in “International” (IECA), associazione che raccoglie principalmente i produttori di materiali e tecnologie per la difesa dall’erosione.

Nel 19781978 l’Azienda Speciale Bacini Montani dell’Alto Adige, grazie all’attivitàdi F. Florineth avvia una serie di interventi sistematici di I.N. in zona montana e alpina. Tale attività dura tuttora.

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Nel 19891989 viene fondata anche in Italia la “Associazione Italiana Per la Ingegneria Naturalistica” (A.I.P.I.N.) con sede nazionale a Trieste.Contemporaneamente compaiono i primi Capitolati su opere di I.N. (Regione Sicilia, Regione Basilicata, Provincia Autonoma di Bolzano,ecc).Nel 1990 1990 viene organizzato a Torino il Primo Congresso di Ingegneria Naturalistica, durante il quale viene definito il termine ufficiale di ‘Ingegneria Naturalistica’ quale traduzione del tedesco ‘Ingenieurbiologie’. Venne abbandonata la dizione “Bioingegneria” usata sino a quel momento, per la possibile confusione con la bioingegneria medica.A partire dal 19901990 anche la legislazione si adegua alla novità rappresentata dall’I.N. e nella Legge n° 102 del 2 maggio 1990 per la Valtellina all’art. 6 viene citato per la prima volta l’impiego delle tecniche di “bioingegneria”. Anche a livello Universitario si sente a livello Europeo la necessità di formare personale altamente qualificato in materia, nonché monitorare le ormai numerose opere eseguite. Vengono attivati seminari e corsi presso varie sedi universitarie. Nel 19941994 presso l’Università di Vienna (Austria) viene istituito il primo “Istituto di Ingegneria Naturalistica”, diretto da F. Florineth.Nel 19961996 a Vienna viene costituita la “Federazione Europea per l’Ingegneria Naturalistica” (EFIB), la quale raccoglie tutte le associazioni europee che si occupano di ingegneria naturalistica, diventando punto di incontro e confronto per numerosi professionisti europei ed extraeuropei della materia.

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DEFINIZIONEL’Ingegneria Naturalistica è una disciplina tecnica che utilizza le piante vive o parti di esse nella realizzazione di interventi particolarmente efficaci per la sistemazione dei corsi d’acqua, delle loro sponde e dei versanti, limitando l’azione erosiva degli agenti meteorici, di scarpate e superfici degradate da fattori naturali(dissesto idrogeologico) o antropici (cave, discariche, opere infrastrutturali).Tali tecniche sono caratterizzate da un basso impatto ambientale e si basano essenzialmente sulle caratteristiche biotecniche di alcune specie vegetali, caratteristiche sintetizzabili principalmente nella capacità di sviluppo di un considerevole apparato radicale e nell’elevata capacità di propagazione vegetativa. Queste qualità sono direttamente funzionali ad un’efficace azione di trattenimento delle particelle di terreno e ad una più veloce e diffusa ricolonizzazionevegetale di ambienti degradati dall’intervento umano. A questi materiali vivi possono poi essere affiancati sia materiali biodegradabili di origine naturale (legname, piante o loro parti, talee, fibre di cocco, juta, paglia, legname, biostuoie, ecc.) sia altri materiali quali pietrame, ferro o prodotti di origine sintetica in diversecombinazioni (geotessili, ecc.), che consentano un consolidamento duraturo delle opere.

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OBIETTIVI

L’utilizzo di queste tecniche punta, sostanzialmente, alla ricostituzione di nuove unità ecosistemiche (biosistemi naturaliformi) in grado di autosostenersi mediante processi naturali, con positive ripercussioni sulle caratteristiche geopedologiche, idrogeologiche, idrauliche, vegetazionali, faunistiche e paesaggistiche del territorio.

L’Ingegneria Naturalistica consente, infatti, di effettuare tutta una serie di operazioni in difesa del territorio, per la conservazione del suolo, soprattutto in funzione dell’erosione, causa/effetto fondamentale del lento e progressivo depauperamento dei suoli.

A più vasta scala l’Ingegneria Naturalistica ha come obiettivo l’aumento della complessità e della diversità/eterogeneità del “sistema di ecosistemi”, innescando quindi un processo evolutivo che porti ad un equilibrio dinamico in grado di garantire un livello più elevato di metastabilità nonché un miglioramento della qualità del paesaggio.

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FUNZIONI

Le principali funzioni dell’Ingegneria Naturalistica possono essere sintetizzate nei punti che seguono.

Funzione ecologica, di creazione e/o ricostruzione di ambienti paranaturali o naturaliformi. Non si tratta di un semplice intervento di rinverdimento e di piantagione, ma di un innesco di processi ecosistemici, di diminuzione del deficit di trasformazione: le tecniche di Ingegneria Naturalistica sono in grado di modificare la scala temporale, entro cui si compie la successione naturale, accorciandola significativamente; un aspetto rilevante per la riuscita di alcuni recuperi ambientali e nell’attuazione di interventi di restauration ecology. Tra le funzioni ecologiche principali si ricorda il miglioramento delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno e dei corsi d’acqua, il recupero di aree degradate, lo sviluppo di associazioni vegetali autoctone, la realizzazione di macro- e microambienti naturali divenuti ormai sempre più rari, l’aumento della biodiversità locale e territoriale.

Funzione tecnica, di consolidamento del terreno, copertura del terreno, riduzione dell’erosione spondale, protezione del terreno dall’erosione, sistemazione idrogeologica ed aumento della ritenzione delle precipitazioni meteoriche, miglioramento del drenaggio.

Funzione estetico-paesaggistica, di ricucitura al paesaggio percepito circostante; “rimarginazione delle ferite” del paesaggio, inserimento di opere e costruzioni nel paesaggio, protezione dal rumore.

Funzione socio-economicaFunzione di sviluppo dell’occupazione

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AMBITI DI INTERVENTOLe tecniche di Ingegneria Naturalistica possono essere applicate nei seguenti settori:

tutela del suolo, in generale: sistemazione di frane, consolidamento, bonifica e riqualificazione ecologica di versanti naturali soggetti a dissesti idrogeologici;

sistemazioni idrauliche spondali: consolidamento e riqualificazione ecologica di sponde di corsi d’acqua, laghi ed invasi; di sponde soggette ad erosione con contestuale rinverdimento; costruzione di briglie e pennelli; creazione di rampe di risalita per l’ittiofauna; realizzazione di ambienti idonei alla sosta ed alla riproduzione degli animali; rinaturalizzazione di dighe in terra;

sistemazione di porti, coste, stabilizzazione dune costiere; ricostruzione barriere lagunari: consolidamento dei litorali soggetti ad erosione e assestamento delle dune;

progettazione di opere di mitigazione ed esecuzione di sistemazioni temporanee o permanenti di aree di cantiere;

consolidamento e stabilizzazione delle scarpate in ambito stradale e ferroviario:-riqualificazione ecologica di rilevati e trincee delle infrastrutture;-realizzazione di barriere e rilevati vegetali antirumore, fasce di vegetazione tampone: messa in opera di barriere visive e mascheramenti vegetali; messa in opera di barriere antirumore mediante rilevati rinverditi; messa in opera di barriere vegetali per combattere la diffusione di polveri ed aerosol;

costruzione di vasche di sicurezza ed ecosistemi filtro a valle di scarichi idrici;ricostruzione di habitat, consolidamento e riqualificazione ecologica di versanti

denudati derivanti da azioni di progetti infrastrutturali (spalle di dighe, portali di gallerie, ecc.);

realizzazione di nuove unità ecosistemiche in grado di aumentare la biodiversitàlocale o territoriale e/o di offrire fruizioni di tipo naturalistico;

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realizzazione di nuove strutture ambientali in grado di garantire la permanenza e la mobilità della fauna protetta (ad esempio scale di risalita per pesci, sovrappassi o sottopassi per fauna, recinzioni);

ripristino di aree attraversate da metanodotti e condotte interrate;interventi di riqualificazione di aree destinate a interporti, centrali elettriche,

insediamenti industriali;ripristino di cave e discariche: consolidamento e riqualificazione ecologica dei fronti di

cava e delle discariche;realizzazione di coperture verdi (edilizia, industria): dal verde pensile alla riduzione

delle superfici impermeabilizzate.

Entro il filone dell’Ingegneria Naturalistica si possono ulteriormente delineare tre settori, spesso presenti contemporaneamente durante la fase operativa:

la rinaturalizzazione, ovvero la costituzione di biotopi o ecosistemi paranaturali, non collegata ad interventi funzionali anche se talvolta realizzata quale “opera di compensazione”;

l’Ingegneria Naturalistica in senso stretto, ovvero la realizzazione di sistemi antierosivi, realizzati con piante vive abbinate ad altri materiali, talvolta alternati ad opere realizzate in calcestruzzo;

i provvedimenti per la fauna ed in particolare quelli per garantire la continuità degli habitat (rampe di risalita per i pesci, sottopassi per anfibi, ecc.).

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Schematicamente si possono elencare i settori tecnico-scientifici di analisi, dai quali si ricavano elementi che sono utilizzati normalmente in un progetto di Ingegneria Naturalistica:

Geolitologia, Geomeccanica;

Geomorfologia;

Idrologia;

Pedologia;

Topoclima, Microclima;

Botanica;

Biotecnica specie vegetali;

Interferenza con dinamismi faunistici;

Ingegneria Geotecnica;

Ingegneria Idraulica;

Tecnologia dei materiali.

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EE’’ opportuno evidenziare che lopportuno evidenziare che l’’Ingegneria Naturalistica non può essere Ingegneria Naturalistica non può essere considerata la soluzione a tutti i problemi legati al degrado amconsiderata la soluzione a tutti i problemi legati al degrado ambientale ed bientale ed idrogeologico, in quanto diversi casi devono necessariamente essidrogeologico, in quanto diversi casi devono necessariamente essere ere affrontati con tecniche di ingegneria classica!!!affrontati con tecniche di ingegneria classica!!!

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EFFETTO DELLA VEGETAZIONE SULLA STABILITA’ DEI VERSANTI

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NellNell’’IngegneriaIngegneria NaturalisticaNaturalistica le le piantepiante non non sonosono pipiùùconsiderate solo considerate solo dada un un puntopunto di vista di vista esteticoestetico,, ma ma funzionalefunzionale, , ovveroovvero come un come un efficaceefficace materialemateriale viventeviventedada costruzionecostruzione e e ciciòò costituiscecostituisce la la peculiaritpeculiaritàà maggioremaggioredi tale di tale disciplinadisciplina cheche sisi differenziadifferenzia dada quellequelle checheutilizzanoutilizzano solosolo materialimateriali inertiinerti o o impieganoimpiegano le le piantepiante per per ll’’arredoarredo deglidegli spazispazi urbaniurbani..

I principaliprincipali vantaggivantaggi offerti dall’uso dei materiali viventi sono i seguenti:

svolgono un’importante funzione antierosiva; in particolare, ai fini del consolidamento del terreno, le piante assolvono ad un’importante funzionemeccanica trattenendo le particelle del suolo ed evitando il lorodilavamento;

conferiscono stabilità al terreno in maniera dinamica, in mododirettamente proporzionale al loro sviluppo;

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costano relativamente poco, in quanto spesso si trovano in loco e/oprovengono da operazioni di manutenzione di lavori simili effettuati in precedenza e di conseguenza anche l’onere per il trasporto può esseremodesto; in diversi casi, queste tecniche consentono sostanziali economie in rapporto a quelle tradizionali;

creano habitat naturaliformi per la fauna selvatica (luoghid’alimentazione, di rifugio e di riproduzione);

forniscono un ombreggiamento utile per limitare l’eccessiva crescita di altre compagini vegetali indesiderate nell’alveo fluviale, mantenendo bassa, nel contempo, la temperatura dell’acqua;

favoriscono, a livello radicale, la depurazione del corso d’acqua dalleimpurità presenti assimilando gli eccessi di sostanza organica ed assorbendoanche metalli pesanti o altre sostanze chimiche (fitodepurazione);

contribuiscono ad aumentare la diversità biologica, principale fattore di pregio e di stabilità di ogni ambiente naturale;

non sconvolgono le relazioni che intercorrono tra il corso d’acqua e la falda freatica;

conservano e migliorano il paesaggio ed il patrimonio naturale e culturaleche esso rappresenta.

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I principaliprincipali svantaggisvantaggi di tali tecniche possono essere cosìriassunti:

richiedono, in genere, una regolare manutenzione, scaglionatanel tempo ed eseguita da manodopera professionalmentecompetente;

esistono fattori limitanti nella loro applicazione (altitudine, illumunazione, regime termo-pluviometrico, caratteristiche del suolo, livello díinquinamento, periodo di intervento, ecc.);

non sempre i risultati desiderati sono immediati e spessorichiedono un certo periodo di tempo per poter verificarel’efficacia dell’intervento.

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La La giustagiusta sceltascelta delledelle piantepiante èè la la premessapremessa perper sicurisicuri e e duraturiduraturiinterventiinterventi di di IngegneriaIngegneria NaturalisticaNaturalistica. . La La sceltascelta e le l’’impiegoimpiego di speciedi specie vegetalivegetali inadatteinadatte pupuòò, , infattiinfatti, , portareportareal al fallimentofallimento delledelle sistemazionisistemazioni naturalistichenaturalistiche. . Nella scelta delle specie ci si riferisce a quelle spontanee presenti o potenzialidella stazione; alcuni gruppi sono più importanti di altri sia per le caratteristichebiotecniche che possiedono, come le specie arbustive, preferite a quelle arboree(Sauli, 2002) e nell’ambito delle erbacee, si ricorre a specie delle famiglie dellegraminacee e delle leguminose.L’uso quasi esclusivo di specie autoctone derivate da materiale di propagazionelocale per evitare insuccessi o contaminazioni genetiche o ecologiche, garantiscel’idoneità alle condizioni geopedologiche e fitoclimatiche del luogo, fermorestando i problemi legati al periodo stagionale ed alle condizioni microambientalidi messa a dimora.Nella progettazione, la scelta delle specie è funzione di svariati fattori, quali:

aspetti ecologici;possibilità di propagazione;attitudini biotecniche;forza edificatrice;capacità di crescita;provenienza del seme;scopo del rinverdimento;effetto produttivo ed estetico;Etc.

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La valutazione del contributo resistente offerto dalla vegetazione può risultare molto utile ai fini di una corretta analisi di stabilità e quindi, in ultima analisi, per un efficace dimensionamento dei possibili interventi di stabilizzazione. Nelle opere di sostegno vive, la capacità biotecnica della vegetazione deve essere considerata anche nel dimensionamento.Le proprietproprietàà biotecnichebiotecniche delle piante sono le seguenti:ProprietProprietàà tecnichetecniche::

••Difesa dall'erosioneDifesa dall'erosione••Regolazione del bilancio idrico del terreno Regolazione del bilancio idrico del terreno (evaporazione; formazione e miglioramento del suolo)••Riduzione della velocitRiduzione della velocitàà di scorrimento superficiale e della forza di trascinamento di scorrimento superficiale e della forza di trascinamento dell'acquadell'acqua••Formazione di Formazione di capilliziocapillizio radicale nel suolo radicale nel suolo (forma delle radici; rapporto tra radici e parte epigea)••Aumento della resistenza a trazioneAumento della resistenza a trazione••Aumento della resistenza al taglioAumento della resistenza al taglio

ProprietProprietàà biologichebiologiche::••CapacitCapacitàà di rigenerazionedi rigenerazione••CapacitCapacitàà di adattamento all'ambientedi adattamento all'ambiente••Resistenza alla Resistenza alla sommersionesommersione anche per periodi prolungatianche per periodi prolungati••CapacitCapacitàà di emettere radici avventiziedi emettere radici avventizie••CapacitCapacitàà di riproduzione per via vegetativa di riproduzione per via vegetativa (talea; talea radicale; rizoma)

Le piante che dovrebbero essere usate di preferenza nei progetti di ingegneria naturalistica sono le piante locali perché garantiscono l'idoneità alle condizioni geo-pedologiche e fitoclimatiche del luogo in cui si interviene.

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E’ possibile ricondurre EFFETTO DELLA VEGETAZIONE SULLA STABILITA’ DEI VERSANTI a

due componenti principali:

• Un’azione di tipo MECCANICO• Un’azione di tipo IDROLOGICO

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EFFETTO DELLA VEGETAZIONE SULLA STABILITA’DEI VERSANTI

Le Le piantepiante svolgonosvolgono unun’’importanteimportante funzionefunzione nellanella difesadifesa del del suolosuolocontrastandocontrastando ll’’azioneazione disgregatricedisgregatrice deglidegli agentiagenti atmosfericiatmosferici, in , in particolareparticolare delledelle precipitazioniprecipitazioni, , tramitetramite azioniazioni di di tipotipo meccanicomeccanico e di e di tipotipo idrologico.idrologico.Le azioniazioni di di tipotipo meccanicomeccanico derivano dall’interazione fisica delleradici delle piante con il substrato e si traducono essenzialmentenella protezione del suolo dalle acque dilavanti unitamente allastabilizzazione dello strato superiore dello stesso.In particolare:•le radici legano le particelle di suolo diminuendone la erodibilità e lo rinforzano, aumentandone la resistenza al taglio con un meccanismo analogo a quello delleterre rinforzate;•le radici degli arbusti possono funzionare da “chiodi vivi” ancorando alla rocciastabile sottostante lo strato superiore instabile;•le radici degli alberi possono fornire un supporto stabile al suolo formandodegli aggregati assimilabili a pilastri di terra rinforzata che fungono da sostegnodiretto o da spalle al suolo non stabilizzato che vi si scarica con effetto arco.

L’azione protettiva delle piante sui versanti si traduce quindi nellaconservazione del suolo con la riduzione del trasporto solido a valle.

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Sui versanti poco stabili l’effetto degli alberi può però tradursi in fenomeni contrari alla stabilità del pendio stesso in quanto:•il peso degli alberi costituisce un sovraccarico che nella sua componenteparallela al versante produce un effetto destabilizzante;••ll’’effettoeffetto del del ventovento si traduce nella trasmissione di sforzi dinamici alla scarpataa causa del momento flettente indotto;Il ruolo di una copertura vegetale può risultare comunque essenzialeai fini della stabilità anche nelle situazioni geomorfologiche piùsfavorevoli (forti pendenze, substrati erodibili, ecc.), ove l’azioneprotettiva di una copertura arbustiva o erbacea piuttosto chearborea può risultare determinante ai fini della prevenzione del dissesto idrogeologico.Analogamente la vegetazione svolge sul pendio azioniazioni di di tipotipoidrologicoidrologico:•le foglie intercettano le precipitazioni e causano perdite per assorbimento ed evaporazione che riducono la percentuale di pioggia per l’infiltrazione•i fusti, le foglie delle specie erbacee e le radici aumentano la scabrezza dellasuperficie e la permeabilità del suolo incrementando la capacità di infiltrazionedei suoli•le piante estraggono l’umidità dal suolo e la disperdono nell’aria con l’evapotraspirazione, con una riduzione del contenuto idrico del suolo.

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Sintesi: Effetti della vegetazione sulla stabilitSintesi: Effetti della vegetazione sulla stabilitààLe foglie intercettano le precipitazioni, causando perdite per assorbimento ed

evaporazione: si riduce l’acqua disponibile per l’infiltrazione

Le radici e i fusti aumentano la scabrezza del terreno e la permeabilità del suolo, aumentando la capacità di infiltrazione

Le radici assorbono l’umidità dal suolo che si perde nell’atmosfera mediante la traspirazione, favorendo una minore pressione interstiziale

La diminuzione dell’umidità del terreno può accentuare le fessure di disseccamento, con una maggiore capacità di infiltrazione

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Le radici possono ancorare la copertura superficiale agli strati profondi

Il peso degli alberi sovraccarica il versante, aumentando le componenti normale e tangenziale

Le piante esposte al vento trasmettono forze dinamiche al versante

Le radici legano le particelle del suolo, riducendo la loro suscettibilità all’erosione

Le radici rinforzano il suolo, aumentandone la resistenza al taglio

(Greenway, 1987)positivo negativo neutro

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EFFETTO DELLA VEGETAZIONE SULLA STABILITAEFFETTO DELLA VEGETAZIONE SULLA STABILITA’’ DEI VERSANTIDEI VERSANTI

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Azione di tipo MECCANICOUno degli effetti principali della presenza di vegetazione è quello di produrre un miglioramentomiglioramento delledelle caratteristichecaratteristiche geotecnichegeotecniche del del terrenoterreno attraversoattraverso ll’’azioneazione delledelle radiciradici. Le radici delle piante presentano in genere un’elevata resistenza a trazione, pertanto la combinazione terreno-radici produce un sensibilerinforzo del terreno stesso paragonabile come effetti a ciò che vieneottenuto attraverso l’impiego di geosintetici nella realizzazione di terrerinforzate. Le radici sono efficaci sia nell’aumentare la resistenza a rottura, sia nel distribuire le tensioni nel terreno, in modo da evitarestress locali e fessure.La La presenzapresenza di di radiciradici aumentaaumenta la la resistenzaresistenza alal tagliotaglio del del terrenoterrenoessenzialmenteessenzialmente andandoandando adad incrementareincrementare la la coesionecoesione efficaceefficace e, e, indirettamenteindirettamente,, ilil terminetermine di di resistenzaresistenza legato legato allaalla suzionesuzione per la per la capacitcapacitàà traspirativatraspirativa delldell’’apparatoapparato radicaleradicale stessostesso.. Nel caso di terreno non coesivo, quando sono raggiunte condizioni di completasaturazione, l’unico contributo in terreni di coesione è legato proprioalla presenza di radici.

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Indicando con Δτr,lim l’incremento di resistenzaal taglio del terreno offerto dalle radici èpossibile scrivere l’equazione di Mohr-Coulombnella forma:

τ = (c’+ Δτ r,lim) + σ’tg φ’Ove:τ = resistenza al taglio totalec’= coesione del terrenoφ’= angolo di resistenza al taglio del terreno

Un semplice modello teorico per stimare l’incremento di resistenzaal taglio dovuto alla presenza di radici è stato sviluppatooriginariamente da Wu (1976) e riportato anche in Wu et al. (1979) e Greenway (1987).

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Tale modello (figura) considera una radice verticale flessibile ed elasticadisposta perpendicolarmente alla zona di taglio, assumendo inoltre che la radice sia ancorata al terreno su entrambi i lati della zona di taglio, che la resistenza a trazione di tutte le radici sia completamente mobilitata e chele radici non alterino l’angolo di attrito interno del materiale.

Sotto tali ipotesi è possibile dimostrare che l’incremento di resistenza al taglio del terreno offerto dalle radici risulta pari a:

( ),lim sin cos 'Rr R

AT tgA

τ θ θ φΔ = +

Ove:AR/A=frazione della sezione di terreno occupata alle radiciTR = resistenza a trazione media delle radiciθ = angolo di rotazione della radice rispetto alla verticale per effetto della forza di taglio

Nota:Nota: Le radici determinano un aumento della resistenza al taglio dei terreni (assimilabile ad un aumento del termine coesivo) direttamente proporzionale alla densità delle radici presenti.

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Questo tipo di interazione meccanica si sviluppa fin quando non si verifica uno dei seguenti meccanismi ultimi:1.Rottura della radice per trazione;2.Sfilamento della radice dalla zona di taglio;3.Plasticizzazione del terreno della zona di taglio posto intorno alla radice.

Nota: SR = incremento di resistenza al taglio del terrenoofferto dalle radici (= Δτr,lim)

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L’equazione precedente mostra come l’incremento di resistenza al tagliodovuto alle radici possa essere valutato conoscendo la resistenza a trazione media delle radici, la frazione di terreno occupata dalle radicied un fattore che dipende dall’angolo di deformazione e dall’angolo di attrito interno del terreno. Il grafico riportato nella figura fornisce i valoridi quest’ultimo termine in funzione di θ (in un intervallo compreso fra 40° e 90°), e di φ’ (in un intervallo tra 25° e 40°).

Osservazioni di campagna e di laboratorio, indicano che il termine traparentesi riportato in equazione èrelativamente insensibile alle normalivariazioni degli angoli θ e φ’ , pertantoWu et al. (1979) hanno proposto di utilizzare un valore medio pari a 1,2.

Adottando tale valore, l’equazione sisemplifica in:

In questo modo l’incremento di resistenza al taglio dipende interamentedalla resistenza a trazione media delle radici e dalla superficie occupatadalle stesse.

,lim 1.2Rr R

ATA

τΔ = ⋅

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Nella letteratura tecnica sono presenti dati sperimentali che mettono in luce l’azione di rinforzo meccanico esplicata dagli apparati radicali nel terreno, ottenuti sia dalla sperimentazione di laboratorio, su provini di terreno rinforzati con radici o fibreartificiali, sia in sito su blocchi di terreno attraversati da apparati radicali. Sono stati anche elaborati diversi modelli per valutare il contributo delle radici alla resistenza del terreno.

Strumentazione utilizzata per le prove di trazione eseguite sulle radici presso ilDipartimento di Idraulica Agraria dell’Università degli Studi di Milano.

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Nelle tabelle sono riportati alcune indicazioni in merito alla resistenza di alcune specie vegetali.

Di più difficile valutazione risulta invece la porzione di terreno occupata dalle radici, essendo limitati i dati disponibili in letteraturae considerando inoltre che esso varia anche in funzione della profondità e del tipo di terreno.

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Azione di tipo MECCANICOLa resistenza a trazione varia con lLa resistenza a trazione varia con l’’etetàà e la e la dimensione delle radicidimensione delle radici, decrescendo spesso all’aumentare del diametro fino ad una dimensione oltre la quale il valore si stabilizza. Ciò verosimilmente corrisponde alla minore densità, in radici di età maggiore, delle componenti strutturali della parete cellulare.

E’ interessante sottolineare, inoltre, che i valori di resistenza sono maggiori in radici che crescono sottoposte a trazione.

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E’ interessante sottolineare che l’interfaccia radice-terreno è una zona complessa costituita dalla superficie radicale e dal terreno ad essa adiacente. La zona apicale viene inoltre arricchita di sostanze essudate dalle radici, fra le quali gomme, che cementano l’interfaccia rendendo molto forte il legame fra suolo e radici. Tale effetto varia con la specie vegetale, essendo particolarmente forte per le piante erbacee appartenenti alle famiglie delle graminacee. Tale fenomeno è responsabile dell’elevata resistenza da contatto fra suolo e radice nella zona apicale, per cui è estremamente difficile che si verifichi lo sfilamento delle zone apicali di radici fini sottoposte a trazione.Lo sfilamento delle radici è anche reso meno probabile dalla architettura radicale che si presenta ramificata, in alcune specie e condizioni anche in maniera notevole, rendendo più difficile l’estrazione meccanica della radice dalla matrice del suolo.

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Le profondità fino a cui il terreno risente dell’effetto di rinforzo dell’apparato radicale variano entro limiti abbastanza ampi in funzione essenzialmente del tipo di pianta. Nel caso di vegetazione erbacea l’azione di rinforzo risulta molto diffusa ma è limitata ai primi centimetri; nel caso di vegetazione arbustiva lo spessore si estende in genere a qualche decimetro fino al massimo ad una profondità di circa 1,5 m. Gli alberi producono invece effetti fino a strati più profondi e possono migliorare la resistenza del terreno fino aduna profondità di 3 m o più, in funzione della morfologia dell’apparato radicale della specie.

Riguardo il peso della vegetazione, è necessario studiare come il peso di un singolo albero si scarica nel suolo mentre l’entità dell’effetto stabilizzante della vegetazione è strettamente connessa alla profondità raggiunta dall’apparato radicale (soglia di radicazione).

La vegetazione arborea mostra nel complesso effetti positivi (in particolare per aumento di coesione dovuta alle radici) per la stabilizzazione rispetto al suolo nudo ed il massimo effetto stabilizzante si ha in presenza di fronti di saturazione (quindi in condizioni di stabilità ridotta) che interessano i primi 1 o 1,5 m del suolo (Preti e Barneschi, 2002).

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OSSERVAZIONI:•Per quanto riguarda l’ipotesi di mobilitazione completa della resistenza a rottura delle radici, sperimentazioni appositamente condotte hanno evidenziato che le radici raggiungono la condizione di rottura in momenti diversi e pertanto è più prudente adottare un valore di resistenza a trazione inferiore a quello limite. •Per quanto riguarda l’ipotesi che le radici siano ancorate al terreno e non possano essere estratte dalla zona di taglio, se si assume una distribuzione uniforme delle tensioni all’interfaccia tra terreno e radici, se ne può valutare una lunghezza minima. Osservazioni di campagna supportano il fatto che la lunghezza delle radici generalmente è maggiore del valore minimo ottenuto in base a tale criterio.

•Come già ricordato, risulta di non semplice valutazione la frazione di terreno occupata dalle radici (rapporto fra area delle radici ed area radicata), essendo limitati i dati disponibili in letteratura e considerando inoltre che esso varia anche in funzione della profondità.

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Azione di tipo IDROLOGICOLa vegetazione svolge un positivo effetto connesso sia all’EVAPOTRASPIRAZIONE sia all’INTERCETTAZIONE DELLE ACQUE METEORICHE.

Per quanto riguarda l’EVAPOTRASPIRAZIONE: la vegetazione, tramite le radici, sottrae al terreno una sensibile quantità di acqua, diminuendo il grado di saturazione e determinando talora una pressione negativa dell’acqua (suzione) che favorisce ulteriormente la stabilità.Per quanto concerne l’INTERCETTAZIONE DELLE ACQUE METEORICHE: la vegetazione esercita un ruolo di protezione dall’impatto delle gocce di pioggia (le foglie degli alberi possono intercettare secondo alcuni autori anche i 2/3 della pioggia) e causa la dissipazione dell’energia e delle intensità delle precipitazioni.

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NotaData la prevalente distribuzione naturale dei SALICISALICI nei biotopi umidi e in generale nei pressi dei corpi idrici, essi hanno costituito sin dai tempi piùremoti, a causa della loro regolare e frequente presenza, un materiale da costruzione privilegiato per il consolidamento delle sponde.Nelle sistemazioni con tecniche di Ingegneria Naturalistica, i salici vengono utilizzati soprattutto perché hanno un’ottima attitudine biotecnica (Schiechtl, 1992) e una rapida propagazione vegetativa. Per poter utilizzare i salici nei lavori di consolidamento, attuati con opere di Ingegneria Naturalistica, è necessario che le loro parti legnose siano in grado di formare radici e getti avventizi alle condizioni esistenti al momento dell’evento costruttivo.I rami di salice con capacità di propagazione vegetativa vengono impiegati nelle sistemazioni di Ingegneria Naturalistica in campo idraulico per diversi scopi:. per il prosciugamento;. come opere trasversali nei corsi d’acqua;. per la protezione spondale lungo i corsi d’acqua e i laghi;. per il risanamento di punti danneggiati.Il loro impiego per i lavori in terra ha, invece, i seguenti scopi:. per il prosciugamento;. per il consolidamento di fossi;. per sostenere ripide scarpate instabili;. per la protezione del terreno da franamenti ed erosione su pendii.

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Generalmente la maggior parte delle specie di salice sono dotate di un sistema radicale espanso, vale a dire di radici che si estendono orizzontalmente, lunghe e resistenti allo strappo e che spesso si spingono anche molto in profondità nel terreno.In questo modo viene compenetrata dalle radici e, con ciò stabilizzata, una massa terrosa anche cospicua. Le numerose radici laterali creano nel terreno un’elevata resistenza di attrito interno delle superfici, per cui i salici si annoverano fra i piùpreziosi leganti del terreno. Questo consolidamento del terreno non avviene solo per mezzo delle radici, ma ad esso concorre anche l’inserimento dei rami vivi se l’intervento avviene in modo tale che i rami risultino immersi nel terreno.La massa radicale per m3 di terreno deve essere più grande possibile. L’esigenza che il volume radicale debba essere uguale o maggiore del volume delle parti vegetali aeree viene assolta da tutte le specie di salice (fig. 8.21).

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Una caratteristica fondamentaleche le diverse specie vegetali-in particolarei salici- devono possedere per essere utilizzatinelle opere di Ingegneria Naturalistica,è la resistenza allo strappo: l’erosione del terreno,l’interrimento, l’inghiaiamento, l’abrasioneprovocata dai movimenti del terreno, i dannicausati dalla caduta sassi, devono essere sopportatidai salici (tab. 8.8).I valori riportati nella tabella 8.8 variano a seconda del contenuto idrico delle radici (quanto più sono asciutte, tanto più sono resistenti alla trazione) e quindi anche secondo la stagione, l’età ed il tipo di umidità del terreno.

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INTERVENTI SU VERSANTEINTERVENTI SU VERSANTE

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Una Una suddivisione degli interventisuddivisione degli interventi può essere fatta può essere fatta con con

riguardo al loro modo di agireriguardo al loro modo di agire, distinguendoli in quattro , distinguendoli in quattro

categorie:categorie:

•• Interventi che agiscono SULLA GEOMETRIA DEL Interventi che agiscono SULLA GEOMETRIA DEL PENDIOPENDIO

•• Interventi PROTETTIVIInterventi PROTETTIVI

•• Interventi che provocano AUMENTO DELLA Interventi che provocano AUMENTO DELLA RESISTENZA AL TAGLIORESISTENZA AL TAGLIO

•• Interventi che introducono FORZE ESTERNE Interventi che introducono FORZE ESTERNE STABILIZZANTISTABILIZZANTI

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Interventi che agiscono SULLA GEOMETRIA DEL PENDIOInterventi che agiscono SULLA GEOMETRIA DEL PENDIO

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Generalmente, pGeneralmente, prima di intervenire rima di intervenire con opere di ingegneria naturalistica con opere di ingegneria naturalistica bisogna procedere al modellamento bisogna procedere al modellamento del versante.del versante.Si tratta di interventi preliminari Si tratta di interventi preliminari alla realizzazione degli interventi di alla realizzazione degli interventi di I.N., consistenti nella preparazione I.N., consistenti nella preparazione ed il modellamento delle aree in ed il modellamento delle aree in dissesto finalizzati ad ottenere dissesto finalizzati ad ottenere maggiori garanzie di successo degli maggiori garanzie di successo degli interventi, migliori condizioni interventi, migliori condizioni operative ed un completo operative ed un completo inserimento paesaggistico dellinserimento paesaggistico dell’’area area interessata.interessata.

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Interventi PROTETTIVIInterventi PROTETTIVI

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Intervento di consolidamento, drenaggio e regimazione idraulica dei versanti in dissesto circostanti un fosso in approfondimento con tecniche di ingegneria naturalistica. L'intervento èconsistito nel rimodellamento dei versanti dissestati, rivestimenti antierosivi con georeti ed inerbimenti, realizzazione lungo i versanti di opere di sostegno e stabilizzanti rappresentati da palizzate in legname e viminate, opere di drenaggio e di regimazione idraulica quali canalette rivestite in legname, rivestimento dell'alveo con tondame in legno di castagno e costruzione di briglie in legname e pietrame.

Interventi di protezione possono ottenersi per mezzo dellInterventi di protezione possono ottenersi per mezzo dell’’impiego di tecniche di I.N. impiego di tecniche di I.N. utilizzando materiali naturali (es. scogliere vive per la protezutilizzando materiali naturali (es. scogliere vive per la protezione al piede ed interventi ione al piede ed interventi quali semina a spaglio, quali semina a spaglio, idroseminaidrosemina, zolle erbose per la protezione superficiale) ovvero , zolle erbose per la protezione superficiale) ovvero accoppiando materiali naturali con materiali artificiali quali iaccoppiando materiali naturali con materiali artificiali quali i geosintetici (geosintetici (es.biotessilies.biotessili, , biostuoiebiostuoie).Anche opere di drenaggio superficiale possono essere eseguite ).Anche opere di drenaggio superficiale possono essere eseguite con tecniche di con tecniche di Ingegneria Naturalistica.Ingegneria Naturalistica.

Scogliere vive:Scogliere vive:

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Stuoia in cocco

Scarpata in roccia arenacea a 45° con rivestimento vegetativo e stuoia organica;

Stazione FS, Tarvisio-Boscoverde (UD), 2000

Rivestimento vegetativo in rete metallica e stuoia organica,

Stazione FS, Tarvisio-Boscoverde (UD), giugno 2003

Stuoia in cocco

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Interventi che provocano AUMENTO DELLA RESISTENZA AL TAGLIOInterventi che provocano AUMENTO DELLA RESISTENZA AL TAGLIO

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Anche nellAnche nell’’ambito dellambito dell’’I. N. si possono attuare interventi che conducono I. N. si possono attuare interventi che conducono ad un aumento della resistenza al taglio mediante un duplice effad un aumento della resistenza al taglio mediante un duplice effetto etto meccanico ed idrologico (es. meccanico ed idrologico (es. piantagioni di talee o piantinepiantagioni di talee o piantine, , etcetc))..

Messa a dimora di talee

Messa a dimora di arbusti autoctoni (con rete antifauna)

Trapianto di zolle erbose su argini in terra -Immediata copertura vegetale, con radicazione delle zolle entro pochi giorni.

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Interventi che introducono FORZE ESTERNE STABILIZZANTIInterventi che introducono FORZE ESTERNE STABILIZZANTI

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Anche nellAnche nell’’ambito dellambito dell’’I. N. si possono attuare interventi che apportano al pendio forzI. N. si possono attuare interventi che apportano al pendio forze e esterne stabilizzanti (es. fascinate vive, esterne stabilizzanti (es. fascinate vive, viminateviminate e palizzate vive, palificate vive, e palizzate vive, palificate vive, gradonategradonate vive, grate vive, materassi). vive, grate vive, materassi). Tali opere, come si osserverTali opere, come si osserveràà, sono di , sono di stabilizzazione superficiale. Per superfici di scivolamento profstabilizzazione superficiale. Per superfici di scivolamento profonde si interviene con le onde si interviene con le tecniche classiche di Ingegneria Geotecnica.tecniche classiche di Ingegneria Geotecnica.

viminata vivaGradonate vive, Ferrovia Pontebbana, Stazione S.

Caterina (UD), dicembre 2000

Gradonate vive, Ferrovia Pontebbana, Stazione S.

Caterina (UD), agosto 2002

grata vivaGrata viva

Civita di Bagnoregio (VT), 2003

Consolidamento mediante grata viva

Strada accesso imbocco 4 Ferrovia Pontebbana, (UD) agosto 2002

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Palificata viva

Ponte di muro, strada accesso imbocco Ferrovia Pontebbana (UD), agosto 2002

Sostituzione di muro in CLS con gabbionate rinverdite su strada accesso ferrovia pontebbana

Moggio Udinese (UD) 2002

Terra rinforzata su scarpataautostradale in fase di costruzione,

Casello di Villesse (GO)

Terra rinforzata su scarpataautostradale Casello di Villesse

(GO)

Muro a secco rinverdito su strada

Val Trenta, SloveniaMuro a secco rinverdito

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! !! !! !! !

Nel dimensionamento di Nel dimensionamento di un opera di I.N. lun opera di I.N. la a valutazionevalutazione del del contributocontributo offertooffertodalladalla vegetazionevegetazione èèfase estremamente fase estremamente delicata.delicata.

Esistono limiti Esistono limiti allall’’applicabilitapplicabilitààdelldell’’Ingegneria Ingegneria Naturalistica che Naturalistica che rendono necessario il rendono necessario il ricorso a tecniche di ricorso a tecniche di ingegneria tradizionale.ingegneria tradizionale.

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INTERVENTI DI INGEGNERIA INTERVENTI DI INGEGNERIA NATURALISTICA SU VERSANTENATURALISTICA SU VERSANTE

(ambito primario per gli interventi di Ingegneria Naturalistica ⇒ si coniuga un effetto tecnico dell'opera, un effetto economico, ecologico ed estetico)

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LL’’Ingegneria Naturalistica nella sistemazione dei versantiIngegneria Naturalistica nella sistemazione dei versantiPer risolvere, almeno in parte, i problemi d’instabilità dei versanti, si può agire con tecniche puntuali di sistemazione, che utilizzano materiali biodegradabili più o meno durevoli e vegetazione e che permettano un consolidamento “in profondità” del terreno in frana (aumento della resistenza al taglio, riduzione dell’acqua nel terreno e delle pressioni neutre), senza deturpare l’ambiente e l’equilibrio naturale del territorio. Gli interventi di sistemazione con tecniche di Ingegneria Naturalistica determinano un ridotto impatto sul territorio, apportandovi, spesso, un miglioramento, sia dal punto di vista estetico-paesaggistico, sia faunistico.Tecniche spesso usate in questi casi sono:1.rivestimenti vegetativi;2.piantagioni di talee o piantine;3.materassi rinverditi; 4.viminate e fascinate vive;5.gradonata viva;6.grata viva;7.palificata viva di sostegno8.gabbionate vive;9.terre rinforzate.

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Le opere per il controllo dell’erosione superficiale creano condizioni ambientali e di stabilità necessarie all'attecchimento e alla crescita della vegetazione erbacea, arbustiva ed arborea impiantata sullescarpate e sui pendii in terra o in situazioni particolari di rocce molto alterate. La copertura vegetale, così realizzata, consente un efficace controllo e mitigazione dei fenomeni d'erosione, proteggendo il terreno dall'azione aggressiva delle acque meteoriche e superficiali, del vento e delle escursioni termiche.Le tecniche costruttive ed i materiali impiegati sono differenti in relazione alle caratteristiche litologiche, pedologiche, morfologiche e climatiche della zona d'intervento.Tra le opere per il controllo dell’erosione superficiale, di seguito sono descritte le tipologie che più comunemente trovano applicazione nell'ambito degli interventi di sistemazione e di difesa dall'erosione e dalle frane dei versanti, quali:-inerbimenti-rivestimenti antierosivi con materiali biodegradabili-rivestimenti antierosivi con materiali sintetici

1.1. Rivestimenti vegetativiRivestimenti vegetativi

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InerbimentiLe tecniche di inerbimento comprendono:•Semina a spaglio•Idrosemina•Copertura con zolle erbose•Tappeto erboso•Sistema Nero – Verde

Rivestimenti antierosivi con materiali biodegradabiliI prodotti in materiali organici biodegradabili sono rappresentati da:•Biotessili•Bioreti•Biofeltri•Biostuoie

Rivestimenti antierosivi con materiali sinteticiI prodotti in materiale sintetico comprendono:•Geostuoie tridimensionali•Geocompositi antierosivi•Rivestimenti vegetativi•Geocelle

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La semina a spaglio è una tecnica di copertura del terreno con tappeto erboso o specie arboree utilizzata negli interventi antierosivi di rivestimento di scarpate e pendii.Questo tipo di semina è eseguito su pendii caratterizzati da pendenze basse (maggiore di 20°), per evitare l'asportazione dei semi e facilitare il lavoro degli operatori, e dalla presenza di un suolo relativamente fertile.Prima di procedere alla semina, occorre preparare il terreno eliminando i ciottoli più grossi e ammendandolo, con apporto di terreno vegetale o composto organico.La semina può essere eseguita manualmente o con idonei mezzi meccanici, spargendo sul terreno umido un miscuglio standard di sementi selezionate (variabile tra 10 e 50 g/m2 ) o di fiorume (gli scarti non utilizzati per l’alimentazione degli animali).Se i semi sono piccoli e leggeri si può aggiungere al miscuglio sabbia o argilla e, contemporaneamente, fertilizzante organico (50 - 150g/m2).Il periodo della semina dipende dalle condizioni pedoclimatiche del luogo, normalmente il più idoneo è quello compreso tra primavera e inizio autunno.

Semina a spaglio

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La semina manuale con solo fiorume viene oggi presa in considerazione limitatamente alla regione alpina al di sopra del limite del bosco, o in casi particolari sempre in aree montane qualora non sia più utilizzabile la semente in commercio.

Il fiorume non è reperibile in commercio ed è disponibile solo in modica quantità, in genere solo in aree adibite a pascoli.

In ogni caso occorre potenziare la semina con l'aggiunta di concime complesso ternario minerale e granulare oppure concime animale.

Le tecniche con semina manuale sono particolarmente indicate nelle aree collinari e montane per il rivestimento, quando si vuole ottenere in tempi brevi un'efficace copertura vegetale per il consolidamento e la protezione dall'erosione superficiale di pendii e scarpate, naturali o artificiali, con basse pendenze.

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L'inerbimento ed il consolidamento mediante idrosemina consistono nello spruzzare ad alta pressione, sul terreno preventivamente preparato, una soluzione di acqua, semi, collante ed altri eventuali componenti.

La possibilità di variare in molti modi la composizione delle miscele, rende l‘ idrosemina adatta alla soluzione di quasi tutti i problemi di rinverdimento.L'efficacia di questo sistema saràperò assicurata generalmente solo se esso verrà utilizzato in abbinamento ad altre tecniche sia di protezione sia di regimazione delle acque meteoriche.Questa tecnica è adatta a coprire grandi e medie superfici anche a elevata pendenza e scarpate con scarsa copertura.

Idrosemina

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Un componente spesso presente nelle idrosemine è il mulch, termine con cui ci si riferisce a tutti quei materiali che aggiunti alla miscela conferiscono una maggiore resistenza meccanica e capacità di ritenzione idrica. In relazione alla composizione della miscela si distingue tra:Idrosemina di base e Idrosemina con mulch

Le tecniche con idrosemina sono impiegate soprattutto nelle situazioni in cui il terreno si trova completamente denudato e privo di copertura organica con ripristini vegetazionali che consentano di generare in tempi brevi un manto vegetale di protezione. Le applicazioni più comuni comprendono:-protezione dall’erosione di sponda;-protezioni di superfici soggette a movimenti di terra a causa di lavori per la costruzione di opere, di sistemazioni superficiali e riprofilaturedi scarpate in scavo e in rilevato.-sistemazione di scarpate e di conoidi;-recupero ambientale e ripristino naturale di cave e discariche,-inerbimenti di piste da sci.

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Inerbimento di una scarpata mediante idrosemina.

L'idroseminatrice è costituita da un serbatoio, una pompa e da un distributore girevole (tipo cannoncino antincendio) che permette l'aspersione della miscela di acqua, miscuglio di sementi, fertilizzanti, collanti ed altre sostanze ammendanti del terreno sulla superficie della scarpata da trattare.

Inerbimento mediante la tecnica dell'Idrosemina di un'opera di sostegno

in terra rinforzata.

Nell'immagine si può osservare la buona riuscita dell'intervento a distanza di pochi mesi dall'ultimazione dei lavori.

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Idrosemina a forte spessore in alta quota su cono di detrito, prima (sopra) e dopo (sotto) l’inerbimento.

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zolla erbosa Tappeto erboso

Inerbimento di un pendio mediante la tecnica della semina potenziata col sistema nero-verde.

In primo piano è possibile osservare un tratto di pendio trattato da poco con l'erba in fase di crescita, mentre sullo sfondo la copertura vegetale ha già raggiunto un buon livello e le scarpate si presentano completamente inerbite.

Altre tecniche di inerbimento:

•Tappeto erboso

•Sistema Nero – Verde (consiste nella formazione di una pellicola protettiva bituminosa sopra uno strato di paglia o di cellulosa sul quale sono stati sparsi semi e concimi).

•Copertura con zolle erbose

Trapianto di zolle erbose su argini in terraImmediata copertura vegetale, con radicazione delle zolle entro pochi giorni.

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I rivestimenti antierosivi biodegradabili sono usati, quasi sempre in associazione con idrosemina o con l'impianto di talee e piantine, negli interventi di sistemazione e consolidamento di pendii o scarpate o di altre opere di ingegneria. La loro realizzazione assicura al terreno trattato un controllo dei fenomeni erosivi per il tempo necessario all'attecchimento ed allo sviluppo di un efficace copertura vegetale.I rivestimenti biodegradabili sono prodotti costituiti in genere da fibre di paglia, cocco, juta, sisal (fibra tessile ricavata dalle foglie di una specie di Agave), trucioli di legno o altre fibre vegetali, caratterizzati da una biodegradabilità pressoché totale che si realizza in un arco di tempo di 1-5 anni, da permeabilità e capacità di ritenzione idrica elevate e da spiccata azione protettiva superficiale del terreno.In funzione del materiale, della struttura e delle tecniche costruttive, possono essere classificati in:•Biotessili•Bioreti•Biofeltri•Biostuoie

Rivestimenti antierosivi biodegradabili

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I rivestimenti antierosivi, rappresentano una soluzione ideale sia dal punto di vista tecnico-funzionale sia dal punto di vista dell’inserimento estetico-paesaggistico ed ecologico dell'intervento.La biodegradabilità e la non tossicità dei materiali utilizzati e la capacità di favorire una rapida copertura vegetale, garantiscono il loroinserimento completo e naturale nell’ambiente circostante.Questi prodotti hanno trovato recentemente una vasta applicazione in numerosi interventi di sistemazione idraulico-forestale, di consolidamento dei pendii instabili ed in numerose opere di ingegneria tra i quali si menzionano:- rivestimento di pendii o scarpate naturali ed artificiali per il controllo dell'erosione e la protezione delle sementi dal dilavamento e creazione di condizioni microclimatiche più favorevoli all'attecchimento ed alla crescita della vegetazione;- rivestimento e protezione delle scarpate e delle sponde fluviali dall'erosione;- protezione, sostegno e contenimento del terreno seminato per favorire il rinverdimento di opere in terre rinforzate o di altro tipo;- recupero di aree di cava dismesse o di discariche.

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Esempi di materiali antierosivi:

Sinistra: biostuoia in fibre di paglia;

Centro: biostuoia in fibre miste di cocco e paglia,

Destra: biorete in fibre di juta, tessuta a maglia aperta (detta “geojuta”)

Il biofeltro è un non-tessuto agugliatocostituito da un insieme di fibre vegetali.

Le bioreti possono essere in fibre di cocco o di sisal e sono disponibili anche come stuoie preseminate. La scelta del tipo più adatto dipende dalla durata e dalla resistenza meccanica richiesta e dalle condizioni climatiche.

Le stuoie biodegradabili hanno la funzione di proteggere provvisoriamente la semina dall'azione battente della pioggia e di creare un microclima ideale durante la prima fase di crescita della vegetazione. Le biostuoiepossono essere in paglia, in legno ed in cocco.

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BioretiLe bioreti sono costituite da fibre naturali di cocco, juta o di sisal, tessute a maglie aperte, annodate e/o saldate in modo da formare una struttura tessuta aperta e, nello stesso tempo, deformabile e capace di adattarsi al supporto.La struttura e la resistenza alla trazione consentono di esercitare un'efficace azione di controllo sui processi erosivi delle acquemeteoriche e di ruscellamento e di stabilizzazione del terreno trattato.Le bioreti in fibre di juta (o geojute) sono una delle tipologie più usate negli interventi di rivestimenti antierosivi delle scarpate o pendii nei casi in cui si vuole ottenere un rapido sviluppo della copertura vegetale, grazie soprattutto alla loro elevata capacità di ritenzione idrica (fino a 5 volte il proprio peso).

La Geojuta è una bioretecostituita da fibre di juta con una maglia aperta di dimensione medie (1 x 1.5 cm circa).

Geojuta

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Le bioreti in fibre di cocco hanno, rispetto alle geojute, una minore capacità di ritenzione idrica, ma sono molto più resistenti alla trazione ed alla degradazione.

Per tale motivo sono più indicate in ambienti umidi o dove è richiesta una maggiore azione protettiva e consolidante del pendio o della scarpata da trattare con idrosemina.

Esempio d'impiego di rete o georete in fibra di juta utilizzata in abbinamento a viminate in un intervento di sistemazione di un pendio in erosione. Questa tipologia èparticolarmente indicata per i rinverdimenti antierosivi di pendii, sponde fluviali o scarpate artificiali con necessità di trattenimento meccanico del terreno.

bioreti in fibre di cocco

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Biofeltri

I biofeltri sono teli (o nappe) non tessuti agugliati, composti da un insieme di fibre vegetali sciolte o al massimo pressate, ottenuti grazie alla capacità “feltrante” dei filamenti.

I biofeltri possono essere composti da fibre di paglia, di cocco, di paglia e cocco, di trucioli di legno e/o di altre fibre vegetali o miste biodegradabili.

I teli possono essere accoppiati, come le biostuoie, a reti in fibre naturali biodegradabili o sintetiche fotodegradabili ed a fogli di cellulosa.

I biofeltri sono usati per la protezione temporanea dai fenomeni erosivi di pendii e scarpate naturali o artificiali, trattate con semina, per favorire l’attecchimento e la rapida crescita della vegetazione.

Biofeltro: non tessuto in fibre vegetali biodegradabili su supporto in rete di polipropilene.

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BiostuoieLe biostuoie sono costituite da strati di fibre naturali biodegradabili spesse una decina di mm, assemblati in modo da formare una struttura intrecciata, semiaperta e deformabile, capace di adattarsi con facilità al terreno sul quale èstesa.Le biostuoie possono essere composte da fibre di paglia, cocco, paglia e cocco, juta o altre fibre vegetali biodegradabili e compatibili con l'ambiente.Il materiale è trattenuto su entrambi i lati da microreti in materiale organico (tipo juta) o sintetico (tipo polipropilene), o confinato entro una microrete su un lato ed un foglio di cellulosa sul lato a contatto con il terreno.Le biostuoie sono caratterizzate da un'elevata capacità di ritenzione idrica (specie quelle di paglia e juta), di protezione del terreno contro i fenomeni erosivi superficiali. Infatti la formazione di un microclima ideale e l’incremento di fertilità del suolo derivante dalla loro decomposizione, favoriscono notevolmente l'attecchimento e la prima fase di crescita della vegetazione.

geostuoia in paglia, biodegradabile.

geostuoia in fibre naturali di paglia e cocco, biodegradabile.

geostuoia in fibre naturali di cocco, biodegradabile.

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La durata dei teli varia in funzione del materiale, della natura del suolo sul quale poggiano e delle condizioni climatiche locali.Mediamente le biostuoie in paglia si degradano nell'arco di un anno, mentre quelle in cocco, più resistenti alla degradazione, durano 1-2 anni. Le biostuoie in paglia o juta sono indicate per la loro maggiore capacità di ritenzione dell'umidità negli interventi di rivestimento antierosivi su pendii o scarpate in ambienti aridi. Le tipologie in cocco sono invece più adatte all'uso in ambienti umidi, come ad esempio il rivestimento di scarpate o sponde fluviali.Le biostuoie in fibre miste di paglia e cocco sono utilizzate negli interventi di rivestimento di pendii o scarpate, soggetti a limitati fenomeni erosivi e poco umidi, quando si vuole conferire, con l’aggiunta della paglia, una maggiore ritenzione idrica alle caratteristiche di resistenza e durata del cocco. Le biostuoie possono essere anche preseminate con varie miscele di sementi, in modo da ottenere una rapida copertura vegetale, di lunga durata, ed una discreta protezione del terreno dall'erosione superficiale. Queste sono usate principalmente per il rivestimento di pendii e scarpate, naturali o artificiali, formati da materiali fini umidi (es. sponde fluviali). In caso di terreni ghiaiosi o detritici con scarso materiale fino occorre riportare uno strato di terreno vegetale prima di stendere il materasso preseminato.

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Impiego di biostuoia in un complesso intervento di sistemazione e consolidamento dei versanti di un torrente montano in forte erosione.

L'intervento ha previsto il ricorso a varie tecniche d'ingegneria naturalistica: rimodellamento del pendio, realizzazione di viminate, rivestimento del fondo dell'impluvio con tondame e costruzione di briglie in legname e pietrame, stesa di teli di biotessili ed inerbimenti.

La stesa dei rotoli di biotessili avviene dopo avere preventivamente regolarizzato la superficie del pendio dissestato, ed in modo da avere una certa sovrapposizione fra teli successivi di una decina di centimetri circa.

Terminato il posizionamento dei biotessili si procede al trattamento con idrosemina di specie vegetali idonee.

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I rivestimenti antierosivi sintetici sono realizzati con vari tipi di prodotti sia geosintetici che non. Queste tecniche si possono realizzare con dei prodotti prefabbricati che svolgono una o più funzioni od altrimenti abbinando materiali diversi posti in tempi successivi.Di seguito si riportano alcuni dei materiali e delle tecniche piùcomunemente usati:•Geostuoie tridimensionali•Geocompositi•Rivestimenti vegetativi•Geocelle

Rivestimenti antierosivi sintetici

L'impiego di prodotti formati da materiali di sintesi e/o naturali, offre la possibilità di realizzare opere d'ingegneria limitandone notevolmente l'impatto negativo sull'ambiente circostante. Nelle applicazioni antierosive oltre all'azione di protezione meccanica superficiale, possono svolgere funzioni di contenimento e di stabilizzazione corticale; in tal modo questi materiali consentono e favoriscono lo sviluppo di una copertura vegetale stabile in grado di svolgere un'efficace ruolo autonomo di consolidamento superficiale e di rinaturalizzare contesti degradati dalla costruzione di opere di ingegneria.

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Geostuoie tridimensionaliLe geostuoie tridimensionali sono dei materiali sintetici impiegati principalmente per i controllo dell'erosione superficiale su pendii e/o scarpate naturali o artificiali.Le geostuoie sono costituite da filamenti di materiali sintetici (polietilene ad alta densità, poliammide, polipropilene od altro), aggrovigliati in modo da formare un materassino molto flessibile dello spessore di 10-20 mm.La forma tipica di una geostuoiaconsiste in una struttura tridimensionale con un indice dei vuoti molto elevato, mediamente superiore al 90% (idonea al contenimento di terreno vegetale o dell'idrosemina).

geostuoiatridimensionale in monofilamenti di poliammide termosaldati tra loro nei punti di contatto, a fondo piatto.

geostuoiatridimensionale in monofilamenti di poliammide termosaldati tra loro nei punti di contatto, a fondo piatto, preintasataindustrialmente in ghiaino legato con bitume.

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Le geostuoie sono principalmente impiegate con funzione antierosiva negli interventi di sistemazione idraulico-forestale e di consolidamento di pendii instabili. Sono sempre abbinate a sistemi di raccolta delle acque superficiali ed a materiali vivi; quando è necessario vengono utilizzate come un complemento delle opere di sostegno nell'ambito di sistemazioni più complesse.

Dato l'elevato indice dei vuoti, le geostuoie si prestano molto bene ad essere intasate con miscele di idrosemina piuttosto dense quali quelle dell’ “idrosemina a spessore”, in tal modo svolgono sia una protezione antierosiva nei confronti del terreno sia una funzione di “armatura dell'idrosemina” impedendone il dilavamento anche insituazioni difficili.

Nella sistemazione di scarpate di terra asciutta può essere utilizzata la geostuoia tridimensionale in filamenti di nylon a fondo aperto.La sua particolare struttura preserva i semi ed i germogli dal dilavamento superficiale ed agisce come armatura permanente dell'apparato radicale, conferendo una protezione della scarpata duratura nel tempo.

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Esempio di struttura di geostuoia

Esempio di posa di una geostuoiarinforzata per la stabilizzazione di scarpate a basso angolo di attrito. Nella foto: discarica di rifiuti industriali bonificata.

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Impiego di geostuoia rinforzata con rete metallica a doppia torsione tipo ”Macmat” per la stabilizzazione e il rinverdimento di un versante argilloso. Fase della posa (sopra) e dopo l’idrosemina (sotto).

Per il controllo dell’erosione sulle sponde terrose di corsi d’acqua, è possibile valutare l’impiego della geostuoia antierosione intasata con ghiaino (2-5 mm) o sabbia grossa.

Nelle sponde di canali e bacini, o in altre applicazioni idrauliche, per evitare l'insorgere di fenomeni erosivi causati dalle correnti d'acqua vengono impiegate le geostuoietridimensionali.

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Geocompositi antierosiviI geocompositi sono materiali prefabbricati costituiti dall'associazione di prodotti geosintetici e non, aventi il compito di svolgere funzioni diverse.Nell'ambito dei rivestimenti antierosivi una categoria importante di geocompositi sono le geostuoie rinforzate; si tratta di prodotti realizzati mediante l'unione di una geostuoia tridimensionale e di un elemento di rinforzo.L'elemento di rinforzo ha una funzione permanente di contenimento o di assorbimento di sforzi di trazione indotti nel geocomposito.Tipicamente per l'armatura della geostuoia vengono usate reti metalliche a doppia torsione a maglie esagonali in trafilato d'acciaio protetto mediante rivestimento con lega di zinco-5% alluminio o geogriglie di fibre di poliestere tessute e protette con PVC.Vengono fissati alla scarpata con una opportuna picchettatura e successivamente intasati con idrosemina a spessore.

Geostuoia rinforzatageostuoia tridimensionale in monofilamenti di poliammide termosaldati tra loro nei punti di contatto, accoppiata ad una griglia di rinforzo in poliestere ad elevato modulo.

Geostuoia rinforzata

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Le geostuoie antierosive rinforzate sono utilizzate per il controllo dell'erosione su scarpate in terra o in roccia alterata molto ripide; in questi casi oltre alla protezione dall'azione delle acque meteoriche è opportuno realizzare un elemento di contenimento in grado di controllare i piccoli movimenti gravitativi superficiali dovuti alla forte pendenza. Le geostuoie possono essere fissate con barre d'acciaio lunghe 0.6-0.7 m o anche con vere e proprie chiodature quando sia richiesto un consolidamento a maggiore profondità. Per migliorare l'azione di contenimento si possono aggiungere delle funi d'acciaio collegate alle teste dei chiodi.Un'altra applicazione consiste nella stabilizzazione di terreno di riporto su scarpate in roccia o geosisntetici (ad esempio le geomembrane nelle coperture di discarica) al fine di impedire lo scivolamento del terreno su un interfaccia con basso angolo di attrito.

Stabilizzazione di un pendio artificiale con chiodature, funi d’acciaio e geostuoia rinforzata con rete metallica a doppia torsione (tipo Macmat); su alcune porzioni del rilevato il rinverdimento è già completato.

Dopo avere steso ed ancorato il geocomposito, si riporta il terreno sopra di esso con spessore variabile da monte a valle; quando necessario si pone un geocomposito drenante al di sotto del geocomposito antierosivo per impedire la saturazione del terreno di copertura e migliorarne la stabilità.

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Rivestimenti vegetativiLa tecnica consiste nella posa in successione di una biostuoia o geostuoia tridimensionale con funzione antierosiva, e di una rete metallica a doppia torsione a maglie esagonali in trafilato d'acciaio protetto mediante rivestimento con lega di zinco-5% alluminio, con funzione di contenimento. La posa avviene in maniera differenziata per i due elementi, pertanto èpossibile rendere la stuoia ben aderente alla scarpata ed il sistema si presta molto bene anche ad applicazioni su superfici piuttosto irregolari. La rete preme sulla scarpata migliorando l'aderenza della stuoia ed impedendo i piccoli rilasci gravitativi tipici delle scarpate molto ripide.

Il rinforzo corticale, conferito dalla geostuoia più rete metallica impedisce la disgregazione superficiale ed evita la caduta di sassi e terriccio al piede della scarpata permettendo al tempo stesso una condizione favorevole all'instaurarsi della vegetazione.

I rivestimenti vegetativi sono utilizzati per il controllo dell’erosione su scarpate, anche ripide, in terra o in roccia alterata.

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Rivestimento vegetativo realizzato con rete metallica a doppia torsione a maglie esagonali protetta con rivestimento in lega zinco-alluminio e sottostante biostuoia in fibra di paglia e cocco.

Fasi durante la posa (sinistra) e al rivestimento completato (destra).

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GeocelleLe geocelle sono dei geosintetici a struttura alveolare flessibili, resistenti e leggeri; vengono utilizzate come sistemi di stabilizzazione corticale per impedire lo scivolamento e l'erosione di strati di terreno di riporto su forti pendenze.La struttura a “nido d'ape” o “alveolare“ viene ottenuta per assemblaggio e saldatura di strisce di materiali sintetici con spessori maggiore o uguale a 1,2mm ed altezza compresa tra 70 e 100 mm. Sono strutture facilmente trasportabili, caratterizzate da un ingombro molto contenuto, rapidità di applicazione ed adatte a diverse situazioni ambientali.

Struttura di una geocella a “nido d'ape” o “alveolare”. La morfologia romboidale delle celle è ottenuta per saldatura di strisce di polietilene ad alta densità con spessore maggiore o uguale a 1,2 mm.

Quando si deve riportare e trattenere uno strato di terreno fertile su superfici sterili, come le scarpate rocciose e aride o sui manti impermeabili di lunghezza limitata, l'impiego di geosintetici a struttura di geocelle ad elevato spessore risulta ideale. Grazie alla loro flessibilità e leggerezza, le geocelle si possono utilizzare su scarpate irregolari e di difficile accesso garantendo la stabilità superficiale del terreno riportato.

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Dopo la posa delle geocelle ed il fissaggio con picchetti si effettua il riempimento con terreno vegetale e successivamente un‘idrosemina. Se necessario si deve abbinare una biostuoiaod un biotessile qualora vi sia il pericolo di dilavamento da parte delle acque meteoriche; le geocelle hanno aperture piuttosto ampie e sono efficaci nell' impedire lo scivolamento superficiale del terreno di riporto mentre non contrastano sufficientemente il ruscellamentoe soprattutto l'impatto delle gocce di pioggia.Quando possibile è sempre opportuno abbinare alle geocelle la messa a dimora di piantine o talee.Le geocelle possono essere utilizzate nell'ambito di interventi di stabilizzazione di pendii in frana, nel controllo dell'erosione e stabilizzazione di rilevati artificiali, nella stabilizzazione delle coperture di discariche e nel recupero ambientale delle cave.L'inclinazione massima su cui possono essere utilizzate è intorno ai 40° sull'orizzontale.

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2.2. Piantagioni di talee o piantinePiantagioni di talee o piantineLa messa a dimora di talee avviene per infissione nel terreno o nelle fessure tra massi di pezzi di talee di specie vegetali con capacità di propagazione vegetativa

Campi di applicazione: scarpate a pendenza limitata, sponde fluviali e lacustri; interstizi e fessure di scogliere, muri, gabbionate; come picchetti vivi nelle posa di reti, stuoie, fascinate, viminate.

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Vantaggi:•sistemazione a basso prezzo e semplice reperibilitàdei materiali; •di semplice realizzazione;•puntuale inizialmente, ma coprente dopo lo sviluppo;•favorisce l’evoluzione degli ecosistemi, soprattutto in ambienti umidi (se si usano i culmi di canna).Svantaggi:•la stabilità della scarpata ed il consolidamento superficiale del terreno sono limitati sino allo sviluppo di un adeguato apparato radicale;•L’attecchimento delle piante non è garantito, a meno che le condizioni della stazione siano particolarmente favorevoli.Effetto: copertura delle scarpate con cespugli.Più lunghe sono le talee conficcate nel terreno, maggiore l’effetto stabilizzante/consolidante in profondità. Effetto di drenaggio dovuto ad assorbimento e traspirazione del materiale vivo impiegato.

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3.3. Materassi rinverditiMaterassi rinverditiI materassi in rete metallica rinverditi o con tasche vegetali sono strutture comunemente utilizzate per il rivestimento e la protezione dall'erosione di sponde fluviali e di scarpate molto ripide.

I materassi in rete metallica rinverditi sono utilizzati in tutte le situazioni in cui sia necessario rinaturalizzare superfici rocciose ripide su cui un riporto di terreno non stabilizzato risulterebbe non efficace.

Materasso spondale in rete metallica rinverdito

Sono realizzati con rete metallica a doppia torsione in trafilato d'acciaio di diametro 2.7 o 3 mm a maglie esagonali, protetto con rivestimento in lega di zincoalluminio (galfan) e generalmente anche plastificato.

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Materasso spondale in rete metallica rinverdito Materasso spondale in rete metallica rinverdito

Materassi rinverditi di rivestimento spondale F. Fella (UD)

Particolare materassi rinverditi di rivestimento spondale con messa a dimora di talee F. Fella(UD)

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I materassi possono essere realizzati secondo due diverse modalità: Materassi prefabbricatiPer inclinazioni fino a 40-45° e superfici di posa regolari, si possono utilizzare materassi tipo Reno spessi 17-30 cm, larghi 2 m e lunghi 3 m o più, dotati di diaframmi che andranno posti in direzione perpendicolare alle linee di massima pendenza. Il materasso una volta messo in scatola, viene posato sulla scarpata, fissato con delle chiodature costituite da barre d'acciaio, foderato al suo interno con una biostuoia, riempito di terreno, coperto con una ulteriore biostuoia di protezione ed infine chiuso con un coperchio in rete metallica a doppia torsione. In alternativa la chiusura può venire effettuata con una geostuoiatridimensionale rinforzata con una rete metallica a doppia torsione (in tal caso non è necessaria la biostuoia). Successivamente si potranno mettere a dimora piantine, talee ed effettuare una idrosemina.

Consolidamento e rivestimento di una scarpata con materassi in rete metallica rinverditi. Il pendio, opportunamente rimodellato, è rivestito con i materassi in rete metallica, riempiti con terreno, abbinati ad una georete tridimensionale o geostuoia. La struttura è successivamente rinverdita mediante l'inerbimento con idrosemina o con impianto di talee.

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Rivestimento a tasche:

Per inclinazioni superiori a 40-45° e fino a 55-65° e superfici di posa irregolarisi possono realizzare dei rivestimenti riportando del terreno tra una rete di contenimento ed il pendio. L'elemento di contenimento sarà costituito da una geostuoia tridimensionale in polipropilene armata con rete metallica a doppia torsione a maglie esagonali realizzata con trafilato d'acciaio protetto con lega di zinco-alluminio (galfan).

La geostuoia armata verrà ancorata con idonee chiodature alla scarpata rocciosa.

Successivamente si potranno posare piantine, talee ed effettuare una idrosemina a spessore.

Consolidamento e rinverdimento vegetale di una parete a forte pendenza. L'intervento è stato realizzato mediante il rivestimento della parete con tasche in rete metallica a doppia torsione, zincata, riempite con idoneo materiale sciolto e terreno vegetale rivestito internamente con georete o geostuoia. L'impianto di talee, cespi ed arbusti radicati e l'idrosemina consente di ottenere un buon risultato dell'intervento.

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Questo sistema è utilizzato negli interventi di sistemazione, ripristino ambientale e consolidamento dei pendii e delle scarpate in materiali granulari o roccia, privi di terreno vegetale, e caratterizzati da pendenze molto alte, superiori ai 35° - 40°.

I rivestimenti con materassi rinverditi e con tasche vegetative sono impiegati frequentemente negli interventi di risanamento di siti estrattivi degradati, nella protezione e nel rinverdimento di scarpate naturali, come pareti rocciose, o artificiali, come ad esempio scarpate di rilevati ferroviari o stradali.

Applicazione di materassi per la sistemazione dei versanti presso la diga di Ridracoli (Appennino tosco-romagnolo).

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4. Viminate e fascinate viveLa viminata viva ha la funzione di consolidamento superficiale per mezzo delle piante ed un immediato effetto di regimazione delle acque meteoriche. Questo sistema comporta una tecnica mista tra materiali vivi (astoni e talee) e materiali morti (picchetti di legno o tondini di ferro). Un tempo largamente impiegate per il consolidamento di piccole frane, oggi le viminate sono sostituite da sistemi stabilizzanti più efficaci e meno costosi.

La viminata è costituita da paletti di legno (castagno, larice, salice o altro) o, più raramente, tondini di ferro lunghi circa 100 cm, infissi nel terreno per 70 cm, con un interasse di circa 100 cm. A questi paletti vengono collegati, intrecciandoli, 3 -8 rami lunghi e flessibili di salice disposti longitudinalmente e legati con filo di ferro zincato (le verghe hanno capacità vegetativa) .

La parte terminale di questa deve essere interrata al fine di ridurre i rischi di scalzamento della struttura e di favorire il radicamento delle talee. L'altezza fuori terra delle viminate è di circa 30 cm.

L'impianto è posizionato lungo le curve di livello, a valle ed a monte delle zone dissestate.

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Particolare di un'intervento di stabilizzazione di una scarpata mediante la realizzazione di più ordini di viminate disposte su file orizzontali trasversalmente rispetto alla linea di massima pendenza.

Le viminate possono essere disposte sui pendii a file parallele distanti da 1,5 a 3 metri, o a file diagonali a formare una disposizione a forma di rombo, o di quadrato, a sviluppo orizzontale e verticale in modo da trattenere il terreno. Una variante è rappresentata dalla disposizione seminterrata in piccoli solchi di 20 cm circa al fine di aumentare la percentuale di attecchimento.

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Un limite di questo sistema, oltre alla complessa laboriosità dell'impianto, è la difficoltà di reperire materiale vegetale molto lungo e nel contempo ad alta capacità radicante, che implica costi relativamente alti in rapporto all'efficacia dell'intervento.

Per ottenere la massima efficacia di consolidamento del terreno è necessario eseguire le viminate durante il periodo di riposo vegetativo. In tal caso le talee radicano ed hanno la possibilità di ritenere immediatamente il terreno sul pendio, formando solidi gradoni. In casi particolari si può combinare la tecnica delle viminate (anche morte) con quella della gradonata con talee, ottenendo in tal modo un immediato consolidamento del terreno dal punto di vista meccanico ed un rapido rinverdimento grazie alle talee.

Esempio di schema d'impianto di viminataviva visto in pianta, prospetto e sezione.

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Le fascinate vive sono utilizzate negli interventi di sistemazione dei versanti con pendenza non superiore ai 30°-35°.Con questo sistema si ottiene il rinverdimento ed il drenaggio superficiale dei pendii mediante la formazione di file di gradoni, disposti parallelamente alle curve di livello, nei quali sono sistemati delle fascine di astoni o ramaglia, possibilmente lunghi e diritti, prelevati da piante legnose con elevata capacitàdi diffusione vegetativa.Le fascinate vive comprendono due tipologie costruttive differenziate in base al materiale vegetale impiegato:- fascinate vive con ramaglia;- fascinate vive con piantine.Fascinate vive con ramagliaLa loro realizzazione comporta un ridotto movimento di terra e comprende l’escavazione di solchi profondi da 0,3 a 0,5 m ed altrettanto larghi, ove vengono sistemate orizzontalmente le fascine di ramaglia, prelevate da specie legnose con buona capacità di propagazione vegetativa. E' sufficiente che in ogni sezione trasversale della fascina siano presenti 5 verghe di almeno 1 cm di diametro, con punti di legatura distanti 70 cm uno dall'altro.

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La costruzione avviene fissando le fascine di ramaglia con paletti in legno vivo (pioppi o salici) o morto (castagno, larice, ecc.) lunghi almeno 60 - 100 cm e diametro compreso fra 5 e 10 cm, infissi nel terreno attraverso la fascina od a valle di essa. Lo scavo è quindi ricoperto con un leggero strato di terreno proveniente dagli scavi dei fossi superiori.Le file di gradoni con le fascine di ramaglia sono eseguite orizzontalmente, secondo le curve di livello o con una leggera inclinazione obliqua rispetto al pendio per aumentare la capacità di deflusso delle acque superficiali e l'efficacia drenante del sistema. La distanza tra file successive si aggira mediamente intorno a 1,5- 2 m.Una variante di questo sistema, applicata dove si richiede una maggiore efficacia consolidante dell'intervento, prevede l'associazione delle fascine con viminate.

Fascinata viva con ramaglia realizzata per il ripristino vegetazionale di una scarpata con pendenza inferiore ai 35°.

La struttura forma delle piccole gradonateche consentono di raccogliere il materiale terroso di riporto e lo sviluppo della vegetazione. L'interasse tra i gradoni varia da 1 a 2 metri.

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La fascinata è un sistema di stabilizzazione non indicato negli interventi di sistemazione dei versanti in materiali poco coesivi, in quanto presenta un modesto effetto consolidante in profondità, che avviene solo dopo la radicazione delle verghe e l'attecchimento delle piantine. Inoltre, questa tecnica può essere usata solo su pendii con inclinazioni non elevate (minori di 30°-35°) e in condizioni climatiche non estreme.

Fascinata viva con piantineNella variante con piantine radicate di specie arbustive, l'esecuzione dell'intervento comporta alcuni accorgimenti e procedure diverse da quelle della tecnica precedente. Infatti le fascine di ramaglia sono più leggere e con meno verghe (3-6), i solchi sono più larghi di circa 10-15 cm e le piantine radicate sono messe a dimora in numero di circa 1 -2 esemplari per metro.Il solco, dopo la messa a dimora delle fascine e delle piantine, è riempito con il terreno, eventualmente ammendato, proveniente dagli scavi.Le fascinate, come tutti gli altri interventi che impiegano materiali vivi, devono essere realizzate solo durante il periodo di riposo vegetativo.

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5.5. GradonataGradonata vivavivaLa tecnica delle gradonate vive con talee e/o con piantine è un sistema impiegato con successo negli interventi di stabilizzazione di pendii e scarpate, naturali o artificiali, in materiali sciolti.

La realizzazione di gradonate permette di rinverdire le scarpate attraverso la formazione di piccoli gradoni lineari, che corrono lungo le curve di livello del pendio, in cui si interrano dei fitti "pettini" di talee e/o di piantine radicate. Lo sviluppo dell’apparato radicale garantisce il consolidamento del terreno, mentre la parte aerea contribuisce a contenere l’erosione superficiale.

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Nell'ambito delle gradonate si possono distinguere tre tipologie costruttive, differenziate soprattutto in funzione del materiale vegetale impiegato:

•Gradonata con talee (sistemazione a cespuglio secondo Schiechtl);

•Gradonata con piantine (sistemazione a siepe secondo Schiechtl);

•Gradonata mista con talee e piantine(sistemazione a siepe – cespuglio secondo Schiechtl);

Gradonata con talee

Gradonata con piantineGradonata mista con talee e piantine

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Gradonata con talee rinforzata.

Gradonata con talee su rilevati

artificiali

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La tecnica d'esecuzione delle gradonate, indipendentemente dal tipo d'intervento, è sostanzialmente la stessa: nel versante si eseguono una serie di scassi orizzontali con leggera contropendenza, a forma di “L”, nei quali si impiantano talee o piantine radicate. Il tutto è poi ricoperto con materiale proveniente dallo scavo del gradone superiore. In particolare la realizzazione delle gradonate prevede le seguenti fasi d'esecuzione:

- scavo e costruzione dei gradoni o terrazzamenti, iniziando dal piede della scarpata e procedendo per file parallele verso l'alto, eseguito a mano o con l'ausilio di mezzi meccanici di piccole dimensioni (apripista, scavatrici idrauliche, o ragno). Il materiale di sterro del gradone superiore è utilizzato per il riempimento di quello inferiore. La profondità (o larghezza) dei gradoni varia da 0,5 fino a 2,0 m, in funzione della pendenza della scarpata e della tipologia costruttiva, con una contropendenza trasversale dello scavo pari almeno al 10%. La distanza tra gradoni successivi varia da 1,5 a 3 metri, in funzione della pendenza, delle caratteristiche fisico-meccaniche dei terreni e della tipologia costruttiva.

- messa a dimora, sul fondo dello scavo, di talee e/o di piantine radicate disposte a pettine una accanto all'altra in numero variabile, a seconda delle condizioni pedoclimatiche, del tipo di pianta e della tipologia dell'impianto, da 5 - 10 a 30 piante per metro lineare. Queste sono interrate per buona parte della loro lunghezza (per 3/4 le talee, e per circa 2/3-3/4 le piantine) con il terreno dello scavo di riporto del gradone superiore.

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Questo sistema è generalmente utilizzato negli interventi di sistemazione e difesa dalle frane e dall'erosione dei versanti instabili in materiali sciolti. Esso si applica con successo anche per la sistemazione ed il consolidamento di scarpate artificiali (ad esempio rilevati stradali o argini).

Consolidamento di una scarpata interessata da frane superficiali mediante l'esecuzione di gradonate con talee.

Questo sistema è indicato negli interventi con tecniche d'ingegneria naturalistica, per il consolidamento ed il rinverdimento rapido di pendii o scarpate interessate da piccoli movimenti franosi.

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6.6. Grata vivaGrata vivaLa tecnica della grata viva con talee e/o con piantine è una tipologia d'intervento più complessa rispetto ad altri sistemi d'ingegneria naturalistica, ma molto efficace negli interventi di sistemazione, stabilizzazione e rinverdimento di versanti e di scarpate anche con elevata acclività.

La grata può essere semplice o doppia in funzione della geometria del corpo di frana.

La tecnica d'esecuzione prevede fasi di lavorazione descritte nel seguito.

Consolidamento di una scarpata con acclivitàelevata (maggiore di 40°) interessata da frane superficiali, mediante l'esecuzione di una grata in legname con talee semplice.

Questo sistema è indicato negli interventi con tecniche d'ingegneria naturalistica, per il consolidamento ed il rinverdimento rapido di pendii o scarpate interessate da movimenti franosi e da fenomeni di erosione superficiale, dove non è possibile intervenire con altri sistemi, quali ad esempio la gradonatura o il modellamento del pendio.

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Al piede del versante si esegue lo scavo di una piccola trincea sul terreno stabile, in modo da formare la base d'appoggio della grata. Questa può essere anche realizzata mediante la posa di tronchi longitudinali di sostegno, o attraverso la costruzione di una palificata in legname con talee. Al disopra della base si costruisce una sorta di spalliera a maglie regolari, formata da elementi verticali ed orizzontali (tondi di legno), con una lunghezza di circa 2-5 m, e diametro di 15- 25 cm. Gli elementi verticali sono quelli portanti con distanza di 1-2 m, mentre gli elementi orizzontali, fissati con chiodi o altro ai primi e con interdistanza di 0,40 - 1,00 m, possono avere dimensioni minori, e densitàmaggiore (in funzione dell'inclinazione del pendio) rispetto a quelli verticali. La struttura è fissata al substrato stabile mediante l'infissione di picchetti di legno lunghi 1 metro circa.

Grata viva semplice in legname con talee e piantine. La struttura, formata da tondi di legno verticali ed orizzontali, poggia su di una base stabile, costituita da una palificata in legname. La grata, protetta in testa dalle infiltrazioni d'acqua con carta catramata, è fissata al substrato con picchetti di legno o di ferro. La struttura èriempita con il materiale di risulta dello scavo e con terreno vegetale idoneo all’attecchimento di talee e piantine radicate. La superficie esterna può anche essere inerbita con le tecniche dell’idrosemina o con la piantumazione di arbusti di specie autoctone.

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Si procede, poi, al riempimento dei riquadri con materiale inerte e terreno vegetale ed alla messa a dimora di talee, ramaglia disposta a strati e/o piantine radicate di specie pioniere, con l’eventuale supporto di rete metallica elettrosaldata per il contenimento del terreno fine. La superficie esterna della struttura può essere inerbita per una migliore resistenza all'erosione. L'altezza massima che è possibile raggiungere non supera in genere i 15-20 m.La struttura può essere realizzata in legno vivo (salice) per pendii di altezza limitata, oppure con filagne di legname resistente alla decomposizione (larice, castagno) negli altri casi. Al fine di prevenire eventuali infiltrazioni di acqua da monte, che potrebbero creare problemi di erosione e portare allo scalzamento della struttura, è necessario realizzare una canalizzazione o una impermeabilizzazione della testa della grata con carta incatramata opportunamente ancorata.

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La grata viva è un sistema utilizzato con successo negli interventi di sistemazione e stabilizzazione di pendii in erosione o in frana, caratterizzati da inclinazione molto elevata (anche maggiore di 45°), dove non è possibile ridurre la pendenza con il modellamento dei versanti. Questo sistema garantisce, al tempo stesso, un'efficace azione di sostegno ed una protezione dall'erosione superficiale.

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7.7. Palificata viva di sostegno, semplice ed a parete doppiaPalificata viva di sostegno, semplice ed a parete doppia

Le palificate vive con talee e/o con piantine sono impiegate con successo negli interventi di stabilizzazione di pendii e scarpate, naturali o artificiali, in dissesto.

Questo sistema favorisce il rinverdimentodi pendii attraverso la formazione di strutture fisse in legname, che hanno la funzione di formare delle piccole gradonatea monte delle quali si raccoglie il terreno.In questo modo si crea lungo le curve di livello una struttura più resistente delle viminate, in cui si interrano dei fitti "pettini" di talee e/o di piantine radicate.

Lo sviluppo dell’apparato radicale garantisce il consolidamento del terreno, mentre la parte aerea contribuisce a contenere l’erosione superficiale.

Consolidamento di una scarpata in frana mediante l'esecuzione di palificata in legname con talee a parete doppia.

La palificata a due pareti necessita di uno scavo piùgrande, compensato, però, dalla capacità di resistere a spinte maggiori del terreno, e dalla possibilità di realizzare strutture aventi un'altezza superiore.

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Palificata a parete semplice:In questo sistema i tronchi longitudinali sono disposti su di unica fila orizzontale esterna, mentre i tronchi trasversali appoggiano con la parte terminale nella parete dello scavo;

Palificata a parete doppia:Con questo sistema la palificata è realizzata disponendo i tronchi longitudinali su due file orizzontali sia all'esterno sia all'interno della struttura. La palificata a due pareti necessita di uno scavo di maggiori dimensioni, compensato, però, dalla capacità di resistere a spinte del terreno maggiori, e dalla possibilità di realizzare strutture aventi un'altezza superiore.

In funzione della modalità costruttiva si distinguono palificate vive in legname o con piantine:

- a parete semplice;

- a parete doppia;

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Palificata spondale a due pareti

Sezione di una palificata spondale livellata

Palificata viva con iniziale sviluppo vegetativo

Palificata di sponda

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La tecnica d'esecuzione delle palificate comprende le seguenti fasi: nel versante si esegue una serie di scassi a forma di “L”, in modo da formare la base d'appoggio della palificata in legname, con una contropendenza trasversale dello scavo pari almeno al 10 - 15%, mentre il paramento a valle deve avere una pendenza di circa il 30-50% per garantire la migliore crescita delle piante. La profondità massima dello scavo, generalmente di circa 2 - 2,5 m, èlegata alla lunghezza delle talee, che devono sempre raggiungere la parete. Per altezze superiori a 2,5 m si possono costruire serie di palificate a gradoni. Preparata la base d'appoggio, la palificata è realizzata ponendo in opera il tondame scortecciato o legname squadrato di conifere e/o di castagno (diametro 20-30 cm) alternativamente in senso longitudinale ed in senso trasversale (L = 1,50-2,00 m), in modo da formare una sorta di castello in legname. I tronchi sono fissati con chiodi, tondini, graffe metalliche o fili di ferro.

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Completata la posa di ogni elemento longitudinale ed il riempimento della struttura con il terreno di risulta dello scavo, si procede alla messa a dimora di talee e/o di piantine radicate di specie pioniere, disposte a pettine una accanto all'altra, con un numero variabile, secondo le condizioni pedoclimatiche e della tipologia dell'impianto, da 5 a 10 per metro lineare. Le talee e le piantine devono sporgere per circa 10-25 cm dalla palificata, ed arrivare nella parte posteriore fino alla parete dello scavo, dove queste sono infisse per 15 -20 cm. In alcuni casi, specie in presenza di terreni molto aridi o sassosi, si può arricchire ed ammendare il terreno con aggiunta di sostanza organica e/o di composto vegetale. Sul fronte della palificata è anche possibile utilizzare una georete per il contenimento del terreno. Questo sistema, in generale, è utilizzato con successo negli interventi di sistemazione delle frane di tipo superficiale, e nel consolidamento di sponde fluviali in dissesto.

Palificata viva di sostegno

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Palificata viva di sostegno

Sezione tipo riferita al prototipo della palificata “viva” tipo Roma

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8.8. GabbionateGabbionate viveviveDescrizione sintetica: parallelepipedi in rete metallica zincata a maglia esagonale, riempite in loco con pietrisco di pezzatura minima 15 cm, disposti a file parallele sovrapposte. Talee di salice vengono inserite nella prima maglia del gabbione superiore e non tra un gabbione e l’altro. In commercio si possono trovare anche gabbioni a sacco, cilindrici, a rullo.

Gabbionata in rete metallica zincata rinverdita: sezione

Gabbionata in rete metallica zincata rinverdita: prospetto

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Modalità di esecuzione classiche delle gabbionate:

•preparazione di un avvallamento in cui stendere il parallelepipedo prefabbricato e sua apertura con la chiusura dei lati verticali, utilizzando filo di ferro φ minimo 2,7 mm, oppure un’apposita macchina pinzatrice;

•riempimento con ciottoli e sistemazione a mano dei ciottoli;

•chiusura della parte sommitale;

•posizionamento della successiva fila di gabbioni, arretrata rispetto a quella sottostante di 0,5 m;

•inserimento di talee e ramaglia di salice nella prima maglia, di lunghezza tale da toccare il terreno retrostante e inserite in corso d’opera. E’ impossibile inserirle a posteriori;•qualora si intenda realizzare il cuneo di terreno vegetale, è necessario durante il riempimento sistemare all’interno una stuoia di contenimento sia a contatto con il pietrame sia frontalmente verso la rete;

•per il cuneo tra le file è sufficiente riportare materiale inerte e terreno vegetale.

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Vantaggi:

•tecnica di esecuzione rapida e semplice;

•effetto contenitivo immediato;

•drenaggio delle acque sub-superficiali;

•è una struttura di sostegno permeabile all’acqua;

•struttura elastica con buona risposta alle sollecitazioni.

Svantaggi:

•non rinverdibile una volta posto in opera;

•la realizzazione è vincolata dalla disponibilità in loco di idoneo materiale lapideo per i riempimenti;

•rischio di rottura della rete, qualora non sia sufficientemente protetta con opere al piede.

Effetto:

struttura di sostegno elastica, molto adatta per sistemazioni spondali a forte pendenza in spazi limitati in zone urbanizzate.

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Intervento di ricostituzione di un versante prospiciente un torrente.

Al piede della scarpata è stata realizzata una gabbionatura a gradoni con il duplice effetto di costituire una base stabile al terrapieno in terra rinforzata e di fornire la difesa all’erosione nel caso di piene.

Nella foto sotto, lo stesso terrapieno alcuni mesi dopo il rinverdimento eseguita con idrosemina.

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9.9. Terre rinforzateTerre rinforzateLe terre rinforzate sono opere che consentono il consolidamento di versanti o sponde instabili o la formazione di rilevati. Si tratta di opere che hanno il pregio di essere deformabili e sufficientemente permeabili, che sfruttano il principio del rinforzo orizzontale delle terre ottenuto in vari modi abbinando i materiali di rinforzo con paramenti esterni tali da consentire la crescita della vegetazione.

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Negli ultimi anni le tecniche di rinforzo delle terre hanno avuto un largo sviluppo nella realizzazione di strutture in grado di assolvere sia le funzioni di opere di sostegno e di contenimento sia di rispondere alle esigenze della salvaguardia ambientale e del corretto inserimento paesaggistico-ambientale dell’opera.La tecnologia delle terre rinforzate rappresenta la ripresa ed il perfezionamento, in chiave moderna, di un sistema di miglioramento delle caratteristiche del terreno che ha origini antichissime.Sembra infatti che i primi esempi di applicazione di questo sistema di costruzione, di cui si hanno testimonianze archeologiche, risalgano a circa tremila anni dal presente, quando i Babilonesi utilizzarono letti di rami di palma con funzioni di rinforzo nei terreni di fondazione, particolarmente compressibili, degli "Ziggurat".Numerose altre testimonianze dell'impiego di materiali di vario tipo (come giunchi, bambù, pelli di animali, legname) come elementi di rinforzo per la realizzazione di opere in materiali sciolti, si ritrovano nell'antichità presso i cinesi, i giapponesi i romani.

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In tempi recenti sono state messe a punto e perfezionate nuove tecniche del rinforzo delle terre.

Infatti il moderno concetto di terreno rinforzato è sorto in Francia nel 1963 da un'idea di Henry Vidal, che ha messo a punto e brevettato un sistema di costruzione di terra rinforzata denominato "Terra armata". Il rinforzo è costituito da materiale metallico (acciaio). Terra Armata

Costruzione di un alto muro in Terra Armata a sostegno della scarpata in roccia molto fratturata, preventivamente gradonata.

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Consolidamento di una scarpata stradale in frana in Alta Valtellina (Sondrio) mediante la costruzione di un'opera di sostegno realizzata in Terra Rinforzata rinverdibile. Sul paramento esterno è stesa una biostuoia per la ritenzione del materiale fino necessario per il successivo inerbimento della struttura con idrosemina.

Negli anni settanta, per questa applicazione, hanno cominciato a diffondersi i geosintetici ed altre tecnologie, oggi ampiamente sperimentate in tutto il mondo, che offrono prestazioni molto interessanti sotto vari aspetti: tecnici, economici ed ambientali.

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Tutti questi sistemi si basano sul principio di migliorare le caratteristiche meccaniche del terreno conferendogli resistenza a trazione. I terreni sono caratterizzati da una resistenza a compressione significativa, che dipende dalle loro caratteristiche intrinseche e dalla loro storia tensionale, ma non possiedono resistenza a trazione.

Mediante l'inserimento nei terreni di elementi dotati di resistenza a trazione se questi sono in grado di interagire con il mezzo in cui sono immersi, il risultato è un sistema composito dotato di caratteristiche meccaniche superiori rispetto a quelle del solo terreno.

Fase di realizzazione di un rilevato

paramassi in terre rinforzate con

geosintetici in ambiente montano.

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Le tipologie di materiali che vengono usate per il rinforzo dei terreni sono:

Rinforzi metallici

- inestensibili quali strisce d'acciaio nervate e barre d'acciaio zincate

- estensibili quali reti a doppia torsione in trafilato d'acciaio protetto con galfan e plastica.

Rinforzi geosintetici

- tessuti in polipropilene

- geogriglie estruse in HDPE o polipropilene

- geogriglie a nastri in poliestere protette con LDPE

- geogriglie tessute in poliestere protetto con PVC o EVA

L'opera viene realizzata stendendo e compattando il terreno in strati orizzontali spessi 25-30 cm. A quote definite dal progetto vengono posti i rinforzi, secondo lunghezze che dipenderanno dal dimensionamento della struttura.

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Muri di sostegno realizzati col sistema “Terramesh”: alla funzione di muro di sostegno a gravità viene accoppiata quella di rinforzo del terreno a tergo.

Il paramento in gabbioni può essere a gradonata esterna o verticale.

Queste strutture hanno una buona capacità drenante, tuttavia in alcuni casi per migliorare il drenaggio del terreno, si posiziona uno strato di materiale drenante tra il terreno naturale e quello del terrapieno.

Alla base di questo è posto un tubo microforato per l’allontanamento delle acque. Fossi di guardia e/o rivestimenti con vegetazione o inerbimento artificiale mediante geostuoie ed idrosemina superficiale assicurano la protezione della scarpata dall’erosione delle acque meteoriche.

Schema costruttivo tipo di un elemento Terrameshverde rinforzato in rete metallica a doppia torsione zincata o plastificata.

La struttura in gabbioni riempiti da ciottoli o pietrame forma il paramento esterno.

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Consolidamento di una pendice sottostante all'abitato di S. Mango sul Calore (Avellino) con una struttura in ‘Terramesh.' verde. L’'intervento ha comportato una preventiva sistemazione dell'asta torrentizia al piede della pendice, mediante salti di fondo e rivestimenti in gabbioni.

L'uso di bancate in ‘Terramesh.' verde ha permesso la realizzazione dello strato esterno in suolo rinforzato necessario per la stabilità, consentendo di mantenere l'andamento preesistente del terreno, caratterizzato da una pendenza media di 45°. Una biostuoia è stata utilizzata per la ritenzione della frazione fine dei terreni sul paramento esterno. L 'intervento complessivo ha previsto un 'alternanza di zone consolidate con in terra rinforzata e di opere di sola protezione superficiale tramite graticciate.

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‘Terramesh' verde.

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Terra rinforzata rivegetataOpere sostegno in terra rinforzata abbinando materiali di rinforzo di varia natura con paramenti sul fronte esterno realizzati in modo da consentire la crescita delle piante.Ciò si ottiene con varie tecnologie ma secondo le seguenti prescrizioni generali:- pendenza massima del fronte esterno di 60° ˜ 70° per consentire alle piante di ricevere almeno in parte l’apporto delle acque meteoriche; -presenza di uno strato di terreno vegetale verso l’esterno a contatto con il paramento;-idrosemina con miscele adatte alle condizioni di intervento con quantità minima di seme di 60 g/m2, collanti, ammendanti, concimanti e fibre organiche (mulch) in quantità tali da garantire la crescita e l’autonomia del cotico erboso. A miglior garanzia di riuscita del cotico erboso le stuoie frontali dovranno, ove tecnicamente possibile, essere preseminate e preconcimate;-messa a dimora di specie arbustive pioniere locali per talee o piante radicate in quantità minima di 1 ogni 5 m2, che svolgono nel tempo le seguenti funzioni: consolidamento mediante radicazione dello strato esterno della terra rinforzata; copertura verde della scarpata con effetto combinato di prato-pascolo arbustato che più si avvicina agli stadi vegetazionali delle scarpate naturali in condizioni analoghe; raccolta e invito delle acque meteoriche, sopperendo in tal modo all’eccessivo drenaggio dell’inerte e all’eccessiva verticalità; -realizzazione di un sistema di drenaggio a tergo della struttura in terra rinforzata che non impedisca però la crescita delle radici.L’impiego delle specie arbustive sulle terre rinforzate va considerato quindi una condizione indispensabile per dare autonomia naturalistica, stabilità superficiale e collaudabilità a questo tipo di interventi.

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134Terra rinforzata rivegetata

Terra rinforzata con geosintetico e cassero a perdere in griglia metallica: il rinforzo utilizzato per la realizzazione del rilevato è costituita da un geosintetico, posizionato alla base di ogni strato sovrapposto da una rete metallica elettrosaldata (φ = 6 ˜ 9 mm) con funzione di cassero a perdere.

La rete metallica viene rivestita con una biostuoia che fungerà da supporto per l’idrosemina.

Lo spessore degli strati non dovrà superare i 65 cm;

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135Terra rinforzata rivegetata

Terra rinforzata con geosintetico e cassero mobile: si utilizza un geosintetico (poliestere, polipropilene, ecc.) con alta resistenza alla trazione.

Il geosintetico svolge la funzione di rinforzo orizzontale e, una volta ripiegato a sacco, anche di contenimento frontale dell’inerte al momento del recupero del cassero per la formazione dello strato successivo.

Tra il geosintetico ed il terreno compattato viene posta sul paramento esterno una biostuoia che fungerà da supporto per l’idrosemina;

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136Terra rinforzata rivegetata

Terra rinforzata con rete metallica a doppia torsione: la casseratura e l’armatura orizzontale sono realizzati con elementi in rete metallica a doppia torsione con maglia esagonale.

Il cassero è costituito da un elemento preconfezionato di lunghezza variabile che contiene una biostuoia e viene montato in cantiere.

Una volta aperto sul piano di posa il pannello ed irrigidito con gli appositi tiranti, si procede al riporto del terreno ed alla sua compattazione.

La biostuoia posizionata sul paramento esterno fungerà da supporto all’idrosemina.

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Terra rinforzata rivegetata

Terra rinforzata rivegetata

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Terra rinforzata rivegetata

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Le opere di sostegno in terra rinforzata rispondono bene all'esigenza, sempre piùsentita, di coniugare l'efficacia tecnico-funzionale con la necessità di mitigare il più possibile l’impatto sull'ambiente circostante sia dal punto di vista estetico paesaggistico sia da quello ambientale.

Terra rinforzata su scarpata autostradale in fase di costruzione, Casello di Villesse (GO)

Terra rinforzata su scarpata autostradale Casello di Villesse (GO)

Inerbimento mediante la tecnica dell‘idrosemina di un'opera di sostegno in terra rinforzata.

Nell'immagine si può osservare la buona riuscita dell'intervento a distanza di pochi mesi dall'ultimazione dei lavori.

Le strutture con paramento rinverdito assolvono bene queste funzioni soprattutto negli ambienti naturali ricchi di vegetazione.

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DIMENSIONAMENTO DI OPERE DI DIMENSIONAMENTO DI OPERE DI INGEGNERIA NATURALISTICAINGEGNERIA NATURALISTICA

Gli esempi riportati sono tratti da:ELEMENTI DI GEOTECNICA APPLICATA ALL'I.N.: aspetti generali, criteri di dimensionamento e verifiche di stabilità

capitolo a cura di Paolo Cornelini e Federico Preti(con collaborazione di Maurizio Barneschi e contributo di Chiara Cantini)

per il Vol. 2 del Manuale di I.N. della Regione Lazio

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La valutazione del contributo resistente offerto dallavegetazione può risultare molto utile ai fini di unacorretta analisi di stabilità e quindi, in ultima analisi, per un efficace dimensionamento dei possibili interventi di stabilizzazione.

Nelle opere di sostegno vive, la capacità biotecnica dellavegetazione deve essere considerata anche neldimensionamento, come illustrato nell’esempio seguenterelativo ad una palificata viva a parete doppia.

Nelle opere con elementi infissi nel terreno (non necessariamente vivi), come una palizzata, si devono crearenel terreno accumulatosi a monte, le condizioni per lo sviluppo di vegetazione spontanea che riduca le sollecitazionisulla struttura stessa e migliori le condizioni di stabilitàgenerale.

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ESEMPI APPLICATIVI PER LE TIPOLOGIE DI I.N.

ES. 1:ES. 1: VERIFICHE DI STABILITA' DI UNA PALIFICATA VIVAPer una palificata viva o per una gabbionatarinverdita, il calcolo di dimensionamento è,innanzi tutto, quello di un’opera a gravità.Nell’esempio seguente, si adotta l'ipotesisemplificativa, comunque a favore dellastabilità, di una palificata a paramentoverticale e poggiata orizzontalmente sulterreno, mentre in realtà l'opera, come noto, èrealizzata con una inclinazione sia sul frontesia sul fondo. Per una verifica rigorosa si puòfare riferimento allo “Schema di calcolo di unapalificata viva “ (Cornelini, Zoccoli, 1995).Si effettua il calcolo di verifica di unapalificata viva alta 2 m e con spessore di 1,65 m, funzionante come opera di sostegno al piededi una scarpata.Si considera una palificata lunga 5 m (fig. 9, 9 bis e 10).

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Analisi dei carichi

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ES. 2:ES. 2:

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