premio mascagni, la sefa

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•• 8 BOLOGNA ECONOMIA MARTEDÌ 3 APRILE 2012 I NUMERI 23,8 60 milioni E’ il fatturato della holding che oltre a Sefa comprende la Tig E’ in crescita di 5,5 milioni di euro rispetto al 2010 dipendenti Impegnati nelle varie aziende del gruppo, nato nel 2007 La prima società che ne fa parte è sorta nel 1978 di MARCO GIRELLA CON UN DESTINO nel nome, Bruno Conti, l’imprenditore a capo del gruppo Sefa Acciai, poteva rassegnarsi all’omoni- mia oppure, come è successo, amare il basket. Andare controcorrente, per lui, era una necessità che gli è tornata molto utile sul lavoro. Romagnolo di San Leo, negli anni Sessanta, appena uscito dalle Aldini Valeriani, durò fatica a convince- re il papà che non avrebbe partecipato al concorsoperentrareinFerrovia.Aluiin- teressava l’acciaio. Venderlo, per la preci- sione. E lo fece per un decennio. Fino a quando la Uddeholm gli offrìl’opportuni- tà di mettersi in proprio, aprendo un ma- gazzino per la società svedese. Dalìinpoi,cioèdall’iniziodeglianniOt- tanta, comincia la crescita della Sefa Ac- ciai, oggi un gruppo che comprende tre aziende, tutte controllate dalla famiglia Conti. Che delocalizza poco, per la sem- pliceragionecheilsuotitolareèundifen- sore dei prodotti e del saper fare italiani. «Oggi l’industria deve inventarsi conti- nuamente cose nuove, ma tenendo e valo- rizzando i cervelli italiani». Conti,moltiimprenditoripreferisco- no produrre dove si spende meno. «All’inizio può sembrare un vantaggio ma poi si finisce col perdere tutto. Per esempio, quando l’Alcoa se ne andrà dal- la Sardegna, in Italia perderemo la cultu- ra capace di produrre l’alluminio. Com- prarla all’estero e commercializzarla non è la stessa cosa». Eppure molti pensano che sia una strada obbligata. «Può darsi. Però noi abbiamo bisogno di produrre ricchezza per poterla redistribu- ire. E chi la produce? I servizi? Senza in- dustria manifatturiera non c’è ricchezza e noi la stiamo perdendo». Forse è una tendenza inarrestabile. «In ogni caso, dobbiamo avere il tempo di inventarci cose nuove. Non possiamo rinunciare ai cervelli con la scusa che co- stano troppo. Sono la nostra assicurazio- ne sul futuro». Altrimenti che succede? «Chedipendiamodaglialtri.Nonèneces- sariamente un bene. In questo momento nel settore manifatturiero, a Bologna, il sessanta per cento del lavoro viene dai te- deschi. Che costringono le aziende italia- ne ad accontentarsi di remunerazioni scarse, comprimendo i costi. Politica che va benissimo per loro. Per noi, meno». La crisi non sarà solo colpa degli al- tri. «Affatto. Ci abbiamo messo molto del no- stro. Negli ultimi quindici anni, per esempio, nelle famiglie si è affermata l’idea che i lavori manuali sono sconve- nienti». Immaginocheperunexalunnodel- le Aldini Valeriani sia una bestem- mia. «Vero. Siamo diventati grandi grazie alla nostra cultura tecnica e faremmo meglio a tenercela». Come? «Trattenendo i cervelli, anche a costo di qualche sacrificio. Nel 2009, noi subim- mo una crisi durissima. Ma non licen- ziammo nessuno perché volevamo man- tenere in azienda la competenza che ci serve. E’ una risorsa strategica». Una scommessa vinta? «Direi di sì. Passato il periodo peggiore siamo tornati a crescere. Pensi che dal 2002 a oggi solo n0el settore stampi, tra Emilia, Umbria e Marche si sono persi tremila posti di lavoro e quindici milioni di euro di fatturato». Si poteva evitare? «Non lo so. L’Italia è un paese difficile per fare gli imprenditori. Però molti sba- gli li abbiamo fatti noi». Me ne racconta uno? «Aspettare i clienti è il nostro grande di- fetto nazionale. E’ un freno all’internazio- nalizzazione delle imprese, allo sviluppo e alla crescita». Come si rimedia? «Associandosi con i propri simili, in mo- do da ottenere ordini che da soli non po- tremmo soddisfare. Noi produciamo an- che pezzi in titanio per l’industria avioni- ca, e dobbiamo essere in grado di rispon- dere a un’eventuale richiesta della Bo- eing». Ce la fate? «Sì. Anche perché il tempo del piccolo è bello è finito da un pezzo. Bisogna unire le forze. Ormai non basta più produrre un pezzo. Bisogna sperlo fare in tempi brevi, altrimenti il mercato va da un’altra parte. E non vogliamo che succeda». Per vedere la videointervista con Bruno Conti e le foto della sua azienda vai all’indirizzo: VAI SUL NOSTRO PORTALE www.ilrestodelcarlino.it/bologna IMPRENDITORE Bruno Conti nello stabilimento della Sefa Acciai. In alto, un’immagine del magazzino IMPRENDITORE Bruno Conti nello stabilimento della Sefa Acciai. In alto, un’immagine del magazzino «Teniamo qui i cervelli che ci aiutano a restare grandi» Bruno Conti e la Sefa: cominciò vendendo acciaio svedese SEFA ACCIAI nasce nel 1978,enel1983vieneacqui- sita da Bruno Conti, che porta la sua esperienza co- me rappresentante della Ud- deholm, uno dei primari gruppi a livello mondiale nel settore acciai speciali e per stampi. Nel ’92 l’azien- da trasloca nell’attuale sede di Sala Bolognese, che offri- va grandi possibilità di stoc- caggio, dotata di modernis- simeattrezzaturecomeima- gazzini robotizzati d’ultima generazione per la movi- mentazione delle merci. Nel corso degli anni la Sefa ha visto crescere e cambiare sia la propria posizione sul mercato che la tipologia dei prodotti trattati. L’azienda ha portato avanti prevalen- tementeattivitàlegateadap- plicazioni in stampi per la- vorazioni a caldo, a freddo oppure in stampi per setto- re ceramico, o stampi per il settore delle materie plasti- che e medicale (legati al po- lo Mirandola-Correggio), fi- no ad ampliarsi ad applica- zioni per attrezzature nel settorepackagingopermac- chine alimentari. La produ- zione attuale abbina ai tradi- zionali acciai da utensili per lavorazione a freddo, lavora- zione a caldo e per settore stampaggio plastica, acciai amarchioUddeholmedan- che acciai da costruzione e bonificati; profilati in ferro, leghe di rame e leghe di bronzo; acciai inox. La pro- duzione di Sefa trova inol- tre applicazione per stampi ed utensili, nella triturazio- ne e riciclo di materiali, nei componenti meccanici e nella manutenzione indu- striale. Sefa Acciai oggi è la capofi- la di Sefa Holding Group, fondato nel 2007 per coordi- nare e controllare le società del gruppo, che comprende anche la TIG-Titanium In- ternational Group, impe- gnata nella fornitura di ma- terie prime come titanio e sue leghe, con indirizzo ae- ronautico, militare, medica- le, automotive e racing. L’AZIENDA Leghe o titanio Se si può stampare a caldo e a freddo lo produce Sefa CONTROCORRENTE «Delocalizzare? Il modo migliore per avere sempre meno influenza e uscire dal manifatturiero»

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Intervista a Bruno Conti

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Page 1: Premio Mascagni, la Sefa

•• 8 BOLOGNAECONOMIA MARTEDÌ 3 APRILE 2012

I NUMERI

23,8 60milioni

E’ il fatturato della holding cheoltre a Sefa comprende la TigE’ in crescita di 5,5 milionidi euro rispetto al 2010

dipendenti

Impegnati nelle varie aziendedel gruppo, nato nel 2007La prima società che ne faparte è sorta nel 1978

di MARCO GIRELLA

CON UN DESTINO nel nome, BrunoConti, l’imprenditore a capo del gruppoSefa Acciai, poteva rassegnarsi all’omoni-mia oppure, come è successo, amare ilbasket. Andare controcorrente, per lui,era una necessità che gli è tornata moltoutile sul lavoro. Romagnolo di San Leo,negli anni Sessanta, appena uscito dalleAldini Valeriani, durò fatica a convince-re il papà che non avrebbe partecipato alconcorso per entrare in Ferrovia. A lui in-teressava l’acciaio. Venderlo, per la preci-sione. E lo fece per un decennio. Fino aquando la Uddeholm gli offrì l’opportuni-tà di mettersi in proprio, aprendo un ma-gazzino per la società svedese.Da lì in poi, cioè dall’inizio degli anni Ot-tanta, comincia la crescita della Sefa Ac-ciai, oggi un gruppo che comprende treaziende, tutte controllate dalla famigliaConti. Che delocalizza poco, per la sem-plice ragione che il suo titolare è un difen-sore dei prodotti e del saper fare italiani.«Oggi l’industria deve inventarsi conti-nuamente cose nuove, ma tenendo e valo-rizzando i cervelli italiani».

Conti,molti imprenditoripreferisco-no produrre dove si spende meno.

«All’inizio può sembrare un vantaggioma poi si finisce col perdere tutto. Peresempio, quando l’Alcoa se ne andrà dal-la Sardegna, in Italia perderemo la cultu-ra capace di produrre l’alluminio. Com-prarla all’estero e commercializzarla nonè la stessa cosa».

Eppure molti pensano che sia unastrada obbligata.

«Può darsi. Però noi abbiamo bisogno diprodurre ricchezza per poterla redistribu-ire. E chi la produce? I servizi? Senza in-dustria manifatturiera non c’è ricchezzae noi la stiamo perdendo».

Forse è una tendenza inarrestabile.«In ogni caso, dobbiamo avere il tempodi inventarci cose nuove. Non possiamorinunciare ai cervelli con la scusa che co-stano troppo. Sono la nostra assicurazio-ne sul futuro».

Altrimenti che succede?«Che dipendiamo dagli altri. Non è neces-sariamente un bene. In questo momentonel settore manifatturiero, a Bologna, il

sessanta per cento del lavoro viene dai te-deschi. Che costringono le aziende italia-ne ad accontentarsi di remunerazioniscarse, comprimendo i costi. Politica cheva benissimo per loro. Per noi, meno».

La crisi non sarà solo colpa degli al-tri.

«Affatto. Ci abbiamo messo molto del no-stro. Negli ultimi quindici anni, peresempio, nelle famiglie si è affermatal’idea che i lavori manuali sono sconve-nienti».

Immaginocheperunexalunnodel-le Aldini Valeriani sia una bestem-mia.

«Vero. Siamo diventati grandi grazie allanostra cultura tecnica e faremmo meglioa tenercela».

Come?«Trattenendo i cervelli, anche a costo diqualche sacrificio. Nel 2009, noi subim-mo una crisi durissima. Ma non licen-ziammo nessuno perché volevamo man-tenere in azienda la competenza che ciserve. E’ una risorsa strategica».

Una scommessa vinta?«Direi di sì. Passato il periodo peggioresiamo tornati a crescere. Pensi che dal2002 a oggi solo n0el settore stampi, traEmilia, Umbria e Marche si sono persitremila posti di lavoro e quindici milionidi euro di fatturato».

Si poteva evitare?«Non lo so. L’Italia è un paese difficileper fare gli imprenditori. Però molti sba-gli li abbiamo fatti noi».

Me ne racconta uno?«Aspettare i clienti è il nostro grande di-fetto nazionale. E’ un freno all’internazio-nalizzazione delle imprese, allo sviluppoe alla crescita».

Come si rimedia?«Associandosi con i propri simili, in mo-do da ottenere ordini che da soli non po-tremmo soddisfare. Noi produciamo an-che pezzi in titanio per l’industria avioni-ca, e dobbiamo essere in grado di rispon-dere a un’eventuale richiesta della Bo-eing».

Ce la fate?«Sì. Anche perché il tempo del piccolo èbello è finito da un pezzo. Bisogna unirele forze. Ormai non basta più produrreun pezzo. Bisogna sperlo fare in tempibrevi, altrimenti il mercato va da un’altraparte. E non vogliamo che succeda».

Per vedere la videointervistacon Bruno Conti e le foto dellasua azienda vai all’indirizzo:

VAI SUL NOSTRO PORTALE

www.ilrestodelcarlino.it/bologna

IMPRENDITOREBruno Conti nellostabilimento della SefaAcciai. In alto,un’immagine delmagazzino

IMPRENDITOREBruno Conti nellostabilimento della SefaAcciai. In alto,un’immagine delmagazzino

«Teniamo qui i cervelliche ci aiutano a restare grandi»

Bruno Conti e la Sefa: cominciò vendendo acciaio svedese

SEFA ACCIAI nasce nel1978, e nel 1983 viene acqui-sita da Bruno Conti, cheporta la sua esperienza co-me rappresentante della Ud-deholm, uno dei primarigruppi a livello mondialenel settore acciai speciali eper stampi. Nel ’92 l’azien-da trasloca nell’attuale sededi Sala Bolognese, che offri-va grandi possibilità di stoc-caggio, dotata di modernis-sime attrezzature come i ma-gazzini robotizzati d’ultimagenerazione per la movi-mentazione delle merci.Nel corso degli anni la Sefaha visto crescere e cambiaresia la propria posizione sulmercato che la tipologia deiprodotti trattati. L’aziendaha portato avanti prevalen-temente attività legate ad ap-plicazioni in stampi per la-vorazioni a caldo, a freddooppure in stampi per setto-re ceramico, o stampi per ilsettore delle materie plasti-che e medicale (legati al po-lo Mirandola-Correggio), fi-no ad ampliarsi ad applica-zioni per attrezzature nelsettore packaging o per mac-chine alimentari. La produ-zione attuale abbina ai tradi-zionali acciai da utensili perlavorazione a freddo, lavora-zione a caldo e per settorestampaggio plastica, acciaia marchio Uddeholm ed an-che acciai da costruzione ebonificati; profilati in ferro,leghe di rame e leghe dibronzo; acciai inox. La pro-duzione di Sefa trova inol-tre applicazione per stampied utensili, nella triturazio-ne e riciclo di materiali, neicomponenti meccanici enella manutenzione indu-striale.Sefa Acciai oggi è la capofi-la di Sefa Holding Group,fondato nel 2007 per coordi-nare e controllare le societàdel gruppo, che comprendeanche la TIG-Titanium In-ternational Group, impe-gnata nella fornitura di ma-terie prime come titanio esue leghe, con indirizzo ae-ronautico, militare, medica-le, automotive e racing.

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Legheo titanioSe si può stamparea caldo e a freddoloproduce Sefa

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