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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Mario Petrini Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica Direttore Prof. Paolo Miccoli Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Giulio Guido _____________________________________________________________________________ ___ CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN PSICOLOGIA CLINICA E DELLA SALUTE "Predizione e Coordinazione Motoria nei bambini con Disturbo dello Spettro Autistico" Relatore: Chiar.mo Prof. Filippo Muratori Correlatori: Dott.ssa Annarita Contaldo Dott. Fabio Apicella Candidato: Giulia Vincenti ANNO ACCADEMICO 2014/2015

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Page 1: Predizione e Coordinazione Motoria nei bambini con ... · RIASSUNTO Il Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder - ASD) è un disturbo del neurosviluppo, caratterizzato

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Direttore Prof. Mario Petrini

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

Direttore Prof. Paolo Miccoli

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Direttore Prof. Giulio Guido

________________________________________________________________________________

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

PSICOLOGIA CLINICA E DELLA SALUTE

"Predizione e Coordinazione Motoria nei bambini

con Disturbo dello Spettro Autistico"

Relatore:

Chiar.mo Prof. Filippo Muratori

Correlatori:

Dott.ssa Annarita Contaldo

Dott. Fabio Apicella

Candidato:

Giulia Vincenti

ANNO ACCADEMICO 2014/2015

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RIASSUNTO

Il Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder - ASD) è un disturbo del

neurosviluppo, caratterizzato da deficit persistenti della comunicazione e

dell’interazione sociale e dalla presenza di un repertorio di comportamenti, interessi o

attività stereotipati e ripetitivi (American Psychiatric Association, 2013).

Recenti evidenze suggeriscono che l’espressività clinica dell'ASD includa anche

differenti difetti di organizzazione del movimento (Fournier et al., 2010) segnalando

una particolare criticità a carico delle abilità di controllo anticipatorio e di pianificazione

delle azioni (Baio et al., 2009; Gonzalez et al., 2013). Tali difficoltà compromettono

non solo le azioni individuali ma anche le abilità motorie sociali come l’imitazione, la

sincronia interazionale e la coordinazione motoria sociale che richiedono la capacità di

anticipare le conseguenze percettive del proprio ed altrui movimento e l’abilità di

pianificazione del movimento stesso (Marsh et al., 2013).

Questo studio sperimentale si è posto l'obiettivo di indagare, attraverso l’analisi

cinematica del movimento durante un’azione di gioco condiviso, la capacità di

coordinare le proprie azioni in base alle azioni e/o intenzioni dell’altro in un gruppo di

bambini con ASD e in un gruppo di controllo formato da bambini con sviluppo tipico.

Il paradigma sperimentale di tale studio ha previsto tre task di complessità predittiva

crescente mediante la manipolazione di due variabili indipendenti: la conoscenza a

priori delle caratteristiche spaziali dell'azione (direzione nota rispetto a direzione non

nota) e il tipo di contesto sociale in cui ha luogo il compito sperimentale (contesto

cooperativo rispetto a contesto competitivo). Ambedue questi fattori, infatti, sono in

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grado di influire sulla capacità di coordinare il proprio movimento con quello dell’altro

(Huber et al, 2013; Georgiou, 2007).

Le variabili dipendenti, oggetto di studio, sono state il tempo di reazione, la velocità e

la durata del movimento, l'accuratezza e la sincronia tra i due partner nel raggiungere il

target. I risultati hanno evidenziato differenze significative tra i due gruppi in tali

variabili soprattutto all'aumentare della complessità del task, ossia quando i bambini

non conoscono a priori le caratteristiche spaziali e temporali del movimento. Inoltre,

valutando l'effetto legato alla complessità predittiva del task nei due campioni di

soggetti, è stato possibile osservare che, entrambi i gruppi, seppur in maniera differente,

hanno mostrato una capacità di modulare il movimento rispetto al contesto sociale dello

stesso.

L’interesse per la comprensione del difetto di funzionamento motorio nell'ASD assume

una rilevanza teorica alla luce del fatto che tale disfunzione potrebbe rappresentare una

chiave interpretativa dei meccanismi di attribuzione dell’intenzionalità (Boria et al.,

2009; Fabbri-Destro et al., 2009; Gallese et al., 2013; Iacoboni & Dapretto, 2006;

Rizzolatti & Craighero, 2004) e quindi fortemente connessa al difetto di interazione

sociale.

Parole Chiave:

disturbo dello spettro autistico - motricità - controllo predittivo dell'azione -

coordinazione motoria - interazione sociale

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INDICE

CAPITOLO 1 - Il Disturbo dello Spettro Autistico............................................1

1.1 Definizione clinica e criteri di classificazione.............................................................1

1.2 Diagnosi differenziale e comorbidità..........................................................................4

1.3 Eziologia......................................................................................................................6

1.3.1 Fattori causali.......................................................................................................6

1.3.2 Evidenze neurobiologiche....................................................................................8

1.3.3 Modelli interpretativi della clinica.....................................................................11

1.4 Epidemiologia............................................................................................................18

1.5 Prognosi.....................................................................................................................19

CAPITOLO 2 - La motricità nel Disturbo dello Spettro Autistico.............21

2.1 Cenni introduttivi.......................................................................................................21

2.2 Controllo predittivo dell’azione.................................................................................23

2.3 Coordinazione motoria sociale..................................................................................33

2.4 Ipotesi neurobiologiche.............................................................................................36

2.4.1 Il sistema dei neuroni mirror..............................................................................37

2.4.2 Altri sistemi neuromotori disfunzionali.............................................................43

CAPITOLO 3 - Studio sperimentale......................................................................45

3.1 Obiettivo....................................................................................................................45

3.2 Metodologia...............................................................................................................46

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3.2.1 Disegno..............................................................................................................46

3.2.2 Partecipanti........................................................................................................46

3.2.3 Procedura e set-up sperimentale........................................................................49

3.2.4 Strumenti e Variabili..........................................................................................53

3.2.5 Analisi video e analisi accelerometrica..............................................................61

3.2.6 Analisi statistica.................................................................................................62

3.3 Risultati......................................................................................................................64

3.3.1 Confronto tra il gruppo ASD e il gruppo TD.....................................................64

3.3.2 Effetto del task nel gruppo ASD........................................................................66

3.3.3 Effetto del task nel gruppo TD...........................................................................67

3.4 Discussioni.................................................................................................................73

CONCLUSIONI.............................................................................................................78

BIBLIOGRAFIA...........................................................................................................81

Ringraziamenti...............................................................................................................99

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CAPITOLO 1 - Il Disturbo dello Spettro Autistico

1.1 Definizione clinica e criteri di classificazione

Il Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder - ASD) è un disturbo del

neurosviluppo caratterizzato da una compromissione delle abilità di comunicazione e di

interazione sociale e dalla presenza di comportamenti, attività e interessi ripetitivi e

stereotipati (American Psychiatric Association, 2013).

I sintomi compaiono solitamente nel bambino piccolo (durante la cosiddetta young

childhood) ma possono non essere evidenti fino a che le richieste sociali non aumentano

ed eccedono le limitate capacità socio-comunicative del soggetto con ASD.

La dicitura di "disturbo dello spettro autistico", introdotta con il DSM-5, sottolinea

l'eterogeneità e la continuità delle caratteristiche cliniche associate a questo disturbo.

Agli estremi di questo "spettro" o "continuum" di gravità troviamo da un lato bambini in

cui è assente qualsiasi forma di reciprocità sociale e di comunicazione verbale e non

verbale il cui comportamento è caratterizzato da movimenti ripetitivi e stereotipati, e

dall'altro bambini in cui i sintomi sono meno gravi, il linguaggio verbale è preservato e

l'adattamento generale del bambino è meno compromesso. Una distinzione largamente

utilizzata nella pratica clinica è quella tra soggetti "low functioning" e "high

functioning", che si può tradurre in soggetti a "basso" e "alto funzionamento": la

definizione fa riferimento alla gravità della sintomatologia e alle abilità di linguaggio

presenti nel bambino. Generalmente, si definisce "a basso funzionamento" un soggetto

con un ritardo da medio a severo e con scarsa o assente produzione verbale, "ad alto

funzionamento" un soggetto con intelligenza nella norma o superiore alla norma e

linguaggio fluente (Vivanti, 2010).

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La diagnosi clinica di ASD viene ad oggi formulata facendo riferimento alla principale

classificazione internazionale dei disturbi mentali: il DSM - Diagnostic and Statistical

Manual of Mental Disorders (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e

nel DSM-V (American Psychiatric Association, 2013) l'ASD è inserito all’interno dei

Disturbi del Neurosviluppo (Neurodevelopmental Disorders - ND).

Nello specifico, l'ASD è definito dalla presenza di “deficit dell’interazione e della

comunicazione sociale” (criterio A), “modelli di comportamento, interessi e attività

ristretti e ripetitivi” (criterio B) e da altri due criteri stringenti legati all’epoca di esordio

del disturbo (criterio C) e al grado di interferenza delle manifestazioni sintomatologiche

con il funzionamento quotidiano del soggetto (criterio D).

In Tabella 1 vengono riassunti i criteri diagnostici del DSM-V per l'ASD.

Tabella 1.

Criteri diagnostici per il Disturbo dello Spettro Autistico secondo il DSM-5.

Devono essere soddisfatti i criteri A, B, C e D:

A. Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in diversi

contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo, e

manifestato da tutti e 3 i seguenti punti:

1) Deficit nella reciprocità socio-emotiva: approccio sociale anormale e

fallimento nella normale conversazione e/o ridotto interesse nella

condivisione degli interessi e/o mancanza di iniziativa nell’interazione

sociale;

2) Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione

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sociale;

3) Deficit nello sviluppo e mantenimento di relazioni, appropriate al livello

di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver).

B. Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive come manifestato da

almeno 2 dei seguenti punti:

1) Linguaggio e/o movimenti motori e/o uso di oggetti, stereotipato e/o

ripetitivo;

2) Eccessiva aderenza alla routine, comportamenti verbali o non verbali

riutilizzati e/o eccessiva resistenza ai cambiamenti;

3) Fissazione in interessi altamente ristretti con intensità o attenzione

anormale;

4) Iper-reattività e/o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi inusuali

rispetto a certi aspetti dell’ambiente.

C. I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia (ma possono non diventare

completamente manifesti finché la domanda sociale non eccede il limite delle

capacità).

D. L’insieme dei sintomi deve compromettere il funzionamento quotidiano.

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1.2 Diagnosi differenziale e comorbidità

Una caratteristica clinica centrale nell'ASD è rappresentata dall’estrema eterogeneità

nell’espressione dei sintomi associata alla frequente comorbidità di condizioni mediche

o genetiche (Ousley & Cermak, 2014).

Le principali diagnosi differenziali dell'ASD sono con la disabilità intellettiva e con i

disturbi specifici del linguaggio.

In particolare, la maggior parte dei soggetti con ASD presenta disabilità intellettiva, a

partire da un grado lieve ad uno moderato. Nel 30% dei casi si osserva un

funzionamento cognitivo nei limiti della norma. Nel restante 70%, invece, è presente

una disabilità intellettiva di diverso grado: circa il 30% di grado lieve-medio, mentre il

40% di grado moderato (Fombonne, 2005). A questo proposito, in letteratura, vengono

segnalate le difficoltà cliniche nell’operare una diagnosi differenziale, soprattutto in

epoche molto precoci dello sviluppo (Lord & Shopler, 1989). La disabilità intellettiva

spesso è accompagnata da un deficit del linguaggio (Ousley & Cermak, 2014), che si

differenzia dall'ASD, perché solitamente non risulta associato a una comunicazione non

verbale anomala, né a comportamenti ripetitivi e interessi ristretti (American Psychiatric

Association, 2013).

Inoltre, sempre relativamente alle principali diagnosi differenziali, i bambini con

disturbo di linguaggio in cui la componente recettiva è fortemente compromessa,

possono presentare una mancanza di attenzione all’altro e al linguaggio, che, unitamente

alla presenza di condotte di isolamento, determinano soprattutto nelle prime fasi di

sviluppo (0-3 anni) seri dubbi diagnostici. In alcuni casi, solo progressivamente, nel

corso dello sviluppo, si definisce la reale natura del problema (Waterhouse, 1996). In

tutte le fasi dello sviluppo, tuttavia, le abilità sociali sono meglio conservate (Rutter et

al., 1992).

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Per quanto riguarda la comorbidità, è stato visto che circa il 10% degli individui con

ASD presenta alterazioni genetiche, in particolare Sindrome dell'X Fragile (Bailey et

al., 1993) e sclerosi tuberosa (Gillberg & Coleman, 2000). L’epilessia è presente con

frequenza maggiore nei bambini con ASD (8-30%), soprattutto nei soggetti con

disabilità intellettiva e con sindromi genetiche (Canitano, 2007; Spence & Schneider,

2009; Volkmar & Nelson, 1990).

In più, possono essere presenti disregolazioni del sistema immunitario (Warren et al.,

1996), sintomi gastrointestinali (Kuddo & Nelson, 2003), difficoltà di alimentazione

(Bandini et al., 2010) e disturbi del sonno (Polimeni et al., 2005).

Il 30% circa dei bambini con ASD presenta un disturbo da deficit dell’attenzione e

iperattività (ADHD) (Matson & Cervantes, 2014). Anomalie dell’attenzione e

iperattività sono molto comuni; una diagnosi di ADHD si dovrebbe considerare quando

le difficoltà attentive e l’iperattività sono eccessive rispetto ad altri individui di età

mentale paragonabile (American Psychiatric Association, 2013).

Altri disturbi psichiatrici frequentemente associati sono (Ousley & Cermak, 2014):

condotte dirompenti e oppositive, che si registrano soprattutto in bambini e adolescenti

(Gadow et al., 2008); disturbi d’Ansia, in particolare i genitori spesso riferiscono che i

sintomi ansiosi si manifestano nel momento in cui si passa da un’attività ad un’altra,

nell’incapacità di accettare l’interruzione di comportamenti ripetitivi o nel tollerare

stimoli ambientali, come suoni particolari (Wood et al., 2009); la depressione, la cui

diagnosi è molto difficile, perché è complicata dal fatto che i sintomi depressivi variano

in base alle abilità cognitive e linguistiche, all’insight personale che limita l’utilità delle

scale self report e ai fattori ambientali, come l’assenza di supporto sociale, che può

contribuire alla manifestazione del disturbo (Magnuson & Constantino, 2011). Altra

caratteristica che può manifestarsi è la catatonia, che si ritrova tra gli specificatori nel

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DSM-5 ed è considerata un disordine primario, piuttosto che un sintomo di disturbo

dell’umore o psicotico (Dhossche et al., 2010; Kakooza-Mwesige et al., 2008). Inoltre,

le persone con ASD spesso presentano maggiori difficoltà comportamentali come

aggressività, distruttività, iperattività e autolesionismo (Simonoff et al., 2008; Richards

et al., 2012).

1.3 Eziologia

A fronte dell’impegno di studio e dei consistenti risultati scientifici, ad oggi l'ASD

rimane un disturbo del neurosviluppo ad eziopatogenesi non chiarita.

I contributi di letteratura al riguardo possono essere organizzati nelle seguenti tre aree di

ricerca:

fattori causali (= etiologia);

basi neurobiologiche (= anatomia patologica, ossia le strutture biologiche e la

loro organizzazione funzionale);

modelli interpretativi della clinica (= patogenesi).

1.3.1 Fattori causali

L’importanza dei fattori genetici nell'ASD è emersa da una serie di studi epidemiologici

effettuati negli anni ’70 e ’80 (Rutter & Bartak, 1971). Tali studi sono stati condotti su

gemelli monozigoti e dizigoti, e su famiglie con uno o più individui con ASD. I dati

ottenuti hanno dimostrato un elevato tasso di concordanza (70-90%) per l’ASD nelle

coppie monozigotiche, mentre è molto meno frequente (0-10%) che gemelli dizigoti

siano entrambi autistici (Hallmayer et al., 2011; Rosenberg et al., 2009; Ritvo et al.,

1985). Questi dati sono in favore dell’esistenza di una base genetica per l’ASD in

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quanto i gemelli monozigoti hanno lo stesso patrimonio genetico, quelli dizigoti

condividono, invece, solo il 50 % dei loro geni.

L’esistenza di una base genetica per l’ASD è inoltre supportata dall’osservazione che il

tasso di ricorrenza familiare dell'ASD è risultato almeno 10-50 volte maggiore rispetto

alla prevalenza nella popolazione generale (Bacchelli & Maestrini, 2003).

È chiaro, quindi, che alla base ci siano delle importanti determinanti genetiche, che

tuttavia sono di tipo complesso: l'origine dell’ASD non è attribuibile, infatti, all’azione

di un singolo gene, ma i geni coinvolti sono molteplici.

Attualmente sono in corso studi di "geni candidati". Questi ultimi consistono nella

ricerca sistematica di mutazioni nella sequenza del DNA di geni specifici in un

campione di individui con ASD. I geni candidati sono scelti in base alla loro

localizzazione nelle regioni cromosomiche con evidenza di linkage, o che presentano

anomalie citogenetiche in alcuni pazienti, ed alla funzione nota nello sviluppo e nella

fisiologia del Sistema Nervoso Centrale (Bacchelli & Maestrini, 2003). Recentemente,

nell'Ottobre 2014, la rivista scientifica Nature Communication ha pubblicato due studi

in cui ha presentato una lista di circa 100 geni connessi all'insorgenza della malattia e in

particolare, fra i candidati analizzati, è possibile citare i geni WNT2 e RELN, ambedue

localizzati sul cromosoma 7, oppure i geni coinvolti nel metabolismo della serotonina o

di altri neurotrasmettitori. Inoltre, è stato individuato il meccanismo con cui una

particolare proteina (RAB39B) causa un difetto di comunicazione tra le cellule nervose,

provocando disabilità intellettiva e autismo.

Anche i fattori ambientali si sono rivelati particolarmente significativi perché in grado

di modificare profondamente lo sviluppo cerebrale e i processi neurologici, come la

differenziazione cellulare, la sinaptogenesi e la mielinizzazione assonale (Lyall et al.,

2014). Ad esempio, è stato visto che l’esposizione del feto durante la gravidanza al

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fumo di tabacco, all’alcool e alle droghe determina alterazioni strutturali cerebrali, che

si riscontrano nei bambini con ASD (Eliasen et al., 2010; Jutras-Aswad et al., 2009;

Tran et al., 2013) oppure, sembrano essere correlati al rischio di ASD, l’età avanzata dei

genitori al concepimento (soprattutto quella del padre) e la prematurità. Nonostante

alcuni sostenessero l’ipotesi di una predominanza genetica per spiegare l’eziologia del

disturbo (Glasson et al., 2004) o la presenza di fattori genetici o ambientali presi

singolarmente (Fakhoury, 2015), di recente si è ritenuto necessario studiare l’interazione

geni-ambiente attraverso un approccio integrato (Tordjman et al., 2014). Nello studio di

Mazina e colleghi (2015) è dimostrato che alcuni fattori ambientali influenzano lo

sviluppo dell'ASD, interagendo con il genoma, e questo include un’infezione materna

durante la gravidanza, malnutrizione, stress, scarse cure materne ed esposizione alle

tossine. Questo incrementerebbe i deficit nell’area della socio-comunicazione e i

comportamenti ristretti e ripetitivi. Dunque, fattori ambientali associati a variazioni

cromosomiche e genetiche modificherebbero l’espressione fenotipica dell’ASD

(Tordjman et al., 2014).

1.3.2 Evidenze neurobiologiche

Studi neurofisiologici e di brain imaging funzionale e strutturale, compiuti negli ultimi

anni, hanno rilevato nei soggetti con ASD anomalie in diverse strutture cerebrali, quali

il cervelletto (Courchesne, 1999; Kemper et al., 1998), che è un'area che ha il compito

di coordinare le funzioni motorie e modulare l'integrazione cellulare, il lobo frontale

(Castelli et al., 2000; Schultz et al., 2003) e il sistema limbico, con particolare

riferimento all’ippocampo (Schultz et al., 2000; Courchesne, 2001). I risultati di molti

studi convergono, tuttavia, nel supportare l’ipotesi di un’atipica connettività neurale

piuttosto che alterazioni in specifiche aree cerebrali (Lai et al., 2014). Tramite questi

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studi, infatti, si è arrivati a considerare l'ASD non più come un deficit di una specifica

regione corticale (quindi dovuto ad un'alterazione strutturale localizzata) bensì come un

disordine caratterizzato dal coinvolgimento diffuso di diversi sistemi di connessione

corticale (Williams et al., 2006). In particolare, studi con la Risonanza Magnetica

funzionale (fMRI) hanno riscontrato un’ ipo-connettività a lungo raggio nel cervello dei

soggetti con ASD (Dichter, 2012), evidenziando una relazione inversa tra la forza della

sincronizzazione interemisferica e la gravità dell’ASD: maggiore è la comunicazione tra

i due emisferi, minore sarà la gravità del quadro e viceversa (Allely et al., 2014). Anche

studi con l’elettroencefalogramma (EEG) hanno confermato questi risultati,

evidenziando una iper-connettività corticale locale, specialmente nella corteccia frontale

e temporale dell’emisfero sinistro (Murias et al., 2007). Questa organizzazione atipica

della connettività è da imputare ad uno sviluppo anomalo dei processi di apoptosi, di

pruning, di migrazione neuronale, di eliminazione/formazione delle sinapsi, di

mielinizzazione, il cui risultato finale è il fallimento di una giusta orchestrazione tra

eccitazione ed inibizione che è un aspetto chiave per la buona riuscita degli

accoppiamenti transitori tra connessioni locali e connessioni a distanza (Belmonte,

2004). L’ipotesi dell'ASD come disturbo della connettività è congruente con il fatto che

in questo disturbo gli organi sensoriali, deputati a far arrivare al cervello gli stimoli del

mondo esterno, non sono primariamente difettosi (ad esempio sono bambini che ci

vedono e che ci sentono bene), quanto piuttosto lo sono i sistemi centrali deputati alla

loro elaborazione (sono ad esempio bambini che non prediligono la faccia o la voce

umana) (Belmonte, 2004).

Una caratteristica neuroanatomica presente frequentemente nei bambini con ASD è un

ritmo di crescita anormale della circonferenza cranica nel corso del primo anno di vita

(Courchesne et al., 2003; Muratori et al., 2011). Tale peculiare ritmo di crescita della

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circonferenza cranica riguarda circa il 90% dei bambini con ASD ed è caratterizzato da

un' accelerazione inaspettata tra il terzo e il dodicesimo mese di vita indipendentemente

dal suo valore alla nascita. Tale improvviso ed eccessivo incremento nella dimensione

della testa nel secondo semestre di vita rappresenta un elemento di rischio

neurobiologico in quanto è interpretato come l'espressione macroscopica di un disturbo

dei processi di crescita cerebrale e in particolare dei processi di apoptosi (morte

cellulare programmata) e di pruning neuronale (potatura delle arborizzazioni neuritiche

superflue) (Belmonte et al., 2004).

Alcuni autori sostengono che bambini con ASD abbiano delle alterazioni a livello delle

aree del cervello sociale, preposte al comportamento pro-sociale (Gliga et al., 2014):

infatti, raramente sono orientati al comunicare e all’interagire socialmente. In

particolare, il social brain è formato da: corteccia prefrontale mediale, solco temporale

superiore, giunzione temporo-parietale, poli temporali, amigdala e insula (Kennedy &

Adolphs, 2012). Inoltre, Kennedy & Adolphs (2012) hanno ipotizzato che queste aree

potessero entrare a far parte di 4 grandi networks, adibite al rilevamento e al

processamento di stimoli sociali: l’Amigdala network, formato dall’amigdala stessa e

dalla corteccia orbitofrontale, e coinvolto nell’individuazione di minacce, nella

valutazione e nella regolazione emozionale; il Mentalizing network, formato dalla

corteccia prefrontale mediale e dalla regione temporale superiore, preposta

all’attribuzione automatica degli stati mentali; l’Empathy network, costituito da insula e

amigdala e coinvolto nella rilevazione automatica e nella risposta emozionale ad un

disagio altrui; il Mirror network, costituito dalle regioni parietali e prefrontali, in cui

risiedono i neuroni mirror, che si attivano durante l’osservazione e l’esecuzione di

azioni. L’alterazione di questi ultimi due circuiti nei soggetti con ASD, Empathy

network e Mirror network, concorda col fatto che siano presenti deficit nella Teoria

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della Mente, ossia la capacità di capire gli stati mentali altrui, compresi pensieri e

desideri (Peterson, 2014), e deficit nel sistema mirror, deputato, oltre che al

riconoscimento degli atti motori nell’altro, anche nella regolazione dei compiti

cognitivi, sociali e emozionali, come l’empatia (Gallese, 2007; Rizzolatti & Fabbri-

Destro, 2010).

1.3.3 Modelli interpretativi della clinica

Quest'area di ricerca è volta a definire le caratteristiche del funzionamento mentale di

tipo autistico, da cui discendono i comportamenti che caratterizzano il quadro clinico.

Nel corso di questi ultimi anni le ipotesi interpretative che sembrano riscuotere i

maggiori consensi, rientrano nei seguenti modelli:

- “Teoria Socio-Affettiva”. Si rifà all’affermazione originaria di Kanner (1943) che

sosteneva che i bambini con ASD avrebbero “turbe innate del contatto affettivo”.

Questa teoria, infatti, parte dal presupposto che l’essere umano nasce con una

predisposizione innata ad interagire con l’altro (Hobson, 1993). L’ASD, quindi,

scaturisce da un deficit affettivo primario e irriducibile, e comporta una disfunzione

della capacità di percepire gli stati mentali delle altre persone quali essi si riflettono

nelle loro espressioni somatiche. Questa disfunzione affettiva primaria sarebbe alla base

dei problemi sociali e di comunicazione (Gillberg & Coleman, 2000). Lo sviluppo

dell’intersoggettività nel primo anno di vita rappresenta uno dei temi più importanti

della psicologia dello sviluppo contemporanea. Una distinzione utile anche per

comprendere le difficoltà di relazione del bambino con ASD è quella tra

intersoggettività primaria e secondaria (Trevarthen, 1979; 1980). Quando si parla di

intersoggettività primaria si fa riferimento alle modalità interattive che caratterizzano il

rapporto tra il bambino di pochi mesi e l’adulto che lo accudisce. Queste modalità sono

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fondamentalmente di tipo non verbale ed espressivo, riguardano l’interazione diretta

uno-a-uno, prevedono il contatto corporeo, l’incontro degli sguardi e la reciprocità

emotiva. In queste interazioni, alle espressioni di un partner comunicativo segue una

reazione dell’altro che, a sua volta, attiva un nuovo scambio. Nella seconda metà del

primo anno, questa relazione duale si evolve, parallelamente alla maturazione nel

bambino della capacità di attenzione condivisa, e si osserva una nuova forma di

intersoggettività secondaria. La relazione non è più solo duale, ma interviene un terzo

elemento, che può essere un gioco che bambino e genitore condividono o una terza

persona. Il bambino, in questa fase, è in grado di alternare lo sguardo tra la mamma e un

certo oggetto o persona.

Diventa inoltre fondamentale per la comprensione “intuitiva” del bambino di una certa

situazione sociale ciò che il bambino riesce a “dedurre” dalla “lettura” delle espressioni

del volto della madre. Tanto l’intersoggettività primaria quanto quella secondaria

appaiono compromesse, in modo più o meno marcato, nell’ASD. Il bambino può

mostrare notevoli difficoltà nel contatto diretto, corporeo e di sguardi, essere evitante e

non riuscire ad entrare in una dimensione di reciprocità emotiva. In altri casi, invece, il

bambino può avere migliori capacità di intersoggettività primaria, ma mostrare grandi

difficoltà in quella secondaria: è il caso, per esempio, del bambino che non riesce a

relazionarsi con più di un partner alla volta e fatica a condividere l’attenzione e

l’interesse per un gioco o un’attività.

- “Teoria della Mente”. Questo termine è stato introdotto per la prima volta da Premack

& Woodruff (1979) per indicare la continua attività di attribuzione agli altri degli stati

mentali come credenze, desideri, inganni, scoperte, nonché la capacità di intendere,

spiegare, predire il comportamento altrui governato da tali stati intenzionali. La Teoria

della Mente è quindi l'insieme delle conoscenze psicologiche fondamentali che tutti i

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bambini con sviluppo tipico acquisiscono nei primi anni di vita ma non si tratta

necessariamente di una conoscenza consapevole. E' spesso una conoscenza tacita e

implicita che tuttavia orienta nel bambino i suoi processi di comprensione e azione

(Surian, 2005). La maggior parte degli autori concorda nell'affermare che fra i 3 e i 4

anni nello sviluppo tipico, i bambini dimostrano la capacità di attribuire credenze. Lo

dimostrano negli esperimenti superando i test di "falsa credenza" come, ad esempio, il

Test di Sally e Anna (Baron-Cohenet al., 1985). La falsa credenza corrisponde all'errata

convinzione del bambino che le persone possiedano la sua stessa rappresentazione della

realtà e quindi che agiranno nel modo da lui voluto. In questo test viene mostrata al

bambino una scenetta dove compaiono due bambole, Sally ed Anna, una pallina, una

scatola ed un cesto. La storia viene poi raccontata in questo modo: Sally mette la pallina

nel cesto ed esce dalla stanza; dopo che Sally è andata via, Anna prende la pallina dal

cesto e la mette nella scatola. Dopo aver compiuto l'azione nello scenario, si fa rientrare

la bambola Sally e si chiede al bambino "Dove cercherà Sally la sua pallina?". Per cui il

bambino comprende che il protagonista della storia possiede una rappresentazione della

realtà diversa da quella dello stato di cose effettivo e che il suo comportamento sarà

determinato dalla sua credenza e non dallo stato di cose effettivo. Negli ultimi decenni

gli psicologi dello sviluppo hanno condotto centinaia di esperimenti utilizzando diversi

compiti di false credenze e alcuni di questi studi hanno messo in evidenza che i bambini

di 3 anni con sviluppo tipico riescono a superare i test di false credenze se le domande

dei test sono poste in modo esplicito. Intorno alla fine del terzo anno di vita i bambini

con sviluppo tipico dimostrano la capacità di usare il concetto di credenza

nell'anticipare e comprendere le azioni delle altre persone (Sodian & Frith, 1992). I

bambini di 2 anni non superano invece i compiti di false credenze ma iniziano a

sviluppare verso la metà del secondo anno una predilezione per il gioco simbolico o

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gioco di finzione. Nel gioco di finzione e in particolare nel comprendere quello messo

in atto dagli altri, il bambino impiega la capacità di distinguere tra il credere qualcosa

(come che il telecomando sia un telefono) e il far finta che lo sia. Questa distinzione

permette al bambino di evitare assurde conclusioni e di interpretare correttamente le

azioni "per finta" compiute dagli altri. Il gioco simbolico suggerisce che la Teoria della

Mente, nello sviluppo tipico, sia presente e operativa già nel secondo anno di vita

(Surian, 2005). Vi sono, inoltre, altri comportamenti spontanei nel bambino di 2-3 anni

che suggeriscono una precoce conoscenza degli stati mentali e che sono considerati

precursori della Teoria della Mente: l'indicazione protodichiarativa, cioè la capacità di

indicare per attirare l'attenzione su un oggetto o un evento e non solo quindi per

richiedere un oggetto (Camaioni et al., 2003) e l'attenzione condivisa per controllare

dove è rivolta l'attenzione o lo sguardo dell'adulto (Charman, 2003).

La maggior parte dei bambini con ASD mostra un ritardo grave e persistente

nell'acquisizione della Teoria della Mente. La mancanza nel secondo anno di vita delle

attività di indicazione protodichiarativa e di attenzione condivisa è uno degli indicatori

più informativi di un possibile decorso autistico (Surian, 2005). La mancanza del gioco

di finzione è uno dei sintomi diagnostici dell'ASD (Hobson et al., 2009) e vi sono molti

esperimenti sulle difficoltà dei bambini autistici di superare compiti di false credenze.

Surian (2005) riporta tre risultati di grande interesse ottenuti da studi condotti con

compiti di false credenze:

1 I bambini con ASD presentano un deficit selettivo in questi compiti, cioè anche

quando hanno un livello intellettivo superiore agli altri bambini di 4-5 anni, nella

maggior parte dei casi forniscono risposte scorrette, basate quindi sulla realtà esterna

piuttosto che sulle credenze.

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2 La loro presentazione è correlata positivamente alle capacità verbali: migliori sono

quest'ultime, maggiori sono le probabilità che il bambino superi le prove di false

credenze.

3 Le difficoltà nei compiti di Teoria della Mente non possono essere spiegate sulla

base di problemi di tipo affettivo, attentivo o linguistico.

Un compito di falsa credenza richiede da parte del bambino l'impiego di competenze

concettuali ma anche la capacità di spostare l'attenzione da una situazione reale (dove si

trova la pallina alla fine della storia) a una situazione passata (dove la pallina era posta

all'inizio della storia). Il processo richiesto in questi compiti impone quindi di inibire

l'attribuzione del contenuto vero ("la pallina è nella scatola", dove si trova realmente) e

la sua sostituzione con il contenuto falso ("la pallina è nel cesto", dove era all'inizio).

Gli insuccessi dei bambini con ASD in questi compiti di false credenze non sembrano

essere il risultato di un insufficiente processo inibitorio e di spostamento dell'attenzione

in quanto se vi fosse un limite generale di natura attentiva, esso dovrebbe generare,

anche in altri compiti, difficoltà simili a quelle osservate nei compiti di falsa credenza.

Studi sulla comprensione delle "false foto" dimostrano che ciò non accade e sembra

dunque che si tratti di un deficit nelle capacità rappresentazionali, quindi un limite nelle

competenze concettuali (Surian, 2005).

- "Coerenza Centrale”. Tale modello è stato proposto da U.Frith (1989). La tendenza

alla coerenza centrale è un aspetto che pervade diversi processi cognitivi, dal

ragionamento al linguaggio, dalle capacità di azione a quelle di percezione visiva e

uditiva (Surian, 2005). Questa tendenza è definita come la propensione ad integrare le

parti o informazioni in un tutto coerente, è una pulsione verso un significato pertinente

al contesto (Surian, 2005). La proposta della Frith (1989) parte dalla constatazione di

alcune peculiarità nei profili di prestazione nei test di intelligenza. Il più celebre fra i

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test utilizzati per calcolare il Quoziente Intellettivo (QI), le Scale Wechsler, è composto

da due tipi di prove: verbali, in cui le conoscenze linguistiche hanno un ruolo

fondamentale e quelle di performance, dove il linguaggio ha un ruolo meno centrale. Un

dato consolidato nelle ricerche sull'ASD indica un'asimmetria nei risultati nei due tipi di

prove: gli autistici sono relativamente abili nelle prove di prestazione ma ottengono

scarsi risultati nelle prove verbali (Surian, 2005). Frith, per spiegare questo profilo

disarmonico, sostiene che la dipendenza dal contesto sia il fattore cruciale che influenza

il superameno di una prova o l'esecuzione adeguata di un processo nei bambini con

ASD. I processi e le prove che richiedono una maggiore considerazione del contesto

sarebbero quelli in cui i bambini con ASD trovano maggiori difficoltà mentre nelle

prove in cui il contesto può essere ignorato darebbero prestazioni migliori (Surian,

2005). La minore o maggiore dipendenza dal contesto può quindi spiegare le asimmetrie

nei profili di QI e nei test verbali, infatti, il contesto comunicativo è cruciale per

giungere ad una corretta interpretazione delle domande. Frith (1989) sottolinea che la

partecipazione ad una conversazione, ad esempio, richiede l'impegno a cercare una

coerenza nelle informazioni ad un livello superiore e il sistema cognitivo possiederebbe

un'innata propensione a cercare e a raggiungere la coerenza tra informazioni diverse. Il

sistema cognitivo tende a formare coerenza semantica, a livello del significato nel caso

di frasi o storie, e a livello di struttura complessiva nel caso di melodie, forme visive o

sequenze di suoni. Tale propensione risulta debole nell'ASD e ciò spiegherebbe molte

manifestazioni autistiche.

I principali aspetti dell'ASD spiegati dalla Debole Coerenza Centrale sono:

o Percezione degli oggetti: fin dalle prime osservazioni di Kanner è emerso che gli

autistici tendono a focalizzarsi sulle parti degli oggetti e sui dettagli anche molto

piccoli piuttosto che sugli oggetti interi. Manca quindi l'integrazione delle parti,

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come è previsto in un sistema cognitivo dotato di debole coerenza centrale. Possono

inoltre identificare un oggetto senza tenere conto del contesto in cui è inserito

(Surian, 2005).

o Percezione e produzione del linguaggio: un sintomo frequente dell'ASD è l'ecolalia,

ossia la ripetizione letterale di ciò che il bambino ha ascoltato. Questa ripetizione

risulta molto difficile nella maggior parte delle persone in quanto l'attenzione va

spontaneamente al significato di parole o frasi piuttosto che alla loro forma

superficiale. Nei soggetti ASD la ripetizione letterale risulta invece più facile, come

è previsto in un sistema cognitivo meno rivolto al significato e al contesto di quanto

lo sia normalmente (Surian, 2005).

o Attività stereotipate e interessi ristretti: la tendenza a ripetere in modo ossessivo

alcune routine disfunzionali può essere spiegata con riferimento a un'attenzione ai

dettagli che perde di vista lo scopo generale, comunemente attribuito, ad una data

attività (Surian, 2005).

- Funzioni Esecutive (Pennington & Ozonoff, 1996). Esse sono l'insieme delle abilità,

mediate dai lobi frontali, che ci permettono di agire in modo organizzato e flessibile;

comprendono la pianificazione, il controllo, la flessibilità, il coordinamento e

l’esecuzione di sequenze di azioni finalizzate. Neuropsicologi e psicologi sperimentali

hanno scoperto che i deficit di queste funzioni sono associati alle lesioni dei lobi frontali

e per questo fin dagli anni '60 è stato proposto che i lobi frontali svolgano un ruolo

cruciale nella programmazione e nel controllo dei processi mentali e delle azioni

(Surian, 2005).

La letteratura neuropsicologica offre un vasto repertorio di test utili alla valutazione

delle funzioni esecutive, tra i più importanti troviamo il Wisconsin Card Sorting Task

(in cui la prestazione è tanto migliore quanto più vengono evitati gli errori di

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perseverazione che consistono nel seguire un criterio anche dopo che è stato cambiato),

il Test delle Torri di Londra (che richiede l'uso di strategie nuove ed è quindi una buona

prova delle abilità di pianificazione) e i compiti Go-No-Go (che richiedono uno

spostamento dell'attenzione e l'inibizione di criteri rinforzati precedentemente).

L’impiego delle funzioni esecutive è indispensabile per tutti i tipi di problem solving,

non solo per quelli più complicati ed astratti, come la soluzione di problemi matematici,

ma hanno un ruolo importante anche nell'acquisizione delle abilità sociali. Per

comprendere gli altri occorre, infatti, spostare l'attenzione oltre i nostri stati mentali e le

situazioni presenti (Surian, 2005). Questo processo richiede un buon controllo dei

meccanismi attentivi e lo sviluppo delle funzioni esecutive permette il mantenimento

delle capacità sociali manifestate nella quotidianità.

La prima teoria neuropsicologica dell'autismo, avanzata da Damasio & Maurer negli

anni '70 (1978), propone che la rigidità comportamentale, i disturbi dell'attenzione e i

comportamenti compulsivi dei bambini ASD derivano da una disfunzione della

corteccia frontale e di alcune strutture sottocorticali come gangli della base e talamo. Le

anomalie nei lobi frontali in alcune persone con ASD sono state confermate da esami

istologici e da studi condotti con la risonanza magnetica. Gli interessi ristretti, i

comportamenti ripetitivi, l'aderenza inflessibile alla routine familiare, sono tutti aspetti

che suggeriscono un disturbo delle funzioni esecutive (Surian, 2005).

1.4 Epidemiologia

Gli studi epidemiologici, condotti negli ultimi anni in Europa e negli Stati Uniti,

indicano un aumento delle diagnosi di ASD (Fombonne, 2009; Parner et al., 2008;

Baird et al., 2006; Fernell & Gillberg, 2010). Questo aumento sembrerebbe, in parte,

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imputabile ad una maggiore consapevolezza della malattia e al miglioramento delle

pratiche di diagnosi (Blumberg et al.,2013; Schieve et al., 2011).

In generale, diversi studi sono concordi nell'affermare che il disturbo colpisce

maggiormente i maschi rispetto alle femmine (in un rapporto di 4 a 1) anche se questa

proporzione è legata al funzionamento intellettivo (Center for Disease Control and

prevention, 2014). In particolare, le più recenti stime statunitensi indicano una

prevalenza di 1 ogni 68 bambini di 8 anni (Center for Disease Control and prevention,

2014), e quelli europei riportano una prevalenza che varia dallo 0,62 allo 0,7% (Lai et

al., 2014). Queste tendenze hanno notevoli impatti sociali ed economici. I costi medi

per l’arco vitale di una persona con ASD sono stati valutati in circa 5,7 milioni di euro

per le persone con autismo "a basso funzionamento" e di 1,5 milioni di euro per le

persone con autismo "ad alto funzionamento" (Knapp et al., 2009).

1.5 Prognosi

La valutazione prognostica risulta complessa a causa delle incertezze

dell’eziopatogenesi. Tuttavia si può dire che l’ASD è una disabilità che dura tutta la

vita. Nel complesso, la particolare pervasività della sintomatologia e l'andamento

cronico del quadro patologico determinano abitualmente nell'età adulta condizioni di

disabilità, con gravi limitazioni nelle autonomie e nella vita sociale (Sutera et al., 2007;

Szatmari et al., 2003). Oggi, un'altissima percentuale (dal 60% al 90%) di bambini con

ASD divengono adulti non autosufficienti, e continuano ad avere bisogno di cure per

tutta la vita. Ricerche condotte in Inghilterra e negli Stati Uniti documentano che fino al

50% delle persone con ASD vivono in casa con i loro genitori quando raggiungono l'età

adulta (Tantam, 1991), un dato che riflette sia la condizione di non-autosufficienza in

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cui versano la maggior parte degli individui con ASD, sia la scarsità di servizi in grado

di prendere in carico questi pazienti anche nei paesi più sensibili al problema.

La prognosi è molto diversa, invece, per i bambini con buone capacità intellettive e

linguistiche e che hanno la possibilità di usufruire per sé stessi e per i loro genitori di

programmi di intervento strutturati, precoci e sistematici. In questi casi è frequente

notare una riduzione significativa dei disturbi di comportamento e dei deficit di

interazione sociale. In età adulta, anche se tendono a rimanere alcune bizzarrie e una

certa ristrettezza di interessi e di attività, un buon numero di questi soggetti (circa il

30%) acquisisce una parziale indipendenza anche se soltanto un'esigua minoranza riesce

a vivere a lavorare in modo quasi completamente autonomo (Celi & Fontana,2010).

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CAPITOLO 2 - La motricità nel Disturbo dello Spettro Autistico

2.1 Cenni introduttivi

L'ASD viene diagnosticato in ambito clinico sulla base di deficit nei domini delle

funzioni sociali e delle capacità di comunicazione e linguaggio, ma negli ultimi anni è

stato riconosciuto che esso ha manifestazioni caratteristiche anche nei domini della

percezione e del movimento (Campolo et al., 2008).

Lo studio sulla motricità è stato tradizionalmente focalizzato sulle stereotipie motorie

tralasciando l’analisi delle competenze di sviluppo motorio, sia nelle procedure di

valutazione clinica e di pianificazione degli interventi, sia come fattore evolutivo in

grado di influenzare l’outcome clinico (Rosenbaum, 2005). Tuttavia, le anomalie

motorie presenti nell'ASD sono state riconosciute come sintomi capaci di interferire con

lo sviluppo di abilità adattive (Mostofsky et al., 2006; Leary & Hill, 1996; Baranek et

al., 2005, Bauman et al., 1992). Infatti le difficoltà motorie possono avere effetti primari

sul raggiungere l'indipendenza nelle attività della vita quotidiana (come ad esempio,

riuscire ad afferrare adeguatamente un cucchiaio per mangiare), ma anche effetti

secondari sul funzionamento sociale, interferendo con la capacità dei bambini di

partecipare alle attività adeguate all'età con i propri coetanei (come, ad esempio,

partecipare a sport di squadra) (Sacrey et al., 2014).

Sebbene il numero di studi sul controllo motorio nei bambini con ASD sia ridotto, se

paragonato al numero di studi che si focalizzano sugli aspetti sociali di questo disturbo,

ultimamente, questa tendenza sta cambiando: infatti, negli ultimi anni, sono state

pubblicate alcune ricerche sperimentali che si focalizzano sul controllo motorio e sulla

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comprensione di azioni in bambini con ASD (Forti et al., 2011; MacNeil & Mostofsky,

2012; Von Hofsten & Rosander, 2012). Da questi studi emerge come può essere utile

arrivare ad identificare la natura dei problemi motori associati all'ASD perché questo

aspetto può fornire informazioni ulteriori sulla comprensione di uno dei meccanismi

comportamentali che fallisce in questi bambini, che è, appunto, il funzionamento

sociale.

La presenza di difetti di sviluppo motorio nei ASD è stata più volte riportata. In

particolare, Teitelbaum e colleghi (1998) hanno analizzato i movimenti cruciali tipici

delle principali tappe di sviluppo, dalla nascita al raggiungimento del cammino

autonomo e hanno dimostrato che, nel bambino con ASD, le disfunzioni motorie si

possono manifestare sin dai primi mesi di vita e rendersi più evidenti rispetto ai deficit

sociali che caratterizzano la sindrome autistica. Rispetto ai bambini con sviluppo

normotipico, i bambini con ASD mostrano un certo grado di asimmetria nei movimenti

che coinvolgono le braccia e le gambe durante il cammino. Tali anomalie motorie

vengono riscontrate anche in epoche successive di vita ed in particolare in età adulta

(Teitelbaum et al., 1998). Anche gli studi di Bauman (1992) confermano la presenza di

un'ampia compromissione motoria, attribuibile ad un ritardo nel raggiungimento delle

tappe critiche dello sviluppo motorio. Ciò è dimostrato, ad esempio, dalla presenza di

goffaggine, dall'incapacità di portare a termine in contemporanea programmi motori

differenti, dall'iperattività, spesso presenti nell'ASD. Tali segni, inoltre, sembrerebbero

più evidenti in situazioni ambientali stressanti caratterizzate da sovraffollamento di

stimoli.

Lavori più recenti hanno rilevato generali difetti di funzionamento motorio tra cui

deficit di abilità grosso e fino motorie (Green et al., 2009; Noterdaeme et al., 2002;

Provost et al., 2007; Jasmin et al., 2009), ipotonia muscolare (Ming et al., 2007),

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cammino sulle punte (Ming et al., 2007; Sala et al., 1999) e difetti di controllo posturale

(Minshew et al., 2004).

Inoltre, il difetto di coordinazione e le atipie nel movimento degli arti superiori nelle

manovre di raggiungimento e presa di un oggetto, riscontrati in diversi lavori

(Ghaziuddin et al., 1998; Mari et al., 2003; Noterdaeme et al., 2002; David et al., 2009;

2012), sembrerebbero essere evidenti già nella fase di programmazione e pianificazione

del movimento (Rizzolatti & Fabbri-Destro, 2010; Rinehart et al., 2001; Smith &

Bryson, 1998; Hughes et al., 1996).

Lo studio delle atipie motorie nei bambini con ASD riveste notevole importanza sia per

l’identificazione di un marker precoce del disturbo, proprio perché le capacità motorie

vengono sviluppate fin dai primi mesi di vita, sia per una migliore comprensione dei

meccanismi neurobiologici disfunzionali alla base del disturbo e, inoltre, per una

specifica definizione di sottogruppi dello spettro autistico (Mari et al., 2003).

In aggiunta, recenti studi conferiscono al sistema motorio un ruolo chiave nel mediare la

capacità di predire e di comprendere le intenzioni delle azioni motorie altrui (Boria et

al., 2009; Fabbri-Destro et al., 2009; Gallese et al., 2013).

Lo studio della motricità dell'ASD è quindi rivolto alla descrizione delle caratteristiche

di performance motoria, alle variabili coinvolte nell’espressività del disturbo e

all’interpretazione eziopatogenetica del core motorio dell'ASD.

2.2 Controllo predittivo dell'azione

Il controllo predittivo rappresenta un aspetto rilevante del controllo motorio da una

prospettiva di percezione per l’azione (Von Hofsten & Rosander, 2012).

La percezione, la predizione di azioni e la cognizione sono abilità mutualmente

dipendenti (Von Hofsten & Rosander, 2012). Messe insieme, esse formano i sistemi

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funzionali, guidati dalle motivazioni, attorno ai quali si sviluppa il comportamento

adattivo (Von Hofsten, 1993; 2004; 2007). Comprendere che le azioni sono dirette ad

uno scopo futuro e che il loro controllo si basa sulla conoscenza di quello che avverrà in

seguito, permette, infatti, agli individui di inserirsi in modo adattivo nel contesto

sociale umano (Von Hofsten & Rosander, 2012). Il comportamento adattivo deve,

difatti, fare i conti con il fatto che gli eventi motori precedono i segnali di feedback che

si possono ottenere su di essi. Il solo modo per superare questo problema è allora

riuscire ad anticipare quello che sta accadendo e utilizzare questa informazione per

controllare il proprio comportamento.

Quando osserviamo un’altra persona eseguire un’azione, come ad esempio calciare una

palla, siamo in grado di anticipare con precisione il corso futuro dell’azione osservata

(Sartori et al., 2011). In altre parole, osservando l'inizio di un movimento, è possibile

prevedere come andrà a finire (Frith & Frith, 2006). Questa capacità è fondamentale per

la comprensione degli atti motori degli altri e per coordinare le nostre azioni con le loro,

come può accadere per esempio durante una partita di calcio, ma diventa fondamentale

anche per un livello più elevato di comprensione degli altri individui, dai loro stati

d’animo, alle loro intenzioni nei nostri confronti, fino alle loro motivazioni ad agire

(Sartori et al., 2011).

La predizione e la simulazione interna di un atto motorio sono due processi strettamente

correlati che contribuiscono all’abilità di comprendere e rispondere alle azioni prodotte

dalle altre persone. Un numero sempre crescente di ricerche sulla percezione ha portato

nel tempo alla comprensione che il sistema motorio funziona in modo predittivo (Von

Hofsten & Rosander, 2012).

Ci sono diversi studi condotti sull'uomo che dimostrano la presenza di questa

anticipazione utile per la comprensione della finalità degli atti osservati. Per esempio, in

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uno studio elettrofisiologico di Kilner e colleghi (2004), è stato misurato il potenziale di

prontezza motoria (readiness potential, RP) in soggetti ai quali è stato chiesto di

osservare un’azione compiuta da un altro individuo. Ciò che e stato osservato è che il

picco di questa misura elettrofisiologica di preparazione motoria precede l’inizio del

movimento osservato; inoltre si riscontra solo nei task in cui viene eseguito un

movimento che può essere predetto, mentre non si osserva in quei task in cui il soggetto

sa che non ci sarà nessun movimento. Questo ha suggerito, da un lato, che la

conoscenza del fatto che sta per compiersi un’azione attiva automaticamente il sistema

motorio, dall’altro che, essendoci un RP prima che il movimento osservato

effettivamente avvenga, il sistema motorio è in grado di creare un modello anticipatorio

dell’azione compiuta da un’altra persona permettendo al cervello di predire le sue

intenzioni prima della loro effettiva realizzazione (Kilner et al., 2004). Questo processo

permette all’osservatore di comprendere in anticipo l'obiettivo finale dell’azione e di

predire le intenzioni dell’agente (Blakemore & Frith, 2005; Cattaneo et al., 2007; Kilner

et al., 2007); allo stesso tempo permette di anticipare le fasi future delle azioni in corso

prodotte dagli altri (Wilson & Knoblich, 2005). In particolare, sembra che la

rappresentazione motoria che si attiva durante l’osservazione di azioni possa fornire un

modello interno dell’azione in corso attraverso la generazione di aspettative e predizioni

sul suo svolgimento nel tempo (Umiltà et al., 2011). Per esempio, osservando un

individuo che si avvicina con la mano ad una tazza di caffè, è possibile prevedere, non

solo la presa con le dita del manico della tazza, ma anche l'intenzione di bere. Ciò

implica, quindi, che il sistema motorio dell’osservatore generi le rappresentazioni

predittive delle azioni degli altri attraverso una predizione del corso del movimento

osservato e che le predizioni sulle azioni degli altri vengano ricondotte al sistema visivo

ed esercitino un’influenza sulla percezione di azioni, permettendo in questo modo di

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completare le informazioni percettive mancanti (Borghi & Nicoletti, 2012). E’ chiaro

allora che le aree cerebrali implicate nel tradurre i movimenti umani osservati nei

corrispondenti programmi motori svolgono un fondamentale lavoro simulativo dei

movimenti in atto. Questa simulazione interna supera il ritardo della trasmissione

sensoriale e fornisce un’informazione immediata sul corso dell’azione e del suo

probabile esito (Borghi & Nicoletti, 2012).

Questo modello interno permette, quindi, all’osservatore di interpretare rapidamente il

segnale percettivo e di completare i movimenti anche se non sono percepiti nella loro

interezza. In questo modo, il soggetto diventa in grado di anticipare e predire l’outcome

finale di un’azione prodotta da un altro individuo.

Disfunzioni del cervello possono però andare ad incidere sul modo in cui le persone

percepiscono il contesto e su come organizzano le loro azioni.

Ci sono molte ricerche che dimostrano che i bambini con ASD mostrano difficoltà nel

controllo predittivo (Cattaneo et al., 2007; Fabbri-Destro et al., 2009; Gonzales et al.,

2013). Tali difficoltà sono evidenti sia durante l’osservazione delle azioni altrui sia

durante la pianificazione e l'esecuzione di azioni dirette ad uno scopo e nei compiti di

imitazione.

Uno dei movimenti maggiormente studiati sia in popolazioni tipiche che con ASD è il

movimento di “raggiungimento e prensione” (reach to grasp movement).

Come emerge da un'ampia letteratura, la mano è in ambito cinematico la struttura più

complessa del corpo e la chiave di volta per comprendere i processi cognitivi che

sottendono al movimento (Cavanna & Salvini, 2010). Una delle principali teorizzazioni

del biologo Napier (Napier, 1956), pioniere nello studio dei movimenti della mano, è

che quest'ultima agisce in stretta relazione con le intenzioni che guidano l'azione.

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Studi successivi focalizzati sul movimento di raggiungimento e prensione della mano

hanno, in effetti, evidenziato come quest'ultima si modelli gradualmente non solo alla

forma dell'oggetto che sta per essere afferrato (Santello & Soecthing, 1998) ma anche

allo scopo per cui tale oggetto viene afferrato (Ansuini et al., 2008).

Così, il movimento di raggiungimento e prensione è stato studiato in vari lavori e,

attraverso l'analisi visiva e della cinematica del movimento, è stato possibile osservare

differenze tra bambini tipici e bambini affetti da ASD (Mari et al., 2003; Fabbri-Destro

et al., 2009; Hughes, 1996, Cattaneo et al., 2007).

Questo movimento è considerato una pietra miliare nello sviluppo dei bambini perché la

capacità di elaborare e coordinare informazioni riguardanti il "dove" ed il "cosa" di un

oggetto, assieme al "come" interagirvi (Mari et al., 2003), richiedono un processo di

pianificazione e di successiva esecuzione motoria.

Inoltre quella di “raggiungere per afferrare” è una complessa e fondamentale attività

motoria che serve come metodo primario di esplorazione per un bambino per conoscere

ed interagire con il mondo che lo circonda (Sacrey et al., 2014).

Nei bambini tipici, questo movimento di raggiungimento e prensione non è,

ovviamente, presente fin dalla nascita, ma viene sviluppato seguendo determinate tappe

(Mari et al., 2003). Innanzitutto, i bambini appena nati non afferrano gli oggetti verso

cui allungano la mano; essi tendono ad aprire la mano durante l’estensione dell’arto,

mentre tendono a serrarla quando flettono il braccio verso il corpo (sinergia estensoria)

(von Hofsten & Fazel-Zandy, 1984). Attorno ai due mesi scompare la sinergia

estensoria e i bambini tendono a chiudere la mano a pugno durante la fase di estensione

del braccio (Mari et al., 2003). Al terzo mese ricominciano ad aprire la mano durante la

fase di estensione, ma solamente quando la muovono verso un target che hanno fissato.

Questo cambiamento fa sì che l’apertura della mano non possa essere più considerata

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semplicemente come parte del movimento di estensione, ma sia una vera e propria

preparazione al grasping. Tra il quarto ed il quinto mese vengono migliorate distanza e

direzione dell’allungamento della mano, ma l’orientamento e la chiusura delle dita

risultano ancora limitate. A partire dal nono mese di vita la mano inizia a “modellarsi”

in base alla forma dell’oggetto verso cui è rivolto il movimento (Von Hofsten &

Ronnqvist, 1988). Una volta raggiunto ed afferrato l’oggetto, il bambino tipico lo

avvicina al suo viso (in particolare alla bocca) e lo esplora usando il tatto, la vista ed il

gusto, ampliando così la conoscenza del mondo che lo circonda (Sacrey et al., 2014).

È stato invece osservato che i bambini di età inferiore ai 12 mesi, a cui in seguito verrà

diagnosticato l' ASD, mostrano un’esplorazione atipica degli oggetti, caratterizzata da

una maggiore rotazione/rivoluzione e da una inusuale esplorazione visiva (Ozonoff et

al., 2008).

Tra gli studi più importanti che hanno analizzato il movimento di raggiungimento e

prensione di oggetti e successivo posizionamento in un punto dello spazio nei bambini

con ASD c'è quello di Mari e colleghi (2003). In questo studio è stato chiesto a bambini

con ASD (sia ad "alto" che a "basso funzionamento") e a bambini con sviluppo tipico di

età compresa fra i 7 e i 13 anni, di afferrare dei cubetti in legno, posti su un tavolo, di

varie forme e a varie distanze. Sono state registrate diverse misure cinematiche

specifiche come il tempo di raggiungimento del picco di velocità, il tempo di

decelerazione, e anche la coordinazione tra le componenti di reach e grasp. Infatti la

componente del reach è controllata dalla muscolatura prossimale della spalla e del

gomito e la componente grasp è controllata dalla muscolatura distale del braccio e

dell'avambraccio (Sacrey et al., 2014). E' stato osservato che i bambini con ASD

presentano dei deficit di coordinazione. In generale, i bambini con ASD hanno eseguito

movimenti abbastanza adeguati e simili rispetto ai controlli tipici. Ma, analizzando i

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risultati, all'interno del gruppo sperimentale dei soggetti ASD, si sono osservate

differenze in funzione del Quoziente Intellettivo.

Infatti il gruppo identificato "a basso funzionamento" (QI 70-79) ha mostrato

un'anomala lentezza nel movimento e una certa inerzia con tempi di decelerazione

maggiori verso l'oggetto da afferrare e un'evidenza di desincronizzazione tra le

componenti di reach e grasp, mentre il gruppo identificato "ad alto funzionamento" (QI

80-109) ha mostrato un movimento integrato e sovrapposto per le due componenti.

Questi risultati evidenziano, quindi, l'importanza di considerare tra i criteri di inclusione

un Quoziente Intellettivo che sia più omogeneo all'interno dello stesso gruppo di

soggetti da testare.

Altri studi che hanno utilizzato un task di raggiungimento e prensione, condotti con

bambini ASD e con sviluppo tipico, hanno mostrato deficit nella pianificazione del

movimento nei bambini con ASD, specialmente nei casi in cui era richiesta la

pianificazione di una sequenza di movimenti per raggiungere determinate posizioni

(Fabbri-Destro et al., 2009; Hughes, 1996, Cattaneo et al., 2007).

Nello studio di Fabbri-Destro e colleghi (2009) ai bambini con ASD è stato chiesto di

eseguire due tipi di azione (mettere un oggetto in una scatola grande o mettere un

oggetto in una scatola piccola), ciascuna costituita da tre atti motori (raggiungere

l’oggetto posto su un piatto, afferrarlo, inserirlo nella scatola): i primi due movimenti

sono identici in entrambe le azioni, mentre l’ultimo varia tra i due compiti per la sua

difficoltà. I risultati hanno mostrato che nei bambini con ASD, a differenza dei bambini

normotipici, la cinematica del primo atto motorio non è modulata dalla difficoltà del

compito. Ciò sembra indicare quindi che, mentre i bambini a sviluppo tipico sono in

grado di pianificare un’azione in modo globale prevedendo quello che sarà il suo scopo

finale, quelli con ASD non sono in grado di compiere questa elaborazione predittiva ma

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sembrano programmare ogni singolo atto motorio in modo indipendente da quello

successivo, con un evidente deficit di concatenazione motoria.

Anche Hughes (1996), attraverso un’analisi della sequenza di atti motori di tipo

"raggiungi, afferra e piazza" (reach, grasp and place), ha esaminato la pianificazione

motoria in bambini con ASD. A tutti i bambini è stato chiesto di sollevare un'asticella

con un'estremità colorata di nero e l'altra colorata di bianco e posizionare una delle due

estremità in uno dei due anelli posti sul piano di lavoro in modo che l'asta stesse in

piedi. Variando la posizione di partenza dell'asta è possibile favorire i partecipanti a

produrre una presa overhand o underhand: la prima permette di afferrare l'asta partendo

da una posizione della mano confortevole ma di concludere il movimento di

posizionamento con una postura scomoda, ossia mantenendo il pollice della mano verso

il basso, mentre la posizione underhand permette di iniziare il movimento di presa in

maniera scomoda ma terminarlo con uno confortevole, con il pollice, quindi, tenuto

verso l'alto. La maniera in cui avviene tale movimento di prensione dell'asta è

influenzata dall'abilità di pianificazione. Il criterio per una risposta corretta, e quindi una

pianificazione motoria appropriata, è un movimento della mano sul target di tipo

underhand (posizione iniziale scomoda - posizione finale comoda). Quello che è stato

osservato è che il gruppo con ASD ha effettuato poche posture finali corrette (quindi

pochi azioni underhand) rispetto ai gruppi di controllo, suggerendo che alla base ci sia

un importante deficit nella pianificazione motoria che impedisce a questi bambini di

pianificare una serie di movimenti che risulterebbero in una postura finale di presa

confortevole.

Inoltre, Cattaneo e colleghi (2007) hanno dimostrato che i bambini con ASD non

riescono ad anticipare le azioni imminenti come i bambini con sviluppo tipico. Nel loro

studio, effettuato con l'elettromiografia (EMG), a bambini di 6/9 anni è stato chiesto di

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osservare lo sperimentatore in due situazioni: quando afferra un pezzo di cibo posto su

un piatto e poi lo porta alla bocca oppure quando afferra un pezzo di carta posto sullo

stesso piatto e lo mette in un cesto appoggiato alla spalla. E’ stato osservato che i

bambini con ASD non mostrano alcuna attivazione del muscolo miloioideo che regola

l’apertura della bocca quando osservano lo sperimentatore afferrare il cibo per portarlo

alla bocca, mentre nella stessa condizione i bambini normotipici mostrano sempre

questa attivazione.

In aggiunta a ciò, in un ulteriore compito, ai bambini è stato chiesto di eseguire in prima

persona le due azioni precedentemente descritte, ovvero di portare il cibo alla bocca o di

mettere il pezzo di carta nel cesto posto sulla loro spalla. Ciò che si è osservato è che,

mentre nei bambini a sviluppo tipico c’è una forte pre-attivazione del muscolo

miloioideo durante la fase di raggiungimento del cibo prima di afferrarlo per portarlo

alla bocca (ma non quando la carta viene messa nel cesto), nei bambini con ASD

l’attivazione del muscolo si rileva invece solo dopo che essi hanno afferrato il cibo con

la mano. Questi dati sono, quindi, in accordo con i risultati di studi precedenti che

mostrano deficit di pianificazione motoria quando viene loro chiesto di eseguire catene

di azioni (Sacrey et al., 2014). Infatti, i bambini autistici dimostrano di non saper

concatenare le due azioni (afferrare–portare alla bocca per mangiare) in modo predittivo

(Cattaneo et al., 2007).

La registrazione del tempo di reazione è un semplice modo di misurare la pianificazione

motoria, poiché fornisce una misura basilare del tempo impiegato per formulare un

piano motorio (Sacrey et al., 2014). La maggior parte degli studi riporta che i

partecipanti ASD mostrano tipicamente un tempo di reazione più lungo rispetto ai

bambini con sviluppo tipico (Mari et al., 2003; Glazebrook et al., 2008; 2009; Nazarali

et al., 2009).

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Dowd e colleghi (2012) hanno investigato la pianificazione e l'esecuzione motoria in un

gruppo di bambini con ASD di 6 anni di età e in un gruppo di bambini con sviluppo

tipico di pari età, attraverso un movimento point-to-point, che consiste nell’usare una

stilo per muoversi tra due punti su uno schermo digitale. I due gruppi di bambini hanno

presentato performance simili ma il gruppo con ASD ha presentato una maggiore

variabilità nei tempi di reazione.

Anche altri autori (Glazebrook et al., 2006) che hanno effettuato studi su soggetti adulti

con ASD hanno osservato che tali individui hanno performance più variabili rispetto ai

controlli e richiedono anche più tempo per preparare ed eseguire i movimenti e

raggiungono picchi di accelerazione e velocità inferiori. Inoltre, queste difficoltà

aumentano all'aumentare della complessità delle attività richieste (Glazebrook et al.,

2008; Nazarali et al., 2009).

In aggiunta, Forti e colleghi (2011), attraverso un compito sperimentale di afferramento

e posizionamento di un oggetto (grasp and place), hanno osservato che i partecipanti

con ASD presentano una durata del movimento maggiore e velocità più alte nelle fasi

terminali del movimento rispetto ai controlli con sviluppo tipico. Ai partecipanti con

ASD, matchati per età e sesso con un gruppo di soggetti con sviluppo tipico, è stato

chiesto di trasportare una palla di gomma da un punto di partenza e di inserirla in un

foro situato ad una distanza di 30 cm. Il loro movimento è stato registrato attraverso

markers cinematici posizionati sulla mano che permettono di tracciare sia online che

offline il movimento. Sebbene il gruppo ASD sia stato capace di trasportare

accuratamente la palla e di inserirla nel foro, ogni singolo individuo del gruppo

sperimentale ha fatto delle correzioni almeno una volta in prossimità dell’inserimento,

laddove meno della metà dei controlli ha fatto correzioni. Più sorprendentemente, però,

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non si sono osservate differenze nelle fasi iniziali del movimento, che dovrebbero

effettivamente riflettere i processi di pianificazione motoria (Sacrey et al., 2014).

In uno studio associato, Stoit e colleghi (2013) hanno esaminato il controllo motorio

predittivo in bambini con ASD e in bambini tipici usando un compito di prensione. Ai

partecipanti è stato detto di afferrare due differenti cilindri: uno piccolo che permette la

presa di precisione e uno largo che permette la presa di forza. Per ogni prova i

partecipanti ricevono un cue (segnale) di partenza, fornito dalla mano dell'esaminatore,

che indica la locazione (destra/sinistra) oppure il tipo di presa (precisione/forza) del

target che deve essere afferrato. Come nello studio precedente (Forti et al., 2011), la

durata del movimento è risultata significativamente più lunga nel gruppo ASD sebbene

non ci fossero differenze, tra i due gruppi, nella latenza di risposta.

Tali evidenze suggeriscono, quindi, che, sebbene la caratteristica più saliente dell’ASD

sia il deficit nella comunicazione e nelle abilità sociali, sia di grande importanza non

ignorare i deficit motori associati a questo disturbo in quanto essi possono fornire

informazioni fondamentali anche per la comprensione dei deficit di abilità di livello più

elevato come la predizione delle intenzioni motorie degli altri e la mentalizzazione.

Infatti, una compromissione nel movimento di raggiungimento e prensione può

compromettere le abilità di gioco del bambino, la capacità di esplorare l’ambiente

circostante, l’uso funzionale degli oggetti, l’abilità di coordinazione motoria

interpersonale ed interferire, quindi, con le opportunità di interazione sociale e con

l’apprendimento sociale.

2.3 Coordinazione motoria sociale

Adeguate abilità motorie predittive ed esecutive appaiono, naturalmente, necessarie per

lo stabilirsi di un’adeguata coordinazione motoria sociale, la capacità cioè di coordinare

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i propri movimenti con quelli dell’altra persona durante l’esecuzione di azioni

congiunte. La coordinazione motoria sociale, sia in forma di imitazione che nel meno

noto fenomeno della sincronia interazionale, rappresenta un importante fenomeno delle

interazioni sociali umane che includono la responsività interpersonale (Lakin &

Chartrand, 2003), le relazioni sè-altro positive (Seger & Smith, 2009) e la

comunicazione e comprensione verbale (Shockley et al., 2009).

È stato suggerito che essa sia importante per lo sviluppo dell’intersoggettività e sia

predittiva del futuro sviluppo sociale e cognitivo dell’individuo (Fredman et al., 2007).

Mentre l’imitazione e la sincronia interazionale sono presenti sin dai primi mesi di vita,

l’abilità di coordinare le proprie azioni con quelle dell’altro per compiti di cooperazione

compare tra i 18 e i 24 mesi di vita (Warneken et al., 2006).

Per coordinarsi in maniera fluida con l’altro durante azioni condivise è necessario per

prima cosa condividere l’obiettivo dell’azione e, successivamente, monitorare

contemporaneamente sia la nostra azione che quella dell’altro ed incorporare l’azione

dell’altro nel nostro piano motorio (Sebanz et al., 2003). Pertanto, coordinare un’azione

con l’altro richiede una difficoltà maggiore rispetto alle azioni individuali, sia in termini

motori che sociali. Generalmente gli adulti non mostrano differenze tra i due tipi di

azioni (Knoblich & Jordan, 2003), ma tale abilità non è presente alla nascita e matura

progressivamente ed in maniera significativa nel corso dei primi 3-4 anni di vita (Meyer

et al., 2010). Meyer e colleghi (2010) riportano che dall’età di tre anni e mezzo di età i

bambini mostrano la stessa relazione tra coordinazione motoria intra ed interpersonale

dei soggetti adulti, a differenza dei bambini più piccoli che mostrano migliori abilità di

coordinazione intra che interpersonale.

L’incremento della coordinazione motoria sociale, che si verifica tra i due ed i quattro

anni di vita, viene attribuito alla maturazione dei processi di pianificazione che

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consentono al bambino più grande di integrare l’azione dell’altro nel proprio piano

d’azione. È stato, inoltre, dimostrato da studi EEG che l’osservazione dell’azione

dell’altro durante una joint action (azione congiunta) determina un’attenuazione del

ritmo mu (indice di un’attivazione del sistema motorio) maggiore rispetto

all’osservazione dell’altro quando il soggetto non è coinvolto nell’azione (Meyer et al.,

2011).

Poche ricerche hanno esplorato i deficit dei movimenti coordinati nei bambini con ASD,

anche se alcuni risultati suggeriscono che, come l’imitazione, anche l’abilità di

muoversi in sincronia con l’altro sia compromessa precocemente e possa, pertanto,

ostacolare lo sviluppo dell’intersoggettività (Trevarthen & Daniel, 2005). Sebbene siano

capaci di comprendere le intenzioni dell’altro in compiti di cooperazione, i bambini con

ASD mostrano difficoltà nella condivisione delle intenzioni (Colombi et al., 2009) e

questo, secondo alcuni autori, potrebbe riflettere difficoltà percettive o attentive di più

"basso livello" (Fitzpatrick et al., 2013). Pertanto, durante un’interazione sociale la

scarsa coordinazione interpersonale potrebbe riflettere la difficoltà a prestare attenzione

alle informazioni sociali rilevanti del movimento altrui che comprometterebbe la

condivisione dell’obiettivo pur in presenza di un’adeguata comprensione dello stesso.

Alcuni autori hanno rilevato che i processi motori low-level, come la tendenza a

sincronizzare movimenti incidentali (e azioni non intenzionali goal dirette) con quelli

dell’altro durante le interazioni sociali appare deficitaria nei bambini con ASD (Marsh

et al., 2013).

Ai fini di un’adeguata e coordinata interazione motoria sociale appare, pertanto,

necessario prestare attenzione a quelle fonti di informazione che costituiscono la base

per la predizione del movimento osservato (Stapel et al., 2010). Fin dai primi mesi di

vita, infatti, gli esseri umani non osservano semplicemente le azioni degli altri ma

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predicono l’obiettivo dell’azione mentre la osservano durante il suo svolgimento (Falck-

Ytter et al., 2006). Numerosi fattori sono in grado di influenzare la predizione di

un’azione: l’obiettivo dell’azione, la traiettoria del movimento, le conoscenze a priori

sul movimento stesso e sul goal, e la cinematica dell’azione. Secondo Kilner (2007) le

predizioni delle azioni sono generate nel sistema dei neuroni mirror e si basano su

informazioni di "basso livello" (cinematica del movimento) e di "alto livello" (inferenze

sull’obiettivo) e su informazioni contestuali (conoscenze a priori).

Il processo predittivo relativo a come le proprie ed altrui azioni si dispiegano nello

spazio e nel tempo è cruciale per una precisa coordinazione. Esso richiede la

simulazione motoria attraverso modelli interni dell’azione che ci forniscono

informazioni sulle conseguenze dell’azione stessa (Wolpert & Ghahraman, 2000).

Un modo per facilitare la coordinazione interpersonale è quello di ridurre la variabilità

dei movimenti ed esagerare gli stessi; questo infatti facilita i processi predittivi.

Tutto ciò, quindi, supporta l'idea che lo studio della coordinazione motoria sociale sia

un'adeguata modalità per comprendere la coordinazione sociale e potrebbe fornire

importanti elementi per la comprensione dei deficit sociali nell'ASD (Fitzpatrick et al.,

2013).

2.4 Ipotesi neurobiologiche

Le aree cerebrali implicate nel controllo predittivo includono il sistema dei neuroni

mirror, altre aree corticali, il cervelletto (Mostofsky et al., 2009) e i gangli della base

(Nayate et al., 2005). Tali aree cerebrali, insieme ad altre, sono le sedi in cui sono state

riscontrate alterazioni anatomo-funzionali nei soggetti affetti da ASD.

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2.4.1 Il sistema dei neuroni mirror

Il sistema dei neuroni mirror (Mirror Neuron System - MNS) mostra le seguenti

funzioni:

controllo ed esecuzione di azioni dirette ad uno scopo (pensiamo, ad esempio,

all’azione di prendere una forchetta) (Keller et al.,2011);

imitazione (Rizzolatti & Fabbri-Destro, 2010; Dinstein, 2008);

comprensione dello scopo e del significato di azioni osservate (Buccino et al.,

2004) e predizione di azioni future compiute da altre persone (Kilner et

al.,2004) che svolgerebbe un ruolo rilevante ai fini della comprensione delle

azioni altrui (Kilner et al., 2007);

altre funzioni sociali quali linguaggio, teoria della mente ed empatia (Keller et

al. 2011).

Un’importante linea di evidenze suggerisce che i bambini con ASD abbiano difficoltà a

entrare in relazione con gli altri (e capire, quindi, le intenzioni degli altri) (Kanner,

1943; Baron-Choen et al., 1985; Frith, 2003; Fabbri-Destro et al.,2009), a imitare azioni

(Rizzolatti et al., 2009; Cossu et al., 2012), a predire azioni ed eventi futuri e a

concatenare insieme le azioni (Von Hofsten & Rosander, 2012).

Queste difficoltà sono state spiegate ipotizzando una disfunzione del sistema dei

neuroni mirror. I neuroni mirror sono una speciale classe di neuroni con una proprietà

unica: si attivano allo stesso modo quando mettiamo in atto un'azione (ad esempio,

afferrare un oggetto) e quando osserviamo qualcuno mettere in atto la stessa azione

(Gallese et al., 1996; Rizzolatti, et al., 1999). La proprietà fondamentale di queste

cellule è quella di creare un codice comune tra percezione (ciò che vedo) e azione (ciò

che faccio) (Rizzolatti, 2005). Si tratta di un meccanismo grazie al quale le azioni e le

intenzioni messe in atto e quelle osservate sono elaborate in un codice comune: la

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comprensione delle azioni degli altri nasce da questa equivalenza semantica tra azioni e

intenzioni compiute e osservate (Rizzolatti et al., 1996). Il sistema dei neuroni mirror fu

scoperto da Rizzolatti e colleghi (1996) nella corteccia premotoria delle scimmie. Studi

tramite la stimolazione magnetica e tecniche di imaging hanno permesso di individuare

un sistema simil-mirror negli esseri umani (Fadiga e al., 1995; Decety e al., 1997;

Iacoboni e al., 1999). I neuroni mirror, nell'uomo, si trovano, principalmente, in due

aree: il Lobulo Parietale Inferiore e il Giro Frontale Inferiore ("area di Broca"). Queste

aree sono interconnesse tra di loro e sono connesse ad altre regioni corticali e

sottocorticali: il network di regioni con "proprietà mirror" viene definito in letteratura

come "sistema mirror".

Diversi autori hanno spiegato il deficit sociale nell'ASD come un deficit nella capacità

di simulare le azioni degli altri (Iacoboni & Dapretto, 2006; Oberman & Ramachandran,

2007; Rizzolatti & Fabbri-Destro, 2010; Williams et al., 2001) e, di conseguenza, capire

le azioni degli altri. Il bambino con ASD, in questa prospettiva, non avrebbe una

difficoltà ad attribuire intenzioni agli altri, ma fallirebbe nel ricreare (o "simulare")

mentalmente il comportamento di un'altra persona, identificarsi in essa, e di

conseguenza di proiettarsi mentalmente nella situazione dell'altro. Questa ipotesi (Keller

et al, 2011) viene definita da alcuni come "broken mirrors". Studi recenti, tuttavia,

ipotizzano che nei soggetti con ASD la disfunzione del MNS non sia globale ma che

solo alcune aree all’interno di questo sistema, oppure la loro connettività anatomica e

sincronizzazione funzionale siano alterate (Kana et al., 2011).

Infatti, le evidenze a favore di questa ipotesi non sono sempre chiare e coerenti. Esse

derivano da vari tipi di fonte, sia di tipo comportamentale che di brain imaging. Gli

studi di tipo comportamentale sono i più numerosi e molti di essi hanno esaminato

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l’imitazione e la comprensione di azioni con lo scopo di verificare il funzionamento del

MNS.

Un'importante difficoltà nell’interpretare gli studi comportamentali sulla comprensione

di azioni in soggetti con ASD è il significato che è stato attribuito dai vari autori al

termine “comprensione di azioni” (action understanding): infatti, questo termine viene

utilizzato nei vari studi con due differenti significati: il "cosa" e il "perché" di un'azione.

Questi due aspetti della comprensione di azioni, benché frequentemente confusi, sono in

realtà radicalmente differenti l'uno dall'altro. Il primo indica un immediato dato

percettivo derivato dall'osservazione dell'atto motorio; il secondo è un'anticipazione di

un futuro comportamento basata su un meccanismo di "lettura" d’intenzioni. E' evidente

che il sistema mirror è implicato in entrambi questi aspetti (Rizzolatti & Fabbri-Destro,

2010), ma il modo in cui esso è coinvolto è diverso nel caso del "cosa" o del "perché" di

un atto motorio. Il che "cosa" di un atto motorio (come per esempio afferrare una tazza)

deriva dall’attivazione dei neuroni mirror e determina nel sistema motorio

dell’osservatore una rappresentazione motoria matchata con l’atto motorio osservato.

Questa rappresentazione motoria permette all’osservatore di sapere quello che l’altro sta

facendo. Questo meccanismo non sembra però essere sufficiente per permetterci di

comprendere il "perché" (come per esempio, afferrare una tazza per bere oppure per

spostarla) di un atto motorio osservato. Il "perché" richiede infatti un meccanismo più

complesso (Boria et al., 2009).

Una soluzione a questa contraddizione presente tra i risultati dei vari studi

comportamentali potrebbe essere il prendere in considerazione la prospettiva che

distingue tra meccanismo mirror basato su un singolo neurone (single neuron-based) e

meccanismo basato sulla concatenazione di più neuroni (chain- based). Infatti, è stato

dimostrato, più recentemente, che nel Lobulo Parietale Inferiore c’è un gruppo di

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neuroni chiamati action-constrained (“azione-vincolati”) che scaricano solo quando

l’atto motorio (per esempio afferrare) è parte di una data sequenza motoria (come

afferrare per mangiare) (Fogassi et al., 2005). Questi neuroni sono organizzati in catene,

dove ogni neurone codifica per un certo atto motorio (per esempio raggiungere o

afferrare). Quando una persona deve eseguire una certa azione (per esempio afferrare un

pezzo di cibo per mangiarlo) l’intera catena neuronale viene attivata. Sulla base

dell’evidenza che questi neuroni scaricano durante l’osservazione di azioni che hanno

uno specifico goal, c’è chi ha proposto che questo meccanismo a catena permetta

all’osservatore di capire le intenzioni motorie dell’agente senza utilizzare processi

inferenziali (Boria et al., 2009; Iacoboni et al., 2005).

Secondo questo punto di vista, quindi, il meccanismo mirror basato sul singolo neurone

nelle persone con ASD sarebbe essenzialmente intatto e permetterebbe di comprendere

il che "cosa" di un atto motorio mentre l'organizzazione a catena, che permetterebbe di

comprendere il "perché" di un’azione sarebbe deficitaria. Dati sperimentali (Cattaneo et

al., 2007; Rizzolatti & Fabbri-Destro, 2010) indicano, in linea con questa ipotesi, che i

bambini con ASD presentano un deficit nella capacità di assemblare i loro atti motori

individuali (come raggiungere, afferrare, collocare) all'interno di un'azione unitaria

concatenata e caratterizzata da un'intenzione specifica.

E’ stato però specificato da alcuni autori che la dimostrazione di un deficit nella

comprensione delle intenzioni basato sull'informazione motoria a catena non implica

che i bambini con ASD siano incapaci di afferrare le intenzioni degli altri in modo

assoluto. Questa capacità potrebbe infatti essere mediata da altri meccanismi, come per

esempio l’uso funzionale degli oggetti con i quali l’agente sta interagendo, oppure degli

oggetti che stanno attorno all’oggetto utilizzato, o dalla possibilità di utilizzare

meccanismi inferenziali (Brass et al., 2007; De Lange et al., 2008). Alcuni autori sono

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giunti allora alla conclusione che questi studi comportamentali sui neuroni mirror a

catena non forniscono in realtà l’esatta localizzazione della fonte dei deficit di questi

bambini nel MNS (Hamilton, 2013) . Inoltre, non è chiaro come una difficoltà specifica

nel sequenziamento motorio possa causare i problemi di Teoria della Mente che

sembrano essere una caratteristica tipica dell’ASD (Frith, 2012).

Per quanto riguarda le evidenze emerse dagli studi di brain imaging compiuti nel corso

degli anni, ci sono diversi dati sia a favore che non della teoria del MNS (Hamilton,

2013). Oberman e collaboratori (2005) hanno effettuato un’analisi EEG delle onde

cerebrali mu in bambini a sviluppo tipico e in bambini affetti da ASD. Poiché il ritmo

mu (8-13 Hz) è un indice elletrofisiologico registrato sulla corteccia senso-motoria che

riflette l’attività dei neuroni mirror, un modo per misurare l’integrità di questo sistema è

stato quello di misurare la risposta mu durante l’esecuzione e l’osservazione di azioni.

E’stato stabilito che il mu si sopprime quando gli individui eseguono e osservano

un’azione. Lo studio ha dimostrato che in esecuzione, la registrazione dell’attività

elettrica non mostra alcuna differenza sostanziale tra i due gruppi, mentre nella fase di

osservazione dei movimenti, le onde mu sono soppresse soltanto nei bambini con

sviluppo tipico ma non in quelli con ASD.

Nishitani e colleghi (2004) hanno evidenziato disfunzioni nel sistema dei neuroni

mirror in soggetti con ASD utilizzando una tecnica chiamata magnetoencefalografia

(MEG). Le attivazioni nel Sistema Nervoso sono più deboli e più lente nella risposta nei

soggetti con ASD rispetto al gruppo controllo.

Un altro gruppo di ricerca (Theoret et al., 2005) ha utilizzato la tecnica di Stimolazione

Magnetica Transcranica (TMS) e ha registrato le risposte del dito indice mentre i

partecipanti guardavano un video di movimenti dell’indice diretti sia verso l’osservatore

sia al contrario. Nel gruppo di controllo, entrambe le azioni hanno portato a risposte

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misurabili nei muscoli dell’indice e del pollice dell’osservatore. I soggetti con ASD

hanno mostrato una risposta solo alle azioni dirette verso l’osservatore. I ricercatori

spiegano questi risultati in termini di un deficit del sistema dei neuroni mirror che porta

a compromissioni nella simulazione di azioni egocentriche ed un deficit nella

rappresentazione generale sé-altro.

Anche studi effettuati con la Risonanza Magnetica (MRI) dimostrano una disfunzione

del sistema dei neuroni mirror nei ASD. In particolare, Dapretto e colleghi (2006)

hanno pubblicato uno studio nel quale hanno investigato l’attività del Sistema Nervoso

Centrale in soggetti con ASD utilizzando la Risonanza Magnetica funzionle (fRMI). Ai

partecipanti è stato chiesto di imitare e di osservare espressioni facciali di emozioni

nello scanner della fRMI. I soggetti con ASD non hanno mostrato modelli normali di

attività, ed in particolare non hanno mostrato un’attivazione significativa dell’area

cerebrale deputata a contenere i neuroni mirror. Inoltre, viene anche dimostrata una

correlazione tra riduzione nell’attività dei neuroni mirror e severità clinica dei singoli

soggetti autistici osservati: a una più grave compromissione corrisponde una più scarsa

attività cerebrale (Keller et al., 2011).

Non tutti gli studi, tuttavia, convergono nell’associare l'ASD a un deficit dei neuroni

mirror.

La maggior parte delle ricerche esposte sopra, sembrano indicare una compromissione

della porzione del sistema mirror deputata al riconoscimento delle finalità delle azioni

(Giro Frontale Inferiore). Tuttavia i pazienti con ASD hanno dimostrato di non avere

grosse difficoltà nel capire le finalità delle azioni che osservano, quando esse sono

semplici, e sembrano in grado di emulare (ovvero, raggiungere l’obiettivo di un’azione

osservata utilizzando un’azione diversa) (Oberman & Ramachandran, 2008).

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Colombi (2009) segnala in un gruppo di pazienti con ASD un eccesso piuttosto che una

riduzione di attività mirror. Infine anche Dinstein (2010) non rileva differenze

nell’attività cerebrale del sistema mirror tra controlli e pazienti autistici: entrambi i

gruppi sono stati sottoposti a test di verifica dell’attivazione delle aree dei neuroni

mirror per mezzo della fMRI, dove i soggetti hanno dovuto osservare passivamente dei

movimenti della mano in un esperimento ed eseguirli attivamente in un altro. I risultati

hanno mostrato che le risposte corticali dei due gruppi, sia durante l’osservazione che

l’esecuzione di movimenti è simile e che il sistema mirror dei soggetti con ASD non

solo risponde in modo intenso durante l’osservazione del movimento ma lo fa in modo

selettivo.

Infine, adulti con ASD riescono a rappresentare lo scopo dell’azione di un’altra persona

(Sebanz et al., 2005) e mostrano attivazioni neurali normali durante l’osservazione di

azioni dirette verso uno scopo.

L’insieme di questi studi dimostra come la teoria dei broken mirrors sia quanto meno

incompleta.

È vero infatti che i soggetti ASD hanno dei problemi in compiti imitativi e non solo, ma

si è osservato, anche, come in molte occasioni essi riescono a pareggiare (se non in

alcuni casi, addirittura, a superare) la prestazione offerta dai soggetti di controllo (Keller

etl., 2011).

Evidentemente la teoria va rivista e discussa.

2.4.2 Altri sistemi neuromotori disfunzionali

Come già affermato in precedenza, relativamente alle difficoltà motorie, le regioni

maggiormente studiate, oltre al sistema specchio, sono: il cervelletto, i gangli della base

e altre regioni cerebrali, che ad oggi sono ancora poco indagate.

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Da una punto di vista filogenetico, il cervelletto è una struttura nervosa molto antica e

probabilmente la prima che si è specializzata nella coordinazione dei movimenti motori

(Nicoletti & Borghi, 2007). Un importante studio di Mostofsky (2009) condotto con la

fMRI in un gruppo di bambini con ASD e in un gruppo di bambini con sviluppo tipico,

ha rilevato che alla base dei deficit motori dell'ASD potrebbe esserci una diversa

attivazione del cervelletto. Più precisamente, ai bambini partecipanti allo studio è stato

chiesto di eseguire una semplice attività motoria, ossia toccarsi le dita in sequenza

(toccare la punta del pollice con ciascun dito) ed è stato osservato che nei bambini con

sviluppo tipico l'attivazione del cervelletto, un'area del cervello coinvolta nell'attività

motoria automatica, aumenta, mentre nei bambini con ASD aumenta l'attività dell'area

motoria supplementare, una regione del cervello deputata al movimento volontario.

Questi risultati suggeriscono, quindi, che i bambini con ASD si basano su una

pianificazione motoria più consapevole poiché non sono in grado di fare affidamento sul

cervelletto per automatizzare le attività motorie.

Inoltre vengono segnalate anomalie anatomo-funzionali in altre strutture deputate al

controllo motorio come i gangli della base (Nayate et al., 2005) e in particolare del

nucleo caudato il cui aumento di volume potrebbe essere correlato con la presenza di

comportamenti ripetitivi e ritualistici degli individui autistici (Hollander et al., 2005).

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45

CAPITOLO 3 - Studio sperimentale

3.1 Obiettivo

Questo studio sperimentale ha come scopo quello di indagare, in bambini con ASD, la

capacità di coordinare i propri movimenti manuali di raggiungimento e prensione (reach

to grasp) con quelli dell’altro durante un’azione di gioco condiviso con l’esaminatore.

Le interazioni sociali motorie includono quelle azioni (joint actions) in cui due o più

persone coordinano i loro movimenti nello spazio e nel tempo per il raggiungimento di

un obiettivo comune (Sebanz, 2006). Il presupposto è che lo scopo dell’azione sia

condiviso, in maniera esplicita o implicita, dai partner.

Per la fluida e corretta esecuzione di tali azioni sono necessarie sia la capacità di

anticipare le conseguenze percettive del proprio ed altrui movimento ed integrare la

percezione con l’azione, che l’abilità di pianificazione del movimento stesso. Aspetti

dell’azione di "basso livello" (come le caratteristiche cinematiche del movimento

osservato) ed aspetti di "alto livello" (come la conoscenza a priori dello scopo

dell’azione e delle caratteristiche spaziali e temporali del movimento) sono in grado di

influire sulla capacità di coordinare il proprio movimento con un’accuratezza spazio-

temporale tale da stimare traiettoria e durata del movimento (Huber et al, 2013).

Sulla base di ciò, l'ipotesi sperimentale di partenza è che ci sia una differenza nella

prestazione di un gruppo di bambini con ASD rispetto ad un gruppo di controllo di

bambini di pari età con sviluppo tipico (Typical Development - TD) durante

l’esecuzione di azioni che richiedono di coordinare il proprio movimento con l’altro, in

particolare che i bambini con ASD abbiano performance peggiori in termini di velocità,

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accuratezza e coordinazione del movimento. Tale differenza, inoltre, dovrebbe

aumentare quando le difficoltà di controllo predittivo aumentano, in particolare quando

il soggetto dispone di minori informazioni a priori sulle caratteristiche spaziali

dell’azione e in contesti sociali di tipo competitivo, rispetto a quelli di tipo cooperativo,

in cui è necessario un rapido processamento dell’informazione anche sul piano

temporale. È noto, infatti, che l’azione vari a seconda del contesto sociale in cui si attua.

Le intenzioni a priori dell’agente modulano la capacità di pianificazione ed esecuzione

delle azioni suggerendo l'esistenza di pattern motori che riflettano l'intenzione di agire

in differenti contesti sociali (Georgiou et al., 2007).

3.2 Metodologia

3.2.1 Disegno

Allo scopo di indagare l'ipotesi di ricerca, il paradigma sperimentale prevede una

variabile indipendente non manipolata con due livelli (gruppo sperimentale ASD vs

gruppo di controllo TD) e la manipolazione di due variabili indipendenti, ognuna con

due livelli, alle quali sono sottoposti entrambi i gruppi di soggetti (ASD e TD):

la conoscenza a priori delle caratteristiche spaziali del movimento (direzione),

direzione nota (DN) rispetto a direzione non nota (DNN);

il tipo di contesto sociale in cui avviene il compito sperimentale, contesto

cooperativo (Coop) rispetto a contesto competitivo (Comp).

3.2.2 Partecipanti

A questo esperimento ha preso parte un gruppo di undici bambini con ASD, dieci

maschi e una femmina, con un'età media di 7,82 anni DS=1,37 (range 6 - 10 anni),

alcuni afferiti all'U.O.3 dell'Istituto Scientifico Stella Maris nella sezione dedicata ai

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Disturbi dello Spettro Autistico, altri che effettuano trattamento riabilitativo presso

l’U.O.4 di riabilitazione del medesimo istituto. I criteri di inclusione utilizzati sono la

diagnosi di ASD secondo i criteri diagnostici del DSM-5 e un Quoziente Intellettivo di

Performance (QIP) maggiore di 80. Tutti i bambini testati possiedono un linguaggio di

almeno frasi semplici. Tutti i bambini sono destrimani. Inoltre, i soggetti non presentano

evidenti e definite anomalie neurologiche o deficit di tipo uditivo o visivo.

La diagnosi di ASD è stata confermata dalla presenza di punteggi clinici al test Autism

Diagnostic Observation Schedule (ADOS). Sette bambini hanno ricevuto una

classificazione ADOS di "spettro autistico" e quattro bambini di "autismo".

Per quanto riguarda il Quoziente Intellettivo, per tutti i bambini è stato utilizzato un

punteggio che corrisponde al QIP. Sono state somministrate delle scale diverse per il

calcolo del QIP a seconda dell'età e della gravità del bambino. Per un bambino è stato

utilizzato il test Coloured Progressive Matrices (CPM), a due bambini è stata

somministrata la Leiter-R, a quattro la Wechsler Preschool and Primary Scale of

Intelligence-III (WPPSI-III) e infine a quattro bambini è stata somministrata la

Wechsler Intelligence Scale for Children-IV (WISC-IV).

Inoltre, a tutti i bambini è stato somministrato il questionario Child Behaviour Check

List (CBCL) per la valutazione del comportamento, in particolare per verificare la

presenza eventuale di problemi di attenzione/iperattività (T score > 65), spesso associati

all'ASD (Matson & Cervantes, 2014) (Tabella 2).

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Tabella 2.

Descrizione clinica del campione sperimentale. Gruppo di soggetti con ASD, suddivisi

per Età (anni), QI non verbale, Classificazione ADOS e T Score della sottoscala

"attenzione/iperattività" della CBCL.

E' stato poi selezionato un campione di controllo di undici bambini destrimani con una

storia di sviluppo tipico (TD). Il campione comprende nove maschi e due femmine, con

un'età media di 7,66 anni DS=0,72 (range 6 - 9 anni). A tutti questi bambini è stato

somministrato il test di screening Social Communication Questionnarie (SCQ) che va

ad indagare le aree relative all'interazione sociale, alla comunicazione e ai

comportamenti ripetitivi e stereotipati, in modo da escludere l'eventuale presenza di

anomalie compatibili con l'ASD (cut off > 15).

Nessuno di questi bambini ha ricevuto al test un punteggio clinico (Tabella 3).

Soggetto Gruppo Età QI non verbale Classificazione ADOS T score att/iper

1 ASD 9 81 spettro autistico 66-B*

2 ASD 8 116 autismo 83-C**

3 ASD 7 97 spettro autistico 52

4 ASD 8 94 autismo 81-C**

5 ASD 6 93 spettro autistico 57

6 ASD 7 87 spettro autistico 52

7 ASD 8 104 spettro autistico 57

8 ASD 10 100 autismo 53

9 ASD 9 124 autismo 76-C**

10 ASD 6 96 spettro autistico 51

11 ASD 7 112 spettro autistico 63

MEDIA 7,82

DEV.ST. 1,37

* B = Borderline clinical range;

**C = Clinical range

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Tabella 3.

Descrizione clinica del campione di controllo. Gruppo di soggetti con TD, suddivisi per Età

(anni) e Punteggio totale SCQ.

3.2.3 Procedura e set-up sperimentale

Il protocollo sperimentale è stato approvato dal comitato etico della Fondazione Stella Maris e

condotto in accordo con gli standard etici della Dichiarazione di Helsinki (1964). I genitori di

tutti i partecipanti hanno fornito il loro consenso informato, dopo aver ricevuto informazioni

adeguate e una spiegazione esaustiva relativa alle procedure previste nello studio.

Uno dei genitori dei bambini partecipanti allo studio è stato invitato ad assistere alla sessione

e a richiedere di interromperla in caso avesse notato segnali di disagio nel figlio.

Inoltre, per evitare eventuali effetti legati ad una difficoltà di comprensione e di condivisione

dell’obiettivo comune dell’azione, lo scopo dell’azione è stato esplicitato dall’esaminatore al

bambino prima del compito assicurandosi, con alcuni trial di prova, che avesse compreso

esattamente la consegna.

Soggetto Gruppo Età Punteggio Tot SCQ

1 TD 7 0

2 TD 8 0

3 TD 8 0

4 TD 9 2

5 TD 8 2

6 TD 8 2

7 TD 8 7

8 TD 6 2

9 TD 8 3

10 TD 7 4

11 TD 8 2

MEDIA 7,66

DEV.ST. 0,72

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Il set-up sperimentale prevede l’ausilio di una tabellone bianco (Figura 1) posato con del

nastro adesivo su un tavolino (in modo da non essere spostabile). I bambini si siedono al

tavolino di fronte all’esaminatore.

Sul tabellone è disegnato un rettangolo di colore rosso che segna la posizione iniziale della

mano del bambino utilizzata per l'esecuzione del compito (la destra), un cerchio di colore blu

che segna la posizione di partenza dell’esaminatore e due cerchi collocati al centro del

tabellone ad una distanza di 30 cm dal punto di partenza del bambino e 37 cm

dall’esaminatore e ad una distanza di 15 cm tra di loro.

Figura 1.

Tabellone relativo al set-up sperimentale.

Prima dell'inizio dell’esperimento, il bambino viene invitato ad indossare al polso della mano

destra un sensore inerziale wireless (accelerometro), presentatogli come un braccialetto

"speciale" segnapunti, che gli consentirà di registrare i punti per il gioco che si va a fare, allo

scopo di ottenere un suo maggiore coinvolgimento. Anche l'esaminatore indossa il suo

accelerometro al fine di sincronizzare i movimenti dei due partner di gioco.

Il sensore inerziale utilizzato è un sensore wireless lanciato dalla Realtime Technologies Ltd,

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sviluppato sulla piattaforma SHIMMER (Sensing Health with Intelligente Modularity,

Mobility and Experimental Reusability).

L’esperimento viene, inoltre, videoregistrato da una videocamera digitale (videocamera 15

frame per sec.), posizionata nell'angolo della stanza, allo scopo di poter valutare il

comportamento del bambino durante la sessione e osservare, quindi, la corretta partenza del

bambino e dell’esaminatore ed individuare eventuali false partenze o movimenti non validi

per l’analisi successiva.

L'esperimento è suddiviso in tre compiti sperimentali differenti di crescente complessità. I tre

compiti sperimentali sono proposti nello stesso ordine a tutti i bambini partecipanti e

presentati sotto forma di un gioco in cui ambedue i giocatori devono collaborare per

raggiungere un obiettivo comune.

Task 1. L’esaminatore mostra al bambino due gettoni, l'uno raffigurante un'immagine di

banane e l’altro un'immagine di taccole, ed un contenitore verde su cui è disegnata una

scimmietta.

Pone i due gettoni nei rispettivi cerchi al centro del tabellone (banane a destra e taccole a

sinistra del bambino), facendoli aderire con del nastro, e ci pone sopra dei piccoli sassolini

profumati (utilizzati come cibo).

Dopodiché l'esaminatore chiede al bambino se è disponibile ad aiutarlo a dare da mangiare

alla scimmietta affamata ponendo i sassolini/cibo dentro il contenitore/scimmietta. Prima di

procedere, l’esaminatore si assicura che il bambino sappia cosa preferisce mangiare la

scimmia (banane).

L’esaminatore invita il bambino ad inserire il sassolino/cibo nel contenitore/scimmietta

quando questo si troverà vicino al gettone. A questo punto l’esaminatore chiede al bambino di

porre la mano sulla posizione di partenza, di mettere l’altra mano sotto al tavolo sulle gambe

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e, partendo dalla posizione di partenza collocata sul tabellone di fronte a lui, muove il

contenitore/scimmietta facendolo strisciare sul tavolo fino al centro dello stesso fermandosi in

prossimità del gettone raffigurante banane e, dopo aver aspettato che il bambino collochi il

sassolino all’interno del contenitore, torna in posizione di partenza.

L'esaminatore chiede anche al bambino di tornare al punto di partenza.

Nel frattempo, un secondo sperimentatore che assiste al gioco in silenzio colloca un

nuovo sassolino sul gettone/banane e l’esaminatore ripete il movimento per 8 volte.

Prima di iniziare il movimento l’esaminatore si assicura che il bambino stia guardando.

La presenza di un secondo esaminatore è ritenuta utile per evitare che i differenti

movimenti dell’esaminatore interferiscano con la registrazione dell’accelerometro.

Prima di iniziare, l’esaminatore propone al bambino due movimenti di prova per

assicurarsi che questi abbia compreso il compito.

Task 2. Dopo i primi 10 movimenti (task 1) l’esaminatore sostituisce il gettone/taccole

con un secondo gettone/banane e chiede al bambino di continuare ad aiutarlo a dare da

mangiare anche se non sa quale delle due banane la scimmietta preferisce. Seguono altri

8 movimenti analoghi al precedente task preceduti sempre da due di prova in una

sequenza pseudo-randomizzata (uguale per tutti i bambini).

Task 3. A questo punto, dopo aver fatto riposare alcuni minuti il bambino, l’esaminatore

gli propone un terzo gioco. Questa volta l'esaminatore avrà in mano un contenitore con

il disegno di un orso "furbo e dispettoso" che vuole mangiare le banane destinate alla

scimmietta. In questo caso, il compito del bambino è quello di prendere il sassolino/cibo

prima che il contenitore/orso sia giunto in prossimità delle banane (come nel secondo

task, ambedue i gettoni raffigurano banane) ed inserirlo nel contenitore/scimmietta

posizionato accanto a lui. Anche in questo terzo task l’esaminatore esegue 8 movimenti

preceduti da due di prova.

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53

I tre compiti che costituiscono il paradigma sperimentale permettono di valutare la

capacità dei bambini di coordinare il proprio movimento in tre differenti condizioni:

Task 1: Compito cooperativo – direzione nota (Coop/DN):

il bambino conosce a priori la direzione finale del movimento e la

posizione del target da raggiungere.

Task 2: Compito cooperativo – direzione non nota (Coop/DNN):

il bambino non sa a priori dove l’esaminatore dirigerà il

contenitore/scimmietta. In questa condizione, è possibile valutare la

capacità del bambino di anticipare la direzione del movimento

dell'esaminatore in assenza di feedback di "alto livello".

Task 3: Compito competitivo – direzione non nota (Comp/DNN):

il bambino non sa a priori dove l’esaminatore dirigerà il

contenitore/orso. Al bambino, quindi, viene richiesto non solo di

coordinarsi con il movimento dell'esaminatore, prevedendo la sua

direzione, ma anche la sua velocità, in modo da riuscire a raggiungere il

sassolino/banana prima dell’esaminatore.

Lo sperimentatore che ha partecipato al gioco è stato sempre lo stesso con tutti i

bambini tranne in due casi (non ci sono differenze significative tra i valori di durata del

movimento dei due sperimentatori p > 0.05).

3.2.4 Strumenti e Variabili

Gli strumenti di valutazione che sono stati utilizzati per la costituzione del campione

sperimentale (gruppo ASD) sono:

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• Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS)

L' Autism Diagnostic Observation Schedule è considerato oggi lo strumento "gold

standard" per la diagnosi di ASD (Lord et al., 2000). Si tratta di una valutazione

standardizzata e semi-strutturata per ottenere informazioni circa lo sviluppo delle

competenze comunicative, sociali, di gioco e la presenza dei comportamenti ripetitivi e

stereotipati. Nel corso del test si crea un contesto valutativo interattivo adatto a generare

situazioni che forniscono stimoli sul piano sociale, sia attraverso il gioco che attraverso

gli scambi verbali. La versione che è stata utilizzata fino all'entrata del nuovo DSM-5 è

l' Autism Diagnostic Observation Schedule Generic (ADOS-G), composta da 4 moduli,

ognuno appropriato ai diversi livelli di sviluppo e di linguaggio, per cui essa può essere

adoperata sia con soggetti che non fanno uso di linguaggio sia con individui che

posseggono un linguaggio fluente:

Modulo 1, composto da dieci attività di gioco, serve per valutare soggetti

preverbali o che utilizzano singole parole e/o frasi semplici;

Modulo 2, suddiviso in quattordici attività di gioco di cui molte sovrapponibili al

Modulo 1, è riservato ai bambini che presentano un linguaggio maggiormente

strutturato (frasi flessibili di almeno tre parole incluso un verbo);

Modulo 3, prevede tredici attività, è riservato a bambini e adolescenti che

presentano un linguaggio fluente (utilizzo di frasi che prevedono la presenza di

clausole grammaticali come articoli, preposizioni che permettono di attribuire un

senso logico alla frase stessa);

Modulo 4, consiste in quindici attività, è rivolto ad adolescenti e adulti con

linguaggio fluente.

Ciò che differenzia i Moduli 3 e 4 dai Moduli 1 e 2 risiede nel modo in cui vengono

desunte le informazioni relative alle abilità sociali e comunicative degli individui.

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Nei Moduli 3 e 4 si fa ricorso ad attività conversazionali, evitando ogni possibile

imbarazzo a cui potrebbero essere esposti adolescenti e adulti trovandosi dinanzi ad

attività che prevedono l'utilizzazione di giocattoli adatti a bambini piccoli. Nei Moduli 1

e 2 si ricorre meno all'uso del linguaggio e si riserva più spazio alle attività di gioco.

Il tempo di somministrazione è di circa 30-45 minuti. Le attività da somministrare in

ciascun modulo sono predeterminate e standardizzate, tuttavia è possibile una certa

flessibilità: nell’ordine con cui si presentano le diverse attività, nel ritmo della

somministrazione e nella possibilità di utilizzare materiali tratti da altri moduli.

L’esaminatore sceglie il modulo più appropriato al soggetto in base a livello di sviluppo

linguistico, età cronologica e pertinenza delle prove e delle domande alla sua attuale

situazione scolastica e di vita.

Lo scoring dei moduli avviene quando la sessione osservativa (ludica o verbale) è stata

ultimata. Durante la sua somministrazione, infatti, il clinico prende unicamente nota

delle modalità con cui i singoli individui portano a termine i compiti proposti. I

punteggi vengono attribuiti secondo una gradazione da 0 (normalità) a 3 a seconda del

grado di compromissione presentato dal bambino ad item di specifiche categorie

(Linguaggio e comunicazione, Interazione sociale reciproca, Gioco, Comportamenti

stereotipati, Altri comportamenti anormali). Ogni singolo Modulo dell'ADOS-G

prevede un algoritmo diagnostico che permette di identificare, sulla base di precisi cut-

off, i soggetti con disturbo autistico, quelli con disturbo dello spettro autistico e soggetti

senza spettro, sulla base dell'area della comunicazione e dell'interazione sociale.

Al fine di migliorare la sensibilità dell'ADOS-G e soprattutto con l'obiettivo di allineare

questo strumento ai criteri diagnostici del DSM-5, nel 2013 è stata messa a punto

l'Autism Diagnostic Observation Schedule-Second Edition (ADOS-2). La differenza

principale dell'ADOS-2 rispetto all'ADOS-G è l'inclusione nell'algoritmo diagnostico

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dei sintomi dell'area dei Comportamenti ristretti e ripetitivi la cui presenza nel DSM-V è

diventata un'area necessaria per la diagnosi di ASD.

Oltre a ciò, nell'ADOS-2 è previsto il modulo Toddler specifico per i bambini a partire

dai 12 mesi di età.

In questo studio, per quattro bambini è stata considerata la diagnosi ottenuta con

l'ADOS-G, per i restanti sette quella dell'ADOS-2.

• Assessment psicometrico

La valutazione delle abilità cognitive è stata effettuata mediante i seguenti strumenti di

assessment psicometrico:

- Leiter-R (Roid & Miller, 1997): si tratta di un test che fornisce una misura generale

dell’intelligenza non verbale basata su concetti astratti e progettata per la valutazione di

una gamma di funzioni in modo indipendente dalla cultura. Il Quoziente Intellettivo che

se ne ricava è un quoziente di deviazione.

- Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence (WPPSI-III): si tratta di una

batteria di subtests per la valutazione standardizzata del Quoziente Intellettivo. Si

utilizza nei bambini di età cronologica compresa tra i quattro e i sei anni e mezzo e

fornisce una misura del quoziente di deviazione delle abilità cognitive verbali (QIV), di

performance (QIP) e totali (QIT).

- Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC-IV): è lo strumento clinico per

eccellenza somministrato individualmente, per valutare le capacità cognitive dei

bambini di età compresa tra i sei anni e i sedici anni e undici mesi. Si possono calcolare

cinque punteggi compositi: un Quoziente Intellettivo Totale (QIT) per rappresentare le

capacità cognitive complesse del bambino, e quattro punteggi aggiuntivi: l'Indice di

Comprensione Verbale (ICV), l'Indice di Ragionamento Percettivo (IRP), l'Indice di

Memoria di Lavoro (IML), l'Indice di Velocità di Elaborazione (IVE).

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57

- Coloured Progressive Matrices (CPM): misurano l’intelligenza non verbale durante

tutto l’arco dello sviluppo intellettivo, dall’infanzia alla maturità, indipendentemente dal

livello culturale; costituiscono uno degli strumenti più utilizzati per la misurazione

dell’intelligenza “fluida” e richiedono di analizzare, costruire e integrare fra loro una

serie di concetti, in modo diretto, senza ricorrere a sottoscale o sommatorie di fattori

secondari.

Nello studio, la scelta dello strumento di assessment psicometrico per ciascun

partecipante è stata fatta in relazione alle caratteristiche dell’individuo tra cui il grado di

collaborazione e il livello di sviluppo delle abilità linguistiche. Per tutti i partecipanti

che hanno completato l’assessment cognitivo è stata acquisita una misura di

performance cognitiva non verbale.

• Child Behavior CheckList (CBCL)

Tra gli strumenti attualmente in uso per la valutazione del comportamento del bambino

la Child Behavior Check List è senz'altro quello più utilizzato negli studi epidemiologici

in ambito internazionale (Bird et al., 1987; Koot & Verhulst, 1991; Bird & Gould, 1995;

Rescorla, 2005). Questa checklist costituisce uno strumento economico da

somministrare che ha mostrato ottime proprietà psicometriche: affidabilità tra

somministrazioni ripetute, stabilità nel tempo, validità (Tancredi et al., 2000; 2002;

Igliozzi et al., 2007). E' uno strumento empirico di valutazione, di tipo parent report-

form utilizzato per lo studio del comportamento. Ne esistono di diverse forme (infanzia,

adolescenza, età adulta). In questo caso si fa riferimento alla Child Behavior Checklist

for Ages 6/18 (CBCL 6-18) (Achenbach, 2001) e la Child Behavior Checklist for Ages

1.5-5 (CBCL 1.5-5) (Achenbach & Rescorla, 2000).

E' costituita da una serie di item che riguardano diverse aree comportamentali del

bambino; nel rispondere a questi item i genitori devono tenere conto dello stato attuale e

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di quello relativo agli ultimi due mesi di vita di loro figlio. Inoltre devono valutare ogni

singolo item secondo l'intensità e la frequenza che meglio descrive il bambino (il

punteggio 0 si attribuisce quando l'item non è vero; 1 in parte vero; 2 molto vero).

Lo scoring del questionario fornisce i seguenti profili:

1. le scale principali:

- disturbi internalizzanti (come disturbi d'ansia; disturbi dell'umore)

- disturbi esternalizzanti (come disturbo aggressivo; ADHD)

- disturbi totali

2. le scale sindromiche:

- reattività emozionale

- ansioso/depresso

- lamentele somatiche

- ritiro sociale

- problemi del sonno

- problemi di attenzione/iperattività

- comportamento aggressivo o dirompente

3. le scale delle competenze:

- attività

-socialità

-scuola

I profili sono molto semplici da leggere e consentono di stabilire immediatamente se i

punteggi si trovano in un range normale, borderline (zona di confine tra normalità e

patologia) o clinico.

In questo studio a tutti i bambini è stata somministrata la CBCL 6-18, ad eccezione di

un bambino a cui è stata somministrata la CBCL 1.5-5.

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Lo strumento di valutazione che è stato somministrato al campione di controllo (gruppo

TD) è:

• Social Communication Questionnaire (SCQ)

Il Social Communication Questionnarie è stato sviluppato da Berument e colleghi

(1999), con l'obiettivo di identificare bambini con ASD. Di questo strumento ne

esistono due versioni:

una adatta a bambini al di sotto dei sei anni;

una adatta a bambini di età superiore ai sei anni.

Le aree che gli item del SCQ si prefiggono di studiare sono relative all'interazione

sociale, alla comunicazione e ai comportamenti ripetitivi e stereotipati. Gli item

contemplati sono quaranta e non richiedono il supporto di una figura specializzata: di

questi, trentasette derivano dall'Autism Diagnostic Interview-Revised (ADI-R, strumento

per la diagnosi), mentre i restanti tre fanno riferimento a livello generale del linguaggio,

risposta alla voce, comportamenti di tipo autoaggressivo. Le risposte possibili

attribuibili ai singoli item sono 0 e 1 sulla base, rispettivamente, dell'assenza o presenza

del comportamento indagato. Sulla base della risposta che i genitori forniscono al primo

item, relativo al linguaggio, si hanno due diverse modalità di prosecuzione del

questionario. Infatti, se il genitore segnala che il figlio è non-verbale, non vengono presi

in considerazione gli item dal due all'otto. Seguendo questa regola, il punteggio

massimo che si può ottenere è di 39 per i bambini verbali e di 32 per i non verbali.

Una volta calcolato il punteggio totale, un cut-off > 15 indica la possibile presenza di

ASD (Berument et al., 1999). Un punteggio di 22 o più è indicativo di ASD (Conners,

2001).

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60

Le variabili dipendenti selezionate per gli obiettivi dello studio sono state:

Tempo di reazione (TR) del bambino: calcolato come la latenza in millisecondi

tra l’inizio del movimento dell’esaminatore e l’inizio del movimento del

bambino;

Coefficiente di variazione del TR (TR-COV): indicativo della variabilità di

preparazione al movimento e calcolato dividendo la DS/M;

Durata del movimento del bambino (TMb): ottenuta come la differenza tra

tempo alla fine del movimento e tempo all’inizio del movimento;

Inizio del movimento del bambino in funzione della percentuale del movimento

dell’esaminatore (TMe%): indica in quale momento del movimento

dell’esaminatore, in percentuale sul tempo totale, il bambino inizia il suo

movimento e viene calcolato TR bambino/TMe*100;

Picco di accelerazione (Pacc) del movimento del bambino;

Tempo al picco (TPacc): indica il valore di tempo relativo al picco di

accelerazione ed è stato normalizzato come una percentuale della durata del

movimento (valore relativo);

Sincronia del reaching (SR(abs)): il valore assoluto della differenza temporale

tra la fine del movimento dei due partner (solo per i primi due task);

Accuratezza: calcolata come la percentuale di errori commessi da ciascun

bambino (per ciascuno dei tre task).

Queste variabili forniscono informazioni sulle capacità di controllo motorio dei bambini

nelle tre differenti condizioni sperimentali.

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61

3.2.5 Analisi video e analisi accelerometrica

Preliminarmente sono stati selezionati, attraverso l’analisi video, i trial corretti ed è stato

conteggiato il numero di movimenti che non sono stati eseguiti in accordo con le

istruzioni del compito e che hanno presentato i seguenti errori: false partenze (quando il

bambino inizia il movimento prima dell’inizio di quello dell’esaminatore), errori di lato

(quando il bambino esegue il movimento dal lato opposto a quello dell’esaminatore),

errori di presa (eventuali errori o riposizionamenti della mano al contatto con l’oggetto

da afferrare), errori di azione (solo per il task 3 quando il bambino inserisce il cibo nel

contenitore/orso dell’esaminatore e non nel contenitore/scimmietta posto accanto a lui).

Allo scopo di ottenere, per ciascun bambino, un numero indicativo dell’accuratezza,

tutti gli errori sono stati sommati ed è stata calcolata per ciascun bambino la percentuale

di trial non corretti sul totale dei trial eseguiti per ciascun task (n=8).

Dall’analisi successiva sono stati esclusi i trial in cui il bambino non ha guardato

l’esaminatore quando questi ha iniziato il movimento (n=4 1,5% in ASD; n=2 0,7% in

TD), i trial in cui è stata rilevata dall’analisi una falsa partenza (n=5 1,9% in ASD; n=7

2,6% in TD) e i trial in cui il bambino ha commesso errori di lato (n=13 4,9% in ASD;

n=6 2,3% in TD). Sono inoltre stati esclusi dall’analisi altri trial per errori differenti

(dell’esaminatore, uso della mano senza accelerometro, errori video) (n=14 5% in ASD;

n=11 4% in TD). In totale sono stati esclusi dall’analisi 46 movimenti in ASD (17,4%)

e 26 in TD (9,8 %). Sono state, inoltre, conteggiate tutte le false partenze rilevate

durante l’esecuzione delle prove dall’esaminatore che ha quindi ripetuto il movimento

(n=40 in ASD; n=14 in TD).

I dati degli accelerometri sono stati acquisiti tramite un software sviluppato presso

l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa che ha registrato i dati trasmessi via

Bluetooth dal sensore posizionato sul polso del bambino e dell’esaminatore.

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62

I dati grezzi ottenuti relativi ai valori di accelerazione registrati sull’asse X e campionati

con una frequenza di 100 Hz, sono stati ulteriormente filtrati con un filtro di

Butterworth del primo ordine passa-basso con frequenza di taglio a 4 Hz. Ciò allo scopo

di eliminare il rumore ed estrarre in maniera più accurata i dati relativi alle variabili di

interesse.

Per ciascuno dei movimenti inclusi nell’analisi è stata selezionata, con analisi video

frame by frame ed accelerometrica, la fase di reaching, ossia la parte di movimento (del

bambino e dell’esaminatore) dalla posizione di partenza al primo contatto con il

sassolino/cibo (per il bambino) o al raggiungimento del gettone centrale (per

l'esaminatore).

Per ciascuno di questi segmenti di movimento sono stati identificati 4 markers

temporali necessari per il calcolo delle variabili dipendenti, oggetto di studio:

inizio del movimento dell’esaminatore;

fine del movimento dell' esaminatore;

inizio del movimento del bambino;

fine del movimento del bambino.

3.2.6 Analisi statistica

Per ciascuna variabile dipedente quantitativa (TMb, Pacc, TPacc, TR, TR-COV,

Accuratezza, TMe%, SR) è stata calcolata la media individuale in ciascuna delle tre

condizioni sperimentali.

Per ciascuna di queste variabili, i valori medi di ciascun soggetto sono stati confrontati

con la media del gruppo. In tal modo è stato individuato un soggetto ASD outlier i cui

valori della durata del movimento (TMb) e del tempo di reazione (TR) sono inferiori a

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63

2DS rispetto al gruppo di appartenenza. I dati di questo soggetto sono stati esclusi

dall’analisi successiva.

Il campione su cui sono state effettuate le analisi successive includono, pertanto, dieci

bambini ASD ed undici bambini TD.

Per quanto riguarda l’accuratezza, è stata calcolata, per ciascun bambino, la percentuale

di errore (numero di movimenti non corretti/numero di movimenti eseguiti) in ciascuna

delle tre condizioni sperimentali.

Poiché le variabili dipendenti non presentano una distribuzione normale sono stati

utilizzati dei test statistici non parametrici allo scopo di testare le ipotesi di ricerca.

In particolare, per valutare eventuali differenze tra il gruppo sperimentale e quello di

controllo (ASD vs TD) nelle tre condizioni sperimentali di crescente complessità, task 1

(compito cooperativo - Coop/direzione nota - DN), task 2 (compito cooperativo - Coop/

direzione non nota - DNN) e task 3 (compito competitivo - Comp/direzione non nota -

DNN), è stato effettuato il test "U" di Mann-Whitney, test non parametrico per due

campioni indipendenti.

Per valutare l’effetto legato alla complessità predittiva del compito sulle variabili

esaminate è stato effettuato, per ciascun gruppo sperimentale, il test non parametrico di

Friedman per K campioni correlati. Nei casi in cui il test di Friedman abbia restituito un

p-value < 0.05, sono state effettuati confronti mirati a testare le ipotesi di ricerca.

In particolare, sono stati effettuati confronti tra task 1 e task 2 per valutare l’effetto della

complessità spaziale e confronti tra task 2 e task 3 per valutare l’effetto della

complessità temporale. In questa analisi è stato impiegato il test non parametrico di

Wilcoxon per due campioni appaiati.

L’analisi statistica è stata effettuata con il software IBM-SPSS e la significatività posta

a p < 0.05.

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64

3.3 Risultati

3.3.1 Confronto tra il gruppo ASD e il gruppo TD

Nel task 1 è stato rilevato dall’analisi statistica che i due gruppi si differenziano solo per

la variabilità dei tempi di reazione (TR-COV) che risulta significativamente maggiore

nel gruppo ASD (Tabella 4).

Tabella 4.

Task 1: compito cooperativo – direzione nota (Coop/DN). Confronto tra i due gruppi (ASD vs

TD). Test "U" di Mann-Withney.

Nel task 2, in cui il livello di complessità aumenta, si evidenziano differenze

significative tra i due gruppi, oltre che nella variabilità del tempo di reazione (TR-

COV), anche nella durata del movimento (TMb) che appare significativamente

maggiore in ASD, nell’accuratezza in cui il numero di errori è maggiore in gruppo ASD

e nell’asincronia (SR) tra il movimento di reaching dei due che è maggiore in ASD

(Tabella 5).

Task 1: Coop/DN"U" di Mann-Withney

ASD TD p-value

Variabili

TMb 741,21 ± 129,26 644,02 ± 119,19 n.s.

Pacc 2190,49 ± 112,07 2170,39 ± 95,93 n.s.

Tpacc 48,55 ± 19,84 46,34 ± 11,98 n.s.

TR 680,84 ± 237,23 559,02 ± 142,83 n.s.

TR-COV 0,36 ± 0,08 0,23 ± 0,09 0.005*

Accuratezza (err%) 5,00 ± 12,08 6,25 ± 5,51 n.s.

TMe % 85,28 ± 29,34 77,73 ± 14,24 n.s.

SR 610,14 ± 321,85 478,77 ± 162,39 n.s.

* p < 0.05

M ± DS

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Tabella 5.

Task 2: compito cooperativo –direzione non nota (Coop/DNN). Confronto tra i due gruppi (ASD

vs TD). Test "U" di Mann-Withney.

Nel task 3, in cui il movimento viene eseguito in un contesto competitivo, osserviamo

che il movimento dei bambini con ASD non si differenzia molto da quello del gruppo

TD. Differenze significative si osservano soltanto nel tempo di reazione (TR) e nell’

inizio del movimento del bambino in funzione della percentuale del movimento

dell’esaminatore (TMe %) che appaiono aumentati in ASD (Tabella 6).

"U" di Mann-Withney

ASD TD p-value

Variabili

TMb 753,61 ± 112,84 630,65 ± 104,92 0.024*

Pacc 2140,52 ± 73,68 2143,88 ± 64,29 n.s.

Tpacc 44,29 ±14,47 38,75 ± 11,27 n.s.

TR 702,10 ±169,73 562,52 ± 144,89 n.s.

TR-COV 0,29 ± 0,13 0,16 ± 0,04 0.005*

Accuratezza (err%) 16,25 ± 7,51 2,27 ± 5,06 0.024*

TMe % 92,88 ± 31,99 72,33 ± 9,26 n.s.

SR 665,88 ± 266,02 416,82 ± 147,41 0.024*

* p < 0.05

Task 2: Coop/DNN

M ± DS

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Tabella 6.

Task 3: compito competitivo – direzione non nota (Comp/DNN). Confronto tra i due gruppi (ASD

vs TD). Test "U" di Mann-Withney.

3.3.2 Effetto del task nel gruppo ASD

Dal confronto tra i tre task nel gruppo ASD emergono differenze significative nelle

seguenti variabili: durata del movimento (TMb) e tempo di reazione (TR).

Per individuare quali task determinano le differenze significative sono stati confrontati

due a due.

Le differenze si evidenziano nel task 3 rispetto al task 2 in cui sia la durata di

movimento (TMb) che i tempi di reazione (TR) mostrano valori ridotti come effetto del

contesto sociale (Tabella 7).

"U" di Mann-Withney

ASD TD p-value

Variabili

TMb 594,90 ± 167,04 479,32 ± 121,59 n.s.

Pacc 2210,14 ± 176,15 2239,97 ± 81,47 n.s.

Tpacc 50,14 ± 18,03 48,29 ± 16,22 n.s.

TR 462,80 ± 149,60 327,01 ± 96,83 0.025*

TR-COV 0,33 ± 0,18 0,27 ± 0,08 n.s.

Accuratezza (err%) 15,28 ± 10,42 9,09 ± 11,31 n.s.

TMe % 73,09 ± 18,03 55,06 ± 19,12 0.046*

* p < 0.05

M ± DS

Task 3: Comp/DNN

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67

Tabella 7.

Effetto del task nel gruppo ASD. Test di Friedman e Test di Wilcoxon.

3.3.3 Effetto del task nel gruppo TD

Nel gruppo TD sono state evidenziate differenze significative nelle seguenti variabili:

durata del movimento (TMb), picco di accelerazione (Pacc), tempo di reazione (TR),

variabilità nel tempo di preparazione al movimento (TR-COV), inizio del movimento

del bambino in funzione della percentuale del movimento dell’esaminatore (TMe %).

Come per il gruppo ASD, anche in TD sono stati confrontati i task due a due per

evidenziare quali determinano le differenze significative.

La differenza significativa che si evidenzia nel confronto tra task 1 e task 2 riguarda il

coefficiente di variabilità del tempo di reazione (TR-COV). Tale differenza significativa

permane nel confronto tra task 2 e task 3 in cui anche tutte le altre variabili sopracitate

mostrano valori ridotti in maniera significativa come effetto del contesto sociale

(Tabella 8).

ASD

Friedman

task 1 task 2 task 3 task 1 vs task 2 task 2 vs task 3

p-value p-value p-value

Variabili

TMb 741,21 ± 129,26 753,61 ± 112,84 594,90 ± 167,04 0.016* n.s. 0.008

*

Pacc 2190,49 ± 112,07 2140,52 ± 73,68 2210,14 ± 176,15 n.s. / /

Tpacc 48,55 ± 19,84 44,29 ±14,47 50,14 ± 18,03 n.s. / /

TR 680,84 ± 237,23 702,10 ±169,73 462,80 ± 149,60 0.001* n.s. 0.008

*

TR-COV 0,36 ± 0,08 0,29 ± 0,13 0,33 ± 0,18 n.s. / /

Accuratezza (err%) 5,00 ± 12,08 16,25 ± 7,51 15,28 ± 10,42 n.s. / /

TMe % 85,28 ± 29,34 92,88 ± 31,99 73,09 ± 18,03 n.s. / /

SR 610,14 ± 321,85 665,88 ± 266,02 / n.s. / /

* p < 0.05

M ± DS Wilcoxon

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68

Tabella 8.

Effetto del task nel gruppo TD. Test di Friedman e Test di Wilcoxon.

Grafici

Nei grafici sono riportati i valori medi di entrambi i gruppi (ASD e TD) per ciascuna

variabile dipendente (TMb; Pacc; TPacc; TR; TR-COV; Accuratezza (err%); TMe%;

SR) in ciascun task (task 1; task 2; task 3).

Il segno * indica la presenza di differenze significative.

TD

Friedman

task 1 task 2 task 3 task 1 vs task 2 task 2 vs task 3

p-value p-value p-value

Variabili

TMb 644,02 ± 119,19 630,65 ± 104,92 479,32 ± 121,59 0.001* n.s. 0.003

*

Pacc 2170,39 ± 95,93 2143,88 ± 64,29 2239,97 ± 81,47 0.012* n.s. 0.005

*

Tpacc 46,34 ± 11,98 38,75 ± 11,27 48,29 ± 16,22 n.s. / /

TR 559,02 ± 142,83 562,52 ± 144,89 327,01 ± 96,83 0.001* n.s. 0.003

*

TR-COV 0,23 ± 0,09 0,16 ± 0,04 0,27 ± 0,08 0.025* 0.002 0.008

*

Accuratezza (err%) 6,25 ± 5,51 2,27 ± 5,06 9,09 ± 11,31 n.s. / /

TMe % 77,73 ± 14,24 72,33 ± 9,26 55,06 ± 19,12 0.003* n.s. 0.008

*

SR 478,77 ± 162,39 416,82 ± 147,41 / n.s. / /

* p < 0.05

M ± DS Wilcoxon

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3.4 Discussioni

L'obiettivo di questo studio sperimentale è stato quello di valutare la capacità di

coordinare le proprie azioni in base alle azioni e/o intenzioni dell’altro in un gruppo di

bambini con ASD e in un gruppo di controllo formato da bambini con sviluppo tipico.

Volendo verificare l'ipotesi che le difficoltà nel movimento riscontrate nell'ASD siano

legate ad anomalie nel controllo predittivo dell'azione, con conseguente difficoltà a

coordinare i propri movimenti con un altro individuo durante una joint action, è stato

creato un paradigma sperimentale, suddiviso in tre task di complessità predittiva

crescente.

I risultati, complessivamente, forniscono una conferma del deficit di controllo

anticipatorio e di pianificazione delle azioni nei bambini con ASD, già evidenziato dalla

letteratura scientifica sull'argomento (Gonzales et al., 2013; Baio et al., 2009).

Le analisi statistiche, infatti, hanno evidenziato che vi sono alcune differenze

significative tra i due gruppi (gruppo ASD e gruppo TD) riguardo alle variabili del

movimento che sono state indagate.

Il primo dato, che è stato possibile individuare già nel task 1 (Coop/DN), un compito

sperimentale eseguito in un contesto cooperativo in cui la direzione finale del

movimento e la posizione del target da raggiungere sono note a priori al bambino, è

una differenza significativa nella variabilità del tempo di reazione (TR-COV), ossia la

variabilità di preparazione al movimento, che risulta essere maggiore nell'ASD rispetto

al gruppo TD. Questo dato suggerisce che vi sia una perturbazione della costanza dei

tempi di reazione nei bambini con ASD, associabile ad una scarsa prevedibilità delle

azioni motorie di questi bambini, che, come già evidenziato in studi precedenti (Dowd

et al., 2012; Papadopoulos et al., 2012), potrebbe riflettere processi di pianificazione del

movimento anomali. Glazebrook (2006) ha descritto la ridotta regolarità dei tempi di

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reazione come una difficoltà nel mantenimento di un pattern motorio costante nelle fasi

iniziali del movimento. L'autore ha attribuito tale risultato a difficoltà di controllo della

forza muscolare, che ha effetto principalmente sulle prime fasi del movimento ed è

probabilmente conseguenza di disturbi nella programmazione motoria (Glazebrook et

al., 2006).

Con la somministrazione del task 2 (Coop/DNN), la complessità del compito aumenta

poiché il bambino non conosce a priori la traiettoria spaziale del movimento

dell'esaminatore. In questo caso, si osserva che l'effetto iniziale che distingue il gruppo

ASD dal gruppo TD, che è la variabilità del tempo di reazione, permane ma si aggiunge

un aumento della durata del movimento (TMb), una maggiore asincronia nel

movimento di reaching tra i due partner e una minor accuratezza nel gruppo ASD,

rispetto al gruppo di controllo. Quindi, i bambini con ASD mostrano maggiori difficoltà

quando non conoscono a priori la traiettoria del movimento dell'altro. Infatti hanno un

movimento più lento e compiono un numero maggiore di errori. Ciò può essere

dimostrato dal fatto che questi bambini effettuano più false partenze (iniziano, cioè, il

loro movimento prima dell’inizio di quello dell’esaminatore) poiché credono di aver

compreso la direzione dell'altro mentre invece non è così, compiendo un maggior

numero di errori e ritardando, così, la fine del movimento. Ciò determina, di

conseguenza, una maggiore asincronia tra il loro movimento di reaching e quello

dell'esaminatore.

In letteratura è stato già evidenziato che i bambini affetti da ASD impiegano più tempo

per elaborare, eseguire e completare il movimento (Stoit et al., 2013; Glazebrook et al.,

2006) e mostrano una velocità inferiore durante l’esecuzione del movimento stesso

(Glazebrook et al., 2006).

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Questi dati potrebbero suggerire che il movimento dei bambini con ASD è controllato

principalmente online anziché da un sistema di pianificazione predittivo. Infatti, un

meccanismo di controllo predittivo adeguato si basa su modelli interni e non richiede

l'uso online dei feedback sensoriali nel corso dell'azione (Kawato, 1999).

Nell'ultimo compito, il task 3 (Comp/DNN), alla complessità spaziale si aggiunge quella

temporale, data la natura competitiva del compito. Le differenze significative che sono

state osservate nel confronto tra i due gruppi riguardano il tempo di reazione (TR) e l'

inizio del movimento del bambino in funzione della percentuale del movimento

dell’esaminatore (TMe%), che risultano essere maggiori nel gruppo ASD. Una

differenza simile, anche se non significativa, si osserva già nel task 2. Questo potrebbe

indicare, quindi, che all'aumentare del gradiente di complessità (spaziale e/o temporale)

aumenti il ritardo con cui i bambini con ASD iniziano i loro movimenti, confermando la

compromissione dell'aspetto predittivo (Cattaneo et al., 2007; Hughes et al., 1996;

Fabbri-Destro et al., 2009).

Nonostante queste differenze tra ASD e TD, nel task 3, è possibile osservare, in

entrambi i gruppi, una capacità di modulare il movimento rispetto al contesto sociale

dello stesso e, quindi, una capacità di coordinare il movimento sulla base di una

differente intenzione ad agire; tutti i bambini, sia ASD che TD, hanno, difatti, compreso

l'aspetto competitivo del compito ed il gruppo sperimentale, seppur in misura ridotta

rispetto al gruppo di controllo, è riuscito a modificare sostanzialmente la velocità

dell'esecuzione adattandosi ad un contesto interattivo differente. Questo si osserva

anche andando a considerare l'effetto dei tre task all'interno del gruppo ASD,

confrontandoli a due a due (task 1 vs task 2 e task 2 vs task 3) per indagare quali task

determinano le differenze significative in funzione del tempo di reazione e della durata

del movimento.

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Le differenze si evidenziano nel task 3 rispetto al task 2 in cui, appunto, sia la durata

del movimento che i tempi di reazione mostrano valori ridotti come effetto del contesto

sociale. I bambini ASD nel task competitivo sono, infatti, più veloci e hanno una latenza

di risposta minore.

Queste differenze significative, osservabili nel gruppo ASD, sono presenti anche nel

gruppo TD. Ma, oltre ad una riduzione della durata del movimento e tempi di riposta

più brevi, i bambini TD iniziano il loro movimento prima rispetto all'esaminatore

(TMe%) e aumentano il picco di accelerazione (Pacc), proprio come effetto del contesto

sociale, che, generalmente, come dimostrano alcuni autori in letteratura (Georgiou et al.,

2007), è in grado di modificare diverse variabili predittive del movimento e non solo la

velocità e il tempo di risposta (come si osserva, invece, nel confronto intragruppo

ASD).

Si può affermare, quindi, che i bambini con ASD sono in grado di modulare il proprio

movimento in funzione del contesto sociale ma non in maniera simile al gruppo TD.

Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che i bambini con ASD, pur condividendo

obiettivo e intenzione dell'altro, dispongono di minori capacità predittive coordinandosi,

così, meno bene rispetto ai bambini TD.

Presi complessivamente, i risultati di questo studio confermerebbero l'ipotesi che i

bambini con ASD mostrano difficoltà nel controllo predittivo soprattutto in assenza di

informazioni di "alto livello" (la conoscenza a priori delle caratteristiche spaziali e

temporali del movimento). La capacità di eseguire il compito sperimentale con

un’accuratezza spazio-temporale tale da consentire un’adeguata coordinazione del

proprio movimento con quello dell’altro appare, infatti, ridotta solo nei task più

complessi (task 2 e task 3). Nel task 1, invece, la performance del gruppo ASD è

praticamente sovrapponibile a quella del gruppo di controllo ad eccezione della

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variabilità dei tempi di reazione (TR-COV) che, come affermato precedentemente,

potrebbe riflettere una difficoltà di programmazione del movimento (Glazebrook et al.,

2006). Inoltre, poiché questi bambini hanno mostrato un'adeguata comprensione

dell'obiettivo del movimento, si potrebbe dedurre che nell'ASD i deficit nel controllo

predittivo riflettono difficoltà percettive o attentive di "basso livello" (le caratteristiche

cinematiche del movimento) (Fitzpatrick et al., 2013). Le difficoltà a percepire queste

informazioni di "basso livello" comprometterebbero la capacità di coordinare i propri

movimenti con quelli dell'altro al fine di condividere un'obiettivo comune. Come hanno

affermato Gernsbacher e colleghi (2008), infatti, le difficoltà riscontrate nei bambini

con ASD durante una joint action potrebbero risultare non da una mancanza di

comprensione dell'intenzione ma da un deficit core nel controllo motorio.

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CONCLUSIONI

Per riassumere, nel presente studio è stata esaminata la capacità di predizione e di

coordinazione motoria in un gruppo di bambini con ASD in un contesto di interazione

sociale, sulla base di recenti studi che hanno individuato un deficit a carico di queste

abilità (Baio et al., 2009; Gonzalez et al., 2013). I bambini ASD sono stati confrontati

con un gruppo di bambini di pari età con sviluppo tipico.

Il processo predittivo relativo a come le azioni proprie ed altrui si svolgono nello spazio

e nel tempo è fondamentale per una precisa cooperazione motoria sociale (Wolpert et

al., 2000), quindi, per un'adeguata coordinazione è necessario avere un buon controllo

predittivo. Così, tale compito sperimentale è stato impostato in modo da aumentare la

complessità (prima spaziale poi temporale) del compito predittivo, suddividendolo in tre

task.

E' stato ipotizzato che all'aumentare della difficoltà del task i bambini con ASD

avrebbero ottenuto delle performance peggiori in termini sia di velocità del movimento,

sia di coordinazione motoria con l'esaminatore sia nell'accuratezza, rispetto al gruppo di

controllo, a causa del deficit predittivo alla base. I risultati hanno confermato, infatti,

che in presenza di minor informazioni a priori sulle caratteristiche spaziali e temporali

dell’azione (task 2 e task 3) i bambini con ASD mostrano difficoltà di predizione del

movimento.

Le variabili del movimento oggetto di studio sono state rilevate attraverso due

procedure: un'analisi video frame by frame e un'analisi accelerometrica in modo da

ottenere dei risultati, da un punto di vista quantitativo, più accurati possibile. Questo

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può essere considerato un punto di forza di questo studio, ma è doveroso considerare

anche i punti di debolezza.

Una limitazione metodologica presente in questo studio è la numerosità del campione

che induce ad osservare i risultati con la dovuta cautela, sebbene autorizzino a

considerare utile un allargamento del campione stesso.

Un altro aspetto che deve essere considerato è la presenza, all'interno del campione

sperimentale, di quattro bambini con problemi di attenzione e iperattività, rilevati con la

CBCL (T score > 65). Infatti, nonostante tutti i bambini si siano mostrati attenti durante

il compito sperimentale, è possibile che in alcuni casi sia entrata in gioco la loro indole

più impulsiva. A tal proposito sarà necessario, in futuro, valutare se è il sottogruppo dei

bambini con problemi di attenzione e iperattività ad aver fornito le differenze

individuate.

Infine, i punteggi del Quoziente Intellettivo di Performance (QIP) non sono

perfettamente paragonabili poiché non è stato possibile utilizzare lo stesso test

psicometrico per tutti i bambini del gruppo sperimentale, ma sono comunque sufficienti

ad escludere ASD "a basso funzionamento". Infatti, il dato del QIP non è stato

considerato nell'analisi statistica ma è stato utilizzato soltanto come criterio di

inclusione.

Per concludere, futuri studi avranno la possibilità di approfondire ulteriormente i risultati

ottenuti, in modo da ottenere sempre più informazioni riguardo alle difficoltà motorie

presenti nell'ASD. L’interesse alla comprensione dei deficit di funzionamento motorio

nell'ASD assume importanza teorica alla luce del fatto che tale disfunzione potrebbe

rappresentare una chiave interpretativa dei meccanismi di attribuzione

dell’intenzionalità (Boria et al., 2009; Fabbri-Destro, 2009; Gallese et al., 2013;

Iacoboni & Dapretto, 2006; Rizzolatti & Craighero, 2004) e quindi fortemente connessa

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al difetto di reciprocità sociale, sintomo core nell'ASD. Alla luce di questo, tale ricerca

suggerisce come l'analisi di due aspetti propri della cognizione sociale, ossia

cooperazione e competizione, studiati con un approccio cinematico, possa rivelarsi

fondamentale per la comprensione di tali meccanismi. Infatti, sia la cooperazione che la

competizione richiedono la capacità di anticipare l'azione del compagno interagente

(Sartori et al., 2011). In situazioni di cooperazione, la comprensione dell'intenzione

dell'altro potrebbe essere importante per adattarsi in modo ottimale alla sua azione al

servizio di un obiettivo comune (Sebanz et al., 2006); in situazioni competitive, la

comprensione dell'intenzione potrebbe essere ugualmente importante per prevenire e

anticipare i movimenti dell'altro e raggiungere, così, prima (dell'altro) l'obiettivo (Ruys

& Aarts, 2010). Quindi, gli indici cinematici sembrano di fatto costituire un utile indizio

(insieme allo sguardo) per trarre inferenze sulle intenzioni altrui (Cavanna & Salvini,

2010).

Tale ricerca aggiunge, infine, ulteriori conferme all'idea, sempre più condivisa, che

l'aspetto motorio debba essere maggiormente tenuto in considerazione sia da un punto

di vista diagnostico che da un punto di vista di personalizzazione dei trattamenti.

Considerando che le capacità motorie si sviluppano nei primi mesi di vita, potrebbe

essere utile includere delle variabili aggiuntive per l’analisi della funzione motoria ai

fini di una diagnosi precoce di ASD; inoltre, includere un trattamento di tipo

psicomotorio a livello della programmazione e della pianificazione delle azioni, in

particolare utilizzando compiti di joint action che richiedono di pianificare le proprie

azioni e quelle di un altro individuo, potrebbe essere importante in quanto gioverebbe,

indirettamente, anche sul deficit della componente sociale e comunicativa, alla base di

questo disturbo.

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7610.2008.01948.x.

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Ringraziamenti

Giunta al termine di questo mio percorso universitario desidero ringraziare chi mi è

stato vicino e mi ha accompagnato in questo viaggio e chi ha permesso e ha condiviso il

mio progetto di tesi.

Ringrazio, anzitutto, il Prof. Muratori, relatore di questa tesi, per la fiducia dimostratami

dandomi la possibilità di partecipare interamente ad un progetto di ricerca molto

originale che mi ha permesso di fare un'esperienza formativa in uno dei settori di mio

maggiore interesse.

Un sentito ringraziamento alla Dott.ssa Contaldo, correlatrice, che mi ha indirizzata e

seguita dall'inizio alla fine dandomi l'opportunità di svolgere questo lavoro di tesi con

attenzione e precisione.

Vorrei ringraziare il Dott. Apicella, correlatore di questa tesi, per avermi permesso di

svolgere molte ore in reparto con lui, per l'aiuto, i preziosi consigli e il supporto durante

la stesura della mia tesi; colgo l'occasione anche per ringraziarlo di offrirmi la

possibilità di acquisire ulteriori conoscenze nel prossimo tirocinio post-lauream.

Ringrazio, inoltre, la Dott.ssa Fulceri con cui ho svolto la maggior parte delle

somministrazioni, il Dott. Narzisi per avermi fornito dati necessari per il mio lavoro, e i

due ingegneri, il Dott. Tonacci e il Dott. Lucaferro, collaboratori di questo progetto di

ricerca.

Un grazie a tutti i genitori che hanno autorizzato i propri figli a partecipare al progetto,

ma soprattutto grazie a tutti questi bambini, partecipanti allo studio, perché senza di loro

questo lavoro non esisterebbe ... spero si siano divertiti con me!

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Un grazie infinito lo dedico alla mia famiglia che mi ha permesso di continuare gli studi

sostenendomi durante tutto il mio lungo percorso: alla mia mami, Mariangela, che c'è

sempre stata e che, nonostante spesso i nostri caratteri per certi aspetti siano

incompatibili, ha sempre gioito e si è emozionata con me per ogni mia piccola vittoria

guadagnata e mi ha incoraggiata e supportata come solo una mamma, la mia mamma, sa

fare; al mio papi, Simone, che mi ha sempre spinto a non mollare, dandomi prova di

come un obiettivo raggiunto lottando con l'impegno e la tenacia a lungo viene sempre

ripagato portando alla vera soddisfazione di sé stessi; a Nicola, il mio fratellino, che mai

come in questo ultimo periodo ha dimostrato di credere in me e di stimarmi come

persona, non smettendo mai di ripetermi "Tanto, come sempre, ce la fai!"; ai miei

nonni, ai miei zii e a tutti i parenti con i quali condividerò la gioia di questo traguardo ...

regalare loro questa forte emozione e vedere nei loro occhi la contentezza, mi riempie il

cuore di estrema felicità.

Un grazie speciale speciale è per le mie amiche-colleghe con cui ho condiviso la

fantastica storia dell'università ... Grazie a Sara, il mio tesoro di amica, la mia

insostituibile "boccata" di dolcezza, affetto vero, ottimismo, coraggio e autostima, che

c'è sempre stata, nei momenti difficili, asciugandomi le lacrime e stringendomi la mano,

e nei momenti felici, festeggiando insieme i piccoli successi guadagnati, che questi anni

ci hanno regalato; a Ilaria, la mia amica piena di energia e vitalità e con un cuore grande

grande, l'amica delle telefonate lunghe ore che nei casi in cui non c'era "tempo da

perdere" ha consigliato le note vocali di WhatsApp che poi, alla fine, duravano come le

telefonate, sempre pronta ad ascoltarmi e a supportare le mie ansie quotidiane nella

maniera giusta strappandomi un sorriso anche nei miei momenti più neri; a Martina P.,

la mia compaesana da sempre ma amica grazie all'università che ci ha fatto conoscere e

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instaurare un bel rapporto di stima reciproca tale da farci maturare l'intenzione di

continuare a lavorare (o forse, è meglio sognare?!) insieme in futuro; a Martina Z., o

meglio LaZak, per le lunghe chiaccherate che ci siamo fatte il più delle volte

"incoraggiandosi" come solo noi due insieme sappiamo fare... tra un'ansia e l'altra!

Ringrazio la mia carissima amica di una vita, Maria-Chiara, la mia Tonza, per essere

stata sempre disponibile, giorno e sera, ad aiutarmi nella traduzione dei tanti articoli in

inglese necessari per la stesura di questa tesi, ma soprattutto per essere per me come una

sorella, che ama farmi riflettere anche quando sarebbe più semplice non farlo e che

riesce a consigliarmi e criticarmi nel modo giusto.

Desidero ringraziare di cuore anche Giacomo, nonostante da un pò di tempo stiamo

vivendo un periodo particolare (difficile da definire anche per noi), nonostante siano

cambiate molte cose ... perché altre sono rimaste come un tempo; come il fatto di esserci

sempre stato, anche ultimamente, per darmi tutta la forza, il coraggio e il supporto di cui

avevo bisogno. È anche grazie a lui se sono arrivata fin qui con tanta determinazione.

Mi ha accompagnata nella scelta di questo percorso di studi, mi ha impedito di gettare la

spugna nei momenti più duri e mi ha regalato la tranquillità che mi ha permesso di

studiare e dare il meglio di me.

E' e sarà, per me, una delle persone più importanti.

Un enorme grazie anche a tutti i miei amici, quelli che sono cresciuti con me e mi hanno

accompagnato fino a qui e anche a quelli nuovi, che ho avuto la fortuna di conoscere e

scoprire negli ultimi mesi ma che sono già riusciti a guadagnarsi un pezzettino del mio

cuore, che condivideranno con me la felicità di questo traguardo.

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E infine un grazie particolare lo rivolgo a me stessa, alla persona che mi sento di essere

diventata, con i suoi pregi ma soprattutto con i suoi tanti difetti, ma che sta imparando a

conoscersi e a volersi bene ... alla ragazza che ha fatto di tutto per raggiungere questo

traguardo nonostante gli ostacoli e le difficoltà incontrate.

Giulia