positivismo neopositivismo

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Positivismo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Disambiguazione – Se stai cercando gli altri significati di positivismo, vedi positivismo (disambigua) . Il positivismo è un movimento filosofico e culturale ispirato ad alcune idee guida fondamentali riferite in genere alla esaltazione del progresso e del metodo scientifico che nasce in Francia nella prima metà dell’800 e che si diffonde nella seconda metà del secolo a livello europeo e mondiale. [1] Henri de Saint-Simon introdusse per la prima volta il termine positivismo Il positivismo non si configura dunque come un pensiero filosofico organizzato in un definito sistema come quello che aveva caratterizzato la filosofia idealistica . Indice [nascondi ] 1 Etimologia 2 Contesto storico-sociale 3 Positivismo e Illuminismo: affinità e differenze 4 I vari aspetti del positivismo 5 Positivismo e Romanticismo 6 La diffusione del positivismo 7 L'eredità del Positivismo 8 Note 9 Bibliografia 10 Altri progetti 11 Collegamenti esterni

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PositivismoDa Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Disambiguazione – Se stai cercando gli altri significati di positivismo, vedi positivismo (disambigua).

Il positivismo è un movimento filosofico e culturale ispirato ad alcune idee guida fondamentali riferite in genere alla esaltazione del progresso e del metodo scientifico che nasce in Francia nella prima metà dell’800 e che si diffonde nella seconda metà del secolo a livello europeo e mondiale.[1]

Henri de Saint-Simon introdusse per la prima volta il termine positivismo

Il positivismo non si configura dunque come un pensiero filosofico organizzato in un definito sistema come quello che aveva caratterizzato la filosofia idealistica.

Indice[nascondi]

1 Etimologia 2 Contesto storico-sociale 3 Positivismo e Illuminismo: affinità e differenze 4 I vari aspetti del positivismo 5 Positivismo e Romanticismo 6 La diffusione del positivismo 7 L'eredità del Positivismo 8 Note 9 Bibliografia 10 Altri progetti

11 Collegamenti esterni

Etimologia [modifica]

Il termine positivismo deriva etimologicamente dal latino positum, participio passato neutro del verbo ponere tradotto come ciò che è posto, fondato, che ha le sue basi nella realtà dei fatti concreti.

Positivo vorrà dire allora:

ciò che è reale, concreto, sperimentale, contrapponendosi a ciò che è astratto; ciò che è utile, efficace, produttivo in opposizione a ciò che è inutile.

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Contesto storico-sociale [modifica]

Auguste Comte

Nel positivismo si possono distinguere due fasi:

nella prima metà del XIX secolo, ad iniziare dal periodo della Restaurazione il positivismo si presenta come il progetto di superamento della crisi politica e culturale seguita all'Illuminismo e alla Rivoluzione francese, tramite un programma politico antiliberale[2]

In questo periodo il positivismo è messo in ombra dalla preminente cultura romantica e dalla filosofia dell'idealismo, ma è proprio in questi anni che nasce il termine positivismo ad opera di Henri de Saint-Simon, che lo usò per la prima volta nell'opera Catechismo degli industriali (1823-1824) e che venne diffuso da Auguste Comte quando nel 1830 pubblicò il primo volume del Corso di filosofia positiva.

Nella seconda metà dell'Ottocento il positivismo rappresenta l'elaborazione ideologica di una borghesia industriale e progressista per cui, in particolare in Inghilterra, ma anche nel resto d'Europa, trova corrispondenze con l'affermazione del pensiero economico del liberismo.[3]

È in questa fase che il positivismo, messa da parte la filosofia idealistica considerata come un'inutile astrazione metafisica, si caratterizza per la fiducia nel progresso scientifico e per il tentativo di applicare il metodo scientifico a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana.

Il positivismo diviene la cultura predominante della classe borghese. Secondo Ludovico Geymonat infatti, sebbene non possa stabilirsi una rigida identità tra positivismo e borghesia, in quanto essa ha incoraggiato il positivismo ma per certi aspetti lo ha anche contrastato, non vi è dubbio che il positivismo della seconda metà dell' 800, ha rappresentato anche e in modo rilevante gli ideali borghesi quali l' ottimismo nei confronti della moderna società industriale[4] e il riformismo politico in opposizione al conservatorismo e nello stesso tempo al rivoluzionarismo marxista fortemente critico nei confronti del moderno sistema industriale che non teneva conto dei "costi umani" collegati allo sviluppo economico. Non a caso il positivismo si diffonde soprattutto nei paesi più progrediti industrialmente mentre è limitatamente presente in quelli meno sviluppati come l'Italia.[5]

Il positivismo si sviluppa in un periodo in cui l'Europa, dopo la guerra di Crimea e quella Franco-prussiana sta attraversando un periodo di pace che favorisce la borghesia nell'espansione coloniale in Africa e in Asia e nella contemporanea evoluzione del capitalismo industriale in un fenomeno economico internazionale.

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C'è una profonda trasformazione anche nei modi di vita della città dove si verificano in pochi anni cambiamenti più incisivi di quelli avvenuti nei secoli precedenti con le innovazioni tecnologiche dell'uso della macchina a vapore, dell'elettricità, delle ferrovie che mutano profondamente non solo le dimensioni spazio-temporali ma anche quelle intellettuali. Tutto questo porterà nei primi anni del '900 a quella esaltazione delle "magnifiche sorti e progressive"[6] raggiunte dall'Europa della Belle epoque che si avvia al crollo delle illusioni nel baratro della Prima guerra mondiale.

Positivismo e Illuminismo: affinità e differenze [modifica]

Tempio positivista a Porto Alegre (Brasile) con iscritti sul frontone gli ideali del positivismo: «O amor por principio, e a ordem por base, o progresso por fin» traduzione del motto di Comte: «L'Amour pour principe et l'Ordre pour base; le Progrès pour but.» [7](«L'amore per principio, l'ordine per fondamento, il progresso per fine.») Il motto ordem e progresso si ritrova anche nella bandiera brasiliana.[8]

Per certi aspetti il positivismo appare una originale riproposta del programma illuministico con cui presenta delle affinità quali:

la fiducia nella ragione e nel sapere al servizio dell'uomo come mezzi per conseguire la "pubblica felicità" [9], obiettivo questo fallito dagli illuministi per cui i positivisti si propongono di portare ordine, tramite il metodo scientifico applicato in ogni campo delle conoscienze umane, per una riorganizzazione globale della società resa caotica dalle rivoluzioni che l'hanno sconvolta.

esaltazione della scienza vista in contrapposizione alla metafisica il metodo scientifico avrebbe dovuto sostituire la metafisica nella storia del pensiero[10]

una visione laica e tutta immanente della vita dell'uomo in contrasto con i pensatori cattolici.

Nello stesso tempo il positivismo si caratterizza per incisive differenze con l'illuminismo:

mentre gli illuministi combattevano contro la tradizione metafisica e religiosa e i privilegi dell'aristocrazia in una visione del mondo ancora dominante, i positivisti, che pure si oppongono a quella tradizione che ostacola la razionalizzazione della cultura e della società, agiscono contro posizioni anacronistiche e in nome di un atteggiamento culturale che è già consolidato in una società borghese stabilmente al potere con una mentalità scientifica e laica ormai largamente condivisa.

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Mentre il riformismo illuminista tendeva a tradursi in una rivoluzione, come fu poi quella francese, il riformismo positivista è antirivoluzionario e, pur contrastando la vecchia tradizione, è ostile alle nuove forze rivoluzionarie del proletariato e alla pretesa scientificità dell'ideologia socialista.

mentre gli illuministi, come Kant, ancora si preoccupano di dare una giustificazione teorica del valore limitato di verità delle scienze, i positivisti la danno per scontata e puntano a una "visione scientifica globale del mondo" cadendo nella metafisica di un'interpretazione unica e totale della realtà.

gli illuministi ricorrono alla scienza, pur con il suo limite, contro la metafisica e la religione, i positivisti rendono la scienza una metafisica di certezze assolute con la fondazione di una nuova religione scientifica [11]

I vari aspetti del positivismo [modifica]

Assumendo come spartiacque le teorie di Charles Darwin, secondo la tradizione, il positivismo è stato diviso in due correnti fondamentali:

Positivismo sociale, nella prima metà del XIX secolo, che ha come rappresentanti Saint-Simon, Auguste Comte e John Stuart Mill

Positivismo evoluzionista con Herbert Spencer, il materialismo tedesco e Roberto Ardigò.

Per approfondire, vedi la voce Evoluzionismo (scienze etno-antropologiche).

Oggi si preferisce identificare i vari aspetti del positivismo attraverso i contesti nazionali per cui si ha un positivismo francese, inglese, tedesco e italiano.

I due criteri in realtà non sono divergenti ma si fondano tra loro poiché le varie identità nazionali del pensiero positivista costituiscono lo sfondo su cui si sviluppano, nella prima metà dell' '800, la concezione di una scienza come risanatrice dei mali sociali, la quale, nella seconda metà del secolo, dopo la formulazione della teoria dell'evoluzione di Darwin, viene estesa in maniera totalizzante a strumento di interpretazione della storia dell'intera umanità.

Positivismo e Romanticismo [modifica]

Nicola Abbagnano ha definito il positivismo "Romanticismo della scienza" poiché come i romantici nella lor brama del conseguimento dell'infinito davano alla poesia e alla filosofia valori assoluti così i positivisti vedono la stessa assolutezza nella scienza. I positivisti hanno un concetto della storia non diverso da quello dell'idealismo romantico: la storia è progresso necessario e continuo in cui si vive attuando o manifestando l'Umanità nel suo sviluppo progressivo.[12]

La diffusione del positivismo [modifica]

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Frontespizio della prima edizione del 1859 de L'origine delle specie di Charles Darwin

Il positivismo ebbe per le sue concezioni più importanti, una dimensione internazionale: la biologia darwiniana, si diffuse in Europa e in America settentrionale, e le nascenti scienze della sociologia, psicologia, antropologia diedero avvio in Occidente a nuovi settori di studio dell'uomo; ma anche per gli aspetti minori e negativi, come la fiducia acritica e superficiale nella scienza, il pensiero positivista ebbe vasta risonanza sino a divenire un fenomeno di costume per la borghesia colta occidentale.

Come osserva Nicola Abbagnano: «Nonostante questa profonda incidenza culturale, il positivismo...ha finito per sembrare un nuovo dogmatismo, avente la pretesa di racchiudere l'uomo negli schemi riduttivi della scienza. Anzi, il Positivismo...è apparso come una nuova metafisica della scienza...Tutto ciò spiega la massiccia "reazione antipositivistica" che ha caratterizzato la filosofia degli ultimi decenni dell'Ottocento e degli inizi del Novecento.» A questa reazione ha contribuito lo sviluppo stesso delle scienze avvenuto proprio in contrasto con «il quadro gnoseologico ed epistemologico del Positivismo»[13]

Il positivismo s'innestò su tradizioni culturali e filosofiche nazionali profondamente differenti:

in Francia riprese la tradizione razionalistica che va da Cartesio all'Illuminismo sensista ed assunse specialmente l'aspetto di filosofia sociale (Saint-Simon, Fourier, Proudhon, Comte);

in Inghilterra si inserisce nel filone empirista e utilitarista con Malthus, Ricardo, Bentham, James Mill, Stuart Mill;

in Italia il positivismo ebbe uno sviluppo minore e i campi in cui si applicò, come nella scuola e nell'analisi della criminalità (Cesare Lombroso), mostrano come ancora fossero incisivi i problemi di integrazione nazionale e sociale che l'Italia dovette affrontare dopo l'unificazione.

Tra i filosofi seguaci del positivismo in Italia ci furono Carlo Cattaneo e Roberto Ardigò. Il positivismo ebbe anche influenza sulle concezioni pedagogiche di Aristide Gabelli ed in seguito di Maria Montessori.

in Germania il positivismo assume carattere fortemente materialistico e specialistico come reazione alle tendenze idealistiche e totalizzanti della filosofia accademica.

L'eredità del Positivismo [modifica]

Il Positivismo influì fortemente nella cultura ottocentesca sino a divenire una "moda culturale" tanto che si può parlare di una "civiltà positivistica" che ha improntato di sè correnti culturali come il

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realismo e il verismo, la nuova pedagogia incentrata su una scuola "laica" e su una didattica "scientifica".

Nonostante i suoi aspetti critici il positivismo ha lasciato in eredità alla cultura moderna la considerazione dell'importanza per la conoscenza e per la trasformazione della società della ricerca scientifica. Dobbiamo inoltre al positivismo la codificazione delle "scienze umane" della sociologia e della psicologia.

Il positivismo ha demolito la filosofia intesa come forma di conoscenza metafisica che man a mano che si realizza il progresso scientifico, non potendosi basare su i fatti concreti, perde ogni capacità di indagare e risolvere i problemi filosofici. Il positivismo ne indicò un nuovo ruolo consistente non più nella presunzione di conoscere i fenomeni naturali, umani e sociali ma quello di definizione e unificazione dei principi generali del metodo scientifico e dei risultati delle singole scienze in una visione generale dell'uomo. [14] Dal positivismo la filosofia è stata obbligata a riconsiderare criticamente se stessa e a meglio definire il suo rapporto con le scienze.

Dal positivismo è originato inoltre il fondamento delle nuove forme di neopositivismo che hanno elaborato un metodo di ricerca che soddisfi il rigore proprio della scienza eliminando gli equivoci e le incomprensioni derivate anche dall'uso distorto del linguaggio.

Note [modifica]

1. ̂ Cfr. voce "Positivismo" in Enciclopedia Garzanti di Filosofia, 1981 2. ̂ «Ciò che caratterizza il positivismo ottocentesco è, in primo luogo, la consapevolezza di una

profonda crisi storica che ha investito la società europea e che comporta una rottura inseparabile con il passato e le istituzioni tradizionali» (in P.Rossi, Positivismo e società industriale (antologia), Loescher, Torino 1973, p.9)

3. ̂ Cfr. N.Urbinati, Le civili libertà. Positivismo e liberalismo nella Italia unita, Marsilio (collana Saggi. Critica), 1991

4. ̂ P.Rossi, op.cit. p.10 e sgg 5. ̂ L.Geymonat, Storia del pensiero filosofico-scientifico Editore: Garzanti Libri 1978, p.455 Collana:

Collezione maggiore 6. ̂ Giacomo Leopardi, La ginestra, v.51 7. ̂ A.Comte, Système de politique positive (1852) 8. ̂ G.Allegretti, Porto Alegre tra democratizzazione e ricerca della sostenibilità. Radici locali e

replicabilità di un’utopia realizzata In ‘Democrazia fai-da-te’, Ed. Carta-Cantieri Sociali, Roma-Napoli, 2000 pag.2

9. ̂ Cfr. Ludovico Antonio Muratori, Della pubblica felicità, Donzelli editore 1996 10. ̂ A. Comte, Corso di filosofia positiva, a cura di Franco Ferrarotti, Utet, Torino 1967, 2 voll.

Lezione cinquantasettesima, vol. II, pp.481-482 11. ̂ Nell'ultimo periodo, all'incirca dal 1850 al 1857, dell'opera di Comte, nel Catechismo positivista,

si evidenziano alcuni aspetti, già del resto presenti nella produzione precedente, di un progetto di una religione positiva dove vengono trasposti gli elementi dottrinali, etici e liturgici della tradizione cattolica.(Vedi alla voce Comte, Enciclopedia Garzanti della filosofia)

12. ̂ Cfr. G.Fornero, Concetto e critica del romanticismo ottocentesco nel pensiero di Nicola Abbagnano, in Rivista di storia della filosofia, XXXIX, 1984, fasc.III, pp. 551-570

13. ̂ N.Abbagnano, Protagonisti e testi della filosofia, Volume III, Paravia 1999 pag.420 14. ̂ Cfr. L.Geymonat, Il problema della conoscenza nel positivismo, Bocca, Torino 1931

Bibliografia [modifica]

L.Geymonat, Storia del pensiero filosofico-scientifico Editore: Garzanti Libri 1978, Collana: Collezione maggiore ISBN 88-11-25036-6

A. Comte, Corso di filosofia positiva, a cura di Franco Ferrarotti, Utet, Torino 1967, 2 voll. P.Rossi, Positivismo e società industriale (antologia), Loescher, Torino 1973 L.Geymonat, Il problema della conoscenza nel positivismo, Bocca, Torino 1931

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N.Urbinati, Le civili libertà. Positivismo e liberalismo nella Italia unita, Marsilio (collana Saggi. Critica),1991 ISBN 978-88-317-5435-4

L.Kolakowski, la filosofia del positivismo, Laterza, Bari 1974

Altri progetti [modifica]

Wikisource contiene opere originali di o su Positivismo

Confessioni d'un scettico di Gaetano Trezza. Professò l'ideologia positivista in sintonia con il pensiero di Roberto Ardigò, propugnò il darwinismo e le teorie dell'evoluzione.

Collegamenti esterni [modifica]

Positivismo , voce enciclopedica di Michele Marsonet sul sito di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede (DISF)

Portale Filosofia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di filosofia

Positivismo logicoDa Wikipedia, l'enciclopedia libera.

(Reindirizzamento da Neopositivismo)

Il positivismo logico, anche noto come neopositivismo, neoempirismo o empirismo logico, è una corrente filosofica che sorge nella prima metà del Novecento, basata sul principio che la filosofia debba aspirare al rigore proprio della scienza. Come si deduce dal nome, alla sua base stanno i concetti di “empirico”, ossia relazionato all’esperienza, e “logico”, dal momento che i suoi sostenitori ritengono che il sapere debba essere analizzato secondo i criteri logici propri dell’analisi del linguaggio. Gli empiristi logici sostengono che la risoluzione degli equivoci e delle ambiguità legate al linguaggio conduca alla risoluzione degli stessi problemi filosofici: il loro sorgere dipenderebbe da un uso scorretto delle parole. La filosofia deve avere un ruolo chiarificatore: non può essere un sapere puramente speculativo, ma basarsi sull’esperienza per poter fondare in maniera rigorosa la conoscenza.

Indice[nascondi]

1 Il Circolo di Vienna 2 Concetti fondamentali 3 Influenza

4 Critiche

Il Circolo di Vienna [modifica]

Gli inizi del positivismo logico si fanno risalire al 1910-1921, quando un gruppo di intellettuali si riuniva in un caffè di Vienna per discutere della filosofia della scienza di Mach. Ne facevano parte, fra gli altri, il matematico Hans Hahn, i fisici Richard von Mises e Philipp Frank e il sociologo Otto Neurath. La nascita vera e propria del Circolo di Vienna avvenne nel 1924, dopo che Moritz

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Schlick, chiamato ad insegnare a Vienna al posto di Mach, organizzò degli incontri per discutere del Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein. Ad essi parteciparono Hahn, Neurath e poi Felix Kaufmann e Victor Kraft e, dal 1926, Rudolf Carnap.

I membri del Circolo avevano una grande ammirazione per pensatori come Bertrand Russell, il giovane Wittgenstein e Albert Einstein, e furono in rapporti più o meno stretti con Kurt Gödel e altri personaggi di spicco del mondo scientifico e filosofico della prima metà del secolo. Il pensiero del Circolo di Vienna ebbe diffusione nel mondo di lingua inglese soprattutto grazie agli scritti di A. J. Ayer, che aveva studiato a Vienna, e che viene quindi spesso considerato come un positivista di rilievo benché non appartenesse al Circolo. Ayer in un secondo momento abbandonò l’empirismo logico per seguire la filosofia analitica, sotto l’influsso del pensiero del “secondo Wittgenstein”.

Un circolo con le stesse idee sorse nel frattempo a Berlino, sotto la guida di Hans Reichenbach che, assieme a Carnap, diresse la rivista Erkenntnis (“conoscenza”) che univa gli intellettuali di Vienna e Berlino.

Con l’avvento del nazismo molti scienziati e filosofi si trasferirono negli Stati Uniti d'America. Carnap e Neurath non rinunciarono al loro progetto e fondarono la rivista Journal of Unified Science lavorando per creare una scienza unificata che si basasse sul metodo dell’analisi logica. Nacque allora l' Enciclopedia internazionale della scienza unificata, che venne pubblicata a partire dal 1938 sotto la direzione di Carnap e Neurath, e con la collaborazione di filosofi di varia provenienza. Nonostante l’intenzione di fondo l’idea di scienza unificata non era affatto unitaria. Per Neurath consisteva in un sistema unico di assiomi che comprendesse i risultati di tutte le scienze; per Dewey in un controllo maggiore della scienza sulla vita, per Russel era unità di metodo, ecc. Fu così che l’impresa si arrestò dopo pochi volumi.

[nascondi]

v · d · m

Circolo di Vienna (1922-1936)Promotori Moritz Schlick (1882-1936)

Membri

Rudolf Carnap • Otto Neurath • Theodor Radakovic • Philipp Frank • Hans Hahn • Herbert Feigl • Ludwig von Bertalanffy • Gustav Bergmann • Kurt Gödel • Marcel Natkin • Victor Kraft • Karl Menger • Olga Hahn-Neurath • Rose Rand • Friedrich

Waismann

Ospiti occasionaliLudwig Wittgenstein • Hans Reichenbach • Carl Hempel • Alfred Tarski • W. V.

Quine • Alfred Julius Ayer • Arne Næss • Karl Popper

Corrente di pensiero Positivismo logico (Neopositivismo)

Concetti fondamentali [modifica]

La più caratteristica affermazione del positivismo logico è che una proposizione ha significato solo nella misura in cui essa è verificabile. Ne segue che sono dotate di significato solo due classi di proposizioni:

le proposizioni empiriche, come tutti i gravi cadono verso il centro della Terra, che sono verificate per via di esperimenti; questa categoria include anche le teorie scientifiche;

le verità analitiche, come tutti i mariti sono sposati o la somma degli angoli interni di un quadrilatero convesso è 360 gradi, che sono vere per definizione; questa categoria include le proposizioni matematiche.

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Tutte le altre proposizioni, incluse quelle di natura etica ed estetica, sull'esistenza di Dio, e via dicendo, non sono quindi "dotate di significato", e appartengono alla "metafisica". Le questioni metafisiche sono in effetti falsi problemi e non meritano l'attenzione dei filosofi.

Influenza [modifica]

L'approccio del Circolo di Vienna ebbe una profonda influenza sulla filosofia in genere, sulla logica, sulla filosofia del linguaggio e soprattutto sulla filosofia della scienza, ambito nel quale il positivismo logico si può considerare come la posizione dominante per tutto il periodo che va dalla Prima Guerra Mondiale alla guerra fredda. Sebbene pochissimi dei suoi tenet abbiano ancora séguito oggi, il ruolo del positivismo nella nascita della filosofia contemporanea è importantissimo. Molti dei commentatori tendono a dare di questa corrente una visione semplificata, senza dar conto delle numerose differenze e dei numerosi disaccordi fra gli stessi positivisti.

Il positivismo logico fu una delle prime manifestazioni della filosofia analitica. Nella prima metà del XX secolo, le due espressioni divennero praticamente interscambiabili.

Critiche [modifica]

Una delle principali obiezioni formulate dai critici del positivismo è un'accusa di contraddittorietà; i suoi tenet fondamentali, infatti, sono proposizioni evidentemente non verificabili per via empirica e altrettanto evidentemente non tautologiche. La risposta dei positivisti a questa critica è che il positivismo logico non pretende di essere un sistema di assiomi capace di provare la propria coerenza (vedi teorema di Gödel).

Altre obiezioni possono essere formulate rispetto al criterio di verificabilità. In particolare, solo proposizioni esistenziali positive (esiste almeno un corvo bianco) o proposizioni universali negative (non tutti i corvi sono neri) sono caratterizzate da un metodo di verifica chiaro (trovare un corvo bianco); non altrettanto si può dire delle proposizioni esistenziali negative o universali positive. Un'affermazione come tutti i gravi cadono verso il centro della Terra, infatti, non può essere dimostrata assolutamente vera.

In effetti, questa obiezione non tende a mostrare una contraddittorietà interna dell'approccio positivista, ma solo a mettere in luce una sua potenziale debolezza come filosofia, ovvero l'impossibilità di pronunciarsi in modo definitivo sulla verità di determinate proposizioni dotate di senso. Per Ayer e altri positivisti (ma su questo vi fu un certo dibattito) questo limite era assolutamente accettabile e anzi necessario. In Language, Truth and Logic, Ayer pose una distinzione fra verifica forte e debole. La verifica forte consiste nello stabilire conclusivamente la verità di una proposizione; quella debole, nel verificare che tale proposizione è probabilmente vera (per esempio, perché non si è mai osservato un grave alzarsi spontaneamente da terra). Secondo Ayer, in filosofia, esattamente come nella scienza, "no proposition, other than a tautology, can possibly be anything more than a probable hypothesis" (nessuna proposizione, eccetto una tautologia, può mai essere più di una ipotesi probabile).

Il filosofo Karl Popper, generalmente citato fra i critici del positivismo, presentò una variante del criterio di verificabilità basata sul criterio di falsificabilità. Per Popper, una proposizione scientifica ha significato solo se può essere dimostrata falsa. Lo scopo di Popper non era, tuttavia, quello di distinguere fra proposizioni filosofiche dotate di senso e proposizioni filosofiche "metafisiche", bensì fra scienza e pseudoscienza (per esempio, egli sostenne sulla base di questo criterio che la psicoanalisi non poteva essere considerata scientifica).

Willard Van Orman Quine

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Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Willard Van Orman Quine (Akron, 25 giugno 1908 – Boston, 25 dicembre 2000) è stato un filosofo e logico statunitense.

Quine ha ricoperto la cattedra Edgar Pierce di filosofia della Harvard University dal 1956 al 2000. Chiamato da taluni "il filosofo del filosofo", è il modello quintessenziale del filosofo analitico. Tra le sue maggiori opere Two Dogmas of Empiricism (1951, 1953, 1961), influente attacco alla concezione dei positivisti logici sulle proposizioni analitiche e sintetiche e Word and Object (1960).

Indice[nascondi]

1 Vita 2 Opera

o 2.1 Rifiuto della distinzione analitico-sintetico o 2.2 La indeterminatezza della traduzione o 2.3 Olismo della conferma e relatività ontologica o 2.4 Citazioni

3 Opere di Quine in italiano 4 Testi su Quine 5 Voci correlate 6 Altri progetti

7 Collegamenti esterni

Vita [modifica]

Cresciuto ad Akron, nell'Ohio, ottiene un B.A. dall'Oberlin College e un Ph.D. dalla Harvard University nel 1932. Ad Harvard ha studiato logica con Alfred North Whitehead. Nei due anni successivi viaggia in Europa grazie ad una generosa borsa di studio e viene a contatto con i logici polacchi e con il Circolo di Vienna, in particolare con Rudolf Carnap.

Dal 1942 al 1946 lavora presso la United States Navy Intelligence, raggiungendo il grado di Lieutenant Commander.

Tra i suoi studenti di Harvard molti sono diventati filosofi di fama: tra questi Donald Davidson, David Lewis e Daniel Dennett.

Opera [modifica]

La maggior parte delle prime pubblicazioni di Quine hanno riguardato la logica formale. Successivamente egli ha gradualmente spostato i suoi interessi verso questioni di ontologia, epistemologia e linguaggio; dagli anni 1960 sostanzialmente egli ha sviluppato un suo progetto di "epistemologia naturalizzata" avente lo scopo di dare risposte a tutte le questioni sostanziali della conoscenza e del significato utilizzando metodi e strumenti delle scienze naturali. Quine ha decisamente rifiutato la visione secondo la quale c'è una "prima filosofia", costituente un punto di vista teoretico in qualche modo precedente la scienza e capace di giustificarla. Entrambi queste prese di posizione generali fanno parte del naturalismo filosofico di Quine.

Rifiuto della distinzione analitico-sintetico [modifica]

Negli anni 1920 e 1930, le discussioni con Carnap, Nelson Goodman, Alfred Tarski e altri hanno condotto Quine a dubitare della tenuta della distinzione, fondamentale per il positivismo logico, fra

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"enunciati analitici" -- quelli veri o falsi semplicemente in relazione ai significati dei termini che li compongono come Tutti gli scapoli non sono ammogliati -- ed "enunciati sintetici", veri o falsi in relazione ai fatti del mondo come "C'è un gatto sullo zerbino."

Un enunciato è analitico quando è vero solo grazie al significato dei suoi termini, senza riferimento ai fatti del mondo.

Questa definizione dipende però dalla definizione della nozione di significato. Difatti, dice Quine, se comprendessimo a che cosa "il significato di T" fa riferimento, capiremmo anche cosa significa dire che i due termini T1 e T2 sono sinonimi: vorrebbe dire che i loro significati sono identici.

Ad esempio la proposizione Tutti gli uomini non ammogliati sono scapoli è considerata analitica perché si intende che il significato di "scapolo" ed il significato di "non sposato" siano identici. Se cosi fosse, potremmo dire che una proposizione è analitica se può essere trasformato in una verità logica rimpiazzando sinonimo con sinonimo.

Quindi Tutti gli uomini non ammogliati sono scapoli si trasformerebbe in Tutti gli uomini scapoli sono scapoli, che è una verità logica.

Ma qui risiede il problema. Secondo Quine è la nozione di significato che va attaccata nella sua definizione classica. Egli rifiuta infatti il mentalismo che vuole che i significati siano determinati nella mente prima e oltre a ciò che è implicito nelle disposizioni al comportamento.

In altre parole, secondo Quine, non si può fare riferimento al significato di una proposizione senza fare riferimento ai fatti del mondo.

In essenza, per Quine le proposizioni analitiche e sintetiche non possono essere distinte –- e la distinzione deve essere dissolta.

La indeterminatezza della traduzione [modifica]

Il libro Word and Object riassume molto del precedente lavoro di Quine al di fuori della logica formale. Quine esamina i metodi che sarebbero disponibili a un "linguista sul campo" che cercasse di tradurre un linguaggio a lui prima sconosciuto. Egli osserva che ci sono molti modi per suddividere una frase in parole e diversi modi per distribuire funzioni tra le parole. Ogni ipotesi di traduzione potrebbe essere difesa solo ricorrendo al contesto: osservare quali altre sentenze un parlante nativo pronuncerebbe. Ma una analoga indeterminatezza comparirebbe ancora: ogni ipotesi di traduzione può essere difesa se si adottano abbastanza ipotesi compensatorie riguardanti altre parti del linguaggio.

L'esempio proposto da Quine in proposito, ora divenuto leggendario riguarda la parola "gavagai" pronunciata da un nativo in presenza di un coniglio. Il linguista potrebbe tradurla con "coniglio", o con "Guarda, un coniglio", o "mosca del coniglio" (nome di un supposto genere di insetto che non abbandona i conigli), oppure "cibo" oppure "Andiamo a caccia", o "Stanotte ci sarà una tempesta" (se i nativi hanno particolari credenze sui collegamenti conigli-tempeste), o anche "momentaneo stadio del coniglio", "sezione temporale di una estensione tetradimensionale spazio-temporale di un coniglio", "massa di coniglità", o "parte di coniglio non individuata". Alcune di queste ipotesi alla luce di ulteriori osservazioni possono diventare meno probabili -- cioè ipotesi meno maneggevoli. Altre possono essere scartate solo ponendo ai nativi delle domande. Una risposta affermativa a "È questo lo stesso gavagai di quello precedente?" farà scartare "momentaneo stadio del coniglio", e così via. Ma queste domande possono essere poste solo dopo che il linguista ha imparato a padroneggiare una buona dose della grammatica e del vocabolario astratto dei nativi; questo a sua volta può essere fatto sulla base di ipotesi derivate da più semplici frammenti di linguaggio

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collegate a osservazioni; e quelle sentenze, per parte loro, consentono interpretazioni multiple, come abbiamo constatato.

Non c'è modo di sfuggire a questa circolarità. Infatti, essa interviene in forma analoga anche nella interpretazione di discorsi pronunciati nella lingua del linguista e anche nell'interpretazione delle proprie espressioni. Questa considerazione, contrariamente a una diffusa interpretazione meramente caricaturale di Quine, non porta allo scetticismo sul significato -- o questo significato è nascosto e inconoscibile, oppure queste parole sono prive di significato. Quine giunge a concludere che c'è e ci può essere non più significato di quello che potrebbe essere imparato da un comportamento di un parlante. In realtà non c'è proprio alcuna necessità di sostenere tali entità come "significati", in quanto la nozione di uguaglianza di significato non può ottenere alcuna spiegazione utilizzabile, ma dire che non ci sono "significati" non equivale a dire che le parole non significano. Di conseguenza a proposito di una traduzione da un linguaggio all'altro non si possono porre dilemmi di "giusto" o "sbagliato". Ci sono solo questioni di "meglio" e "peggio". E la scelta fra questi attributi non pone questioni di "accuratezza" come quella che sarebbe ordinariamente costruita: le teorie della traduzione sono migliori o peggiori, in relazione al migliore o peggiore successo con il quale predicono successivi enunciati e traducono secondo un più o meno semplice schema di regole.

Olismo della conferma e relatività ontologica [modifica]

La tesi centrale che sta alla base della indeterminatezza della traduzione e di altri sviluppi dell'opera di Quine è costituita dalla relatività ontologica e dalla teoria correlata dell'olismo della conferma. La premessa dell'olismo della conferma è che tutte le teorie di quello che esiste (e le affermazioni derivate nel loro ambito) non sono sufficientemente determinate dai dati empirici (dati, dati sensoriali, evidenza); ogni teoria con la sua interpretazione dell'evidenza è ugualmente giustificabile. Così la Weltanschauung degli dei omerici secondo gli antichi greci è credibile quanto le onde elettromagnetiche del mondo dei fisici.

Per quanto riguarda la sua personale credenza, Quine chiarisce alla fine di Two Dogmas of Empiricism:

« In quanto empirista io continuo a pensare lo schema concettuale della scienza, in definitiva, come uno strumento che serve a prevedere le future esperienze alla luce dell'esperienza passata. Gli oggetti fisici sono concettualmente importati nella situazione come convenienti intermediari non per definizione in termini di esperienza, ma semplicemente come presupposti irriducibili che possono essere confrontati, sul piano epistemologico, agli dei di Omero. [...] Da parte mia, in quanto fisico laico, io credo negli oggetti fisici e non negli dei di Omero; e considero un errore scientifico pensarla diversamente. Ma nel momento di stabilire un fondamento epistemologico, gli oggetti fisici e gli dei differiscono solo per il loro grado e non per il loro genere. Entrambi i tipi di entità entrano nelle

nostre concezioni solo come presupposti culturali. »

Il relativismo ontologico di Quine lo conduce a concordare con Pierre Duhem quando ritiene che per ogni collezione di evidenza empirica ci sarebbero sempre molte teorie in grado di renderne conto, di inquadrarla. Quindi non è possibile verificare o falsificare una teoria semplicemente confrontandola con l'evidenza empirica; la teoria può sempre essere salvata con qualche modifica. Per Quine il pensiero scientifico ha formato una rete coerente nella quale ogni parte potrebbe essere alterata alla luce dell'evidenza empirica e nella quale nessuna evidenza empirica potrebbe costringere alla revisione di una parte.

L'opera di Quine ha contribuito a una larga accettazione dello strumentalismo nella filosofia della scienza.

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Citazioni [modifica]

"To be is to be the value of a bound variable" "No entity without identity." "Philosophy of science is philosophy enough." "We cannot stem linguistic change, but we can drag our feet. If each of us were to defy

Alexander Pope and be the last to lay the old aside, it might not be a better world, but it would be a lovelier language."

Quine was asked what was the correct collective noun for logicians. He replied "It is a sequitur of logicians."

Opere di Quine in italiano [modifica]

Il problema del significato, Ubaldini, Roma, 1966. Parola e oggetto, Il Saggiatore, Milano, 1970 Manuale di logica, Feltrinelli, Milano, 1960 Logica elementare, Ubaldini, Roma, 1968 La relatività ontologica e altri saggi, Armando, Roma, 1986 Saggi filosofifici 1970-1981, Armando, Roma, 1982 I modi del paradosso e altri saggi, Il Saggiatore, Milano, 1975 Logica e grammatica, Il Saggiatore, Milano, 1981 Quidditates: quasi un dizionario filosofico, Garzanti, Milano, 1991 La scienza e i dati di senso, Armando, Roma, 1987 Dallo stimolo alla scienza: logica, matematica, linguistica, Il Saggiatore, Milano, 2001 Da un punto di vista logico. saggi logico-filosofici, Cortina, Milano, 2004 (nuova traduzione

di Il problema del significato)

Testi su Quine [modifica]

Bottani, Andrea: Il riferimento imperscrutabile, Angeli, Milano 1996. Handjaras, L.: Epistemologia, logica e realtà: una introduzione a K. Popper e a W. V.

Quine, La Nuova Italia, Firenze, 1983 Marconi, Diego: Quine e le logiche devianti, Edizioni di Filosofia, Torino, 1975 Origgi, Gloria: Introduzione a Quine, Laterza, Roma-Bari 2000 Valore, Paolo: Questioni di ontologia quineana, Cusl, Milano 2001. Valore, Paolo: Introduzione al dibattito contemporaneo sulla distinzione tra analitico e

sintetico, Cuem, Milano 2000. Zanet, Giancarlo: Le radici del naturalismo. W.V. Quine tra eredità empirista e

pragmatismo, Quodlibet, Macerata, 2007.

Voci correlate [modifica]

Quine Paradosso di Quine Metodo di Quine-McCluskey Donald Davidson Douglas Hofstadter Premio Schock Tesi di Duhem-Quine

Altri progetti [modifica]

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Wikiquote contiene citazioni di o su Willard Van Orman Quine

Collegamenti esterni [modifica]

(EN) Bibliografia completa delle opere di Quine (EN) HomePage di Quine (curata dal figlio, Douglas Boynton Quine)

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