pino daniele luned 4 gennaio 2016corrieredelmezzogiorno.corriere.it/methode_image/cassetto... ·...

16
Pino Daniele Lunedì 4 Gennaio 2016 www.corrieredelmezzogiorno.it I l più strano e ondivago tra i fenomeni sociali è la formazione dell’identità di un popolo. Man mano che la storia va avanti essa si costituisce, si perde, di- minuisce e si trasforma continuamen- te. Eppure, a pensarci, una volta acquisita dovrebbe rimanere così com’è: invece è la- bile e cambia di generazione in generazio- ne. Prendete noi napoletani, per esempio. Dominati, conquistati, invasi senza mai una guerra d’assedio, senza che mai abbia- mo pensato a difenderci e ad alzare barrica- te. Nati dal mare, accogliamo chiunque nella spesso fallace convinzione che chi ar- riva sia meglio di chi c’è; per cui quando si tratta di cacciare via siamo bravissimi, le quattro giornate sono un esempio, ma quando dobbiamo decidere chi siamo, quali siano gli elementi costitutivi di noi stessi, siamo molto meno abili. Qualche volta però capita che arrivi, anzi che nasca qui, qualcuno in grado di sinte- tizzare con una parola, un disegno, una no- ta la nostra identità. Che arrivi, o nasca qui, qualcuno in grado di arrivare senza sforzo a chi siamo, e come pensiamo, e quali senti- menti proviamo. Eduardo De Filippo, Raf- faele Viviani; Libero Bovio, Salvatore Di Giacomo e De Sica e Marotta, e prima di lo- ro Basile, Micco Spadaro hanno alzato i veli e hanno visto quello che c’era da vedere ne- gli occhi neri di un bambino per strada o nel canto di un pescatore. E lo hanno rac- contato. L’ultimo di questa fila di giganti è stato il ragazzo di Santa Chiara. Ha preso in mano la chitarra, ha alzato gli occhi e ha sentito e visto il nuovo suono del respiro della città; ci ha messo il mormorio dei pensieri, l’amore e la rabbia mescolati alla voglia di futuro, alla memoria del passato e all’insof- ferenza del presente. Ha aperto porte e finestre ed è entrato senza scavalcare davanzali, graffiando e ac- carezzando come facciamo noi, da queste parti, quando amiamo e odiamo, spesso contemporaneamente. Da allora, e quasi subito, ci siamo sentiti napoletani ogni vol- ta che il ragazzo di Santa Chiara prendeva in mano quella chitarra. È cambiato lui, un po’ alla volta, e noi storcevamo il muso e ci dicevamo: è cambiato. Poi però scoprivamo che era cambiato nella stessa direzione e nella stessa misura in cui eravamo cambiati noi, e ci ritrovavamo a sorridere e cantic- chiare il suo rumore, che era sempre il no- stro. Perché il ragazzo di Santa Chiara, co- me i giganti che l’hanno preceduto, erava- mo semplicemente noi che lo sentiamo an- cora cantare nel nostro cuore. E perché la sua canzone più bella è stata il silenzio dei centomila che, sotto una pioggia leggera a piazza Plebiscito, lo hanno guarda- to andar via senza andarsene mai più. © RIPRODUZIONE RISERVATA di Maurizio de Giovanni Ha preso in mano la chitarra e ha sentito il suono, il respiro nuovo di Napoli Ci chiedevamo: è cambiato? Poi scoprivamo che cambiavamo anche noi Il ragazzo di Santa Chiara vive tra i giganti della città Sul web È possibile consultare lo speciale dedicato a Pino Daniele sul sito internet www.corrierede lmezzogiorno.it UN ANNO SENZA IL MASCALZONE LATINO DINO BORELLI

Upload: duongkhue

Post on 07-Apr-2018

237 views

Category:

Documents


4 download

TRANSCRIPT

Pino DanieleLunedì 4 Gennaio 2016 www.corrieredelmezzogiorno.it

Il più strano e ondivago tra i fenomenisociali è la formazione dell’identità diun popolo. Man mano che la storia vaavanti essa si costituisce, si perde, di-minuisce e si trasforma continuamen-

te. Eppure, a pensarci, una volta acquisita dovrebbe rimanere così com’è: invece è la-bile e cambia di generazione in generazio-ne.

Prendete noi napoletani, per esempio.Dominati, conquistati, invasi senza maiuna guerra d’assedio, senza che mai abbia-mo pensato a difenderci e ad alzare barrica-te. Nati dal mare, accogliamo chiunquenella spesso fallace convinzione che chi ar-riva sia meglio di chi c’è; per cui quando sitratta di cacciare via siamo bravissimi, lequattro giornate sono un esempio, ma quando dobbiamo decidere chi siamo,quali siano gli elementi costitutivi di noistessi, siamo molto meno abili.

Qualche volta però capita che arrivi, anziche nasca qui, qualcuno in grado di sinte-tizzare con una parola, un disegno, una no-ta la nostra identità. Che arrivi, o nasca qui,qualcuno in grado di arrivare senza sforzo achi siamo, e come pensiamo, e quali senti-menti proviamo. Eduardo De Filippo, Raf-faele Viviani; Libero Bovio, Salvatore DiGiacomo e De Sica e Marotta, e prima di lo-ro Basile, Micco Spadaro hanno alzato i velie hanno visto quello che c’era da vedere ne-gli occhi neri di un bambino per strada onel canto di un pescatore. E lo hanno rac-contato.

L’ultimo di questa fila di giganti è stato ilragazzo di Santa Chiara. Ha preso in manola chitarra, ha alzato gli occhi e ha sentito evisto il nuovo suono del respiro della città;ci ha messo il mormorio dei pensieri,l’amore e la rabbia mescolati alla voglia difuturo, alla memoria del passato e all’insof-

ferenza del presente. Ha aperto porte e finestre ed è entrato

senza scavalcare davanzali, graffiando e ac-carezzando come facciamo noi, da questeparti, quando amiamo e odiamo, spesso contemporaneamente. Da allora, e quasisubito, ci siamo sentiti napoletani ogni vol-ta che il ragazzo di Santa Chiara prendeva

in mano quella chitarra. È cambiato lui, unpo’ alla volta, e noi storcevamo il muso e cidicevamo: è cambiato. Poi però scoprivamoche era cambiato nella stessa direzione enella stessa misura in cui eravamo cambiatinoi, e ci ritrovavamo a sorridere e cantic-chiare il suo rumore, che era sempre il no-stro. Perché il ragazzo di Santa Chiara, co-

me i giganti che l’hanno preceduto, erava-mo semplicemente noi che lo sentiamo an-cora cantare nel nostro cuore.

E perché la sua canzone più bella è stata ilsilenzio dei centomila che, sotto una pioggialeggera a piazza Plebiscito, lo hanno guarda-to andar via senza andarsene mai più.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Maurizio de Giovanni

Ha preso in mano la chitarra e ha sentito il suono, il respiro nuovo di NapoliCi chiedevamo: è cambiato? Poi scoprivamo che cambiavamo anche noi

Il ragazzo di Santa Chiaravive tra i giganti della città

Sul webÈ possibile consultare lo speciale dedicato a Pino Daniele sul sito internet www.corrieredelmezzogiorno.it

UN ANNO SENZA IL MASCALZONE LATINO

DIN

O B

OR

ELLI

NA2 Lunedì 4 Gennaio 2016 Corriere del Mezzogiorno

Il percussionista ricorda il “fratello in blues”«Una volta mi confidò: io mi ritengo molto fortunato,dopo l’operazione al cuore dovevo campare dieci annie invece ne sono trascorsi ben ventiquattro»

«Porto semprela coroncinache mi regalò»

«O gnuno di noi ha un destino e hacose da fare - quelli più fortunatiriescono a farle. Tullio, la mia vitaè legata ad un filo. Dopo l’opera-

zione dovevo campare 10 anni, ne sono passati 24.Personalmente mi ritengo molto fortunato…».

Con la schiettezza e la tranquillità un po’ ironi-ca che lo contraddistinguevano, Pino mi dissequeste parole a Conegliano durante una dellepause dell’allestimento del tour Nero a metà didicembre 2014. È l’immagine, la prima di tante,che con naturalezza scorrono pensando alla scomparsa, un anno fa, del nostro “fratello inblues”. Più rifletto, più mi rendo conto di quantipunti di contatto esistevano nei nostri modi di esplorare la vita oltre le vicende professionali e diquanto riuscivamo ad intenderci nelle vicissitudi-ni quotidiane e nel rapporto col nostro mondo econ Napoli, la nostra città.

Rivivo con amore e nostalgia i momenti passatiassieme, rivedo Ciro ‘o barbiere, che veniva in al-bergo e ci radeva mentre discutevamo della scalet-ta per i concerti di Tutta n’ata storia a Napoli. In-dosso ancora quella maglietta che mi regalò nel 2013 pecché nun si chiatto e non hai bisogno di in-dossare la camicia.’A maglietta è cchiù bella.

Ripenso ai momenti in cui non ci siamo sentiti emi rendo conto che non siamo mai stati separati:la presenza di Pino mi ha sempre accompagnatomentre componevo una canzone, mentre valutavouno strumento, mentre semplicemente acquistavoun nuovo indumento.

Pino Daniele ha firmato magiche poesie, ha in-terpretato sentimenti e scritto tanto, fino a porsicome inevitabile termine di confronto per chiun-que di noi abbia intenzione di cimentarsi con la

produzione di liriche legate a Napoli. Il suo blues,la sua musica dal respiro ampio e globale, dal jazzalle contaminazioni etniche, fino alle sperimenta-zioni coi madrigali e Gesualdo da Venosa, la sua voce particolare e unica, il suo legame a doppio filocon la realtà partenopea, lo hanno portato in tuttoil mondo, hanno dato lustro a Napoli e all’Italia al-lo stesso modo in cui il soul di Ray Charles ha fattoper gli States. La filosofia di vita di Pino era intrisadi volontà e fatalismo e di amore per i suoi figli e lasua chitarra. Vai mo’, ca si nun vai mo’, nun vaicchiu era solito affermare, celebrando con forza lasua voglia di andare sempre avanti.

Sin dal suo primo lavoro, Terra mia, ho comin-ciato a capire ed apprezzare la sua Musica, che eraanche la mia Musica. Emergeva immediatamenteun grandissimo gusto negli arrangiamenti e la ca-pacità innata di valorizzare le qualità dei musicisti;

Chi è

Tullio De Piscopo è nato a Napoli il 24 febbraio 1946. E’ considerato uno dei più bravi batteristi europei

E’ stato in particolare grande amico e collaboratore del bluesman Pino Daniele

Spero che le mie canzoni coltivino il fiore dell’emozioneDa lì nasce la vera coscienza

di Tullio De Piscopo

«Ti proteggerà»Quand’ero ricoverato se la sfilò e delicatamente la appoggiò attorno al mio collo e sul petto

Pinodixit

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Gennaio 2016 NA3

Pino era solito cercare la circolarità nei brani, tolle-rava l’”errore singolo” ed il groove che poteva an-dare più veloce o più lento, ma mai “statico” e “pa-rallelo”: è una impostazione particolare che ha ag-giunto grande spettacolarità a tutti i tour che ab-biamo fatto assieme.

La vita in tour era concitata, il feeling fra di noimolto alto ed il rapporto coi fans intenso e pieno dientusiasmo. In uno dei primi concerti ad Alghero,un fan in mezzo al pubblico riuscì ad impossessar-si e far sparire la famosa sciarpa di Pino (che gliavevo regalato, sottraendola a mia moglie). In que-gli anni la indossava a ‘mo di capotribù indiano,caratterizzando così quell’icona che ancora oggitutto il suo pubblico ricorda. Inaspettatamente ilgiorno dopo ad Olbia in mezzo a tantissima genteindividuai lo stesso fan che si era impossessato della sciarpa, riuscendo a farmela restituire. Pino

Sono lunatico da morire, un momento sono felice e l’attimo dopo depresso

Penso che ad un anno dalla sua scomparsa i va-lori che Pino Daniele comunicava attraverso la suapoesia e la sua musica siano più che mai vivi in tut-ti noi; Pino credeva con forza nei progetti che por-tava avanti sopportando serenamente le “cose delmondo”, alimentava la fede in sé stessi e nei grandiuomini, sosteneva la ribellione contro i soprusi, leingiustizie ed i ‘furbi’, «quelli che ti hanno imbro-gliato, ma che poi alla fine si sono imbrogliati dasoli».

Caro Pino, solo dopo che sei passato a nuova vi-ta, in tanti si sono accorti di quanto ti amavano. Ilmiglior modo per ricordarti, in questo anniversa-rio, è attraverso il silenzio, senza fare rumore, per-ché il rumore e chi grida troppo non ti piacevano.Ti ferivano le orecchie.

Con te per sempre. Tullio© RIPRODUZIONE RISERVATA

sapeva dare conforto e mi ha dato conforto in unodei miei momenti più bui. Ero reduce dalla lotta col male oscuro, che si era impossessato di me.Venne a trovarmi in ospedale. Era visibilmente af-franto, ma, mentre mi parlava, infondeva serenitàe amore. Ad un certo punto, dopo un istante di ri-flessione, spostò lo sguardo sulla coroncina che indossava da sempre sotto la maglietta. Una coron-cina di cotone nero, finemente intrecciato, termi-nata con una piccola croce. Se la sfilò e delicata-mente la appoggiò attorno al mio collo e sul petto.

«Ecco Tullio, voglio lasciarti questo pensiero,mi ha protetto in tutte le situazioni avverse, macredo che ora tu ne abbia più bisogno».

È stato un momento che non potrò mai più di-menticare: da allora, tutti i giorni, quando indossola coroncina per uscire, la figura di Pino e le sueparole mi sorreggono come un viatico.

Sul palcoNella foto grande Tullio De Piscopo con Pino Daniele e nelle altre il percussionista in alcune foto d’epoca

NA4 Lunedì 4 Gennaio 2016 Corriere del Mezzogiorno

«L a nostra amiciziarisale agli inizidegli anni ’70. Ungiorno ero a casa

mia a Miano – ricorda JamesSenese – stavo ascoltando mu-sica, stavo suonando, quandosquillò il telefono. Dall’altraparte della cornetta un giova-ne mi chiedeva se potevo in-contrarlo; voleva conoscermi esuonare nei Napoli Centrale.Si presentò: ‘mi chiamo Giu-seppe Daniele’».

Mister Sax James Senese co-sì ricorda il primo incontrocon quello che sarebbe diven-tato uno dei suoi fratelli di musica, proprio come accadu-to qualche anno prima conMario Musella e Franco DelPrete.

«Qualche giorno dopo la te-lefonata – continua James -venne da me. Era grande, unpo’ goffo ma molto simpatico.La cosa che mi colpì subito fuil suo entusiasmo, il suo amo-re per la musica, per la chitarrae per la sua città. Non stavanella pelle. Mi fece ascoltareuna manciata di canzoni cheaveva scritto e mi piacqueroimmediatamente. In quei suoiprimi pezzi, per niente acerbi,già c’era dentro tutta la sua na-poletanità verace, mai eccessi-

a chitarra già ci sta’. Lui mi ri-spose ‘ma io suono la chitarra’.‘Nun fa niente’ gli dissi ‘prendiquesto basso e suona’, lui sor-rise e iniziò. Con i Napoli Cen-trale ci accompagnò qualchevolta solo dal vivo. Negli anninon ci perdemmo mai di vistafin quando non mi volle ac-canto a se a partire dal suo di-

cune delle sue più belle com-posizioni, quelle contenute inalbum cult come Pino Daniele,‘Nero a metà, Vai mo’. Da gen-naio scorso ho perso un altrofratello, com’era accaduto anniorsono con Mario Musella. Sene sono andati via entrambimolto presto. Il dolore per laloro perdita è insanabile. Ioprovo a ricordarli entrambiogni sera soffiando nel miosax, suonando. Alcune voltel’emozione è talmente forteche mi si strozza il fiato ma poipenso a loro che mi dicono Jèca stai cumbinann … sona pernuje ca stamm ‘ccà cu ttè.

«La notte che Pino è volatovia – conclude Senese – misentivo strano, non riuscivo adaddormentarmi. Mi svegliai disoprassalto impaurito, sudato,avevo addosso una strana ebrutta sensazione. Poi unosquillo, il telefono, la notiziaassurda… non ci credevo, pen-savo fosse solo uno scherzo dicattivo gusto. Poi vidi su inter-net lo scritto di Eros Ramaz-zotti che salutava il mio amico.Pino e la sua musica sono statiun dono per tutto il mondo:un altro come lui non nasceràpiù».

Carmine Aymone© RIPRODUZIONE RISERVATA

«Era goffo ma simpatico, voleva suonare»James Senese e il primo incontro con Pinotto: «Mi telefonò e disse: sono Giuseppe Daniele e vorrei conoscerti. Mi fece ascoltare i pezzi che aveva scritto, mi piacquero immediatamente»

sco omonimo del 1979». Da allora nacque un sodali-

zio artistico tra i più prolifici eimportanti del panorama mu-sicale nazionale. «Proprio co-sì. Pinotto è stato uno dei piùgrandi artisti non solo di Na-poli e neanche solo del nostropaese – continua Senese - edio col mio sax ho ricamato al-

va, mai sguaiata che si sposavacon il blues, il jazz, mediterra-neo».

«Mi chiese subito dopo aversuonato cosa ne pensassi,guardandomi negli occhi qua-si a voler capire prima dellemie parole il mio giudizio. Glidissi ‘ok Pino però a me serveun bassista non un chitarrista,

Napoli CentraleJames Senese ha tenuto a battesimo Pino Daniele in Napoli Centrale e poi con lui ha stretto un prolifico sodalizio

Chi è

Gaetano, per tutti James, è nato a Napoli il 6 gennaio 1945 nel rione Miano, figlio di James Smith, soldato afroamericano, e di Anna Senese. Ha iniziato giovanissimo la carriera di sassofonista

Fondatore del gruppo Napoli Centrale, ha collaborato ai dischi d’esordio di Pino Daniele

Non sopporto le persone che appaiono troppo sicure di sé Un po’ di umiltà ci vuole

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Gennaio 2016 NA5

NA6 Lunedì 4 Gennaio 2016 Corriere del Mezzogiorno

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Gennaio 2016 NA7

L’intervista /1 Il chitarrista britannico

Phil Palmer«Le nostre giornate passate a suonare»«Io e lui eravamo soul mates, anime gemelle»

«P ino ed io eravamo soulmates, anime gemelle. Ciuniva l’amore per la musi-ca e soprattutto per la chi-

tarra. È stato un grande artista e per meun grande amico. Nel mio animo oggi c’èuna ferita profonda. Trascorrevamo giornate insieme a casa sua a suonare,comporre; il tempo volava via in fretta,senza accorgercene». A parlare è PhilPalmer, ex Dire Straits, leggendario chi-tarrista britannico, negli ultimi anni alfianco del mascalzone latino con cui haco-prodotto Tutta n’ata storia– Vai mo’– live in Naples, il cd/dvd del concertodel 2008.

«Grazie a Pino – continua il musicista- ho conosciuto dai suoi racconti la suacittà, Napoli. L’ho visitata quest’estate inoccasione della mostra Rock! al Palazzodelle Arti di Napoli e passeggiando tra lesua strade, i suoi vicoli, le sue piazze, os-servando il mare, ho compreso perchélui l’amava così tanto pur vivendo fisica-mente lontano. Napoli è proprio vero – elui me lo diceva - prende l’anima, grazie aquella sua energia così densa, forte, chesembra alimentare anche la sua gente.Ricordo con affetto il nostro concertonello stadio di Cava de’ Tirreni al fiancodell’amico Eric Clapton, fu un live-pro-getto benefico “Concert For Open Onlus- In Aid Of Children”. In quello stesso sta-dio avevo già suonato nel luglio del 1992con Mark Knopfler e i Dire Straits in oc-casione dell’ “On Every Street WorldTour”. Pino quella sera era molto emo-zionato ma felice come un bambino. Lasera prima dell’evento facemmo tutto ilconcerto a porte chiuse come prova ge-nerale. Ricordo che durante un suo asso-lo Eric Clapton scese dal palco, si sedettesu una sedia, e dopo averselo gustato loapplaudì sorridendo, Pino si commos-se». Phil Palmer, che ha scritto anche laprefazione del volume edito da Rogiosi«Napule è. I Luoghi di Pino Daniele», at-tualmente è impegnato con il progettomusicale «Promised Land» realizzatocon sua moglie, nonché produttrice e ar-tista Numa. Un progetto in supporto deipopoli che fuggono dalla miseria e dalleguerre. Il brano «Promised Land» scrittoda lui con Paul Bliss ed interpretato daNuma, che vede la partecipazione di al-

cuni tra i più grandi musicisti del mon-do, come Steve Ferrone, John Giblin eDanny Cummings, è un inno alla pace eall’unione tra i popoli. «”PromisedLand” – spiega Palmer - è la terra pro-messa che tutti cerchiamo e che risiedeprima di tutto nei nostri cuori. Tratta iltema tanto attuale dei profughi. Di chi ècostretto ad abbandonare la propria casaper cercare un futuro altrove. Famiglieche scappano dalla propria terra, schiac-ciate dal dolore, dalla fame». Palmer è uno dei più grandi chitarristi del mondo,nipote d’arte (i suoi zii sono i fratelli Raye Dave Davies dei Kinks), ha suonato conartisti come Bob Dylan, Frank Zappa, Pe-te Townshend, Eric Clapton, Roger Dal-trey, Elton John, Tina Turner, George Mi-chael, Bryan Adams, Robbie Williams e Celine Dion. Nel 1991 ha partecipato allaregistrazione dell’album «On Every Stre-et» dei Dire Straits, partendo con loroper il tour mondiale. In Italia è noto per ilsuo assolo entrato nella storia nel branodi Lucio Battisti «Con il nastro rosa» eper aver lavorato con Baglioni, Ramaz-zotti e per molti anni con Renato Zero.

Ca. Ay.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ex Dire StraitsPhil Palmer ha coprodotto il cd/dvd del concerto del 2008 «Tutta n’ata storia - Live in Naples»

L’intervista /2 Il sax dei King Crimson

Mel Collins«Un vero privilegiolavorare con Pino»«Creava la stessa magia in studio e sul palco»

P ino Daniele è stato il più inter-nazionali dei cantautori italia-ni, per aver collaborato in tempinon sospetti con numerosi arti-

sti stranieri e di diverse estrazioni mu-sicali. Nell’orbita sonora del mascalzo-ne latino è entrato anche il sassofoni-sta e flautista britannico Mel Collins.Collins è una vera leggenda; è statomembro dei King Crimson di Re Cre-misi Robert Fripp (dal 1970 al 1972),della progressive rock band dei Camel,dei Caravan, dei Dire Straits. Ha suona-to con icone della musica popolarecontemporanea come Bryan Ferry, Rol-ling Stones, Eric Clapton, David Syl-vian, Tears for fears, Tina Turner, TomWaits, Joe Cocker, Pete Townshend, Te-rence Trent D’Arby, Phil Manzanera so-lo per citarne alcuni. Nel 1984 inizia lasua collaborazione con Pino Danielelavorando alla registrazione dell’albumMusicante il sesto in studio dell’artistadi Santa Chiara, contenente brani or-mai entrati nell’immaginario collettivodi più generazioni come Lazzari felici,Keep on movin, Stella nera, Santa Te-resa. Da allora Collins parteciperà an-che ai dischi Bonne Soirèe (1987) e Boo-gie Boogie Man (2010) del mascalzonelatino. Racconta: «Pino è stato un gran-de musicista. Un chitarrista sensibile,dotato e dal suono unico, amato e sti-mato da tutti i suoi colleghi. Un musici-sta in grado di creare canzoni che rac-chiudessero le melodie delle sue origi-ni mediterranee col blues americano eil rock di matrice britannica. Tutto inlui avveniva in maniera naturale, flui-da. Suonava sempre col sorriso e con lagioia di farlo. Era instancabile, viveva per la musica. Iniziammo la nostra col-laborazione verso la fine del 1983. Ra-dunò attorno a sé grandi musicisti co-me Alphonso Johnson al basso, il per-cussionista brasiliano Nanà Vasconce-los che andarono ad aggiungersi aisuoi cari amici e fidati compagni diviaggio musicale Rino Zurzolo al bas-so, Joe Amoruso alle tastiere e Agosti-no Marangolo alla batteria. In studio sirespirava tra noi un bel clima, tutto eramusica. Cosa questa che ho riscontratoanche negli anni successivi lavorandocon lui ad altri dischi. In Bonne Soirèe

ad esempio cambiò la formazione,c’erano Pino Palladino al basso, Jerry Marotta alla batteria, Mino Cinelu allepercussioni e Larry Nocella (che suonail sax nel brano Boys in the night). Stes-sa cosa nel 2010 con il disco ‘Boogie Bo-ogie Man’ in cui c’erano altri musicististraordinari come Rachel Z al piano,Matthew Garrison al basso e OmarAkim alla batteria. Nonostante le diver-se formazioni, Pino era capace di crea-re sempre la stessa magia, in studio esul palco, con chi gli era al fianco. Conla sua scomparsa non è solo Napoli e l’Italia che hanno perso e pianto ungrande artista, un loro amico, ma tuttoil mondo». Conclude: «Ovunque an-dasse Pino era stimatissimo e rispetta-to da colleghi, pubblico e addetti ai la-vori. E’ stato un vero privilegio aver po-tuto condividere un po’ della mia storiamusicale con la sua». Mel Collins ora èdi nuovo in tour con i King Crimson diRobert Fripp con Tony Levin al basso,Jakko Jakszyk alla chitarra, e i tre batte-risti Gavin Harrison, Bill Rieflin e PatMastelotto.

Carmine Aymone© RIPRODUZIONE RISERVATA

King CrimsonMel Collins ha collaborato con Pino negli album«Musicante», «Bonne Soirée» e «Boogie Boogie Man»

«A me me piace ‘o blues», sì ma pure ‘o jazz, potremmo dire parafrasando uno dei titoli più fortunati di Pino Daniele. Ed è grazie a questa passione se tanti ragazzi degli anni ’80 hanno scoperto grandi musicisti americani. E Pino appariva in fondo come uno di loro, desideroso di incontrare i propri idoli ma con un jolly in più, quello di coinvolgere queste grandi star all’interno di progetti musicali. Una vera e propria vocazione iniziata nel 1982 con la collaborazione «live» con Gato Barbieri in Fiesta e poi con Bella ‘Mbriana, il quinto album di Pino, in cui schiera niente meno che due Weather Report: il sassofonista Wayne Shorter e il bassista Alphonso Johnson. Il 1984 è un altro anno di intensi incontri come

quello con Bob Berg che incide uno struggente assolo di sax tenore in Io vivo come te registrato dal vivo e inserito nell’album live Sciò. E ancora l’incontro con il guru del «nu jazz», il trombettista Don Cherry invitato a suonare in Stop Bajon, il brano scritto da Daniele per l’album Acqua e viento di Tullio de Piscopo, registrato nel 1983. E un’altra partecipazione a un suo album, Musicante del 1984, è quella del fantasioso percussionista brasiliano Naná Vasconcelos.. Dischi, quindi, ma anche indimenticabili partecipazioni a concerti, come quello del 17 luglio del 1988, con Pino ospite a Perugia di «Umbria Jazz», per suonare la chitarra con la prestigiosa band del batterista Steve Gadd e

del contrabbassista Eddie Gomez, comprendente anche Ronnie Cuber al sax baritono, Richard Tee al piano e Cornell Dupree alla chitarra. Nel 1991 altre due importanti incontri, con i Yellow Jackets, con cui suona dal vivo, e con Mick Goodrick, lo storico chitarrista post bop a cui affida un assolo in Che soddisfazione, compreso in «Un uomo in blues». Il 1993 è l’anno di Chick Corea, chiamato ad accompagnare la sua voce nell’album Che dio ti benedica, per cantare Sicily; poi si va a Ralph Towner, la mitica chitarra degli Oregon a cui affida lo strumentale Two pisces in alto mare, per finire con Randy Crawford che traduce in inglese e fa sua in tournée la celebre Quanno chiove,

ovvero It’s raining, mentre si lascia accompagnare dalla chitarra di Pino nel suo cavallo di battaglia Street life. Solo due anni più tardi il tour di Non calpestare i fiori nel deserto con un altro gigante del jazz come Pat Metheny. Ancora un chitarrista, Al di Meola, le cui atmosfere latine hanno sempre affascinato il cantautore napoletano. Ormai Pino si è trasformato in una grande stella pop, ma non rinnega le radici blues e i suoi amici jazzisti, anzi. In Medina, del 2001, convoca dei mostri di tecnica come il vibrafonista Mike Mainieri, il bassista Victor Bailey e il batterista Peter Erskine, lo stesso che registrerà con lui anche Passi d’Autore del 2004 e Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui del 2007. Infine grande tris di percussionisti per il suo ultimo album in studio, La grande madre del 2012, con Mino Cinelu, Steve Gadd e Omar Hakim. Infine con Eric Clapton (foto) suonò a Cava de’ Tirreni in un memorabile concerto il 24 giugno 2011.

Stefano de Stefano© RIPRODUZIONE RISERVATA

Le altre collaborazioni e contaminazioni internazionali

Da Pat Metheny a Chick Corea «A me me piace ‘o jazz»

Ho dei sogni irrealizzabili: uno è Sting, l’altro è Howard Jones, unaltro, parrà strano, Boy George

NA8 Lunedì 4 Gennaio 2016 Corriere del Mezzogiorno

Il manifestodi Napoli onestadi Gianluca Abate

Rinchiuderela storia di Pinoin una canzone èu n p o ’ c o m esuonare la chi-tarra costretti autilizzare un so-

lo accordo. Ma, se proprio de-vo scegliere, dico Chi tene ’omare (ascoltatela nella versio-ne cantata con Franco Battia-to). È un manifesto della napo-letanità onesta. Quella di chiama la sua città, ma vede ognigiorno questa città lasciarlocon la bocca secca. «Fesso econtento», insomma. E consa-pevole che non sarà solo labellezza a salvarci. Ché chi tene’o mare non tene niente.

Viento e quellanostalgia ribelledi Angelo Agrippa

H o s c e l t oViento, benchésia complicatostaccare un solopetalo da unarosa fitta di can-zoni che ha ani-

mato il sottofondo musicaledella mia gioventù. Viento, inetà matura, mi restituisce laforza di una nostalgia rivolu-zionaria e il rimpianto di unorizzonte ideale di cui avverto(e spero con me tanti altri mieicoetanei) una terribile man-canza. Del resto, la opaca e di-sorientante caducità del no-stro tempo si rende spesso piùumiliante di qualunque fugaceillusione adolescenziale.

Notte che se ne vaI miei anni beatidi Mirella Armiero

Melodia lentasu uno strug-g e n t e r i t m oblues, Notte chese ne va aprì unosquarcio nellamia ingenua vi-

sione del mondo, nei beati an-ni dell’adolescenza. Pierluigiera un mio compagno di clas-se un po’ più addentro alle co-se della vita e mi rispose conuna certa ruvidezza quando glichiesi cosa significasse «fare‘e cartune». Prima di alloraignoravo che qualcuno per vi-vere potesse girare la sera perle strade a raccogliere cartonibuttati via da altri. Me lo ha in-segnato Pino Daniele.

Lecce-NapoliI know my waydi Salvatore Avitabile

E r a i l 1 9 8 1quando a Disco-ring ascoltai perla prima voltaYes I know myway di Pino Da-niele. Rabbia,

energia, calore: divenne la co-lonna sonora della mia adole-scenza. Sono passati tanti annie oggi lo è ancora, soprattuttoper me che, per circa vent’an-ni, ho lavorato tra Roma e Lec-ce. Ogni volta che in auto tor-navo a Napoli ascoltavo subitoil «mio» pezzo, un vulcano dienergia e allegria che mi ren-deva orgoglioso di essere natoa Napoli. Accade ancora cosìquando viaggio.

Je so’ pazzoil rito liberatorio di Titti Beneduce

Erano gli annidell’adolescen-za: mi rispec-chiavo in quellacanzone graf-fiante e innova-tiva con finale

catartico, che le prime radio li-bere trasmettevano di conti-nuo. Assieme a «Gianna» diRino Gaetano, Je so’ pazzo fula colonna sonora del mio1978. Ma le canzoni scandiva-no momenti di allegria in uncontesto già percepito comecupo: l’incubo del terrorismo,la crisi economica, le tensionisociali pesavano. Ero una ra-gazzina ma già lo sentivo, quelpeso.

Ricco e poveroin una canzonedi Vincenzo Esposito

C a n zo n e d isperanza e di di-sperazione, unafoto di Napoli inmelodia e dellemille contraddi-zioni di una città

ricca e povera allo stesso tem-po. Ho sempre pensato cheuna canzone è bella quando tifa provare i brividi sulla pelle.E questa lo fa, sempre. Alme-no a me. Chi tene ‘o mare ‘o sainun tene niente, ma detto dachi pensa l’esatto contrario. Abbiamo molto ma non sap-piamo sfruttarlo. Napoli è po-vera dalla spiaggia verso l’in-terno. È la città più ricca d’Ita-lia dalla spiaggia verso il mare.

Je sto vicino a teIl mondo è sporco di Natascia Festa

Quando uscìquesto brano(1979), non riu-scivo a capireperché Pino di-cesse «je sto vi-cino a te, pecché

‘o munno è spuorco». Bambi-na, mi chiedevo: sporco diche? Poi ‘ncoppa ‘a sagliutadegli anni, vivendo con e cien-to strilla attuorno, consapevo-le di fatti visti e scritti, per iquali jesce pazzo tutt’e juornepe’ capì, finalmente m’è statotutto chiaro: ‘o munno è pro-prio spuorco. Per questo ci vuole chi sta vicino a te «pe’nun piglià cadute» e «fin’ache nun duorme».

Furtunato, vince ogni stanchezzadi Carmine Festa

H o s e m p r epensato di esse-re uno come lui.Furtunato . Sìperché lui è unoche va avanti.Nonostante tut-

to e tutti. Conosce la fatica an-che fisica del lavoro duro, ognimattina spinge un carretto ditaralli, ma lo fa con leggerezzae ironia. Saluta, scherza. Saleggere l’anima vera delle per-sone. Capita che la vita ognitanto mi presenti, come fa contutti, qualche difficoltà, unastanchezza. E quello è il mo-mento in cui nella mia menteripeto: furtunato tene ‘a rrob-ba bella. E vado avanti.

AppocundriaL’apatia buonadi Vanni Fondi

I brani brevidi Pino Danielesono un mondoa parte che cele-b r a e c h i u d ecompiutamentei suoi dischi .

Ma, più che l’alleria, a defini-re meglio l’uomo e l’artista èl’appocundria. Quella narratada Pino non è l’ipocondria,ma un’apatia tutta napoleta-na, un’indolenza buona. Dichi ha sempre voglia anchequando è sazio, ma che ti fadire di essere a dijunu. Un’ap-pocundria che scoppia ogneminuto ‘mpietto, ma che èniente, non fa niente: è di tuttie di nisciuno.

Quel «niente»che è tuttodi Enzo d’Errico

Ci sono piccolefrasi che si rincorro-no in una vita e cheil passare degli annirende diverse. Una ècertamente: Senza‘e te nun so’ niente.

Ma sussurrarla nell’incendio di unamore giovanile, quando il temponon ha perimetro e le parole sonosempre pronte a un altro viaggio, non ha lo stesso gusto del pronun-ciarla oltre la metà del cammino, difronte alla linea dell’orizzonte. Per-ché sai che quel «niente» è autentico,carnale. Come i versi di Pino. Che og-gi canto con lo sguardo affondato ne-gli occhi della donna che per me ètutto. E senza la quale «nun so’ nien-te». Davvero, finalmente.

Napule è, branosenza stereotipidi Antonio De Rose

Non ho dub-bi, è Napule è:poesia dissa-crante, dirom-pente, penetran-te, che mi è en-trata dentro è c’è

restata nel tempo. Prima di Pi-no Daniele la canzone napole-tana era ferma ai vecchi stereo-tipi di amore, pizza e mandoli-no. In Napule è, la città non èpiù ‘o paese d’ ‘o sole e d’ ‘omare, ma quella dei contrasti edella varietà di umori, colori,atmosfere. In questo brano Pi-no Daniele «fotografa» un’al-tra Napoli, quella che, immu-tabile, abbiamo ancora sottogli occhi.

Il nostro

Contaminazioni da Gay Cavalierdi Anna Paola Merone

Sonorità ine-dite, ricche dicontaminazioni,e di suoni nonscontat i . GayCavalier mi pia-ce per questo: è

un brano diverso da tutti, nonallineato, che mette insiemeuniversi solo apparentementelontani. Un artista afroameri-cano e un napoletano, il falset-to di Pino Daniele e le profon-dità di Richie Havens, il folksinger che aveva aperto Wood-stock con Freedom. Un grandeduetto per una grande canzo-ne. E per due artisti da scopri-re. E riscoprire oltre i luoghi comuni.

Amarcord felicedei luoghi di Pinodi Luca Marconi

È bello ricor-dare Pino sere-no e in viaggio.Ci sono tantecanzoni che an-che solo per unistante hanno fi-

nito per accompagnare moltedelle nostre giornate dal risve-glio, dint ‘e viche ‘miezz’ al-l’ate, non a caso due colleghi che Pino lo hanno conosciutoda vicino ci hanno scritto unlibro su “Napule è..i luoghi diPino Daniele”, diventato poiuna docufiction e presto an-che un’app per turisti, anche esoprattutto perché quelle notecapitali sono Viento e Appo-cundria tutti partenopei.

Quando salpòquel Ferry boatdi Chiara Marasca

Una sola can-zone? E come sifa? Ok, allora pe-sco un pezzo tra iprimissimi cheho ascoltato, per-ché ho la fortuna

di ricordare quel pomeriggio incui infilai una cassetta nel regi-stratore. Era di mio fratello, glie-l’aveva registrata un amico, di cuiero cotta. Un “amore” passegge-ro mi traghettò verso una passio-ne inesauribile. A bordo di unFerry boat. Mi stregò il ritmo, ir-resistibile, il mix linguistico, maisentito, il sapore del viaggio. Inun attimo ero su quella nave caluntano ce porta e nun ce fa pen-zà. Non sono più scesa.

Io, lui e mio figlioÈ amore purodi Silvia Marotta

«Mamma co-m e s i c h i a m aquella canzonedi Pino Danieleche dice pecchésenz’ e te nun so’niente?» Amo

questa canzone, perché mio fi-glio me la canta e la cantiamoinsieme e ce la dedichiamosenza dire una parola, la matti-na nel lettone. Io, lui e suo pa-dre, tutti e tre a cantare guar-dandoci negli occhi, sorriden-do. Avete sentito le parole? Èamore puro: io ti sento come ilsangue nelle vene…. Un amoresenza se e senza ma, che non sipuò spiegare, accade e basta,come è accaduto a noi.

I miei legamicon Terra miadi Imma Meoli

Non sono cre-s c i u t a c o n l ecanzoni di PinoD a n i e l e , m aquella che mi le-ga a lui è Terramia perché mi

riporta alla mia terra... Sononata in un piccolo paesino a ri-dosso della catena del Partenioe con quella terra ho un fortelegame e come dice lo stessoPino: comm’ è bello a la penzà,comm’ è bello a la guardà. Imiei ricordi e i miei affetti piùgrandi sono in quella terra... laTerra mia... dove scappo appe-na posso per «sentire» e «ve-dere» le persone che hannoriempito la mia vita.

Un antidotochiamato alleriadi Antonio Matarese

Non sono unfan sfegatato diPino Daniele, so-n o c r e s c i u t oascoltando le can-zoni di EdoardoBennato, però se

dovessi scegliere un brano prefe-rito in testa alla mia playlist met-terei Alleria. Amo particolarmen-te questa canzone anche perché èun tema tanto caro a noi napole-tani, il bisogno di allegria comeantidoto alle angustie dell’esi-stenza pratica ed emotiva; la vocee la sua esplosione fluttuano nel-l’aria attraverso docili passaggi dipiano e contrabbasso, suggellan-do lo stato d’animo principe del-l’essenza partenopea.

Anna verràUn giorno di soledi Michela Esposito

Anna verrà .Era il 1989 quan-do Pino Danielepubblicò questacanzone e io miero da poco spo-sata. Iniziavo una

nuova vita entusiasta ma anchetimorosa. Sono legata a questacanzone perché Anna verrà èun inno alla speranza di un fu-turo migliore, esprime la vogliadi cambiare il mondo. Annaverrà e sarà un giorno pieno disole e allora sì ti cercherei forseper sognare ancora, sì, anco-ra… e io speravo che la mia vitafosse proprio così un giornopieno di sole. Anna è stata dibuon auspicio.

Pino

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Gennaio 2016 NA9

Nella tazzulellala vera musicadi Gabriele Bojano

Erano gli annipionieristici del-le radio privatequando per lap r i m a v o l t aascoltai Na taz-zulella ’e café.

Mi piacque subito il tono anti-conformista e antioleograficodi quel brano tant’è che io stes-so volli rilanciarlo nei pro-grammi di musica e dedicheche conducevo a Radio Stella.Era il 1977, Amanda Lear ilmassimo della trasgressione,e tutt’intorno Collage, SantoCalifornia e Giardino dei Sem-plici con la rima cuore-amore.Pino Daniele mi insegnò che lamusica poteva essere altro.

I say ‘i sto ccàe i miei sognidi Paolo Grassi

La sua vocero ca , d o l ce erabbiosa nellostesso tempo,mai potrò di-menticarla. E leemozioni che

Pino Daniele mi ha trasmessoin tutti questi anni sono rac-chiuse in I say i’ sto ccà, unadelle canzoni più belle di Neroa metà. Era il 1980 ed erano glianni dei grandi sogni, anche imiei. Grandi sogni e grandisperanze. I’ me imbriaco penun vedè ma so che sbaglieròme sento ‘a guerra il resto nonlo so cantava Pino. Riascoltarlaè sempre un piacere ed emo-zionante.

Negli sguardioltre le paroledi Magi Gava

Il mio ricordodi Pino Daniele èlegato alle va-c a n z e . O g n iestate partivamocon le nostre trefiglie per un giro

dei musei della Costa Azzurra.Erano 15 giorni solo per noi enel lungo viaggio in auto la co-lonna sonora era il cd di Pino ecantavamo insieme tutti i bra-ni. Quando arrivava questa canzone, Occhi che sanno par-lare, io e mio marito Pino ciguardavamo negli occhi e cisfioravamo le mani, non c’era bisogno di parlare, i nostri oc-chi trasmettevano l’intensitàdei nostri sentimenti.

Cuntento‘e sta’Ricordi romanidi Simona Brandolini

Quanto è veroche capisci cheun luogo fa par-t e d i t e s o l oquando sei lon-tana . Ecco, i lmio Pino Danie-

le è made in Rome. Un amicomi registra una cassetta (l’etàc’è cari miei e allora si cantavasu nastro) con una sorta dipersonale best of. La porto conme quando mi trasferisco nel-la Capitale, a far finta di stu-diare. L’ho consumata. Una sututte (devo scegliere per for-za): E so’ cuntento ‘e sta’. Per-ché, a dispetto del caratterac-cio, ma j’ sulo j’ sulo j’ sulonun pozzo stà.

Nel film di Troisiil mio leit-motivdi Alessandro Chetta

Qualcosa ar-riverà è la can-zone di chi comeme a Pino Da-niele ci è arriva-to tardi. È la co-lonna sonora di

un bel film. Il pezzo fa così: c’èTroisi nei panni azzimati diCamillo, a Parigi, che confessaalla dolce Vittoria: il topo mor-to l’ho mandato io al tuo vec-chio fidanzato. E dopo si ba-ciano, finalmente. Sul bacioparte subito la voce di Pino,che ricorda a Massimo e a noiche le vie del Signore a ben ve-dere sono infinite: voglio ‘omare/‘e quatto ‘a notte miezzo‘o pane.

‘Nu guaglionerivoluzionariodi Gimmo Cuomo

Sospinta dalmicidiale con-trabbasso di Ri-no Zurzolo lacanzone è unF r e c c i a r o s s al a n c i a to a l l a

massima velocità. E poi il te-sto, il tema del percorso dram-matico di chi non si ritrova nelproprio corpo e individua nel-l’operazione la «sola azionedecisiva». Esemplare messag-gio di comprensione per chi ècostretto a passare la «nottesotto a nu lampione» sognan-do un futuro «normale». Dopo36 anni la carica rivoluzionariadi Chillo è nu buono guaglionenon si è ancora attenuata.

Tutta n’ata storiaè nel mio cuoredi Paolo Cuozzo

Tutta n’atastoria ha segna-to il momento dicrescita interna-zionale per PinoDaniele, accom-pagnato nell’al-

bum Bella ‘mbriana da artisti di livello mondiale come Way-ne Shorter, lo storico sassofo-nista dei Weather Report. Ilpadre del jazz con il «re» delblues. Quei suoni non li ho piùdimenticati, erano e sono an-cora oggi il simbolo di un’arti-sta desideroso di «cambiare»e di una Napoli ambiziosa. So-no passati tanti anni ma quellacanzone resta sempre nel miocuore.

Essere “allero”?Basta pocodi Felice Naddeo

Trascorriamola nostra esi -stenza alla ricer-ca della felicità ed e l l ’a l l e g r i a .Pensando chissàquali cervelloti-

che cose riusciranno a donarciqualche momento di sano pia-cere. E pensare che basta dav-vero poco: putesse essere alle-ro cu’ mia figlia ‘mbraccia came tocca ‘a faccia e nun me faguarda’. La semplicità è l’es-senza della felicità, lo dicevaanche Trilussa. E questa can-zone di Pino Daniele lo confer-ma anzi ne è l’emblema. Gestidi vita quotidiana trasformatiin gioia.

Avevo 14 anni,amavo «Libertà»di Roberto Russo

Libertà trattoda «Terra mia».Pe r c h é c o m etantissimi an-ch’io a 14 anniero un adole-scente di provin-

cia, arrabbiato contro la socie-tà borghese e la Dc, il partitoche ai nostri occhi di «sinistri»incarnava tutti i mali del mon-do. Perciò quando sentivamointonare da Pino ce cammine‘mmiezo ‘a via parlanno ‘e li-bertà ma anche ‘o padronenun và duje sorde dice sempe‘e faticà. Sognavamo la rivolu-zione, poi siamo cresciuti econ la nostra rabbia se n’è an-dato anche Pino.

Mondi invisibilitutti da scopriredi Monica Scozzafava

Notte che se neva è il racconto diun mondo invisi-bile ma incredi-bilmente affasci-nante per chi de-cide di osservar-

lo. Pino, ero poco più cheragazzina, sollecitò la mia curio-sità. Mi aprì lo spaccato più verodi una parte di giornata, regnodel possibile, che nun da’ tur-miento a chi se vo’ ‘mbriacà.Notte che vene notte che va escestu’ juorno a chi amma aspettà.Nel rumore interminabile di unacittà viva. Eppure chi invece dor-me ha la sensazione che la nottetrascorra velocissima.... Unacontraddizione straordinaria.

Com’è stranoPino a Milanodi Laura Valente

Napule è nusole amaro. Ri-cordo ancora laprima volta cheho ascoltato lavoce di Pino nel-la cuffietta can-

tare questi versi, a Milano, se-duta sul tram. Il mitico 30 del-la circonvallazione che con-duce da porta Ticinese a portaRomana. Erano gli anni Set-tanta, quelli del liceo, dei can-tautori, dei collettivi e dellepassioni. Milano così lontanada Napoli. Allora non sapevoancora che questa «cartasporca» l’avrei scelta. Per me-stiere. Per amore. Con la vocedi Pino, sempre.

Teniamo ‘o mareFessi e contentidi Ketty Iaccarino

C’è un motivopreciso per cuipreferisco Chitene ‘o mare at u t te l e a l t rescritte da PinoDaniele che pur

fanno parte ormai del patro-monio genetico specialmentedi noi meridionali. Penso chePino Daniele in questi versi ab-bia saputo dipingere un per-fetto ritratto di noi napoletanie forse solo chi è nato e vive vi-cino al mare può capire fino infondo il gusto dolce e amaro diqueste parole. Perché in fondoè proprio vero che chi tene ‘omare ‘o sape ca è fesso e cun-tento.

A passi lentiin città non mia di Valeria Catalano

C h i t e n e ‘ omare ‘o sape caè fesso e cunten-to chi tene ‘omare ‘o ssajenun tene niente.Ho scelto Chi te-

ne o’ mare perché questa can-zone di Pino Daniele è dolce ecrudele. È un abbraccio e pureuno schiaffo che ha il potere dirisvegliarti dal sogno. È unbrano che sento molto perso-nale. Mi rivedo entrare a passilenti in una città, Napoli, chenon è la mia e che piano pianomi ammalia fino a conquistar-mi. E diventa occhi, cuore,sangue. Infine una rete. Diffi-cile da squarciare.

Quanno chiove,melodia galeottadi Patrizio Mannu

Ci sono canzoniche ti restano cuci-te addosso; me-glio: dentro. Acca-de a ognuno, an-che a me quindi: èQuanno chiove .

Perché? Già: ogni qualvolta ascoltoo il Re-7 dell’arpeggio iniziale ouna strofa nel mezzo, il pensiero èa quella sera di 33 anni fa: una fe-sta, un “lento” e un invito a quellaragazzina di 17 anni: Milena; giac-ché avevo deciso di smettere di fartappezzeria (fino a quel momentomagnificamente intonato con gliarredi). L’abbraccio, il ballo e me ne innamorai. È del primo amore che parliamo. A lei, ancor oggi –per l’allora – devo più di qualcosa.

Nella pioggiai ritmi della vitadi Ciro Scognamiglio

I n Q u a n n ochiove ecco Ilbasolato lustro epunteggiato damille scintillantipozzanghere, levoci ammutolite

dal tambureggiare della piog-gia, il silenzio che lascia parla-re i pensieri. Si può obiettareche non c’è nulla di tutto ciònel testo. E’ vero. Resto obbli-gato a concludere che è pro-prio questa una delle virtù deigrandi poeti, la capacità di re-stituire a ciascuno la memoriadi stati d’animo già vissuti, ri-portare in vita memorie sopi-te, lasciarci naufragare (in)fe-lici tra le onde dei ricordi.

Keep on movingÈ il mio mantradi Antonio Scolamiero

Keep on movi-n’ non lasciartiandare giù sevuoi cresceredavvero non tilamentare piùKeep on movin’.

Ecco in questa strofa della can-zone è sintetizzata una filoso-fia di vita. Va ripetuto a mo’ dimantra e funziona, ve lo assi-curo. In diverse occasioni,quando lo sconforto stava perprendere il sopravvento, ascol-tare le note di questo pezzo miha aiutato davvero a risalire lachina. A pensare che non è tut-to nero. E che bisogna muo-versi, sempre. E dunque: Keepon movin’.

Quanno chioveTriste o allegra?di Angelo Lomonaco

Quanno chio-ve è una canzo-ne triste o alle-gra? L’una e l’al-tra. Se cercate iltesto su internet,ne troverete an-

che una spiegazione fornita daPino Daniele. Parla di una pro-stituta che abitava nel suo pa-lazzo, aveva un’esistenza diffi-cile e tuttavia aveva fede cheprima o poi sarebbe migliora-ta. Io tutto questo non l’avevocapito. Né mi ero posto il pro-blema, come per i pezzi inglesie americani. Quello che mi af-fascina è l’atmosfera della can-zone, le storie che evoca, vere oimmaginarie. Di Pino. E mie.

Viento ‘e terraDirezione bluesdi Dario Gaipa

’A vita è ‘numuorzo ca ni -sciuno te fà dà’‘ncoppa a chelloca tene è un man-tra per me. Lamusica di Pino ci

ha sempre dato una direzione,Viento ‘e terra è la mia direzio-ne. Se non perdo troppo tempoa guardarmi inutilmente lo devoa questo pezzo. Quest’estate so-no andato a Valencia con Mauroper partecipare al tributo orga-nizzato da Max un amico musi-cista che vive lì e la coincidenzaha voluto che questo brano fos-se il tema di tutta l’esperienza. Tradotto: amici ritrovati, melo-die blues e un vento caldo.

NA10 Lunedì 4 Gennaio 2016 Corriere del Mezzogiorno

vo e anche in altri brani. Ma so-prattutto il ricordo più bello èche Pino chiese a me di farne latrascrizione musicale con cui de-positarla alla Siae. Io studiavo alConservatorio e non mi fu diffici-le realizzarla, ma la cosa più in-credibile è che mai avrei pensatoa quale successo avevo fra le ma-ni, una canzone davvero prede-stinata, alla quale sono contentodi aver dato il mio piccolo contri-buto».

Ma è vero che ogni volta checomponeva, anche negli annisuccessivi, Pino ci teneva sem-pre molto al tuo giudizio?

«Pino era una persona tena-cissima, che andava diritto per lasua strada, ma che sapeva ancheascoltare le idee e i pareri di chistimava. D’altra parte dalla fine degli anni ’70 e fino al 2015 io hoquasi sempre preso parte ai suiprogetti musicali, solo con unabreve interruzione all’inizio deglianni ’90, quando ebbe una svoltaun po’ più orecchiabile e rivolta aun pubblico italiano più vasto.Ma per il resto gli sono statosempre vicino, anche nei viaggicome a Cuba nei primi anni ’80 epiù di recente in Marocco, nellafase legata alle modularità ara-beggianti. Peccato solo non averintrapreso l’ultimo, quello dedi-cato al flamenco spagnolo, cheamava moltissimo grazie al-l’ascolto di maestri come il com-pianto Paco de Lucia o il più gio-vane Tomatito, che avrebbe do-vuto essere suo ospite nel nuovodisco. So che aveva già prontotutto il materiale per l’album. Maa questo punto chissà se verràmai pubblicato».

Stefano de Stefano© RIPRODUZIONE RISERVATA

Rino Zurzolo «Napule èla provavamo a casa mia»«Negli ultimi tempi Pino era affascinato dal flamencoSo che aveva già pronto il materiale per un album»

Chi è

Rino Zurzolo nasce nel 1958 in una famiglia in cui la musica è di casa. Il fratello Marco suona il sax. Con Pino Daniele, che conobbe a 13 anni, creò un trio dal nome difficile, Batrocomiomachia

F ra quelli che «Scennevano‘a Santa Teresa», comecantava Pino nel 1984 nel-l’album Musicante, c’era

anche Rino Zurzolo, il contrab-bassista che ha accompagnatotutta la vita artistica del cantau-tore napoletano, sin dal primotrio creato nel 1971 insieme aGianni Battelli, che all’epoca suo-nava il violino, e fino a quello chesarebbe stato il prossimo proget-to, quello stroncato dalla morte,dedicato al flamenco. Si conob-bero quando Pino aveva 16 anni eRino solo 13, un ragazzino, macon un talento da enfant prodigeche colpì subito la fantasia musi-cale del collega chitarrista. «È ve-ro – ricorda Zurzolo – io avevoiniziato a imparare il basso to-gliendo le corde più sottili a unachitarra che mi avevano regalatoda bambino e con la quale ac-compagnavo il chitarrista di casache era mio fratello maggiore,anche perché mi interessava so-prattutto il ritmo. Così suonandoin giro, finì che incontrai Pino che volle subito creare un trio, alquale qualche anno dopo si ag-giunsero anche Rosario Iermanoalla batteria, Paolo Raffone al

piano ed Enzo Ciervo alla voce.Scegliemmo un nome difficile eletterario, ma allora si usava così,ovvero Batrocomiomachia, unpoemetto greco sulla guerra fratopi e rane, e musicalmente ciorientammo su un rock progres-sivo e un po’ cervellotico vaga-mente ispirato ai King Crimson».

E cosa c’entrava Santa Tere-sa?

«C’entrava e come, perché do-po un primo periodo di prove aPianura, e poi nel garage di Ier-mano alla Sanità, ci trasferimmonella famosa grotta di Ciervo a vi-co Fontanelle, dove oltre a noi ve-nivano tanti altri amici musicisti,da Enzo Avitabile a Lino Vairetti,con la creazione di continue ses-sion. E così a tarda sera risaliva-mo i vicoli che ci portavano suSanta Teresa degli Scalzi e da lìcamminavamo fino alla zonadella posta centrale, dove, abita-va Pino».

Un’esperienza destinata pe-rò a esaurirsi alla fine degli an-ni ’70.

«Diciamo che nel frattempo ioavevo partecipato alla formazio-ne di Città frontale con gli exOsanna Vairetti e Guarino, ma

soprattutto che Pino stava tiran-do fuori quello stile personalissi-mo fatto di un misto acustico frablues e melos partenopeo che loavrebbe portato poi al successo».

Quale fu la scintilla scate-nante?

«Pino aveva sempre scrittobrani suoi, tenendoli però spes-so per sé, e a un certo punto deci-se di proporli alla Emi cantandoliin un provino e ripromettendosipoi di affidarli a un cantante ve-ro. E invece proprio alla casa di-scografica gli dissero che quel timbro di voce un po’ rauco eraperfetto per quella musica e così

Tutta la vitaRino Zurzolo è stato il contrabbas-sista che ha accompagnato tutta la vita artistica di Pino Daniele

con Terra mia nasceva la sua sto-ria di cantautore, dopo aver fattouna breve esperienza di bassistacon Napoli Centrale».

Che ruolo avesti in quel di-sco?

«Ovviamente suonai il basso,ma i ricordi più belli sono quellilegati a un brano in particolare,Napule è, che sarebbe diventatopoi la bandiera di Pino e in qual-che modo della città. Lo provava-mo a casa mia a via Caravaggio,solo voce, chitarra e contrabbas-so, in un una modalità che piace-va moltissimo a Pino e che sareb-be poi ritornata tante volte dal vi-

Alla new wave napoletana ho dato il mio contributo. Altri sono stati i precursori e i capiscuola

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Gennaio 2016 NA11

NA12 Lunedì 4 Gennaio 2016 Corriere del Mezzogiorno

«Da ragazzo non lo seguivoma oggi devo tutto a lui»Antonio Onorato: «Pino era molto generoso, una volta durante il tour mi regalò una chitarra»

H o conosciuto Pino tantianni fa. Io ero un ragaz-zino innamorato dellachitarra. A dire il vero,

quando ero adolescente non loseguivo molto, perché lo ritene-vo erroneamente parte di quellaschiera di cantautori, bravi con itesti ma poco musicisti. E io in-vece ascoltavo e seguivo preva-lentemente i grandi chitarristidel jazz , del blues e della fusion.Non avevo prestato molta at-tenzione a quello che faceva fin-ché dovetti farlo quasi per forza,perché i miei amici di Pesaro,dove mi recavo per trascorrerele vacanze estive da mia nonnamaterna che abitava lì, impazzi-ti per le sue canzoni, mi chiede-vano continuamente di tradurledal napoletano in italiano. Allo-ra cominciai a rendermi contodella sua grandezza, del suo ge-nio e mi innamorai della suaMusica e della sua incredibilevena poetica.

Ricordo ancora un suo con-certo strepitoso a Misano Adria-tico ,con una band stellare:

quelli che poi sono diventati miei amici-colleghi: James, Tul-lio, Rino, Joe, Tony e poi GatoBarbieri...che grandi musicisti eche grande musica napoletana.Quel giorno mi sentii fiero di es-sere napoletano e dissi tra me eme «un giorno sarò anche iocon loro su quel palco» a rap-presentare la mia cultura e lamia città. E poi si è avverato.

Da quel giorno Pino avevapreso un posto speciale nel miocuore. Cominciai ad ascoltare ea studiare tutti i suoi dischi, cer-cando di capire dove volesse an-dare. Pino era un ricercatore, uninnovatore e io aspettavo conansia ogni sua uscita discografi-ca, perché sapevo che ci sarebbestata sempre una nuova interes-sante innovazione musicale. Epoi la sua musica commuovevala mia anima. Avevo una ventinad’anni quando mi arriva una te-lefonata. Era un collaboratore diPino che mi annunciava: «Pinoha sentito parlare in giro di teche sei bravo con la chitarra evuole conoscerti. Mi diede il nu-mero del suo studio a Formia. Ero al settimo cielo. Provai achiamarlo varie volte, ma non

Po i , co m e t u t t i i g r a n d i ,riconosceva il talento e non erainvidioso. Una volta, quando dagiovane chitarrista suonavonella band di Gragnaniello, midisse che mi dovevo far metteresui manifesti come specialguest, perché io non ero un«musicista normale» e infattilui successivamente mi hasempre invitato come ospite neisuoi concerti. Il patrimonioartistico che Pino ci ha lasciatoè incommensurabile. La suamusica e la sua poesia sono trale cose più belle che ho ascolta-to in tutta la mia vita. Poi il Pino,amico sincero e innamoratoperdutamente della chitarra co-me me, sarà per sempre nel miocuore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

me lo passavano mai. Mi ero or-mai quasi rassegnato quandopoi lui, con la sua voce incon-fondibile, mi risponde...e io glidico «è più facile parlare con ilpresidente della Repubblica checon te» e lui...grande risata. In-somma il nostro rapporto iniziòsubito con un certo feeling. Do-po qualche anno, nel 1997, michiamò ad aprire come solistaun suo tour trionfale negli stadidi tutta Italia. Non finirò mai diringraziarlo. Quante risate,scherzi...abbracci. Pino era molto generoso...una volta du-rante il tour mi regalò una chi-tarra, una bellissima Martin daviaggio che ancora uso per eser-citarmi quando sono in giro.Quando mio figlio Gabriel erapiccolo, lo andai a trovare e sen-

za dirgli niente, gli avevo porta-to un regalino per sua figlia Sarache ha più o meno la stessa etàdi mio figlio e lui aveva fatto lastessa cosa. Aveva preso un re-galo per mio figlio. Potreiraccontare tantissimi aneddoti.Un’altra volta mi voleva regalarela sua chitarra battente elettrica.Io per pudore non me la presi.Pino era fatto così. Se ti volevabene, ti voleva bene veramente.

Il suonoSuona la Yamaha G 10, un modello di chitarra synth ribattezzata chitarra a fiato, caratterizzata dal fatto che la forza, l’intensità e le dinamiche sono gestite attraverso l’emissione del fiato del musicista grazie ad un breath controller e non dalla pennata

Chi è

Antonio Onorato è nato ad Aquilonia il 13 gennaio 1964. Studia la fusione della melodia napoletana, con la musica africana, americana ed orientale

di Antonio Onorato

Stima e affettoSe ti voleva bene, ti voleva bene veramente

Io sono per la canzone di speranza e non di denunciaÈ il momento di dare stimoli

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Gennaio 2016 NA13

I posti del nero a metà nella «città dei mille culure»Nel libro di Aymone e Iossa testi e foto di un itinerario del cuore

«I l libro nasce comeun nostro bisognodi narrare per ricor-dare un’assenza.

Un’idea realizzata in occasionedel Maggio dei Monumenti2015 in collaborazione conl’assessorato al turismo e allacultura del Comune di Napolie con la mostra internazionaleRock! da cui è stata girata an-che una docu-fiction prodottadal Centro Produzione Rai diNapoli con la regia di GinoAveta». Sono le parole deigiornalisti e critici musicaliCarmine Aymone e Michelan-gelo Iossa che con il fotografoDino Borelli hanno pubblicato«Napule è… i luoghi di PinoDaniele» (Rogiosi Editore). Il

volume è impreziosito dallaprefazione di Phil Palmer (giàal fianco di Eric Clapton, DireStraits, Tina Turner, EltonJohn e moltissimi altri), unodei più grandi chitarristi delmondo, negli ultimi anni ami-co e collaboratore di Pino Da-niele.

«Napule è… I luoghi di PinoDaniele» è un viaggio alla sco-perta della Napoli musicaleche ha forgiato e ispirato l’artedi Pino Daniele. Un percorso,diviso in quattro capitoli, nella«città dei mille culure»: daSanta Chiara a Santa Maria LaNova, da via San Sebastiano(«la strada della musica») alCastel dell’Ovo, passando per via Toledo–via Roma e Piazza

Supplemento della testata

Distribuito con il Corriere della Seranon vendibile separatamente

Enzo d’Erricodirettore responsabileCarmine Festaredattore capo centralePaolo Grassiredattore capo centrale

Editoriale del Mezzogiorno s.r.l.con socio unico, soggetta a direzione e coordinamento da parte della società RCS Mediagroup S.p.A. Alessandro Bompieripresidente Domenico Erricoamministratore delegato

Redazione, produzione, amministrazione e sede legale: Vico II S. Nicola alla Dogana, 9 - 80133 Napoli - Tel: 081.760.20.01Fax: 081.58.02.779 Reg. Trib. Napoli n. 4881 del 17/6/1997

© CopyrightEditoriale del Mezzogiorno s.r.l.Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte diquesto quotidiano può essere riprodotta conmezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali.Ogni violazione sarà perseguita a norma dilegge.

Stampa:Sedit Servizi Editoriali srlVia delle Orchidee, 1 - 70026 Z. I. Modugno Bari - Tel. 080.585.74.39Sped. in A.P. - 45% - Art.2 comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di Napoli

Diffusione:m-dis Distribuzione Media SpaVia Cazzaniga, 19 - 20132 MilanoTel. 02.25821

Pubblicità:Rcs MediaGroup S.p.A.Dir. Communication SolutionsVico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli - Tel. 081.497.77.11Fax 081. 497.77.12www.rcscommunicationsolutions.itPubblicità Locale Piemme S.p.A.Via G. Arcoleo, snc - 80121 Napoli.Tel. 081.247.31.11 - Fax 01.247.32.20www.piemmeonline.it

Proprietà del Marchio:

RCS MediaGroup S.p.A.Divisione Quotidiani

Distribuito con il

Direttore responsabile: Luciano Fontana

del Plebiscito, fino a giungereal mare, proprio come un ru-scello che dalla collina sfociatra le onde di acqua salmastradel Golfo. La genesi delle pri-me canzoni del mascalzone la-tino, le passeggiate lungo lestrade di Napoli, il legame conla città, l’amicizia con l’altro«cuore ribelle» Massimo Troi-si e la loro Quando: il mercatoe i vicoli di Furtunato, i ragaz-zini intraprendenti di Ué Man,l’incanto di Jesce Juorno e il ri-sveglio con il profumo di Natazzulella ‘e cafè aspettando ‘abella ‘mbriana “appisa a’nufilo d’oro”.

«A parlare, a raccontare –spiegano gli autori - sono lepietre, i monumenti, le mera-

viglie architettoniche e natu-rali di questo straordinariolembo di terra che prende ilnome dalla Sirena del canto,Partenope, immortalate dagliscatti di Dino Borelli: il luogodove l’azzurro del cielo baciaquello del mare».

Dal libro e dalle foto è nataanche una mostra «I Luoghi diPino Daniele» visibile gratui-tamente presso la Galleria Au-chan di Napoli (Via Argine) dal14 al 31 gennaio 2016 (il 14 e il24 gennaio, vi sarà anche il liveset, il primo acustico il secon-do elettrico, dei «Quanno Go-od Good» che eseguiranno dalvivo i brani del lazzaro felice.

Antonio Cayafa© RIPRODUZIONE RISERVATA

«P ino amava suo-nare, desideravasuonare. Negliultimi tempi era

felice di salire su un palco co-me non lo avevo mai visto». Aparlare è Tony Esposito classe1950, le percussioni della allstar band del lazzaro felice,quelle dello storico concertodel 19 settembre del 1981 inPiazza del Plebiscito e dellareunion nella stessa locationdel 2008. «Pino ha lasciato intutti noi un vuoto – continua ilmusicista - una ferita persona-le ma anche culturale, comeaccaduto con altri nobili figlidi Napoli, Eduardo De Filippo,Totò, Massimo Troisi e in ulti-mo Luca De Filippo. Uominiche hanno fatto la storia cultu-rale del Novecento». Dopoaver pubblicato album cult delnostro canzoniere precursoridella world music come Rossonapoletano (1975), Processio-ne sul mare (1976), super hitcome Kalimba de luna (1984) ePapa Chico (1985) e aver colla-borato con artisti come AlanSorrenti, Edoardo Bennato,Francesco De Gregori, France-sco Guccini, Lucio Dalla, Peri-geo, Roberto Vecchioni, nel1981 inizia la sua collaborazio-ne con Pino.

Racconta: «Sì, per voleredell’allora nostro manager co-mune, nell’album Vai mo’ conJames Senese, Rino Zurzolo,Joe Amoruso, Tullio De Pisco-po. Un disco questo contenen-te perle sonore come Notte chese ne va, Yes I know my way,Ma che ho, Puorteme a casamia. Con Pino ho registratoanche Sciò live nel 1984, Il mionome è Pino Daniele e vivo qui’nel 2007 e l’anno dopo Rico-mincio da 30. Suonare noi tut-ti insieme è stato un sogno, lanostra grande avventura, il no-

stro sound era contaminato daculture differenti, storie, colo-ri. Catturammo le energie cre-ative di questo luogo meravi-glioso, esotico, cosmopolitada sempre che è Napoli, la Campania. Una Regione dasempre laboratorio di creativi-tà, dove confluiscono le tanteenergie vitali dei suoi luoghiche aspettano solo di esserraccolte. Dopo Sciò live ognu-no di noi ha percorso il pro-prio sentiero artistico ed uma-no fino al ritorno “a casa”, allareunion del 2008, al Tuttan’ata storia live. Nonostantegli anni trascorsi dal primomomento in sala capimmoimmediatamente che la magiatra noi non era svanita; bastòaccendere gli amplificatori,imbracciare ciascuno il pro-prio strumento e tutto fu natu-rale, il piacere di stare insie-me, di suonare, di creare eraimmutato».

Tony, musicista e pittore, ri-corda commosso l’ultimo con-certo con il mascalzone latino:«Il 15 dicembre del 2014 suo-nammo insieme per l’ultimavolta al Palasport di Roma. Neigiorni di Natale ci sentimmo altelefono. Mi disse che si senti-va stanco e che si sarebbe esi-bito a Capodanno a Cour-mayeur per il consueto con-certo di Raiuno. Aveva un nuo-vo progetto in cantiere: volevadedicarsi a una nuova musicatotalmente acustica fatta dipercussioni e chitarre, unsound che unisse tutte le cul-ture del nostro mediterraneo.Chiudemmo la telefonata conun suo “ti voglio bene”. Questeparole da quel giorno non mihanno più abbandonato e rie-cheggiano sempre nel miocuore».

Carmine Aymone© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gli artistiSopra il percussionista napoletano Tony Esposito, per anni musicista di Pino DanieleA destra il cantautore partenopeo con il rapper Rocco Hunt prima di un concerto

Chi è

Tony Esposito ha intrecciato la carriera con quella di Pino Daniele: ha fatto parte del supergruppo degli storici concerti del 1981 e 2008

Tony Esposito «Nella reunion del 2008come se non ci fossimo mai separati»Il percussionista: «Bastava accendere gli amplificatorie subito si capiva che la magia tra noi non era mai svanitaQuando lo sentii l’ultima volta mi confidò che era stancoe mi lasciò dicendo”ti voglio bene”. Ora c’è un vuoto in me»

U na della soddisfazionipiù grandi che la musi-ca mi abbia regalato èstata s icuramente

quella di incontrare il MaestroPino Daniele. Lo conobbi a Ra-dio Deejay e rimasi incredulodal fatto che già conoscesse al-

cuni miei brani. Non potròmai dimenticare le sue parole:«Guaglio’ non ti perdere, seibravissimo a scrivere». Io sal-tellavo dalla gioia, Pino mi ave-va fatto i complimenti! Qual-che mese dopo ci ho suonatoinsieme all’interno del suo ul-timo concerto a Napoli, e vi as-sicuro che è stata un’emozioneincredibile, unica. Vive in me

purtroppo un grande rimpian-to, quello di non avere mai po-tuto accettare il suo invito diandarlo a trovare a casa sua e quindi magari di poter com-porre qualcosa insieme… Ma allo stesso tempo sono felice,onorato e orgoglioso di averlosemplicemente conosciuto.Zio Pino Rest in Peace!

© RIPRODUZIONE RISERVATA

«Mi disse: guagliò, non ti perdere»Il rapper: «Mi invitò a casa sua, non ho fatto in tempo»di Rocco Hunt

Ho dei colleghi, non dei rivali C’è emulazione, rispetto, stima. Ci scambiamo idee

NA14 Lunedì 4 Gennaio 2016 Corriere del Mezzogiorno

L’incontro con Vairetti«Lo conobbi nel 1975Subito lo feci suonare»«Rimasi colpito dalla voce e dalla sua chitarraSi esibiva con me nei concerti di Città Frontale»

Le immaginiAlcune foto di Pino Daniele scattate a Napoli da Lino Vairetti negli anni ‘70

S ettembre 1975. Andai inun locale alla Mostrad’Oltremare a sentire ilgruppo dei Batraco-

miomachia. Ad invitarmi furo-no Enzo Avitabile, Rino Zurzo-lo e Paolo Raffone, che ne face-vano parte e che stavano anchecollaborando nel mio nuovoprogetto discografico «El-Tor»di Città Frontale. Quella serami si avvicinò un ragazzo chesorridendo mi disse «Ciao Li-no, io sono Pino Daniele. Erada tempo che volevo incon-trarti». Mi chiese di ascoltare alcune sue canzoni. Lo invitai acasa mia. Si presentò giornidopo puntuale, chitarra acu-stica in spalla accompagnatodal suo amico Rosario Ierma-no. Rimasi folgorato dalla suavoce, dal suo modo di suonarela chitarra così diverso dai chi-tarristi cittadini dell’epoca, dalsuo essere artista. Chiamai ad-

dirittura mia madre per farleascoltare quel piccolo miraco-lo in musica. A casa avevo unpiccolo home studio analogicocosì decisi di fare delle regi-strazioni dei suoi brani per una possibile produzione di-scografica. Ci lavorammo circasei mesi realizzando diversiprovini, molti dei quali rimastiancora inediti e conservati ge-

losamente nei miei archivi. Pa-rallelamente alle registrazioniin corso, portavo con me PinoDaniele, in duo con RosarioIermano, quale opening actnei concerti di Città Frontale.Ma tra Pino e me ci fu un diver-bio intorno alle mie strategiedi produzione. Così decise difare un percorso diverso che loportò al suo primo contratto

discografico con la Emi. Ma la stima reciproca era in-

tatta al punto che durante leregistrazione di Terra Mia co-noscendo la mia passione perla fotografia, mi chiese di rea-lizzare un servizio fotograficoper l’uscita del suo primo 45giri Ca Calore. Venne così nelmio studio con la sua compa-gna Dorina (diventata poi suamoglie), e in due giorni realiz-zammo centinaia di scatti,molti dei quali lo riprendonomentre suona con la mia chi-tarra 12 corde «Eko Ranger»:foto che ho presentato al Pa-lazzo delle Arti di Napoli l’esta-

te scorsa in occasione dellamostra internazionale Rock!6ad ingresso gratuito dedicata aPino. La foto scelta per la co-pertina lo ritraeva seduto interra con le spalle poggiate suun muro di tufo e con un faz-zoletto bianco in testa. Da quelmomento le nostre strade sidivisero e per oltre 30 anninon ci siamo più incontrati, fi-no a quando, nel dicembre2013, mi chiamò chiedendomidi partecipare con gli Osanna,nel suo progetto musicale Na-pul’è tutta n’ata storia al Pala-partenope. Suonammo insie-me il suo brano Il Mare e L’Uo-mo degli Osanna.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dopo oltre 30 anni«Nel dicembre 2013 ci siamo ritrovati a suonare insieme al Palapartenope»

Non so mai se un disco venderàNon faccio canzoni per vendere ma per esprimere qualcosa

Chi è

Lino Vairetti è uno dei pilastri del rock progressivo italiano degli anni ‘70 . Ha tenuto a battesimo Pino Daniele e nel 1977 gli scattò le foto per «Terra mia»

di Lino Vairetti

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Gennaio 2016 NA15

Chi èPeppe Lanzetta è nato a Napoli nel 1956. Dopo gli esordi nel cabaret si distingue per l’attenzione ai temi sociali come autore e attore. Nel cinema ha di recente preso parte all’ultimo film di 007 «Spectre».

Nella musica dei cantanti napoletani non c’è più poesiaOggi c’è poco rispetto per l’arte

«’Sta pizza senza ‘e teche sapore tene?»

Peppe Lanzetta ha scritto nella notte traNatale e Santo Stefano Cumpagno mio, lapoesia dedicata a Pino Daniele, nel primoanniversario della prematura scomparsa,che pubblichiamo in esclusiva a lato, nel-la versione originale battuta a macchina.È un testo intriso dal rimpianto di averperso un amico, ‘o Comandante nuostoche c’ha lassato ‘nterra, e allo stesso tem-po dalla consapevolezza che senza di lui

niente sarà più come prima. Da qui l’effi-cace similitudine: sta pizza senza ‘e te chesapore tene? Già nell’immediatezza dellaperdita Lanzetta regalò un intenso ricor-do personale di Pino: «Il padrone stavoltas’è portato un ragazzone timido, comico emalinconico, che non sapeva di Missis-sippi quando per Santa Chiara col suo re-gistratore Geloso (di marca) provava a di-re: no, perché io suono».

NA16 Lunedì 4 Gennaio 2016 Corriere del Mezzogiorno