piero edizione 2007 "la luce e l'ombra"

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piero la LUCE e lOMBRA 2 - 3 - 4 Febbraio 2007 Sannicandro di Bari Castello Normanno Svevo Sannicandro di Bari Assessorato alla Cultura

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Piero edizione 2007 "la Luce e l'Ombra"

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Page 1: Piero edizione 2007 "la Luce e l'Ombra"

piero

la LUCE el’ OMBRA2 - 3 - 4 Febbraio 2007Sannicandro di Bari Castello Normanno Svevo

Sannicandro di BariAssessorato alla Cultura

Page 2: Piero edizione 2007 "la Luce e l'Ombra"

a cura della Redazione di PieroPierluca BrunoFrancesco BozzettiMargarit MuçaLeonardo RiccardiSimona Del VecchioAlessio CampanozziLauretta MigliaccioNicola Proscia

Direzione EditorialePieroilgiornale.net

webmaster di pieroilgiornale.netSaverio Sacchetti

Design e GraficaMargarit Muça

un ringraziamento speciale a Giacomo Damone

La foto in copertina è di Antonella Carella

in collaborazione con

Sannicandro di BariAssessorato alla Cultura

Page 3: Piero edizione 2007 "la Luce e l'Ombra"

Sommario

Rieccolo - Il bambino è cresciutoLa Difficoltà dell’essere Padre - Lauretta MigliaccioAnonimo Dormiente - di margarit Muça

La Luce e l’Ombra - aprite gli occhiSulla mostra di Qualcuno

Dove eravamo - La Guerra di Piero 2006de il Nietro

Dove ci ritroverete! - 2007

Parole, parole, parole...Complicate Vicende - Nicola ProsciaCosì va il mondo - Leonardo RiccardiIl Grasso storpia - Lauretta MigliaccioSceneggiatura perfetta - Claudio SottileL’Albero di Calliope - poesie di T3rry

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RieccoloIl bambino è cresciutoSiamo partiti circa un anno fa, e non sapevamo dove saremmo arrivati. Non sapevamo cosa avremmo fatto. Non sapevamo cosa ne sarebbe stato di Piero. È difficile fare un giornale senza avere un soldo. Siamo partiti con l’idea di fare un giornale da far uscire ogni tanto, che parlasse di tutto quello di cui si potesse parlare. Abbiamo sognato e ci siamo illusi con Piero. Siamo stati dei cattivi padri che hanno addossa-to sulle sue piccole spalle da bam-bino tutti i nostri sogni mai realizzati, i nostri problemi, le nostre frustra-zioni. Forse abbiamo fatto male. Forse. Fatto sta che questo piccolo pezzo di carta ha cominciato a cre-scere, e non era più semplicemente la nostra valvola di sfogo, ma piano piano si è trasformato in una possi-bilità. E in men che non si dica era Piero a generare Sogni. Ma il bello era che non sognava e basta. No, lui si svegliava, e si sveglia ogni mattina. Perché Piero non è più un bambino. Piero è cresciuto. È vero, abbiamo pubblicato solo 4 numeri, e non abbiamo la tiratura del Corriere. Non abbiamo pubblicato niente su carta per molti mesi. È vero. Però Piero era sempre lì. E mai ha dormi-to. Ed ora eccolo qui. Più grande, anche se su una carta più piccola, più maturo, più bello. il bambino è cresciuto.

La Difficoltà del-l’essere “Padre”

...Pensieri sparsi di una figlia negata...Crescere. Questo è un mondo che non ti dà vie di uscita… l’alternativa è deci-samente crescere. Crescere come, non è standard: la costante è solo la paro-la “crescita”. Culturale, intellettuale, professionale, sentimentale… e via discor-rendo. Cos’è “essere completi”? Un mix di roba, tanti ingredienti insieme. Un mix di vita, di esperienze, di eventi. Decisi da chi? Non da me. Da dove inizia il cammino… l’incognita della vita, del pieno vivere in un attimo; un attimo lungo in media poco meno di un secolo. Ognuno cresce a modo proprio; proprio non di sé, proprio di qualcuno che la Vita te l’ha data. Uno o due genitori… perché no: più genitori, ma soprattutto solo uno.Cosa vuol dire “genitore”? La parola chiave sempre uguale… è crescita. Dar vita ad un altro “essere”, seguire un altro “essere”, mantenere un altro “esse-re”, amare un altro “essere”, investire in un altro “essere”… Essere un altro “essere”! Un concetto non tanto forbito, troppo semplice per essere intrapreso. Il dramma della nostra era: l’infanzia rubata, abbandonata… non saper frenare l’istinto animale del sesso, essere bestie anche nell’atto dell’amore. Mettere al mondo, in questo mondo, altra carne da macello, e poi… disincantati, scappa-re via. Essere una responsabilità, fa paura. Ma non saper tenere chiusa la lampo dei pantaloni fa gola. E poi… nove mesi di ambiguità, donna-bambino in un “essere” solo: i guai nascono dopo, è proprio il caso di dirlo. Con quale facilità e coscienza si può creare un infelice. Oggi giorno siamo in troppi. Siamo chi? Vittime del divorzio, ma soprattutto… vittime di un padre che non c’è. Orfani d’amore fingiamo che vada tutto bene, che sia stato meglio così, soprattutto quando la vita l’abbiamo vissuta soli fin da subito… crescere senza un padre non sempre è un dramma. Crescere, ma non vivere. Diven-tiamo bugiardi e cinici. L’amore cos’è? Un oggetto d’arredamento… esatta-mente il superfluo perché essenziali lo siamo già. E la vita è un dono di uno, ma un senso di colpa continuo. Sensazioni di dovere: dovere qualcosa a qual-cuno, a chi si è ammazzato per crescerti con un minimo di buon senso… ga-rantirmi un futuro in mancanza di un passato. E avere i paraocchi per tutto… finchè arrivi alla conclusione che è stato meglio così. La realtà è ben diversa… può arrivare il momento in cui vali qualcosa: un assegno di mantenimento se ti va abbastanza bene. E i tuoi diritti… negati. Non sei nessuno per quello sper-metto che ha partecipato alla tua primordiale creazione, così… fingi, somatiz-zi… ma un padre non ti vuole e non sei altro che un giocattolo, uno di quelli che non valgono più nulla perché sostituiti da nuovi… non più belli, solo più nuovi e soprattutto… più voluti. Se fossi un religioso che crede alla reincarnazione, vorrei rinascere. Soprattut-to, se potessi scegliere in che veste… vorrei fare il padre. Sì, voglio vedere che male c’è nell’essere padre. E così, vendicare tutte le vittime come me, proprio io che mi affeziono anche ad un oggetto… io che di notte dormo con un peluche perché ho bisogno di sentire la presenza di qualcosa accanto a me… io che mi addormento ancora in posizione fetale, a faccia in su, speran-do nel nuovo giorno come una vera e propria rinascita: il mio letto come un utero, una notte lunga nove mesi, dove mi sento bene e navigo ancora nei miei sogni di “papà”. Per questo voglio fare il padre: per prendermi una rivinci-ta sulle mie delusioni, sui sacrifici, sul cinismo nei confronti dei sentimenti, sul voler colmare a tutti i costi le mie mancanze col materiale… poter essere chi voglio essere: una semplice figlia.

Lauretta [email protected]

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pieroilgiornale.netAnonimo DormienteUna certa opinione comune vuole che il giovane sia la speranza per il futuro, il rinnovamento (si avvisa il lettore che nelle prossime righe questo articolo as-sumerà un tono polemico). Già. È sempre stato così, e così deve essere, per-ché un vecchio non può rimpiazzare un altro vecchio, si rischierebbe l’estin-zione. Qualche ventennio fa la più alta aspirazione per un giovane era il mitico Posto Fisso. E giù tutti a fare i ragionieri, il posto fisso per antonomasia. Oggi la più grande aspirazione per un giovane è ...il Posto Fisso. Ma come? E il rinnovamento? E il nuovo che rimpiazza il vec-chio? Trenta anni fa c’era un giovane che pensava che la guerra è ingiusta, perché è violenza, e c’era un altro giovane che magari pensava il contrario, e a volte finiva a sassate trai due. Oggi c’è un giovane che pensa che la guerra sia ingiusta, e c’è un altro che pensa il contrario, ma parla come il primo. Beh, c’è stata una evoluzione no? L’introduzione di uno Standard.Lo standard è un monolite a cui tutto si deve uniformare. Esso però non è uno, è molteplice, e non viene dal nulla ma viene generato da una società, e poi imposto a tutti i suoi membri, fino a quando lo standard non cambia, perché non subentra uno standard nuovo. È normale, è il nuovo che sostituisce il vec-chio.Ma da un po’ di tempo sta succedendo qualcosa di strano, e lo si può notare nelle strade, nell’aria, nei discorsi, nel cicalio colorato dei cassoni televisivi, ed è preoccupante: il giovane Dorme. Il giovane di oggi non fa passi in avanti, non sperimenta, non inventa, non scopre. Potremmo definirlo un Manierista. Il manierista era un artista che trasformava la sua arte in una performance, di un gesto pittorico o scultoreo definito prima di lui (Giorgio Vasari dipingeva alla Maniera di Michelangelo e Leonardo), che diventava a tutti gli effetti Standard. Ho già parlato altre volte di questo tema, ma ho voluto riprenderlo per appro-fondirlo. Se trenta anni fa il giovane spezzava le catene della morale borghe-se con le sue rivolte, le sue manifestazioni anti-razziste, le sue campagne con-tro la guerra, e tante altre belle cose, oggi il giovane è libero. E la sua libertà la può usare come meglio crede, visto che è libero. Il Giovane sceglie di torna-re indietro, e ripetere le stesse cose che ha fatto il vecchio. E vediamo giovani che pensano e parlano come sessantottini, che si credono figli del proletariato, pur essendo cresciuti tra una cassa e l’altra di via Spara-no. Abbiamo giovani che ascoltano i Led Zeppelin e Guccini con l’iPod. Giova-ni che fondano associazioni sena fini di lucro, perché il lucro è per i borghesi, dimenticando il loro status. Abbiamo giovani che scioperano per le pensioni, facendo crollare l’ultimo matoncino di dignità che era rimasto a questa nostra età. Abbiamo i giovani che manifestano in piazza contro il licenziamento senza giusta causa. Abbiamo giovani che cercano il posto fisso. Giovani iscritti a Giu-risprudenza, perché dopo lavori di sicuro. Giovani iscritti a Scienze della For-mazione, non so perché. Giovani iscritti a Scienze della comunicazione. Ab-biamo giovani che conoscono la Morte, o almeno credono di conoscerla quan-do la chiamano Eutanasia. Abbiamo giovani che masticano Marx e Lenin pur non avendo visto mai un Bunker. Abbiamo giovani che leggono Bukowsky e hanno la tessera del partito comunista. Giovani che aspettano, e che fanno un passo alla volta, perché chi glielo fa fare di rischiare. Giovani che non votano. Giovani che non si candidano. Giovani che non vengono eletti. Abbiamo gio-vani che portano la maglietta con l’immagine Ernerto Guevara, e non sanno che è molto simile a quella di Marilyn Monroe. Abbiamo giovani che riflettono sul passato, ma non pensano al presente. Abbiam giovani che son stanchi, senza mai essere stati alle olive. Abbiamo giovani che hanno paura del futuro, cioè di se stessi.Abbiamo giovani che si lamentano. Abbiamo giovani che dormono. Buona not-te

Margarit Muça [email protected]

Anonimo Dormiente

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la LUCE e l ’OMBRA

Silvia Paolini

Mariantonietta Bagliato

.... Aprite gli occhi, e guardate cosa sta succedendo a Sannicandro, piccolo comune in provincia di Bari, guardate cosa sta succedendo nel suo Castello. Cose nuove, cose fresche, cose giovani. Quasi trenta giovani si riuniscono in una fortezza medievale per tre giorni.La Luce e l’Ombra è una possibilità offerta ai tanti giovani che amano e che fanno l’arte. Una possibilità di farsi vedere, di uscire alla Luce, come dice im-plicitamente il titolo della manifestazione, e non essere più ignorati. Una gran-de occasione per conoscere e imparare a capire cosa c’è intorno a noi, cosa riusciamo a cogliere e cosa ci è nascosto, dove c’è la Luce e dove l’Ombra. Tre giorni immersi nelle tele, nelle sculture, nelle installazioni e nelle fotografie di giovani talenti pugliesi provenienti soprattutto dalle Accademie d’Arte locali.a Fare da Cornice c’è il magnifico Castello Normanno Svevo di Sannicandro di Bari.

Aprite gli occhi...

Venerdì 2 Febbraio 2007ore 18:00 Apertura del Castelloore 18:30 Inaugurazioneore 21:00 Proiezione di corto-metraggi di giovani registi esor-dienti

Sabato 3 Febbraioore 18:00 Apertura del Castelloore 21:30 Concerto acustico dei No Quarter in sala Convegni

Domenica 4 Febbraioore 18:00 Apertura del Castellochiusura a tarda sera

Le serate del 2 e 3 Febbraio sono corredate da ottima musi-ca eseguita dal vivo dal giovane pianista jazz Roberto Grilletti, e da gradevolissima musica di diffusione.Il tutto condito con ottimo Vino proveniente dalle cantine di Gri-fo, di Ruvo di Puglia.

Buon Divertimento

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Enza Lorusso

Pittura:

Giuseppe AbateAntonio PrimaFrancesca di VincenzoPasquale GadaletaAnnarita MilellaMario de GabrieleMaria Emanuela AndrulliMariantonietta BagliatoMarianna BarnabàVincenzo SciannelliSabino LoiodiceGraziaVito StramagliaAngela TinellaNicola Di FinoFrancesco AltamuraSergio SassanelloMargherita RagnoVittorio RacanoMimmo SantoroAlina LaselvaAssociazione ArtensioneMargarit Muça

Scultura e installazioni:

Silvia PaoliniFrancesco De TintisGianni Mincuzzi

Fotografia e Video:

Giovanna LampignanoEnza LorussoAntonella CarellaFrancesca CarellaErmes

Cortometraggi:

Davide PietroforteFrancesco NovielliGiuseppe ProcinoNicolò AccetturaValeria MastrocristinoCristian MantuanoGabriele Morleo

Pasquale Gadaleta

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La guerra di Piero9 - 10 settembre 2006

È difficile descrivere quali siano le sensazioni che si provano quando tutto il tuo impegno dà i risultati sperati. Sei sorpreso, frastornato ed eccitato a tal punto che tutto il resto passa in secondo piano.Questa è stata per noi ragazzi dell’Associazione La Confraternita dell’Uva, la manifestazione che ha portato a Sannicandro una folta schiera di giovani arti-sti provenienti dalla provincia di Bari e il concerto tenutosi in piazza Castello il giorno dopo, una mescolanza di sentimenti difficili da descrivere e per certi versi, irripetibili.La “guerra” che Piero ha deciso di fare è quella che, nel suo piccolo, combatte l’indifferenza, l’intolleranza e la presunzione di coloro che dettano le regole della democrazia, regole che spesso cozzano col il valore più intimo della stessa. Il tema della serata era, senza nessuna retorica, un invito a riflettere sul valore vero della parola “pace”, che troppo spesso viene affiancata dalla parola “guerra”, in un intreccio che rischia di confondere i valori nel loro signi-ficato più intimo…un argomento tristemente attuale nel nostro quotidiano.Il primo giorno è stato caratterizzato dall’esposizione di quadri e foto tenutasi nei saloni superiori del Castello Normanno-Svevo, che ha contribuito non po-co a rendere l’atmosfera della mostra suggestiva ed affascinante. Molti gli ar-tisti pervenuti e molte decine le opere esposte.Il pubblico è stato coinvolto nell’iperbole fatta di arte, vino e musica, quasi stu-pito a sua volta dalla bellezza di una manifestazione che non è poi così usuale nel nostro paese. Per non parlare dei tanti ragazzi che tra un bicchiere di vino e un sorriso hanno reso il terrazzino del castello una sorta di punto di aggre-gazione per i giovani. Il giorno dopo era già tempo di riprendere il lavoro per il concerto, sicuramente il momento più difficile dal punto di vista organizzativo. Ad arricchire la serata c’hanno pensato gli stands delle associazioni no profit e culturali che hanno avuto la possibilità di esporre i loro progetti e il loro impor-tante impegno nelle varie operazioni di divulgazione e aiuto sul campo.Affascinante quanto divertente la presenza degli artisti di strada che hanno dato il loro fondamentale contributo alla manifestazione con i loro giochi di abilità, spesso resi unici con l’ausilio del fuoco…Il concerto ha visto come protagonisti i “teatrali” U’Papun che con la loro mu-sica e il loro linguaggio scenico, hanno divertito e sorpreso il pubblico presen-te. Bravissimi nel catturare l’attenzione dei presenti con testi e “prestazioni” sceniche che hanno reso l’esibizione un piccolo lavoro teatrale. Poi è arrivato il momento del rock dei No Quarter, band barese che con il suo sound ha in-fiammato i presenti, dimostrando che soprattutto nell’underground ci sono ta-lenti da promuovere; la loro miscela rock passa dal sound anni ’70 fino alle influenze più attuali che consacrano i No Quarter (vincitori fra l’altro di ben 2 Sannicandro Rock Festival), una delle band baresi più interessanti del mo-mento. Ma il momento clou della serata è stato quello dell’esibizione degli Jo-laurlo, band dalle radici pugliesi ormai trapiantatasi nella città bolognese. In-numerevoli i concerti in tutta Italia e oltre i confini, a dimostrazione del sempre più crescente successo di questo gruppo che con il loro originale pulp-rock (un formidabile intreccio tra punk-rock e reggae-ska), ha partecipato ad alcuni tra i più importanti festival del nostro Paese e del circuito europeo (Arezzo Wave, Neapolis Festival, finale italiana dello Stziget Festival, ecc..). Proprio i protagonisti della serata hanno coinvolto il pubblico in un turbine fatto di “po-go” e cori a squarciagola. Il momento finale poi, è stato arricchito dall’entusia-smo collettivo che è sfociato con un pacifico “assalto” al palco, sul quale al-meno una decina di ragazzi si sono catapultati, invitati degli stessi artisti, per intonare le canzoni ‘bissate’. Insomma una festa che oltre al messaggio pacifista, ha anche permesso ai giovani presenti di passare una bella serata a ritmo di musica. Se vi sembra poco…

[email protected]

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duemilasette La guerra di Piero 2007

Programma di eventi proposto dall’Associa-zione Culturale “La Con-fraternita dell’Uva”

Il tema che abbiamo in mente è quello di una guerra senza armi da fuoco o da taglio, con-dotta contro l’indifferen-za, contro la gente che chiude gli occhi e non vuole accorgersi di quel-lo che succede; una guerra all’Ignoranza, al-l’Ipocrisia, e al falso Buonismo della società in cui viviamo; una guer-ra che deve essere elogio della vita di contatto, dell’apertura alle IDEE FRESCHE, al NUOVO, in-teso come NUOVO ESSE-RE, NUOVE FORME DI COMUNICAZIONE, NUO-VA ARTE, NUOVA SCRIT-TURA, NUOVA SOCIETA’.

Si tratta ancora di un progetto. L’idea è buona.Stiamo cercando Giovani e Associazioni Culturali che vogliano collaborare con “La Confraternita dell’Uva” per poter rea-lizzare i nostri progetti e altri nel futuro. Solo formando un folto grup-po riusciremo a smuove-re le istituzioni e a rea-lizzare qualcosa di ve-ramente grande nel ter-ritorio.

I ragazzi di Piero e della Confraternita dell’Uva estendono l’invito a quanti giovani e associa-zioni vorranno collabo-rare con noi sostenendo-ci e apportando nuove idee.

vi aspettiamo...

1. Mostra dedicata a Pino Pascali, da svolgersi a Maggio o GiugnoUn’occasione per conoscere, scoprire e reinterpretare un grande artista pu-gliese morto prematuramente nel 1968 e dare la possibilità a giovani artisti, italiani e stranieri, soprattutto studenti delle Accademie, di rivisitare la sua arte, i suoi temi e la sua persona.Quattro giorni di esposizione nei saloni del castello Normanno-Svevo di San-nicandro di Bari, e in altri spazi all’aperto messi a disposizione in occasione della manifestazione, al termine dei quali l’Associazione “La Confraternita del-l’Uva” con l’Assessore alla Cultura di Sannicandro di Bari si riserva il diritto di segnalare alcuni artisti particolarmente meritevoli.Agli artisti che spiccheranno, per l’originalità, il contenuto e l’idea dell’opera, verrà data la possibilità di decorare un’ area (una piazza, una strada, un giar-dino, ecc…) di Sannicandro, con dipinti, sculture o installazioni provvisorie. L’esposizione sarà corredata con esibizioni musicali dal vivo e degustazioni varie.

2. Premio “Nicandro”Concorso letterario organizzato in quattro sezioni: una avente il tema della manifestazione “La Guerra di Piero”, l’altra a tema libero, un’altra sezione particolare dedicata ai “Racconti Narrati”, dove sarà giudicato il miglior racconto meglio interpretato dall’autore stesso o da un attore, e l’ultima dedicata alla Graphic Novel (Fumetto), forse l’unico evento del genere in Puglia.L’evento mira a coinvolgere Università, scuole di ogni livello e scrittori stranieri (purché scrivano in italiano). Saranno coinvolti editori ordinari ma anche editori alternativi che pubblicano libri con grafica o carta o impaginazione particolare. Saranno coinvolte anche librerie.La giuria, formata da persone qualificate o con esperienza, sarà presie-duta da un autore abbastanza affermato cui sarà inoltre conferito un riconoscimento.

3. Premio Nicandro - “Kinema”Concorso Cortometraggi organizzato in due sezioni: una col tema della manifestazione, l’altra a tema libero. Obiettivo è incitare giovani esor-dienti a confrontarsi con il mezzo cinematografico, senza dimenticare comunque chi il cinema lo fa per lavoro. La giuria sarà composta da gente qualificata.

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Sannicandro

Come ciliegina sulla torta abbiamo pensato anche alla realizzazione di un libro a metà tra la guida storico - turistica e il book fotografico di alta qualità. il Protagonista? Sannican-dro, la sua gente, le sue campagne, i suoi vicoli, le sue strade, ma so-prattutto il suo Castello.Il progetto mira a valorizzare in un modo professionale e consapevole tutto il territorio di Sannicandro, con un particolare occhio di riguardo per quelli che sono i suoi “Prodotti” mi-gliori (perchè si deve ragionare in questi termini). Vale a dire, il Castel-lo, il Centro Storico, gli innumerevoli ritrovamenti archeologici, ecc...Per la nostra Associazione Culturale questo sarà uno sforzo notevole e richiederà un grande apporto di energie. Sappiamo di non poter fare da soli un prodotto di grande quali-tà, anche perchè non abbiamo an-cora maturato le conoscenze e le capacità necessarie per poterlo fa-re. Come per gli altri progetti ab-biamo bisogno dell’appoggio e delle conoscenze di gente esperta, ma soprattutto abbiamo bisogno ancora una volta dell’aiuto dei giovani e delle associazioni, perchè è dalle associazioni che dovranno partire le proposte più interessanti e utili allo sviluppo d’ora in poi.

aspettiamo proposte

da mondimedievali.net

foto da Mondimedievali.netPA

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COMPLICATE VICENDE La ragazza uscì, di casa, ma cambiò subito idea: tutti quei quadri appesi allepareti, quei tappeti, e quelle stanze di cui scorgeva appena l’entrata le davano un senso di oppressione. Decise subito di rientrare, e appena ritrovatasi al-l’aperto si sentì meglio. Iniziò a camminare, con calma, e superandoli salutò i corridori in gara per il record sui 100 m. Passò rombando a velocità superso-nica un’enorme automobile di grossa cilindrata, prontamente sorpassata da una lumaca che si aggirava da quelle parti. Un bambino nel passeggino, camminando mano a mano col padre, vestito di uno splendido tailleur rosa, le sorrise. Lei gli rivolse appena un cenno con la mano, nella quale stringeva un sigaro acceso e consumato quasi a metà. Erano due anni che non toccava più una sigaretta, e faceva parte di una associazione antifumo, di cui portava ora fiera il logo cucito sulla manica della giacca. Oggi indossava una maglietta a maniche corte, su una gonna cortissima. -Appena torno a casa farò meglio a cambiarmi i pantaloni, sono troppo lunghi, e si stracciano trascinandoli per terra- pensò, e da una chiesa di fronte dissero che forse aveva ragione, ma non c’era bisogno di farlo sapere gridando anche a loro. Iniziò a piovigginare e, alzato il bavero del cappotto di lana, guardò con invidia quella fiumana di gente che, approfittando del solleone e dell’afa, si recava gioiosa alla spiaggia, allacciando per strada le fibbie degli sci. Acca-rezzò un cane solitario per la strada e, prima che questi volasse via, si divertì, a imitare il suo miagolio. -Come sono dolci questi animali- disse tra sè), e lo osservò mentre sbranava una vecchietta. Non sapendo dove andare, decise di sedersi su una panchina lì, di fronte, anche se il giorno prima le avevano smantellate tutte, e imboccò la strada per il centro della città .Camminò a lungo, e sapeva di essere quasi arrivata, perché non scorgeva neanche l’ombra di un edificio, solo montagne, e terreno, e un fiumiciattolo, e foglie morte verdi e rigogliose appese agli alberi, e una rustica indicazione in legno che diceva “CITTA 75 KM”. Mancava pochissimo quindi e, riprendendo fiato e forze, alzò il passo. Finalmente giunta si dissetò ad una fontanella. La fontanella si trovava nella sua borsa, e su di essa c’era scritto “Jack Daniel’s -attenzione! bere con moderazione-“, ma ne sgorgava un’acqua così, limpida e fresca che la ragazza trovò salutare berne a lungo. Era quasi l’alba, e men-tre i pipistrelli ed altri uccelli notturni cominciavano i loro richiami, passeggian-do si trovò di fronte ad un rigagnolo d’acqua. Pensò ai bambini, e al gioco di saltare attraverso o addirittura dentro le pozzanghere, e la prese una smania di riprovare dopo tanto tempo anche lei. Fu un attimo, e subito ridendo si trovò con l’acqua che, schizzata, le colava giù dalle gambe. Ritenne giusto tornare a casa a pulirsi bene, o almeno ad asciugarsi. Detto fatto, bloccò la strada per casa, scordando che erano passati tre mesi dallo sfratto.

Trovarono il suo corpo una settimana dopo, gonfio d’acqua e galleggiante nel fiume da più di un mese in piena.

Micola [email protected]

blowjob is the thingby immanueldeviantart.comGrano, Antonella Carella

Così va il mondoUno sfogo personaleE’ domenica mattina, sul tardi. Un tizio si sveglia, è ancora stordito dal sonno pesante ed agitato della not-te. Ha visto cose che non gli piac-ciono ma quei disegni notturni sono precisi, gli sembrano inevitabili. Ha deciso cosa fare. Si reca nello sga-buzzino della piccola abitazione, afferra un fucile che in genere usa per la caccia. Lo carica. Va nella stanza da letto. La moglie dorme, ancora non è stata infastidita dalla luce. Punta l’arma contro la compa-gna e fa fuoco. Il sangue schizza ovunque, egli inizia a piangere e gridare. Il figlio più grande abban-dona il letto impaurito: ha sette an-ni. Guarda sgomento il padre con il fucile in mano. Quello si volta e fa ancora fuoco. Rimane la piccola bambina, nata da poco. La speran-za di felicità era stata riposta nel suo arrivo, invano. Piange ancora. Sa di fare qualcosa di orribile, ma lo fa per il bene della sua famiglia. L’infelicità di quel nucleo sta per terminare; il vortice di tensioni, in-comprensioni, difficoltà, sta per es-sere smorzato dalla forza del nulla, della dissoluzione, della morte. Si avvicina alla stanzetta di fronte alla cucina. La bimba si è nascosta sot-to il letto, stringe un orsacchiotto, regalo dell’ultima festa. L’uomo esi-ta. Sente le sirene della polizia: qualche vicino ficcanaso, ovvia-mente, si sarà allarmato per gli spa-ri. Guarda sua figlia. Spara. E spara ancora, mirando alla sua tempia.E’ pomeriggio. Il sole scotta, è esta-te. Un ragazzo invita la propria ra-gazza a prendere un caffè. Termi-nata la consumazione, il ragazzo si offre di condurre la ragazza in un

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posto isolato, dove possono lasciarsi andare senza restrizioni. Si tratta di una casa abbandonata, diroccata. Solo una stanza è ancora in piedi. Il ragazzo tenta di baciare la compagna, che esita per un attimo. Scoppia una discus-sione sugli ultimi comportamenti di entrambi. Perché la ragazza è uscita con un suo amico? La discussione si anima, diventa violenta, ed egli, con un col-tellino, colpisce la ragazza alla gola. Il sangue sgorga, orribile testimone di un’azione imperdonabile. Il ragazzo si accascia, incredulo della selvaticità del suo sistema nervoso, dannatamente impulsivo. Cancella le sue tracce e scappa via, senza chiamare neanche un’ambulanza per la troppa vergogna. Sei ore dopo, la polizia si chiede chi possa aver commesso un simile atto e si interroga sulla corrispondenza fra l’aumento dei delitti in periodo estivo e le alte temperature.E’ sera. La casa è poco illuminata, quanto basta per far credere che qualcuno sia sveglio anche se non è vero. Ma la squadra di sequestratori che sta per agire lo sa, che stanno dormendo. Basta studiare le abitudini per un po’ e si capiscono molte cose: la gente ci tiene all’abitudine, non sa vivere senza qualche rito da seguire. I tre rompono un vetro e penetrano l’abitazione. Solo il rumore di fondo di un concitato russare. La culla è in fondo al corridoio. C’e un bambino, quel bambino grazie a cui i tre otterranno il riscatto. Uno di loro lo prende; il bimbo inizia a piangere ma il suo lamento viene interrotto da una mano adulta che gli serra le labbra. I genitori trasalgono, il padre si sveglia. Nota qualcuno che scappa, chiama la polizia. Qualche minuto più tardi si ac-corge che il figlio è sparito. I tre lo stanno portando via. Entrano in auto, sgommano e partono, accecati dalla paura di essere beccati. Le sirene si fanno sentire. Via, a tutta birra! Il bimbo piange. Piange, piange… in tutto il loro malefico piano non avevano previsto che un bambino potesse piangere! Dannazione, continua a piangere! Le sirene sono vicine, sempre più vicine. Si pentono, pensano di aver fatto una cazzata. Come rimediare? Meglio aggra-vare la propria posizione: il bimbo è un peso. Piange… non si riesce a pensa-re con quel pianto ininterrompibile. Reclama l’affetto della famiglia, solo quell’ affetto e quell’atmosfera possono placare quella sgradevole giaculatoria stril-lata. Uno dei tre cede: strozza il bimbo. Afferra il corpicino esanime e lo lancia all’esterno della vettura mentre l’ auto si dilegua nervosamente nella notte.I vicini fanno baccano. I vicini non fanno dormire. I vicini hanno un bambino che strilla. I vicini hanno una casa più bella. L’uomo è musulmano, è spesso fuori, e sembra un tipo poco raccomandabile. I vicini sono poco raccomanda-bili, abitano in una casa più bella, sono più ricchi e fanno baccano. La solu-zione: attenderli con una spranga e un coltellino per colpirli e sgozzarli uno ad uno, compreso il bambino perché, ovviamente, strilla da far paura. Ah, la vici-na si sta ritirando, potrebbe scoprire il tutto. Ammazzare anche lei è una ovvia conseguenza di un percorso razionale.

Leonardo [email protected]

Così va il mondoUno sfogo personale

blowjob is the thingby immanueldeviantart.com

particolare

Per Qualsiasi informazione, per inviarci un vostro articolo, o per commentare un nostro articolo, o per parlare e discu-tere con noi dei temi trattati in questo numero, e proporre qualche idea:

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SOS siamo tutti depressi

E’ un’epidemia… e si diffonde a macchia d’olio. Le modalità di trasmissione sono singolari e mai standard. La costante è questa: è un’emergenza. Se ne parla troppo e male. E aumenta. Parlo di disturbi psichici… parlo di depres-sione. E’ il tabù. E’ la fortuna di molti mestieri. E’ la sventura di circa un milione e mezzo di italiani. Dichiarati…Non molto tempo fa, ammettere di avere qualche disturbo o sospetto era un peccato da pena capitale. Tutti giudicavano, pronti a puntare il dito e darti del-lo psicopatico o del demente. Oggi… non è cambiato niente. Ora lo psicologo è un personal trainer che segue il decorso della vita di troppe persone che vivono in una situazione di disagio quale la depressione. Essi hanno solo lui, psicologo o psichiatra che sia, come confidente…l’amico del cuore, strapaga-to per esserlo per qualche ora se va bene. Felici e contenti ci si ritira dopo un colloquio di media durata… pateticamente convinti che c’è, finalmente, qual-cuno pronto ad ascoltarci. E il portafoglio piange. E’ il fenomeno del millennio.Sono fermamente convinta che la depressione non sia soltanto un comporta-mento, ma una vera e propria malattia. Grave quanto qualsiasi altra infezione che riguardi altri organi o parti del corpo… solo più difficile da diagnosticare, gestire e soprattutto curare. Con le nuove tecnologie, scienza e medicina so-no in grado di arrivare nei lati più nascosti del corpo umano, di individuare patologie che ad occhio nudo sembrano inesistenti, ma per la mente umana ci si serve ancora di teorie e lo scetticismo è una bestia feroce. Fatto sta che il 15% degli individui affetti di depressione… non superano la crisi e ricorrono al suicidio. Ci chiediamo qual è la causa di un gesto del genere, il problema del-la non comprensione abita nel metro di valutazione individuale che porta a non capire, a guardare con i propri occhi, pesando sulla bilancia la gravità degli eventi altrui secondo, appunto, il proprio pensiero e classificando i sin-tomi secondo la propria scala… non pensando che né il dolore né le reazioni conseguenti sono standard. Nel XXI secolo ci serve ancora di paraocchi. E purtroppo anche da parte dei depressi stessi. I sintomi di tale malattia si presentano sotto forma di disturbi quasi ovvi per la società disordinata in cui viviamo… come insonnia o ipersonnia, aumento o diminuizione dell’appetito, tristezza, irritabilità, perdita del piacere per le attivi-tà quotidiane, paura delle situazioni e delle prove, svalutazione di sé stessi. Detto questo non significa che tutti siamo depressi. La differenza tra il sempli-ce manifestarsi di questi eventi e l’affezione alla depressione, sta nel tempo. I disturbi col tempo si aggravano, ma soprattutto persistono, anche e soprattut-to passato il periodo di stress emotivo e/o fisico scatenante. Se ne aggiungo-no di più gravi, dove le reazioni sono spropositate e la vita è sentita come pe-so… sensi di colpa ricorrenti, capacità intellettuali compromesse…insomma, paura della vita.Il terrore risiede proprio nel portare avanti la propria vita, nel decorrere di tap-pe e ostacoli insormontabili. Sbatterci la testa e commiserarsi, è questo il no-stro più grande passatempo.Un tempo il depresso rappresentava un’incognita… era solo, paranoico e senza dubbio era riconoscibile. Oggi la depressione è sempre più diffusa, chiunque può essere affetto da depressione, anche chi possiede tutti quei va-lori “nobili” che ancor oggi sappiamo definire: amici, amore, salute, soldi… forse, a mio parere (perché questo non è un trattato di psichiatria, ma un semplice commento ad una realtà fragile eseguito da una sua componente), è proprio questo il fattore scatenante: il tutto.

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Basta un gesto per entrare nella leggenda e Monti l’ha fatto.Ci sono storie che sembrano esse-re state partorite da qualche sce-neggiatore di Walt Disney, alla ri-cerca della storiella mielosa e strappalacrime.Devo togliere un po’ di polvere dai ricordi, aprire lo scrigno della me-moria e prendere una gemma pre-ziosa: la storia di Monti e Nash.Lo sceneggiatore l’ha ambientata ad Innsbruck nel 1964 durante le Olimpiadi Invernali. Durante la ga-ra del bob a 2, tre equipaggi domi-nano sugli altri e tutti capiscono che saranno loro tre a dividersi medaglie e gloria. Due coppie so-no italiane, Monti e Siorges contro Zardini e Bangoura contro i coria-cei inglesi Nash e Dixon. La gara è articolata su quattro discese e a tre quarti di gara la classifica recitava cosi: primi classificati Zardini-Ban-goura, secondi Monti e Siorges, terzi gli inglesi.La tensione si può tagliare con il coltello, l’adrenalina è tanta, tiene concentrati gli atleti ed incollati alla tv gli sportivi. Scendono Zardini e

Sceneggiatura Perfetta

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I L G R A S S O S TO R P I ASOS siamo tutti depressi

da: ilmiopsicologo.it

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Amo affermare “il grasso storpia” dove grasso non sta per semplice imperfe-zione fisica, ma per “l’avere tutto”. Azzardo il paragone con i bambini: piccoli, ingenui e indifesi… da piccoli tutto era una novità e magari la nostra prima bambola era motivo di felicità, anche se era fatta solo di pezza… ora si guar-da tutto come qualcosa di dovuto. E’ tutto dovuto. Una famiglia, malgrado è sempre più difficile trovarne una vera; un gruppo di amici, malgrado sentimenti di gelosia e invidia persistono; una discreta condizione di salute, malgrado tra sigarette e birre rischiamo di minarla all’ordine del giorno; un’eccellente capa-cità intellettiva, malgrado ci sia sempre qualcuno pronto a criticarla; il posse-dimento di beni che prima erano un sogno, malgrado si punti ad una macchi-na migliore o ad una casa più lussuosa… ecco, ci sono arrivata: il punto sta nel mio “malgrado”… non ci si accontenta mai. Leggevo da qualche parte che “volere sempre di più” è motivante. Correggo questa citazione: sarà motivante, ma non per la fragilità. Sono dell’opinione che ogni individuo è la somma delle esperienze che ha provato nell’arco della propria vita… vero, ma sono anche convinta che “forti” o “fragili” si nasce e che la vita accentua o affievolisce queste doti innate. Oggi giorno, con l’avvento di troppo “grasso” si nasce per lo più “fragili”. Questo perché esiste qualcosa che sostituisce tutto quello che per i nostri avi era una battaglia e alla fine una conquista. Sembrerà una banalità, ma queste sono mie riflessioni. Assicuro anche che queste stesse riflessioni sono attendibili. Esse partono dalla mente di una persona comunemente e scientificamente detta “depressa”. Depressa per cosa, fondamentalmente, non si capisce, ma atteggiamenti depressivi e autodistruttivi sono all’ordine del giorno. E come me, esistono tanti altri coetanei che hanno paura non solo della vita, ma pro-babilmente anche di sé stessi. E il mondo sa, ma non reagisce, infatti infieri-sce. Non ammettere come ci si sente è un grave errore e non riuscire a chiedere aiuto è solo devastante. Bisogna vincerla, bisogna farne battaglia. Come quando un tempo si cercava di conquistare tutto ciò che ora è scontato, che ora è dovuto. Anche il benessere, un sano e vero sorriso è dovuto… bisogna combattere per averlo e provarlo. E’ triste, ma è vero… non abbiamo per cosa combattere… non c’è guerra per un pezzo di pane… ma deve esserci per una risata di gusto. Bisogna dichiarare guerra a tutto ciò che ci uccide senza moti-vo… e io ci proverei perché c’è in ballo qualcosa che non è dovuto: la vita stessa.Lauretta [email protected]

Bangoura, “veloce sii veloce, wow che giro!”Primo posto, “ora vediamo gli altri cosa fanno!”Bè gli altri sono gli italici Monti e Siorges, dentro il bob e giù per la pista.”. Dai siamo in vantaggio, macchè siamo secondi per un’ine-zia.”. Qui lo sceneggiatore decide di dare il meglio di sé, perfetta am-bientazione per film con i suoni ovattati e il tema di "Fuga per la vittoria" come finale.Nash e Dixon sono carichi, voglio-no vincere l’oro o perlomeno in-tromettersi tra gli italiani ed evitare la doppietta tricolore.Qui il coup de théâtre: l’asse ante-riore del bob inglese manca di un bullone, giù il sipario, addio sogni di medaglia, impossibile correre in quello stato.Il folle sceneggiatore fa intervenire Monti, che presta il suo bullone, evitando la conseguente squalifica degli inglesi, che per ringraziare fanno un giro da sogno e scaval-cano Monti e Siorges.Classifica finale: primi Zardini-Bangoura,secondi Nash-Dixon, terzi Monti e Siorges. Che bella storia, che bel copione, manca un ritocco: chiamiamo Mon-ti “il rosso volante”, per via dei suoi capelli e facciamogli vincere nove titoli mondiali e altri due titoli olim-pici quattro anni dopo a Grenoble e magari consegniamogli il premio Fair Play dell’Unesco.Sceneggiatore fatti da parte, it’s the real life.

Claudio [email protected]

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Non so quello che hai detto.Scusa. Non ti ascoltavo.Hai parlato per venti minuti, nonostante ti avessi avvisato. Era tardi, mia madre aveva già chiamato. Eppure, tu continuavi a parlare, con il mento quasi sul mio (non potevo distinguere i tuoi lineamenti, tanto mi eri vicino…) . Io, sentivo le tue parole, rispondevo ogni tanto per spin-gerti ad andare avanti.Scusa. Non ti ascoltavo.Se sorridevo era per la gioia di averti su di me, di accarezzare i tuoi ve-stiti e segretamente ricordarmi della tua pelle. Dei tuoi tre nei sull’ad-dome destro. E di quello sulla spalla sinistra, vicino al collo. E ancora di quello sporgente, sulla schiena, come il mio. (Non riuscivo a sentirlo, la felpa bianca che indossavi me lo impediva, ma sapevo esattamente dove fermarmi con le dita, ad occhi chiusi.Pensavo ad altro.Scusa. Non ti ascoltavo.Così sorridevo e ti baciavo gli zigomi, il mento, la barba, che come al solito hai fatto male proprio qui (vedi?), poco più giù delle basette.Scusa, non volevo interromperti.Ma tu giri il viso, silenzioso. I tuoi occhi mi interrogano. Le tue labbra sono immobili.Già. Scusa. Non ti ascoltavo.Ti aggiusto la collana (te l’ho regalata un mese fa, e ce l’hai quasi sem-pre al collo) . dici che sono fissata con quel ciondolo, te lo sposto sem-pre. È vero, ma si muove, e sta male vedere qualcosa di imperfetto su di te…Ecco, ora va meglio.Sorridi, esiti un attimo (hai idea di quanto possa durare quell’attimo, per me, per le mie labbra già schiuse, per le mie mani immobili?), esiti un attimo e poi mi baci.Sai benissimo che non ti ascoltavo, vero? Eppure mi stai baciando per-ché sai che non puoi farmene una colpa no non puoi così come non posso ritenermi colpevole di pensieri confusi disordinati illogici ma cosa importa davvero in questo momento forse niente però non immagini neanche quanto diventi bello in quell’attimo, quell’attimo in cui ti leggo negli occhi che vuoi baciarmi e tu sai bene che ci riesco ma sorridi ci impieghi un secondo il tempo di farmi venire sete… hai le dita fredde sembrano gelate più del solito o forse sono le mie tempie insolitamente infiammate ma cosa importa davvero?Non mi baci più.Resti immobile, a un millimetro da me.Ti alzi leggermente, sento dietro il mio collo i muscoli del tuo braccio contrarsi. Mi bagni la punta del naso. Adoro quando lo fai.Ti giro il volto. Sorrido. Bacio il lobo del tuo orecchio.Scusa. Non ti ascoltavo.Ma riprendi a parlare, ti prego.

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l’immagine è “bacio - 1” di eques.splinder.com

NON PIANGERENon piangere piccola miaNon ora…Tra poco il sole sorgeràAd asciugarti le lacrimeArriveranno i suoi raggiA scaldarti il cuore…Abbraccia la coperteStringi i denti ancora per un po’Verrà la luceVerrà il caloreAspetta un attimo ancora…

Non piangere piccola miaNon ora…Guarda che bel tramontoOsserva l’incredibile gioco di coloriIncantati di fronte a tutto questoSgrana gli occhiAsciugali e lascia che smettano di bruciareAspetta un attimo ancora…

Non piangere piccola miaNon ora…Guarda le stelleOsserva come stanno lìImmobili nell’immensitàCome una fiabaTutta da scoprireCome una storiaTutta da vivereBellissimaChe bisogna solo afferrare…Non è più tempo di aspettareAfferrala!Avanti, fatti forzaAllunga le tue bracciaTendile al cieloNiente è irraggiungibile…Nemmeno un sogno

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l’albero di Calliope

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Come faiPazzoA navigare senza faroSenza nessuna stella polareAccanto a meChe ciecaVedo nel buioNel mio buioQuella luceOscura a tePazzoA seguirmiA fidartiA scegliermiNon puoi vivere la mia vitaE il mio solco nell’acquaConduce solo a quelloSenza speranzaIncurante della tempestaDel ventoDel soleDella tua voceChe mi chiama silenziosaSilenziosa m’implora.I miei occhi vorrebbero bagnarsiMa non li vedrestiPerché continuo a fissare quella luceIl mio cuore vorrebbe seguirtiMa gli tocca seguire meHa questa condanna.Come faiPazzoNon condannartiNon permettermi di stringertiDi tenerti ancora quiIn questo mare immensoChe per me non avrà mai significa-toSenza quella luceMa in cui tuPotresti trovare la Vita.Lascia la mia strettaRifiuta questi baciRinuncia ai miei sorrisiPazzo.Pazzo!Pazzo…

12-11-200616.05

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apri gli occhi

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