pescare in valtellina 2/2011

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Poste italiane S.p.a. - Spedizionre in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 - DCB Sondrio in Valtellina Rivista dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio - Anno XXVII - N° 2 - 2011 Pescare

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Rivista ufficiale dell'unione pesca sondrio - Numero 2 anno 2011

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in ValtellinaRivista dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio - Anno XXVII - N° 2 - 2011

Pescare

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www.unionepescasondrio.itVisita il nuovo portale

per essere sempre aggiornato sulle attività dell’Unione Pesca

2

E d i t o r i a l E

C hi ha detto che la pesca è

uno sport da vecchi? Forte

del successo sui tesseramenti

agevolati per i giovani, UPS guarda

con maggiore serenità al futuro,

aprendo le porte alle giovani leve. Una

maggiore attenzione ai ragazzi, volta

ad una sorta di cambio generazionale,

lo si può cominciare ad intravedere

già da questo secondo numero 2011

di Pescare in Valtellina; un numero

con ben 5 pagine dedicate ai nostri

piccoli soci con molte immagini che li

ritraggono nei primi fortunati lanci e

non solo.

Niente paura. Il nostro obiettivo

non è certo trasformare il magazine

dell’associazione in una brutta copia

del “Corriere dei Ragazzi”. Ciò che

vogliamo è invece puntare ad essere

una rivista che sia leggibile ad una

sempre più vasta gamma di associati.

Senza perdere di vista quelli che

sono gli importanti temi di attualità,

approfondimento e tutela del

territorio, cercheremo di “svecchiarci”

per stare al passo dei tempi.

Pescare in Valtellina continuerà

quindi ad essere la vostra voce; anzi,

l’invito che vi rivolgiamo è di essere

parte attiva della rivista, inviandoci

articoli, foto, suggerimenti e critiche

che contribuiscano a creare un

prodotto editoriale di qualità.

I tempi cambiano, cose che solo

pochi anni fa sembravano mera

utopia, oggi sono realtà. A volte

basta avere la pazienza di sapere

attendere e la tenacia non mollare

la presa. Un esempio eclatante di

come la perseveranza paghi è la

tanto attesa “Scala di Rimonta” allo

sbarramento di Ardenno. Un’opera, la

cui realizzazione è quasi paragonabile

a quella della SS38, da alcuni mesi è

realtà.

Alla sua inaugurazione molti pescatori

doc avranno finalmente gioito…

E un sorriso speciale, da lassù, siamo

convinti l’abbia fatto anche il mitico

Santino Mezzera (Pelarin).

Si conclude così un 2011 tutto

sommato positivo e già si affaccia

all’orizzonte una nuova stagione di

pesca. Una stagione nel quale portare

avanti iniziative importanti per la

salvaguardia dei nostri fiumi e del

nostro sport. Nell’auguravi buone

feste, vorrei nuovamente elogiare

quelle società che molto hanno fatto

e che molto stanno facendo per

avvicinare i più piccoli al fantastico

mondo della pesca. Lavorare con i

giovani è un compito impegnativo

che richiede tempo, perseveranza e

passione. Un lavoro duro, ma che se

svolto con dedizione e costanza da

sicuramente gratificazione e risultati

di cui andare fieri.

Tanti auguri a tutti voi…

E buona lettura

Maurizio torri

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3

Pescarein Valtellina

UNIONE PESCA SPORTIVA DELLA PROVINCIA Dl SONDRIOSONDRIO - Via Fiume, 85Tel. 0342.21.72.57 (2 linee urbane)Fax. 0342.21.89.69www.unionepescasondrio.itups@provincia.so.itDirettore Responsabile:Maurizio Torri

Redazione:Valter Bianchini Giorgio Lanzi

Hanno collaborato per i testi:M. BagioloG. FerrariA. RomanòG. SalaP. Gibertoni

Hanno collaborato per le foto:C. SchienaSoc. 5 ComuniG. SalaP. GibertoniG. Mezzera

Foto di copertina:Daniel Lenzi di Trepalle (Livigno)foto Valter Bianchini

StampaTIPOGRAFIA POLARISVia Vanoni, 7923100 SONDRIOTel. 0342.51.31.96Fax [email protected]

Della presente rivista sono state stampate e diffuse 7.500 copie

Iscritta al n° 166 Registro Tribunale di Sondrio

RIVISTa Dell’UNIONe PeSca SPORTIVa Della PROVINcIa DI SONDRIOAnno XXV - N° 1 - 2009

a t t u a l i t à

Impianto Enel di Ardenno - La scala di risalita 4

Le caratteristiche tecniche dell’opera 8

Largo ai giovani 10

Hydropeaking 20

I pericoli dell’hydropeaking 21

F i l o d i r E t t o

I Robinson Crousoe dell’Adda 16

a P P r o F o N d i M E N t o

Salmerini e buoi dei paesi tuoi 24

i l P E r s o N a g g i o

Marco Mazza 28

l a r i c o r r E N z a

Santino Mezzera 30

t u t E l a a c Q u E

Il sovralluvionamento dell’Adda 32

V i t a a s s o c i a t i V a

Giovani azzurri in Valmalenco 34

Cose da ricordare 43

P E s c a t o & M a N g i a t o

Girella di trota con fagiolini 42

l E t t E r E d E i l E t t o r i 36

F o t o l E t t o r i

I vostri click 39

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a t t u a l i t à

4

Il muro di Berlino, quello vero, è durato molto meno, “solo” 28 anni. Ce ne sono invece voluti quasi 50, di anni, per fare

cadere - metaforicamente si intende - quello sull’Adda. Ci riferiamo ovviamente allo sbarra-mento che divideva in due il mondo fluviale di fondovalle e che impediva alla fauna ittica di risalire il corso del fiume dalla bassa valle verso Sondrio e oltre. Pur essendo un poco irrispettoso il confronto tra quel periodo cupo del recente passato e una vicenda locale, tanto è il tempo trascorso dalla costruzione dell’im-pianto di Monastero che interessa il territorio di sette comuni della media e bassa valle.

Costruito dalle Ferrovie dello Stato nel periodo 1957-1961, l’impianto è poi stato rilevato da Enel nel 1963. A mezzo secolo di distanza dalla sua realizzazione, finalmente anche la società elettrica, dovendo fare i conti con le mutate normative ambientali, ha messo mano al portafoglio realizzando la scala di risalita per i pesci che oggi è una realtà. Cinquanta anni di attesa non sono propriamen-te una bazzecola. Tanto per avere un’idea del tempo trascorso dalla costruzione dell’invaso alla realizzazione della scala di risalita, po-tremmo ricordare che nel 1957 i russi lancia-rono lo Sputnik, il primo satellite a orbitare

Impianto Enel di Ardenno

Finalmente la scala di risalita per i pesci!Mezzo secolo di attesa per un’opera che, nel 1974, UPS avrebbe anche pagato in parte di tasca propria.

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Impianto Enel di Ardenno

Finalmente la scala di risalita per i pesci!

intorno alla terra, poco dopo Yuri Gagarin diventò il primo uomo spedito nello spazio, gli americani fecero in tempo ad andare sulla luna e dopo aver pensionato da poco anche la navicella shuttle, oggi stanno pensando alla conquista di Marte. Il presidente John Kennedy, Papa Giovanni XXIII, Martin Luther King, Indira Gandhi e molti altri illustri per-sonaggi da tempo scomparsi, hanno siglato le vicende della seconda parte del secolo scorso. Nel 1958 c’erano solo 2500 computer in tutti gli Stati Uniti, oggi non sappiamo più tirare una riga o far di conto senza. Anche la storia dei Beatles iniziò allora; pubblicarono il loro primo album nel 1963 e spopolarono il mercato discografico mondiale per dieci anni, mentre in Italia Domenico Modugno vinse l’edizione del festival di Sanremo 1958 con “nel blu di-pinto di blu”. La popolare Fiat 600 è di quegli anni e da almeno quaranta riposa nei musei di automobile. Festeggiano i cinquanta anni di anzianità anche le mitiche figurine Panini. E via di questo passo, di esempi così potremmo

farne all’infinito: guerre, accordi storici, ca-tastrofi di ogni genere, ricordi belli e brutti. Se un’attesa è durata tanto a lungo, anzi di più, è forse solo quella per l’incontro con gli extraterrestri. Quando l’impianto di Monastero fu cantierato, l’opera non venne prevista, anche se qualcuno provò a rimarcare il generale malumore per la “dimenticanza” facendo apparire di notte, nel-la zona, una grande scritta: “L’ha da saltà tut”. Il povero Santino Mezzera, per tutti “Pelarin”, rischiò guai giudiziari dal momento che, della cosa, diedero la colpa a lui. A dire il vero non furono previste anche altre doverose misure tecniche di sicurezza e non, tanto che l’invaso seppe regalare da subito alla Piana della Selvetta e alla sua popola-zione un mare di guai. Basti ricordare la fitta nebbia di un tempo oggi meno frequente, l’impaludamento dei terreni e, soprattutto, un mucchio di danni a seguito dell’ultima pesante inondazione del 1987, che portò alla sbarra i vertici dell’azienda energetica.

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Ci provò immediatamente anche la nostra Associazione, da poco costituitasi, a ridurre a miti consigli il colosso energetico. Il 27 marzo 1974, in una lettera a tutte le autorità provinciali, il comitato di gestione, riunitosi appositamente, chiedeva che “il problema venga decisamente affrontato a livello opera-tivo dall’ENEL e dagli organismi competenti in materia, dichiarandosi peraltro pronto, sicuro di interpretare il pensiero dei pescatori val-tellinesi che rappresenta, a collaborare anche finanziariamente alla realizzazione dell’opera, invitando i parlamentari , amministratori pub-blici, autorità ed associazioni culturali ad in-tervenire nell’ambito delle proprie competenze”. Capito bene? Ci si dichiarava pure disponibili a contribuire con i soldi dei pescatori alla re-alizzazione della scala di rimonta, purché la si facesse questa benedetta opera! Proprio come ai giorni nostri gli amministratori valtellinesi hanno dovuto, a torto o ragione, stanziare parte dei quattrini dei propri enti pubblici per finanziare un pezzo della nuova strada statale! Questo per avere l’idea di quanto conti da Colico in giù la nostra valle. O forse, di come non sappiamo farci valere nei dovuti modi.Inizialmente, la possibilità che ENEL potesse essere piegata alla ragione non sembrava poi così remota, tanto che nel luglio 1974, dopo un sopralluogo sul posto dell’ing. Frizziero su incarico di UPS, ENEL autorizzava il suo direttore provinciale a fornire i dati tecnici necessari per la stesura di un progetto di massima. Trascorsi due anni, siamo nel marzo 76, di ritorno da una riunione in Provincia, l’allora Presidente Ups Diego Mufatti doveva invece riferire al comitato di gestione che “la posizione dell’Enel è assolutamente negativa e che Enel ha dichiarato, attraverso i suoi rappre-sentanti, che il progetto della scala di monta sì è realizzabile, ma che non è attualmente dispo-sta a lasciar defluire a valle dello sbarramento di Ardenno un solo litro d’acqua, in quanto ciò potrebbe causare all’Enel una diminuzione dei

propri introiti”. Più chiari di così….. si muore. Perché non bisogna dimenticare, tra l’altro, che l’assenza della scala e l’edificazione dello sbarramento avrebbero trasformato il tratto di Adda a valle dell’impianto in un misero rigagnolo (3,5 mc/sec) soggetto a problemi igienico/sanitari di ogni tipo. E questo fino a pochi anni fa quando, in attuazione del Programma regionale di Tutela e Uso delle Ac-que, venne ridefinito il minimo deflusso vitale passando agli attuali 8,7 mc/sec, volume che ha cambiato la faccia al fiume. Tornando alla nostra storia, a settembre dello stesso anno 1976 la speranza si riaccende quando la Regione Lombardia entra in campo a sostegno dell’istanza dei pescatori e dall’or-dine del giorno del comitato di gestione UPS del 29 settembre di quell’anno si evince: “Il Comitato di Gestione dell’Unione Pesca Sportiva ha preso atto con soddisfazione dell’intento manifestato dalla Regione Lombardia di avviare ad una rapida conclusione la battaglia intrapre-sa dai pescatori valtellinesi al fine di ottenere dall’ENEL la realizzazione della scala di monta, congiuntamente ad un deflusso costante di acqua che soddisfi le esigenze non solo ittiolo-giche, ma anche e soprattutto igienico-sanitarie ed ambientali. Auspica, pertanto, ……….la realizzazione della scala di monta entro la fine del corrente anno, con il conseguente deflusso di un quantitativo di acqua che non dovrà es-sere inferiore a 5 metri cubi al secondo”. La “rapida conclusione della battaglia dei pe-scatori valtellinesi” dovrà attendere. L’allu-vione del 1987 non aiuta certo i progressi e, purtroppo, trascorreranno altri 15 anni prima che l’argomento torni seriamente all’ordine del giorno. Il 10 maggio 2002, la Regione in-forma che Enel ha presentato domanda per la realizzazione dell’impianto elettrico Talamona 2 e, contestualmente, il progetto per la scala di rimonta “secondo quanto concordato con gli enti preposti”. Il progetto viene esaminato dalla nostra associazione ma puntualmente

Alluvione del 1987Piana della Selvetta

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contestato in quanto non tiene in alcun modo conto del previsto adeguamento del quantita-tivo di acqua da rilasciare a valle dell’invaso a titolo di deflusso minimo vitale. La domanda definitiva è però presentata alla Regione a ottobre 2007 e il Pirellone concede il via libera definitivo il 16.03.2009. Quindi, fatti i conti, sono altri sette anni di attesa, trascorsi tra valzer di estenuanti iter amministrativi ai quali si devono aggiungere i previsti (e rispettati) circa due anni per l’ese-cuzione dei lavori. A questo punto possiamo certificare che anche la tempistica biblica è ampiamente superata; infatti, il popolo ebreo impiegò di meno a raggiungere la terra pro-messa dopo aver vagato nel deserto per 40 anni. Ma alla fine, che è quel che conta, si compie quello che potrebbe essere definito il parto più difficile della storia di questa valle. Grazie alle nuove leggi ambientali e al pressing della Regione Lombardia che ha subordinato l’autorizzazione della costruzione del nuovo impianto elettrico alla realizzazione della scala, Enel ci ha consegnato da poco l’opera finita. Mezzo secolo di attesa, generazioni di appas-sionati costretti a pescare in un tratto di fiume che definire tale era un azzardo; in migliaia oggi scomparsi non hanno avuto nemmeno la soddisfazione di vederla iniziare questa opera. E generazioni di pesci che non hanno potuto dare sfogo al loro istinto risalendo il corso dell’Adda.

Anche se a spanne, ora sappiamo come sia andata questa storia infinita; per decenni nessuno riuscì a smuovere di un millimetro il colosso dell’energia, nonostante le prese di posizione ufficiali e, possiamo immaginarlo, le continue pressanti sollecitazioni e proteste dei rappresentanti della nostra associazione in ogni sede o occasione utile. A dimostrazione che un conto è provarci, farlo è doveroso, ma altra cosa è vincere le battaglie con tali potentati. Il compimento dell’opera rende finalmente giustizia al fiume ma, in tutta onestà, il taglio del nastro e l’evento mediatico conseguente all’inaugurazione non possono cancellare le frustrazioni di una infinita attesa. La costruzione, bisogna dare atto a Enel, è veramente ben fatta e curata in ogni partico-lare. Ora la domanda è: la scala funzionerà? La progettazione di un passaggio per pesci è un fatto complesso in quanto richiede cono-scenze di tipo biologico (ittiologia, ecologia applicata, zoologia, fisiologia del nuoto dei pesci, etologia) e di tipo tecnico (di inge-gneria idraulica fluviale e tecniche di costru-zione) ed è quindi il risultato di un approccio interdisciplinare, esattamente quello utilizzato nel caso della scala di Ardenno. Se svolgerà il suo compito, ottenendo lo scopo che ci si propone, lo potremo verificare nel tempo. Per ora possiamo dire che i primi pinnuti sono stati avvistati nella nuova struttura.

Valter Bianchini

Tratto della scala,fosso prearginale

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La costruzione dell’opera, iniziata nel 2010 e conclusa da pochi mesi, è stata imposta all’azienda energetica dalla Regione Lom-

bardia in occasione del rilascio della conces-sione definitiva dell’impianto di Monastero. Il progetto, redatto dall’ing. Giuseppe Oldani di Milano, si inserisce nel quadro dei lavori di rinnovamento dell’impianto di Talamona che prevedeva anche la realizzazione di un nuovo salto, posto tra l’impianto esistente e lo sbarramento stesso. Come dicevamo, le opere di progetto rispon-dono alle prescrizioni riportate nei decreti di concessione degli impianti di Monastero e Talamona, relativamente agli adeguamenti di carattere ambientale da mettere in opera allo sbarramento di Ardenno. Per il progetto della scala di risalita, Enel si è avvalsa della consu-lenza di GRAIA srl e il tipo e le caratteristiche dell’intervento sono derivate dall’analisi della tipologia delle specie ittiche presenti e dalla loro capacità di risalire la corrente. La tipo-logia di struttura scelta è poi stata adeguata alla morfologia del territorio, prevedendo di riutilizzare in parte il canale pederginale già esistente migliorandone la funzionalità con interventi di rinaturalizzazione.La scala di risalita collega l’invaso a monte

dello sbarramento di Ardenno con l’alveo del fiume Adda immediatamente a valle della vasca di dissipazione dello sbarramento. Il percor-so si sviluppa in sponda sinistra orografica, il dislivello da superare fra il pelo acqua a monte ed a valle dello sbarramento è pari a 265,50 – 259,00 = 6.50 m, con una lunghez-za complessiva di circa 230 metri. La scala è stata dimensionata per un deflusso minimo di 540 l/s.Come accennato, la scala di risalita utilizza in parte il canale pederginale esistente; per-tanto può essere idealmente suddivisa in tre parti che presentano caratteristiche tecnico-realizzative diverse, come ben descritto nella relazione tecnica del progetto esecutivo.

Tratto di monte tra l’invaso di Ardenno e il canale pederginaleQuesto primo tratto copre il dislivello fra l’in-vaso, quota di ritenuta 265,50, e il canale pederginale esistente a quota 262,70 m s.l.m. Il tipo di scala è a bacini successivi, con lunghezza minima pari a 3,35 m, larghezza costante di 1,80 m e altezza media dell’acqua di 1,60 m. I dislivello tra i bacini è costante per tutto il tratto e pari a 20 cm. I bacini sono collegati per mezzo di una fessura laterale di 35 cm e un orifizio sul fondo da 30x30 cm; il funzionamento idraulico è quindi quello di stramazzo rigurgitato. La fessura laterale da 30 cm permette il passaggio dei pesci di grossa taglia, mentre l’orifizio sul fondo permette la risalita anche di specie con scarsa capacità natatoria. Con i livelli idrici indicati, queste aperture consentono il transito della portata di 540 l/s. L’imbocco di monte è stato rea-lizzato aprendo una luce di 1,00x 1,00 m nel muro d’argine. Questa luce è presidiata da una paratoia piana a comando manuale per permettere la messa fuori servizio della scala e le operazioni di manutenzione.

Le caratteristiche tecniche dell’opera

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Tratto di canale pederginale rinaturalizzato Per il tratto intermedio della scala è stato riutilizzato il canale esistente per una lun-ghezza di 90 m. La portata che defluisce nel canale per effetto delle filtrazioni dell’invaso si somma ai 540 l/s derivati nal primo tratto della scala. Questo tratto termina a valle con una soglia dotata di paconcelli di regolazione che, sbarrando il canale pederginale, permet-te di mantenere un battente di 50-70 cm di acqua nel canale regolando anche il deflusso della portata nel tratto di valle. Le portate in eccesso sfiorano sulla soglia di valle e vengono scaricate in Adda per mezzo dell’ultimo tratto di canale pederginale che è stato mantenuto. Il tratto di 90 m è stato rinaturalizzato con tecniche di ingegneria naturalistica, in modo da creare un habitat favorevole all’ittiofauna.

Tratto di valle tra il canale pederginale e il fiume AddaQuesto tratto supera il dislivello fra il canale esistente, dove il livello dell’acqua è mante-nuto a 262,70 m s.l.m. minimo, e il fiume Adda, dove il livello in condizioni di magra è compreso fra 259,00 – 259,50 m s.l.m. Il tipo di scala in questo tratto è a bacini successivi, con le stesse dimensioni e caratteristiche del primo tratto. Solo il dislivello tra i bacini è aumentato a 23 cm. Questo tratto è costituito da 17 bacini per una lunghezza complessiva di circa 70 m. Lo sbocco della scala nel fiume avviene attraverso il muro d’ala dello sbarra-mento, nel quale è stata ricavata una luce di larghezza 1,80 m, pari alla scala, per 1 m di altezza e quota di fondo 257,00 m s.l.m.

Sopra:particolare della scala di risalita

a fianco:paratoia di regolazionedella portata d’acqua

Sotto:zona di ingresso scalae traversa di Ardenno

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Largo ai giovani verrebbe da dire….in tutti i sensi e, in particolare, nel nostro settore. In un momento di particolare crisi, anche

la pesca sportiva risente della carenza di nuovi adepti . E dove trovare nuova linfa se non nei giovani e giovanissimi. E’ a loro che dobbia-

mo rivolgere i nostri sforzi e le nostre energie se non vogliamo che la pesca sportiva finisca con noi. Uno sforzo è stato fatto quest’anno dalla nostra Unione Pesca con l’introduzione di un permesso annuale riservato ai ragazzi dal costo simbolico

LArgo ai gIovAnI

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di 15 euro. Uno sforzo sicuramente positivo e che ha dato i suoi frutti almeno in termini numerici con tante nuove licenze rilasciate. In Alta Valtellina, zona per la quale rilascio i per-messi di pesca, posso tranquillamente affermare che l’iniziativa è stata un successo. Tantissimi giovani hanno non solo rinnovato la licenza, ma hanno anche portato nuovi associati. Si sono formate nuove compagnie e tanti ragazzi che prima non erano pescatori lo sono diventati perché hanno seguito i loro amici in questa nuova avventura. Il tutto senza gravare sui conti familiari sempre più pesanti. Ho rilasciato anche quattro licenze per famiglia; padre più tre figli. Magari non tutti continue-ranno negli anni a rinnovare il permesso ma for-se qualcuno di loro diventerà un appassionato. E oggi anche uno solo in più ogni tre-quattro licenze da giovani rilasciate è da considerar-

si un successo. In questa maniera diamo la possibilità a tutti i giovani di provare con un costo veramente simbolico. Pensiamo ad una famiglia tipo con il padre pescatore più 3 figli. Fino allo scorso anno pagava 130 euro più 60 euro moltiplicato per tre; quindi 310 euro per pescare lui e i suoi tre figli. Da quest’anno la spesa si è ridotta a 130 euro + 45 euro = 175 euro. Ben 135 euro in meno. Considerato inoltre che il più delle volte certi ragazzi seguivano il padre solo per 4 o 5 uscite, va da se che taluni rinunciavano ad acquistare la licenza per tutti i figli, facendolo al massimo per uno su tre. E’ vero anche che facendo i conti in tasca a Unione Pesca i conti sono notevolmente cambiati…in meno! Ma dobbiamo considerare questo sforzo come investimento per il futuro. Di questo ne sono fiducioso. Dall’altra parte però anche noi dobbiamo fare

LArgo ai gIovAnI

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la nostra. E qui mi riferisco alle varie società di pesca sparse sul territorio provinciale. I giovani vanno incentivati anche su altri fronti; dobbia-mo fare loro conoscere la realtà della pesca, dobbiamo insegnare loro la manualità. Si perché lasciarli allo sbando non aiuta di certo ad avere nuovi adepti. Pensiamo a quali sono i giovani che attualmente frequentano laghi e fiumi di casa. Sono i figli dei pescatori e poco più. Come può un giovane che non ha mai preso in mano una canna improvvisarsi pescatore? Qualcuno gli dovrà pur insegnare qualcosa. E qui dobbiamo intervenire. Già negli anni scorsi alcune società pescasportive si sono attivate in tal senso. Ricordo in particolare la società Valmalenco che già più di 15 anni fa orga-nizzava annualmente dei corsi di pesca per i ragazzi; società che è riuscita già a quei tempi ad avere poi un nutrito gruppo di ragazzi ap-passionati che hanno proseguito la loro attività anche in campo agonistico ottenendo ottimi risultati. Molti di quei ragazzi si sono poi persi per strada, molti altri invece ancora oggi sono appassionati pescatori perché la passione non l’hanno persa ma anzi si è rafforzata in loro. Sono due anni invece che seguo da vicino due realtà; quella della società 5 Comuni di Grosotto e quella delle scuole di Grosio e Sondalo. Gli amici di Grosotto organizzano all’inizio della stagione (grosso modo dalla fine di marzo in poi) un corso di pesca riservato ai ragazzi (circa 20-25 ragazzi). Si tratta di 5-6 appuntamenti durante i quali i ragazzi vengono a conoscenza del mondo delle acque e dei suoi abitanti e, successivamente, vengono tenute le lezioni

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pratiche di pesca. Nella prima parte del corso una attiva collaborazione arriva dalla stessa Ups con la partecipazione di alcuni agenti di vigilanza che mostrano ai ragazzi la fauna ittica locale, la microfauna ed in generale la biologia dei nostri fiumi. Nella seconda fase i soci della società grosottina passano alla parte pratica insegnando ai ragazzi dapprima la costruzione delle lenze, montaggio degli ami e l’uso della canna da pesca; poi ci si sposta in fiume (Adda e Roasco) per mettere in pratica ciò che si è imparato con la teoria. E c’è da dire che il suc-cesso non è mancato. Molti dei ragazzi che hanno partecipato nel primo anno si sono reiscritti al secondo, altri di nuovi se ne sono aggiunti strada facendo. Ma la cosa senz’altro positiva per la nostra as-sociazione è che il 70% dei ragazzi che hanno partecipato ai corsi non avevano mai avuto la licenza di pesca; permesso che è stato fatto però durante il corso o subito alla fine dello stesso. Due genitori invece, ex pescatori e da anni lontani dai fiumi sono ritornati alla vecchia passione rinnovando il permesso per accompagnare il figlio che si è appena appas-sionato. Al termine del corso, come tradizione vuole anche in altri sport, è stata effettuata una mini gara dove i ragazzi appena “laureati” hanno dato il meglio di se sfidandosi tra loro. Bisogna sottolineare che i risultati sono stati più che soddisfacenti. La seconda realtà che ho seguito, tutt’ora in corso, è quella dell’introduzione dell’argomento pesca nelle scuole. L’esempio che ha dato il via a questa iniziativa l’ho scopiazzato dalle scuole medie di Teglio, dove già da alcuni anni l’insegnante di educazione fisica dell’istituto comprensivo tellino inseriva nella “giornata dello sport” anche la gara di pesca (una se-rata organizzata presso il laghetto privato di Chiuro). Perché non portare anche in alta valle quest’iniziativa, magari arricchendola ulterior-mente con altre proposte? E così è stato fatto. Grazie all’interessamento di due insegnanti, uno per la scuola di Sondalo e uno per quella di Gro-sio, si è inserita quest’iniziativa nel programma scolastico ed è ormai da tre anni (Sondalo) e due anni (Grosio) che i corsi si tengono rego-larmente. Le lezioni teorico-pratiche si sono svolte al laghetto di Grosotto. Le classi della prima media di Sondalo hanno in program-ma tre lezioni a loro volta suddivise in parte teorico-formativa e fase pratica; nella prima effettuata alcune settimane fa (17 ottobre) si è trattato della fauna ittica locale (con visione

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delle trote fario, iridee, salmerini e scazzoni vivi) e dell’ecosistema del fiume, in particolare la conoscenza della miscrofauna. Si è poi pas-sati alla fase pratica con lezioni di montaggio dell’attrezzatura, prove di lancio e pesca vera e propria. Le prossime lezioni che si terranno tra aprile e maggio; anche in questo caso si parlerà di acque, regolamenti e pesci oltre ovviamente alla gara finale. Il comune di Sondalo ha anche finanziato parte del corso a beneficio di tutti i ragazzi iscritti. Lo stesso programma si è svolto anche con la scuola di Grosio e anche qui la par-tecipazione è stata massiccia (una quarantina di ragazzi sia a Sondalo che a Grosio). La scelta di effettuare le lezioni sul laghetto e non sul fiume è essenzialmente dovuta a ragioni scolastiche; c’è comunque da sottolineare che una buona percentuale dei ragazzi che hanno frequentato i corsi hanno a loro volta acquistato il permesso di pesca e continuato la loro avventura estiva sui fiumi della zona. Sulla scia di queste anche altre scuole hanno aderito a simili proposte. Lo scorso anno la scuola media di Ponte Valtel-lina, a seguito della campagna promossa dalla Provincia di Sondrio sulla questione delle ac-que, ha svolto un grosso lavoro sull’ecosistema fluviale che ha poi portato anche ad una parte sulla pesca sportiva e all’intervista del presi-dente della locale società Valfontana Giorgio Franchetti. Da parte sua la società ha contri-buito al progetto e ha donato a tutti ragazzi della classe una canna da pesca che speriamo possa servire da inizio per avvicinarsi al mondo della pesca sportiva. Un piccolo sforzo da parte delle società che può però rappresentare un grande passo avanti per il futuro dei giovani e soprattutto per la pesca sportiva.

Testo di Mauro Bagiolo Foto Società 5 Comuni e C. Schiena

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Page 16: Pescare in Valtellina 2/2011

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F i l o d i r E t t o

Robinson Crusoe nacque in Inghilterra nel 1632. Suo padre voleva che diventasse av-vocato, ma il suo più grande desiderio era

navigare. A 19 anni, a Londra, trovò un imbarco su una nave diretta in Guinea, da lì arrivò in Bra-sile dove si arricchì coltivando il tabacco, ma non era felice perché desiderava nuove avventure. Accettò quindi la proposta di partecipare ad un viaggio per procurare schiavi da utilizzare nelle piantagioni. Dopo dodici giorni di navigazione si scatenò una terribile tempesta che fece per-dere la rotta alla nave e la portò ad incagliarsi. L’equipaggio cercò di raggiungere la terraferma su una barca di salvataggio, ma l’uragano la rovesciò e Robinson, unico sopravvissuto, fu trascinato sulla spiaggia di un’isola deserta.

Durante le interminabili solitarie giornate si diede da fare lavorando e divertendosi per quanto possibile. Ciò che gli mancava era la compagnia di un altro essere umano, ma quando dopo anni vide delle impronte di piedi sulla spiaggia, scoprì che appartenevano ad una tribù di cannibali che raggiungeva l’isola per i loro macabri riti. Fu du-rante una di queste “riunioni” che Robinson salvò un indigeno che i cannibali volevano uccidere e lo chiamò Venerdì. Dopo due anni, un giorno finalmente arrivò una nave ma il suo capitano era prigioniero dell’equipaggio; Robinson lo liberò e questi, per ricompensa, lo prese a bordo. Così dopo 28 anni, 2 mesi e 19 giorni poté fare ritorno in Inghilterra. Questa, in breve, è la storia del ceIebre personaggio di Daniel Defoe.

I robinson Crusoe dell’Adda

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I Robinson Crusoe dell’Adda non sono il frutto della fantasia di uno scrittore, ma uomini in carne e ossa che in comune con il primo hanno il destino di cacciarsi nei guai, anche se non per colpa loro. Il loro desiderio dopo una settimana di stressante lavoro è raggiungere al più presto la riva del fiume per insidiare trote e temoli. E quando al mattino, di fronte a loro appare ma-gicamente una tra le diverse isolette dell’Adda, non gli pare vero di poterla raggiungere. Non ci sono uragani che li spingano lì, nessun naufragio ve li scaraventa, ci vanno spontaneamente grazie a stivali o scarponcini antiscivolo, attraversando senza sforzo il bagnasciuga e facili gremole. Il desiderio inconscio che li spinge si materializza: pescare sull’isolotto. La cosa senza dubbio ha il suo fascino, le correntine che lo avvolgono sono invitanti per immergervi le esche, si pe-sca in solitudine e la folta vegetazione li ren-de pressoché invisibili ai propri simili. Spesso dopo averci messo piede perdono l’orientamento, dimenticano dove stia l’isola, non tanto sulla carta geografica, ma semplicemente rispetto al luogo dove hanno parcheggiato l’automobile; né ricordano se il ponte più vicino sia a monte o a valle o ce ne sia uno. Ma che importa, è un particolare che in fondo rende più eccitante la cosa, almeno inizialmente. Un particolare non trascurabile però per quel che accadrà loro di lì a poco. Totalmente concentrati, i nostri Ro-binson non hanno occhio che per la passata nel sottoriva, lo sguardo diritto sul galleggiante o su quell’ultimo mezzo metro di finale che taglia l’acqua in attesa dell’abboccata. La musica di sottofondo del fiume è disturbata solo da qualche lontana voce che proviene dal sentiero Valtellina. La musica dell’acqua dicevamo, ma il volume del suono che gradualmente sale e sale proprio nessuno di loro riesce a percepirlo? Nemmeno per idea. Che qualcosa stia cambiando nel re-gime idrico i Robinson lo scoprono solo quando la passata diventa veloce, sempre più veloce, il volume dell’acqua aumenta, arriva all’inguine,

entra tra le erbe della riva. Nemmeno il tempo di pensare “ perbacco, l’acqua sta salendo” che è tardi; in pochi minuti un piccolo tsunami si ab-batte sull’isola, l’acqua cambia colore, scurisce, trasporta fogliame e legnami vari, compresa la spazzatura di quei “deficienti” che considerano ancora il fiume una discarica. Il livello sale di 40 / 50 cm e taglia qualsiasi via di fuga. Quelli che un’ora prima erano facili passaggi da e per la riva, adesso sono canali impetuosi impossibili da attraversare. Finalmente i Robinson dell’Adda si accorgono della fregatura: tagliati fuori dal mondo. Senza un Venerdì a fargli compagnia, senza armi per cacciare l’airone che staziona da quelle parti (ottime le piume per le imitazioni), senza un posto per fare il pisolino ma almeno non ci sono i cannibali. Finalmente consapevoli che da lì non ci si muo-ve, dopo un primo momento di smarrimento, cominciano a ragionare sul da farsi. Telefonare agli amici? Neanche per idea, poi quelli inizie-rebbero un’interminabile catena di S.Antonio all’insegna di spiritosaggini irriferibili, almeno per ora è meglio sperare che arrivi presto la bassa marea, magari facendo finta di pescare se qualche curioso sceso sulla riva a fare pipì guarda incredulo verso di loro: “almeno non avessimo lasciato i panini in macchina” pensa-no. Ma il livello dell’acqua non ne vuol sapere di scendere e il tempo passa, i campanili suonano il mezzogiorno, il profumo di polenta, sciatt e pizzocheri proveniente dai vicini agriturismi che perfidi refoli portano direttamente alle narici dei malcapitati rende loro la situazione oramai insopportabile. A questo punto, inevitabilmente crollano e arriva la decisione definitiva: meglio chiamare il 118. “Pronto, sono il signor……scusate il disturbo, mi trovo casualmente su un isolotto in mezzo all’Adda, più o meno vicino a ….di preciso non saprei indicare….no no sto bene, anzi io starei anche qui fino a stasera, ma se l’acqua dovesse alzarsi ancora? Da quel fatidico momento per i nostri eroi sva-

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nisce qualsiasi possibilità che la loro avventura resti sconosciuta, un segreto da confidare semmai solo in famiglia o a pochi intimi. Prima ancora dei soccorsi arrivano sul posto i giornalisti con fotografo al seguito (sarà telepatia?), a seguire numerosi curiosi che hanno visto andare su e giù lungo la riva gli automezzi dei vigili del fuoco alla ricerca dei dispersi. Fino all’atto finale, il salvataggio, quando un gom-mone rosso fuoco abborda l’isolotto e un pompie-re sorridente, parafrasando “il camionista ghost

rider” di Davide Van De Sfroos urla: ”Hei Robin-son dell’Adda, scià che vèmm, scià che vèmm“.E così, non dopo anni e anni ma nella stessa giorna-ta, dopo un paio di orette e qualche minuto, i nostri Robinson Crusoe possono ritornare alla civiltà. Le aziende idroelettriche da queste parti regalano esperienze da wilderness uniche, pensano a tutto loro, basta sapersi trovare nel posto giusto al momento giusto.

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a t t u a l i t à

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Non si può certo ritenere esaurito l’ar-gomento hydropeaking trattandolo con l’ironia dei “Robinson dell’Adda”, la ma-

teria è molto più seria di quanto, volutamente, nello scritto non appaia.E’ arrivato il momento di porre nuovamente l’attenzione su questo fenomeno (rapide va-riazioni di portata giornaliere determinate da immissioni intermittenti di acque turbinate a valle delle centrali idroelettriche) e sulle conseguenze negative che ne derivano sia per l’incolumità di pescatori e cittadini, sia per gli ecosistemi fluviali e la qualità dell’attività di pesca.Riguardo ai primi, i pericoli sono ampiamen-te dimostrati dalle periodiche richieste di intervento al 118 per liberare chi è rimasto intrappolato in mezzo al fiume. Fino ad ora non si riportano conseguenze di rilievo per i malcapitati, solo un po’ di spavento e l’in-cazzatura per il tempo di pesca perso. Ma se non finisse sempre così? Se lo sfortunato di turno, spaventato, fosse colto da un malore o, scivolando, cadesse in acqua travolto dal repentino aumento delle portate? Il fiume, inoltre, sino a pochi anni fa era meta pressoché esclusiva dei pescatori, oggi il “sentiero Valtellina” ha trasformato le rive dell’Adda in luogo di ritrovo per centinaia di cittadini. E’ molto comune osservare genitori sdraiati al sole a pochi centimetri dall’acqua e bambini – anche in tenera età - giocare in quel bagnasciuga che, in pochi minuti, a insindacabile giudizio degli onnipotenti

produttori elettrici, potrebbe trasformarsi in corrente impetuosa. Non vorremmo trovarci nei panni del respon-sabile di un impianto elettrico il giorno in cui dovesse succedere quel che nessuno auspica, cioè un grave incidente. Avrebbe un gran da fare a spiegare, prima di tutto alla popolazio-ne, le ragioni di tali modalità di gestione, cioè che Terna (il principale proprietario della Rete di Trasmissione Nazionale di energia elettrica ad alta tensione) pretende……, che i protocolli dei sistemi di produzione prevedono..., che non si possono installare avvisatori acustici su decine di chilometri di fiume ecc ecc. Perché così stando le cose, o le autorità prima o poi avranno il coraggio di sposare a tutto campo le attuali modalità di gestione degli impianti elettrici e quindi, sfidando l’impopolarità, avvisare i cittadini che le rive del fiume vanno prese “con le molle”, meglio ancora se vi stanno sufficientemente alla larga, oppure e’ evidente la necessità di trovare un modello di gestione delle portate in grado di assicurare ragionevoli condizioni di sicurezza per tutti. E non si capisce come mai, mentre il nostro vivere quotidiano è scandito da centinaia di limitazioni, divieti e precauzioni di ogni ge-nere dettate da ragioni di sicurezza vere o presunte tali, in questo caso si faccia finta di nulla, nonostante la stampa locale riporti ogni volta con risalto le disavventure causate dall’hydropeaking.

Hydropeaking

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Hydropeaking“così stando le cose, o le autorità avranno il coraggio di sfidare l’impopolarità, avvisando i cittadini che le rive del fiume vanno prese “con le molle”, meglio ancora se vi stanno alla larga, oppure è evidente la necessità di trovare un modello di gestione delle portate in grado di assicurare ragionevoli condizioni di sicurezza per tutti.”

come dicono gli amici svizzeri, il problema dei deflussi massimi

È esperienza comune a tutti i pescatori fre-quentatori dei tratti di fondovalle dell’Adda e del Mera l’essersi imbattuti in repentine

variazioni della portata idrica, del tutto indipen-denti dalle condizioni metereologiche: lo stesso fiume che pochi minuti prima scorreva tranquillo, magari facilmente guadabile e distante dalle sponde, in poco tempo si trasforma in un impe-tuoso e profondo corso d’acqua che allaga l’intero alveo. Talvolta può accadere la trasformazione inversa, con le acque che si ritirano, lasciando asciutte ampie zone laterali del letto fluviale e facendo affiorare i massi e le porzioni di alveo meno profonde. Questo fenomeno è definito con il termine anglosassone “hydropeaking” e si rife-risce alle forti e repentine variazioni artificiali di portata che si verificano per effetto del funzio-namento delle grandi centrali idroelettriche che utilizzano le acque accumulate negli invasi arti-ficiali. In relazione alla richiesta di energia elet-trica del momento, le centrali possono turbinare e quindi scaricare acqua nel fiume sottostante,

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oppure restare ferme, senza rilasciare nulla. In passato questo ciclo di funzionamento era relati-vamente regolare: la produzione idroelettrica era concentrata nelle ore diurne, in corrispondenza della maggiore richiesta di energia sulla rete, mentre le centrali si fermavano di norma duran-te la notte e, quasi sempre, nei fine settimana. Questo faceva sì che fosse abituale trovare nei tratti di fiume, a valle delle centrali, una portata diurna elevata e abbastanza costante nell’arco dei giorni infrasettimanali, fatto salvo per il picco iniziale al mattino e la riduzione serale; nel corso dei week-end, invece, la situazione rimaneva in genere livellata sui valori minimi. Con i recenti cambiamenti nel mercato dell’energia, i cicli produttivi sono divenuti molto più irregolari ed imprevedibili; le variazioni di portata scaricata a valle delle centrali possono ora verificarsi più volte nell’arco delle ventiquattro ore e lungo l’intera settimana. L’entità della portata d’acqua, in combinazione con la forma dell’alveo in cui scorre, determina i valori di profondità dell’acqua e di velocità di corrente che si trovano all’interno di un fiume; profondità e velocità sono a loro volta para-metri fondamentali affinché una determinata porzione di alveo bagnato sia idonea o meno ad ospitare organismi acquatici. Nel caso dei pesci, per esempio, ogni specie ittica e, all’interno di questa, ogni stadio vitale (avannotto, giovane, adulto) ha delle preferenze per determinati va-lori di profondità e di velocità: gli avannotti di trota stazionano preferibilmente dove l’acqua è bassa – quindi difficilmente accessibile ai pesci più grandi che potrebbero predarli - e la corrente meno forte – in quanto hanno capacità natatorie ancora poco sviluppate; per contro, una trota adulta predilige acque profonde – dove trova

rifugio dai predatori come gli uccelli ittiofagi – e a corrente vivace, che riesce a contrastare grazie alla muscolatura ben sviluppata. Questo comporta che, variando la portata del fiume, variano anche i valori di profondità e velocità di corrente al suo interno e, di conseguenza, si modifica il grado di “ospitalità” rispetto ai diversi pesci presenti. Quanto più le variazioni sono repentine ed elevate, tanto più questi ultimi avranno difficoltà ad adattarsi, dovendo ricer-care nuove zone idonee. Se il livello dell’acqua sale bruscamente, l’aumento di velocità può comportare il trascinamento a valle dei pesci che non riescono a contrastare la corrente o a trovare un riparo in tempo utile; viceversa, una repentina riduzione di livello può mandare in asciutta delle porzioni di alveo fluviale prima che i pesci abbiano il tempo di abbandonarle, portandosi in acque profonde.La gravità degli effetti dell’hydropeaking di-pende principalmente dai seguenti fattori:1. L’entità dell’escursione di portata, cioè il rap-

porto tra valore massimo e valore minimo. E’ evidente che quanto più si discosta la portata massima da quella minima, tanto più rilevanti saranno le variazioni di profondità (livello) dell’acqua e di velocità di corrente.

2. La rapidità con cui avviene; più veloce è il cambiamento e meno tempo hanno a disposi-zione gli organismi acquatici per adattarvisi, con il rischio di rimanere spiaggiati all’asciut-to o, al contrario, essere trascinati a valle.

3. La frequenza con cui si verifica nel tempo; se le fluttuazioni sono ripetute nell’arco della giornata, il continuo disturbo impedisce una colonizzazione adeguata da parte degli orga-nismi acquatici, che subiranno una riduzione di quantità e di diversità di specie.

4. La forma dell’alveo del fiume: quando il corso

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d’acqua scorre in un letto ampio e poco profondo, la variazione di portata ha un effetto rilevante sulla larghezza dell’alveo bagnato, aumentando il rischio di spiaggiamento dei pesci e degli invertebrati più prossimi a riva quando scende il livello. Negli alvei stretti e profondi la modifica della portata incide invece in maggior misura sulla velocità di corrente, che può aumentare a valori non sostenibili dagli organismi, specialmente in assenza di ripari come massi o asperità della riva.

5. Le sue artificializzazioni: più un fiume è condizionato nelle sue forme naturali, sia del letto che delle rive, più è stato privato di tutti gli elemnti di rifugio che caratterizzano i fiumi naturali, più gli effetti delle variazioni di portata saranno evidenti.

Come intervenire per cercare di risolvere, o quanto meno mitigare, questo problema? L’obiettivo è quello di ridurre la differenza fra i valori minimi e quelli massimi, incrementando i tempi di passaggio tra loro. Una soluzione tecnica adottata all’estero per i nuovi impianti è la realizzazione dei cosiddetti bacini di compen-sazione o demodulazione; si tratta, in poche parole, di piccoli bacini artificiali in cui l’acqua turbinata dalla centrale idroelettrica viene accumulata e da questi scaricata progressivamente nel fiume. Ciò permette di smorzare l’entità e la frequenza delle oscillazioni di portata. Il problema di questo approccio è che richiede la disponibilità di un ampio spazio – il corretto dimensionamento del bacino è fondamentale, volumi troppo piccoli li renderebbero inutili – ed è molto costoso e difficilmente immaginabile per impianti già esistenti.Un altro metodo potrebbe consistere nel ridurre il rapporto tra portata massi-ma e portata minima aumentando il valore di quest’ultima; questo obiettivo è perseguibile prevedendo un valore di base di portata turbinata in continuo. In questo caso le controindicazioni sono soprattutto economiche: una impor-tante portata di base comporterebbe perdite economiche ingenti poiché in alcuni momenti si produrrebbe energia quando è meno conveniente rispetto al prezzo di mercato; si tratta quindi di un utilizzo degli impianti a serbatoio contrario alla loro funzione, che è quella di produre quando richiesto dalle punte di domanda.Più difficile, per motivi dovuti ai meccanismi della borsa elettrica, è agire sul regime di produzione delle macchine della centrale al fine di rendere il più lento possibile il passaggio da “macchine ferme” a “macchine al massimo”.Un’ulteriore possibilità è quella di intervenire sulla morfologia del fiume; l’ef-fetto dell’hydropeaking è, infatti, aggravato, come detto, dagli interventi che hanno artificializzato gli alvei fluviali, canalizzandoli e privandoli dei naturali ripari alla velocità di corrente. Inserendo rifugi artificiali come per esempio gruppi di massi, è possibile fornire ai pesci i ripari necessari per non essere troppo “infastiditi” durante i momenti di portata più alta.La presa di coscienza di questo problema, decisamente più avanti all’estero, è ormai in corso anche nel nostro paese, anche se mancano ancora dei precisi riferimenti normativi per affrontare la questione. Resta la speranza che tale lacuna sia colmata, come avvenuto con il Deflusso Minimo Vitale e la gestione degli svasi, almeno per le nuove concessioni.Un’ultima considerazione: tra gli organismi che possono subire le conseguenze dell’hydropeaking, ci sono anche i pescatori! Occorre fare attenzione nei tratti di corsi d’acqua soggetti a utilizzo idroelettrico (cioè quasi tutti in Provincia di Sondrio…), perché l’improvviso aumento di portata può mettere in difficoltà chi si è avventurato troppo in mezzo all’alveo, confidando nell’acqua bassa, o chi si trova in zone rinchiuse tra sponde strette e scoscese, dove risalire rapidamente è difficile o impossibile. E’ bene ricordare che, oltre ai cicli di funzionamento delle centrali, esiste sempre il rischio di manovre idrauliche improvvise dovute a condizioni meteo particolari o a esigenze tecniche (ad es. guasto dei macchinari), che comportano inevitabili rilasci, in poco tempo, di grandi quantità d’acqua a valle delle opere di presa e/o degli sbarramenti, creando vere e proprie onde di piena artificiale.

Testo di Andrea Romanò (GRAIA Srl) - Foto di G. Sala

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a P P r o F o N d i M E N t o

Quando sogno un pesce di acqua dolce quasi sempre è un salmerino. E’ una cosa strana dal momento che la mia vita professionale

ed i miei pensieri sono spesso rivolti alla tutela ed alla riproduzione delle trote native italiane, le Mediterranee.Ma più ci penso più mi rendo conto che un fil rouge corre lungo tutta la mia vita, da quando ero un bocia ad oggi, attraverso periodi e ricor-di piacevoli od inquietanti caratterizzati dalla presenza del Salmerino. Inoltre, sono convinto che chiunque coltivi la passione per la pesca ai salmonidi non possa rimanere indifferente alla bellezza dei Salvelinus in genere; una bellezza di un’armonia paradisiaca. Le emozioni che evoca l’osservazione di una livrea di salmerino sono come la vita di un uomo…un insieme di forti contrasti, il rosso del fuoco e della passione contrapposto all’azzurro del cielo e della quiete, il dorato dell’eleganza in contrasto con il nero fuliggine della miseria…La prima volta che ebbi tra le mani un salmeri-no avevo 7 o 8 anni. Era da poco che pescavo e il mio papà mi portava in un lago di montagna, il Lago del Cerreto, in cui tra le tante trote fario residenti talvolta, ma raramente, si incocciava

qualche splendido Salmerino di Fonte, arrivato lì non si sa come. In realtà, con il passare degli anni seppi che nei lustri passati la Provincia di Reggio Emilia provò ad introdurre salmerini mediante semine di uova embrionate in vari torrenti in quota, alcuni dei quali generavano lungo il loro percorso i laghi dove io e mio papà eravamo soliti andare a pesca. Queste rivelazioni mi furono rese da un amico guardapesca, Marco, che mi disse esattamente dove andò a portare quelle poche scatole vibert di quell’esperimento di fine anni ’70. Negli anni successivi, nella scelta dei luoghi dove andare a pescare tenevo sempre in considerazione quelle indicazioni da-temi da Marco e preferivo frequentare quei tor-renti in cui teoricamente avrei potuto allamare un qualche salmerino. Sino ad allora conoscevo solo i fontinalis, ma stimolato dalla bramosia di approfondire le mie conoscenze comincia a cercare libri e riviste di settore (allora non c’era internet) che potessero riportare informazioni ed articoli sui salmerini in generale. Trovai no-tizie sull’esistenza del Salmerino Alpino, entità apprezzata per le sue carni e per la sua robu-stezza alle acque fredde dei laghetti in quota in ambito alpino. Ma il vero squarcio di sole nel

Salmerini e buoi dei paesi tuoi

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cielo colmo di nubi fu un regalo che mi fece mio fratello Fausto al compimento dei miei 15 anni: degli stampi che consentivano con il Das, una specie di terra creta, di riprodurre trote, temoli, salmoni e salmerini che una volta dipinti e lucidati parevano pesci imbalsamati. Assieme al kit, nella confezione, era ricompreso anche un poster con tutti i pesci che potevano essere realizzati con i vari stampi della serie … E così venni a conoscenza dell’esistenza dei Salmerini di Lago, delle Dolly Varden, dei Salmerini Artici e cominciai a sognare….Quando a sedici anni comincia ad allevare e riprodurre trote, seppur a livello hobbistico, cercai subito quei pochi salmerini ancora pre-senti nei torrenti vicini a casa mia e li portai nelle mie vaschette per tentare di riprodurli; ci riuscii, e da allora non ho più smesso. Ricordo quelle prime spremiture di piccoli salmerini di fonte come fossero ieri; rivivo quell’entusiasmo e quell’euforia come fosse un’ebbrezza. Dalle mie parti si dice che per gestire una sbornia “ …o si smaltisce o si rincalza!” ed io, che amo morire dal gusto e non dalla voglia, ho da sempre rincalzato!!!Tant’è che imparai che i salmerini sono salmo-

nidi a distribuzione sub artica e sono nativi dei territori più settentrionali dei continenti nord-americano, europeo ed asiatico. Imparai che in Nord-America sono presenti ben 5 specie diverse di salmerini: • il Salvelinus fontinalis, Brook Trout, origina-rio delle acque del versante atlantico dei territori a Nord-Est degli USA e negli stati di Labrador e Quebec in Canada; esportato praticamente in tutto il mondo, Italia compresa, in cui origina popolazioni che spesso riescono ad adattarsi riproducendosi e colonizzando in particolare piccoli ruscelli, roggie e torrentelli anche a quote proibitive;• il Salvelinus namaycush, Lake Trout, origina-rio del Canada, e presente nei grandi laghi nord-americani e in alcuni fiumi e laghi dell’Alaska; è stato esportato in Europa in vari stati, a oggi è presente solo in alcuni laghi dei Pirenei, delle Alpi Svizzere e nella Val di Lei, super predatore ittiofago molto longevo e senza limiti apparenti di crescita; basti pensare che nelle acque di origine sono stati pescati esemplari di oltre 60 anni di età per più di 50 Kg di peso…dei veri e propri mostri!• il Salvelinus confluentus, Bull Trout, origina-

Salmerini e buoi dei paesi tuoi

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rio delle acque del versante dell’Oceano Pacifico, di Oregon, Idaho, Washington, British Columbia e Alberta. Il suo comportamento è paragonabile a quello delle trote fario dei nostri fiumi ; sono pesci possenti e predatori ittiofagi, che danno origine a popolazioni residenti ed altre migra-torie; non ho notizie di esportazione né verso l’Europa né altrove;• il Salvelinus malma, Dolly Varden, originario delle acque costiere di British Columbia e Ala-ska, Siberia e Kamchatka. Pesce da colori tanto sgargianti da prendersi il nome di una “generosa signorina” solita a vestirsi in sete rosso porpo-ra, foulards viola, cosparse di pajettes azzurre e dorate (una prostituta nel romanzo Barnaby Rudge di Charles Dickens) e spesso confuso con salmerini artici in livrea nuziale. Anche questa varietà non è stata oggetto di esportazione.

• il Salvelinus alpinus, Arctic Char, originario delle acque tutt’attorno al polo nord, Canada, Alaska, Siberia, Russia, Scandinavia, Islanda e Groenlandia. Ce l’abbiamo anche sulle Alpi, da cui il nome in latino alpinus dopo le prime os-servazioni di Linneo nella metà del XVIII secolo, ma va ritenuto un relitto glaciale delle ultime glaciazioni del quaternario. Questa specie conta decine e decine di “razze” diverse, adattamenti a luoghi ed acque molto differenti e lontane fra loro.Oltre a queste, più recentemente ho appreso che esiste anche un salmerino asiatico, il Salvelinus leucomaenis, originario delle acque di Siberia, di Kamchatka e di Mongolia. La sua livrea, carat-terizzate da larghe macchie chiare, gli ha dato il nome volgare di White Spotted Char. Pesce meraviglioso da pinne ampie ed abitante di fiumi in territori ancora selvaggi. Alcuni studi nei territori della ex USSR, in particolare ad est del Lago Baikal, stanno ancora censendo nuove varietà, e forse nuove specie, come nel caso del Salvelinus boganidae oppure del Salethymus svetovidovi.Molto complessa e variegata la biologia dei salmerini e per questo molto attraente ed in-teressante. Ma oltre agli aspetti della livrea ciò che lega un pescatore al salmerino è anche il carattere di questo pesce. Per esempio il namay-cush, conosciuto anche come trota canadese, è normalmente invisibile, frequenta fondali anche oltre i 400 metri, difficilmente insidiabile, ma quando arriva la frega a settembre la musica cambia e non è raro vedere questi incredibili pesci compiere salti fuori dall’acqua e vere e proprie battute di caccia a piccoli pesci foraggio lungo le sponde in pochi centimetri d’acqua con la schiena completamente fuori e con il rischio di essere piaggiati dalla risacca! Oppure il fontinalis; chi non conosce la sua leggendaria voracità? A me è capitato di pe-scare un maschietto di 25 cm, di rilasciarlo e al lancio successivo di ricatturarlo, di rilasciarlo nuovamente, di rilanciare e di ricatturarli per la terza volta consecutiva. Anche se normalmente pratico il catch & release in quell’occasione la sera stessa l’ho mangiato fritto in padella! Ma per amor di fontinalis ho passato anche guai seri. Da sempre opero come volontario nella gestione delle acque vocate a salmonidi della mia Provincia e dalla metà degli anni ’90 ho pre-sieduto e coordinato i lavori della commissione ittica di zona e del corpo delle guardie giurate pesca. In occasione di una semina di trote fario prontopesca destinate ai tratti inferiori del Fiu-me Secchia, l’allevatore fornitore decise di fare omaggio ai pescatori locali con una decina di Kg di splendidi salmerini di fonte mischiati a 3

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quintali di fario. Poiché la Legge regionale locale vieta espressamente l’immissione di salmerini, quando vidi passare qualche salmerino tra le trote oggetto di semina non mi resi subito conto che la cosa avrebbe potuto innescare tutta una serie di problemi. Nei giorni immediatamente successivi alcuni agenti di polizia provinciale aprirono un’indagine sulla presenza di alcuni salmerini nei cestini dei pescatori e vennero a chiedermi spiegazioni. Io raccontai come erano andate le cose, ma colsi subito che c’era qualche mira taciuta. Allora per proteggere l’operato dei vari intervenuti alla semina mi assunsi la responsabilità dell’accaduto, pensando che si sarebbe potuto evitare così un’aggressione al lavoro svolto nella gestione delle acque dalle As-sociazioni alieutiche. Decreto da guardia sospeso per un anno, 500 euro di verbale, dimissioni da presidente della commissione e sputtanamento in generale. Queste furono le conseguenze a mio carico. Col tempo mi fu riferito che “ …quando si sale su per la montagna il vento tira sempre più forte e quando arrivi in cima la tormenta può arrivare da qualsiasi direzione…”. Forse un eufemismo per dire che quando ti metti costantemente a disposizione di una causa, quando divieni il punto di riferimento per tanti e quando sei tenuto a prendere decisioni come pochi, forse è il momento che qualcuno desidera farti uno sgambetto, e prima o poi ti tocca. Furono tem-pi difficili, ma poi le cose sono rientrate e gli amici sono rimasti amici, i collaboratori hanno continuato a collaborare e qualcuno ha smesso di ridere, perché le ingiurie ed i dispetti sono come boumerang, tornano sempre indietro…e fanno ancora più male. Ma a parte questo piccolo inciso la mia esperienza con i salmerini mi ha dato sempre grandi soddisfazioni.Cosa molto interessante è che le varie specie di salmerini sono tra loro interfertili; quindi si possono incrociare fontinalis con alpinus o con namaycush generando ibridi dalle caratteristiche intermedie. Queste forme sono meno inclini alla riproduzione naturale spontanea, pertanto in alcune acque nord-americane sono normalmente

utilizzate come salmonidi di interesse sportivo, in virtù del fatto che non si rischia di perdere il controllo demografico dei contingenti immessi. Ecco che allora in laghetti in quota in cui va limitata la presenza di pesce bianco, ciprinidi o affini, è meglio immettere lo Splake ( S. fonti-nalis X S. namaycush) piuttosto del namaycush, oppure in laghetti oligotrofici, cioè poveri di alimento naturale rende di più lo Sparctic (S. fontinalis X S. alpinus) dell’ alpinus puro. Tutti pesci comunque bellissimi, buonissimi e diver-tenti da pescare.I salmerini sono anche utilizzati per generare linee sterili, come è il caso della trota tigre (S. trutta X Salvelinus spp) oppure una recente creazione tra una trota iridea leopard ed un fon-tinalis, a cui però non ho ancora dato un nome. Il problema nel generare ibridi inter generis, cioè tra pesci appartenenti non solo a specie ma a generi diversi, è la bassissima resa della fecondazione che può arrivare a fatica al 5%.Per approfondire le conoscenze sui vari salmerini e i loro ibridi, consiglio di visitare il nostro sito www.medtrout.org e scaricare in download il n°0 di Fishery’s Science Journal.Anche a distanza di più di 30 anni dal mio primo incontro con un salmerino posso garantire che quando ne ho uno tra le mani, qualsiasi esso sia, forte è l’emozione e grande ed immutata è l’am-mirazione per uno tra i più bei pesci del mondo!

Pierpaolo Gibertoni

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Marco Mazza i l P E r s o N a g g i o

Il personaggio che vi proponiamo in questo numero è un uomo tutto di un pezzo. Un uomo che gli anni e i problemi di salute

hanno inevitabilmente intaccato nel fisico, ma non certo nello spirito. Lo si capisce subito, quando inizia a parlare delle sue due più grandi passioni: la pesca e la caccia.Concepito in Africa, ove suo padre si era tra-sferito per motivi lavorativi, e nato a Milano, Marco Mazza si è trasferito in Brianza prima e a Era di Samolaco poi, per vivere con la famiglia nella valle che più amava; nella valle che me-glio rappresentava il suo spirito di cacciatore.Tra i soci fondatori di UPS, ha rivestito sia la carica di vicepresidente, sia quella delegato; in quegli anni si è battuto in prima persona per perorare la battaglie dei pescatori chiavenna-schi e valtellinesi. A suo fratello, addirittura, si deve una vera e propria presa di posizione politica che nel lontano 1982 ha letteralmen-te scongiurato la soppressione della nostra associazione. Amato e criticato per quella sua passione che in più di un’occasione l’ha visto innescare sfide serrate e continue con guardia caccia e guardia pesca, Marco Mazza è stato scelto come personaggio della nostra in-tervista anche per la profonda amicizia con

l’altro vero protagonista di questo numero: santino Mezzera, per tutti “Pelarin”.Ma andiamo per ordine, e conosciamo meglio colui a tutti gli effetti ha lo spessore per essere definito un Protagonista con la “P” maiusco-la. «Ma perché avete deciso di intervistare proprio me? Io sono uno scomodo…. Questo articolo vi porterà un sacco di critiche». Così ha esordito accogliendoci nella sua bella casa chiavennasca. Già, in effetti intervistare pro-prio uno che, a suo dire, potrebbe vantare il non invidiabile primato nella “Val dei Giùst” per multe e effrazione nella pratica della caccia e della pesca potrebbe sembrare fuori luogo… ma guardiamola in un’ottica diversa.Guardiamola dal punto di vista di chi ha una passione talmente sfrenata che proprio non riusciva proprio a stare vincolato a dei giorni, o a dei numeri. A chi sfidava le regole, ma con grandissimo rispetto di chi le rappresentava. Un rispetto reciproco, tanto che, proprio re-centemente, alcuni di quei tutori della legge che un tempo erano acerrimi avversari, non hanno esitato a giungere al suo capezzale per dimostrargli tutta la loro solidarietà quando seri problemi di salute lo stavano affliggendo.Non fatevi dunque condizionare e provate a

per il suo compagno di mille

avventure…Semplicemente

“Hom”

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leggere quanto segue senza preconcetti di base. Vi assicuro che resterete affascinati dalle storie e dalla passione che anima questo no-stro amico pescatore.

Marco come è nata questa amore per la caccia e la pesca?«Quello per la caccia me l’ha in un certo senso trasmesso mio padre… Quello per la pesca, invece, è nato da se ed è cresciuto a dismisura tanto che anche il giorno delle mie nozze sono andato a pescare. Per questa mia passione ho pure cambiato casa andando ad abitare prima a Bevera e poi qui a Samolaco. Ci sono stati periodi che in famiglia pescavamo proprio tutti; io, mia moglie figlio e figli».

Lago, fiume, o alta quota?«Sono uno diverso dall’altro. Ho iniziato a pescare al lago, amo pescare nel mio Mera, ma in quota è tutta un’altra cosa. Cambia la tecnica, l’ambiente… cambia tutto. Anzi, ti dirò… Forse è il contrario perché a distanza di anni il Mera è cambiato moltissimo mentre lassù in alto, lassù in Val di Lei è ancora come un tempo».

Val di Lei o “Val di Lui”?«Quella è una vecchia storia. Vuoi saperla? Un tempo lassù le guardie ci venivano poco e allora le regole non era quindi così ferree. O almeno non le sentivo come tali. Beh, per farla breve, una guardia ha storpiato il nome della valle per ironizzare sul fatto che io facevo un po’ quello he volevo. All’epoca ne ho prese un sacco di contravvenzioni, tanto che penso di avere il primato in Valchiavenna».

Tante avventure e tante storie che la vede-vano legato a doppia mandata con il mitico Pelarin…«Santino è stato uno dei miei migliori amici. Con lui ho cacciato e pescato vivendo tantis-sime giornate fianco a fianco. Eravamo molto legati, eppure non mi ha mai chiamato per nome. Per lui ero semplicemente “Hom”».

Come è nata questa amicizia?«E’ nata per la passione comune per la caccia e per la pesca. Entrambi amavano pure la Val di lei anche se per lui che abitava a Morbegno non era proprio dietro l’angolo. Anzi, negli ultimi proprio la lontananza e il fatto di farsi il viaggio di ritorno dopo lunghissime sfacchi-nate aveva in un certo senso ridotto le nostre gite per montagne e per fiumi».

Visto che sono passati davvero molti anni e che certe esperienze sono solo un ricordo… Ci renda partecipe di almeno un aneddoto.«Appunto perché è passato davvero parecchio tempo, ve ne racconterò una di quelle che ab-

biamo fatto dove sfocia il bocchettone della val Madris. Era un sabato pomeriggio di fine estate e in alpe c’erano solo i pastori che però non si curavano di noi. Abbiamo allora tirato una rete di circa 150 metri prima di ritornare in baita per cena. La mattina dopo in quella rete abbiamo trovato moltissimi salmerini… Tanto che a fatica siamo riusciti a trainarla con il canotto e portarli poi sino alla macchina. Non so quanti fossero, ma di sicuro erano tanti».

Mi sembra dunque chiaro che tra moschisti e pescatori tradizionali lei non abbia dubbi su che fronte schierarsi?«Proprio nessuno. La pesca come sport fine a se stesso non la condivido. Rispetto questa visione, ma proprio non la condivido. Io ho sempre cercato di catturare pesci che fossero delle belle prede e li ho poi portati a casa. Al di là di questo al mondo ci può stare di tutto basta che ci sia rispetto reciproco… Detta fuori dai denti, non mi piace chi ti guarda dall’alto in basso per il solo motivo che non rilasci un pesce. Se questo è il futuro… Beh, allora io sono uno vecchio stampo».

A proposito di “vecchio stampo”, cosa ne pensa delle continue e cicliche polemiche sulle acque sporche?«Quando le sento, penso che i pescatori di una volta non ci sono proprio più; o sono divenuti una rarità. Da che mondo e mondo in prima-vera l’acqua è sempre stata un po’ sporca in seguito allo scioglimento dei ghiacciai… Ma a mia memoria si è sempre e comunque pescato. Anzi, si pescava anche bene».

Maurizio Torri

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l a r i c o r r E N z a

Il 2012 appena iniziato segna una ricorren-za importante per i soci dell’Unione Pesca; soprattutto per quelli morbegnesi. il tempo

scorre e, anche se a volte non ce ne rendiamo conto, sono già passati 10 anni dalla tragica scomparsa di santino Mezzera… Per tutti “Pelarin”. Per ricordarlo nel migliore dei modi non potevamo che intervistare chi, con passione, sta portando avanti il negozio in via Margna a Morbegno e dai lui ha eredito pure il sopranno-me: suo figlio Gioacchino.

Sono passati 10 anni da quella triste dome-nica…«Già, e me la ricordo come fosse oggi. Lui era uno super preciso e quando a mezzogiorno non lo vedemmo rientrare, io e mia madre capimmo subito che era successo qualcosa. Non aveva lasciato detto dove sarebbe andato, ma cono-scevamo bene i suoi giri. Quella mattina era salito sopra Cevo in direzione laghetti Spluga

per fare un giro con i cani. Quando sono giunto sul posto, ho visto gli uomini del soccorso che parlavano di un decesso. Potete immaginarvi come mi sia sentito quando ho capito che par-lavano proprio di mio padre… Era come se mi fosse caduto il mondo addosso».

Un’assenza, la sua, difficile da colmare…«Praticamente impossibile. Aveva un carattere forte e nel contempo estroverso. Uno come mio papà o lo si amava o lo si odiava, senza mezze misure. Aveva un sacco di amici. Figurati che il nostro negozio è sempre stato un punto di incontro e riferimento per tutti i cacciatori e pescatori della Bassa… e non solo. L’essermi ritrovato a mandarlo avanti da solo, vedendo in ogni cosa la sua presenza non è stato facile».

Caccia o pesca… quale preferiva? «Bella domanda a cui, davvero, non saprei ri-spondere. Erano le sue grandi passioni che, in

In ricordo di SAntIno

Intervista a Gioacchino Mezzera

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un certo senso venivano prima anche del lavo-ro. Ricordo quando ero bambino che in più di un’occasione lasciava le chiavi del negozio a mia mamma perché… “doveva andare”. Poco impor-tava se fosse con la canna in mano o il fucile in spalla. La sua fortuna è sempre stata che le due stagioni sono praticamente l’una di seguito all’altra. Quindi, appena finiva con la caccia, cominciava con la pesca e via di seguito. Mi disse che per ottenere la prima licenza di caccia, a 16 anni, dovette presentarsi con la richiesta scritta della madre. Allora erano altri tempi e si facevano cose attualmente impensabili come partire di notte da Morbegno in due in moto con tanto di fucili e cani per andare in Valmasino. Ma ti immagini la scena? Cose da panico».

Passione che Santino ha poi tramutato in lavoro…«Il negozio di caccia e pesca l’ha aperto nel 1965. Prima in Via Ninguarda, poi si è spostato in Via Vanoni, ed infine ha trovato la sua sede definitiva in Via Margna. Io sono praticamente cresciuto tra canne da pesca, fucili e scarpe da calcio. Già perché in tema di passioni, l’Inter è sempre stato il suo terzo grande amore. Pensa che ha seguito tutte le partite di coppa e a casa abbiamo una maglia originale consegnatagli da Mazzola in persona. Delle volte penso che i rammarichi più grossi siano non essere riusci-to a conoscere i due nipotini e a vedere l’era Mourinho… Conoscendolo sarebbe impazzito dalla gioia».

Beh alla fine, non si può dire che non sia riuscito a trasmetterti questo amore incon-dizionato?«Mi ha lasciato passioni, lavoro e soprannome. Pelarin era il nome della nostra famiglia e, come è stato per mio padre, anche io per tutti solo “Pela” o “Pelarin”. La pesca poi… Ricordo che la prima volta che mi ha portato con lui in riva all’Adda avrò avuto 5 anni. Per me erano pome-riggi stupendi. Come bello era seguirlo alle gare, quando ancora si disputavano a sponda unica con canne da 5m».

A proposito di pesca… Che tipo preferiva?«Non ho dubbi: canna fissa a “lambrot” o mo-schera. Era cresciuto nelle acque dell’Adda e del Bitto; quando veniva giù grossi e torbidi, meglio ancora. L’acqua sporca era il suo terreno di caccia ideale. In quelle giornate veniva a casa fradicio, ma sempre con delle ottime prede».

Restiamo in tema. Hai qualche aneddoto da raccontarci?«Nei avrei mille e più. Questo negozio è da sempre una fucina di aneddoti. Alcuni veri, sono talmente romanzati da sembrare addirittura im-

In ricordo di SAntIno

possibili; altri, invece, potrebbero sembrare veri, ma sono lontani anni luce da anche una lontana parvenza di verità. Tu pensa che qui ogni giorno entrano pescatori e cacciatori con mille storie».

Beh, allora te ne proponiamo uno noi. Che ci dici di quella scritta comparsa anni addietro sullo sbarramento di Ardenno?«Ti riferisci a quella minaccia di farlo saltare. Ricordo che all’epoca dissero che a scriverla fosse stato mio padre… In tutta sincerità non mi stupirei della cosa, ma lui in proposito non mi ha mai detto nulla e quindi non posso ri-sponderti in merito. Posso solo dire che odiava quello sbarramento e che tanto si era battuto per la realizzazione della scala di rimonta - che lui chiamava “scala di monta” -. Sono convinto che alcuni mesi fa avrà sorriso nel vedere che finalmente, anche se a distanza di anni, è stata realizzata».

E il rapporto con i guardia pesca?«Uhmm… Diciamo non facile. Mio padre riusciva difficilmente a conciliare la sua grande passione per la caccia e la pesca con le regole che impo-nevano giorni e quantità da rispettare. Qualche volta sgarrava, ma devo dire che aveva, e mi ha trasmesso, un grande rispetto per la natura. In casa mia non sono mai entrati pesci piccoli o sottomisura che dir si voglia. E ogni singolo pesce non è mai andato sprecato o buttato. Lo si è mangiato, dal primo all’ultimo».

Maurizio Torri

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t u t E l a a c Q u E

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Abbiamo sollevato il problema decine di volte in passato. Lo abbiamo fatto in ogni occasione potesse apparire utile, incontri

pubblici e non. Ce ne siamo occupati anche su questa rivista, in particolare con esaurienti relazioni sul tema a partire dal 1998, poi ancora nell’anno 2001. Risultati? Nessuno.Probabilmente il solo credere che un’autorità fantasma come l’Agenzia Interregionale per il fiume Po (competente in materia) – di per sé già difficilmente individuabile in una sede e in persone in carne e ossa - volesse prendere in considerazione l’ipotesi di dare un’occhiata in loco al progressivo e preoccupante interri-mento del nostro maggiore corso d’acqua, era un’utopia. E così, in nome della pluridecennale parola d’ordine “nulla si tocca”, arcipelaghi di sedimenti sempre più consistenti hanno continuato a formarsi in lunghi tratti dell’asta fluviale, mettendo a repentaglio in caso di eventi alluvionali la pubblica incolumità non-ché la possibilità per il patrimonio ittico di vedersi assicurato un habitat decente per vivere e riprodursi. Ora la novità è questa: Regione Lombardia ha preso in carico le competenze sul reticolo prin-cipale dei corsi d’acqua, ed in particolare per

quel che ci riguarda quelle gestionali relative ai tronchi fluviali dell’Adda – tratta Tirano/ foce lago di Como, e fiume Mera da ponte S. Pietro in comune di Samolaco a valle. Pertanto, uffi-cialmente dal giorno 08.03.2011, ad occuparsi dello stato di salute delle nostre maggiori aste fluviali sarà lo STER di Sondrio, la sede distaccata servizio tecnico regionale.Questa ci auguriamo sia una buona notizia, perché finalmente dopo tanti anni di totale as-senza di qualsivoglia attività di manutenzione degli alvei dei fiumi in questione a causa della miope e integralista posizione contraria dell’Au-torità di bacino, ora l’interlocutore risiede in valle. Pertanto è possibile avanzare proposte concrete di intervento sperando che vengano prese in considerazione.Abbiamo quindi colto immediatamente l’occa-sione e inviato una relazione tecnico-foto-grafica alle istituzioni provinciali, in primis ovviamente al Servizio Territoriale della Re-gione Lombardia di Sondrio (STeR).Contestualmente abbiamo reso noto ai media il nostro lavoro, con il risultato di veder tap-pezzata la nostra provincia dalle locandine dei quotidiani locali e non a titoli cubitali:“ UPS denuncia: l’Adda a rischio alluvione”.

Il sovralluvionamento dell’Adda “ È arrivato il momento di intervenire”

dopo la nostra denuncia alle autorità competenti, siglato il protocollo tra regione e Provincia

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[ LA PROPOSTA LANCIATA DALL’UPS ]

Ghiaia dall’Adda, i cavatori approvanoSecondo gli artigiani l’attività gestita con equità e attenzione all’ambiente porterebbe benefici a tutti

[ INAUGURATO IN VIA BRIGATA OROBICA ]

L’acqua zampilla dal fontanello numero treDai primi due impianti attinti finora 118mila litri, con un risparmio per gli utenti di 36mila euro

[cifre e preoccupazioni]

6 MILIONI DI MCOltre 6 milioni di metri cubi di materialesolido si è riversato in Adda dal 1987 adoggi, per effetto dell’alluvione e degli sva-si autorizzati degli impianti, causando ilprogressivo sovralluvionamento del fiume.

INTERVENTI DI SVASOA lanciare l’allarme è stato il presidentedell’Ups Valter Bianchini. La situazioneè critica nel tratto che va da Tirano a Mor-begno, Bianchini ha chiesto agli enti di in-tervenire prima che sia troppo tardi.

TANTE ISOLETTEFra Tirano e Morbegno ci sono almenotre punti dove il materiale solido sedi-menta, emergendo in un’infinità di iso-lette fluviali vegetate o ghiaiose, mentrele zone golenali sono ormai scomparse.

ESTRAZIONE DI INERTIUn’altra proposta è di riattivare alcune ca-ve di inerti per dare la possibilità alle azien-de di estrarre ghiaia, risolvendo il proble-ma della pulizia del fiume e quello delloscarto fra domanda e offerta in Valle.

SONDRIOCRONACHESimone Casiraghi [email protected], Luca Begalli [email protected], Sara Baldini [email protected], Monica Bortolotti [email protected],Riccardo Carugo [email protected], Marzia Colombera [email protected], Antonia Marsetti [email protected], Alessandra Polloni [email protected]

REDAZIONE SONDRIO [email protected]

Tel 0342.535511

La proposta lanciata dal presidente del-l’Unione Pesca Sportiva di Sondrio ValterBianchini di riattivare le cave di inerti lun-go il corso dell’Adda per fare fronte ai pro-blemi di sovralluvionamento va a toccareun tasto sensibile ai cavatori, per i quali lapossibilità di tornare a estrarre materiale dalfiume vorrebbe dire innanzitutto accresce-re l’attività e riuscire a coprire una fetta piùampia della domanda, che al momento inprovincia è superiore all’offerta. «Come artigiani abbiamo sollevato varievolte il problema della coltivazione dei fiu-mi - conferma Paolo Succetti, consiglieredegli Artigiani di Chiavenna per la sezionecave -. Attualmente, è vietata per una se-rie di ragioni. La prima è di tipo economi-co, legata al fatto che i canoni di concessio-ne, nel caso dei fiumi, vengono pagati allaRegione, mentre gli enti locali preferisconotenere le risorse derivanti dall’attività estrat-tiva sul territorio. Il secondo motivo è per-ché si pensa che ci sia un danno ambienta-le, cosa in realtà non è». Lo prova il fattoche in questo caso sono i pescatori a caldeg-giare l’ipotesi, ovviamente mettendo davan-ti le problematiche ambientali e ponendocome condizione imprescindibile il con-trollo sia dell’attività di estrazione, sia del-la quantità di materiale estratto, da parte de-gli enti competenti sul territorio (Regione,Provincia). «Il ghiaino dei fiumi è il migliore per il cal-cestruzzo - continua Succetti -. Tra l’altroin provincia c’è una forte carenza di questomateriale. Anche per questo la coltivazio-ne dei fiumi è un tema che ci sta particolar-mente a cuore». Un ulteriore motivo di in-teresse da parte dei cavatori nei confrontidella proposta dei pescatori deriva dal fat-to che la maggior parte delle aziende estrat-tive è anche produttrice di calcestruzzo.A maggior ragione, quindi, la possibilità diestrarre ghiaia dal fiume potrebbe rivelar-si un’attività vantaggiosa. Seguendo il ra-gionamento accennato dal presidente del-l’Unione Pesca Bianchini, le aziende avreb-bero dunque interesse a estrarre ghiaia dalfiume per le ragioni confermate anche daSuccetti, mentre il territorio ne giovereb-be in termini di sicurezza e di ripristino del-l’habitat naturale del fiume. «Si potrebbepensare anche - butta là il rappresentantechiavennasco degli artigiani cavatori - a unconsorzio di estrattori di questo materiale,per permettere di sfruttare in maniera equaquesta risorse in base alle esigenze». Secondo i dati diffusi dai pescatori, nell’Ad-da si riversano ogni anno 270mila metri cu-bi di materiale solido per effetto della so-spensione di solidi dovuti all’alluvione (cir-ca 6 milioni di metri cubi) dal 1987 ad og-gi. A questi sarebbero da aggiungere 170mi-la metri cubi circa totali derivanti dagli sva-si autorizzati degli impianti.

Michela Nava

(d. luc.) - Non c’è due, senza tre.Dopo quelli a palazzo Muzio e in piaz-zale Tocalli, anche via Brigata Orobi-ca da ieri ha il suo fontanello naturiz-zatore. E in un prossimo futuro purel’area della Piastra potrà disporre del-l’innovativo impianto per il trattamen-to e l’erogazione d’acqua potabile, dalquale ogni cittadino può servirsi (gra-tuitamente) scegliendo tra tre opzioni:acqua gasata, naturale a temperaturaambiente oppure fredda. Un progetto che vede Secam e Comu-ne insieme, come non ha mancato diricordare al taglio del nastro il sinda-co Alcide Molteni che ha tracciato unprimo bilancio dei risultati ottenuti coni primi due impianti: «Da quando so-no stati installati i due fontanelli - ha spiegato- si è registrato un consumo di 118mila litri diacqua che hanno consentito ai cittadini di ri-sparmiare 36mila euro, considerando l’acquae i suoi costi di trasporto, oltre agli innegabilibenefici per l’ambiente». Nel dettaglio dei nu-meri è entrato Andrea Mariani: «72.500 i litriconsumati in piazzale Tocalli, i restanti all’im-pianto al palazzo della Provincia - ha detto il di-

rettore di Secam -, evitando costi di smaltimen-to pari a 6300 euro per le bottiglie e per i citta-dini una spesa di 30mila euro». Fatti due rapidi calcoli, «in questi primi mesisono state riempite 79mila bottiglie da un litroe mezzo, gratis, e ciò ha contribuito ad un rispar-mio di 13mila chili di petrolio per la costru-zione delle bottiglie in plastica e alla non emis-sione di 8000 chili di gas serra». Da ultimo, ma

non per questo trascurabile il dato ri-ferito ai chili di trasporto evitati grazieall’introduzione dei fontanelli: 121mi-la chili per il trasporto di acqua e con-tenitori. Molteni ha inoltre ribadito«l’ottima qualità di cui i cittadini delcapoluogo possono beneficiare: è ac-qua che non desta alcun problema siadal punto di vista chimico che batte-riologico, costantemente sottoposta acontrolli di laboratorio in parallelo conl’Azienda sanitaria locale, prima daAsm e ora da Secam». L’acqua del fontanello di via BrigataOrobica proviene dalla sorgente Da-gua, sul territorio comunale di TorreSanta Maria, a 960 metri di quota sulversante retico. Un’acqua che alla sor-

gente ha una temperatura di 8 gradi centigradi,con un ph pari a 8,1, e che viene analizzata ognidue settimane. In uscita dal sistema di tratta-mento di naturizzazione, risulta così ideale dalpunto di vista organolettico e pura sotto l’aspet-to batteriologico, mantenendo allo stesso tem-po inalterato il contenuto di sali minerali di-sciolti, indispensabile per preservarne la pota-bilità ed il potere dissetante.

I pescatori hanno lanciato l’allarme sul livello dei sedimenti in Adda

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[ LA DENUNCIA DELL’UNIONE PESCA SPORTIVA ]«L’Adda è a rischio esondazione»In ventiquattro anni si sono riversati nel fiume 6 milioni di metri cubi di sedimentiL’Adda non ce la fa più. Dal 1987ad oggi ogni anno si sono riversati in al-veo almeno 270mila metri cubi di ma-teriale solido per effetto dell’alluvione.A questi vanno sommati i 200mila me-tri cubi che si sono riversati in Adda aseguito degli svasi autorizzati degli im-pianti, a partire dal primo nel 1994. In totale, oltre 6 milioni di metri cubidi materiale che in 24 anni si è accu-mulato sul fondo del fiume, soprattut-to nel tratto in piano da Tirano a Mor-begno, riducendo la sezione di deflus-so delle acque e provocando il progres-sivamento sovral-luvionamento del-l’Adda che, in ca-so di alluvione, ri-schia di inondareuna buona fetta difondovalle.

A denunciare la«grave situazione»è il presidente del-l’Unione PescaSportiva della pro-vincia, Valter Bian-chini, che ieri hapresentato a Son-drio i dati e le ana-lisi svolte dall’as-sociazione. ConGiorgio Lanzi, re-sponsabile del Set-tore tecnico e del-la Vigilanza, il por-tavoce dei pescato-ri ha fatto capirechiaramente che lamisura è colma eha approfittato delrecente trasferi-mento di compe-tenze dall’Aipo (Agenzia interregiona-le fiume Po) alla Regione per chiedereagli enti competenti (oltre al Pirellone,la Provincia, il Bim) di pianificare leopere di svaso, per ripristinare l’asset-to naturale dell’alveo e soprattutto pergarantire la sicurezza alla popolazio-ne e alle infrastrutture in caso di allu-vione.«A partire dal 1987 - denuncia Bianchi-ni - quasi nulla è stato fatto nell’alveodell’Adda, da Tirano al confine con leprovince di Lecco e Como, fatti salvi di-versi interventi di difesa delle spon-de. Ripetutamente, nel corso degli an-ni, abbiamo denunciato il progressivosovralluvionamento dei maggiori corsid’acqua e i conseguenti effetti negativi,non da ultimo i pericoli per la sicurez-za».

Basta percorrere l’asta del fiume per ren-dersene conto. Fra Tirano e Morbegno,a causa delle diverse pendenze, ci so-no almeno tre punti dove il materialesolido sedimenta, emergendo in un’in-finità di isolette fluviali vegetate oghiaiose (vedi foto), mentre le zone go-lenali sono ormai scomparse.«Questa situazione - prosegue Bianchi-ni - provoca da un lato l’innalzamentodell’alveo, con la riduzione della sezio-

ne utile per lo smaltimento delle por-tate e di conseguenza il pericolo diesondazione. Dall’altro il degrado am-bientale del fiume, che si traduce in unimpoverimento in termini di biomassae di densità ittica, per la mancanza dinicchie naturali e di spazi vitali in cuiil pesce può crescere e riprodursi».Per questo i pescatori sollecitano la Re-gione e gli enti sul territorio ad attivar-si finché si è ancora in tempo per rime-diare a una situazione ormai insosteni-bile. «Bisogna partire con uno svaso del-

l’alveo nei tratti dove il rischio è mag-giore mediante l’asportazione dei sedi-menti. Questo tipo di intervento - pre-cisa il presidente Ups - dovrà essere li-mitato nel tempo in relazione all’effet-tivo trasporto solido annuale e soprat-tutto pianificato dagli enti competentianche con il nostro contributo tecnicoper gli aspetti ambientali e di riqualifi-cazione, evitando di banalizzare il let-to dell’Adda con canalizzazione assur-de».

Michela Nava

Da Tirano alla BassaValle l’alluvione e irilasci delle centralihanno lasciatoaccumulare materialeche ora ostruisce il lettonon garantendoil deflusso dell’acqua

Settore tecnico e vigilanza dell’Ups][ Giorgio Lanzi

«Si riaprano le cave di inerti per pulire l’alveo»(m.nav.) Oltre allo svaso dell’alveo e alla ri-

qualificazione ambientale del fiume, il terzo in-tervento proposto dall’Unione Pesca Sportiva diSondrio per risolvere il problema del sovralluvio-namento dell’Adda è la riattivazione di alcune ca-ve di inerti, già utilizzate in passato lungo l’astaprincipale del corso d’acqua e oggi completamen-te colmate.«In provincia esiste un deficit cronico tra la do-manda e l’offerta di inerti da utilizzare come ri-

sorsa mineraria - spiega Giorgio Lanzi del Settoretecnico e Vigilanza dell’Unione Pesca Sportiva diSondrio -. Un’estrazione selvaggia, fuori control-lo e priva del necessario ripristino ambientale, sa-rebbe intollerabile da tutti punti di vista. Ma ilcontrollo dei quantitativi autorizzati dei sedimen-ti da estrarre in aree circoscritte, in modo non con-tinuativo in funzione della disponibilità dei ma-teriale e con uno scavo uniforme per evitare loscollamento delle arginature, avrebbe un doppio

vantaggio: il primo - puntualizza Lanzi - è quellodi estrarre il materiale che serve all’edilizia dovec’è, senza andare a sottrarre terreno ad altre atti-vità; il secondo - prosegue il rappresentante del-l’Ups - è ripulire l’alveo del fiume a costo zero pergli enti locali. I lavori di estrazione, infatti, sonocompresi nel costo del materiale a carico dell’im-presa privata. È ovvio, però, che a monte ci vuoleuna programmazione da parte degli enti compe-tenti, in primis della Regione e della Provincia».

DOMENICA

La Provinciafesteggiagli americaniI discendenti america-ni dei campodolcinesihanno terminato il lorotour in Valchiavenna.Per questo l’assessoreall’Emigrazione dellaProvincia, Alberto Pa-sina, ha deciso di orga-nizzare una cerimoniadi saluto per i pronipo-ti degli emigranti dellaVal San Giacomo inse-diatisi, a partire dallametà dell’800, negli Sta-ti Uniti, più precisamen-te a Genoa nel Wiscon-sin.

L’appuntamento è pre-visto per domenica alleore 19.00 a Fraciscio,frazione di Campodolci-no. L’evento, finalizzatoalla riscoperta da partedei figli degli emigran-ti delle proprie radici inprovincia di Sondrio, èstato organizzato e pro-mosso dalla Provinciain collaborazione conDaniela Fanetti, sinda-co di Campodolcino,Severino De Stefani,presidente della Comu-nità Montana della Val-chiavenna, Paolo Rai-neri, presidente del Mu-seo della Via Spluga edella Val San Giacomo.Vista la rilevanza del-l’occasione la presi-denza della RegioneLombardia ha dato ilproprio sostegno.Alla serata di saluto sa-ranno presenti rappre-sentanti delle istituzio-ni locali, regionali e na-zionali, invitati dallaProvincia.

L’Adda non ce la fa più, dicono i pescatori[ IERI POMERIGGIO SULLA STATALE 36 ]Superstrada in tilt per incidentiUna Clio si è ribaltata, un’altra è scappata dopo un tamponamentoIl tamponamento non è stato grave. Anzi i danni so-

no stati abbastanza lievi. Ma l’automobilista al volantedi una delle due auto coinvolte - una piccola utilitaria, for-se una Mini Minor - non si è comunque fermato per ve-rificarlo. Ha proseguito la sua marcia in direzione Sondrioed è ora cercato dagli agenti della poli-zia stradale. L’incidente si è verificato ieri pomerig-gio, alle 16,15, lungo la Super 36, all’u-scita della galleria Monte Piazzo nel ter-ritorio comunale di Dorio. La velocitàdei due mezzi non era particolarmenteelevata e non ci sono stati feriti, ma siè reso necessario chiudere provvisoria-mente la corsia di marcia in direzionedi Sondrio, con code e disagi per gli au-tomobilisti.

Stessi disagi che un’ora prima - erano circa le 14,40 - ave-va provocato un altro incidente capitato sempre sulla Su-per in direzione nord, all’altezza del comune di Abbadia.Una ragazza di 23 anni ha perso il controllo della sua au-to - una Clio - ed è andata a sbattere contro il guard rail fi-

nendo con il ribaltarsi.La donna al volante è riuscita ad uscire da sola dall’auto:nell’incidente ha riportato alcuni traumi e contusioni nongravi ed è stata trasportata all’ospedale Manzoni per esse-re medicata ed essere sottoposta a tutti gli accertamentimedici.

Pesanti i danni all’auto e pesanti anchei disagi alla circolazione: in pochi mi-nuti, infatti, si sono formate code chehanno superato il chilometro di lun-ghezza. Sul luogo dell’incidente, infatti, oltre alpersonale sanitario inviato dalla cen-trale operativa del 118, sono intervenu-ti gli agenti della polizia stradale pertutti i rilievi e i vigili del fuoco.

Per permettere il loro intervento si è reso necessario chiu-dere provvisoriamente la corsia di marcia: oltre a rimuo-vere il mezzo incidentato, infatti, bisognava ripulire la car-reggiata dai vetri rotti e, soprattutto, dalla grossa chiazzadi olio e carburante rimasta sull’asfalto. E che poteva es-sere molto pericolosa per le altre auto in transito.

LA PROVINCIA

[14 SONDRIO]

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SONDRIO In ventiquattro an-ni nell’Adda si sono riversati6 milioni di metri cubi di ma-teriale. Detriti dell’alluvionee rilasci delle centrali hannoriempito l’alveo del fiume aun ritmo di 270mila metri cu-bi ogni anno. A lanciare l’al-larme è l’Unione Pesca Spor-tiva di Sondrio, che ieri hapresentato i dati relativi allasicurezza del corso d’acqua incaso di crisi idrogeologica. At-tualmente il letto dell’Adda ètalmente occupato da limo edetriti che l’ambito dell’acquasi è ridotto e se ci dovesse es-sere un fenomeno alluviona-le il fiume esonderebbe subi-to. Il tratto interessato va daTirano alla Bassa Valle e gli in-terventi da effettuare sono ur-genti.

Nava a pagina 14

COSIO E’ gravissimo il motociclista coin-volto ieri mattina in uno nuovo scontro aCosio. L’incidente si è verificato ieri mat-tina poco prima delle 8 all’incrocio tra viaCampi Lunghi e la statale 38, e ha coin-volto una moto e un furgone. Ad avere lapeggio è stato il conducente della moto,G.V. del 1971 residente a Delebio, ora inprognosi riservata.

Acquistapace a pagina 24

VINI ROSSI A SONDRIO

Sono duemila i calici di stelleConfermate le cifre del 2010

Lucchinia pagina 16

LUNGHE CODE

Superstradaancora in tiltper due scontri

servizio a pagina 14

[ DATIRANO A MORBEGNO ]

«Adda a rischio esondazione»Allarme dei pescatori: «Fondo del fiume pieno di sedimenti, non ce la fa più»

[ NUOVO INCIDENTE IN PAESE ]

Urta un furgone a CosioMotociclista è gravissimo

costi della politicaSERTORI

Enti da tagliare:«No a demagogie»

La semplificazione? Sì purché si pro-ceda nel segno della concretezza. Adintervenire nel dibattito sulla riorga-nizzazione degli enti è il presiden-te della Provincia Massimo Sertoriche invita a concentrarsi sulle cosefattibili e a lasciare da parte la dema-gogia.

Bortolotti a pagina 15

[ L’ASSESSORE PROVINCIALE ]

De Stefani: «Abbattuti 65 cinghiali»SONDRIO

Agosto di cantieriLe strade chiuse

servizio a pagina 13

[ RICORSO SULL’AREA INDUSTRIALE ]

Gordona,guerra tra bresaoleL’INCIDENTE

Aliante caduto:prima le causepoi sarà spostato

L’aliante precipitatoieri sopra Triangia è an-cora lì. A circa 1500 me-tri di quota, sulle pendi-ci del monte Rolla. Primadi rimuoverlo bisogna at-tendere l’ok dell’Enav. Laprassi prevede che si fac-cia luce sul caso.

servizio a pagina 18

SONDRIO In settanta giorni ab-battuti sessantacinque capi, mail problema dei cinghiali non sirisolverà mai se c’è chi conti-nua a reintrodurli benché nonsiano autoctoni. L’assessore pro-vinciale all’Agricoltura, Seve-rino De Stefani, risponde condurezza ai cittadini e ai Comu-ni della Media e Bassa Valle chehanno protestato per la presen-za invasiva degli ungulati. L’as-sessore ricorda che esiste un si-stema di indennizzi per risar-cire almeno in parte i dannicausati dagli animali selvatici.Ma l’emergenza risiede altrove.

Ghelfi a pagina 24

GORDONA Non c’è pace per l’area in-dustriale di Gordona. Prima la polemi-ca per il suo ampliamento che ha spac-cato popolazione e consiglio comunale,ora una nuova puntata della già lungaodissea riguardante i nuovi insediamen-ti. Ricorso straordinario al Presidentedella Repubblica contro l’eliminazio-ne del vincolo anti-concorrenza nell’a-rea industriale di Gordona. Nuova inat-tesa puntata nella vicenda che ormai daquasi un anno vede gli enti locali dellaValchiavenna impegnati per risolvere laspinosa questione della richiesta del Sa-lumificio Panzeri di trasferire la propriaattività nell’area industriale compren-soriale.

Prati a pagina 23

CON LA FAB

«Caspoggio,intesa storica»Del Curtoa pagina 17

Mentre Sondrio discutele Province scompaionodi Luca Begalli

roppo accademico, mentre intor-no a noi tutto sta crollando. Trop-po compassato, quasi compiaciu-

to nei suoi toni vagamente professorali,mentre il resto del mondo è salito sullemontagne russe dell’economia impazzi-ta. Il dibattito in provincia sugli enti da sop-primere sta sfornando soluzioni politica-mente virtuose, ma che presentano un pic-colo problema: rischiano di essere inuti-li. Lodevoli nella loro volontà di giunge-re a una soluzione condivisa, ma conce-pite fuori tempo massimo. Stretto tra untracollo di Borsa e una riunione d’urgen-za al Quirinale, il sondriese Tremonti po-trebbe presto cancellare con un tratto dibiro la parola «Province» dal vocabolariocostituzionale. Un taglio netto senza guar-dare in faccia nessuno e senza distinzio-ni di sorta tra buoni e cattivi, tra merite-voli e dissipatori. (...)

segue a pagina 7

T

Crisi, siamo al biviotra statisti e ciarlatanidi Carlo Lottieri

entre ogni giorno introducenuovi elementi di inquietudi-ne nello scenario internaziona-

le (e ora, dopo Italia e Spagna, è lo Statofrancese a dover fare i conti con le sue fra-gilità strutturali), il governo sembra acqui-sire consapevolezza dell’urgenza di porreordine nella finanza pubblica. Il debito ita-liano ha superato i 1.900 miliardi di euroe l’allargarsi dello spread tra i nostri Btp ei titoli tedeschi rischia di portarci in unasituazione disastrosa. Non bastasse tuttociò, se non si cambia passo i problemi ita-liani sono destinati a trascinare a fondo lar-ga parte del Vecchio Continente, che adot-tando un’unica moneta ha posto le pre-messe per un costante rischio sistemico.Ieri Giulio Tremonti ha illustrato in Parla-mento i propositi del governo, ma moltoè ancora da chiarire se perfino UmbertoBossi ha definito "fumoso" l’intervento delsuper-ministro dell’Economia. (...)

segue a pagina 7

M

LA MINORANZA

«La tangenziale?Tirano a secco»

«Ormai, al di là delle rassicurazioni checi vengono periodicamente riproposte,emerge sempre più con chiarezza chei soldi per queste opere, semplicemen-te, non ci sono». Anche i consiglieri delgruppo comunale misto di minoranzaa Tirano riprendono le perplessità delvicesindaco Martino Della Vedova.

servizio a pagina 21

[ filo di seta ]

Sofia Loren e Berlusconi aVilla Certosa: Napoli e mi-lionario.

DRAMMATICA CORSA CONTRO IL TEMPO

Manovra: licenziamenti,pensioni e taglio degli stipendiTremonti annuncia sacrifici ma non precisa. Bossi: «Fumoso». La scure sulle retribuzioni degli statali

servizi alle pagine 2-3-4

Venerdì 12 agosto 2011

Il sovralluvionamento dell’Adda

Gli effetti non si sono fatti attendere. Immedia-tamente l’associazione cavatori ha dichiarato pubblicamente di essere d’accordo sulla de-nuncia e disponibile a collaborare, idem la Re-gione e l’amministrazione provinciale che han dichiarato di essere al lavoro per individuare le migliori soluzioni operative. Il Consorzio dei Comuni del B.I.M. di Sondrio ha deliberato “di approvare e fare propria la relazione di U.P.S.”. La nostra associazione, ha incontrato nel mese di ottobre anche il Prefetto. Infine, nel mese di novembre è stato siglato il protocollo di intesa tra la Regione, la Provincia e l’autorità di Bacino, con il compito di studiare le proble-matiche dell’Adda e Mera. Ora, confidando nella indubbia serietà degli interlocutori, non ci resta che attendere che si passi dalle parole ai fatti, con il nostro pieno coinvolgimento, si intende.

Page 34: Pescare in Valtellina 2/2011

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V i t a a s s o c i a t i Va

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Due spettacolari giornate di sole hanno incorniciato le prove del campionato italiano di trota in

torrente tenutesi sul torrente Mallero nelle giornate di sabato 2 e domenica 3 luglio 2011. Assegnata per la secon-da volta alla società A.S.D.P. Mallero di Chiesa Valmalenco, organizzata in maniera perfetta, la manifestazione ha richiamato numerosi giovani concorren-ti da ogni parte d’Italia con famiglie al seguito, che hanno trovato adeguata ospitalità nelle strutture ricettive del-la località turistica. Al termine delle gare, alla presenza delle autorità, si è svolta la bella e solenne cerimonia di premiazione, che ha visto il valtellinese di Chiesa Matteo Della Marianna conqui-stare il terzo posto assoluto del podio negli under 22.Obiettivo e sogno della società della Valmalenco? Portare a casa le prove mondiali: al presidente della società Pedrotti e a Bruno Lenatti non manche-rebbero certo le capacità di organizzarli con successo.

giovani “azzurri” in valmalenco

Page 35: Pescare in Valtellina 2/2011

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Page 36: Pescare in Valtellina 2/2011

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lEttErE alla rEdazioNE

Mi piacerebbe sapere chi ha avuto l’idea di emettere permessi stagionali a 15€ per i ragazzi perché

sono convinto che sia un’idea fantastica, molto lodevole; quando questi suddetti ragazzi potranno pescare? viste le condizioni delle acque. Come mai nonostante più di 2 settimane di piogge quasi ininterrotte l’Adda era pescabilissima e invece dopo una giornata e mezza di sole diventa color caffe’ e cosi’ rimane? Mi sorgono molti dubbi. E’ previsto nel regolamento ups che i possessori di permessi di pesca possano pescare? E se si quando?Così almeno potrei evitare di andare sull’adda inutilmente 9 giorni su 10 il mio tempo costa, e parecchio...E’ questa la tanto pubblicizzata gestione delle nostre acque da parte di ups? Se si che dire... Splendido... Mi chiedo per cosa pago la licenza...Per pescare o per pestare fango? Perche’ non e’ acqua, e’ solo fango...Ma forse gli interessi dei tesserati non sono esattamente quelli di ups....Non so che altro pensare....Vorrei avere delle risposte ma visto che questa non è la prima mail dubito anche solo di ricevere risposta...Distinti e distaccati salutiitalo libera

Pescatore, tesserato, deluso e molto molto molto arrabbiato

Caro Sig. LiberaEffettivamente, come Lei ben ricorda, nonostante alcune piogge primaverili, abbiamo avuto

condizioni di pesca quasi ottimali in Adda per circa due mesi, continuativamente sino al 19 giugno sera. Nella foto, invece, mostriamo come si presentava in Sondrio centro il torrente Mallero alle 19.00 del 19 giugno (cioè quattro giorni prima della Sua mail). Situazione simile si è verificata dopo poche ore anche in alta valle a causa delle forti precipi-tazioni e delle elevate temperature in quota. Ancora poche ore di maltempo di tale intensità e probabilmente saremmo ripiombati nell’incubo alluvione 87; di questo, onestamente, se ne sono accorti quasi tutti. L’Adda, interessata anche nei giorni successivi da fenomeni di intor-bidimento di altri torrenti, si è ridotta di conseguenza per il tempo naturalmente necessario al suo ristabilimento a condizioni normali.Riteniamo dovuta questa precisazione per dare a Cesare quel che è di Cesare, ricordando cioè che la natura dice ancora la sua e sempre più spesso la violenza dei fenomeni metereologici è tale da condizionare lo stato delle aste principali per giorni e giorni. Per il resto, prendersela con Ups per le note problematiche delle acque è come prendersela con il taxista bloccato in un ingorgo o con il controllore per i ritardi del treno: comprensibile, ma l’obiettivo è sbagliato.Chi presta gratuitamente la propria opera a favore di questa associazione si arrabbia anche più di lei e molto più spesso di quanto possa immaginare; però cerca di difendere le nostre acque con un impegno concreto, pur consapevole dei limiti imposti da rapporti di forza che non parlano certo a nostro favore. Fossimo in numero maggiore a farlo, saremmo più forti.La decisione di adottare facilitazioni economiche per i giovani è dettata dal comprensibile de-siderio di assicurare “la conservazione” della nostra specie e i risultati ci stanno dando ragione.

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Nella vicina Valposchiavo per la serie mal comune...

Sono un vostro tesserato da numerosi anni, e Vi scrivo per informarvi di quello che mi capitato domenica 20 marzo, (purtroppo non è la prima volta), mentre stavo pescando nel fiume Po-

schiavino all’altezza della dogana di Piattamala.Verso le ore 9.30 è suonata la sirena che annuncia il rilascio delle acque, e nemmeno il tempo di chiudere la canna in fretta e furia, e saltare in mezzo alle piante ed ai rovi, che una imponente massa di acque ha invaso l’alveo. Il tutto è avvenuto nell’ arco massimo di 5 minuti.Fortunatamente mi trovavo sulla sponda con l’unica via di fuga, fossi stato 50 mt. piu’ avanti ora non sarei qui a raccontarvi dell’ accaduto.Fatto analogo mi è capitato l’ anno scorso , prima è arrivata l’ acqua poi è suonata la sirena.... meno male mi trovavo in una zona dove l’alveo era  piu’ largo e le vie di fuganon presentavano difficoltà.Ora mi chiedo  e  lo chiedo soprattutto a Voi che sicuramente siete informati , se i nostri confi-nanti Elvetici si possono permettere tutto questo, perchè qui si sta parlando di mettere a serio rischio, la vita altrui.Essendo la Svizzera la patria degli orologi, è mai possibile che non riescano a programmarne uno come si deve???!!!!Sirena, 15 minuti, poi di nuovo sirena e dopo 5 minuti rilascio graduale delle acque, non un onda che mi riportava , fatte le debite proporzioni a tragiche immagini viste poco tempo fa in TV.Spero che possiate fare qualcosa, perchè amando la pesca e quel fiume che negli ultimi anni è stato tanto deturpato, ma ancora consente di fare buone catture, mi metterebbe l’ansia  pensare che magari tra una decina di anni, pescatori che frequentano il luogo, in presenza di una piccola lapide possano dire o solo pensare, era uno di noi!!!distinti saluti. giancarlo castelanelli

No Comment. Sull’argomento vale quanto detto nell’articolo relativo all’argomento di questo numero della rivista.

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di Davide De Simone

Page 38: Pescare in Valtellina 2/2011

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F i l o d i r E t t o

I l lago di Novate Mezzola rappresenta un luogo ideale per la pesca infatti è popolato

da numerose specie ittiche tra le quali la trota di lago, il lavarello (introdotto dai paesi del Nord-Europa), l’agone, il luccio, il persico, il persico sole, il cavedano, il pigo, la scardola, il triotto, il vairone, l’alborella, la sanguinerola, la carpa e la tinca, la bottatrice e l’anguilla, rare savette e barbi, temoli discesi dal Mera.L’Azienda agricola é immersa in uno scenario incantevole tra l’azzurro del Lago di Novate e l’imponente complesso di montagne della “ValCodera. Rilassarsi sulle rive del nostro lago, oppure trascorrere una giornata di pesca usufruendo della presenza delle nostre barche, rappresenta un’occasione unica ed indimenticabile.Venite a trovarci sarete tutti nostri graditi ospiti, vi conquisteremo con la cucina di Carmen e l’amore di Gianni per la natura. Troverete una famiglia che vi accoglierà con cortesia e semplicità.Vi apettiamo!

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10 Marzo 2011 – Ospedale L. Sacco

Fino a oltre cinquant’anni sono andato per torrenti.Un incanto la natura e indelebili i momenti:mi riportavano bambino con un mondo da esplorare;tutto quello a me vicino non poteva che incantare.Pietre tonde, pietre ovali, d’acque calme o impetuose,forme strane, irreali, nei millenni ormai corrose.Ogni passo in risalita offre un nuovo panorama,un ambiente in cui la vita si rivela ancor sovrana.E poi l’acqua, dai colori che la flora circostantele trasmette, e poi gli odori di quel mondo strabiliante.Continuando nell’ascesa ecco finalmente appareil motivo dell’attesa e di tutto il camminare:una trota, indisturbata, sta nuotando in corrente,l’obiettivo della giornata è arrivato, finalmente!Di soppiatto lancio l’esca, un suo guizzo…ed è allamataè lo scopo della mia pesca: vista, presa e liberata.Ora gli anni son trascorsi, inesorabilmente avanti.Quei sentieri, quei percorsi, mi ricordo che eran tanti,mi ritornano alla mente, qui nel letto d’Ospedale,e mi aiutan, nel presente, a lenire un poco il male,e a tentar di riprovare, sulla riva di un bel fiume,per poter ancor sognare, e riaccender quel barlumedi speranza nel futuro che mi possa confortaree non rendermi più duro ciò che la vita ancor può dare.

Elio Grovetti, ora 69enne

Page 39: Pescare in Valtellina 2/2011

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Foto Tarabini

La tua foto su Pescare in ValtellinaI migliori click saranno pubblicati sul prossimo numero. Invia le immagini alla nostra redazione: Unione Pesca Sportiva Della Provincia Di Sondrio Via Fiume, 85 23100 Sondrio oppure via mail a [email protected]

Page 41: Pescare in Valtellina 2/2011

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Page 42: Pescare in Valtellina 2/2011

P E s c a t o & M a N g i a t o

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girella di trotacon fagiolini

Buon appetito

da P ino

INgredIeNTI Per 4 PerSoNe:2 filetti di trota salmonatafagiolini lessati2 patateburrovino una cipollabiancosale pepe q.b.

PrePArAZIoNeTagliare a listarelle larghe 3 cm circa i filetti di trota, lessare le patate, fagiolini, quindi con una forchetta schiacciamo le patate e otterremo una purea che cospar-geremo sopra il pesce,arrotoliamo il filetto e creiamo una girella.Prepariamo il soffritto con burro e cipol-la, cuociamo per 15 minuti circa: a metà cottura, sfumare con vino bianco, quindi spolverare con formaggio di grana e coprire per 1 minuto con un coperchio.

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V i t a a s s o c i a t i Va

Anche se vi girano... riportatele a casa: sono orrende da vedere disseminate in riva a fiumi o torrenti. Costituiscono una fonte di inquinamento, mettono in cattiva luce la nostra categoria e, soprattutto, eviterete una multa salata con la conseguente sospensione del per-messo di pesca.

ReStItUZIoNe oBBLIgAtoRIA deI LIBRettI SegNAPeScIRicordiamo che, così come in precedenza riportato su questa Rivista, al fine di verificare la resa dei ripopolamenti, oltre che per fini statistici e di controllo, entro 15 marzo 2012 si dovrà obbligatoriamente riconsegnare il “Modulo censimento catture congiuntamente al Tesserino segnapesci”. la mancata restituzione di quanto sopra comporterà l’impos-sibilità di ottenere il rinnovo del permesso di pesca.

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UNIONE PESCA SPORTIVA

DELLA PROVINCIA DI SONDRIO

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