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1 Parrocchia Santa Maria Assunta -Ranzanico- Percorso catechismo della 5°elementare 2018/19

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Parrocchia Santa Maria Assunta

-Ranzanico-

Percorso catechismo della 5°elementare

2018/19

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I TAPPA : Ripercorrere i valori dei Sacramen� II TAPPA : Preparazione al Natale percorrendo l’Avvento III TAPPA : Tes�monianza nel Vangelo IV TAPPA : Incontro con alcuni personaggi della Via Crucis V TAPPA : Significato di essere Chiesa Quest’anno il percorso che faremo sarà un percorso di sintesi e allo stesso tempo di conoscenza. Sintesi perché riprenderemo e approfondiremo quanto già visto in ques� anni; di conoscenza perché ci occuperemo di trasformare tu)o in vita quo�diana. Nel primo periodo rivedremo i sacramen�, cercando di comprendere come sia possibili viverli nella quo�dianità. Nel secondo periodo l’argomento sarà l’avvento con la preparazione al Natale. Nel terzo periodo si propongono diversi incontri, in modo par�colare quelli che rileggono la tes�monianza cris�ana alla luce dei dieci comandamen�. In Quaresima ripercorreremo la via della croce a)raverso alcune figure presen� nella narrazione del vangelo. E infine nell’ul�mo periodo ripercorreremo il nostro essere Chiesa.

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I TAPPA : “I Sacramen� di partenza: Ba�esimo – Eucares�a–

Confermazione”

Come è naturale par�amo dall’inizio, da quei sacramen� chiama� sacramen� dell’iniziazione cris�ana: Ba)esimo, Eucares�a, Confermazione. Non vogliamo fare un tra)amento di teologia sacramentaria, ma cerchiamo di capire ques� tre sacra‐men� che devono essere le2 in un tu)’uno. Innanzi tu)o perché vengono chiama� sacramen� dell’iniziazio‐ne cris�ana? Perché sono i sacramen� che “iniziano” cioè che ci generano alla vita cris�ana. Così come quando da piccoli abbiamo imparato a camminare, a mangiare, e fare altre cose che riguardano la nostra quo�dianità che una volta impara� non dimen�chiamo, allo stesso modo i sacramen� dell’iniziazione cris�ana ci iniziano alla vita cris�ana in un con�nuo crescere. Il ba)esimo è il primo dei sacramen�, senza di esso non si potrebbe accedere agli altri. Se non sei ba)ezzato non puoi fare la comunione, non puoi confessar�, ecc.. Il ba)esimo � fa entrare nella famiglia dei figli di Dio, diven� cris�ano. Il Ba)esimo è quel sacramento a par�re dal quale puoi celebrare gli altri sacramen�, perché � perme)e di entrare nella famiglia dei figli di Dio; è come una porta d’ingresso in cui spalancate le porte tu inizi a vivere il tuo essere parte della famiglia. Il Ba)esimo è quel sacramento che � chiama alla san�tà. La san�tà non è semplicemente avere il riconoscimento quando si è mor�, ma oggi essere chiama� alla san�tà significa vivere la propria vita in pienezza. Collegato al Ba)esimo troviamo il sacramento della Confermazione. Questo sacramento nella storia è nato perché con l’ingrandirsi delle diocesi e la cos�tuzione delle parrocchie, il Vescovo non riusciva a poter conferire i

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sacramen� a tu2. Per questo mo�vo la Chiesa cos�tuì il sacramento della Confermazione, che in seguito divenne il sacramento a)raverso cui i ragazzi, capaci di comprendere e da‐re mo�vo delle proprie scelte, si impegnano a vivere il loro essere cris�ani. Infine abbiamo il sacramento dell’Eucares�a. È il sacramento che ci dà la possibilità di sederci alla “tavola” con Gesù per nu‐trirci di Lui e con Lui. L’Eucares�a è il sacramento che, insieme al Ba)esimo, ci perme)e di vivere tu2 i sacramen�, perché tu2 si possono vivere solo dopo essere sta� ba)ezza� e, solitamente, si vivono nella celebrazione dell’Eucares�a.

Il sacramento del ritorno: la riconciliazione

La chiamata alla san�tà iniziata con il Ba)esimo, confermata con la Cresima e nutrita con L’eucares�a, a volte può incontrare dei momen� di fermo. Il peccato stesso è quella macchia che sporca il nostro cammino alla san�tà; è come un ostacolo che non � perme)e di camminare in modo spedito. Quando il peccato arriva, ecco che il nostro cammino è lento, affa�cato, come se un peso ci bloccasse. Ecco che Gesù ci ha do‐nato il sacramento della riconciliazione. È il sacramento in cui non solo noi “raccon�amo al prete i nostri pecca�”, ma so‐pra)u)o il momento in cui dinanzi a Dio riconosciamo che Lui ci vuole bene e gli chiediamo di con�nuarci a voler bene senza guardare i nostri sbagli. È come quando dopo aver combinato qualcosa di sbagliato chiediamo scusa ai genitori, chiedendo loro di con�nuare a volerci bene senza tener conto

dei nostri errori. E nello stesso momento noi ci impegniamo a non fare più errori, ci impegniamo a camminare senza pesi

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senza guardare i nostri sbagli. È come quando dopo aver combinato qualcosa di sbagliato chiediamo scusa ai genitori, chiedendo loro di con�nuare a volerci bene senza tener conto dei nostri errori. E nello stesso momento noi ci impegniamo a non fare più errori, ci impegniamo a camminare senza pesi addosso. Ecco che la riconciliazione è il sacramento del ritorno perché ci fa tornare a camminare in modo spedito verso la san�tà.

Il sacramento del sostegno: Unzione degli infermi

Il cammino verso la san�tà non è un cammino a termine (cioè che dura alcuni giorni, mesi, anni) ma un cammino che dura per tu)a la vita. E quando sopraggiunge la mala2a, la vecchiaia, quelle situazioni di vita dove la disperazione prende il sopravvento, dove ci sen�amo deboli, Dio non ci lascia soli ma ci dona la sua forza: il sacramento dell’unzione degli infermi. Questo sacramento lo conosciamo come estrema unzione perché erroneamente lo colleghiamo al sacramento prima della morte. In realtà si tra)a proprio di un sacramento legato al sostegno da parte di Dio verso ciascuno di noi. Anche se legato sopra)u)o all’età anziana perché maggiormente esposta alla mala2a e alla possibilità della morte, ma riguarda tu2. Ciò che contraddis�ngue questo sacramento è proprio l’unzione con l’olio degli infermi. L’immagine dell’olio richiama il segno della forza che viene dato da Dio ai suoi figli per aiutarli.

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I sacramen� per vivere la professione da cris�ani: Ordine Sa‐

cro e Matrimonio Gli ul�mi sacramen� che prendiamo in considerazione sono il sacramento del Matrimonio e quello dell’Ordine Sacro. Se nel Ba)esimo abbiamo ricevuto la chiamata alla san�tà, nell’Eucares�a troviamo il cibo che ci sos�ene in questo cammino, con la confermazione siamo chiama� a camminare verso la san�tà, con il sacramento della riconciliazione Gesù ci aiuta a ripulirci di quei pesi che rallentano il nostro cammino. Ma come vivere la chiamata alla san�tà? Ecco che la risposta ci viene data da ques� due sacramen�. Ciascuno di noi è chiamato a vivere il proprio cammino verso la san�tà così come sa fare, ecco che siamo invita� a scegliere se essere san� a)raverso la consacrazione totale a Dio a)raverso il sacramento dell’ordine, oppure a)raverso la scelta della consacrazione a)raverso il dono all’altro/a nel sa‐cramento del Matrimonio. Spesso erroneamente si è pensato che uno dei due era migliore dell’altro, in realtà possiamo leggere ques� due sacramen� come due aspe2 di uno stesso cammino, l’importante è camminare insieme verso la san�tà. II TAPPA

L’incontro con Gesù nel Natale (Avvento) Celebrare il Natale significa fare posto, nella mente e nel cuore, a Gesù che bussa alla nostra porta. Spesso non disponiamo di uno spazio già pronto: occorre, perciò, procurarGli un ambiente che era occupato, sgombrandolo. Bisogna farlo entrare dove Lui

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era assente e offrirGli ospitalità dove prima era escluso. Infa2, dobbiamo amme)ere, con onestà, che spesso siamo intasa� da interessi sbaglia� e da abitudini malate. E chi vive lontano dalla verità, non si vuole bene, anche se corre dietro alle proprie am‐bizioni. Per vivere un “Natale cris�ano” bisogna spalancare il proprio cuore anche a Gesù “negli altri”, specie gli ul�mi e i sofferen�. Altrimen� scadiamo in una fruizione solo esteriore della festa, fa)a di consumismo diffuso, condito con un po’ di buonismo passeggero. I n ogni Natale il Signore nasce nei “luoghi” del dolore e accende sulla volta del nostro cielo una “stella cometa”, des�nata a con‐durci fino a Lui: si tra)a di qualcuno o qualcosa che ci porta un messaggio di salvezza, dove Dio ha messo la risposta che cer‐chiamo e la grazia di cui abbiamo bisogno per superare ogni contrarietà. Ripercorriamo insieme i periodi che definiscono l’Avvento

III TAPPA

La tes�monianza con il Vangelo (dal 7 gennaio fino al mercoledì delle Ceneri)

La tes�monianza di Giovanni Ba)sta

Venne un uomo mandato da Dio

e il suo nome era Giovanni.

Egli venne come tes�mone

per rendere tes�monianza alla luce,

perché tu� credessero per mezzo di lui.

Egli non era la luce,

ma doveva render tes�monianza alla luce (Gv 1,6-8).

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La tes�monianza di Gesù

Gli dissero allora i farisei: «Tu dai tes�monianza di te stesso; la

tua tes�monianza non è vera». Gesù rispose: «Anche se io rendo

tes�monianza di me stesso, la mia tes�monianza è vera, perché

so da dove vengo e dove vado. Voi invece non sapete da dove

vengo o dove vado» (Gv 8,13-14).

La figura fondamentale della tes�monianza è quella realizzata da Gesù stesso. Il senso e la necessità della tes�monianza di Ge‐sù appaiono nel quarto vangelo stre)amente lega� alla sua iden�tà radicale; egli è il Verbo fa)o carne, è il Figlio disceso dal cielo. Soltanto colui che è disceso dal cielo (cfr. Gv 3,12‐13) può dire delle cose del cielo, appunto perché lui soltanto ha visto e udito le cose del cielo (cfr. Gv 3,31‐32); lui soltanto, il Figlio uni‐genito che è nel seno del Padre, è in grado di rivelare il Dio che nessuno ha mai visto (cfr. Gv 1,18). Il rilievo cruciale della tes�‐monianza nella prospe2va del quarto vangelo è ricondo)o in tal modo al rilievo decisivo che assume in esso lo schema dell'in‐carnazione, spesso descri)o come schema di una cristologia di‐scendente. Figlio disceso dal cielo è des�nato ad essere da capo innalzato fino al cielo; la tes�monianza è appunto la forma ne‐cessaria di tale innalzamento, di tale ritorno al cielo. La tes�monianza che il Figlio dà è, in ul�ma istanza, tes�mo‐nianza in favore del Padre. E tu)avia il quarto vangelo si esprime anche in termini tali da configurare la tes�monianza di Gesù quale tes�monianza che egli dà a se stesso. La figura dell' auto‐tes�monianza pare contraddire il principio ovvio, affermato in maniera esplicita dalla legge an�ca: nessuno può rendere tes�‐monianza a se stesso (36). Approfondimento con la Bibbia

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La tes�monianza dei discepoli

Veniamo dunque alla terza figura della tes�monianza, quella di cui sono inves�� i discepoli. Accogliendo la tes�monianza di Ge‐sù, essi stessi dovranno rendere tes�monianza in favore del Maestro, e in favore di Dio. Alla figura che assume la tes�mo‐nianza dei discepoli Gesù lungamente dice nel quarto vangelo nel quadro dei discorsi della cena. Il compito di essere tes�moni, in ogni caso grave, diverrà possi‐bile per i discepoli soltanto grazie alla parallela tes�monianza che lo Spirito stesso darà a Gesù; egli, procedendo dal Padre dei cieli, sarà tes�mone di tu)o ciò che Gesù ha de)o e fa)o. Approfondimento con la Bibbia IV TAPPA

Incontro 1: la figura di Maria

Iniziamo gli incontri con la prima figura che è quella della Madonna: Maria. Nelle tappe della via crucis la ritroviamo due volte: una prima volta quando va incontro al Figlio che porta la croce, una seconda volta quando la ritroviamo so)o la croce. Nel Vangelo ci viene raccontata così: Dal vangelo secondo Giovanni Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio! “. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre! “. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Facciamo un passo indietro: se ripercorriamo alcune pagine del Vangelo possiamo notare come Maria era stata messa a

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conoscenza di quanto sarebbe accaduto. In modo par�colare l’anziano Simeone aveva prede)o a Maria che Lui, Gesù, era venuto per la salvezza degli uomini, ma allo stesso tempo avrebbe dovuto soffrire molto. A tu)o ciò che gli viene de)o, di Maria si dice solo che “conservava tu)e queste cose nel suo cuore”. Quando arriva l’arresto di Gesù ecco che tu)o ciò che le era stato de)o si avvera: Lui, Gesù, doveva soffrire molto fino alla morte. Tu)o ciò che era stato de)o dai profe� fino alla profezia dell’anziano Simeone, era tu)o vero e stava accadendo so)o i suoi occhi. Ma Maria resta lì, fin so)o la croce, quando riceve in dono da suo Figlio l’umanità intera, nessuno escluso. Tu2 figli suoi. Ma la Madonna dinanzi a tu)o questo ci dona anche la speranza. Dinanzi a tu)a la sofferenza, ecco che Maria ha sempre la speranza. È come se lei è consapevole che non tu)o può finire così. Il “dovrà molto soffrire” si è avverato, ma “Lui è qui per la salvezza di mol�”, quando si avvererà? Ecco che c’è la speranza della Madonna che la croce non è la parola fine ma ci sarà altro, qualche altro evento che verrà a cambiare la storia. Maria ci insegna che nella sofferenza bisogna con�nuare ad avere lo sguardo verso Gesù, a fidarci di Lui per far crescere la speranza in noi.

Incontro 2: la figura di Simone di Cirene

Altra figura è quella di Simone di Cirene, conosciuto come il Cireneo. Il Vangelo lo racconta così: Dal Vangelo secondo Marco Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. “Lo costrinsero a portare la croce”

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Così ci viene presentato Simone di Cirene: una persona che viene fermata sulla strada di casa, e obbligato a portare la croce di qualcun altro! Non gli viene offerta nessuna parola gen�le, nessuna preoccupazione per chi lo aspe)ava a casa, viene reso partecipe della sofferenza di Gesù diventando tes�mone vero della sua Passione. Condivide con Gesù la fa�ca e il dolore fino al Calvario. La figura del Cireneo ci insegna da un lato a farci prossimi degli altri ad essere cirenei degli altri, ma allo stesso tempo ci invita ad aprire gli occhi verso coloro che sono cirenei nei nostri confron�. E noi? Tu2 ci por�amo dietro una croce piena di difficoltà, dolori, insicurezze, delusioni, e non possiamo far altro che caricarcela sulle spalle tu)e le ma2ne nella speranza che qualcuno ci no� e ci chieda di noi; spesso però ci si focalizza talmente tanto sulla propria croce da ignorare quelle degli altri. E qui ognuno dovrebbe chiedersi: Mi faccio carico anch’io delle croci degli altri, condividendo il loro dolore?

Incontro 3: la figura della Veronica

Questo terzo incontro vede la figura della Veronica. Non abbiamo un brano del Vangelo che ci parla della Veronica, ma possiamo legare il suo gesto, e quindi alla sua persona, ad un brano dell’An�co Testamento, del profeta Isaia, che viene proposto proprio in occasione delle celebrazioni della Passione: Dal libro del profeta Isaia Non ha apparenza né bellezza per a2rare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui dile)o. Disprezzato e reie)o dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il pa�re, come uno davan� al quale ci si copre la faccia, era

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disprezzato e non ne avevamo alcuna s�ma. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo cas�gato, percosso da Dio e umiliato. Oggi cerchiamo sempre la bellezza, cerchiamo di far di tu)o per apparire, convin� che più siamo belli e più gli altri ci ammirano, si avvicinano a noi perché noi siamo i più belli degli altri. Ma quando si dice che la bellezza non è tu)o, è vero. La figura della Veronica ci insegna questo: la bellezza esteriore, fisica, non è essenziale. Lei è andata oltre quell’apparenza fisica, oltre quel volto sfigurato, andando ad asciugare, a pulire il volto di Gesù. La Veronica rappresenta un personaggio che noi dovremmo ammirare, perché il gesto che ha fa)o verso Gesù, disprezzato da tu2, è molto coraggioso. Veronica ha affrontato le guardie e la paura di essere cas�gata per aiutare e confortare Gesù so)o il peso della croce. Lui per noi ha dato la vita e lo dovremmo ricordare ogni volta che vediamo qualcuno in difficoltà ma spesso ce ne dimen�chiamo. Anche noi ogni giorno incontriamo persone bisognose d’aiuto, gli passiamo accanto senza preoccuparci che potremmo fare qualcosa per loro perché troppo preoccupa� dei nostri problemi che sembrano non avere mai fine, quando per migliorare la giornata a qualcuno basterebbe anche solo un sorriso.

Incontro 4: la figura delle donne di Gerusalemme

Se finora abbiamo visto solo singoli personaggi, qui prendiamo in considerazione un gruppo di persone: quelle che vengono definite le pie donne, o, come nel Vangelo, le donne di

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Gerusalemme: Dal vangelo secondo Luca Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si ba)evano il pe)o e facevano lamen� su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno alla)ato. Noi quasi sempre pensiamo e cri�chiamo gli altri ma magari siamo noi a comme)ere errori. Siamo quasi sempre pron� a guardare quello che gli altri fanno, i loro errori; siamo pron� a scrutare quando cadono. Ma quando cadiamo noi? Quando a comme)ere gli errori siamo noi? E allora non voglia‐mo che qualcuno ci dica qualcosa, che ci faccia notare gli errori. Ma grazie alla sua morte e risurrezione egli ci ha dato il dono della speranza per con�nuare a vivere e anche se comme2amo sempre pecca�, abbiamo la grazia immensa del perdono. Noi ci troviamo qui, sulla via del Calvario ma quando Gesù è passato ci ha de)o di non piangere per Lui e per le sue sofferenze ma di piangere per noi e per i pecca� che comme2amo. Con le sue parole abbiamo potuto capire il per‐ché Lui si è fa)o uomo e ha donato la sua vita per tu2 noi. Il Suo invito è quello di non guardare gli altri dall’alto al basso ma di me)ersi gli uni accanto agli altri.

Incontro 5: la figura dei solda� e del popolo che guarda

Un altro gruppo di persone sono pos� alla nostra a)enzione in quest’incontro: il popolo e i solda�. Del popolo ci dice che è so)o al palco dove presenzia Pilato per gridare la liberazione di Barabba, così come i capi del

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popolo suggerivano. Sono lì, assiepa� lungo la strada che porta al Golgota per assistere a quello spe)acolo. E forse qualcuno iniziava a comprendere ciò che stava accadendo, ad altri forse non interessava, per altri forse era solo assistere ad uno di quegli “spe)acoli” spesso messi in scena per le strade di Gerusalemme; per altri era tu)o così incomprensibile. Eppure sono lì, anche so)o la croce, pos� un po’ a distanza da quel luogo. Dei solda� invece si dice che oltre a fare “servizio d’ordine” lungo la strada che porta al Golgota, li ritroviamo so)o la croce e mentre a)endono che Gesù muore, si giocano a sorte la sua tunica. Ques� due sogge2: popolo e solda� talvolta ci somigliano. Sono l’immagine dell’indifferenza e dell’arrivismo. L’indifferenza: quando non siamo capaci di prendere una posizione, ma lasciamo che siano altri a decidere per noi; quando ci fermiamo ai la� della vita, freddi a guardare ciò che accade so)o i nostri occhi senza voler intervenire, aiutare, collaborare; quando nonostante ci viene donato l’amore, noi con�nuiamo a starcene fermi sulle nostre posizioni perché stanchi e pigri. Oltre all’indifferenza troviamo anche all’arrivismo. L’arrivismo è proprio dei solda� che so)o la croce pensano solo a giocarsi la tunica di Gesù senza dar peso a quello che stava accadendo a pochi metri da loro. L’arrivismo di chi alla fine pensa solo a se stesso, a quelli che possono essere i propri affari lasciando che tu)o ciò che ci viene dona� scivoli via. Spesso ques� sono i nostri a)eggiamen� nei confron� dei doni che Dio ci fa: rischiamo di farli scivolare via senza che tocchino, contagino la nostra vita.

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Incontro 6:la figura del centurione

Ul�mo incontro prendiamo in considerazione la figura del centurione so)o la croce. A differenza degli altri solda� lui riesce a riconoscere la vera iden�tà di Gesù. Il vangelo ci dice: Dal vangelo secondo Luca Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: “Veramente quest’uomo era giusto”. «All’inizio, pensavo che fosse uno dei soli� bestemmiatori o gran peccatori ebrei che veniva gius�ziato dal procuratore per i suoi crimini: mi sbagliavo. Già da come lo vidi uscire dalla gran porta della ci)à, coronato di spine, percosso e con una pesan�ssima croce sulle spalle, con quello sguardo mite e la faccia bagnata dagli spu� e dalle lacrime, capii che non poteva essere così, non ero proprio d’accordo sul fa)o che fosse un malfa)ore. Questa mia credenza crebbe lungo il ripido sen�ero che portava in cima al “Cranio” quando lo vidi cadere all’improvviso e con fa�ca rialzarsi sulle proprie ginocchia. Quell’uomo, mi dava la sensazione di essere li proprio per questo mo�vo, per quell’ora e non solo all’ora nona, ossia alle tre del pomeriggio, capii che era li sopra)u)o per noi, per la nostra salvezza. In quegli ul�mi minu� della sua vita ebbi la piena certezza che Lui era il Messia, il Mandato da Dio per salvarci e, dopo averlo visto spirare in quel modo, dissi a tu2 ciò che pensavo:” quest’uomo era davvero figlio di Dio”.» L’esperienza del Centurione è l’esperienza di chi si lascia sorprendere da Dio, da chi lascia che Dio riesce a trasformare la nostra vita con la forza del suo amore, di quel suo essere lì per noi. Le parole del centurione so)o la croce sono una vera e propria professione di fede, perché «vedendo ciò che

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era accaduto», cioè dopo aver fa)o esperienza dell’amore di Dio, dopo aver fa)o esperienza di Gesù, lo riconosce e professa la sua fede in Lui. E noi cosa aspe2amo a lasciare che Dio ci riempia del suo amore? E cosa aspe2amo a fare la nostra professione in Lui? V TAPPA

Essere nella Chiesa come tralci alla vite (dalla se2mana in Albis alla fine di maggio) Essere Chiesa vuol dire aggrapparsi a Cristo in tu)e le Sue forme evangelizzando ad altri il valore del Vangelo. Vuol dire aiutare coloro che zoppicano nella fede, avere Miseri‐cordia dei bisognosi, essere tralci alla vite. La Chiesa non è un’organizzazione umana, ma una comunità di creden� che si amano e si radunano nel nome del Signore per lodarlo, glorificarlo e servirlo e che vanno nel mondo per rende‐re la loro tes�monianza sia con le parole, sia con la loro vita tra‐sformata. Allora come “Essere Chiesa Insieme”? che è la vera iden�tà di ba)esimo, di coloro che hanno rives�to Cristo. Paolo ci ricorda che la chiesa non è un raduno ele2vo, per quelli che hanno già delle affinità in comune, non è un club a numero chiuso di gente che si assomiglia. Paolo ci ricorda anche che non possiamo dire, per evitare i confli2, che nella chiesa non esistono più tensioni, che sono superate. Ma, appunto in quanto le differenze e i con‐tras� sono rela�vizza� e non più determinan� in ul�ma istanza, allora i confli2 possono essere affronta� e essere portatori di liberazione. Rives�re Cristo non è indossare una divisa, ma è apertura a nuove relazioni senza paura, senza chiusura, senza recin�, con il riconoscimento delle differenze e par�colarità di

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ciascuna e ciascuno, valorizzate nella vitalità del corpo di Cristo. Quando si scopre la bellezza e la grazia di essere figli ama� e di

appartenere alla Chiesa nasce il desiderio di servirla nei modi più

diversi, secondo la vocazione di ognuno. Nella consapevolezza

del perché e per Chi si lavora, si desidera me)ere a disposizione

i propri talen�, res�tuendo così ciò che gratuitamente si è rice‐

vuto. Non si idealizza la Chiesa: si sa che è cos�tuita dal santo e

dal peccatore che convivono dentro ognuno di noi; per questo

non ci si lascia turbare dalle sue debolezze o dai suoi ritardi per‐

ché si è impegna�, non tanto a sradicare la zizzania che si insi‐

nua qua e là, quanto piu)osto a far crescere il grano buono per‐

ché produca il trenta, il sessanta o il cento per uno.

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Incontri Genitori

(date da definire)

Tu2 i genitori sono invita� a partecipare agli incontri di

catechismo del sabato pomeriggio

Don Mario Brignoli

(parroco)

Patrizia (catechista)