pequeña antología by fulvio manara

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PRESENTAZIONE Non c’è dubbio: la parola “nonviolenza” comincia a risuonare più frequentemente nei nostri discorsi. Ma è ancora, però, una parola nuova. Un termine che spesso viene ripetuto come slogan, e quindi rischia lo svuotamento di significato e di forza. Per questo è utile, sempre di nuovo, ripercorrere le strade della comprensione: sia essa storica che teorica. Chi s’è impegnato sulla via della prassi nonviolenta ha anche dedicato attenzione, quasi sempre, a “pensare” la nonviolenza. Non riteniamo che il pensiero umano stia su un altro pianeta rispetto all’impegno ed alle azioni. Pensare la nonviolenza (e comprenderne la ricchezza e la complessità) è solo l’altra faccia della medaglia sul cui retro troviamo gli esperimenti con la verità e la nonviolenza. È vero: il satyagraha, come afferma Gandhi, non è un oggetto di studio: è qualcosa da sperimentare e da vivere. Ma viverlo da uomini comporta il viverlo con piena coscienza, ossia pensandoci e comprendendolo. Così, in questa piccolissima antologia, proponiamo alcune pagine tratte da testi che consideriamo preziosi per entrare nell’universo del pensiero e della prassi verso la nonviolenza. Ogni antologia che tagliuzzi i testi è povera rispetto alla lettura integrale, che certo consigliamo vivamente. Del resto, come però appassionare a questa ricerca se non offrendo qualche “assaggio” di quel che si può trovare in questi preziosi libri? L’intento è quello di proporre un percorso minimo di introduzione attorno ad alcune parole chiave. La non-resistenza, prima di tutto: primo fronte nella scoperta di pacifisti ottocenteschi americani (il gruppo dei bostoniani) e ripresa con decisione da Tolstoj. Non-resistenza che richiama all’obiezione di coscienza contro la violenza: il saper “dire no”, l’atto del rifiutarsi di essere parte nella distruttività, il primo movimento per chi vuole davvero spezzare la catena della violenza. Nonviolenza, quindi, e non “non-violenza”, come ci insegna Aldo Capitini. È una forza attiva, non semplicemente l’astenersi dalla violenza. È la forza che nasce dal ricorso alla conversione alla verità e dall’amore per la vita. È resistere al male ma senza violenza: facendo appello ad una forza nuova ed altra. Nonviolenza come “leva di conversione”, come ci insegna Lanza del Vasto: è “mirare alla coscienza” dell’avversario. Disobbedienza civile, anche: pratica di amore costruttivo per la legge, capace di accettare le sanzioni che la legge stessa prevede per chi la viola, con lo scopo però di mirare alla coscienza di tutti gli altri cittadini. Il satyagraha gandhiano, quindi, che meriterebbe ben altro per essere compreso adeguatamente (ad es. la traduzione integrale, ancora assente nella nostra lingua, dell’opera di Gandhi “Satyagraha in Sudafrica”: uno dei pochi libri veri e propri da lui scritti). Satyagraha, ossia “la forza che nasce dalla Verità e dall’Amore, o nonviolenza”. Un principio etico la cui essenza è una tecnica di azione sociale, strumento di lotta per il cambiamento sociale e politico. E conflitto, infine: termine di cui si ha spesso paura. Ne è testimonianza, ad esempio, il fatto che molti ancora pensano che una espressione come “lotta nonviolenta” sia contradditoria. Jean- Marie Muller ci spiega che se pensiamo che ci sia solo una maniera di lottare, quella della violenza, non ci sarebbe prospettiva: sarebbe vano pensare di spezzare il circolo vizioso della distruttività. Invece si può lottare, e resistere alla violenza, ma senza usare violenza. È questo il territorio nuovo e fecondo, campo su cui sperare è possibile. Trasformare i conflitti da processi di distruzione a processi di costruzione. Non c’è certezza, ma una possibilità. L’unica, forse, per la sopravvivenza della nostra specie. Fulvio C. MANARA Piccola antologia sulla nonviolenza pag. 1/23 a cura di Fulvio C. MANARA

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Pequeña antología de textos sobre resistencia y noviolencia

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  • PRESENTAZIONE Non c dubbio: la parola nonviolenza comincia a risuonare pi frequentemente nei nostri discorsi. Ma ancora, per, una parola nuova. Un termine che spesso viene ripetuto come slogan, e quindi rischia lo svuotamento di significato e di forza. Per questo utile, sempre di nuovo, ripercorrere le strade della comprensione: sia essa storica che teorica. Chi s impegnato sulla via della prassi nonviolenta ha anche dedicato attenzione, quasi sempre, a pensare la nonviolenza. Non riteniamo che il pensiero umano stia su un altro pianeta rispetto allimpegno ed alle azioni. Pensare la nonviolenza (e comprenderne la ricchezza e la complessit) solo laltra faccia della medaglia sul cui retro troviamo gli esperimenti con la verit e la nonviolenza. vero: il satyagraha, come afferma Gandhi, non un oggetto di studio: qualcosa da sperimentare e da vivere. Ma viverlo da uomini comporta il viverlo con piena coscienza, ossia pensandoci e comprendendolo. Cos, in questa piccolissima antologia, proponiamo alcune pagine tratte da testi che consideriamo preziosi per entrare nelluniverso del pensiero e della prassi verso la nonviolenza. Ogni antologia che tagliuzzi i testi povera rispetto alla lettura integrale, che certo consigliamo vivamente. Del resto, come per appassionare a questa ricerca se non offrendo qualche assaggio di quel che si pu trovare in questi preziosi libri? Lintento quello di proporre un percorso minimo di introduzione attorno ad alcune parole chiave. La non-resistenza, prima di tutto: primo fronte nella scoperta di pacifisti ottocenteschi americani (il gruppo dei bostoniani) e ripresa con decisione da Tolstoj. Non-resistenza che richiama allobiezione di coscienza contro la violenza: il saper dire no, latto del rifiutarsi di essere parte nella distruttivit, il primo movimento per chi vuole davvero spezzare la catena della violenza. Nonviolenza, quindi, e non non-violenza, come ci insegna Aldo Capitini. una forza attiva, non semplicemente lastenersi dalla violenza. la forza che nasce dal ricorso alla conversione alla verit e dallamore per la vita. resistere al male ma senza violenza: facendo appello ad una forza nuova ed altra. Nonviolenza come leva di conversione, come ci insegna Lanza del Vasto: mirare alla coscienza dellavversario. Disobbedienza civile, anche: pratica di amore costruttivo per la legge, capace di accettare le sanzioni che la legge stessa prevede per chi la viola, con lo scopo per di mirare alla coscienza di tutti gli altri cittadini. Il satyagraha gandhiano, quindi, che meriterebbe ben altro per essere compreso adeguatamente (ad es. la traduzione integrale, ancora assente nella nostra lingua, dellopera di Gandhi Satyagraha in Sudafrica: uno dei pochi libri veri e propri da lui scritti). Satyagraha, ossia la forza che nasce dalla Verit e dallAmore, o nonviolenza. Un principio etico la cui essenza una tecnica di azione sociale, strumento di lotta per il cambiamento sociale e politico. E conflitto, infine: termine di cui si ha spesso paura. Ne testimonianza, ad esempio, il fatto che molti ancora pensano che una espressione come lotta nonviolenta sia contradditoria. Jean-Marie Muller ci spiega che se pensiamo che ci sia solo una maniera di lottare, quella della violenza, non ci sarebbe prospettiva: sarebbe vano pensare di spezzare il circolo vizioso della distruttivit. Invece si pu lottare, e resistere alla violenza, ma senza usare violenza. questo il territorio nuovo e fecondo, campo su cui sperare possibile. Trasformare i conflitti da processi di distruzione a processi di costruzione. Non c certezza, ma una possibilit. Lunica, forse, per la sopravvivenza della nostra specie.

    Fulvio C. MANARA

    Piccola antologia sulla nonviolenza pag. 1/23 a cura di Fulvio C. MANARA

  • I. La Non-Resistenza Dichiarazione di principi, accettata dai membri della Societ fondata per lo stabilimento tra gli uomini della pace universale. Boston, 1838. [] Noi non riconosciamo alcuna autorit umana. Non riconosciamo altro che un re e legislatore, un giudice e capo dell'umanit.. La nostra patria il mondo intiero; i nostri compatriotti sono tutti gli uomini. Noi amiamo tutti i paesi come il nostro paese proprio, ed i diritti dei nostri compatriotti non ci sono pi cari di quelli di tutta l'umanit Perci non ammettiamo che il sentimento del patriottismo possa giustificare la vendetta di una offesa o di un male fatto al paese nostro. Noi riconosciamo che il popolo non ha il diritto n di difendersi contro i nemici esterni, n di assalirli. Riconosciamo inoltre che gli individui isolati non possono aver questo diritto nelle loro relazioni reciproche, non potendo l'unit avere diritti maggiori di quelli della collettivit. Se il governo non deve opporsi ai conquistatori stranieri che mirano alla rovina della nostra patria e alla distruzione dei nostri concittadini, parimenti non si pu opporre la violenza agli individui che minacciano la tranquillit e la sicurezza pubblica. La dottrina, insegnata dalle chiese, che tutti gli stati della terra sieno formati ed approvati da Dio, e che le autorit [] emanino dalla sua volont, non solo stupida, ma pur anche blasfematoria. Questa dottrina rappresenta il nostro Creatore come un essere parziale, che stabilisce ed incoraggia il male. Nessuno pu affermare che le autorit esistenti in qualsivoglia paese agiscano verso i loro nemici secondo la dottrina e l'esempio del Cristo. Neanche i loro atti possono essere gradevoli a Dio. Quindi essi non possono essere stabiliti da Lui e devono essere rovesciati, non con la forza, ma con la rigenerazione morale degli uomini. Noi non riconosciamo come cristiane e legali non solo le guerre - offensive o difensive, - ma neanche le organizzazioni militari quali che sieno: arsenali, fortezze, navi da guerra, eserciti permanenti, monumenti commemorativi di vittorie, trofei, solennit guerresche, conquiste per mezzo della forza; infine, noi reprimiamo egualmente come anti-cristiana ogni legge che ci obbliga al servizio militare. Per conseguenza, consideriamo come impossibile per noi, non solo ogni servizio attivo nell'esercito, ma anche ogni funzione che ci dia la missione di mantenere gli uomini nel bene con la minaccia d'incarceramento o di condanna a morte. Noi ci escludiamo dunque da tutte le istituzioni governative, respingiamo ogni politica e rifiutiamo tutti gli onori e tutte le funzioni umane. Non riconoscendoci il diritto di occupare uffici nelle istituzioni governative, ci rifiutiamo egualmente ogni diritto di eleggere a questi uffici altre persone. Consideriamo che non abbiamo il diritto di ricorrere alla giustizia per farei restituire ci che ci fu preso, e crediamo che, invece di fargli violenza, siamo tutti obbligati a lasciare anche il mantello a colui che ha preso la nostra tonaca (SAN MATTEO, V, 40). Noi professiamo che la legge criminale dell'Antico Testamento occhio per occhio, dente per dente stata annullata da Ges Cristo, e che, secondo il Nuovo Testamento, tutti i fedeli devono perdonare ai loro nemici in tutti i casi, senza eccezione, e non vendicarsi. Estorcere danaro per forza, incarcerare, mandare in galera o mettere a morte, non costituisce evidentemente il perdono, ma la vendetta. La storia dell'umanit piena di prove che la violenza fisica non contribuisce al rialzamento morale e che le Cattive inclinazioni dell'uomo non possono essere corrette che dall'amore; che il male non pu sparire che per mezzo del bene; che non si deve fare assegnamento sulla forza del proprio braccio per difendersi dal male; che la vera forza dell'uomo nella bont, la pazienza e la carit; che solo i pacifici erediteranno la terra e che coloro i quali di spada avran ferito di spada periranno. Perci, tanto per garantire pi sicuramente la vita, la propriet, la libert e la felicit degli uomini, quanto per eseguire la volont di Colui che il Re dei re ed il Signore dei signori, noi, accettiamo di tutto cuore il principio fondamentale della non-resistenza al male per mezzo del male, perch

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  • crediamo fermamente che questo principio il quale risponde a tutte le circostanze possibili della nostra esistenza e nello stesso tempo esprime la volont di Dio, deve finalmente trionfare. [] Il nostro principio fondamentale della non-resistenza al male per mezzo del male non ci permette n congiure, n sommosse, n violenze. Noi ci sottomettiamo a tutte le regole ed a tutte le esigenze del governo, salvo a quelle che sono contrarie ai comandamenti del Vangelo. Non resisteremo altrimenti che sottomettendoci passivamente alle punizioni che potranno esserci inflitte a cagione della nostra dottrina. Sopporteremo tutte le aggressioni senza cessare, da parte nostra, di combattere il male dovunque lo troveremo, in alto o in basso, nel campo politico, amministrativo e religioso, e cercheremo di raggiungere, servendoci di tutti i mezzi possibili, la fusione di tutti i regni terrestri nel solo regno del Nostro Signore Ges Cristo. [] Crediamo col profeta che verr un tempo in cui le spade saranno trasformate in vomeri e le lance in falci, e che noi dobbiamo lavorare senza indugio, nella misura delle nostre forze, alla effettuazione di questa profezia. Per conseguenza, coloro che fabbricano, vendono o si servono di armi contribuiscono ai preparativi della guerra e si oppongono per ci stesso al potere pacifico del Figlio di Dio sulla terra. [] da: Leone Tolstoj, Il Regno di Dio in voi, Publiprint-Manca editrice, Trento-Genova, 1988, pp.5-10. * * * La non-resistenza al male di Leone Tolstoj [] la questione messa da Cristo non affatto questa: la non-resistenza pu essere una legge generale per lumanit? ma: che deve fare ogni uomo particolare per compiere il suo destino, per salvare la sua anima o, che la stessa cosa per compiere gli atti divini? [] Io non posso comprendere tutti i disegni di Dio perch esiste e vive il mondo, ma posso comprendere i disegni di Dio in questo mondo, quelli a cui partecipo con la mia vita. Ed essi consistono nella distruzione del disaccordo e della lotta fra gli uomini e le altre creature e allo stabilimento fra essi di una grande unione di concordia e di amore nella realizzazione di ci che hanno promesso i profeti ebrei allorch hanno detto: verr il tempo in cui tutti gli uomini conosceranno la verit, quando essi fonderanno le loro picche per fame delle falci, le loro sciabole per dei vomeri, e quando il leone si stender presso lagnello. Cos, un uomo di concezione cristiana non solo sa come bisogna agire nella vita, ma sa quel che deve fare. Egli deve fare ci che contribuisce alla fondazione del regno di Dio in questo mondo. Per questo luomo deve obbedire alle domande spirituali della volont di Dio, vale a dire agire verso gli altri, come vorrebbe che essi agissero verso di lui. Cos le domande interiori dellanima umana coincidono cori questo scopo esteriore della vita che posto innanzi a s. Malgrado unindicazione cos chiara e cos indiscutibile di ci in che consistono la ragione e lo scopo della vita umana e dei mezzi per luomo di soddisfarli, vengono degli uomini che si dicono cristiani e che decidono che in tale o tale caso, luomo devo allontanarsi dalla legge che gli ha dato Dio e dallo scopo della sua vita e agire contrariamente a questa legge, a questo scopo, perch, secondo la loro concezione, i risultati degli atti fatti secondo la legge data da Dio possono essere svantaggiosi e incomodi per gli uomini. [] Secondo gli uomini mondani e chiaroveggenti, come il compimento della legge ancora prematuro, luomo devo uccidere gli uomini e per questo, concorrere non allunione e allamore, ma allanimosit e allomicidio. come se un muratore, sapendo che egli partecipa con gli altri nella costruzione di una casa e avendo ricevuto dal maestro stesso delle indicazioni chiare e precise sulla

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  • maniera conte deve costruire il muro, ricevesse da un altro muratore come lui, che non sa di pi il piano generale della costruzione e ci che conviene, lordine di cessare il suo lavoro e di mettersi a distruggere quello degli altri. [] Egli prescrive d non portare lamore nel mondo, ma usare violenza, privare della libert, decapitare, assassinare, accendere lodio nel mondo quando lo trover necessario. Ed egli fa questo, sapendo che le crudelt le pi terribili, le torture, gli omicidi degli uomini per lInquisizione, per i supplizi terribili di ogni rivoluzione, fino ai delitti attuali degli anarchici, non hanno avuto luogo e non hanno luogo che perch gli uomini credono sapere ci che bisogna agli uomini e al mondo; non sapendo che a ogni momento dato vi son sempre due avversari, di cui ciascuno afferma che bisogna impiegare la violenza contro laltro: i Governi contro gli anarchici, gli anarchici contro i Governi; gli Inglesi contro gli Americani; gli Americani contro gli Inglesi; gli Inglesi contro i Tedeschi ecc., in tutte le combinazioni possibili. Ma ora che luomo, avendo acquistato con la logica sola la concezione cristiana della vita, veda chiaramente che non vi e per lui alcun motivo di allontanarsi dalla legge della sua vita, indicata chiaramente da Dio, per obbedire alle domande umane occasionali, mutevoli e spesso contraddittorie. Se tale uomo vive gi da qualche tempo la vita cristiana ed ha sviluppato in s il sentimento cristiano, non pi con la logica sola ma col cuore, gli assolutamente impossibile agire come vogliono da lui gli uomini allo stesso modo che impossibile a molti uomini del nostro mondo di fare soffrire, di uccidere un fanciullo bench questa azione possa salvare centinaia di altri uomini. Cos per un uomo che ha sviluppato in s e pel suo cuore, il sentimento cristiano, comincia limpossibilit di una serie di atti. Il cristiano forzato, per esempio, a far parte di un tribunale che pu condannare un uomo alla pena di morte, allestorsione dei beni, ai dibattimenti sulle dichiarazioni dei preparativi di guerra, senza parlare gi della guerra stessa, si trova nella situazione di un uomo buono forzato a torturare o assassinare un fanciullo. Egli non decide col ragionamento se non pu o non deve fare ci che si chiede da lui, perch per un uomo vi impossibilit morale di certi atti, come vi impossibilit fisica: allo stesso modo che impossibile a un uomo di sollevare una montagna impossibile a un uomo buono uccidere un fanciullo, e impossibile a un uomo che vive cristianamente di partecipare alla violenza. Quale senso possono dunque avere per un tale uomo le dissertazioni su ci che deve fare, e ci per un bene imaginario qualunque, se gli gi impossibile agire moralmente cos. Ma come deve agire un uomo quando gli evidentemente svantaggioso di seguire la legge damore e la legge d non-resistenza, che ne deriva? Come deve agire un uomo lesempio che si d sempre quando, sotto i suoi occhi, un brigante uccide o violenta un fanciullo, se non si pu salvare questo fanciullo che uccidendo il brigante? Si pensa ordinariamente che, con un simile esempio, la risposta non possa essere che questa: bisogna uccidere il brigante per salvare il fanciullo. [] Si pensa che necessario di uccidere, di assassinare per salvare il fanciullo, ma basta pensare a quali motivi obbedisce allora un uomo, sia egli cristiano o no, per convincersi che tale atto non pu avere alcuna base ragionevole e che lo si crede necessario solamente perch sono due mila anni che una simile maniera di agire considerata come giusta e che gli uomini sono stati abituati ad agire cos. Perch un uomo non cristiano, che non riconosce Dio e il senso della vita nel compimento della sua volont, uccider egli lassassino per difendere il fanciullo? Senza parlare gi che uccidendo lassassino, uccider certamente mentre che egli non sicuro, fino allultimo momento se lassassino uccider il fanciullo; senza parlare di questa ipotesi che ha deciso che la vita del fanciullo pi utile di quella dellomicida; se un uomo non cristiano, e non riconosce n Dio n il senso della vita nel compimento della sua volont, allora il calcolo solo pu determinare i suoi atti, vale a dire il pensiero di ci che il pi vantaggioso per lui e per gli uomini. questo la prolungazione della vita di un brigante o di quella di un fanciullo? Per decidere questa questione, deve sapere ci che sar il fanciullo che egli salver, e ci che diverr lassassino che egli uccide, se non lo uccider. per questo che se luomo non cristiano, non ha alcun motivo ragionevole per uccidere il brigante e salvare il fanciullo.

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  • Se un uomo cristiano e se riconosce Dio e il senso della vita nel compimento della sua volont, allora per quanto sia orribile lassassinio di cui possa essere vittima il pi innocente, il pi grazioso dei fanciulli, egli ha ancora meno motivo per fare al brigante, allontanandosi dalla legge che gli ha dato Dio, ci che il brigante vuol fare al fanciullo. Egli pu supplicarlo, pu mettere il suo corpo fra lui e il fanciullo ma vi una cosa che non pu fare: allontanarsi volontariamente dalla legge che gli ha dato Dio e il cui compimento forma il senso della sua vita. impossibilissimo che per la sua falsa educazione, per la sua animalit, luomo pagano o cristiano uccida lassassino, non solo per la difesa del fanciullo, ma per la sua propria o anche per difendere la sua borsa, ma ci non significa affatto che questo sia buono e che bisogni abituare s e gli altri a pensare e ad agire cos. Questo significa solo che malgrado leducazione intellettuale e il cristianesimo, le abitudini dellet della pietra sono ancora abbastanza forti nelluomo perch non faccia fare atti riprovati dalla sua coscienza. [] Questi esempi inventati e le conseguenze che ne derivano provano solamente che vi sono degli uomini che sanno che non bene rubare, mentire, uccidere, ma che non vogliono assolutamente cessare di fare ci e impiegano tutte le forze del loro spirito a giustificare questi atti. Non esiste regola morale a proposito della quale non si possa immaginare una situazione tale che sia difficile decidere che cosa sia pi morale: liberarsi dalla regola o adempierla? Questa la stessa cosa con la questione della non-resistenza al male con la violenza. Gli uomini sanno che ci male, ma essi vogliono talmente continuare a vivere per la violenza, che impiegano tutte le forze del loro spirito, non per distruggere tutto il male che stato causato e che causa laccettazione dalluomo del dritto di violenza sugli altri, ma per difendere questo dritto. Ma questi casi supposti, non provano affatto che le proibizioni di mentire, d rubare, di uccidere, siano ingiuste. Fa quel che devi, avvenga che pu; ci profondamente saggio. Ciascuno sa indiscutibilmente quel che deve fare, ma che cosa ne avverr, nessuno lo sa o pu saperlo. Ed per questo che noi siamo condotti a una stessa conclusione, non solo perch noi dobbiamo fare il nostro dovere, ma perch noi sappiamo ci che bisogna fare, e che non sappiamo niente affatto ci che avverr dai nostri atti. [] Nessuno ha mai visto lassassino imaginario e il fanciullo imaginario, ma tutti gli orrori di cui sono piene le storie e lattualit sono stati fatti e si fanno solo perch gli uomini si imaginano che essi possono conoscere le conseguenze degli atti che compiono. Da che proviene ci? Prima gli uomini vivevano di una vita animale: violentavano, uccidevano butti quelli che era loro vantaggioso di violentare o di uccidere, anche si divoravano fra loro e credevano ci bene. Poi venuto il tempo, e sono migliaia di anni, allepoca di Mos, quando apparsa la coscienza che un male violentarsi e uccidersi. Ma vi furono uomini, per cui la violenza era vantaggiosa; e non ammisero ci. Si sono convinti essi stessi e hanno convinto gli altri che uccidere o assassinare gli uomini non sempre un male, e che vi sono dei casi nei quali questo necessario utile ed anche buono; e le violenze e gli omicidi bench meno frequenti, continuano a prodursi, ma con questa sola differenza, che quelli che li commettevano si giustificavano con la loro utilit per gli uomini. questa giustificazione menzognera della violenza che Cristo ha denunziato. Egli ha mostrato che non bisogna credere ad alcuna giustificazione della violenza e non impiegarla sotto alcun pretesto, come era un tempo riconosciuto dallumanit, perch ogni violenza pu essere giustificata come avviene per esempio quando due nemici usano violenza luno verso laltro, tutti e due la credono legittima e non vi alcun mezzo di controllare la verit delluna o dellaltra giustificazione. Sembra che ogni uomo che professa il cristianesimo dovrebbe svelare questo inganno, perch in ci consiste una delle principali manifestazioni del cristianesimo Ma il contrario avvenuto. Gli uomini per cui questa violenza era vantaggiosa e che non volevano rinunciarvi, hanno accaparrata la propaganda esclusiva del cristianesimo ed insegnandolo, hanno affermato che in certi casi, lastensione dalla violenza era pi nociva del suo impiego, (lassassino imaginario che uccide un fanciullo imaginario) che si poteva allora non seguire esattamente la dottrina di Cristo sulla non-resistenza, e che era permesso allontanarsene per la difesa personale e di quella degli altri

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  • uomini, per la difesa della patria, per salvaguardare la societ dai pazzi e dai malfattori e ancora in molti altri casi. Lindicazione dei casi nei quali si pu abdicare la dottrina di Cristo stata confidata a quegli uomini che impiegavano la violenza. Cos la dottrina di Cristo sulla non-resistenza al male con la violenza era interamente ripudiata e quel che peggio, quelli stessi che Cristo ha denunziato, hanno cominciato a farsi credere profeti ed interpreti esclusivi della sua dottrina. [] da: Lettera a Ernest Howard Crosby, Presidente della Lega Anti-imperialistica di New York. * * * II. La disobbedienza civile Disobbedienza Civile di Henry David Thoreau Accetto di tutto cuore laffermazione, Il governo migliore quello che governa meno, e vorrei vederla messa in pratica pi rapidamente e sistematicamente. Se attuata, essa porta infine a questaltra affermazione, alla quale pure credo, Il miglior governo quello che non governa affatto, e quando gli uomini saranno pronti, sar proprio quello il tipo di governo che avranno. Il governo nellipotesi migliore solo un espediente; ma la maggior parte dei governi sono di solito espedienti inutili, e tutti i governi sono tali di quando in quando. Le obiezioni che sono state sollevate contro lesistenza di un esercito permanente, ed esse sono molte, sono consistenti e meriterebbero di prevalere, potrebbero essere sollevate anche contro lesistenza di un governo permanente. Lesercito permanente solo un braccio del governo permanente. Il governo stesso, che soltanto la forma nella quale il popolo ha scelto di esercitare la propria volont, allo stesso modo suscettibile di abusi e di deviazioni, prima ancora che il popolo possa agire mediante esso. [] Per parlare in modo pratico e da cittadino, a differenza di coloro che si definiscono anarchici io non chiedo che si abolisca immediatamente il governo, ma chiedo immediatamente un governo migliore. [] Non pu esistere un governo nel quale non siano le maggioranze a stabilire, virtualmente, il giusto e lingiusto, bens la coscienza? nel quale le maggioranze decidano soltanto le questioni alle quali sia possibile applicare la regola dellopportunit? Deve il cittadino anche se solo per un momento, od in minima parte affidare sempre la propria coscienza al legislatore? Perch allora ogni uomo ha una coscienza? Io penso che dovremmo essere prima uomini, e poi cittadini. Non desiderabile coltivare il rispetto della legge nella stessa misura nella quale si coltiva il giusto. Il solo obbligo che ho diritto di assumermi quello di fare sempre ci che ritengo giusto. [] La legge non ha mai reso gli uomini neppure poco pi giusti; ed anzi, a causa del rispetto della legge, perfino gli onesti sono quotidianamente trasformati in agenti dingiustizia. Un risultato comune e naturale del non dovuto rispetto per la legge il seguente, che potresti vedere una fila di soldati, colonnello, capitano, caporale, soldati semplici, trasportatori di esplosivi, tutti che marciano verso le guerre in bellordine, per monti e valli, contro la propria volont, ahim, contro il proprio buon senso e le proprie coscienze, cosa che rende la marcia molto faticosa, e che produce una palpitazione del cuore. Essi non hanno dubbi sul fatto dessere coinvolti in un maledetto pasticcio; sono tutti uomini danimo pacifico. E ora, cosa sono? Uomini? oppure fortini e depositi di armi ambulanti, al servizio di qualche potente senza scrupoli? Visitate larsenale, e prendete un marine, ecco luomo che il governo americano riesce a creare, ecco come pu ridurre un uomo con la sua magia nera una mera ombra, un vago ricordo dumanit, un uomo ancora vivo e gi, si potrebbe dire, sepolto sotto le armi con tanto di corteo funebre, []

    Piccola antologia sulla nonviolenza pag.6/23 /a cura di Fulvio C. MANARA

  • La massa degli uomini serve lo stato in questo modo, non come uomini soprattutto, bens come macchine, con i propri corpi. Essi formano lesercito permanente, e la milizia, i secondini, i poliziotti, [] ecc. Nella maggior parte dei casi non v alcun libero esercizio della facolt di giudizio o del senso morale; invece si mettono allo stesso livello del legno e della terra e delle pietre, e forse si possono fabbricare uomini di legno che serviranno altrettanto bene allo scopo. Uomini del genere non incutono maggior rispetto che se fossero di paglia o di sterco. Hanno lo stesso tipo di valore dei cavalli e dei cani. Tuttavia persino esseri simili sono comunemente stimati dei buoni cittadini. Altri, come la maggior parte dei legislatori, dei politici, degli avvocati, dei ministri del culto, e dei funzionari statali, servono lo Stato principalmente con le proprie teste; e, dato che raramente fanno delle distinzioni morali, sono pronti a servire nello stesso tempo il diavolo, pur senza volerlo, e Dio. Pochissimi, come gli eroi, i patrioti, i martiri, i riformatori in senso elevato, e gli uomini, servono lo Stato anche con la propria coscienza, e dunque per la maggior parte necessariamente gli si oppongono; e sono comunemente trattati da esso come nemici. [] Come deve comportarsi un uomo, oggi, nei confronti di questo governo americano? Io rispondo che non pu esservi associato senza che ci sia un disonore. Non mi possibile neppure per un momento riconoscere come il mio governo quellorganizzazione politica che sia anche un governo schiavista. Tutti gli uomini riconoscono il diritto alla rivoluzione, quindi il diritto di rifiutare lobbedienza, e dopporre resistenza al governo, quando la sua tirannia o la sua inefficienza siano grandi ed intollerabili. [] Quando un sesto della popolazione di una nazione che si impegnata ad essere il rifugio della libert formato da schiavi, ed un intero paese invaso e sottomesso ingiustamente da un esercito straniero, ed soggetto alla legge marziale, penso che non sia troppo presto per gli uomini onesti per ribellarsi e fare una rivoluzione. Ci che rende questo compito ancora pi urgente il fatto che il paese assoggettato non il nostro, ma nostro lesercito invasore. [] Siamo abituati a dire che la massa degli uomini impreparata; ma il cambiamento in meglio lento, in quanto i pochi non sono sostanzialmente pi saggi o migliori dei molti. Non tanto importante che molti siano buoni come te, quanto il fatto che esista da qualche parte qualcosa di buono in assoluto, poich questo influenzer lintera massa. Ci sono migliaia di persone che in teoria si oppongono alla schiavit ed alla guerra, ma che in pratica non fanno niente per porvi fine; persone che, considerandosi discendenti di Washington e di Franklin, se ne stanno sedute con le mani in tasca, e dicono di non sapere cosa fare, e che non fanno niente; che addirittura pospongono la questione della libert a quella del libero scambio, e leggono tranquillamente il listino-prezzi e le ultime notizie dal Messico dopo cena, e magari si addormentano su entrambi. Qual il prezzo corrente di un uomo onesto e di un patriota oggi? Esitano, e si rammaricano, e talvolta fanno petizioni; ma non fanno niente con seriet ed in maniera efficace. Aspetteranno, ben disposti, che altri pongano rimedio al male, cos da non doversene pi rammaricare. Al massimo, si limitano a dare un voto che costa loro poco, ed un debole incoraggiamento ed un Augurio al giusto, quando passa loro vicino. [] Pu darsi che io dia il mio voto in base a ci che considero giusto; ma non per me vitale che il giusto prevalga. Sono disponibile a lasciare ci alla maggioranza. Limpegno del voto, dunque, non va mai oltre quello della convenienza. Persino votare per il giusto un non fare niente per esso. Significa solo manifestare debolmente agli uomini il desiderio che il giusto debba prevalere. Un uomo saggio non lascer il giusto alla merc del caso, n desiderer che esso prevalga mediante il potere della maggioranza. C pochissima virt nellazione delle masse umane. Quando la maggioranza alla fine voter per labolizione della schiavit, sar perch la schiavit le indifferente, oppure perch sar rimasta ben poca schiavit da abolire con il proprio voto. Allora saranno loro gli unici schiavi. Solo il voto di colui che afferma con esso la propria libert pu affrettare labolizione della schiavit. [] Di fatto, non dovere di un individuo dedicarsi allestirpazione del male, anche del pi grande; giustamente, egli potrebbe avere altre faccende che lo occupano; ma suo dovere, almeno,

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  • tenersene fuori e, se non vi pensa oltre, non dargli il suo supporto praticamente. Se mi dedico ad altri scopi e progetti, dapprima devo almeno verificare che non li sto perseguendo stando seduto sulle spalle dun altro uomo. Prima di tutto devo scendere da l, affinch anchegli possa perseguire i suoi obiettivi. [] Le leggi ingiuste esistono: dobbiamo essere contenti di obbedirle, o dobbiamo tentare di emendarle, e di obbedirle fino a quando non avremo avuto successo, oppure dobbiamo trasgredirle da subito? Generalmente gli uomini, con un governo come questo, pensano che dovrebbero aspettare finch avranno persuaso la maggioranza a modificarle. Ritengono che, se opponessero resistenza, il rimedio sarebbe peggiore del male. Ma proprio colpa del governo se il rimedio peggiore del male. Lui lo rende peggiore. [] Se lingiustizia [] di una natura tale da richiedervi dessere lagente dellingiustizia nei confronti di un altro, allora, io dico, che sinfranga la legge. Lasciate che la vostra vita faccia da contro-attrito per fermare la macchina. Ci che devo fare accertarmi, in ogni caso, che non mi sto prestando al male che condanno. [] Non esito a dire che coloro i quali si definiscono abolizionisti dovrebbero immediatamente ritirare in modo effettivo il loro appoggio, sia di persona che in termini di propriet, al governo del Massachusetts, e non aspettare finch costituiranno la maggioranza per un voto, prima di lasciare che il giusto prevalga mediante loro. Penso che sia sufficiente che essi abbiano Dio dalla loro parte, senza aspettare nullaltro. [] Incontro questo governo americano, o il suo rappresentante, il governo statale, in modo diretto e faccia a faccia una volta allanno, non di pi, nella persona del suo esattore delle tasse; questo lunico modo nel quale un uomo nelle mie condizioni lo incontra per forza; ed esso allora dice chiaramente, Riconoscimi; e nellattuale stato di cose, il modo pi semplice, pi efficace, e assolutamente necessario di trattare con esso su questo punto, il modo di esprimere la vostra scarsa soddisfazione ed il vostro poco amore nei suoi confronti, dire di no in quel momento. [] So questo di sicuro, che se mille, se cento, se dieci uomini dei quali potrei fare i nomi, se solo dieci uomini onesti, s, se un uomo ONESTO, in questo Stato del Massachusetts, cessando di tenere schiavi, si ritirasse seriamente da questa associazione, e fosse per questo motivo rinchiuso nella prigione della contea, ci comporterebbe labolizione della schiavit in America. Perch non conta quanto esiguo linizio possa sembrare: ci che fatto bene una volta fatto per sempre. Ma preferiamo parlarne: diciamo che la nostra missione. La riforma ha molti giornali al proprio servizio, ma non un solo uomo. Se il mio stimato vicino, lambasciatore dello Stato, che dedicher i suoi giorni a definire la questione dei diritti umani in Camera di Consiglio, invece dessere minacciato dalle prigioni della Carolina fosse fatto prigioniero nel Massachusetts, questo stato cos ansioso di attribuire allo stato fratello il peccato della schiavit, bench al momento esso possa rivendicare solo un atto di inospitalit alla base della controversia con essa, lAssemblea Legislativa non rinvierebbe lintero argomento allinverno successivo. Sotto un governo che imprigiona chiunque ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto pure una prigione. Oggi il posto giusto, il solo posto che il Massachusetts abbia garantito ai suoi spiriti pi liberi e meno scoraggiati, nelle sue prigioni, lessere espulsi ed estromessi dallo Stato per volont della sua stessa legge, cos come essi si sono autoesclusi mediante i propri principi. l che lo schiavo in fuga, ed il prigioniero messicano rilasciato sulla parola, e lindiano giunto a denunciare le ingiustizie subite dalla sua razza, li troverebbero; su quel suolo separato ma pi libero ed onorevole, nel quale lo Stato pone coloro i quali non sono con lui, ma contro di lui, la sola dimora, in uno stato schiavista, nella quale un uomo libero possa abitare con onore. Se alcuni pensano che la loro influenza l andrebbe perduta, e che le loro voci non affliggerebbero pi lorecchio dello Stato, che tra quelle mura essi non sarebbero pi dei nemici, non sanno di quanto la verit sia pi forte dellerrore, n quanto pi eloquentemente ed efficacemente possa combattere lingiustizia colui che lha sperimentata un po sulla propria persona. [] Se lalternativa tenere tutti gli uomini giusti in prigione, oppure rinunciare alla guerra ed alla schiavit, lo Stato non avr esitazioni riguardo a cosa scegliere. Se mille uomini non pagassero questanno le tasse, ci non sarebbe una misura tanto

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  • violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle, e permettere allo Stato di commettere violenza e di versare del sangue innocente. Questa , di fatto, la definizione di una rivoluzione pacifica, se una simile rivoluzione possibile. [] Se un uomo libero nel pensiero, libero nella fantasia, libero nellimmaginazione, sicch ci che non non gli appare mai per molto tempo come ci che , i governanti o i riformatori stolti non possono ostacolarlo fatalmente.[] Il Nuovo Testamento, anche se forse non ho il diritto di dirlo, stato scritto da milleottocento anni; eppure, dov il legislatore che abbia sufficiente saggezza e capacit pratica da servirsi della luce che esso getta sulla scienza della legislazione? Lautorit del governo, per quanto io sia desideroso di sottomettermi ad essa, dato che ubbidir di buon grado a coloro i quali sappiano e possano fare meglio di me, ed in molte cose persino a coloro i quali non sappiano e non possano fare altrettanto bene, ancora impura: per essere pienamente giusta, deve avere lapprovazione ed il consenso dei governati. Esso non pu avere diritti assoluti sulla mia persona o propriet, al di fuori di quelli che io gli concedo. Il progresso da una monarchia assoluta ad una costituzionale, e da una monarchia costituzionale ad una democrazia, un progresso in direzione di un vero rispetto per lindividuo. Persino il filosofo cinese era sufficientemente saggio da considerare lindividuo come la base dellimpero. una democrazia, cos come noi la conosciamo, lultimo progresso possibile nel governo? Non possibile fare un passo avanti verso il riconoscimento e lorganizzazione dei diritti delluomo? Non vi sar mai uno Stato realmente libero ed illuminato, finch lo Stato non giunga a riconoscere lindividuo come un potere pi elevato ed indipendente, dal quale derivino tutto il suo potere e la sua autorit, e finch esso non lo tratti di conseguenza. Mi compiaccio di immaginare uno Stato che alla fine possa permettersi dessere giusto con tutti gli uomini, e di trattare lindividuo con rispetto come un vicino; uno Stato che inoltre non consideri in contrasto con la propria tranquillit il fatto che pochi vivano in disparte, senza immischiarsi nei suoi affari e senza lasciarsene sopraffare, individui che abbiano compiuto tutti i loro doveri di vicini e di esseri umani. Uno Stato che desse questo genere di frutto, e lo lasciasse cadere non appena fosse maturo, preparerebbe la strada ad uno Stato ancora pi perfetto e glorioso, che pure ho immaginato, ma che non ho ancora visto in nessun luogo. Da: Henry David Thoreau, Disobbedienza civile, Milano, SE, 1992. Di H. D. Thoreau notissimo il Walden, riedito recentemente da Frassinelli; ma v. anche Camminare, Milano, SE, e Vita senza principi, Milano, La Vita Felice, 1996. * * * III. Nonviolenza e Satyagraha La dottrina della spada di Mohandas Karamchand Gandhi In questa era del dominio della forza bruta, pressoch impossibile per alcuno credere che qualcun altro possa proprio respingere la legge della supremazia finale della forza bruta. E cos ricevo lettere anonime che mi ammoniscono di non interferire con levoluzione della non-cooperazione anche se pu finire per esplodere la violenza popolare. Altri vengono da me e, presumendo che io segretamente congiuri per la violenza, chiedono quando verr il momento in cui arrivi la dichiarazione di aperta violenza. Essi mi assicurano che gli inglesi non si arrenderanno a niente se non alla violenza, aperta o segreta. Del resto altri, mi informano, credono che io sia la persona pi briccona che vive in India perch non esterno mai la mia vera intenzione e non hanno la minima ombra di dubbio che io creda nella violenza come fa la maggior parte della gente.

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  • Dato che cos forte la presa che la dottrina della spada ha sulla maggioranza del genere umano, e dato che il successo della non-cooperazione dipende principalmente dallassenza della violenza durante il suo svolgimento, e visto che il mio punto di vista in questo frangente condiziona la condotta di un gran numero di persone, sono ansioso di precisarlo nello modo pi chiaro possibile. Credo che ove la scelta sia unicamente fra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza. In questo modo, quando il mio figlio maggiore mi chiese che cosa avrebbe dovuto fare se fosse stato presente quando venni aggredito quasi mortalmente nel 1908, se avrebbe dovuto fuggire e vedermi ucciso oppure avrebbe dovuto usare la sua forza fisica, che poteva e voleva usare, e difendermi, gli dissi che sarebbe stato suo dovere difendermi anche facendo ricorso alla violenza. Cos ho preso parte alla guerra contro i boeri, alla cosiddetta ribellione degli Zul e allultima guerra. Cos pure consiglio laddestramento nelle armi per coloro che credono nel metodo della violenza. Preferirei che lIndia facesse ricorso alle armi per difendere il suo onore piuttosto che essa diventasse o rimanesse in maniera codarda una testimone impotente del suo stesso disonore. In ogni modo io sono convinto che la nonviolenza sia infinitamente superiore alla violenza, e che il perdono sia molto pi virile della punizione. Kshama virasya bhushanam. Il perdono nobilita il soldato. Ma lastinenza perdono solo quando c il potere di punire; senza significato quando pretende di emanare da una creatura impotente. Un topo difficilmente perdona a un gatto mentre questi lo fa a pezzi. Io, perci, apprezzo il sentimento di coloro che reclamano una adeguata punizione del generale Dyer e della sua categoria. Queste persone lo farebbero a pezzi, se potessero. Ma non credo che lIndia sia impotente. Non credo che io stesso sia una creatura impotente. Voglio solo usare la forza dellIndia e la mia per uno scopo migliore. Non voglio essere frainteso. La forza non deriva dalla capacit fisica. Viene da una volont indomabile. Un qualsiasi Zul non sicuramente da meno di un qualsiasi inglese quanto a capacit fisica. Ma egli fugge anche di fronte ad un ragazzino inglese, perch teme la pistola del ragazzo o di quelli che la userebbero per lui. Egli teme la morte ed debole nonostante la sua corpulenta figura. Noi in India possiamo renderci conto che un centinaio di migliaia di inglesi non possono spaventare trecento milioni di esseri umani. Un chiaro perdono potrebbe perci significare un chiaro riconoscimento della nostra forza. Con un illuminato perdono verr anche una potente ondata di forza in noi, che renderebbe impossibile a un Dyer o a un Frank Johnson di accumulare insulti sulla testa leale dellIndia. Mi importa poco, per il momento, se non porto a casa un punto. Ci sentiamo troppo calpestati per non essere adirati e vendicativi. Ma non posso fare a meno dal dire che lIndia pu ottenere di pi rinunciando al diritto di punire. Abbiamo un lavoro migliore da fare, una missione migliore da svolgere nel mondo. Non sono un visionario. Sostengo di essere un idealista pratico. La religione della nonviolenza non concepita soltanto per i rishis e i santi. Essa concepita anche per la gente comune. La nonviolenza la legge della nostra specie come la violenza la legge dei bruti. Lo spirito nel bruto addormentato, ed egli non conosce altra legge che la forza fisica. La dignit delluomo richiede lobbedienza ad una legge pi elevata, alla forza dello spirito. Mi sono perci avventurato nel proporre allIndia lantica legge dellauto-sacrificio. Perch il satyagraha, e ci che da esso consegue, la non-collaborazione e la resistenza civile, non sono altro che nuovi nomi per la legge della sofferenza. I rishis che scoprirono la legge della nonviolenza nel bel mezzo della violenza furono geni pi grandi di Newton. Ed essi furono anche guerrieri pi grandi di Wellington. Avendo conosciuto essi stessi luso delle armi, si resero conto della sua inutilit e insegnarono ad un mondo esausto che la sua salvezza non si trova nella violenza ma nella nonviolenza. La nonviolenza nella sua dimensione dinamica significa sofferenza cosciente. Essa non significa docile sottomissione alla volont del malvagio, ma significa limpiego di tutte le forze dellanima contro la volont del tiranno. Agendo secondo questa legge del nostro essere, possibile per un singolo individuo sfidare lintera potenza di un impero ingiusto per salvare il suo onore, la sua religione, la sua anima e creare le premesse per la caduta di questo impero o la sua rigenerazione.

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  • Quindi io non sostengo che lIndia pratichi la nonviolenza perch debole. Voglio che essa pratichi la nonviolenza essendo consapevole della sua forza e del suo potere. Nessun addestramento nelle armi le richiesto per prendere coscienza della propria forza. Ci sembra di averne bisogno perch ci sembra di pensare che non siamo nientaltro che un ammasso di carne. Voglio che lIndia riconosca di avere unanima che non pu perire e che pu alzarsi trionfante sopra qualsiasi debolezza fisica e sfidare lunione fisica di un mondo intero. Che cosa significa che Rama, un semplice essere umano, con il suo stuolo di scimmie, si getti contro la forza insolente di Ravana, dalle dieci teste, apparentemente sicuro, circondato da tutti i lati dalle acque vorticose del Lanka? Non significa forse la conquista della forza fisica da parte di quella spirituale? In ogni caso, essendo un uomo pratico, non aspetto fino al momento in cui lIndia riconosca la praticabilit della vita spirituale nel mondo politico. LIndia si considera impotente e paralizzata di fronte alle mitragliatrici, ai carri armati ed agli aeroplani degli inglesi. E pratica la non-collaborazione come conseguenza della sua debolezza. Giunger comunque allo stesso obiettivo, ossia, portare alla liberazione dallo schiacciante peso dellingiustizia britannica, se un numero sufficiente di persone la metteranno in pratica. La non-collaborazione, come io la concepisco, non pu essere condotta fianco a fianco alla violenza. Io invito piuttosto anche i sostenitori della violenza a tentare questa pacifica non-collaborazione. Essa non fallir per una sua intrinseca debolezza; al contrario potr fallire se ad essa si avranno scarse adesioni. E tale fallimento sar causa di un grave pericolo. Gli uomini nobili danimo che non sono in grado di sopportare pi a lungo lumiliazione della nazione, vorranno sfogare la loro rabbia. E questo condurr alla violenza. Per quanto ne so, moriranno senza riuscire a liberare se stessi e il loro paese dallingiustizia. Se lIndia la dottrina della spada, potr giungere ad una vittoria momentanea. Ma allora lIndia cesser di essere lorgoglio del mio cuore. Io sono devoto allIndia perch devo tutto ad essa. Credo fermamente che essa abbia una missione da compiere nel mondo. Essa non deve imitare ciecamente lEuropa. Se lIndia accetter la dottrina della spada, in quel momento sar anche lora del mio giudizio. Spero di non essere trovato colpevole. La mia religione non ha limiti geografici. Se ho una fede viva in essa, questo trascender il mio stesso amore per lIndia. La mia vita dedicata al servizio dellIndia mediante la religione della nonviolenza, che credo sia la radice dellInduismo. Nello stesso tempo invito coloro che non hanno fiducia in me a non disturbare minimamente il lavoro della lotta che appena stata intrapresa, incitando alla violenza credendo che anchio voglia altrettanto. Detesto il segreto come un peccato. Che essi lascino una possibilit di sperimentazione alla non-cooperazione nonviolenta, e si renderanno conto che non ho alcuna riserva mentale, quale che sia. Young India, 11-8-1920 da: Collected Works of Mahatma Gandhi, Government of India-Ministry of Publication and Broadcasting, The Publications Division, vol. XVIII, pp.131-34, tr. it. di F.C. Manara Differenza tra satyagraha e resistenza passiva. Significato del termine satyagraha. M. K. Gandhi Negli ultimi trenta anni ho predicato e praticato il satyagraha. Sono giunto alla conclusione che i principi del satyagraha costituiscono unevoluzione graduale. Il termine satyagraha stato coniato da me in Sud Africa per definire la forza che in quel paese gli indiani utilizzarono per ben otto anni, e fu coniato con lo scopo di distinguere tale forza dal movimento che allora si andava sviluppando in Inghilterra e in Sud Africa con il nome di Resistenza Passiva. Il suo significato profondo ladesione alla verit, e dunque la forza della verit. Lo ho definito anche forza dellamore o forza dellanima. Nellapplicazione del satyagraha ho scoperto fin dai primi momenti che la ricerca della verit non ammette luso della violenza contro lavversario, ma

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  • che questo deve essere distolto dallerrore con la pazienza e la comprensione. Infatti ci che sembra la verit ad uno pu sembrare un errore ad un altro. E pazienza significa disposizione a soffrire. Dunque il senso della dottrina la difesa della verit attuata non infliggendo sofferenze allavversario ma a se stessi. Ma in campo politico la lotta per il bene del popolo consiste soprattutto nellopporsi allerrore nella forma delle leggi ingiuste. Quando non si riusciti a convincere il legislatore dellerrore attraverso petizioni e cose del genere, lunica strada che rimane aperta, se non ci si vuole sottomettere allingiustizia, di costringerlo a cedere con la forza o di soffrire nella propria persona esponendosi alla punizione per la violazione della legge. Per questo satyagraha per la maggior parte della gente significa Disobbedienza Civile o Resistenza Civile. civile perch non criminale. Il criminale viola la legge furtivamente, e cerca di evitare la punizione; del tutto differente invece il comportamento di colui che pratica la resistenza civile. Questo obbedisce sempre alle leggi dello stato cui appartiene, non per paura delle punizioni ma perch le considera utili al benessere della societ. Ma si verificano alcuni casi, generalmente rari, in cui egli considera alcune leggi ingiuste e lobbedienza ad esse un disonore. Egli dunque apertamente e civilmente viola queste leggi e sopporta con pazienza la punizione che gli viene inflitta per tale violazione. E per manifestare la sua protesta contro lazione dei legislatori egli pu rifiutare la sua collaborazione allo stato, disobbedendo anche ad altre leggi la cui violazione non implica un comportamento immorale. A mio parere la bellezza e lefficacia del satyagraha sono grandiose, e la dottrina cos semplice da poter essere insegnata anche ad un bambino. In Sud Africa lho predicata a migliaia di uomini, donne e bambini indiani, con eccellenti risultati. (Young India, 14 gennaio 1920). da: M: K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Torino, Einaudi, 1973, pp.14-16. * * * Il metodo nonviolento di Aldo Capitini In questi ultimi tempi si fatto qualche progresso in Italia nel campo che esamineremo, oltre che per il numero delle persone interessate, anche perch si cominciato a scrivere nonviolenza in una sola parola, sicch si attenuato il significato negativo che cera nello scrivere non staccato da violenza, per cui qualcuno poteva domandare: va bene, togliamo la violenza, ma non c altro?" Se si scrive in una sola parola, si prepara linterpretazione della nonviolenza come di qualche cosa di organico, e dunque, come vedremo, di positivo. Un altro progresso sta nelluso ormai frequente di concretare la parola nonviolenza nellespressione metodo nonviolento. Dice il Kilpatrick a proposito del metodo nellinsegnamento1: Il problema del metodo in senso largo riguarda il modo in cui dobbiamo comportarci, in cui dobbiamo dirigere la classe, i ragazzi ed ogni cosa che li concerne, in modo che da tutto questo essi abbiano assicurato il maggiore e migliore sviluppo possibile. Ci piaccia o no, ne siamo o no consapevoli, gli apprendimenti si verificheranno sempre tutti assieme. appunto di questo insieme, di questa combinazione che noi portiamo la responsabilit. Il problema in senso stretto riguarda uno o pi aspetti particolari, presi separatamente; il problema in senso largo riguarda linsieme, il tutto. Questa idea di un metodo per la nonviolenza importante, perch presenta laspetto di un insieme che comprenda atteggiamenti vari delluno o dellaltro; e presenta anche la necessit di una certa disciplina, di un certo ordine nella messa in pratica delle tecniche della nonviolenza, che sono i 1 W. Heard Kilpatrick, I fondamenti del metodo, La Nuova Italia, Firenze, 1962, p.106

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  • modi nei quali essa possa essere attuata, tenendo conto delle situazioni, dei problemi, degli scopi relativi a determinate circostanze. Bisogna tuttavia far subito due osservazioni preliminari: che la raccolta organica delle tecniche in un "metodo non vuoi dire affatto che sia escluso lapporto di nuove ideazioni, di esempi e proposte di modi non pensati prima. Il metodo una presa di coscienza ed una sistemazione indubbiamente utile dal punto di vista teorico e anche dal punto di vista educativo e pratico, proprio in determinate situazioni. Laltra osservazione, prossima alla prima, che la cosa fondamentale non la conoscenza dei metodo come il possesso di uno strumento, ma ci che nellanimo, cio lapertura allo spirito della nonviolenza. Dice Ges Cristo ai suoi apostoli, appunto per toglier loro la sollecitudine sulle cose da dire quando saranno presi dai tribunali e condotti davanti a governatori e re2: Quando vi metteranno nelle loro mani, non siate ansiosi del come parlerete o di quel che avrete a dire; perch in quel momento stesso vi sar dato quel che avrete a dire. Poich non siete voi quelli che parlate, ma parla in voi lo Spirito dei Padre vostro. Quando la studiosa americana Bondurant, autrice di libri fondamentali sul metodo foggiato da Gandhi e chiamato satyagraha, ebbe con lui un breve colloquio in India nel 1946, Gandhi le disse3: Ma il swyagraha non un soggetto di ricerca - voi dovete farne esperienza, usarlo, vivere in esso. I fini e i mezzi - Questo richiamo al primato della pratica diretta - comune a tutti coloro che vedono il mondo come qualcosa da cambiare - assume un valore particolare per il metodo nonviolento, a causa della coincidenza che in esso c dei mezzi e dei fini. Nella grossa questione del rapporto tra il mezzo e il fine, la nonviolenza porta il suo contributo in quanto indica che il fine dellamore non pu realizzarsi che attraverso lamore, il fine dellonest con mezzi onesti, il fine della pace non attraverso la vecchia legge di effetto tanto instabile Se vuoi la pace, prepara la guerra, ma attraverso unaltra legge: Durante la pace, prepara la pace. Non si insister mai abbastanza, specialmente in presenza di mentalit superficialmente legalistiche, farisaiche, intimamente indifferenti, che la nonviolenza affidata al continuo impegno pratico, alla creativit, al fare qualche cosa, se non si pu far tutto, perch ogni giorno si faccia qualche passo in avanti. La nonviolenza affidata ad un metodo che aperto in quanto accoglie e perfeziona sempre i suoi modi, ed sperimentale perch saggia le circostanze determinate di una situazione. E siccome la nonviolenza nella sua espressione positiva apertura allesistenza, alla libert, allo sviluppo, di ogni essere, e nella sua espressione negativa proposito di non distruggere gli esseri, di non offenderli, non torturarli n sopprimerli, chiaro che un metodo cos ispirato dia il massimo rilievo ai mezzi. Dice Gandhi4: Si dice i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io vorrei dire i mezzi in fin dei conti sono tutto. Quali i mezzi, tale il fine. Il Creatore infatti ci ha dato autorit (e anche questa molto limitata) sui mezzi, non sul fine [ ... ] La vostra convinzione che non vi sia rapporto tra mezzi e fine, un grande errore. Per via di questo errore, anche persone che sono state considerate religiose hanno commesso crudeli delitti. Il vostro ragionamento equivale a dire che si pu ottenere una rosa piantando unerba nociva [ ... 1 Il mezzo pu essere paragonato a un seme, il fine a un albero; e tra il mezzo e il fine vi appunto la stessa inviolabile relazione che vi tra il seme e lalbero. Lattenzione che Gandhi spinge cos a portare sui mezzi che si usano, si connette evidentemente con le ricerche indirizzate, nel campo morale, a considerare gli esseri razionali come fini e non come mezzi. Si connette anche con illuminanti osservazioni del Dewey sul fatto che, prima di dire che ogni mezzo usabile, bisogna pur considerare il costo dei mezzi, le conseguenze del loro uso5: noi dobbiamo includervi con imparzialit tutte le conseguenze. Anche ammettendo che una certa menzogna salver unanima umana, qualunque cosa ci possa significare, sar ancora vero che la

    2 Matteo, X, 19-20 3 J. V. Bondurant, Conquest of violence, p. 146. 4 Gandhi, Antiche come le montagne, Comunit Milano, 1963, pp. 137-138. 5 Dewey, Natura e condotta delluomo, La Nuova Italia, Firenze, 1958, p. 253.

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  • menzogna avr altre conseguenze, cio le solite conseguenze che derivano dal corrompere la buona fede e che portano alla condanna della menzogna. A un ostinata follia il volersi fissare sopra un qualche singolo fine o conseguenza che piaccia e permettere che ci ci faccia perdere di vista la percezione di tutte le altre conseguenze non desiderate e non desiderabili. Ma la concezione gandhiana va ancora pi in l dei richiamo del Dewey alla considerazione della gravit, nelluso di certi mezzi, che pu essere sproporzionata allacquisto di un fine: per Gandhi i mezzi sono pi che strumentali, sono creativi, costruttivi gi per se stessi. E si potrebbe svolgere questa idea mostrando limportanza che ha oggi il persuaderci del valore sommo che sta acquistando il principio di apertura al, esistenza, libert, sviluppo di ogni essere. Se un tempo lo schiavo acquist valore di persona, tale da non essere pi possibile di considerarlo giuridicamente come cosa, come mezzo; si pu ben dire che oggi un ulteriore sviluppo storico pu acquistare il principio che mai una esistenza, - umana per lo meno -, possa essere considerata pi come mezzo. Il fatto che la violenza, cio il metodo della distruzione degli avversari, potrebbe oggi arrivare alla distruzione atomica della vita sulla terra; il fatto anche del continuo allargarsi degli orizzonti attuali a comprendere la realt di tutti, sono indubbiamente sollecitazioni alla tensione nonviolenta considerata come primaria e universale. da: Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Milano, Feltrinelli, pp. 9-14. Di A. Capitini si v. anche Scritti sulla nonviolenza, Perugia, Protagon, 1992. * * * Io ho un sogno di Martin Luther King Oggi sono felice di essere con voi in quella che nella storia sar ricordata come la pi grande manifestazione per la libert nella storia del nostro paese. Un secolo fa, un grande americano, che oggi getta su di noi la sua ombra simbolica, firm il Proclama dellEmancipazione. Si trattava di una legge epocale, che accese un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri, marchiati dal fuoco di una bruciante ingiustizia. Il proclama giunse come unaurora di gioia, che metteva fine alla lunga notte della loro cattivit. Ma oggi, e sono passati cento anni, i negri non sono ancora liberi. Sono passati cento anni, e la vita dei negri ancora paralizzata dalle pastoie della segregazione e dalle catene della discriminazione. Sono passati cento anni, e i negri vivono in unisola solitaria di povert, in mezzo a un immenso oceano di benessere materiale. Sono passati cento anni, e i negri ancora languiscono negli angoli della societ americana, si ritrovano esuli nella propria terra. Quindi oggi siamo venuti qui per tratteggiare a tinte forti una situazione vergognosa. In un certo senso, siamo venuti nella capitale del nostro paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della nostra repubblica hanno scritto le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione di indipendenza, hanno firmato un pagher di cui ciascun americano era destinato a ereditare la titolarit. Il pagher conteneva la promessa che a tutti gli uomini, s, ai neri come ai bianchi, sarebbero stati garantiti questi diritti inalienabili: Vita, Libert e ricerca della Felicit. Oggi appare evidente che per quanto riguarda i cittadini americani di colore, lAmerica ha mancato di onorare il suo impegno debitorio. Invece di adempiere a questo sacro dovere, lAmerica ha dato al popolo negro un assegno a vuoto, un assegno che tornato indietro, con la scritta copertura insufficiente. Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia sia in fallimento. Ci rifiutiamo di credere che nei grandi caveau di opportunit di questo paese non vi siano fondi sufficienti. E quindi siamo venuti a incassarlo, questo assegno, lassegno che offre, a chi le richiede, la ricchezza della libert e la garanzia della giustizia.

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  • Siamo venuti in questo luogo consacrato anche per ricordare allAmerica linfuocata urgenza delloggi. Questora non fatta per abbandonarsi al lusso di prendersela calma o di assumere la droga tranquillante del gradualismo. Adesso il momento di tradurre in realt le promesse della democrazia. Adesso il momento di risollevarci dalla valle buia e desolata della segregazione fino al sentiero soleggiato della giustizia razziale. Adesso il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dellingiustizia razziale per collocarla sulla roccia compatta della fraternit. Adesso il momento di tradurre la giustizia in una realt per tutti i figli di Dio. Se la nazione non cogliesse lurgenza del presente, le conseguenze sarebbero funeste. Lafosa estate della legittima insoddisfazione dei negri non finir finch non saremo entrati nel frizzante autunno della libert e delluguaglianza. Il 1963 non un fine, un principio. Se la nazione torner allordinaria amministrazione come se niente fosse accaduto, chi sperava che i negri avessero solo bisogno di sfogarsi un po e poi se ne sarebbero rimasti tranquilli rischia di avere una brutta sorpresa. In America non ci sar n riposo n pace finch i negri non vedranno garantiti i loro diritti di cittadinanza. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione finch non spunter il giorno luminoso della giustizia. Ma c qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una soglia rischiosa, alle porte del palazzo della giustizia: durante il processo che ci porter a ottenere il posto che ci spetta di diritto, non dobbiamo commettere torti. Non cerchiamo di placare la sete di libert bevendo alla coppa del rancore e dellodio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di dignit e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e ancora, dobbiamo innalzarci fino alle vette maestose in cui la forza fisica sincontra con la forza dellanima. Il nuovo e meraviglioso clima di combattivit di cui oggi impregnata lintera comunit negra non deve indurci a diffidare di tutti i bianchi, perch molti nostri fratelli bianchi, come attesta oggi la loro presenza qui, hanno capito che il loro destino legato al nostro. Hanno capito che la loro libert si lega con un nodo inestricabile alla nostra. Non possiamo camminare da soli. E mentre camminiamo, dobbiamo impegnarci con un giuramento: di proseguire sempre avanti. Non possiamo voltarci indietro. C chi domanda ai devoti dei diritti civili: Quando sarete soddisfatti?. Non potremo mai essere soddisfatti, finch i negri continueranno a subire gli indescrivibili orrori della brutalit poliziesca. Non potremo mai essere soddisfatti, finch non riusciremo a trovare alloggio nei motel delle autostrade e negli alberghi delle citt, per dare riposo al nostro corpo affaticato dal viaggio. Non potremo mai essere soddisfatti, finch tutta la facolt di movimento dei negri rester limitata alla possibilit di trasferirsi da un piccolo ghetto a uno pi grande. Non potremo mai essere soddisfatti, finch i nostri figli continueranno a essere spogliati dellidentit e derubati della dignit dai cartelli su cui sta scritto Riservato ai bianchi. Non potremo mai essere soddisfatti, finch i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere niente per cui votare. No, no, non siamo soddisfatti e non saremo mai soddisfatti, finch la giustizia non scorrer come lacqua, e la rettitudine come un fiume in piena. Io non dimentico che alcuni fra voi sono venuti qui dopo grandi prove e tribolazioni. Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di prigione. Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la libert sono stati colpiti dalle tempeste della persecuzione e travolti dai venti della brutalit poliziesca. Siete i reduci della sofferenza creativa. Continuate il vostro lavoro, nella fede che la sofferenza immeritata ha per frutto la redenzione. Tornate nel Mississippi, tornate nellAlabama, tornate nella Carolina del Sud, tornate in Georgia, tornate in Louisiana, tornate alle baraccopoli e ai ghetti delle nostre citt del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione pu cambiare e cambier. Non indugiamo nella valle della disperazione. Oggi, amici miei, vi dico: anche se dobbiamo affrontare le difficolt di oggi e di domani, io continuo ad avere un sogno. E un sogno che ha radici profonde nel sogno americano.

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  • Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorger e vivr il significato vero del suo credo: noi riteniamo queste verit evidenti di per s, che tutti gli uomini sono creati uguali. Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternit. Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce il caldo afoso dellingiustizia, il caldo afoso delloppressione, si trasformer in unoasi di libert e di giustizia. Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per lessenza della loro personalit. Oggi ho un sogno! Ho un sogno, che un giorno, laggi nellAlabama, dove i razzisti sono pi che mai accaniti, dove il governatore non parla daltro che di potere di compromesso interlocutorio e di nullification delle leggi federali, un giorno, proprio l nellAlabama, i bambini neri e le bambine nere potranno prendere per mano bambini bianchi e bambine bianche, come fratelli e sorelle. Oggi ho un sogno! Ho un sogno, che un giorno ogni valle sar innalzata, ogni monte e ogni collina saranno abbassati, i luoghi scoscesi diventeranno piani, e i luoghi tortuosi diventeranno diritti, e la gloria del Signore sar rivelata, e tutte le creature la vedranno insieme. Questa la nostra speranza. Questa la fede che porter con me tornando nel Sud. Con questa fede potremo cavare dalla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede potremo trasformare le stridenti discordanze della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fraternit. Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme, andare in prigione insieme, schierarci insieme per la libert, sapendo che un giorno saremo liberi. Quel giorno verr, quel giorno verr quando tutti i figli di Dio potranno cantare con un significato nuovo: Patria mia, di te, dolce terra di libert, di te che io canto. Terra dove sono morti i miei padri, terra dellorgoglio dei Pellegrini, da ogni vetta riecheggi libert!. E se lAmerica vuol essere una grande nazione, bisogna che questo diventi vero. [] E quando questo avverr, quando faremo riecheggiare la libert, quando la lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paesino, da ogni stato e da ogni citt, saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno prendersi per mano e cantare le parole dellantico inno: Liberi finalmente, liberi finalmente. Grazie a Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente. Martin Luther King, Discorso tenuto durante la Marcia su Washington per lOccupazione e la Libert, Washington (D.C.), 28 agosto 1963, da: M.L. King, I Have a dream. Lautobiografia del profeta delluguaglianza, Milano, Mondadori, 2000, pp. 226-230. Di M.L. King si veda anche La forza di amare, Torino, SEI, 2002 * * * Nonviolenza: la leva della conversione di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto

    Il Vangelo la Magna Carta della Nonviolenza occidentale: Beati i mansueti perch possederanno la terra .... Amate i vostri nemici, benedite quelli che vi maledicono.... , Se ti danno uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgi la sinistra. Se ti tolgono il mantello, tu da anche la tunica. Rimetti, Pietro, la spada nel fodero: chi di spada ferisce di spada perisce.... Ecco gli articoli della Carta, nel loro testo integrale, cos come sono stati dati, senza spiegazioni, perch cos sono sufficienti per quelli che hanno orecchi per intendere senza altro commento che quello dei fatti e dei gesti, e soprattutto di quello supremo: la Passione.

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  • Il cristiano che rifiuta, trascura, dimentica linsegnamento della Nonviolenza, toglie al- fuoco che Ges e venuto a spargere sulla terra la sua fiamma, toglie la punta alla spada che egli ha portato, toglie il sapore al sale. E che vuole dire amare il nemico? Dirgli: Ti voglio bene, ti voglio bene, vien qua che ti bacio. Che vuol dire amare il nemico? Fantasticare di lui sul giaciglio come la fidanzata del fidanzato? Ma che vuol dire amare il nemico? Mandargli un mazzolin di fiori, una scatola di cioccolatini? Amare qualcuno, volergli bene e farglielo. Il primo bene da fare al nemico di liberarlo del suo male: lodio. Ma carit ben ordinata incomincia da se stessi, bisogna liberarsi da ogni cattiveria nei suoi confronti. Il che richiede un gran coraggio di amore, un rivolgimento e uno strappo interiore, perch noi amiamo i nostri odii tanto quanto i nostri amori, e qualche volta di pi, e siamo attaccati ai nostri rancori quanto al nostri piaceri. Ma che ricompensa quando, alla fine delle loro pene, gli antichi nemici si stringono le mani e si guardano tra le lacrime! Io credo che n lamore degli amanti, n lamicizia degli amici danno unemozione cos profonda, cos forte e cos fine. Dove colpire il nemico? E dove? alla testa? no. Al ventre no. Ma allora dove? Al centro: alla coscienza. Eccoci al cuore dellargomento: la conversione dellavversario, questo il vero fine della nonviolenza. Il fine e non il mezzo per raggiungere lo scopo che ci si era proposti, per quanto buono, utile e giusto. La conversione del nemico in amico, del cattivo in giusto, del tiranno in dirigente equo e generoso, questo il vero fine, mentre lo scopo che ci si proponeva di raggiungere (riparazione delle offese e dei danni, libert, salvaguardia, pace) sar il risultato e una delle conseguenze della concordia ottenuta. Ma se si cerca laccordo e si ottiene la benevolenza dellavversario, soltanto come un mezzo per ottenere i nostri fini, allora si tratta di abilit il che merita i complimenti non di Nonviolenza. Ottenere quello che vogliamo dallavversario, non perch egli concorda con noi, ma perch teme lo scandalo per esempio, o perch lo molestiamo troppo, non e nonviolenza, ma quello che si chiama ricatto. Il ricatto pi ignobile e la speculazione sulla piet, sullo scrupolo religioso, sul senso del dovere e sugli altri buoni sentimenti dellavversario, e linnamorato geloso che punta la pistola sulla sua amante un ingenuo davanti a quello che la minaccia di lasciarsi morire. Il nonviolento da che si riconosce? Perch amabile a mite? Perch dice sempre s, si? No, eh! Dalla sua pazienza, dalla sua imperturbabile calma? No, perch non basta per essere nonviolenti di non essere violenti. nonviolento chi mira alla coscienza. E se per colpire la coscienza del furioso solo la calma utile, il nonviolento lo stupir con la sua umile serenit sotto gli insulti; e se per scuotere gli inerti vanno meglio le grida, le ingiurie e i colpi, trover il coraggio della collera. Il nonviolento e capace di provocazione, qualora lavversario consideri il suo rispetto una lusinga e unabilit. capace di aggredire. Proprio quando non difensiva la nonviolenza pi legittima e pi pura. Il nonviolento premedita il suo attacco e si mette in strada, prende il treno e la nave per recarsi nel luogo dove si compie latrocit o labuso, e per portare testimonianza ed elevare la sua protesta, crea lincidente e lo scandalo. Il nemico lo si serve, lo si onora, lo si salva combattendolo. E il combattimento lo si spinge fino alla fine che non la vittoria, non il bottino: la Riconciliazione. da: G. G. Lanza del Vasto, Lezioni di vita, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia, pp.104-108. Di G. G. Lanza del Vasto si v. anche Che cos la non violenza, Milano, Jaca Book, 1990.

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  • IV. LObiezione di Coscienza, il senso politico e lamore costruttivo per la legge Il motivo profondo che cos la scuola A questo punto mi occorre spiegare il problema di fondo di ogni vera scuola. E siamo giunti, io penso, alla chiave di questo processo perch io maestro sono accusato di apologia di reato cio di scuola cattiva. Bisogner dunque accordarci su ci che scuola buona. arte delicata La scuola diversa dallaula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ci che legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. larte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalit (e in questo somiglia alla vostra funzione), dallaltro la volont di leggi migliori cio il senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione). il giudice La tragedia del vostro mestiere di giudici che sapete di dover giudicare con leggi che ancora non son tutte giuste. Son vivi in Italia dei magistrati che in passato han dovuto perfino sentenziare condanne a morte. Se tutti oggi inorridiamo a questo pensiero dobbiamo ringraziare quei maestri che ci aiutarono a progredire, insegnandoci a criticare la legge che allora vigeva. Ecco perch, in un certo senso, la scuola fuori del vostro ordinamento giuridico. il ragazzo Il ragazzo non ancora penalmente imputabile e non esercita ancora diritti sovrani, deve solo prepararsi a esercitarli domani ed perci da un lato nostro inferiore perch deve obbedirci e noi rispondiamo di lui, dallaltro nostro superiore perch decreter domani leggi migliori delle nostre. E allora il maestro deve essere per quanto pu profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso. il maestro Anche il maestro dunque in qualche modo fuori del vostro ordinamento e pure al suo servizio. Se lo condannate attenterete al progresso legislativo. In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che lunico modo damare la legge dobbedirla. il vero amore alla legge Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cio quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cio quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perch siano cambiate. la leva delle leve La leva ufficiale per cambiare la legge il voto. La Costituzione gli affianca anche la leva dello sciopero. Ma la leva vera di queste due leve del potere influire con la parola e con lesempio sugli altri votanti e scioperanti. E quando lora non c scuola pi grande che pagare di persona unobiezione di coscienza. Cio violare la legge di cui si ha coscienza che cattiva e accettare la pena che essa prevede. scuola per esempio la nostra lettera sul banco dellimputato e scuola la testimonianza di quei 31 giovani che sono a Gaeta.

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  • Chi paga di persona testimonia che vuole la legge migliore, cio che ama la legge pi degli altri. Non capisco come qualcuno possa confonderlo con lanarchico. Preghiamo Dio che ci mandi molti giovani capaci di tanto. le nostre letture Questa tecnica di amore costruttivo per la legge lho imparata insieme ai ragazzi mentre leggevamo il Critone, lApologia di Socrate, la vita del Signore nei quattro Vangeli, lautobiografia di Gandhi, le lettere del pilota di Hiroshima. Vite di uomini che son venuti tragicamente in contrasto con lordinamento vigente al loro tempo non per scardinarlo, ma per renderlo migliore. il mio esempio Lho applicata, nel mio piccolo, anche a tutta la mia vita di cristiano nei confronti delle leggi e delle autorit della Chiesa. Severamente ortodosso e disciplinato e nello stesso tempo appassionatamente attento al presente e al futuro. Nessuno pu accusarmi di eresia o di indisciplina. Nessuno daver fatto carriera. Ho 42 anni e sono parroco di 42 anime! i nostri frutti Del resto ho gi tirato su degli ammirevoli figlioli. Ottimi cittadini e ottimi cristiani. Nessuno di loro venuto su anarchico. Nessuno venuto su conformista. Informatevi su di loro. Essi testimoniano a mio favore. dalla Lettera ai giudici, in Lobbedienza non pi una virt, Atti del processo a don Milani, Firenze, LEF. * * * V. Nonviolenza e trasformazione del conflitto SIGNIFICATO DELLA NONVIOLENZA di Jean-Marie Muller Ci che caratterizza, in gran parte, ogni dibattito sulla nonviolenza il fatto che questa non ha un posto rilevante nel nostro passato. Ci giustifica la nostra prima reazione che non pu che essere di diffidenza, di scetticismo, nonch dironia, ora bonaria ora cattiva. Perci si tratta di rendere chiaro questo dibattito, al di l di ogni equivoco, di ogni malinteso e di ogni confusione. Partire dai fatti Bisogna partire dai fatti ed sin troppo evidente che, se ci mettiamo davanti ai fatti, ci troviamo davanti alla violenza. Del resto non saremmo seri nella nostra riflessione sulla nonviolenza se, prima di tutto, non prendessimo sul serio la violenza. Questa violenza, che sembra presente dappertutto attorno a noi, si tratta di comprenderla. Sarebbe troppo facile metterla sul piano della cattiveria o della cattiva volont. Infatti, la violenza nella nostra societ assolve delle funzioni necessarie. Essa molto spesso la ricerca di soluzioni concrete a dei problemi concreti, che si tratti della difesa delle libert o della lotta contro lingiustizia. Non potremmo accontentarci di una pura e semplice condanna di tutte le violenze quali che siano, da qualsiasi direzione provengano, ponendoci al di sopra della mischia e richiamandoci ad una innocenza che non pu essere di questo mondo.

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  • La violenza una distruzione Bisogna riconoscere che, in un primo tempo, questa espressione "nonviolenza" equivoca nella misura in cui appare puramente negativa. Tanto pi quando noi siamo abituati a pensare alla violenza riferendola a quantit di valori e di virt: il coraggio, la virilit, la nobilt, lattaccamento alla giustizia e alla libert... In modo tale che nella nostra coscienza e pi ancora nel nostro subconscio, la violenza appare essa stessa come un valore e una virt di cui la nonviolenza sarebbe la negazione e il rinnegamento. cos che a destra, quelli che si richiamano alla nonviolenza sono accusati di essere traditori della patria e, a sinistra, di essere traditori della rivoluzione. Infatti, se noi prendiamo coscienza della violenza per ci che essa , dobbiamo definirla negativamente, come un attentato fatto alla libert ed alla dignit di colui che la subisce, come unalienazione, come una distruzione. "Non bisogna lasciarsi ingannare - scrive Ricoeur -. Il volto della violenza, il fine che essa persegue implicitamente o esplicitamente, direttamente o indirettamente, la morte dellaltro". Perci il rifiuto della violenza, la nonviolenza, diviene la condizione preliminare di ogni azione rispettosa di "tutto luomo e di tutti gli uomini". Bisogna sforzarsi di comprendere non soltanto la violenza ma le violenze, perch la violenza presenta molti aspetti, molte facce, e conviene dunque introdurre delle distinzioni fondamentali. Ne introdurr tre: 1) la prima violenza, che Helder Camara definisce la violenza madre di tutte le violenze, la violenza delle situazioni di ingiustizia. Potremo chiamare questa violenza: la violenza degli oppressori, la violenza dei ricchi e dei potenti per mezzo della quale i poveri sono mantenuti in condizioni di oppressione. Questo importante da sottolineare nella misura in cui siamo portati a pensare che la nonviolenza denunci le azioni armate, terroristiche o militari, e metta tra parentesi le situazioni di violenza. importante sottolineare quanto pesi sulla nonviolenza lequivoco del pacifismo. Il pacifismo si attiene ad una pura e semplice condanna della violenza armata, ma questa dottrina non in grado di farci assumere fino in fondo le nostre responsabilit di fronte agli avvenimenti. Se il pacifismo si sviluppato dopo la prima guerra mondiale, bisogna per riconoscere che ha fallito al momento dellaggressione nazista. Non si pu eludere il problema della difesa delle comunit, e in particolare delle comunit nazionali visto che le nazioni ci sono ancora. necessario garantire la sicurezza delle comunit. un problema reale che i pacifisti non hanno saputo risolvere. Una comunit non potrebbe garantire la sua unit, la sua coerenza, se non ci fosse nei suoi membri il sentimento di vivere in sicurezza. Ora, un fatto che, fine ad oggi, salvo qualche eccezione, le comunit non hanno saputo trovare altri mezzi per garantire la loro sicurezza che la violenza o la minaccia della violenza, la guerra o la sua preparazione. Il problema, dunque, non soltanto di trovare unalternativa alle virt militari, bisogna trovare anche unalternativa ai metodi militari. Non giusto lasciare intendere che basterebbe sopprimere gli eserciti e gli armamenti per avere la pace. Simone Weil, che era vicinissima agli ambienti pacifisti fra le due guerre mondiali, ha dovuto riconoscere ci che ha definito "lerrore criminale" del pacifismo. In quel momento andata a raggiungere anche lei le file della resistenza violenta. Non si tratta, dunque, di privilegiare la violenza militare e la violenza delle armi. Se vero che sono le situazioni di ingiustizia che provocano e spiegano le azioni violente, dunque innanzitutto lingiustizia che la nonviolenza denuncia e combatte. 2) La seconda violenza la violenza che nasce dalla rivolta degli oppressi quando essi tentano di liberarsi dal giogo della oppressione che li schiaccia. Quando gli oppressi, per disperazione, ricorrono alla violenza, noi non possiamo, in nome della nonviolenza, voltare loro sdegnosamente le spalle, sotto il pretesto di un ideale astratto e formale di nonviolenza. La nonviolenza ci deve mantenere sempre legati agli oppressi quandanche questi adoperino la violenza: non spetta a noi rimettere in discussione questa solidariet fondamentale. Possiamo avere le nostre opzioni personali, ma non spetta a noi decidere, al posto degli oppressi, dei mezzi che essi devono adoperare per la loro liberazione.

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  • Se la nonviolenza condanna e combatte innanzitutto la violenza degli oppressori, essa per viene a rimettere in questione anche la violenza degli oppressi. Liberare i poveri, vuoi dire anche liberarli dalla loro violenza. Anche questo un compito dellamicizia e della solidariet; non certo il compito pi facile e ci ci obbliga ancor pi a non sottrarcene. Del resto, troppo facile dimostrare una solidariet formale con la violenza dei poveri e giustificarla se non prendiamo su di noi i rischi di questa violenza. 3) La terza violenza la violenza della repressione, essenzialmente legata alla violenza doppressione per mezzo della quale i ricchi ed i potenti spezzano i movimenti di liberazione dei poveri. Ancora una volta, in nome della nonviolenza, dobbiamo dichiararci solidali con quelli che sono vittime di questa violenza di repressione quando la loro lotta veramente quella della giustizia. chiaro che questo schema non pu essere puramente e semplicemente applicato ad ogni situazione concreta; sar opportuno, partendo volta per volta dallanalisi pi rigorosa, correggerlo e adattarlo. La necessit del conflitto Nella comprensione della violenza bisogna andare pi lontano cercando di situarla al livello in cui sorge, nelle relazioni fra gli uomini. Il primo rapporto che abbiamo col nostro prossimo il pi delle volte un rapporto di avversione, di opposizione, di scontro. Dobbiamo guardarci da un certo idealismo, di cui si vorrebbe che la nonviolenza resti prigioniera, da un idealismo che lascerebbe troppo facilmente intendere che "tutti gli uomini sono fratelli". In realt vero che il mio vicino, il mio prossimo, prima ancora di essere potenzialmente il mio amico, potenzialmente mio nemico. Sartre ha trovato una formulazione felice quando scrisse: "il peccato originale il mio sorgere in un mondo dove c laltro". Laltro, infatti, innanzitutto per me quello la cui libert minaccia la mia libert, quello i cui diritti vengono a usurpare i miei diritti, quello i cui progetti vengono a compromettere i miei progetti. Dovr riconoscere, accettare questo momento di conflitto con laltro, questo momento di opposizione, di lotta, questa prova di forza, al fine di poter far riconoscere i miei diritti e di farli rispettate. In altre parole la nonviolenza non presuppone un mondo senza conflitti; anzi, ha senso parlare di nonviolenza solo in situazioni di conflitto. Peguy, proprio contro i pacifisti del suo tempo, diceva che "era una follia voler legare alla dichiarazione dei diritti delluomo una dichiarazione di pace perch ogni dichiarazione dei diritti delluomo istantaneamente un inizio di guerra". Se prendiamo questa parola "guerra" nel suo significato pi ampio, e se intendiamo per essa: un conflitto, una lotta, un combattimento, una prova di forza, Peguy aveva ragione di andare contro i pacifisti. Lo stesso Peguy diceva che era da maleducati volere la vittoria e non aver voglia di battersi. In effetti, saremmo maleducati se ci contentassimo di formulare dei voti per un mondo pi giusto e non avessimo voglia di batterci contro lingiustizia. Nonviolenza e aggressivit In questa battaglia, non si tratta di reprimere laggressivit delluomo, ma di metterla in opera. La storia cos piena di violenza che siamo talvolta tentati di credere che questultima sia innata nel cuore umano: parlare di nonviolenza sarebbe allora andate contro la legge stessa della natura. Tuttavia se ascoltiamo gli psicologi, questi ci dicono che non la violenza che inscritta nella natura umana, ma pi precisamente laggressivit, e che non fatale che laggressivit si manifesti con la violenza. Laggressivit una capacit di combattere, una capacit di affermare se stessi per mezzo della quale io sono portato a rivendicare i miei diritti di fronte allaltro. Senza aggressivit io non potrei n costruire la mia personalit, n salvaguardarla. Senza aggressivit non ci potrebbe essere n rispetto per se stessi, n amore per gli altri. Questa aggressivit bisogna invece disciplinarla, controllarla in modo che si manifesti attraverso altri mezzi, pi costruttivi della violenza. Come disse il padre Cottier, con unespressione che mi

    Piccola antologia sulla nonviolenza pag.21/23 /a cura di Fulvio C. MANARA

  • sembra molto suggestiva, la nonviolenza non attecchisce nella speranza di vivere un giorno in "un paradiso devitalizzato dove anziane zitelle tengono al guinzaglio leoni erbivori". Ci sarebbe molto noioso e, per fortuna, del tutto inconcepibile. Bisogna, dunque, accettare questa realt del conflitto, anzi, in un primo momento, la strategia della nonviolenza si sforzer di create il conflitto e di risvegliare laggressivit. Abusiamo spesso di parole come rivolta, rivoluzione e violenza. In realt, se consideriamo bene la storia delluomo - sia nella nostra vita quotidiana che nella storia dei popoli - ci accorgiamo che il pi delle volte, di fronte allingiustizia, la sua capacit di rassegnazione superiore alla sua capacit di rivolta. Quando lo schiavo sottomesso al suo padrone, non esiste conflitto; al contrario, proprio allora che "lordine stabilito" e che niente sembra venire a metterlo in causa. Il conflitto incomincia ad esistere dal momento in cui lo schiavo prende coscienza dei suoi diritti e si erge per rivendicarli. Prendiamo lesempio di Martin Luther King: per ci che riguarda il popolo nero degli Stati Uniti, il suo primo e pi grande lavoro stato quello di risvegliare laggressivit dei neri che si erano rassegnati al loro destino di schiavi. Gli stessi leaders neri che in seguito hanno preconizzato la violenza gli hanno riconosciuto questo merito. La spiritualit degli spirituals neri una spiritualit di evasione per mezzo della quale i neri riponevano nellAldil la loro speranza in un mondo libero da ingiustizie. Aspettavano il regno di Dio in cui Ges li avrebbe accolti riconoscendo la loro dignit di uomini. Cera in quel caso come una rassegnazione di quel popolo davanti alla propria storia. Martin Luther King risvegli, dunque, laggressivit di questo popolo e cre il conflitto tra i bianchi e i neri - e, come sempre in casi analoghi, ci sono stati naturalmente rischi di scontri violenti. La rassegnazione, la passivit sono dunque pi contrarie alla nonviolenza della violenza stessa. Gandhi ha sempre affermato che se la scelta fosse unicamente tra vilt e violenza, tra passivit e violenza, allora bisognerebbe scegliere la violenza. Limportanza dei mezzi Se, dunque, riconosciamo la necessit della lotta, la necessit dello scontro, allora, il problema dei mezzi che si pone. Questo problema dei mezzi stato troppo trascurato a solo vantaggio della ricerca dei fini. per questa ragione che molto sbrigativamente si arriva a dire, specialmente nel campo politico, che il fine giustifica i mezzi, vale a dire che il fine giustifica qualsiasi mezzo. Si scivola subito dalla giustificazione del fine alla giustificazione dei mezzi. Ora, questo non soltanto un problema morale, anche un problema di efficacia. Una delle caratteristiche della nonviolenza precisamente di affermare che, se la scelta dei mezzi vien dopo ( seconda) rispetto al fine da conseguire, non tuttavia secondaria, anzi essenziale alla effettiva realizzazione di quel fine. Gandhi diceva: "il fine nei mezzi come lalbero nel seme". Il compito della nonviolenza sar giustamente quello di ricercare dei mezzi omo