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anno 5 - n°12 dicembre 2011 Mensile a diffusione interna della Parrocchia Santa Caterina da Siena - Bisceglie (BAT) ITALIA . Copie stampate n. 300 circa Semplicemente Sacerdote Semplicemente Sacerdote

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anno 5 - n°12 dicembre 2011

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Parrocchia Santa Caterina da Siena - Bisceglie | n°12 dicembre 2011

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mensile a cura della parrocchia di Santa Caterina da Siena, via santa caterina, 9 - 76011 Bisceglie (Bt) tel/fax 080.3922131 - cell. 347.3039804mail: redazione@parrocchiasantacaterinabisceglie.itwww.parrocchiasantacaterinabisceglie.it

Direttore Responsabile: don Michele BarbaroCoordinatore: Mauro Dell’Olio

Se oggi mi si chiedesse: “chi è il sacerdo-te?”, risponderei senza alcuna esitazione: “è innanzitutto un uomo!”. Un uomo, però, totalmente consacrato al Signore nel servi-zio dei fratelli.Vorrei, così, presentare questo numero del nostro giornale parrocchiale dedicato alla memoria di Mons. Michele Cafagna, fon-datore e primo parroco di questa parroc-chia. Nel 10° anniversario della sua nascita al Cielo, il prossimo 10 dicembre, ho avu-to la possibilità di raccogliere delle testi-monianze che lo hanno ritratto, appunto, come un uomo i cui limiti hanno reso la sua umanità straordinariamente profonda e nello stesso tempo corroborata dall’azio-ne dello Spirito Santo nella consacrazione sacerdotale che lo ha reso “uomo di Dio”. Vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno offerto il loro contributo con la te-stimonianza e il proprio ricordo; grazie perché ci avete permesso di ricordare don

Capo redattore: don Domenico Savio Pierro

Hanno collaborato a questo numero: Mario Bombini, Domenico De Bari, Carmela Gentile, Natalia Lamanuzzi, Luca La Notte, Paola La Notte, don Francesco Mastrulli, Loredana Papagni, Nardino Ventura

Art director: Rossella Dell’Olio Stampa: Eurografica s.n.c. - Bisceglie

SEMPLICEMENTE SACERTOTE

Michele nei suoi momenti lieti, in cui la forza e la tenacia avevano la meglio e nei momenti più difficili, in cui quell’umanità fragile sembrava cedere sotto il peso della croce, delle difficoltà.Rivolgo a tutta la comunità parrocchiale l’invito a vivere i prossimi 9 e 10 dicem-bre all’insegna della memoria (per questo rimando agli appuntamenti in bacheca); non la sola memoria di un sacerdote che ha speso la vita nel servizio della propria comunità, ma la memoria dei prodigi che il Signore ha operato in mezzo a quella co-munità, sorta nei primi anni ‘50, per mez-zo di un uomo che ha scelto e mandato. Questa memoria dia ad ognuno la capaci-tà di vivere il presente facendo tesoro del passato. E del nostro passato, del passato di questa comunità, Mons. Michele Cafa-gna ne è parte integrante!

»»» don Michele Barbaro

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Parrocchia Santa Caterina da Siena - Bisceglie | n°12 dicembre 2011

primo piano

ÈÈ difficile esprimere per iscritto le sensazioni provate nel momento in cui una persona cara, a cui ci si è affezionati, decida di abbandonarsi completamente al servizio di Dio nella via del sacerdozio. È qualcosa di così grande da aver-mi non solo coinvolta emotivamente, ma an-che rallegrata; questo è ciò che ho provato per un giovane che stimo tanto e a cui, proprio per questo, auguro veramente il meglio nella sua vita.Da quando Domenico è entrato a far parte della nostra comunità parrocchiale ho potu-to scorgere in lui sentimenti di disponibilità ed accoglienza nei miei confronti, ed un ca-rattere generoso verso gli altri. Per questi mo-tivi è nata tra di noi un’amicizia molto bella ed arricchente, che si è consolidata poi con le esperienze del campo-famiglie in Trentino ed il campo-scuola per ragazzi a San Gallo Mate-se, solo per citarne alcune tra le varie. E così è giunto il giorno tanto atteso dell’Ordi-nazione Sacerdotale, al quale mi sono prepara-ta con tanta ansia ma soprattutto tanta felicità. Essere amico di qualcuno comporta metter-si nei suoi panni alle volte, e proprio questo è ciò che si è verificato il 19 novembre dalle ore 19:30 alle 22:00, nella Concattedrale di Bar-letta, Santa Maria Maggiore. Delle due ore e mezza vissute durante la concelebrazione, due momenti mi hanno particolarmente cattura-ta: il primo è stato vedere la tensione di don Domenico durante l’omelia del Vescovo. I suoi occhi parlavano e sembrava che egli non ve-desse l’ora di diventare ministro di Cristo, con il sacerdozio. E poi il secondo, particolarmen-te suggestivo, è stato quello della lavanda delle mani, unte di crisma, davanti ai suoi genito-ri. Si è commosso fino alle lacrime, e in quel pianto pieno di gioia, sono sicura che don Do-menico volesse ringraziare quelle persone che

gli hanno donato la vita e che gli hanno per-messo, dalla loro parte, di ricevere questo al-tro grande dono. E ora che Domenico è prete da diverse settima-ne, mi ricordo ciò che gli ho sentito dire mol-te volte: «Sono sacerdote per voi». Credo sia proprio questo lo spirito di acco-glienza e disponibilità che ogni buon presbi-tero dovrebbe assumere nei confronti dei suoi fedeli. Non bisogna mai sentirsi superiori ben-sì servi, figli e discepoli di quell’Uomo che si è sacrificato per noi e per amore del Padre! Per concludere non posso che ringraziarlo per il bene che mi mostra ogni giorno e soprattut-to perché so che posso sempre contare sulla sua fiducia. Grazie Domenico!»»» Paola La Notte

Un giorno atteso con tanta felicità!

L’ordinazione presbiterale di Don Domenico

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Tra quelli capitali, il vizio della gola potrebbe sembra-re quello più innocente e benevolo. Anzi, nell’Occiden-te benestante, il piacere della buona tavola non si nega quasi a nessuno. Ma cosa si nasconde dietro un’abbuf-fata ai limiti dell’ingordigia?Partiamo dalla Sacra Scrittura che nel libro del Siraci-de ci istruisce con delle regole che potremmo definire di bon ton e galateo ma che nascondono un più profon-do invito alla sobrietà: “Hai davanti una tavola sontuo-sa? Non spalancare verso di essa la tua bocca e non dire: Che abbondanza qua sopra! ... Mangia da uomo ciò che ti è posto innanzi; non masticare con voracità per non ren-derti odioso. Sii il primo a smettere per educazione, non essere ingordo per non incorrere nel disprezzo” (31,12ss). In-nanzitutto, dunque, la g. non coincide con una golosità che, in generale interessa tutti quanti (almeno per i cibi che si prediligono), bensì nella ricerca sfrenata e com-pulsiva di alimenti da ingerire o anche di bevande alcoliche da bere.S. Ambrogio interpretava il peccato originale come le-gato alla gola e alla volontà di mangiare quell’unico cibo vietato: ma se il primo Adamo cedette alla tentazione, il nuovo Adamo, Gesù, la vinse in occasione del confron-to con il diavolo seduttore a cui rispose: “Non di solo pa-ne vive l’uomo”. Sulla scia di questa chiave di lettura, alcuni hanno visto nella gola il vizio che spalanca, ol-tre che la bocca, la porta a tutti gli altri vizi. In effetti, l’eccesso di cibo conduce a una generale diminuzione di lucidità che spesso intorpidisce l’animo e lo rende più propenso a discorsi leggeri e meschini, nonché a cer-ta aggressività che si scarica parzialmente nella voracità con cui s’ingurgitano le vivande. Non trascurabile è an-che il legame con il vizio della lussuria sia perché spesso sono proprio la pancia piena o i fumi dell’alcol a suscita-re desideri licenziosi, sia perché entrambi, gola e lussu-ria, hanno dietro di sé una brama di possesso che risulta spesso frustrata (non è un caso che Dante disponga nel Purgatorio golosi e lussuriosi insieme).S. Paolo condanna quanti “hanno come dio il loro ven-tre, si vantano di ciò che di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra” (Fil 3,19): oltre a sanzio-

Gola, vano desiderio di compensazione.

nare una religione che si basa sulla scelta dei cibi, qui l’Apostolo sembra disapprovare anche l’investimento spirituale ed affettivo che un uomo può fare sul ci-bo, rendendolo il proprio dio di cui si diventa schiavi e non più semplici consumatori. Il goloso, dunque, nella voracità del suo divorare, perde il gusto delle cose e il vero piacere della tavola, perché ricerca nel cibo quel-la compensazione che non ha trovato o non riesce a trovare nell’ambito spirituale o umano. Spesso i golo-si soffrono di alcuni problemi che hanno a che fare con una scarsa stima di sé, abusi subiti in passato, un qual-che vuoto o delusione (affettiva o professionale) che cer-cano di colmare invano con cibo malsano e ingrassante: sedersi a tavola e mangiare, specie se la giornata è solita-mente arida e frustrante, è forse l’unico tipo di soddisfa-zione possibile, l’unica maniera di ‘sentirsi vivi’. Se poi dal cibo passiamo all’alcol, le cose peggiorano infinitamente. Scrive un autore: “Soltanto una cosa è più lugubre dell’uomo che mangia solo; ed è l’uomo che beve solo. Un uomo solo che mangia somiglia a un animale al-la mangiatoia. Ma un uomo solo che beve, somiglia a un suicida”.Se il vizio sfocia in un vero e proprio disturbo psico-logico, allora abbiamo quei fenomeni che rispondono al nome di bulimia e anoressia. Pur essendo disturbi opposti quanto alle manifestazioni esterne (abbuffata o rifiuto assoluto di cibo), presentano dinamiche simili: isolamento sociale, depressione, scarsa sensibilità emo-tiva, rifiuto degli altri, aggressività che nella bulimia si rivolge sui cibi, nell’anoressia su se stessi, distruggendo-si gradualmente. Per contrastare il vizio della g. oggi si rincorre la via estetica mediante diete ferree e buona volontà e, solo nei casi più difficili, si ricorre all’ausilio della medici-na e della psicologia. Ma, spesso, dietro l’attaccamento smodato al cibo e il dramma dell’alcolismo c’è un vuo-to spirituale sotterraneo da cui il malcapitato cerca di liberarsi cacciandosi in una dipendenza e assuefazione ben peggiori che fanno perdere libertà, dominio di sé e le stesse energie vitali.»»» don Francesco Mastrulli

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tura Ho conosciuto Michele nel 1941,

anno in cui, tredicenne, cominciai a frequentare il ginnasio presso il Seminario di Bisceglie. Aveva due anni più di me; lo ricordo come un ragazzo taciturno e composto in ogni suo atteggiamento, ma, come tutti i ragazzi, amava stare in com-pagnia e fare i giochi e gli scherzi che a quell’età è naturale fare. Fin da allora, però, a differenza di altri, allegroni e superficiali, dimostrava un carattere fermo e determinato, forte rigore morale e profondità di valori. Persi di vista Michele quando la-sciai il Seminario per continuare gli studi nella scuola statale. L’ho rivisto dopo circa vent’anni ed era parroco nella Cittadella, zona nascente di periferia dove io ero andato ad abitare e dove mancava quasi tutto.È stato allora che tra noi si è in-staurato un rapporto di autentica amicizia, fondato nel disinteresse e nell’affetto sincero. Ho comin-ciato, così, ad apprezzare la sua

A distanza di dieci anni dal suo ritorno alla casa del Padre, ricordiamo con alcune testimonianze la figura di don Michele Cafagna.Don Michele Cafagna nasce a Barletta il 12/10/1925. Compie gli studi presso il seminario vescovile di Bisceglie e il regionale di Molfetta. Or-dinato sacerdote da S. E. Mons. G. M. Addazi, il 10/7/1949, è vicerettore, economo ed insegnante di Storia, Geografia e Religione in seminario vescovile fino al 1959. Nel 1954 è nominato parroco di Santa Caterina da Siena in Bisceglie. Presta in contemporanea assistenza spirituale presso la Casa della Divina Provvidenza. Muore il 10/12/2001.

Sopra: il giovane don Michele sacerdote.Sotto: momento di svago con i confratelli.

semplicità, la sua modestia, la sua straordinaria tenacia nel realizza-re obiettivi importanti, quali la parrocchia, l’asilo e tutte le altre valide iniziative a beneficio del quartiere e di chiunque volesse parteciparvi. E tutto nel silenzio operoso, fra tante difficoltà, senza mai chiedere. A chi non lo conosceva bene pote-va sembrare brusco e scostante; il ritratto che io ho di lui è, invece, quello di un uomo essenziale ed austero, che, dietro l’aspetto di-messo e burbero, nascondeva un animo profondamente generoso. Mi piace, così, ricordarlo attivo e concreto, come solo le persone di poche parole sanno essere, pronto a prodigarsi per la comunità, senza voler apparire e senza andare alla ricerca di riconoscimenti.Solo dopo la sua morte ho appreso che era stato insignito del titolo di monsignore, ulteriore prova della sua semplicità e modestia. A lui, amico e parroco, va tutta la mia ammirazione. •

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Ciao, caro Mons. Michele Cafagna,sono trascorsi già dieci anni dalla tua nascita in cielo. L’intera parroc-chia si strinse intorno a te in segno di gratitudine e di riconoscenza per quello che hai saputo fare per la no-stra comunità la Cittadella. Della tua esistenza ci rimane tutto: la di-sponibilità senza condizioni verso chi aveva più bisogno di aiuto, la tua estrema comprensione per chi aveva sbagliato, il forte senso del sacrificio e dell’umiltà verso tutti. Non potremmo mai dimenticare gli sforzi che tu hai sopportato per costruire questo luogo di privile-gio di incontro fra Dio e l’uomo: la Parrocchia di Santa Caterina. L’in-cessante peregrinare alla ricerca di sostentamenti nei difficili anni del dopoguerra, grazie alla tua granitica caparbietà, ha permesso l’edificazio-ne della prima chiesa. E con il tuo lavoro e la tua pazienza hai creato, a Bisceglie, non solo una chiesa ma una piccola comunità cristiana, un nucleo forte che tuttora si alimenta continuamente dal Vangelo. Noi tutti sappiamo che tu non eri soltanto il parroco di Santa Cateri-na, bensì il nostro padre spirituale, colui al quale noi ci rivolgevamo per esternare dubbi e preoccupazioni, per chiedere un consiglio o sempli-cemente per ricevere parole di con-forto o l’assoluzione dai peccati. Tu, caro don Michele, ci hai insegnato ad essere veri testimoni di Cristo, a cercare continuamente la comu-nione con Dio, senza rifuggirla nei momenti felici e agognarla in quelli difficili. Personalmente, ricordo la gioia immensa nel ricevere il favo-re della tua ‘benedizione’ con una missiva destinata al Vescovo, l’allora sua Ecc. Mons. Carmelo Cassati, in cui, contemplando il mio impegno parrocchiale in qualità di catechista

Per molti suoi parrocchiani, il caro don Michele Cafagna, è stato un uomo misterioso, a suo modo in-cisivo e silenzioso. Molti l’avrebbe-ro voluto veder indossare vesti più moderne, per essere al passo con i tempi e i ritmi di noi giovani.Eppure tante sono state le occasio-ni in cui sapeva essere “giovane tra i giovani”. Come non dimenticare la sua grintosa armonia a Villetta Barrea, durante la visita fatta ai carissimi giovani Evergreen, im-pegnati in un camposcuola par-rocchiale?Desiderò tantissimo raggiungerli per trascorrere con loro un’intera giornata di formazione e di agape fraterna; insistette tanto perché qualche parrocchiano lo accompa-gnasse da quei suoi ragazzi, come se avesse avvertito già che, quella, sarebbe stata la sua ultima occa-sione per trascorrere del tempo in loro compagnia, prima di rag-giungere la Casa del Padre.Era tanto legato a loro e non ama-va nasconderlo, soprattutto a noi educatori. Nessuno col tempo ha potuto obliare quella bellissima

di ragazzi cresimandi, nonché di segretario parrocchiale, mi propo-nesti come ministro straordinario al servizio dei degenti della Clinica Santa Caterina. Ricordo come fosse ieri quel mattino del Giovedì San-to 1993, quando, insieme alla sig.ra Vittoria Colamartino, ci recammo con le nostre famiglie alla Cattedra-le di Trani per ricevere il mandato di ministro straordinario; e poi, al ritorno, quando ci fermammo tutti sul lungomare di Colonna per fare assieme uno spuntino... quanta gio-ia esprimevi nel vedere insieme le famiglie riunite dopo quella funzio-ne! Che bello poi quando ci presen-tasti a tutta la comunità, in quella nuova veste, nella Messa in Coena Domini, a cui seguì un lungo ap-plauso. Tuttora rivivo nei miei ricordi quel-le tarde serate d’inverno quando, prima di rincasare dopo l’ennesima giornata di lavoro, mi affacciavo in parrocchia, ed entrando ti scorgevo nella penombra delle luci del San-tissimo e della statua della Madon-na, seduto vicino all’ingresso della sacrestia, con il braccio sinistro appoggiato alla spalliera della se-dia accanto e una coroncina pen-dente dalla mano, mentre recitavi silenziosamente il Santo Rosario. A chiunque facevi cenno di avvicinar-si, invitando a sedersi e a riposarsi; successivamente, chiedevi come era andata la giornata, per poi raccon-tare un pezzetto della tua. Quante volte mi dicevi: «caro Mario, sei tanto fortunato, Dio ti ha dato il sacramento del matrimonio, e tu hai saputo costruire una bella fa-miglia alla quale non ti risparmi, ma ricorda che la tua vera ‘Rosa’ è tua moglie, e senza di lei non saresti nulla». E poi, quando ci accompa-gnavamo la sera rientrando alle ri-

circostanza in cui, tra canti, risa e sincero ascolto, si avvertì forte la conferma di essere dinanzi ad un padre buono e premuroso.Dopo tanti anni in cui era sem-brato difficile rinvigorire la pre-senza giovanile in parrocchia, don Michele era più che contento di quella ventata di gioia ed allegria che portava scompiglio nelle sue assorte e meditate giornate da sa-cerdote, ma anche tantissima leti-zia. Non ha mai celato la sua uma-na fragilità e quel suo fare rude e quell’essere talvolta arcigno, velava in sé proprio questa consapevolez-za. Una parte fortemente contesta-ta da tanti. Sì, perché tutti coloro i quali hanno conosciuto don Mi-chele, prima o poi, si sono scontra-ti con quello che definivano essere un vero e proprio caratteraccio. Ricordo ancora l’imbarazzo dei giovani Evergreen che sembrava-no quasi temerlo, agli albori dei loro primi passi verso un cam-mino catechetico maggiormente pregnante. La differenza d’età era abbastanza ampia e dunque com-

spettive abitazioni, ricordo che, una volta salutati, mi rammentavi la for-tuna di avere un focolare composto dalla mia ‘Rosa’ e dai bambini che mi aspettavano, quasi a comunica-re il tuo senso di solitudine e le tue fragilità di uomo anziano e stanco bisognoso di ricevere affetto, che purtroppo negli anni ti era venuto a mancare.Grazie, caro don Michele. Grazie: una parola poco usata, o meglio, spesso abusata. Il nostro grazie è con tutto il cuore per averci regalato la tua amicizia dolce e sin-

cera ma, soprattutto, sempre disin-teressata. Da circa dieci anni abbiamo il no-stro don Michele Barbaro che ti so-stituisce, e che tu hai avuto fortuna di conoscere, il quale con impegno ha saputo far germogliare una nuo-va comunità parrocchiale e ha per-messo l’edificazione di una nuova chiesa sulla tua, al fine di renderla più conforme alle nuove esigenze. Ciò sta a significare, come il Van-gelo insegna, che il seme che muore da’ tanto frutto. Ciao, caro don Michele. •

Accanto: il giorno del diaconato (il primo a destra). Sopra: 25 marzo 1958 don Michele, nuovo parroco di S. Caterina.Sotto: don Michele con i chirichetti (Co-gresso dei Chirichetti, 25 aprile 1958).

Sopra: tesseramento ACR 1966.Accanto: festa parrocchiale d'altri tempi.

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Sopra: pellegrinaggio a Lourdes negli anni '90 e primo piano di don Michele.Sotto: a sinistra i festeggiamenti per il 50° anni-versario di sacerdozio; a destra pellegrinaggio a Roma nel dicembre 2000.

prensibili i differenti modi d’in-tendere la vita. Ma presto l’imba-razzo cedette il passo alla pazienza e all’affetto più vero. Col tempo e con l’avanzare dell’età, il nostro caro parroco imparò tanto da quella spensie-ratezza e armonia sprigionata dai parrocchiani più piccoli, dedican-dosi a ciascuno di loro con filiale affetto e saggezza. Ad ognuno di noi, seppe infondere la giusta sti-ma e fiducia; a ciascuno affidava compiti parrocchiali e diocesani non per mera rappresentanza, ma perché convinto che avremmo portato presto buon frutto all’in-tera comunità. Ci ha insegnato a rischiare diligentemente, ad essere partecipi della nostra vita da cri-stiani con responsabilità, la stessa responsabilità di chi guida una co-munità insieme.Silenziosamente si prodigava per chiunque, tentando di risolvere con la massima discrezione, i pic-coli o grandi problemi di chi in-contrava. Si preoccupava per i no-stri studi, s’interessava dei nostri lavori e, a suo modo, non lasciava

correre inosservata alcuna ricor-renza, insegnando a tutti il valo-re di una vita che va festeggiata e sostenuta in ogni suo istante e in ogni suo aspetto.Nelle belle giornate estive, ama-va sempre sedersi sotto l'arco del vecchio cortile parrocchiale, rac-chiudendo tra le mani il Santo Rosario, e, mentre si raccoglieva nella preghiera, attendeva l’arrivo di qualcuno di noi, come un padre attende i suoi familiari. Le serate uggiose erano quelle che piú preferiva: spesso lo si sorpren-deva sulla soglia della porta, men-tre, sorridente, esclamava “Che bella la pioggia!”.Sono grata al Signore per aver po-sto sul mio cammino la figura di questo suo umile servitore, proba-bilmente burbero, come lo descri-vono i più lontani, quelli che non hanno mai provato ad accettarlo per ciò che era: un uomo come tanti. Non uno qualunque, ma uno che come noi, è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio, pur conservando l’umana fragilità che ci caratterizza. •

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“Acqua per tutto... Acqua per tutti"In Biblioteca si è celebrata la Settimana UNESCO 2011

Bombardati dalle foto e dai video apparsi sui media, negli ultimi tempi siamo stati abituati all’acqua come forza distruttrice, che investe e travolge tutto ciò che in-contra, che allaga scantinati, che causa frane, che para-lizza intere città. Ma l’acqua che scende copiosa dal cielo e gonfia i fiumi cerca solo uno sbocco verso il mare, vuole seguire il suo corso naturale; che ne sa l’acqua che l’uomo ha costruito sui torrenti, alle pendici di monta-gne disboscate, sulle lame (sì, proprio a Bisceglie)? Che colpa è dell’acqua se l’uomo non fa opera di prevenzione e poi parla subito di calamità natura-li? Ben venga allora che l’UNESCO abbia de-dicato proprio all’acqua la Settimana di Edu-cazione allo Sviluppo Sostenibile 2011, svol-tasi dal 7 al 13 novembre; per ricordarci che l’acqua è fonte di vita e di benes-sere del pianeta e che ora è minacciata dai cambiamen-ti climatici, dai modelli di consumo e dalla cattiva gestione. A Bisceglie la Scuo-la Primaria Statale 2° Circolo Didattico Prof. Caputi in collaborazione con il club UNESCO, la Biblioteca don Michele Cafagna, Rotaract e CEA-Zona Effe, ha coor-dinato un programma di eventi dal titolo Acqua per tutto... Acqua per tutti, al fine di sensibilizzare sulla tematica la cittadinanza, in particolare i bambini e le loro famiglie. Mercoledì 9 novembre nell’aula magna della scuola di via XXV Aprile si è tenuto l’incontro formativo dal tito-lo L’importanza sociale dell’acqua davanti a un pubbli-co di genitori e insegnanti. Venerdì 11 novembre presso la Biblioteca don Michele Cafagna si è parlato invece di Sacralità dell’acqua. Dopo l’intervento iniziale della maestra Angela Cosmai, ideatrice del programma, si è partiti con la proiezione del dvd I misteri dell’antichità a cura di Pina Catino, Presidente del Club UNESCO Bisceglie, un viaggio nel Mediterraneo alla scoperta del

significato dell’acqua presso gli antichi, nascosto nel-le pietre del nostro agro, nelle grotte di Puglia, nell’ar-chitettura, nelle chiese di Turchia. Un vero e proprio culto dell’acqua, quale elemento primordiale ma an-che elemento ultimo perché indispensabile alla nostra sopravvivenza. A seguire l’intervento di padre Biagio Falco che ha parlato dell’importanza dell’acqua nella Bibbia, nel Vangelo e nelle celebrazioni, esortando tutti a riscoprire la connessione tra segni e significati. Il mis-

sionario ha ricordato inoltre che «anche lacrime e sudore sono acqua e quindi anche il dolore e il lavoro sono re-denti nel segno dell’acqua». L’ultimo relatore della se-rata è stato il giornalista Luca De Ceglia che ha fatto un excursus sto-rico dell’approvvigio-namento idrico nella nostra città, argomen-

to trattato nel suo libro I santuari del-la sete edito dal Centro Studi Biscegliese. Da segnalare l’appello finale di De Ceglia volto alla riappropriazione delle fontane pubbliche perché «abbiamo il dovere mo-rale di conservarle sia dal punto di vista storico che di uti-lità». Non poteva mancare l’acqua rappresentata nelle forme artistiche della pittura, la scultura e la fotogra-fia; nel corso della settimana, infatti, sono state aperte al pubblico le mostre Orizzonti d’Acqua, a cura di Pina Catino, e L’acqua nell’arte, a cura di Giacomo Miale, Francesca Savino, Piero D’Addabbo, entrambe allesti-te presso la Biblioteca don Michele Cafagna. Le mostre sono state visitate anche da numerose classi elementari dei vicini plessi Arc. V. Caputi e don Tonino Bello, i cui bimbi hanno trovato in Biblioteca un Cicerone d’ecce-zione nel nostro don Michele, il quale ha illustrato loro il significato della mostra, riflettendo sull’importanza dell’acqua per la vita di tutti i giorni, anche tramite la lettura di simpatici racconti.»»» Luca La Notte

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hesi SSi è svolta domenica 13 novembre la consueta Festa

del Ciao dell’ACR di Santa Caterina. Si tratta del-la tradizionale festa dedicata ai ragazzi dai 6 ai 14 anni di Azione Cattolica che inaugu-ra l’anno associativo con divertimento, senza però tralasciare la parte educativa. I bambi-ni e i ragazzi, incontratisi alle 8:30 presso la sede del Comitato Progetto Uomo, dopo es-sersi iscritti e aver giocato con i propri educa-tori, hanno partecipato alla messa delle 9:30 presso la nostra parrocchia. Finita la celebra-zione, i bambini e i ragazzi, accompagnati

dagli educatori, si sono nuovamente recati presso Pro-getto Uomo. Lì, dopo aver imparato l’inno ACR di quest’anno, sono stati divisi in quattro squadre miste. Da qui, hanno percorso in lungo e in largo il quartie-re, impegnati in una entusiasmante caccia al tesoro.Al superamento di ciascuna prova, i bambini han-no ricevuto degli oggetti, con i quali a fine percorso, sempre divisi in squadre, hanno messo su una picco-la scenetta, con un tema comune: affrontare un per-corso in salita tutti insieme.L’argomento scelto non è casuale: richiama lo slogan che l’ACR ha proposto per quest’anno: Punta in alto.

1, 2, 3, 4, 5, 6... CIAOOOOOOOO!!!

Lo spirito dell’ACR infatti è proprio insegnare ai ra-gazzi ad operare in gruppo per raggiungere la meta:

la conoscenza di Cristo, la quale può avve-nire solo se si è pronti a partire portando so-lo l'essenziale e se di condivide la fatica della scalata.L’essenziale è dunque lo stretto necessario per raggiungere la cima della montagna su cui simbolicamente si trova Dio, ma ciò non vuol dire che siamo soli durante il viaggio! Gesù, infatti, è con noi e ci accompagna verso la scoperta del Padre. In questo modo la vetta,

e quindi l’incontro con Dio, non è l’obiettivo ultimo da raggiungere, bensì un ulteriore punto di partenza il cui traguardo è quello di essere Suoi testimoni tra la gente quando si tornerà a valle.Insomma, la montagna è la metafora di un percorso attraverso il quale il cristiano è chiamato all’incontro con il Signore, non senza difficoltà, e alla Sua testimo-nianza nella vita di tutti i giorni.Lo slogan di quest’anno è Punta in alto e l’adesio-ne dei ragazzi dimostrata finora ci fa pensare che ci aspetta davvero uno splendido viaggio da affrontare!»»» Domenico De Bari

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Parrocchia Santa Caterina da Siena - Bisceglie | n°12 dicembre 2011

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ricorrenze

Nei Paesi africani la coesisten-za di culture religiose differenti e la massiccia presenza di Mis-sioni Cattoliche, ha fatto sì che le conoscenze si fondessero fi-no a creare una tradizione nata-lizia . In Africa centrale il Natale coincide spesso con la fine della raccolta del cacao ed i lavoratori delle piantagioni hanno la pos-sibilità di tornare dalle famiglia per festeggiare, quindi è un mo-mento di ricchezza. Le strade dei villaggi sono animate da giovani che intonano canzoni natalizie e da lunghe processioni di persone che vanno ad ascoltare la funzione religiosa, portando in Chiesa doni per i più bisognosi. In Nigeria, nei giorni che precedo-no la natività, le ragaz-ze visitano le case della zona, ballando e can-tando accompagnan-dosi con i tamburi; usano annunciarsi con un biglietto in cui spe-cificano il giorno in cui si esibi-ranno; le danze e i canti proposti variano in base all’appartenen-za etnica. Dal 25 in poi sono gli uomini ad esibirsi con i vol-ti coperti da maschere in legno raffiguranti personaggi legati alle usanze locali. Queste ma-schere si dividono in due grup-pi: quelle danzanti dall’aspetto umano, e maschere dall’aspet-to più inquietante, temute da tutti soprattutto dai bambini.

Le tradizioni del Natale in Africa

Personificare queste maschere significa seguire tutta una serie di regole che vengono meno al-la fine dell’anno, quando gli uo-mini girano per le strade muniti di strumenti chiassosi. Si inter-rompono solo alle prime luci dell’anno nuovo, quando i vil-laggi e le città sembrano abban-donate tanto è il silenzio che le pervade. Anche in Africa esiste la tradizione dell’albero di Nata-le che, però, è molto lontano dal classico abete, tipico dell’Occi-dente. L’ornamento più comu-

ne nelle case e nelle chiese è un intreccio di foglie di palma di-sposte a formare un arco a cui vengono appesi fiori bianchi che sbocciano proprio a Natale. Questi fiori non vengono colti-vati, sono generalmente i bam-bini che la mattina della vigilia escono per raccoglierli tra non poche difficoltà, poiché si trat-ta di piante rampicanti dalle spi-ne lunghe alcuni centimetri. In Sud Africa, dove la festività ca-

de in piena estate, le celebrazio-ni ed i festeggiamenti avvengono all’aperto, in spiaggia, ed i fio-ri sono le decorazioni più comu-ni. Gli africani sono un popolo molto allegro e festaiolo, perciò in molti Paesi, la sera della Vi-gilia, dopo la Messa, ha luogo una maestosa fiaccolata accom-pagnata da canti religiosi cristia-ni. La notte viene trascorsa in compagnia di parenti ed amici fino a quando, il giorno dopo, iniziano i preparativi per il pran-zo di Natale. E’ anche consue-

tudine lasciare la porta di casa aperta in modo che chiunque si senta il benvenuto. L’usanza vuole che ci si scambi-no come regali dei ci-bi, sia crudi che cotti. Ognuno riceve molto più cibo di quanto ne venga consumato nella realtà ma quest’abbon-danza è considerata di buon auspicio. Molti sono gli alimenti con-

sumati durante il pranzo nata-lizio quali riso, zuppa d’okra, il Doro Wat (stufato piccante di pollo) ma nulla da considerarsi veramente tipico. Il 25 dicem-bre (o il 7 gennaio, giorno in cui festeggia il Natale la Chiesa Copta) è un giorno di gioia in cui fare festa con ciò che la ter-ra e la natura donano, in un con-tinente dove, purtroppo, troppi Paesi hanno poco da festeggiare.»»» Carmela Gentile

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Il giornale la Cittadella è disponibile anche on line sul sito:www.parrocchiasantacaterinabisceglie.it

Le attività di catechesi e A.C.R. saranno sospese per il tempo di Natale da giovedì 22/12 a sabato 7/01.Riprenderanno regolarmente da domenica 8/01.

09/12/11 ore 20:00 In ricordo di Mons. Mi-chele Cafagna, ripercorrere la storia che ha caratterizza-to il nostro quartiere c/o Biblioteca parrocchiale

10/12/11 ore 19:00 S. Messa presieduta da l’Ar-civescovo, Mons. Giovan Battista Pichierri, in suffragio di Mons. Michele Cafagna, nel 10° anniversario della sua nascita al cielo; al termine momento commemora-tivo c/o la Biblioteca parrocchiale

16/12/11 Inizio della Novena al Santo Natale

16/12/11 ore 20:00 Catechesi comunitaria d’Av-vento c/o la Biblioteca parrocchiale

17-18/12/11 Mercatino della solidarietà a cura della Caritas parrocchiale, al termine di ogni Cele-brazione Eucaristica

21/12/11 ore 19:00 Concorso Poesie sotto l’Albero c/o la Biblioteca parrocchiale

24/12/11 Vigilia del Santo Natale ore 19:00 S. Messa vespertina della Vigiliaore 23:00 Solenne Veglia e Santa Messa della Notte di Natale

25/12/11 Natale del Signore SS. Messe alle ore 9:30 - 11:00 - 19:0026/12/11 ore 19:00 Santo Stefano S. Messa31/12/11 ore 19:00 Giorno di Ringraziamen-to S. Messa di fine anno; seguirà breve momento di adorazione eucaristica

01/01/12 Solennità della B.V. Maria Madre di Dio SS. Messe alle ore 9:30 - 11:00 - 19:00

06/01/12 Epifania di Nostro Signore SS. Messe alle ore 9:30 - 11:00 - 19:00p12

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