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241 Donne sefardite in un libro ritrovato Donne Sefardite in un Libro Ritrovato: Gli ebrei venuti a Livorno, versi di Raffaello Ascoli computista livornese Livorno, I.Costa 1886 Quando ho iniziato ad occuparmi della storia e della cultura dei miei concittadini ebrei, alcuni di loro mi parlarono di un libretto perduto, Gli ebrei venuti a Livorno, di Raffaello Ascoli. Si pensava fosse la testimonianza più autentica del mondo del popolino ebraico livornese che parlava il bagitto, il tipico idioma locale di origine giudeospagnola. 1 Raffaello Ascoli lo aveva fatto stampare... in soli 20 esemplari, nel 1886, dalla tipografia di Israel Costa, una delle quattro o cinque che nella seconda metà dell’Ottocento stampavano in ebraico per tutte le qehillot del Mediterraneo. Venni a conoscenza del testo grazie ad un mio alunno che un giorno disse di possedere un libro che parlava degli ebrei venuti a Livorno. Sorrisi, scettico: il libretto era, ed è tutt’oggi sconosciuto a tutte le bibliografie nazionali ed internazionali. Persino l’Istituto Centrale del Catalogo Unico (ICCU) di Roma non ne conosce l’esistenza. 2 Daniele Tabellini, l’alunno di cui parlavo, me lo portò in visione, ne feci alcune fotocopie ed ormai da una decina d’anni esso è un libro ritrovato, anche se non 1 L’ultimo grande cabbalista livornese, Alfredo Sabato Toaff di beata memoria, si doleva di non averlo mai potuto avere per le mani. 2 Finchè non sarà ripubblicato, il libro rimarrà una semplice fotocopia che pochi fortunati hanno avuto in visione, grazie al mio intervento: amici e studiosi come il prof. Renzo Cabib, di beata memoria, Gabriele Bedarida memoria vivente della Comunità di Livorno ed il prof. Fabrizio Franceschini dell’Università di Pisa. Il prof. Ariel Toaff ne cita alcuni passi in un suo volume: probabilmente vi ha avuto accesso tramite la catena familiare che ancora lo lega a Livorno.

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    Donne sefardite in un libro ritrovato

    Donne Sefardite in un Libro Ritrovato:Gli ebrei venuti a Livorno, versi di Raffaello Ascoli

    computista livornese

    Livorno, I.Costa 1886

    Quando ho iniziato ad occuparmi della storia e della cultura dei miei concittadini

    ebrei, alcuni di loro mi parlarono di un libretto perduto, Gli ebrei venuti a Livorno,

    di Raffaello Ascoli. Si pensava fosse la testimonianza pi autentica del mondo del

    popolino ebraico livornese che parlava il bagitto, il tipico idioma locale di origine

    giudeospagnola.1

    Raffaello Ascoli lo aveva fatto stampare... in soli 20 esemplari, nel 1886, dalla

    tipografia di Israel Costa, una delle quattro o cinque che nella seconda met

    dellOttocento stampavano in ebraico per tutte le qehillot del Mediterraneo.

    Venni a conoscenza del testo grazie ad un mio alunno che un giorno disse di

    possedere un libro che parlava degli ebrei venuti a Livorno. Sorrisi, scettico: il libretto

    era, ed tuttoggi sconosciuto a tutte le bibliografie nazionali ed internazionali.

    Persino lIstituto Centrale del Catalogo Unico (ICCU) di Roma non ne conosce

    lesistenza.2 Daniele Tabellini, lalunno di cui parlavo, me lo port in visione, ne feci

    alcune fotocopie ed ormai da una decina danni esso un libro ritrovato, anche se non

    1 Lultimo grande cabbalista livornese, Alfredo Sabato Toaff di beata memoria, si doleva di non averlo mai potuto avere per le mani.

    2 Finch non sar ripubblicato, il libro rimarr una semplice fotocopia che pochi fortunati hanno avuto in visione, grazie al mio intervento: amici e studiosi come il prof. Renzo Cabib, di beata memoria, Gabriele Bedarida memoria vivente della Comunit di Livorno ed il prof. Fabrizio Franceschini dellUniversit di Pisa. Il prof. Ariel Toaff ne cita alcuni passi in un suo volume: probabilmente vi ha avuto accesso tramite la catena familiare che ancora lo lega a Livorno.

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    Donne sefardite in un libro ritrovato

    ancora noto come dovrebbe meritare. E una miniera di fatti grandi e piccini narrati

    in poesia, dal metro vario e talvolta incerto. E quella che altrove si sarebbe chiamata

    la memoria del ghetto: uno strumento di formidabile documentazione sulla vita

    quotidiana e, soprattutto, sulla mentalit degli Ebrei di Livorno, cio di una qehillah

    di recente formazione (appena 4 secoli di storia) ma gi ricca di una costellazione di

    riferimenti narrativi testimoni della propria vitalit.

    Il volume si apre con la trascrizione, abbastanza fedele se si eccettuano poche

    varianti adiafore classificabili senzaltro come errori di stampa, della versione del

    1593 delle Lettere patenti di Ferdinando I deMedici (note come Livornine) con cui

    il Granduca sceglieva di popolare di una borghesia commerciale ed imprenditoriale la

    futura citt di Livorno.3 Il Granduca chiam in citt gli ebrei che erano stanziati lungo

    tutto larco del Mediterraneo, e in particolare i marrani, specialmente portoghesi,

    garantendo loro, grazie alla sua protezione, la piena libert di culto contro gli attacchi

    dellInquisizione.

    Il volume diviso in due parti. La prima, intitolata Gli spagnoli, raccoglie

    e riporta in poesia notizie varie concernenti gli ebrei di origine iberica (portoghese,

    castigliana o catalana), riportando onomastica familiare ed aneddoti dun umorismo

    3 Livorno sino al 1577 era una propaggine di Pisa (Castello e Terra di Livorno si chiamava, nei documenti ufficiali). In quellanno i Medici decisero di edificarvi il porto e la citt dintorno, per linterramento oramai irreversibile del Porto Pisano. La prima pietra fu posta alla presenza del Granduca il 27 aprile del 1577; i lavori si protrassero per quasi un trentennio, e lerezione a citt avvenne il 4 agosto 1606. In questo quadro amministrativo, apparvero le Livornine dapprima con un motu proprio di Ferdinando I, che nellottobre 1590 invita a Livorno forestieri non residenti in Toscana manifattori di sartie, calafati, maestri dascia, legnaiuoli... muratori marangoni scarpellini pescatori marinai fabbri. Sin dallinizio appaiono le prime forme di privilegio che avrebbero fatto la fortuna di Livorno (e la cattiva fama dei livornesi): limmunit da delitti commessi fuori del Granducato (eccetto lomicidio e la lesa maest), la inesigibilit dei debiti lasciati fuori del Granducato, la moratoria di 5 anni per i debiti contratti nel Granducato al di fuori di Pisa e Terra di Livorno. Nel 1591 si sarebbero aggiunti altri privilegi importanti, come lesenzione da ogni forma di corve e lesenzione dal pignoramento delle masserizie per causa debitoria non eccedente i 500 ducati. Dopo due anni di trattative e negoziati, ebbero forma definitiva nel 1593 le Lettere Patenti, pi note come Livornine, contenenti condizioni migliori per gli Ebrei, grazie allattenta regia dellimprenditore ebreo Maggino di Gabriello. Sembravano concernere Pisa, a cui testualmente si riferivano, ma in realt erano studiate apposta per lanciare la trasformazione di Livorno da semplice villaggio in citt portuale.

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    talvolta surreale. La seconda parte, intitolata Gli altri, narra degli ebrei che non

    avevano origine sefardita: gli italkim e gli aschenaziti. Allinterno di questa seconda

    parte spicca un elenco degli Ebrei livornesi che hanno partecipato alle varie fasi del

    Risorgimento nazionale italiano, a partire dal 1848-1849. Il lavoro si conclude con

    due importantissimi elenchi di cognomi di ebrei livornesi, suddivisi in sefarditi e non

    sefarditi.

    Allinterno del volumetto alcuni passi ricostruiscono la fisionomia dellelemento

    femminile ebraico livornese, sefardita ma non solo. Cos, vi si trovano episodi

    interessanti relativi a superstizioni:

    Bemporad c figliuola a Felice

    e la Sraffa al suo sposo sorella.

    Mi han pregato con dolce favella

    Le susine vogliamo gustar

    siamo incinte! Lei sa che non lice

    nostre voglie ad alcun trascurar!.

    E perch non mi gettin lorzaiolo

    due soldi detti lor da buon figliolo

    (II parte, canto VIII ottava 19, p. 153)

    Lautore allude alla superstizione (non si sa se comune allambiente cristiano) per

    cui quando incontravano qualcuno con locchio gonfio, le matrone esclamavano:

    ha lorzaiolo perch ha ricusato qualche cosa ad una donna incinta (come chiarisce

    lautore stesso, in nota).

    Vi sono alcuni esempi di virt muliebri e altri di donne dal comportamento

    anticonformista; vi si incontra Laurina Anau che incarna lo stereotipo della donna

    soldato, ambientato nelle guerre di indipendenza italiane, verosimilmente nel

    quadro della spedizione garibaldina dei Mille, per la quale attestata la partenza di

    volontari livornesi da un lido sabbioso (la spiaggia del Calambrone) da dove in barca

    raggiunsero una delle due navi, che li attendeva al largo della Meloria:

    dalle donnesche gesta un d disciolta

    si vede da soldato

    col fucile prontissima a far fuoco

    contro i Tedeschi. E quando entusiasmato

    Cesare laltro figlio and alla guerra

    Laurina passo passo ha seguitato

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    e al mar, siccome un giuoco,

    sinoltra e abbandonare vuol la terra

    con lui, ma nella barca non vi loco:

    grave pensier sovrasta

    allora il suo materno e afflitto core

    (II parte, c.V ottave 28-29, p. 120)

    Vorrei focalizzare lattenzione su due elementi di rilievo per il nostro discorso,

    nellimpossibilit di riportare per intero tutti i passi che ci interessano.

    Un primo elemento costituito dalla fisionomia della servit domestica femminile,

    che di due distinti tipi. Ascoli ce la presenta dapprima in un passo dedicato ad una

    donna che svolge il mestiere di intermediaria tra manodopera e padroni di casa. Di

    questa figura di donna e del suo ruolo nulla si sarebbe saputo se Raffaello Ascoli

    non le avesse dedicato 52 versi; nulla di lei e del ruolo sociale a cui aveva dedicato

    tutta la vita: quello di provvedere di donne di servizio cristiane le case dei ricchi

    ebrei di Livorno. Ascoli non lo dice, ma noto che era uso nellaristocrazia ebraica

    cittadina impiegare almeno una serva o un servo, cristiani, che potesse accendere

    il fuoco e spengere la luce senza infrangere lo abbat. Questuso esponeva ad un

    rischio: quello del battesimo, operato dalle serve invitis parentibus, di bambini ebrei

    che poi (nonostante la protezione granducale) finivano nella casa dei catecumeni e

    spesso addirittura diventavan preti, come accadde sul finire del Seicento al giovinetto

    Israel De Meir Leon battezzato Paolo Medici, che divenne un feroce oppositore

    dellebraismo, contro il quale stese un volume Riti e costumi degli ebrei4 stillante

    veleno.5

    Dunque, per assumere servit cristiana si ricorreva ad intermediari. Una di questi

    era lebrea Mazzaltov Sitr che esercitava il delicato suo ministero su un canto della via

    4 Per parte mia, ho consultato la seguente edizione: Riti e costumi degli ebrei descritti e confutati dal dott.Paolo Medici sacerdote e lettor pubblico fiorentino Firenze presso Gaspero Ricci 1847.

    5 Ma vi erano anche i casi inversi, giacch luso di assumere servit cristiana (prolungatosi sin nel dopoguerra) ha conosciuto figure fulgide, che aiutarono gli ebrei durante la persecuzione, come Anna Palagi fedele governante dei Toaff-Bedarida che li salv dalla deportazione, sottraendoli alle spiate di concittadini felloni ed alla caccia delle autorit fasciste.

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    Serristori, ossia allincrocio in cui il quartiere ebraico si fondeva con quello cristiano.6

    Ascoli ci d addirittura i suoi dati anagrafici (nascita 21-1-1783, morte 28-2-1869,

    pat.Mos Modigliano, mat.Rosa Tedeschi); interessante anche conoscere i luoghi

    (le campagne, o lAppennino) da cui le serve affluivano a Livorno: Lari, Chianni

    (in provincia di Pisa) Capannori (in Lucchesia), Campi (probabilmente Bisenzio, tra

    Firenze e Prato) e Fiumalbo, sullAppennino pistoiese, oltre a tutta la Garfagnana. Ma

    leggiamo cosa ci dice lautore:

    Piangete o serve della Garfagnana

    e di Fiumalbo voi fulgide stelle

    poich il possente che ferisce e sana

    che d la vita e la ritoglie, espelle

    la generosa vostra protettrice

    dal mondo sublunar e le fiammelle

    dell almo spirto, nuova Berenice

    gi tramandano in cielo i rai lucenti.

    Pi di sedici lustri ormai felice

    vissuto avea tra la terrena gente

    la Mazzaltob Sitr gloria del mondo,

    allor che di vecchiaia il mal potente

    di un letticiuolo la gett nel fondo:

    delle cure per voi dal mal costretta

    per sempre ahim 1asciava il grave pondo.

    Oh sfortuna per voi! La poveretta

    consumata dagli anni ma di spirto viva

    si rammentava larte sua diletta,

    e alla fida compagna il core apriva.

    6 A Livorno il ghetto non mai esistito; vi stata una zona del centro cittadino abitata prevalentemente, ma non esclusivamente, da ebrei, soprattutto di bassa estrazione, attorno alla Sinagoga, lungo via della Tazza (non pi esistente, dopo le distruzioni belliche), via del Tempio e via di Franco (dal nome di una delle famiglie sefardite pi importanti); ebrei di estrazione pi elevata hanno abitato in unaltra zona, quella dellodierna via Ernesto Rossi (talvolta detta addirittura via degli Ebrei). Le famiglie pi ricche abitavano distanti dal centro, in periferia, generalmente in ville pi o meno sontuose (Villa Attias, Villa Lazzara, villa Medina, villa Regina, ecc.).

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    Potr sul canto di Via Serristori

    ancor posar le membra come ambiva?

    A miei piedi vedr pi i servitori

    pregarmi per impiego, e la donzella

    da Lari, o Chianni, o Campi. o Capannori

    raccomandarsi per entrare ancella

    nelle case cospicue di Livorno ?

    La serva fida alla sua vecchierella

    rispondeva cos: Verr quel giorno

    mia padrona diletta ed adorata,

    ben presto vi faran corona intorno

    e cuochi, e servi, e ancelle e risanata,

    sul seggio avrete regno glorioso

    ma in cuor suo della povera malata

    gi prevedeva lultimo riposo

    e della grave perdita gemeva.

    Intanto legra nel dubbio smanioso

    se i suoi clienti riveder poteva

    di nuovo rammentava i d lontani

    allor che il vacillante pi traeva

    qua e col per alti e bassi piani.

    Vaga lo spirto in quel tempo primiero

    e fa agitare le sue scarne mani.

    Tentenna la sua mente a tal pensiero

    e delirando esclama : Lei beata,

    o mia signora, che un gioiello vero

    trova in tal donna fida ed onorata;

    felice te che padrona s degna

    oggi per mezzo mio Dio t ha mandata.

    Alfin la fiera lotta in lei simpegna

    fra lo spirto vital e il morbo rio;

    volge la mente a Lui che lass regna

    la nobil vecchia, e rende l alma a Dio.

    Luso di impiegare serve cristiane. era compensato da un altro, speculare. Infatti

    scopriamo grazie allAscoli che Livorno era luogo di affluenza anche di serve ebree

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    aschenazite, il cui ruolo era ovviamente diverso da quello delle cristiane, tant vero

    che numerose di loro finivano per trovar marito tra i sefarditi livornesi. Si formavano

    vere e proprie carovane di ragazze, che giungevano dal Nordeuropa accompagnate

    da un vecchio, detto aliah, letteralmente in ebraico messaggero, in realt una

    figura che assommava i ruoli di scorta e conduttore, ma anche sensale; vecchio, per

    comportare meno problemi possibile per la virt delle giovani che sciamavano da

    Germania e Polonia:

    Qual trambusto qual chiasso si sente

    sulle vie di Baviera o Sassonia,

    perch mai la lontana Polonia

    ha coll Austria i villaggi in rumor?

    Di Sion la donzella piangente

    si separa dai suoi genitor !

    Prende la via con sicura speranza

    di star pi quieta almeno in lontananza.

    Perch ai miseri ebrei che son troppi

    non abbonda guadagno e lavoro

    e ricercano un qualcho ristoro

    alla loro crudel povert,

    e han pensato che son vero intoppo

    le ragazze di quelle citt.

    Si pongono in cammin tra allegre e meste

    E aspirano di giunger per le feste.

    E sen vanno dirette da un vecchio

    quello vispe tedesche ragazze:

    vi di tutto, le serie e le pazze,

    in questo Esodo strano novel,

    se ne van col lor piccolo specchio

    che gli rende l immagin fedel,

    E vedendosi in quello, ognuna crede

    di esser amata, appena la si vede!

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    Poich loro ha recato la fama

    che a Livorno sul lido toscano

    Da color che il danar hanno in mano

    Sono accolte con vero piacer,

    Solo il loro servigio si brama,

    Sia fedele, accurato, sincer !

    E per la lor stupenda educazione

    acquistaro una gran reputazione !

    E col, si soggiunge, ben presto

    colla buona condotta morale

    quasi tutte com naturale

    man di sposo si senton offrir.

    Questo voci fan si che, pur mesto,

    ogni padre le lasci partir,

    ed aspira a sentir lieta novella

    che a maritarsi giunse la donzella.

    E di fatto le giovani schiere

    nelle case trovar di Livorno

    cos caro o s lieto il soggiorno

    che con poca fatica si ottien,

    e serviron lebree con piacere

    e i padroni le tennero ben.

    Cos si va creando una colonia

    dellAustria, di Baviera e di Sassonia.

    La donzella che serva rimase,

    cameriera o intendente divenne

    quasi sempre un marito le venne

    giusto premio alla sua fedelt.

    Pur taluna, senz esso alle case

    invecchiando, ti desta piet!

    (II parte c.VIII vv. 1-56. p. 148-149)

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    C poi la curiosa vicenda di due sposi promessi per la vita, che pur vivendo assieme

    non coronano che platonicamente il loro sogno damore, rimanendo casti sino alla

    morte. Al suo interno v tra laltro il riferimento ad un uso proprio dellambiente

    sefardita, comune ad altri territori mediterranei, ma non al resto della citt di

    Livorno.

    Lui, Isacco Silva, porta un regalo di compleanno a lei, la Piangi, che vive nella

    sua casa in attesa di sposarlo; si tratta di un regalo simbolico, un ventaglio. Con

    quel pretesto Silva la va a trovare sperando di poter fissare finalmente la data del

    matrimonio; ma lei, imbronciata per chiss quali motivi, sera gi messa al balcone

    a prender aria. La vicenda d luogo ad un curioso giuoco di parole agevolato dalla

    polisemia del termine aria in italiano, che vale (tra laltro) sia aria in movimento

    che modo di atteggiarsi:

    La nascita di lei Silva rammenta

    ch il suo primo pensier che tanto adora

    e lamore, in quel d, gi non rallenta,

    ma gentilmente dalla tasca fuora

    trae un ventaglio che si faccia aria

    e dice: Cara sposa, questa lora

    che devo domandarti: a che tantaria?

    E la gentil donzella gli risponde

    Aprii il balcone e presi un poco daria

    (I parte, canto X vv. 19-91, p. 42-45 )

    Lautore in nota (p. 43 nota 2) trascrive anche come tal episodio allepoca veniva

    tramandato in giudeo-spagnolo:

    Una sera Silva trov imbronciata la sposa e le domanda: A que tiene tanta aria?

    ed essa gli rispose in sussiego Me misi o balcon e tom un poco de aria

    testimonianza tra laltro del sincretismo linguistico del bagitto (il judeolecto

    livornese). In questa citazione si trovano infatti fusi italiano, castigliano e portoghese

    (questultima lingua presente con larticolo o). Alla fine, con la storia dellaria,

    neanche questa volta il matrimonio vien fissato.

    Ma quel che pi interessa la metafora del ventaglio. Alle ragazze sefardite

    serviva fisicamente per attenuare la calura estiva; ma simbolicamente per segnalare

    la condizione di nubilato, se agitato con alta frequenza. Le donne al contrario

    segnalavano di essere coniugate, sventolandolo lentamente. Si tratta di una metafora a

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    sfondo sessuale derivato; la giovine usa il ventaglio per sedare il calore del desiderio

    che si somma a quello della temperatura; la maritata invece lo sventola lentamente,

    giacch ha ormai un marito che calma i suoi ardori, e quindi deve far fronte solo al

    clima. un uso attestato ancor recentemente in Sicilia oltre che in Andalusia. Ecco

    come narra la vicenda Ascoli:

    Oh il belluso di allor che non nasconde

    in che stato la donna! Dai suoi moti

    che col ventaglio fa, luom non confonde

    la donna chha marito, e chi fa voti

    ardenti per averlo! Ti fai vento,

    o maritata, e lentamente scuoti

    le stecche con tranquillo movimento

    sul tuo bel seno e pare di sentirti:

    Io, marito ce lho! Oh qual contento!

    Tu, giovanetta dai bollenti spirti

    muovi veloce lo steccato foglio

    e ti cuopri e ti scuopri e sembra udirti:

    Io lo voglio, il marito, il voglio, il voglio!

    E i garzoni dallora tutti onesti

    non incorrevano in alcun imbroglio

    e i loro omaggi dedicavan presti

    alla ragazza che vuole farsi sposa,

    che muove il suo ventaglio a tratti lesti.

    (I parte, canto X, vv. 49-62, pp. 43-44)

    Cos concluderei, sperando di non aver troppo annoiato i miei pochi lettori, che

    comunque ringrazio della cortese attenzione.

    Paolo Edoardo Fornaciari

    Livorno Dubrovnik, giugno-agosto 2008