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P.A.M. Dirac e la bellezza della fisica seguì, nell'autunno 1923, con studi uni- versitari di matematica applicata e fisi- ca teorica all'Università di Cambridge. A quel tempo, a Cambridge erano di ca- sa eminenti scienziati - quali Joseph Lar- mor, J. J. Thomson, Ernest Ruther- ford, Arthur Stanley Eddington e James Jeans - e astri nascenti del calibro di James Chadwick, Patrick Blackett, Ed- ward A. Milne, Ralph Fowler, Douglas R. Hartree e Peter Kapitza. Affidato alla tutela di Fowler, Dirac apprese la teoria atomica e la meccanica statistica, argo- menti che non aveva studiato in prece- denza. Di quegli anni rammentò in se- guito: «Mi rinchiusi completamente nel lavoro scientifico, e continuai a dedicar- mi a esso giorno dopo giorno, salvo le domeniche, in cui riposavo e, se c'era bel tempo, facevo lunghe passeggiate solitarie in campagna». / fisici celebri in visita all'Universi- tà di Mosca sono invitati a lasciare una dichiarazione per i posteri su una lavagna. Niels Bohr, padre della teo- ria atomica quantistica, vi iscrisse il motto del famoso principio di comple- mentarità: Contraria non contradictoria sed complementa sunt (gli opposti non sono contraddittori, ma complementari). Hideki Yukawa, pioniere della moderna teoria dell'interazione nucleare forte, tracciò la frase: «L'essenza della natura è semplice». Paul Adrien Maurice Dirac scelse l'epigrafe: «Una legge fisica deve possedere bellezza matematica». Esattamente trent'anni fa Dirac scris- se, per un numero di «Scientific \ meri- can»: «Dio è un matematico di altissimo livello e si è servito di un formalismo estremamente evoluto per costruire l'u- niverso». Ispirato dal pensiero di Albert Einstein ed Hermann Weyl, Dirac, più di ogni altro fisico moderno, interpretò il concetto di «bellezza matematica» co- me una caratteristica intrinseca della na- tura e lo assunse a guida metodologica dell'indagine scientifica fino ad asserire che «una teoria dotata di bellezza mate- matica ha più probabilità di essere cor- retta che non una sgradevole che concor- di con qualche dato sperimentale». L'attenzione di Dirac per l'estetica e la logica della fisica matematica, asso- ciata a una reticenza e a un'introversione leggendarie, lo rese una delle figure più enigmatiche tra i grandi scienziati di questo secolo. Purtroppo sembra che il suo estremo razionalismo lo abbia spes- so condotto in sterili vicoli ciechi dopo gli straordinari successi conseguiti nei primi anni di attività. Tra i 23 e i 31 anni di età, infatti, Dirac formulò un originale e potente modello della meccanica quan- tistica, una teoria quantistica sull'emis- sione e sull'assorbimento di radiazione elettromagnetica da parte dei sistemi atomici (una versione primitiva ma im- portante dell'elettrodinamica quantisti- ca), l'equazione d'onda relativistica del- l'elettrone, il concetto di antimateria e una teoria dei monopoli magnetici. In- vece pochi dei suoi successivi contributi furono di valore assoluto, e nessuno eb- be il carattere rivoluzionario dei primi lavori. D irac nacque nel 1902 a Bristol, nel Regno Unito, secondo di tre figli di una famiglia che oggi sarebbe giudicata oppressiva. La «bestia nera» era il capo- famiglia, Charles Adrien Ladislas Dirac, che aveva sposato Florence Hannah Holten, figlia di un comandante di va- scello, dopo essere emigrato dalla Sviz- zera nel Regno Unito intorno al 1890. Charles visse lavorando come insegnan- te di francese presso il Merchant Ventu- rers' Technical College di Bristol, dove adottava criteri di disciplina estrema- mente autoritari. E gli stessi principi di decoro militaresco riservò ai componen- ti della famiglia Dirac. Lesinando sulle dimostrazioni d'affetto e identificando l'amore paterno con la disciplina, impri- gionò di fatto i suoi figli in una tirannia domestica che li isolò dalla vita sociale e culturale. Non riuscendo a ribellarsi, o non volendolo, Paul si rifugiò nel silen- zio e prese le distanze dal padre, ma que- gli anni infelici lo segnarono per sempre. Quando Charles Dirac morì, nel 1936, egli non ne fu afflitto, al punto da scri- vere alla futura moglie: «Adesso mi sen- to più libero». Fortunatamente Paul era animato da una ricchezza interiore in cui poteva tro- vare rifugio, e inoltre mostrava una pre- coce inclinazione naturale per la mate- matica. All'età di 12 anni si iscrisse al Merchant Venturers' Technical College. Questa scuola, a differenza di molti altri istituti dell'epoca, non offriva un'educa- zione classica basata sull'insegnamento del latino e del greco ma presentava mo- derni programmi di scienze, lingue e materie pratiche. Questi studi furono soddisfacenti per il giovane Dirac per- ché, come ebbe modo di dire, non «ap- prezzava il valore della cultura antica». Dopo aver portato a termine la scuola superiore entrò in un altro istituto ubica- to nello stesso edificio, l'Engineering College dell'Università di Bristol, ove intraprese studi di ingegneria elettrica non tanto per entusiasmo nei confronti di questa materia, ma perché convinto di meritare così l'approvazione del padre. Il programma di ingegneria lasciava poco spazio ad argomenti diversi dalla fisica e dalla matematica applicate. A di- spetto di queste lacune, Dirac fu affasci- nato dalle nuove teorie di Einstein sullo spazio, sul tempo e sulla gravità (le teo- rie della relatività speciale e generale) e ben presto le conobbe a fondo. Quando Dirac si laureò con il massi- mo dei voti, nel 1921, il mondo del la- voro era pesantemente condizionato dal- la depressione economica postbellica, ed egli fu salvato da una borsa di studio in matematica a Bristol, dopo la quale pro- «Era alto, magro, goffo ed estremamen- te taciturno» scrisse il fisico e biologo te- desco Walter Elsasser. «Era riuscito a dedicare tutte le proprie energie a un unico interesse preminente. Era quindi un uomo di grandezza straordinaria in un campo, ma con scarso interesse e li- mitate competenze nelle altre attività umane... In altre parole, era il prototipo della mente matematica superiore; ma, mentre in altri questa qualità coesiste con una grande varietà di interessi, nel caso di Dirac tutto fu volto al compi- mento della sua storica missione: l'isti- tuzione di una nuova scienza, la mec- canica quantistica, alla quale probabil- mente contribuì più di chiunque altro.» Preferiva una teoria bella a una poco elegante, ma di alto contenuto empirico perché, come soleva asserire, i fatti cambiano; e dimostrò che il suo punto di vista era corretto prevedendo l' esistenza dell' antimateria di R. Corby Hovis e Helge Kragh 76 LE SCIENZE n. 299, luglio 1993 LE SCIENZE n. 299, luglio 1993 77

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P.A.M. Dirace la bellezza della fisica

seguì, nell'autunno 1923, con studi uni-versitari di matematica applicata e fisi-ca teorica all'Università di Cambridge.A quel tempo, a Cambridge erano di ca-sa eminenti scienziati - quali Joseph Lar-mor, J. J. Thomson, Ernest Ruther-ford, Arthur Stanley Eddington e James

Jeans - e astri nascenti del calibro diJames Chadwick, Patrick Blackett, Ed-ward A. Milne, Ralph Fowler, DouglasR. Hartree e Peter Kapitza. Affidato allatutela di Fowler, Dirac apprese la teoriaatomica e la meccanica statistica, argo-menti che non aveva studiato in prece-

denza. Di quegli anni rammentò in se-guito: «Mi rinchiusi completamente nellavoro scientifico, e continuai a dedicar-mi a esso giorno dopo giorno, salvo ledomeniche, in cui riposavo e, se c'erabel tempo, facevo lunghe passeggiatesolitarie in campagna».

/

fisici celebri in visita all'Universi-tà di Mosca sono invitati a lasciareuna dichiarazione per i posteri su

una lavagna. Niels Bohr, padre della teo-ria atomica quantistica, vi iscrisse ilmotto del famoso principio di comple-mentarità: Contraria non contradictoriased complementa sunt (gli opposti nonsono contraddittori, ma complementari).Hideki Yukawa, pioniere della modernateoria dell'interazione nucleare forte,tracciò la frase: «L'essenza della naturaè semplice». Paul Adrien Maurice Diracscelse l'epigrafe: «Una legge fisica devepossedere bellezza matematica».

Esattamente trent'anni fa Dirac scris-se, per un numero di «Scientific \ meri-can»: «Dio è un matematico di altissimolivello e si è servito di un formalismoestremamente evoluto per costruire l'u-niverso». Ispirato dal pensiero di AlbertEinstein ed Hermann Weyl, Dirac, piùdi ogni altro fisico moderno, interpretòil concetto di «bellezza matematica» co-me una caratteristica intrinseca della na-tura e lo assunse a guida metodologicadell'indagine scientifica fino ad asserireche «una teoria dotata di bellezza mate-matica ha più probabilità di essere cor-retta che non una sgradevole che concor-di con qualche dato sperimentale».

L'attenzione di Dirac per l'estetica ela logica della fisica matematica, asso-ciata a una reticenza e a un'introversioneleggendarie, lo rese una delle figure piùenigmatiche tra i grandi scienziati diquesto secolo. Purtroppo sembra che ilsuo estremo razionalismo lo abbia spes-so condotto in sterili vicoli ciechi dopogli straordinari successi conseguiti neiprimi anni di attività. Tra i 23 e i 31 annidi età, infatti, Dirac formulò un originalee potente modello della meccanica quan-tistica, una teoria quantistica sull'emis-sione e sull'assorbimento di radiazioneelettromagnetica da parte dei sistemiatomici (una versione primitiva ma im-

portante dell'elettrodinamica quantisti-ca), l'equazione d'onda relativistica del-l'elettrone, il concetto di antimateria euna teoria dei monopoli magnetici. In-vece pochi dei suoi successivi contributifurono di valore assoluto, e nessuno eb-be il carattere rivoluzionario dei primilavori.

Dirac nacque nel 1902 a Bristol, nel Regno Unito, secondo di tre figli di

una famiglia che oggi sarebbe giudicataoppressiva. La «bestia nera» era il capo-famiglia, Charles Adrien Ladislas Dirac,che aveva sposato Florence HannahHolten, figlia di un comandante di va-scello, dopo essere emigrato dalla Sviz-zera nel Regno Unito intorno al 1890.Charles visse lavorando come insegnan-te di francese presso il Merchant Ventu-rers' Technical College di Bristol, doveadottava criteri di disciplina estrema-mente autoritari. E gli stessi principi didecoro militaresco riservò ai componen-ti della famiglia Dirac. Lesinando sulledimostrazioni d'affetto e identificandol'amore paterno con la disciplina, impri-gionò di fatto i suoi figli in una tiranniadomestica che li isolò dalla vita socialee culturale. Non riuscendo a ribellarsi, onon volendolo, Paul si rifugiò nel silen-zio e prese le distanze dal padre, ma que-gli anni infelici lo segnarono per sempre.Quando Charles Dirac morì, nel 1936,egli non ne fu afflitto, al punto da scri-vere alla futura moglie: «Adesso mi sen-to più libero».

Fortunatamente Paul era animato dauna ricchezza interiore in cui poteva tro-vare rifugio, e inoltre mostrava una pre-coce inclinazione naturale per la mate-matica. All'età di 12 anni si iscrisse alMerchant Venturers' Technical College.Questa scuola, a differenza di molti altriistituti dell'epoca, non offriva un'educa-zione classica basata sull'insegnamentodel latino e del greco ma presentava mo-

derni programmi di scienze, lingue ematerie pratiche. Questi studi furonosoddisfacenti per il giovane Dirac per-ché, come ebbe modo di dire, non «ap-prezzava il valore della cultura antica».Dopo aver portato a termine la scuolasuperiore entrò in un altro istituto ubica-to nello stesso edificio, l'EngineeringCollege dell'Università di Bristol, oveintraprese studi di ingegneria elettricanon tanto per entusiasmo nei confrontidi questa materia, ma perché convinto dimeritare così l'approvazione del padre.

Il programma di ingegneria lasciavapoco spazio ad argomenti diversi dallafisica e dalla matematica applicate. A di-spetto di queste lacune, Dirac fu affasci-nato dalle nuove teorie di Einstein sullospazio, sul tempo e sulla gravità (le teo-rie della relatività speciale e generale) eben presto le conobbe a fondo.

Quando Dirac si laureò con il massi-mo dei voti, nel 1921, il mondo del la-voro era pesantemente condizionato dal-la depressione economica postbellica, edegli fu salvato da una borsa di studio inmatematica a Bristol, dopo la quale pro-

«Era alto, magro, goffo ed estremamen-te taciturno» scrisse il fisico e biologo te-desco Walter Elsasser. «Era riuscito adedicare tutte le proprie energie a ununico interesse preminente. Era quindiun uomo di grandezza straordinaria inun campo, ma con scarso interesse e li-mitate competenze nelle altre attivitàumane... In altre parole, era il prototipodella mente matematica superiore; ma,mentre in altri questa qualità coesistecon una grande varietà di interessi, nelcaso di Dirac tutto fu volto al compi-mento della sua storica missione: l'isti-tuzione di una nuova scienza, la mec-canica quantistica, alla quale probabil-mente contribuì più di chiunque altro.»

Preferiva una teoria bella a una poco elegante, ma di alto contenutoempirico perché, come soleva asserire, i fatti cambiano; e dimostrò cheil suo punto di vista era corretto prevedendo l' esistenza dell' antimateria

di R. Corby Hovis e Helge Kragh

76 LE SCIENZE n. 299, luglio 1993

LE SCIENZE n. 299, luglio 1993 77

Memorabilia

Nel 1931, quando era lettore a Cam-bridge, Nevill Mott scrisse ai genitori:«Dirac è pressappoco come l'ideache ci si fa di Gandhi. È stato a cenada noi... Era proprio un'ottima cenet-ta, ma sono sicuro che, se gli aves-simo offerto soltanto del porridge,non vi avrebbe badato. Va a Cope-naghen sulla rotta del Mare del Nordperché pensa di doversi curare dalmal di mare. Non riesce assoluta-mente a fingere di pensare qualcosache non pensi veramente. All'epocadi Galileo sarebbe stato un martirepienamente soddisfatto».

Eugene Wigner

J. Robert Oppenheimer

Una volta Dirac partecipò a un pranzo con Eu-gene Wigner e Michael Polanyi. Si scatenòuna vivace discussione sulla scienza e la so-cietà, durante la quale Dirac non disse una pa-rola. Richiesto della sua opinione, rispose: «Cisono sempre più persone disposte a parlareche persone disposte ad ascoltare».

Un fisico francese, che parlava a stento l'ingle-se. fece visita a Dirac. Questi ascoltò pazien-temente mentre il collega tentava di trovare ivocaboli inglesi corretti per esporre le proprieopinioni. A un tratto la sorella di Dirac entrònella stanza chiedendo, in francese, qualcosaal fratello, il quale a sua volta rispose in ottimofrancese. Naturalmente l'interlocutore si indi-gnò, e proruppe: «Perché non mi avete dettoche parlate francese?» E Dirac replicò candi-damente: «Perché non me lo avete chiesto-.

Nel 1934, passando da Berkeley di-retto in Giappone. Dirac incontrò J.Robert Oppenheimer, che gli offrìdue libri da leggere durante il viag-gio. Dirac, educatamente, rifiutò, di-cendo che la lettura interferisce colpensiero. Una volta il fisico russo Pe-ter Kapitza diede a Dirac una tradu-zione inglese dell'opera di Fédor Do-stojevskij Delitto e castigo. Dopoqualche tempo Kapitza chiese a Di-rac se avesse apprezzato il libro. Ilsuo solo commento fu: «E molto gra-devole, ma in un capitolo l'autore hacommesso un errore, descrivendodue volte nello stesso giorno il sor-gere del Sole». Dietro consiglio, Di-rac lesse anche Guerra e pace di LevNikolajeviò Tolstoj: gli occorsero dueanni.

Peter Kapitza

Dirac sfuggiva la pubblicità. Sulle prime eraintenzionato a rifiutare il premio Nobel. Il gior-no per il quale era fissata la sua nomina allaCattedra lucasiana, se ne andò allo zoo perevitare le troppe congratulazioni. Rifiutò tutti ititoli onorari: tuttavia molti gli furono assegnatiin sua assenza e, evidentemente, senza il suoconsenso.

All'inizio degli anni cinquanta, a Cambridge,Dirac fu assegnato come relatore a DennisSciama per la tesi di dottorato. Un giornoSciama entrò entusiasticamente nell'ufficio diDirac, strepitando: «Professore, ho appenatrovato un modo per correlare la formazionedelle stelle alle questioni cosmologiche. Pos-so parlarvene?» Dirac replicò: «No». Fine del-la conversazione. Dirac non sembrava ren-dersi conto che la sua concisione e il suo can-dore potevano essere percepiti come maledu-cazione e impudenza.

Quando Dirac partecipava a una conferenza,si sforzava di presentare i suoi testi con lamassima lucidità e immediatezza. E conside-rava illogico cambiare le frasi scelte con tantacura solo perché non erano state ben afferra-te. Più di una volta qualcuno, tra il pubblico,gli chiese di ripetere un passaggio che nonaveva capito, il che sottintendeva che l'ascol-tatore avrebbe gradito una spiegazione piùampia. In questi casi Dirac ripeteva ciò cheaveva detto in precedenza, usando esatta-mente le stesse parole.

Sei mesi dopo il suo arrivo all'ateneopubblicò il primo articolo scientifico enei due anni seguenti ne produsse un'al-tra decina. All'epoca in cui completò ladissertazione di dottorato, nel maggio1926, aveva già scoperto una originaleformulazione della meccanica quantisti-ca e tenuto il primo corso di meccanicaquantistica che si sia istituito in un'uni-versità britannica. Dopo soli 10 anni dalsuo ingresso a Cambridge, appena tren-tunenne, sarebbe stato insignito del pre-mio Nobel per la fisica per la sua «sco-perta di nuove fertili forme della teoriaatomica... e per le sue applicazioni».

GGli otto anni di straordinaria produzio-ne scientifica della vita di Dirac eb-

bero inizio nell'agosto 1925, allorché ri-cevette da Fowler le bozze di un articoloin corso di pubblicazione di cui era au-tore un giovane fisico teorico tedesco,Wemer Heisenberg (si veda l'articoloHeisenberg, l'indeterminazione e la ri-voluzione quantistica di David C. Cas-sidy in «Le Scienze» n. 287, luglio1992). Quell'articolo esponeva i fonda-menti matematici di una rivoluzionariateoria dei fenomeni atomici che sarebbepresto diventata famosa con il nome dimeccanica quantistica. Dirac compreseimmediatamente che il lavoro di Hei-senberg apriva una strada completamen-te nuova nella ricerca sul mondo dei fe-

nomeni a scala ultramicroscopica. Nelcorso dell'anno successivo Dirac rifor-mulò le fondamentali intuizioni di Hei-senberg in una originale teoria dellameccanica quantistica che prese il nomedi algebra dei q-numeri, dal termine dalui impiegato per indicare grandezze fi-siche «osservabili» come la posizione, laquantità di moto o l'energia.

Sebbene la sua opera avesse meritatoa Dirac ampi e rapidi riconoscimenti,molti dei suoi risultati furono contempo-raneamente ottenuti in Germania da unfolto gruppo di teorici, tra i quali Hei-senberg, Max Born, Wolfgang Pauli ePascual Jordan, con i quali Dirac ingag-giò un'aperta competizione. Born. Hei-senberg e Jordan elaborarono lo schemainiziale di Heisenberg in termini di ma-tematica matriciale. In seguito, nella pri-mavera del 1926, il fisico austriaco Er-win Schródinger propose un'altra teoriaquantistica, l meccanica ondulatoria,che conduceva agli stessi risultati delleben più astratte teorie formulate da Hei-senberg e Dirac e si prestava più facil-mente al calcolo. Molti fisici supposeroche i tre modelli altro non fossero chesemplici rappresentazioni particolari diuna più generale teoria della meccanicaquantistica.

Durante un soggiorno di sei mesipresso l'Istituto di fisica teorica di Co-penaghen, Dirac intuì la teoria generale

che tanti scienziati avevano auspicato,un'ossatura che includeva tutti gli sche-mi particolari e forniva precise regoleper trasformarli l'uno nell'altro. La «teo-ria delle trasformazioni» di Dirac, insie-me con un analogo modello elaborato al-lo stesso tempo da Jordan, pose i fonda-menti per ogni successivo sviluppo dellameccanica quantistica.

Il 26 dicembre 1927 il fisico britanni-co Charles G. Darwin (nipote del celebrenaturalista) scrisse a Bohr: «Mi trovavoa Cambridge pochi giorni fa, e vi ho in-contrato Dirac. Ora dispone di un siste-ma di equazioni completamente nuovoche descrive correttamente lo spin in tut-te le situazioni e sembra essere "la co-sa". Le sue sono equazioni differenzialidel primo ordine, non del secondo!».

L'equazione di Dirac per l'elettroneera davvero «la cosa», poiché a un tem-po soddisfaceva le condizioni della teo-ria della relatività speciale e rendevaconto dello «spin» dell'elettrone, unagrandezza misurabile sperimentalmenteche poteva assumere i valori +1/2 o—1/2, «su» o «giù». L'equazione origi-nale di Schriidinger aveva fallito in que-sta impresa perché non era relativistica,e la sua estensione relativistica, l'equa-zione di Klein-Gordon, non poteva darragione dello spin.

L'uso di equazioni differenziali delprimo ordine, tanto degno di nota per

Darwin, era decisivo per due ragioni. In-nanzitutto Dirac aveva voluto conserva-re la struttura formale dell'equazione diSchriidinger, che conteneva una derivataprima rispetto al tempo. In secondo luo-go, doveva assecondare le restrizionidella teoria della relatività, che colloca-va lo spazio e il tempo sullo stesso pia-no. La difficile conciliazione di questecondizioni effettuata da Dirac era altempo stesso bella e funzionale: quandoapplicò la nuova equazione al caso di unelettrone che si muove in un campo elet-tromagnetico, ne scaturì spontaneamen-te il valore esatto dello spin.

Questa deduzione di una proprietà fi-sica da principi primi impressionò gliscienziati, che ne parlarono come di un«miracolo», di «una meraviglia assolu-ta», e si apprestarono ad analizzarne lesottigliezze. Alla fine, questa linea di ri-cerca portò alla nascita dell'analisi spi-noriale e allo sviluppo delle equazionid'onda relativistiche per particelle conspin diverso da 1/2. In un'altra provvidaoccasione, quando Dirac e altri scienzia-ti applicarono l'equazione all'atomo diidrogeno, riuscirono a riprodurre conestrema precisione le righe spettrali os-servate sperimentalmente. Meno di unanno dopo la pubblicazione, l'equazionedi Dirac era già diventata ciò che è ri-masta fino ai nostri giorni: una pietra an-golare della fisica moderna.

Nel 1977 Dirac scrisse: "Tra tutti i fi-sici che ho conosciuto, penso cheErwin Schrodinger sia uno di quelliche ho sentito più vicini a me. Mi so-no trovato d'accordo con Schrodin-ger più facilmente che con chiunquealtro. Credo che la ragione di que-sto risieda nel fatto che entrambi ab-biamo una grandissima considera-zione per la bellezza matematica del-le leggi fisiche... Era una specie di at-to di fede, per noi, che qualsiasiequazione deputata a descrivere leleggi fondamentali della Natura do-vesse avere, in sé, una grande bel-lezza matematica».

Erwin Schrticlinger

A doratore della logica matematica, Di-rac era anche un maestro di intui-

zione. Questi tratti intellettuali apparen-temente contraddittori non si appalesa-rono mai tanto apertamente come nellasua teoria delle «buche», elaborata tra il1929 e il 1931. Questo modello illumi-nava un intero mondo sfuggito all'atten-zione dei fisici.

La teoria prese le mosse dall'intuizio-ne di Dirac che la sua equazione non ri-guardava soltanto i familiari elettroni dienergia positiva, ma anche elettroni do-tati di energia negativa. Queste particelleavrebbero mostrato proprietà assoluta-mente particolari. Inoltre le particellecon energia positiva avrebbero dovutonormalmente cadere in questi stati aenergia negativa, provocando il collassodel mondo che ci circonda!

Sul finire del 1929 Dirac trovò unascappatoia per sfuggire all'enigma postodall'esistenza apparentemente inevitabi-le di elettroni con energia negativa in na-tura. Egli immaginò che il vuoto costi-tuisca un «mare» uniforme di stati aenergia negativa riempiti da elettroni.Poiché il principio di esclusione di Paulivieta che due elettroni occupino lo stes-so stato quantico, gli elettroni con ener-gia positiva si manterrebbero al di sopradel mare invisibile, a formare gli stati«eccitati» che si osservano in natura.Uno stato eccitato potrebbe anche essere

creato fornendo a un elettrone energiapositiva a sufficienza per portarlo soprail mare; nel processo si creerebbe una«buca» in cui potrebbe cadere un altroelettrone con energia negativa. «Questebuche saranno oggetti dotati di energiapositiva e perciò dovranno essere trattaticome particelle ordinarie» scrisse Diracall'inizio del 1930.

Ma con quale particella si potrebbeidentificare una buca? All'epoca si pro-ponevano due possibili candidati, e Di-rac li prese in considerazione entrambi:il protone e l'«elettrone positivo». Laprima scelta, il protone, fece sorgerequasi immediatamente due gravi diffi-coltà. In primo luogo ci si aspetterebbeche un elettrone, occasionalmente, possacompiere un salto energetico verso ilbasso e andare a colmare una buca, nelqual caso le due particelle si annichile-rebbero, con emissione di radiazionegamma; ma queste annichilazioni proto-ne-elettrone non erano mai state osser-vate. Inoltre, era evidente che il candi-dato adatto doveva essere identico all'e-lettrone in ogni caratteristica, fatta ecce-zione per la carica elettrica, mentre eraben noto che il protone ha massa pari acirca 2000 volte quella dell'elettrone.

Nondimeno Dirac, spronato dal suodesiderio di semplicità, preferì inizial-mente il protone per il ruolo di buca. Nel1930 il protone e l'elettrone erano le so-le particelle fondamentali osservate spe-rimentalmente, ed egli non era inclineall'idea di introdurre una nuova entitàpriva di supporto sperimentale. In più,se i protoni avessero potuto essere inter-pretati come stati a energia negativa la-sciati vacanti da elettroni, il numero del-le particelle elementari si sarebbe ridottoa una sola unità: l'elettrone. E una sem-plificazione di questo genere, secondoDirac, sarebbe stata «il sogno dei filoso-fi». Presto, però, non fu più possibile op-porsi alle obiezioni a questa sua inizialeinterpretazione e nel maggio 1931 egliripiegò, non senza riluttanza, sul secon-do candidato, l'antielettrone, «un nuovotipo di particella, sconosciuto alla fisicasperimentale, che ha la stessa massa diun elettrone e carica di segno opposto».La completa simmetria tra particelle dicarica positiva e di carica negativa cheveniva alla luce dalla sua teoria gli diedeun'ulteriore spinta a riconoscere all'an-tiprotone una possibilità di esistenza teo-rica. Quindi Dirac dovette raddoppiare ilnumero delle particelle elementari signi-ficative e porre le basi per speculazionisu interi mondi costituiti da antimateria.

Egli ipotizzò anche l'esistenza diun'altra particella, il monopolo magne-tico, che sarebbe dotato di una caricamagnetica isolata, come accade per lacarica elettrica del protone e dell'elettro-ne. Ancora oggi non vi sono prove spe-rimentali certe dell'esistenza dei mono-poli magnetici (si veda l'articolo Mono-poli magnetici superpesanti di RichardA. Carrigan, Jr., e W. Peter Trower in«Le Scienze» n. 166, giugno 1982).

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Nel settembre 1932 a Dirac fu affidatala Cattedra lucasiana di matematicapresso l'Università di Cambridge, un in-carico che Isaac Newton aveva tenutoper 30 anni e che Dirac avrebbe conser-vato per 37 (la cattedra è attualmente as-segnata a Stephen W. Hawking). Inquello stesso mese un giovane ricercato-re del California Institute of Techno-logy, Cari D. Anderson, sottopose all'at-tenzione della rivista «Science» un arti-colo che descriveva l'apparente rivela-zione, nella radiazione cosmica, di «unaparticella dotata di carica elettrica posi-tiva e di massa paragonabile a quelladell'elettrone». Sebbene questa scopertanon fosse affatto stata ispirata dal mo-dello di Dirac, la nuova particella, bat-tezzata «positrone», fu generalmenteidentificata con l'antielettrone di Dirac.Quando, nel 1933 a Stoccolma, fu insi-gnito del premio Nobel, il trentunenneDirac tenne una conferenza sulla «teoriadegli elettroni e positroni». Tre anni do-po Anderson, anch'egli trentunenne, ri-cevette il premio Nobel per aver pro-mosso la particella di Dirac dal semplicedominio delle ipotesi.

Elettrodinamica quantistica (QED) è ilnome dato a una teoria quantistica

del campo elettromagnetico. Verso lametà degli anni trenta i tentativi di for-mulare una soddisfacente teoria quanti-stica relativistica dei campi arrivarono aun punto di stallo, e molti fisici conclu-sero che era necessario un drastico cam-biamento di tendenza. Verso la fine de-gli anni venti Dirac aveva dato contribu-ti innovativi in elettrodinamica quanti-stica ed era dolorosamente consapevoledelle insufficienze formali della strutturateorica esistente, costruita principalmen-te intorno a un modello proposto da Hei-senberg e Pauli nel 1929. Dirac etichettòquella teoria come illogica e «turpe».Per di più, alcuni calcoli che ne facevanouso conducevano a integrali divergenti(tendenti all'infinito) cui non si poteva

attribuire alcun significato fisico. Nel1936 Dirac elaborò una teoria alternati-va in cui si eliminava la conservazionedell'energia. Sebbene questa propostaradicale sia stata rapidamente confutatain sede sperimentale, Dirac continuò acriticare la teoria di Heisenberg-Pauli ea cercarne quasi ossessivamente una mi-gliore. Nel 1979, ricordando la sua car-riera, scrisse: «In realtà ho trascorsola vita tentando soprattutto di trovareequazioni migliori per l'elettrodinamicaquantistica, e fin qui senza successo, macontinuo a lavorare in questa direzione».

Un percorso logico verso un'elettro-dinamica quantistica perfezionata sareb-be consistito nell'utilizzare, come rampadi lancio, una migliore teoria classicadell'elettrone. Nel 1938 Dirac perseguìquesta strategia e formulò una teoria re-lativistica classica dell'elettrone che mi-gliorò decisamente qualla proposta daH. A. Lorentz all'inizio del secolo. Lateoria di Dirac sfociò in un'equazione dimoto esatta per un elettrone (trattato co-me una particella delle dimensioni di unpunto). Poiché la teoria evitava gli infi-niti e altri termini ambigui, sembrò chefosse possibile approdare a un'elettro-dinamica quantistica priva di integralidivergenti. Invece, formulare una soddi-sfacente versione quantomeccanica dellateoria classica si dimostrò più problema-tico di quanto Dirac avesse previsto.Egli lottò per più di vent'anni con questoproblema, ma invano.

Tra il 1947 e il 1948 fu formulata unanuova teoria elettrodinamica che risol-veva, in senso pratico, il problema del-la divergenza che in precedenza avevacompromesso i calcoli. I pionieri di que-sta nuova teoria, Sin-itiro Tomonaga inGiappone e Richard P. Feynman, JulianSchwinger e Freeman Dyson negli StatiUniti, proposero un metodo detto «rinor-malizzazione», in cui le grandezze chenei calcoli teorici tendevano all'infinitovenivano di fatto sostituite dai valori mi-surati sperimentalmente della massa e

della carica dell'elettrone. Questo meto-do di eliminazione della divergenza resepossibili previsioni estremamente accu-rate, e i molti successi empirici della teo-ria convinsero i fisici ad adottare la ri-normalizzazione come il metodo per l'e-lettrodinamica quantistica.

Dirac, però, si oppose al metodo dellarinormalizzazione, giudicandolo «com-plicato e sgradevole» quanto la vecchiateoria di Heisenberg e Pauli. Egli ritene-va che una teoria che opera con espe-dienti matematici ad hoc, non diretta-mente dettati da principi fisici fonda-mentali, non può essere buona, perquanto bene riproduca i risultati speri-mentali. Le sue obiezioni, però, furonoperlopiù trascurate. Negli ultimi anni fucostretto ad ammettere che non solo erastato isolato dalla comunità scientifica,ma anche che nessuna delle sue proposteper ricostruire l'elettrodinamica quanti-stica aveva avuto successo.

La battaglia di Dirac per una teoriaquantistica dei campi alternativa diedecomunque qualche significativo risulta-to. Uno di questi fu la sua importanteteoria classica dell'elettrone, già men-zionata in precedenza. Un altro fu unanuova notazione adottata in meccanicaquantistica, il formalismo «bra-ket» o«bracket» (che, in inglese, significa pa-rentesi), che introdusse elegantementenell'argomento la potente matematicadegli spazi vettoriali o spazi di Hilbert.Questo formalismo ebbe ampia diffusio-ne grazie alla terza edizione (del 1947)dell'influente libro di testo di DiracThe Principles of Quantum Mechanicsed è ancora ai giorni nostri il linguag-gio matematico preferito in meccanicaquantistica.

Tn generale, Dirac lavorò soltanto inaree piuttosto specializzate della teo-

ria quantistica. Perciò parve in qualchemodo sorprendente che, nel 1937, si av-venturasse nel campo della cosmologiacon una nuova idea che sviluppò in undefinito modello di universo. Il suo in-teresse per questi argomenti era in mas-sima parte ispirato da due dei suoi pri-mi maestri di Cambridge, Milne ed Ed-dington, e dalle discussioni con un gio-vane talento dell'astrofisica, l'indianoSubrahmanyan Chandrasekhar, del qua-le fu relatore per la stesura di una partedella tesi di laurea a Cambridge.

Verso l'inizio degli anni trenta. Ed-dington si era imbarcato in un program-ma di ricerca ambizioso e non ortodos-so, grazie al quale aspirava a dedurre ivalori delle costanti fondamentali del-

Il concetto di antimateria, che Dirac in-trodusse nel 1931, si sviluppò diretta-mente dalla sua teoria delle «buche»,qui delineata in una lettera a Niels Bohrdatata 26 novembre 1929. È un esempiodella chiarezza, della concisione e dellagrafia ordinata caratteristiche di Dirac.

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DIRAC (1928) SCHWINGER-FEYNMAN-TOMONAGA (1947-1948)

Lo spettro dell'idrogeno

La riga alfa dello spettro dell'idrogeno illustra i progressi della teoria ato-mica da quando Niels Bohr, nel 1913, la spiegò per primo come il risul-

tato di un singolo salto quantico. Allorché i progressi sperimentali rivelaronola struttura fine della riga. Arnold Sommerfeld combinò la teoria atomica diBohr e la relatività speciale di Einstein per spiegare le componenti spettralicome dovute a numerose transizioni. I tentativi di ricavare i risultati di Som-merfeld dalla meccanica quantistica fallirono fino al 1928. quando la teoriadell'elettrone di Dirac riuscì a riprodurre esattamente i risultati del modellodi Sommerfeld. Successive misurazioni rivelarono una struttura ancora piùfine, che fu spiegata dal punto di vista teorico alla fine degli anni quaranta.grazie all'elettrodinamica quantistica moderna formulata da Julian Schwin-ger, Richard Feynman e Sin-itiro Tomonaga. Dirac avversò questa nuovateoria perché era, a suo parere, «solo un insieme di regole che funzionano»,e non una teoria completa costruita su fondamenta «belle e solide».

BOHR (1913)

FREQUENZA

la natura gettando un ponte tra la teo-ria quantistica e la cosmologia. Questaricerca di una vera e propria «teoriafondamentale», come la denominò Ed-dington, estese l'indagine razionale aldominio della speculazione metafisica,dando luogo - come accusò un critico -a una «combinazione di paralisi della ra-gione e di intossicazione della fantasia».Dirac accolse con scetticismo le imma-ginifiche affermazioni di Eddington, marimase fortemente impressionato dallasua filosofia della scienza, che sottoli-neava la potenza del puro ragionamentomatematico, e dalla sua idea di una con-nessione fondamentale tra microcosmo emacrocosmo.

Nel suo primo articolo di cosmologiaDirac focalizzò l'attenzione sui grandis-simi numeri «puri», ovvero adimensio-nali, che si possono costruire combinan-do le costanti fondamentali (come la co-stante di gravità, la costante di Planck,la velocità della luce e la massa e la ca-rica dell'elettrone e del protone) in mo-do che le loro unità di misura si elidano.Egli sostenne che soltanto questi grandinumeri hanno un significato profondo innatura.

Per esempio, si sapeva che il rapportotra la forza elettrostatica che si esercitatra un protone e un elettrone e la forzagravitazionale tra le medesime particelleè un numero molto grande, circa 1039.Dirac osservò che, stranamente, questonumero era prossimo all'età allora sti-mata dell'universo espressa in termini diun'appropriata unità di tempo, ossia iltempo necessario alla luce per percorre-

re il diametro di un elettrone secondo lateoria classica.

Dirac era a conoscenza di numerosecorrelazioni di questo tipo tra grandi nu-meri puri, ma, anziché considerarle merecoincidenze, sostenne che esse costitui-vano l'essenza di un nuovo importanteprincipio cosmologico, che battezzò ipo-tesi dei grandi numeri: «Due qualsiasidei grandi numeri adimensionali che siosservano in natura sono connessi dauna semplice relazione matematica, incui i coefficienti sono dell'ordine digrandezza dell'unità»..

A partire da questo principio Diracgiunse facilmente, ma con molte contro-versie, alla conclusione che la costantedi gravità G è inversamente proporzio-nale all'età dell'universo e quindi deveessere costantemente decrescente al pro-cedere del tempo cosmico.

Verso il 1938 Dirac aveva dedottodall'ipotesi dei grandi numeri diverseconseguenze suscettibili di verifica spe-rimentale e aveva delineato il suo perso-nale modello dell'universo basandosi suquel principio. Tuttavia la maggior partedei fisici e degli astronomi - cui era ve-nuto sempre più a noia l'approccio ra-zionalista alla cosmologia - rifiutò le sueidee. Soltanto alcuni decenni più tardi,durante gli anni settanta, Dirac riprese isuoi lavori di cosmologia, perlopiù sullabase della sua teoria originaria, difen-dendo l'ipotesi dei grandi numeri e laprevisione di una costante gravitazionalevariabile dalle obiezioni basate sulle os-servazioni sperimentali, e tentando dimodificare il modello per adeguarlo alle

nuove scoperte, come per esempio la ra-diazione cosmica di fondo a microonde.I suoi sforzi non gli valsero grande con-siderazione ed egli rimase - in cosmo-logia come in elettrodinamica quantisti-ca - estraneo alle principali correnti diricerca.

nirac fu indissolubilmente legato allavoro, e i colleghi lo considerarono

sempre uno scapolo impenitente. Fuquindi una sorpresa quando, nel 1937,sposò Margit Wigner, sorella dell'emi-nente fisico ungherese Eugene Wigner.Margit era vedova, aveva avuto un figlioe una figlia dal precedente matrimonioed ebbe altre due figlie dal matrimoniocon Dirac. Come prevedibile, egli rima-se avulso dalla vita familiare. «E un'iro-nia che solo la vita può produrre il fattoche Paul abbia sofferto a opera di suopadre, il quale aveva le stesse sue diffi-coltà con la famiglia» scrisse Margit.«Paul, sebbene non sia stato un padre ti-ranno, rimase troppo lontano dai figli.Che la storia si ripeta è semplicementetroppo vero nella famiglia Dirac.»

Dirac non coltivò mai un interesse perl'arte, la musica o la letteratura, e fre-quentò sporadicamente il teatro. Le suesole passioni, fatta eccezione per la fisi-ca, erano i viaggi e le passeggiate inmontagna. Era un camminatore infatica-bile e spesso nelle escursioni dimostròdoti di resistenza che meravigliarono chilo conosceva soltanto dalle conferenze odai banchetti ufficiali. I suoi viaggi loportarono a fare per tre volte il giro delmondo, e a scalare alcune delle più altevette d'Europa e d'America.

Nel settembre 1969 Dirac rinunciò al-la Cattedra lucasiana e l'anno dopo de-cise, con la moglie, di lasciare definiti-vamente il Regno Unito per il clima cal-do della Florida, dove ottenne un inca-rico presso la Florida State University aTallahassee. Continuò a lavorare e par-tecipò a innumerevoli conferenze, finchéla salute glielo consentì. Morì a Tal-lahassee nell'ottobre 1984.

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