p piano rimettere al centro la famiglia … non solo...
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La gioia diappartenere alla comunità
“Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano
insieme!E’ come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne… E’ come rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre.”Le bellissime e poetiche parole del Salmo 112 esaltano la gioia di vivere nella comunità dei fratelli. Oltre che bella, è una condizione buona e giusta che viene incontro a quella che è una disposizione naturale dell’uomo, che non è stato creato per vivere solo: l’uomo si rivolge istintivamente al suo simile, cerca i rapporti interpersonali, li costruisce, li persegue, li conserva. L’uomo è davvero una creatura per natura sociale. Tanti sono gli ambiti nei quali questa attitudine mette il seme e si sviluppa: la famiglia, prima comunità per l’uomo indispensabile per la sua crescita; poi la comunità scolastica, i centri di aggregazione sportiva, la società civile, la comunità parrocchiale, i movimenti, o semplicemente gli ambiti in cui crescono e si rinsaldano i legami di amicizia. Ma oltre al dato dell’esperienza che permette di cogliere l’importanza di una rete di relazioni e legami entro i quali si sviluppa la vita singola e della società, esiste un ambito la cui importanza consente la crescita di una gioia autentica: la comunità cristiana, voluta da Gesù per la salvezza degli uomini. Nella comunità si riceve il dono del Battesimo, si continua il percorso di fede, e si partecipa all’Eucarestia domenicale, rinsaldando i legami tra fratelli. E’ nella comunità che può realizzarsi per ogni uomo l’incontro che lo rende partecipe della salvezza secondo un metodo che è umano e concreto, fatto di volti e voci, di persone che annunciano che Gesù il Figlio di Dio si è fatto uomo, è entrato nella storia per portarci alla felicità e alla salvezza.Negli Atti degli Apostoli si leggono parole bellissime sulla prima comunità cristiana: i fedeli vivevano come fratelli, mettendo tutto in comune,
erano assidui alla preghiera, ai gesti di carità, all’Eucarestia. Le nostre comunità do
vrebbero avvicinarsi a quell’ideale: è vero, noi viviamo in tempi storici e in contesti sociali completamente diversi, ma l’impegno e il compito nostro sono quelli di vivere quella pienezza di vita e di relazioni che il Signore ha preparato per noi.
Maria Teresa A.
Una traccia per il cammino che ci sta davanti
P ropongo di considerare, d’ora innanzi, l’inizio dell’Anno Pastorale non fa
cendolo coincidere con il rientro dalle ferie a fine agosto o con la ripresa dell’anno scolastico all’inizio di settembre, ma con l’inizio del nuovo anno liturgico, cioè con la prima domenica di Avvento. La scelta non consiste in un semplice cambiamento di calendario, ma comporta anche una novità di metodo.Il prImo anno del trIennIo: rIflessIone e verIfIcaVorrei che il primo anno del triennio (I domenica di Avvento 2010 Solennità di Cristo Re 2011) fosse considerato un anno dedicato alla riflessione e alla verifica in rapporto a quanto abbiamo fatto fin qui:
cioè un periodo in cui non mettiamo a tema nuovi contenuti né intraprendiamo nuove sperimentazioni.Potremo dedicarci con più agio ad avviare le verifiche di quanto stiamo facendo; non siamo molto abituati a dedicare tempo ed energie a questa riflessione, che invece se condotta bene e con i criteri di un giusto discernimento cristiano si rivela preziosa per correggere errori, dare più continuità ed efficacia alle scelte, orientare l’investimento delle risorse disponibili;
Il secondo anno del trIenno: la parola dI dIoIl secondo anno (I domenica di Avvento 2011 Solenni tà di Cristo Re 2012), nel quale speriamo di poter usufruire della prevista Esortazione post sinodale di Be
nedetto XVI sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa, sarà perciò dedica to: a. anzitutto alla verifica di quanto la Parola di Dio sia veramente ascoltata, conosciuta, pregata, vis-suta di fatto nelle nostre comunità: famiglie, gruppi, parrocchie, as sociazioni e movimenti...;b. e, di conseguenza, ad una rinnovata proposta di oc casioni e percorsi, di tradizioni e di sane abitudini (che non si esauriscano nell’arco dell’anno, ovviamente) che si rivelino utili per una maggiore diffusione della co noscenza delle Scritture, in particolare e anzitutto dei Van geli, senza la quale non c’è vera conoscenza del Signore Gesù Cristo. Con quello che ne deriva...
Il terzo anno del trIennIo: la celebrazIone eucarIstIcaDurante il terzo anno (I domenica di Avvento 2012 Solennità di Cristo Re 2013), vorrei che la nostra attenzione si volgesse a quel momento della vita cristiana che, come ci ricorda il Vaticano II, è fonte e culmine di tutta l’esperienza cristiana: mi riferisco alla celebrazione eucaristica, alla quale sarà necessario porre nuova attenzione per ridare vita agli stili della festa cristiana e soprattutto della domenica, af finché ritorni ad essere veramente il giorno del Signore, e più in genere, mi riferisco alla centralità di Cristo nelle altre celebrazioni sacramentali e nella liturgia.
† Diego ColeTTi, Vescovo di Como
RIMETTERE AL CENTRO LA FAMIGLIA … NON SOLO A PAROLE
Oggi viviamo in un momento particolare della storia del nostro Paese,
nel quale sta prevalendo un clima di quotidiana inquietudine, pensiamo ai tristi fatti di cronaca che ci propinano i giornali o la tv, e di precarietà, pensiamo alla crisi del mondo del lavoro che sembra non avere fine. L’illegalità imperante ha creato un deserto economico e sociale intorno a sé.In un quadro del genere noi tutti, in particolare i giovani, siamo spinti a guardare solo al nostro presente e a ritenere che il nostro futuro sia divenuto troppo incerto per poter costruire un concreto progetto di vita. Ed invece è proprio ora che occorre rispondere alla crisi
generale dei valori ponendo al centro dell’esistenza il più importante progetto di vita per l’uomo: la famiglia.L’osservanza di regole sociali quali l’onestà e la legalità, la condivisione di valori comuni come la fiducia, il rispetto di sé e degli altri, il riconoscimento del lavoro come valore fondante della persona, qualità come la creatività, la tenacia e il coraggio nell’affrontare i problemi: sono tutte doti che vengono trasmesse dalla famiglia. Si tratta infatti di virtù che vengono insegnate dai genitori ai figli ed assorbite sin da bambini diventano patrimonio personale dell’individuo. La famiglia è il principale, se non l’unico, soggetto sociale in grado di trasmettere queste virtù del vivere civile.Quanto è importante perciò il ruolo di genitore!Io che ho da poco avuto il privilegio di diventare mamma mi sto rendendo conto, di giorno in giorno, quale responsabilità grande sia. Ora devo provvedere soprattutto ai bisogni fisici del mio piccolo (la pappa, il dormire, ecc.), ma la persona che domani il mio bambino di
venterà dipende dai valori che noi genitori sapremo trasmettergli e da questi sarà determinato il suo futuro.Occorre rimboccarsi le maniche, il compito non è facile, a volte bisognerà anche andare contro corrente, ma non è una cosa impossibile, in fondo è semplicemente quello che hanno fatto i nostri genitori con noi, i nonni con loro e così via.Apriamo gli occhi: se la famiglia entra in crisi le conseguenze sulla società diventano pesanti in termini di malessere sociale e criminalità, la famiglia è la soluzione e non il problema dei mali che vive la società del nostro tempo.Per queste ragioni occorre riscoprire e porre al centro della nostra vita i valori della famiglia, perché sono quelli che fonderanno la società di domani. Se vogliamo garantirci un futuro solido occorre impegnarsi concretamente in prima persona per salvaguardare tali valori, insegnandoli ai nostri figli e riscoprendoli come genitori a cui, a nostra volta, sono stati insegnati.
Monica Campanerut
Addolorata 2011 • N. 3
EditorialE Primo Piano
CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE ANCONA - OSIMO3 -11 settembre 2011
Un evento per tutti
Il Congresso Eucaristico Nazionale è un evento che coinvolge e interpella l’in
tera comunità ecclesiale italiana, nella comune fede di adorazione di Cristo Signore e nel comune impegno missionario.Il tema “Eucaristia per la vita quotidiana” é la vera novità di questo Congresso e sarà approfondito e sviluppato nella settimana celebrativa di settembre. Il confronto ci aiuterà a rivisitare i luoghi della testimonianza quotidiana che il cristiano è chiamato a dare del Signore e del suo Vangelo.
La Chiesa continuerà a coltivare in modo nuovo e creativo la caratteristica popolare del cristianesimo italiano, da vivere come scelta di fede nel territorio, attenta alla vita della città, pronta a orientare le forme culturali della coscienza civile.Il Congresso è un evento ecclesiale inserito nel cammino delle Chiese in Italia e gli orientamenti pastorali per il decennio 20102020 ci incoraggiano a declinare il tema eucaristico
in tre importanti sfide: una pastorale dell’unità delle esperienze della vita nel quotidiano, capace di costruire percorsi di vita buona;
una pastorale formativa che corrisponda al compito educativo;
una pastorale integrata che favorisca un maggiore riconoscimento del laicato nelle Diocesi, Parrocchie, Associazioni e Movimenti.
CENTRI D’INTERESSEOTTOBRE - DICEMBRE 2011
Sperimentato all’interno della Comunità da Ottobre 2010 a Maggio 2011, il percorso culturale dal titolo “CENTRI D’INTERESSE”, ha dato una ri
sposta davvero sorprendente e soprattutto costante sia per la presenza sia per il modo di partecipazione.Ritengo, quindi, che possa diventare per molti una occasione di incontro e di conoscenza importante; questo, del resto, era lo scopo primario che intendeva creare il Ministero Fondamentale: FORMAZIONE/CULTURA”, una pista di spazi visivi e di esperienze che ha corso in parallelo ai Ministeri Fondamentali: “LITURGIA/PREGHIERA CATECHESI CARITA’ / ANIMAZIONE.I “CENTRI D’INTERESSE” che intendo indicare nel periodo OTTOBRE DICEMBRE 2011 mi sembrano, per spessore e tematiche, proposte che consolidano ulteriormente tale percorso culturale e chiedo ad ogni persona di poter far conoscere l’esperienza ad un numero sempre maggiore di amici e conoscenti.
PRIMO CENTRO D’INTERESSE Serata di musicaVENERDÌ 7 OTTOBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)
“PAVAROTTI in Central Park”LUCIANO PAVAROTTI TenorNEW YORK PHILHARMONIC Orchestra LEONE MAGERA conductorANDREA GRIMINELLI solo flute
Il prestigioso Concerto tenutosi al Central Park di New York avvia una proposta musicale del tutto nuova che farà nascere consensi e grandi contrasti.
SECONDO CENTRO D’INTERESSE Serata di formazioneVENERDI’ 21 OTTOBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)
“TERZO INCONTRO SU TEMI EDUCATIVI”Realizzato in collaborazione con il gruppo “il Cer-chio” la serata è rivolta a tutti i genitori e adulti.
TERZO CENTRO D’INTERESSE Serata di Teatro VENERDÌ 4 NOVEMBRE ORE 21 (presso salone Oratorio)
Claudio Bisio “I BAMBINI SONO DI SINISTRA”E’ una delle esperienze tra le più significative di contaminazione tra espressioni artistiche differenti, proposte da uno degli attori più creativi che il mondo del teatro italiano annovera.
QUARTO CENTRO D’INTERESSE Serata di Arte VENERDI’ 18 NOVEMBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)
“I TESORI DELL’HERMITAGE”San PietroburgoI tesori dell’Hermitage costituiscono una delle collezioni più belle e raffinate del mondo. Il suggestivo video celebra l’arte e l’architettura di San Pietroburgo a 300 anni dalla sua fondazione ad opera di Pietro
il Grande. Attraverso le sontuose sale dei grandi palazzi è possibile ammirare capolavori di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Monet e Picasso.
QUINTO CENTRO D’INTERESSE Ritratto di un artista VENERDÌ 2 DICEMBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)
“GIORGIO GABER” Parole e CanzoniAttraverso una ricca e preziosa antologia di pensieri e di canzoni, questo materiale visivo tratteggia la figura di uno degli artisti più acuti e sorprendenti del nostro tempo; persona che pensa ciò che dice, persona che coltiva in modo riservato una idea di libertà e un giudizio sul mondo contemporaneo che obbliga chi lo incontra a pensare.
SESTO CENTRO D’INTERESSE Serata di attualitàVENERDÌ 16 DICEMBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)
“PAPA LUCIANI” Il mistero di una morteIl 26 Agosto 1978 viene eletto al soglio pontificio con il nome di Giovanni Paolo I il cardinale di Venezia Albino Luciani. Poco più di un mese dopo, la mattina del 29 Settembre il Papa viene trovato morto nel suo letto. Il suo pontificato è durato appena trentatre giorni, come il tempo di una luna.La sua scomparsa così improvvisa fa sorgere dubbi, polemiche e sospetti.Quel che risulta certo è che quel brevissimo pontificato ha lasciato un segno indelebile che merita di essere capito.
A P P U N T I
Al termine di questo primo anno vissuto all’interno della Comunità,
ho ritenuto importante, in primo luogo per me stesso, raccogliere qualche considerazione e ribadire alcuni contributi utili per dare all’intero cammino che si sta sviluppando sempre maggiore forza.Per quanto mi riguarda ho trascorso questi mesi seguendo con grande attenzione ogni momento di vita della Comunità, dalle esperienze di maggiore peso a quelle apparentemente minori; mi interessava entrare in sintonia con il cammino di un ambiente, per me completamente diverso dalle situazioni vissute in precedenza, cogliere le motivazioni che lo sorreggevano, rendermi conto di ciò
che aveva forza reale e futuro e di ciò che potrà meritare un approfondimento o una rilettura.La mia preoccupazione primaria, dunque, in questo primo anno, è stata quella di osservare, capire, cercare di inserirmi il più possibile nel tessuto esistente; tutto questo, tuttavia, vissuto non da spettatore passivo.Alcune linee ho cercato di sostenerle e indicarle lungo il cammino dell’anno senza, ne sono convinto, stravolgere abitudini, usi, percorsi ed esperienze esistenti; chi ha seguito con attenzione il cammino dell’intero anno me ne ha dato a più riprese conferma.Quali le linee sulle quali ho creduto di dover insistere? l’esigenza, come comunità cristiana, nel ricercare lo “specifico”, cioè chiedersi in continuazione che cosa una Comunità cristiana è real
mente chiamata a vivere, a scegliere, a fare, mirando all’essenziale e abbandonando lungo la strada fronzoli inutili o aspetti ed esperienze puramente esteriori.
l’importanza di avere, nello sviluppo pastorale, un “metodo” preciso di lavoro che permetta di creare e mantenere un ordine interiore ed esteriore, permetta di combattere la tentazione grande dell’improvvisazione o del rifugiarsi dietro la frase “abbiamo sempre fatto così”, frase tranquillizzante ma non sempre utile per una comunità chiamata a dare risposte ad esigenze nuove e a mutamenti non facilmente dilazionabili, “metodo” che permetta di favorire una verifica seria e reale sul cammino che si sta compiendo.
la necessità di riservare un posto importante al rapporto
personale, che favorisce una reale conoscenza e stimola ad un rispetto sempre più profondo e necessario in un lavoro d’insieme.
Questi spazi personali di ascolto sono risultati per me assai utili per comprendere nel profondo le dinamiche presenti all’interno della Comunità e per far giungere alle diverse persone incontrate, proposte di collaborazione che permettano di allargare il numero di chi desidera avviare un rapporto di partecipazione.
Il bilancio personale di questo primo anno lo considero positivo sotto molti aspetti e ciò che ho vissuto mi spinge verso un ulteriore tratto di strada che intendo affrontare con motivazione e con grande interesse.
d.B.S.
In ricordo di don Sandro Botta
Venerdì 22 luglio è morto a Como don Sandro Botta, nostro parroco per
cinque anni. Approdò a Gemonio nell’ormai lontano 1964, proveniente dalla parrocchia di S. Bartolomeo in Como, dove era stato da vicario per 14 anni: giovane prete di 37 anni, rimase con noi fino al 1969.Di lui ho dei ricordi, non so se significativi e pertinenti alla persona e al sacerdote che era: comunque, ricordi vivi.Dopo la morte di don Stefano Tunesi e dopo l’incisiva presenza, specialmente nell’oratorio maschile, del vicario don Pierangelo Livio, fu il primo sacerdote, a Gemonio, che iniziò a dipanare il gomitolo aggrovigliato ma esaltante del Concilio Vaticano II. Diede vita alla prima scelta concreta: la costituzione del Consiglio pastorale parrocchiale per cominciare a capire, dal di dentro, motivazioni, aspettative, orizzonti di una nuova pastorale e di una innovativa percezione dell’essere “Chiesa”. Il C.P.P. si sosti
tuiva, con compiti più impegnativi, alla fabbriceria nella collaborazione fattiva alle attività parrocchiali.Don Sandro possedeva un’intelligenza vivace, una grande cultura e un carattere forte e volitivo che, all’occorrenza, sapeva imporsi, seppur dietro la presenza costante di un sorriso. Il suo relativamente breve periodo di permanenza a Gemonio fu caratterizzato da eventi importanti per il paese. Don Sandro si trovò a dover gestire un grande dono e un grande sogno: il dono di un vecchio fabbricato adiacente al Cinema Teatro Castelli e il sogno di un oratorio (chiamato Casa della gioventù) che, sull’area del vecchio fabbricato, iniziato da lui con grandi sacrifici e gravi problemi economici, sarebbe diventato realtà soltanto con i suoi successori.Fu imperativo nella scelta rivelatasi poi, in campo artistico, la più lungimirante, di togliere alla chiesa di S. Pietro il bellissimo altare ligneo di
Bernardino Castelli, che non le apparteneva, per valorizzare la misteriosa mensa che oggi completa e armonizza l’antica abside. Ebbe contro praticamente tutto il paese ma seppe imporre la sua decisione che, in seguito, fu ritenuta giusta e opportuna. Il contesto, naturalmente, fu quello dell’inizio di un importante, delicato e complesso intervento di restauro della chiesa di S. Pietro.Appassionato della montagna, fu aperto e convinto anche nella scelta, all’epoca coraggiosa, di portarsi in campeggio le ragazze, ma rigorosamente in baita (mentre i maschi erano in ten
da) e obbligatoriamente in gonna, almeno in casa e in chiesa.Lasciata la parrocchia di Gemonio, fu nominato direttore spirituale prima del Seminario minore, poi del Seminario maggiore di Como. In questo ambiente altamente formativo, nel pieno fermento di un post ’68 che probabilmente non gli apparteneva, trovò ed affrontò scelte impegnative, soddisfazioni, ma anche difficoltà che forse non si aspettava.Dopo il Seminario, di nuovo a S. Bartolomeo, questa volta da parroco; poi arciprete a Sondrio e Vicario episcopale per la Valtellina e, quindi, monsignore. Appassionato di Dio e degli uomini, si spese sempre con grande impegno, competenza e generosità. Una lunga “carriera” sacerdotale, sempre esigente con se stesso e con gli altri, sempre con una vena affettuosamente polemica se, come è stato ricordato al suo funerale, aveva coniato un aforisma dedicato a certi giovani preti “sempre pronti e mai preparati”, che anche oggi non manca di attualità e
di possibilità di applicazione a varie categorie di persone.A Gemonio lo vedevamo sporadicamente, invitato per qualche occasione o ricorrenza importante: l’ultima volta nel 2000, per festeggiare insieme il suo 50° di sacerdozio.L’età della pensione l’aveva colto ancora sulla breccia, pronto a trasferirsi nel Santuario della Madonna di Tirano per proseguire il suo servizio nel confessionale e col rosario in mano, sempre fedele a quel lontano “eccomi”.E poi il declino, nella casa di riposo “Santa Croce” delle suore di don Folci a Como: “il Signore mi sta smontando pezzo a pezzo”. Il coraggio e la consapevolezza di questa offerta estrema che si stemperava nella dolcezza e nella fragilità di un sorriso… Un sorriso conservato fino all’ultimo e che, nel silenzio della mente e della parola, aveva la potenza di un grido e di una preghiera incisiva ed essenziale. A Dio, don Sandro. Da parte nostra, un ricordo affettuoso e un GRAZIE grande e sincero.
enrica Pezzoli
Il cammino della nostra comunità
LA MOSTRA MERCATO MISSIONARIAIl senso di una esperienza
Una tradizione nata in sordina agli inizi degli anni settanta e prosegui
ta fino ad oggi, sempre affamata di spazi, sempre alla ricerca
di nuovi impulsi e di adeguate motivazioni. Trae la sua ragione d’essere da un tabellone esposto in chiesa in modo permanente e che descrive, in
sintesi, alcune iniziative che la parrocchia di Gemonio si assume ogni anno in ordine al suo mandato in terra di missione: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli (poveri), l’avete fatto a me” (Mt. 25). Il senso di questa iniziativa è racchiuso nel suo nome: MOSTRA, cioè qualcosa da far vedere; MERCATO, cioè qualcosa da vendere.Ci è sembrato interessante creare spazi espositivi per far conoscere mondi, culture, artigianati, lavorazioni appartenenti a paesi e popoli diversi dai nostri, spazi ricchi di spunti di riflessione e di curiosità culturali. Ci è sembrato utile e giusto vendere questi oggetti ad esclusivo beneficio di realtà dove il bisogno e la povertà sono ancora gli unici interlocutori dell’uomo di cui condizionano pesantemente la vita. Ci è sembrato doveroso sostenere specialmente la vendita di manufatti locali acquistati di
rettamente dai produttori: carcerati, cooperative di donne, di disabili, di gente comunque impegnata a dare una dignità alla propria esistenza e al proprio futuro. Ci è sembrato bello impegnarci in modo speciale a favore di opere che riteniamo particolarmente importanti: la ricerca e la distribuzione dell’acqua, la promozione dell’autosufficienza alimentare, il sostegno a strutture sanitarie e, soprattutto, la fondazione e la crescita di realtà destinate all’istruzione e alla formazione culturale e professionale delle giovani generazioni. Ci è sembrato indispensabile affidare a Dio, attraverso la preghiera, gli amici missionari, le popolazioni con cui lavorano, le attività che promuovono e le nostre capacità di condivisione e di ricerca della giustizia.Anche quest’anno la Mostra Mercato Missionaria si terrà da sabato 22 ottobre a domenica 6 novembre e anche quest’anno sarà corredata da un tabellone
con le iniziative che verranno finanziate.Il 6 novembre, inoltre, si celebrerà una Giornata Missionaria con la partecipazione di padre Edo Mörlin Visconti che svolge la sua attività in Uganda.
il Gruppo Missionario
SI APRE UNA NUOVA PROSPETTIVA
La riflessione sulla ristrutturazione territoriale della Diocesi di Como
(Parrocchie, vicariati, zone, macrozone) è in atto da anni nella nostra Diocesi, sia nelle considerazioni zonali, che in quelle Diocesane: valgano per tutte le riflessioni nate all’interno del cammino sinodale, poi interrotto, ma giunto alla consapevolezza del bisogno di una pastorale integrata e di vicariati più agili.È utile ricordare che il territorio non è solo geografico, ma è an che sociale, culturale, storico ed eccle-siale. È segnato dalla presenza di famiglie, di singoli, di gruppi, di associazioni e movimenti, di consacrati. Il territorio va studiato anche nei particolari ecclesiali e sociali.
Sarà utile privilegiare una ristrutturazione che renda la pasto rale maggiormente segnata da:– forme visibili di comunità
(per non parlare genericamente di comunione);
– collaborazioni ai vari livelli e responsabilità definite.
– efficacia pastorale (senza ripetizioni tra zone, vicariati e parrocchie)
– snellimento degli organismi pastorali con chiara distinzione tra quelli rappresentativi e quelli di «competenza».
Occorre riflettere molto insieme, nella prospettiva di una nuova e «migliore» evangelizzazione, ma accorre farlo con chia rezza di prospettive e di intenti, prima di intervenire sul territorio e sui confini, chiarendo passo passo le finalità, lo stile, le esi genze, i compiti, gli organismi di proposta e di coordinamento del territorio, i responsabili.
LA PARROCCHIA e IL VICARIATOConfigurazione: il territorio della diocesi è suddiviso in parroc chie o «comunità pastorali». Con il nome di parrocchia, in questo testo, intendiamo genericamente sia la singola che quelle aggre gate (comunità pastorali). La struttura ecclesiale di base è e rima ne la Parrocchia, mentre il Vicariato e la Zona sono funzionali al la vita parrocchiale e a forme particolari di evangelizzazione.Finalità: la parrocchia è il luogo del contatto delle persone e tra le persone, il luogo dei sacramenti, dell’evangelizzazione, della testimonianza e della missione.Stile: la Parrocchia si caratterizza per le relazioni umane, l’ac compagnamento nelle varie età della vita, la dimensione familia re dei rapporti, la col
laborazione gratuita, la corresponsabilità, l’autogestione. Una Parrocchia trova anche nella sua storia tratti precisi che la definiscono.Esigenze: riconoscere la Parrocchia e la sua funzione primaria in ordine alla evangelizzazione significa anche prendere atto che la fisionomia attuale di molte piccole
parrocchie della nostra diocesi richiede forme di collaborazione e di integrazione con le par rocchie più vicine, fino a costituire una “comunità pastorale”. Questo processo, per evitare dannose sofferenze e fallimenti, comporta da parte dei sacerdoti una seria e convinta disponibili tà a lavorare insieme, concordando idee, programmi e azioni; e comporta che anche le comunità vengano preparate in tempi suf ficienti a comprendere le ragioni e le modalità, mediante la pre dicazione, l’informazione, la condivisione e una sperimentazione adeguata. È una forte esperienza di dialogo progettuale, di col laborazione e di corresponsabilità tra preti, laici, consacrati.Compiti del Vicariato: seguendo le indicazioni del progetto pastorale indicato sul questionario per la visita pastorale, potremmo dire che il vi cariato è attento al concreto e storico territorio (geografia, cultu ra, ricchezza, arte, storia, tradizioni...), al coordinamento, alla formazione di coloro che sono inseriti nei consigli di partecipa zione, alle forme comunitarie di vita ecclesiale (associazioni, mo vimenti...), alla missionarietà della chiesa sul territorio (pastora le d’ambiente, scuole, ospedali, case per anziani...).Organismi di proposta e di coordinamento: il Vicariato ha il suo punto di riferimento nel Consiglio pastorale del Vicariato (che sostituisce quello zonale). Il Consiglio è innanzitutto luogo di studio del Piano pastorale diocesano, di progettazione e di program mazione degli itinerari di fede e delle proposte pastorali condivi se. Per alcune parrocchie piccole (20200 abitanti) il Consiglio pa storale
vicariale può supplire quello parrocchiale, se non ci fosse. L’attuazione delle proposte avviene nelle parrocchie. Per iniziati ve a misura vicariale, il Consiglio diventa organismo di coordina mento e può avvalersi di qualche forma di cassa comune.
Responsabile del vicariato è il Vicario foraneo, nominato dal vescovo. A lui competono tutte le prerogative assegnate dal Co dice di diritto canonico. Un suo servizio specifico è radunare i preti del Vicariato, ai quali è chiesta una vita comune pastorale: studio e programmazione della pastorale, momenti di preghiera, incontro settimanale, possibilmente pranzo almeno in alcune oc casioni. Su queste scelte sta o cade il Vicariato. Gli incontri pos sono avvenire insieme a quelli di altri vicariati, condividendo preghiera e formazione, ma è necessario mantenere la misura del Vicariato per le progettazioni e per le programmazioni.
Cittiglio, chiesa parrocchiale.
Brenta, chiesa parrocchiale.
Caravate, chiesa parrocchiale.
Gemonio, chiesa parrocchiale.
Vicariato foraneo
Angoli della Mostra Mercato Missionaria. T rova il tempo di riflettere: è la fonte della forza. Trova il
tempo di leggere: è la base del sapere. Trova il tempo di essere gentile: è la strada della felicità. Trova il tempo di sognare: è il sentiero che porta alle stelle. Trova il tempo di amare: è la vera gioia di vivere. Trova il tempo d’essere felice: è la musica dell’anima.
massime di«sapienza irlandese»
ControCorrEntE
SUI MURIDI GEMONIO… a cura di Gianni Pozzi
SAN ROCCO
L’affresco rappresenta San Rocco, ben riconoscibile dalla conchiglia
sul petto, titolare, anzi contitolare della nostra chiesa parrocchiale che, alla fine dell’800 è stata intitolata anche alla B.V. Addolorata. La fotografia ne racconta tutta la storia… bisogna però... saperla leggere.
L’affresco si trovava nella chiesa parrocchiale e, quando don Cesare Moja decide di ingrandire la chiesa realizzando le attuali absidi – un lavoro davvero importante ed imponente che durerà vari anni – quell’affresco viene salvato e trasportato, forse con un’intera porzione di muro nell’andito che dava accesso alla casa parrocchiale. La data dell’inizio dei lavori è il 1898 ed infatti la scritta, in latino abbastanza comprensibile, che leggiamo nella fotografia ci racconta che l’immagine del Beato Rocco è stata trasportata qui dalla vecchia chiesa nell’anno 1898; si aggiunge l’invito a guardarlo (“aspicite”) con animo devoto. Ma il destino sembra accanirsi su questo affresco perché anche quel fabbricato è destinato alla demolizione. Si pensa – con l’amministrazione del sindaco Virginio Curti, mentre la parrocchia è vacante, causa la morte di don Stefano Tunesi e l’imminente arrivo di don Sandro Botta – di realizzare un allargamento della piazza e quel fabbricato prospiciente la piazza (“casa del coadiutore”) sarà demolito, e con la demolizione sarà distrutto anche l’affresco. Del lavoro, siamo nel 1965, è incaricata l’impresa gemoniese Vedani. Ernesto Vedani (1895 1986) meglio noto col soprannome di “Bicc”, uno
dei titolari dell’impresa, avverte però l’amico Innocente Salvini che, rispolverando vecchie conoscenze e dopo aver consultato un manuale, si mette all’opera e “strappa” l’affresco trasportandolo su tela. Attualmente quell’immagine, così salvata, si trova in casa degli eredi del pittore. La fotografia – il primo a destra è Ernesto Vedani, l’altro è Innocente Salvini – è stata ritrovata recentemente tra le carte dell’archivio parrocchiale, mentre altre con lo stesso soggetto sono state recuperate nell’inventario delle carte e fotografie dell’archivio Salvini, recentemente realizzato. E qui, altra sorpresa… ma con un interrogativo. Infatti sul retro di una di queste fotografie una mano anonima,
oltre alla data (1965) attribuisce l’affresco a tal “Francesco Vela”. Qui, sta l’interrogativo perché un ispezione attuale alla tela non ha rilevato nomi o firme e quindi quel nome viene, probabilmente da un ricordo di allora o da qualche altra scritta non documentata. Un “Vela” ha in effetti lavorato nella nostra chiesa di San Rocco realizzando sulla volta l’affresco della Madonna Assunta nel 1873, come ho spiegato sul nostro giornale nel numero di Natale 2008. Ma si trattava di Spartaco Vela (1854 1895), e figlio del più noto importante Vincenzo (1822 1891) e nipote di Lorenzo (1812 1897), lui pure artista di nome. In attesa di contattare il Museo Vela di Ligornetto e di sciogliere, se
possibile, l’interrogativo (chissà che qualcuno dei lettori ne sappia qualcosa!) vi propongo altre fotografie di quel fabbricato demolito che è rimasto nei ricordi di molti gemoniesi che lo frequentavano. Si tratta di quell’andito che, dalla piazza della Vittoria dava accesso al cortile della casa parrocchiale e che recava sulla volta l’indicazione in affresco o graffito dei nomi dei “vecchi parroci di Gemonio”. In questo caso a nessuno è venuto in mente di “strapparli”… ci restano però queste poche fotografie!
LA NOSTRA STORIA
Se oggi, da un punto elevato di Gemonio durante le ore serali, osserviamo
la nostra contrada, notiamo una considerevole quantità di luci, come se non volessimo rassegnarci al sopraggiungere del buio. Alcune vie sono rischiarate da un fitto corteo di lampioni e anche i paesi lontani segnalano la loro presenza con molti lumini quasi si fossero posate sulle colline tante piccole stelle.Ma un tempo, neppure troppo lontano, non era così : meno abitazioni significavano , per prima cosa, meno lumi accesi, inoltre molte strade non erano illuminate, né esterni di chiese, né campanili. Era palpabile quindi, al calar del sole, specie nel periodo invernale, una autentica nostalgia della luce. I profili delle montagne sparivano poco a poco inghiottite nell’oscurità, la valle e i colli di
sabitati ci apparivano sempre più neri, mentre ci serviva di consolazione l’interno rassicurante della nostra casa.Alcuni avvenimenti poi facevano diventare ancora più buia e paurosa la notte. Ricordo un breve periodo degli ultimi anni quaranta, durante il quale era stato commesso un delitto misterioso presso il convento di Santa Maria del Sasso di Caravate, tenuto dai Padri Passionisti.Dopo aver soppresso col veleno i due cani da guardia, l’assassino aveva ucciso con una pietra un giovane novizio. Per alcuni giorni furono svolte indagini
presso il convento e nel circondario senza risultato.A tredici anni l’immaginazione trasforma i timori in incubi notturni e, l’idea che quei fatti fossero avvenuti di fronte al nostro paese proprio là in quel convento, un luogo sacro che dovrebbe essere preservato dal male, destava una sinistra impressione. Perfino il lontano abbaiare di un cane rinnovava l’apprensione. Si dice che le vie del Signore sono infinite, ma talvolta attraversano il territorio del diavolo.Poco tempo dopo, a seguito di alcune contraddizioni durante l’interrogatorio, un giovane religioso dalla mente instabile finì per confessare il delitto; e tutto si ridusse col tempo ad un più o meno dimenticato fatto di cronaca come tanti altri.Ma nella mia memoria rimase impressa per molto tempo la perduta immagine della campagna dispensatrice di tranquillità e serenità. Avevo appreso che il male e la sofferenza che ne deriva, fanno inesorabilmente parte dell’esistenza, rivelandone gli aspetti oscuri e inquietanti, con la conseguente necessità di qualcosa al di sopra della realtà per soccorrere la fragilità umana.Le prime riflessioni interiori mi condussero così all’irrinunciabile rapporto tra Dio e il nostro vivere per ottenere la possibilità di capire il senso ultimo delle cose.
Gio Barabino
Storia e Arte locale
tErza Puntata
1965, vista dall’interno del cortiledella casa demolita.
Chiesa ed Eucaristia
Nella preparazione del Congresso Eucaristico nazionale di Ancona che si terrà dal 3 all’11 settembre 2011, la Chiesa italiana approfondisce il mistero dell’Eucaristia
quale Sua sorgente e culmine. La Sacrosantum Concilium così recita: “Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, a perpetuare così il sacrificio della croce nei secoli fino al suo avvento, lasciando in tal modo alla sua diletta sposa, la Chiesa il memoriale della Sua morte e resurrezione. Nel segno della comunione di mensa la comunità cristiana celebra con gratitudine la memoria della storia della salvezza, la venuta di Gesù Cristo, che mediante lo Spirito Santo si dona nel pane e nel vino, fa partecipare i membri dell’assemblea al dono della sua vita e fa della celebrazione eucaristica il segno escatologico definitivo. Il sacrificio e il sacramento fanno parte dello stesso mistero, sicché non è possibile separare l’uno dall’altro. Il Signore si immola in modo incruento nel sacrificio della messa , che rappresenta il sacrificio della croce, applicandone la virtù salutifera nel momento in cui per le parole della consacrazione comincia ad essere presente come alimento spirituale dei fedeli. L’Eucaristia genera la Chiesa facendo della Chiesa una Eucaristia. Cristo è presente alla sua Chiesa che annuncia il Vangelo e nella Chiesa che governa il Popolo di Dio. CristoEucaristia è presente in particolar modo nella comunità che prega, che esercita l’accoglienza e la carità. L’Eucarestia fa la Chiesa mediante la consacrazione, la comunione e la contemplazione. Nella spiritualità patristica, più fedele all’ortodossia, si dà il primato ai sacramenti e soprattutto all’Eucarestia come PRESENZA REALE di Cristo, in quella occidentale, influenzata dalla spiritualità dei mistici, si dà il primato alla contemplazione. Le due vie vanno integrate, per cui è necessario che alla vita sacramentale si affianchi una vita di orazione. La contemplazione è il mezzo con cui riceviamo i Misteri, li interiorizziamo e ci apriamo alla loro azione. Gesù nell’episodio della lavanda dei piedi ci dice: io vi ho dato l’esempio perché facciate anche voi lo stesso. E’ l’invito a passare dalla memoria all’imitazione, dalla CONTEMPLAZIONE EUCARISTICA ALLA PRASSI EUCARISTICA. Il servizio (DIAKONIA) è il modo di manifestarsi dell’agape, un’imitazione dell’agire di Dio, senza alcun proprio interesse. Carità ed umiltà formano il servizio evangelico e deve essere il culmine ed il coronamento di ogni EUCARESTIA.”
Salvatore la SalaCaravate, convento Passionista
chiostro interno.
1965, immagini della volta, con scritte, del fabbricato poi demolito.
1965, Ernesto Vedani (a destra) ed Innocente Salvini posano davantiall’affresco prima dello strappo.
RETROSPETTIVA“contra vientoy marea”
“Contra viento y marea”. Così “La Razon” – quotidiano
spagnolo – ha titolato una delle intense pagine dedicate alla cronaca della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011 che si è tenuta a Madrid dal 16 al 21 agosto. L’espressione richiama sicuramente le condizioni del tempo. Durante la Veglia di preghiera, infatti, i due milioni di giovani presenti nella piana dell’aeroporto di Cuatro Vientos si sono ritrovati sotto un violento nubifragio; vento e pioggia battente avranno dato probabilmente l’impressione di stare in barca in mezzo ad una tempesta, un po’ come i discepoli nel Vangelo (Mc 4, 3541). Ma è anche un’espressione che sta ad indicare lo stato d’animo, lo stare “controcorrente”, che è un po’ l’invito del Papa alla sua juventud.I media italiani, per la verità, non mi sembra abbiano riservato particolare attenzione all’evento di Madrid che, al di là del raduno di massa festoso vuole essere una “forma di presenza nuova della Chiesa e momento del suo cammino nel tempo”. La maggior parte dei
telegiornali ha posto l’attenzione quasi più sulle difficili condizioni atmosferiche che hanno accompagnato l’evento (troppa pioggia o troppo sole) che sul significato dell’incontro. Mi piace comunque pensare che dare risalto al meteo un po’ come il giornale spagnolo – sia stato un fatto voluto e quasi suggestivo per sottolineare il tema di questa GMG: “radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (Col 2,7). Le immagini più trasmesse mostrano la folla dei giovani fradici sotto la pioggia e sul palco il Papa, a malapena protetto da ombrelli bianchi, che dice ai suoi collaboratori di voler comunque rimanere e proseguire la Veglia insieme a loro. Vorrei leggere queste immagini come un segno estremamente semplice, ma efficace di come il Papa ci invita ad essere e di come possiamo essere giovani, “fedeli alla fede cristiana”, continuando ad “aspirare a grandi ideali nella società attuale”. Ma come si fa ad essere “radicati e fondati in Cristo”, come un albero dalle radici forti e una casa dalle fondamenta salde? Il Papa durante la Veglia ricorda che “Dio ci ama. Questa è la grande verità della nostra vita e che dà senso a tutto il resto. Non siamo frutto del caso o dell’irrazionalità, ma all’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio. Rimanere nel suo amore significa quindi vivere radicati nella fede, perché la fede non è la semplice accettazione di alcune verità astratte, bensì una relazione intima con Cristo. […] Come questa notte, con Cristo potrete sempre affrontare le prove della vita”.
luisella
Fatti ed esperienze
Come si fa a parlare di immigrazione in 25 righe? Anche questa è una
sfida! Si rischia di ripetere luoghi comuni, di prendere posizioni ideologiche o, peggio ancora, estreme: pro o contro il governo, pro o contro gli immigrati in quanto tali. Ci proverò, scusate in anticipo se non ci riuscirò…In 10 anni erano arrivati in Italia 80000 migranti, negli ultimi 4 mesi sono arrivate sulle coste italiane 57000 persone. Questi sono i dati dell’emergenza umanitaria che stiamo vivendo e che non finirà a breve, viste le incognite delle rivoluzioni arabe del nord Africa, Libia compresa.Il Trattato di Lisbona indica un principio che si sta cercando di applicare: accogliere i rifugiati politici veri e respingere gli immigrati economici illegali. Ma per far questo in modo veloce ed equo c’è bisogno della collaborazione con i Paesi da cui provengono, oggi in piena crisi e dove tutto può ancora succedere: restaurazione, nuova rivoluzione, sistemi democratici o islamici.Per ora su 57000 arrivi, 13000 persone sono state rimpatriate nell’ottica del criterio: “Massimo dell’accoglienza e massimo del rigore nell’applicazione della legge”. Nonostante molte difficoltà si è rilevata una buona collaborazione tra istituzioni regionali, provinciali e associazioni nella fase della prima accoglienza. Si tratta poi di attivare percorsi di integrazione nell’insegnamento della lingua, nel reperimento dell’alloggio, del lavoro per quelli che ne hanno effettivamente diritto.
Si tratta di mettere in atto una politica di equilibrio che attenui il disagio sia degli immigrati che fuggono alla ricerca del benessere sia degli italiani che vedono in loro,soprattutto nel numero sempre più alto, una minaccia alla sicurezza e al benessere conquistato.Mi ha colpito un’immagine, citata da un politico, che poneva la soluzione del problema in modo drastico:”Davanti ad un flusso di qualsiasi tipo si costruisce o una diga o una rete. Nel nostro caso o i respingimenti o un sistema che constata il fenomeno dell’immigrazione e lo gestisce”.Non mi sembra, però, che si debba scegliere tra le due vie, ma integrarle l’una con l’altra facendo tesoro della storia passata e delle prospettive future.Se l’immigrazione nasce dal sottosviluppo dei paesi d’origine e dalla mancanza di libertà, bisogna aiutare in loco il capitale umano dal punto di vista economico, culturale, politico. Ciò non si può fare solo con accordi bilaterali, tipo ItaliaTunisia, ma con l’intervento di una Comunità Europea seria e lungimirante. Fatte salve le evidenti differenze di epoca e di cultura, si dovrebbe ripetere oggi con il Nord Africa quello che negli anni 90 l’Europa ha
fatto con i Paesi dell’Est, dopo la caduta del comunismo. Non si tratta semplicisticamente di dividersi le quote di immigrati (già sarebbe comunque un piccolo passo avanti), ma di offrire ai Paesi del Nord Africa piena integrazione economica e commerciale, collaborazione stabile in campo formativo e sociale, in cambio di un impegno serio nel controllo dell’immigrazione. Ciò andrebbe a beneficio di tutte e due le parti, ma non si può aspettare troppo perché il vento della “primavera araba” può trasformarsi in tempesta (in Egitto la primavera è la stagione delle tempeste di sabbia…).Secondo un politico italiano occorre riconoscere la positività di queste rivoluzioni nate dal basso, condividere con questi popoli i valori primari, “mettendo al centro l’uomo, chiedendo libertà di religione per tutti e rivalutazione del ruolo della donna e, infine con un piano economico di cui l’Europa sia portabandiera. Se quei giovani che hanno lottato non vedessero i frutti positivi della rivoluzione, potrebbero consegnarsi al terrorismo …” E allora sarebbe la sconfitta di tutti e un’altra occasione perduta!
Pinuccia Bodini
IMMIGRAZIONE 2011: sfida per l’italia e per l’europa?
“CONOSCERE ASSISI” • 9 – 12 luglio 2011
Sulle orme di San Francesco “... Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza...”
Ulisse (Dante Alighieri, Divina Commedia, inf. XXVI 118 - 120)
A luglio i nostri ragazzi hanno intrapreso un cammino per scoprire le bellezze di una delle città medioevali d’Italia per eccellenza: ASSISI. Hanno percorso insieme le strade e i percorsi fatti da S. Francesco, condividendo un momento importante di crescita e co-munione insieme… Questi alcuni loro ricordi.
Assisi è stata un’esperienza che rimarrà dentro di noi: ci siamo divertiti, abbiamo imparato a conoscerci, abbiamo visto bellissimi posti, abbiamo potuto riflettere grazie alle storie di persone che hanno deciso di seguire la strada del Signore. Voglio ringraziare tutte le persone che hanno partecipata a quest’avventura, rendendola unica e a tutte le persone che l’hanno organizzata! Grazie! - Mara
Mi sono divertito molto ad Assisi. Il luogo che mi è piaciuto di più è stata la Basilica di San Francesco, perché è ricca di cultura religiosa. - Davide
L’esperienza di Assisi è stata in-dimenticabile e straordinaria. Spero di riviverla ancora. In particolare vorrei ringraziare gli accompagnatori e il don Silvio. - Petra
Per me Assisi è stata un’esperienza stupenda. Assisi è una bellissima città piena di monumenti storici fantastici, ma in particolare mi ha colpito la fiaccolata a Santa Maria degli Angeli. Mi ha colpito perché è stata molto bella, c’era la Madonna sulle spalle di alcuni signori tutta illuminata, e dietro tutte le persone con le candele (compresi noi). È stato bellissimo. Ringrazio don Silvio per avermi fatto vivere un’esperienza bella che rifarei. Ma in particolare i nostri accompagnatori. Grazie mille a tutti. - Beatrice
Terremoto in Giappone
Mi chiamo Elena, sono giapponese e ho 7 anni. Ho tanta paura perché la casa in cui mi sentivo sicura ha tremato, tanto tanto, e molti miei coetanei sono morti. Perché i bambini devono avere tanta tri stezza? Chiedo al Papa, che parla con Dio, di spiegarmelo.«Cara Elena, anche a me vengo no le stesse domande: perché è co sì? Perché voi dovete soffrire men tre altri vivono in comodità? Non abbiamo risposte, ma sappiamo che Gesù ha sofferto come voi, innocente, e che il Dio vero, che si mostra in Gesù, sta dalla vostra parte. Que sto mi sembra molto importante, an che se non abbiamo risposte, se ri mane la tristezza: Dio sta dalla vo stra parte, e dovete essere sicuri che nel mondo tanti sono con voi, pen sano a voi, fanno quanto possono per voi e per aiutarvi. Un giorno ca pirò che questa sofferenza non eravuota, ma che dietro di essa c’è un progetto buono, un progetto di amo re. Non è un caso. Stai sicura: noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi che soffrono, vogliamo aiutarvi con la preghiera, con i no stri atti. Siate sicuri che Dio vi aiuta. Preghiamo perché quanto prima per voi venga la luce».
L’anima e lo stato vegetativoMaria Teresa, Italia: l’anima di questo mio figlio Francesco, in stato vegetativo da Pasqua 2009, ha abbandonato il suo corpo, visto che lui non è più cosciente, o è ancora vicino a lui?«Certamente l’anima è ancora pre sente nel corpo. La situazione, forse, è come quella di una chitarra le cui corde sono spezzate e non si posso no suonare. Così anche lo strumento del corpo è fragile e vulnerabile, e l’anima non può suonare, per
così di re, ma rimane presente. Quest’ani ma nascosta sente in profondità il vo stro amore, anche se non capisce i dettagli e le parole. Questa vostra presenza, cari genitori, cara mam ma, accanto a lui, ore e ore ogni gior no, è un atto di amore e di grande va lore perché entra nella profondità di quest’anima nascosta. Il vostro atto è anche una testimonianza di fede in Dio, di fede nell’uomo, di impegno e di rispetto per la vita, anche nelle si tuazioni più tristi. Voi fate un gran de servizio all’umanità con questo se gno di rispetto della vita, con questo amore per un corpo lacerato, per un’anima sofferente».
I cristiani perseguitatiSalute al Santo Padre dall’Iraq. Noi cristiani di Baghdad siamo stati perseguitati come Gesù. In che modo possiamo aiutare la co munità cristiana a riconsiderare il desiderio di emigrare in altri Paesi?«Prego ogni giorno per i cristiani in Iraq. Sono i nostri fratelli soffe renti, come anche in altre terre del mondo. E noi dobbiamo fare il pos sibile perché possano rimanere e possano resistere alla tentazione di migrare. Siamo vicini a voi, cari fra telli in Iraq, e vogliamo _aiutarvi. Le istituzioni e tutti coloro che hanno una possibilità di fare qualcosa per voi, devono farlo. La Santa Sede è in permanente contatto con le diver se comunità, non solo con le comu nità cattoliche e cristiane, ma anche con i fratelli musulmani, sia sciiti, sia sunniti. Vogliamo fare un lavoro di riconciliazione e di comprensione, anche con il governo per aiutar lo in questo cammino difficile di ri comporre una società lacerata. Que sto è il problema: la società è pro fondamente divisa. Si deve rico struire la consapevolezza che nella diversità c’è una storia in comune. Vogliamo, in dialogo, con i diversi gruppi, aiutare il processo di rico struzione e incoraggiarvi ad avere fi ducia e pazienza, ad avere fiducia in Dio, a collaborare in questo pro cesso difficile».
La guerra in Costa d’AvorioSignora Bintù, musulmana, Co sta d’Avorio: caro Santo Padre, qui abbiamo sempre vissuto in armonia tra cristiani e musulmani. Ora tutto è cambiato. Lei, in quanto ambasciatore di Gesù, cosa consiglierebbe per il nostro Paese?«Ho ricevuto lettere laceranti dalla Costa d’Avorio, dove vedo tutta la profondità della sofferen za: rimango triste perché possia mo fare così poco. Ma possiamo fare una cosa: pregare con voi e, per quanto possibile, fare opere di carità. Secondo le nostre possibili tà, vogliamo aiutare i contatti poli tici e umani. Ho incaricato il cardi nale Peter Turkson, presidente del Consiglio giustizia e pace, di andare in Costa d’Avorio e di parlare con i diversi gruppi per incoraggia re un nuovo inizio. Vogliamo far sentire la voce di Gesù che fu uo mo della pace. Questo ci mostra il vero volto di Dio; la violenza non viene da Dio, mai aiuta a dare le cose buone, è un mezzo distrutti vo, non è il cammino per uscire dalle difficoltà. Invito tutte le par ti a rinunciare alla violenza e a cercare le vie della pace. Non potete servire la ricomposizione del vo stro popolo con mezzi di violenza, anche se pensate di avere ragione. L’unica via è rinunciare alla vio lenza, ricominciare con il dialogo, con la nuova attenzione l’uno per l’altro, con la disponibilità ad aprirsi l’uno all’altro».
La risurrezione di CristoItalia. Santità, che cosa fa Gesù nel lasso di tempo tra la morte e la risurrezione? Gesù discese negli Inferi, possiamo pensare che sarà una cosa che accadrà anche a noi, prima di salire al Cielo?«Innanzitutto, questa discesa dell’anima di Gesù non si deve im maginare come un viaggio da un continente all’altro. È un viaggio della sua anima, sempre in contatto con il Padre, ma che nello stesso tempo si estende agli ultimi confini
dell’essere umano. Vuol dire che an che il passato è raggiunto da Gesù, che la redenzione non comincia nell’anno zero o 30, ma abbraccia tutti gli uomini di tutti i tempi. I Pa dri, con un’immagine molto bella, dicono che Gesù prende per mano Adamo ed Eva, cioè l’umanità, e la guida verso l’alto, al Cielo. La discesa agli inferi, nelle profondità dell’uo mo e del passato dell’umanità, è par te essenziale
della missione di Gesù redentore. La nostra vita è diversa: noi siamo già redenti dal Signore e arriviamo davanti al Giudice, dopo la morte, sotto lo sguardo purifican te di Gesù. Tutti noi, in maggiore o minore misura, abbiamo bisogno di purificazione».
IN OCCASIONE DELLA PASQUA 2011BENEDETTO XVI RISPONDE IN DIRETTA TELEVISIVA
L’arte di educare
GIOVANI CATTOLICI: ottimisti ed altruisti
Li abbiamo visti di recente, a Madrid, intorno a Papa Benedetto. Entusiasti ma anche seri, capaci di far festa ma anche di pregare, di fare fatica e sopportare canicola ed acquazzoni.
Li abbiamo ammirati, li abbiamo invidiati, ci hanno emozionato. Sappiamo che qualche volta ci deludono, e qualche volta ci fanno sentire in colpa, perché chi non si trova mai spiazzato di fronte ad una generazione nuova? Sono i giovani del nostro tempo, in particolare quei giovani che, andando per lo più controcorrente, intendono costruire la loro vita guardando a Cristo, al vangelo e persino ... restando dentro la Chiesa.Ma chi sono, quanti sono, e, soprattutto, come intendono esprimere la loro religiosità nella vita di tutti i giorni? Ad interrogativi di questo tipo ha cercato di rispondere un’indagine svolta di recente nelle scuole superiori di Alessandria. Si tratta quindi di un campione preciso e ristretto, che non manca tuttavia di fornire dati interessanti e forse non molto diversi da quelli che potrebbero riscontrarsi in altri ambienti.Per quanto riguarda i numeri, gli studenti che dichiarano di essere cattolici sono circa il 50% degli intervistati; percentuale che scende sotto il 10% quando si tratta di individuare la diffusione della pratica religiosa. Ma il proposito della ricerca non era tanto quello di raccogliere dati numerici, quanto quello di indagare su valori e comportamenti che potrebbero scaturire da convinzioni religiose, caratterizzando e differenziando (se si differenziano) i giovani cattolici praticanti dai loro coetanei non religiosi/non cattolici/non praticanti.Ed effettivamente alcune differenze emergono.Fondamentale mi sembra il dato che indica, nei giovani praticanti, una maggiore attenzione, rispetto agli altri giovani, per la distinzione tra ciò che è bene e ciò che è male. Forse anche in conseguenza di questa particolare sensibilità, emerge una più marcata criticità rispetto alle situazioni che riguardano l’etica sessuale e la bioetica, quali convivenza, divorzio, matrimonio tra omosessuali, prostituzione, eutanasia.Un’altra caratteristica di questi giovani cattolici è un atteggiamento di maggiore ottimismo verso il futuro, unito ad una maggiore fiducia nei confronti della scuola. Infine, la religiosità dei giovani intervistati si esprime anche in una più spiccata predisposizione per l’altruismo in genere e per il volontariato in particolare.A chi di dovere le opportune valutazioni. Sembra comunque evidente che, stando a queste rilevazioni che l’affidare a Gesù e alla Chiesa la propria giovinezza non fa poi tanto male. Anzi.
e.F.
Assisi, città piena di storia e cultura sacra, con magnifici monumenti imperdibili e un paesaggio che lascia a occhi sgranati. Non ci crederete ma questa è la descrizione di una città che vive con le comodità del XXI sec. (lampioni, i-phone, telefono, TV, computer, videogiochi...), ma immersa nell’affascinante paesaggio medioevale. Quando siamo arrivati in albergo non sembrava la storica Assisi come raffigurata nei libri e sempre immaginata, ma quando abbiamo avuto la possibilità di entrare dentro le mura è cambiato tutto; sembrava di aver viaggiato nel tempo senza alcun mezzo da film di fantascienza! La cosa che più mi ha sorpreso è la Rocca Maggiore con quel tunnel alto non più di 1,40-1,45 m, se dovessimo contare quante testate abbiamo preso in meno di 5 minuti batteremmo un Guinnes World Record!Ma ho anche pensato, se fossi stata io al posto di Francesco, avrei lasciato tutte le mie ricchezze? Mi sarei spogliata dei miei abiti e vestita con un saio e una corda? Avrei lasciato la famiglia, gli amici, i parenti facilmente? Sicuramente no,
ma visitare questa città mi ha fatto immaginare come sarebbe la vita se avessi scelto di vivere come Francesco.
Comunque ci siamo divertiti insieme, specialmente una sera, quando un complesso è arrivato in hotel e ci ha fatto scatenare tra balli come il twist, trenini, valzer
ecc... fino allo sfinimento. Ma insieme ai momenti di svago ci sono stati anche momenti di serietà e preghiera, visitando chiese e luoghi dove è vissuto il Santo poverello che lasciò le sue ricchezze per seguire la Parola del Signore. - Stefania
Nel mese di ottobre si terrà una serata di testimonianza sull’esperienza vissuta.
È stata un’esperienza molto bella, sia per aver conosciuto luoghi e persone devoti a
S. Francesco, sia per aver trascorso dei bellissimi momenti con i miei amici e
con i nostri “grandi” accompagnatori! Li ringrazio per avermi accompagnato in
questa nuova esperienza. Grazie. - Federico
assisi