p piano rimettere al centro la famiglia … non solo...

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La gioia di appartenere alla comunità “E cco quanto è buo- no e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! E’ come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne… E’ come rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre.” Le bellissime e poetiche paro- le del Salmo 112 esaltano la gioia di vivere nella comunità dei fratelli. Oltre che bella, è una condizione buona e giu- sta che viene incontro a quella che è una disposizione natu- rale dell’uomo, che non è sta- to creato per vivere solo: l’uo- mo si rivolge istintivamente al suo simile, cerca i rapporti interpersonali, li costruisce, li persegue, li conserva. L’uo- mo è davvero una creatura per natura sociale. Tanti sono gli ambiti nei quali questa attitudine mette il seme e si sviluppa: la famiglia, prima comunità per l’uomo indi- spensabile per la sua crescita; poi la comunità scolastica, i centri di aggregazione sporti- va, la società civile, la comu- nità parrocchiale, i movimen- ti, o semplicemente gli ambiti in cui crescono e si rinsaldano i legami di amicizia. Ma oltre al dato dell’esperien- za che permette di cogliere l’importanza di una rete di relazioni e legami entro i qua- li si sviluppa la vita singola e della società, esiste un ambito la cui importanza consente la crescita di una gioia autenti- ca: la comunità cristiana, vo- luta da Gesù per la salvezza degli uomini. Nella comunità si riceve il dono del Battesi- mo, si continua il percorso di fede, e si partecipa all’Eucare- stia domenicale, rinsaldando i legami tra fratelli. E’ nella comunità che può realizzarsi per ogni uomo l’incontro che lo rende partecipe della sal- vezza secondo un metodo che è umano e concreto, fatto di volti e voci, di persone che an- nunciano che Gesù il Figlio di Dio si è fatto uomo, è entrato nella storia per portarci alla felicità e alla salvezza. Negli Atti degli Apostoli si leg- gono parole bellissime sulla prima comunità cristiana: i fedeli vivevano come fratelli, mettendo tutto in comune, erano assidui alla preghiera, ai gesti di carità, all’Eucare- stia. Le nostre comunità do- vrebbero avvicinarsi a quell’i- deale: è vero, noi viviamo in tempi storici e in contesti so- ciali completamente diversi, ma l’impegno e il compito no- stro sono quelli di vivere quel- la pienezza di vita e di relazio- ni che il Signore ha preparato per noi. Maria Teresa A. Una traccia per il cammino che ci sta davanti P ropongo di considerare, d’ora innanzi, l’inizio del- l’Anno Pastorale non fa- cendolo coincidere con il rientro dalle ferie a fine agosto o con la ripresa dell’anno scolastico all’i- nizio di settembre, ma con l’ini- zio del nuovo anno liturgico, cioè con la prima domenica di Avven- to. La scelta non consiste in un semplice cambiamento di calen- dario, ma comporta anche una novità di metodo. IL PRIMO ANNO DEL TRIENNIO: RIFLESSIONE E VERIFICA Vorrei che il primo anno del triennio (I domenica di Avven- to 2010 - Solennità di Cristo Re 2011) fosse considerato un anno dedicato alla riflessione e alla ve- rifica in rapporto a quanto abbia- mo fatto fin qui: cioè un periodo in cui non met- tiamo a tema nuovi contenuti né intraprendiamo nuove sperimen- tazioni. Potremo dedicarci con più agio ad avviare le verifiche di quanto stiamo facendo; non siamo molto abituati a dedicare tempo ed ener- gie a questa riflessione, che invece se condotta bene e con i criteri di un giusto discernimento cristiano si rivela preziosa per correggere errori, dare più continuità ed effi- cacia alle scelte, orientare l’investi- mento delle risorse disponibili; IL SECONDO ANNO DEL TRIENNO: LA PAROLA DI DIO Il secondo anno (I domenica di Avvento 2011 - Solennità di Cri- sto Re 2012), nel quale speriamo di poter usufruire della prevista Esortazione post sinodale di Be- nedetto XVI sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa, sarà perciò dedicato: a. anzitutto alla verifica di quan- to la Parola di Dio sia veramente ascoltata, conosciuta, pregata, vis- suta di fatto nelle nostre comuni- tà: famiglie, gruppi, parrocchie, associazioni e movimenti...; b. e, di conseguenza, ad una rin- novata proposta di oc casioni e percorsi, di tradizioni e di sane abitudini (che non si esaurisca- no nell’arco dell’anno, ovvia- mente) che si rivelino utili per una maggiore diffusione della conoscenza delle Scritture, in par- ticolare e anzitutto dei Vangeli, senza la quale non c’è vera cono- scenza del Signore Gesù Cristo. Con quello che ne deriva... IL TERZO ANNO DEL TRIENNIO: LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA Durante il terzo anno (I domeni- ca di Avvento 2012 - Solennità di Cristo Re 2013), vorrei che la no- stra attenzione si volgesse a quel momento della vita cristiana che, come ci ricorda il Vaticano II, è fonte e culmine di tutta l’espe- rienza cristiana: mi riferisco alla celebrazione eucaristica, alla quale sarà necessario porre nuova attenzione per ridare vita agli stili della festa cristiana e soprattutto della domenica, affinché ritorni ad essere veramente il giorno del Signore, e più in genere, mi rife- risco alla centralità di Cristo nelle altre celebrazioni sacramentali e nella liturgia. Diego COLETTI, Vescovo di Como RIMETTERE AL CENTRO LA FAMIGLIA … NON SOLO A PAROLE O ggi viviamo in un mo- mento particolare della storia del nostro Paese, nel quale sta prevalendo un cli- ma di quotidiana inquietudine, pensiamo ai tristi fatti di crona- ca che ci propinano i giornali o la tv, e di precarietà, pensiamo alla crisi del mondo del lavoro che sembra non avere fine. L’illegalità imperante ha creato un deserto economico e sociale intorno a sé. In un quadro del genere noi tutti, in particolare i giovani, siamo spinti a guardare solo al nostro presente e a ritenere che il nostro futuro sia divenuto troppo incerto per poter costru- ire un concreto progetto di vita. Ed invece è proprio ora che occorre rispondere alla crisi generale dei valori ponendo al centro dell’esistenza il più im- portante progetto di vita per l’uomo: la famiglia. L’osservanza di regole socia- li quali l’onestà e la legalità, la condivisione di valori comuni come la fiducia, il rispetto di sé e degli altri, il riconoscimento del lavoro come valore fondan- te della persona, qualità come la creatività, la tenacia e il coraggio nell’affrontare i problemi: sono tutte doti che vengono trasmesse dalla famiglia. Si tratta infatti di virtù che vengono insegnate dai genitori ai figli ed assorbite sin da bambini diventano patrimo- nio personale dell’individuo. La famiglia è il principale, se non l’unico, soggetto sociale in grado di trasmettere queste virtù del vivere civile. Quanto è importante perciò il ruolo di genitore! Io che ho da poco avuto il pri- vilegio di diventare mamma mi sto rendendo conto, di giorno in giorno, quale responsabilità grande sia. Ora devo provvede- re soprattutto ai bisogni fisici del mio piccolo (la pappa, il dormire, ecc.), ma la persona che domani il mio bambino di- venterà dipende dai valori che noi genitori sapremo trasmet- tergli e da questi sarà determi- nato il suo futuro. Occorre rimboccarsi le mani- che, il compito non è facile, a volte bisognerà anche andare contro corrente, ma non è una cosa impossibile, in fondo è semplicemente quello che han- no fatto i nostri genitori con noi, i nonni con loro e così via. Apriamo gli occhi: se la fa- miglia entra in crisi le conse- guenze sulla società diventano pesanti in termini di malesse- re sociale e criminalità, la fa- miglia è la soluzione e non il problema dei mali che vive la società del nostro tempo. Per queste ragioni occorre ri- scoprire e porre al centro del- la nostra vita i valori della fa- miglia, perché sono quelli che fonderanno la società di do- mani. Se vogliamo garantirci un futuro solido occorre impe- gnarsi concretamente in prima persona per salvaguardare tali valori, insegnandoli ai nostri figli e riscoprendoli come geni- tori a cui, a nostra volta, sono stati insegnati. Monica Campanerut Addolorata 2011 N. 3 EDITORIALE PRIMO PIANO CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE ANCONA - OSIMO 3 -11 settembre 2011 Un evento per tutti I l Congresso Eucaristico Nazionale è un evento che coinvolge e interpella l’in- tera comunità ecclesiale italia- na, nella comune fede di ado- razione di Cristo Signore e nel comune impegno missionario. Il tema “Eucaristia per la vita quotidiana” é la vera novità di questo Congresso e sarà ap- profondito e sviluppato nella settimana celebrativa di set- tembre. Il confronto ci aiuterà a rivisitare i luoghi della te- stimonianza quotidiana che il cristiano è chiamato a dare del Signore e del suo Vangelo. La Chiesa continuerà a colti- vare in modo nuovo e creativo la caratteristica popolare del cristianesimo italiano, da vive- re come scelta di fede nel terri- torio, attenta alla vita della cit- tà, pronta a orientare le forme culturali della coscienza civile. Il Congresso è un evento eccle- siale inserito nel cammino del- le Chiese in Italia e gli orienta- menti pastorali per il decennio 2010-2020 ci incoraggiano a declinare il tema eucaristico in tre importanti sfide: - una pastorale dell’unità delle esperienze della vita nel quo- tidiano, capace di costruire percorsi di vita buona; - una pastorale formativa che corrisponda al compito edu- cativo; - una pastorale integrata che favorisca un maggiore rico- noscimento del laicato nelle Diocesi, Parrocchie, Associa- zioni e Movimenti.

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La gioia diappartenere alla comunità

“Ecco quanto è buo­no e quanto è soave che i fratelli vivano

insieme!E’ come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne… E’ come rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre.”Le bellissime e poetiche paro­le del Salmo 112 esaltano la gioia di vivere nella comunità dei fratelli. Oltre che bella, è una condizione buona e giu­sta che viene incontro a quella che è una disposizione natu­rale dell’uomo, che non è sta­to creato per vivere solo: l’uo­mo si rivolge istintivamente al suo simile, cerca i rapporti interpersonali, li costruisce, li persegue, li conserva. L’uo­mo è davvero una creatura per natura sociale. Tanti sono gli ambiti nei quali questa attitudine mette il seme e si sviluppa: la famiglia, prima comunità per l’uomo indi­spensabile per la sua crescita; poi la comunità scolastica, i centri di aggregazione sporti­va, la società civile, la comu­nità parrocchiale, i movimen­ti, o semplicemente gli ambiti in cui crescono e si rinsaldano i legami di amicizia. Ma oltre al dato dell’esperien­za che permette di cogliere l’importanza di una rete di relazioni e legami entro i qua­li si sviluppa la vita singola e della società, esiste un ambito la cui importanza consente la crescita di una gioia autenti­ca: la comunità cristiana, vo­luta da Gesù per la salvezza degli uomini. Nella comunità si riceve il dono del Battesi­mo, si continua il percorso di fede, e si partecipa all’Eucare­stia domenicale, rinsaldando i legami tra fratelli. E’ nella comunità che può realizzarsi per ogni uomo l’incontro che lo rende partecipe della sal­vezza secondo un metodo che è umano e concreto, fatto di volti e voci, di persone che an­nunciano che Gesù il Figlio di Dio si è fatto uomo, è entrato nella storia per portarci alla felicità e alla salvezza.Negli Atti degli Apostoli si leg­gono parole bellissime sulla prima comunità cristiana: i fedeli vivevano come fratelli, mettendo tutto in comune,

erano assidui alla preghiera, ai gesti di carità, all’Eucare­stia. Le nostre comunità do­

vrebbero avvicinarsi a quell’i­deale: è vero, noi viviamo in tempi storici e in contesti so­ciali completamente diversi, ma l’impegno e il compito no­stro sono quelli di vivere quel­la pienezza di vita e di relazio­ni che il Signore ha preparato per noi.

Maria Teresa A.

Una traccia per il cammino che ci sta davanti

P ropongo di considerare, d’ora innanzi, l’inizio del­l’Anno Pastorale non fa­

cendolo coincidere con il rientro dalle ferie a fine agosto o con la ripresa dell’anno scolastico all’i­nizio di settembre, ma con l’ini­zio del nuovo anno liturgico, cioè con la prima domenica di Avven­to. La scelta non consiste in un semplice cambiamento di calen­dario, ma comporta anche una novità di metodo.Il prImo anno del trIennIo: rIflessIone e verIfIcaVorrei che il primo anno del triennio (I domenica di Avven­to 2010 ­ Solennità di Cristo Re 2011) fosse considerato un anno dedicato alla riflessione e alla ve­rifica in rapporto a quanto abbia­mo fatto fin qui:

cioè un periodo in cui non met­tiamo a tema nuovi contenuti né intraprendiamo nuove sperimen­tazioni.Potremo dedicarci con più agio ad avviare le verifiche di quanto stiamo facendo; non siamo molto abituati a dedicare tempo ed ener­gie a questa riflessione, che invece se condotta bene e con i criteri di un giusto discernimento cristiano si rivela preziosa per correggere errori, dare più continuità ed effi­cacia alle scelte, orientare l’investi­mento delle risorse disponibili;

Il secondo anno del trIenno: la parola dI dIoIl secondo anno (I domenica di Avvento 2011 ­ Solenni tà di Cri­sto Re 2012), nel quale speriamo di poter usufruire della prevista Esortazione post sinodale di Be­

nedetto XVI sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa, sarà perciò dedica to: a. anzitutto alla verifica di quan­to la Parola di Dio sia veramente ascoltata, conosciuta, pregata, vis-suta di fatto nelle nostre comuni­tà: famiglie, gruppi, parrocchie, as sociazioni e movimenti...;b. e, di conseguenza, ad una rin­novata proposta di oc casioni e percorsi, di tradizioni e di sane abitudini (che non si esaurisca­no nell’arco dell’anno, ovvia­mente) che si rivelino utili per una maggiore diffusione della co noscenza delle Scritture, in par­ticolare e anzitutto dei Van geli, senza la quale non c’è vera cono­scenza del Signore Gesù Cristo. Con quello che ne deriva...

Il terzo anno del trIennIo: la celebrazIone eucarIstIcaDurante il terzo anno (I domeni­ca di Avvento 2012 ­ Solennità di Cristo Re 2013), vorrei che la no­stra attenzione si volgesse a quel momento della vita cristiana che, come ci ricorda il Vaticano II, è fonte e culmine di tutta l’espe­rienza cristiana: mi riferisco alla celebrazione eucaristica, alla quale sarà necessario porre nuova attenzione per ridare vita agli stili della festa cristiana e soprattutto della domenica, af finché ritorni ad essere veramente il giorno del Signore, e più in genere, mi rife­risco alla centralità di Cristo nelle altre celebrazioni sacramentali e nella liturgia.

† Diego ColeTTi, Vescovo di Como

RIMETTERE AL CENTRO LA FAMIGLIA … NON SOLO A PAROLE

Oggi viviamo in un mo­mento particolare della storia del nostro Paese,

nel quale sta prevalendo un cli­ma di quotidiana inquietudine, pensiamo ai tristi fatti di crona­ca che ci propinano i giornali o la tv, e di precarietà, pensiamo alla crisi del mondo del lavoro che sembra non avere fine. L’illegalità imperante ha creato un deserto economico e sociale intorno a sé.In un quadro del genere noi tutti, in particolare i giovani, siamo spinti a guardare solo al nostro presente e a ritenere che il nostro futuro sia divenuto troppo incerto per poter costru­ire un concreto progetto di vita. Ed invece è proprio ora che occorre rispondere alla crisi

generale dei valori ponendo al centro dell’esistenza il più im­portante progetto di vita per l’uomo: la famiglia.L’osservanza di regole socia­li quali l’onestà e la legalità, la condivisione di valori comuni come la fiducia, il rispetto di sé e degli altri, il riconoscimento del lavoro come valore fondan­te della persona, qualità come la creatività, la tenacia e il coraggio nell’affrontare i problemi: sono tutte doti che vengono trasmesse dalla famiglia. Si tratta infatti di virtù che vengono insegnate dai genitori ai figli ed assorbite sin da bambini diventano patrimo­nio personale dell’individuo. La famiglia è il principale, se non l’unico, soggetto sociale in grado di trasmettere queste virtù del vivere civile.Quanto è importante perciò il ruolo di genitore!Io che ho da poco avuto il pri­vilegio di diventare mamma mi sto rendendo conto, di giorno in giorno, quale responsabilità grande sia. Ora devo provvede­re soprattutto ai bisogni fisici del mio piccolo (la pappa, il dormire, ecc.), ma la persona che domani il mio bambino di­

venterà dipende dai valori che noi genitori sapremo trasmet­tergli e da questi sarà determi­nato il suo futuro.Occorre rimboccarsi le mani­che, il compito non è facile, a volte bisognerà anche andare contro corrente, ma non è una cosa impossibile, in fondo è semplicemente quello che han­no fatto i nostri genitori con noi, i nonni con loro e così via.Apriamo gli occhi: se la fa­miglia entra in crisi le conse­guenze sulla società diventano pesanti in termini di malesse­re sociale e criminalità, la fa­miglia è la soluzione e non il problema dei mali che vive la società del nostro tempo.Per queste ragioni occorre ri­scoprire e porre al centro del­la nostra vita i valori della fa­miglia, perché sono quelli che fonderanno la società di do­mani. Se vogliamo garantirci un futuro solido occorre impe­gnarsi concretamente in prima persona per salvaguardare tali valori, insegnandoli ai nostri figli e riscoprendoli come geni­tori a cui, a nostra volta, sono stati insegnati.

Monica Campanerut

Addolorata 2011 • N. 3

EditorialE Primo Piano

CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE ANCONA - OSIMO3 -11 settembre 2011

Un evento per tutti

Il Congresso Eucaristico Nazionale è un evento che coinvolge e interpella l’in­

tera comunità ecclesiale italia­na, nella comune fede di ado­razione di Cristo Signore e nel comune impegno missionario.Il tema “Eucaristia per la vita quotidiana” é la vera novità di questo Congresso e sarà ap­profondito e sviluppato nella settimana celebrativa di set­tembre. Il confronto ci aiuterà a rivisitare i luoghi della te­stimonianza quotidiana che il cristiano è chiamato a dare del Signore e del suo Vangelo.

La Chiesa continuerà a colti­vare in modo nuovo e creativo la caratteristica popolare del cristianesimo italiano, da vive­re come scelta di fede nel terri­torio, attenta alla vita della cit­tà, pronta a orientare le forme culturali della coscienza civile.Il Congresso è un evento eccle­siale inserito nel cammino del­le Chiese in Italia e gli orienta­menti pastorali per il decennio 2010­2020 ci incoraggiano a declinare il tema eucaristico

in tre importanti sfide:­ una pastorale dell’unità delle esperienze della vita nel quo­tidiano, capace di costruire percorsi di vita buona;

­ una pastorale formativa che corrisponda al compito edu­cativo;

­ una pastorale integrata che favorisca un maggiore rico­noscimento del laicato nelle Diocesi, Parrocchie, Associa­zioni e Movimenti.

CENTRI D’INTERESSEOTTOBRE - DICEMBRE 2011

Sperimentato all’interno della Comunità da Otto­bre 2010 a Maggio 2011, il percorso culturale dal titolo “CENTRI D’INTERESSE”, ha dato una ri­

sposta davvero sorprendente e soprattutto costante sia per la presenza sia per il modo di partecipazione.Ritengo, quindi, che possa diventare per molti una oc­casione di incontro e di conoscenza importante; questo, del resto, era lo scopo primario che intendeva creare il Ministero Fondamentale: FORMAZIONE/CULTURA”, una pista di spazi visivi e di esperienze che ha corso in parallelo ai Ministeri Fondamentali: “LITURGIA/PRE­GHIERA ­ CATECHESI ­ CARITA’ / ANIMAZIONE.I “CENTRI D’INTERESSE” che intendo indicare nel pe­riodo OTTOBRE ­ DICEMBRE 2011 mi sembrano, per spessore e tematiche, proposte che consolidano ulte­riormente tale percorso culturale e chiedo ad ogni per­sona di poter far conoscere l’esperienza ad un numero sempre maggiore di amici e conoscenti.

PRIMO CENTRO D’INTERESSE ­ Serata di musicaVENERDÌ 7 OTTOBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)

“PAVAROTTI in Central Park”LUCIANO PAVAROTTI TenorNEW YORK PHILHARMONIC Orchestra LEONE MAGERA conductorANDREA GRIMINELLI solo flute

Il prestigioso Concerto tenutosi al Central Park di New York avvia una proposta musicale del tutto nuova che farà nascere consensi e grandi contrasti.

SECONDO CENTRO D’INTERESSE ­ Serata di formazioneVENERDI’ 21 OTTOBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)

“TERZO INCONTRO SU TEMI EDUCATIVI”Realizzato in collaborazione con il gruppo “il Cer-chio” la serata è rivolta a tutti i genitori e adulti.

TERZO CENTRO D’INTERESSE ­ Serata di Teatro VENERDÌ 4 NOVEMBRE ORE 21 (presso salone Oratorio)

Claudio Bisio “I BAMBINI SONO DI SINISTRA”E’ una delle esperienze tra le più significative di contaminazione tra espressioni artistiche differenti, proposte da uno degli attori più creativi che il mon­do del teatro italiano annovera.

QUARTO CENTRO D’INTERESSE ­ Serata di Arte VENERDI’ 18 NOVEMBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)

“I TESORI DELL’HERMITAGE”San PietroburgoI tesori dell’Hermitage costituiscono una delle colle­zioni più belle e raffinate del mondo. Il suggestivo vi­deo celebra l’arte e l’architettura di San Pietroburgo a 300 anni dalla sua fondazione ad opera di Pietro

il Grande. Attraverso le sontuose sale dei grandi pa­lazzi è possibile ammirare capolavori di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Monet e Picasso.

QUINTO CENTRO D’INTERESSE ­ Ritratto di un artista VENERDÌ 2 DICEMBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)

“GIORGIO GABER” Parole e CanzoniAttraverso una ricca e preziosa antologia di pensieri e di canzoni, questo materiale visivo tratteggia la fi­gura di uno degli artisti più acuti e sorprendenti del nostro tempo; persona che pensa ciò che dice, perso­na che coltiva in modo riservato una idea di libertà e un giudizio sul mondo contemporaneo che obbliga chi lo incontra a pensare.

SESTO CENTRO D’INTERESSE ­ Serata di attualitàVENERDÌ 16 DICEMBRE, ORE 21 (presso salone Oratorio)

“PAPA LUCIANI” Il mistero di una morteIl 26 Agosto 1978 viene eletto al soglio pontificio con il nome di Giovanni Paolo I il cardinale di Venezia Albino Luciani. Poco più di un mese dopo, la matti­na del 29 Settembre il Papa viene trovato morto nel suo letto. Il suo pontificato è durato appena trenta­tre giorni, come il tempo di una luna.La sua scomparsa così improvvisa fa sorgere dubbi, polemiche e sospetti.Quel che risulta certo è che quel brevissimo ponti­ficato ha lasciato un segno indelebile che merita di essere capito.

A P P U N T I

Al termine di questo pri­mo anno vissuto all’in­terno della Comunità,

ho ritenuto importante, in pri­mo luogo per me stesso, racco­gliere qualche considerazione e ribadire alcuni contributi utili per dare all’intero cammino che si sta sviluppando sempre maggiore forza.Per quanto mi riguarda ho trascorso questi mesi seguen­do con grande attenzione ogni momento di vita della Comuni­tà, dalle esperienze di maggiore peso a quelle apparentemente minori; mi interessava entrare in sintonia con il cammino di un ambiente, per me completa­mente diverso dalle situazioni vissute in precedenza, cogliere le motivazioni che lo sorreg­gevano, rendermi conto di ciò

che aveva forza reale e futuro e di ciò che potrà meritare un ap­profondimento o una rilettura.La mia preoccupazione prima­ria, dunque, in questo primo anno, è stata quella di osserva­re, capire, cercare di inserirmi il più possibile nel tessuto esisten­te; tutto questo, tuttavia, vissu­to non da spettatore passivo.Alcune linee ho cercato di so­stenerle e indicarle lungo il cammino dell’anno senza, ne sono convinto, stravolgere abi­tudini, usi, percorsi ed espe­rienze esistenti; chi ha segui­to con attenzione il cammino dell’intero anno me ne ha dato a più riprese conferma.Quali le linee sulle quali ho cre­duto di dover insistere?­ l’esigenza, come comuni­tà cristiana, nel ricercare lo “specifico”, cioè chiedersi in continuazione che cosa una Comunità cristiana è real­

mente chiamata a vivere, a scegliere, a fare, mirando all’essenziale e abbandonan­do lungo la strada fronzoli inutili o aspetti ed esperienze puramente esteriori.

­ l’importanza di avere, nello sviluppo pastorale, un “meto­do” preciso di lavoro che per­metta di creare e mantenere un ordine interiore ed este­riore, permetta di combattere la tentazione grande dell’im­provvisazione o del rifugiarsi dietro la frase “abbiamo sem­pre fatto così”, frase tranquil­lizzante ma non sempre utile per una comunità chiamata a dare risposte ad esigenze nuo­ve e a mutamenti non facil­mente dilazionabili, “metodo” che permetta di favorire una verifica seria e reale sul cam­mino che si sta compiendo.

­ la necessità di riservare un posto importante al rapporto

personale, che favorisce una reale conoscenza e stimola ad un rispetto sempre più pro­fondo e necessario in un lavo­ro d’insieme.

Questi spazi personali di ascol­to sono risultati per me assai utili per comprendere nel pro­fondo le dinamiche presenti all’interno della Comunità e per far giungere alle diverse persone incontrate, proposte di collaborazione che per­mettano di allargare il nume­ro di chi desidera avviare un rapporto di partecipazione.

Il bilancio personale di que­sto primo anno lo considero positivo sotto molti aspetti e ciò che ho vissuto mi spinge verso un ulteriore tratto di strada che intendo affrontare con motivazione e con grande interesse.

d.B.S.

In ricordo di don Sandro Botta

Venerdì 22 luglio è morto a Como don Sandro Bot­ta, nostro parroco per

cinque anni. Approdò a Gemo­nio nell’ormai lontano 1964, proveniente dalla parrocchia di S. Bartolomeo in Como, dove era stato da vicario per 14 anni: giovane prete di 37 anni, rima­se con noi fino al 1969.Di lui ho dei ricordi, non so se significativi e pertinenti alla persona e al sacerdote che era: comunque, ricordi vivi.Dopo la morte di don Stefano Tunesi e dopo l’incisiva presen­za, specialmente nell’oratorio maschile, del vicario don Pie­rangelo Livio, fu il primo sa­cerdote, a Gemonio, che iniziò a dipanare il gomitolo aggrovi­gliato ma esaltante del Conci­lio Vaticano II. Diede vita alla prima scelta concreta: la costi­tuzione del Consiglio pastorale parrocchiale per cominciare a capire, dal di dentro, motiva­zioni, aspettative, orizzonti di una nuova pastorale e di una innovativa percezione dell’es­sere “Chiesa”. Il C.P.P. si sosti­

tuiva, con compiti più impe­gnativi, alla fabbriceria nella collaborazione fattiva alle atti­vità parrocchiali.Don Sandro possedeva un’in­telligenza vivace, una grande cultura e un carattere forte e volitivo che, all’occorrenza, sapeva imporsi, seppur dietro la presenza costante di un sor­riso. Il suo relativamente bre­ve periodo di permanenza a Gemonio fu caratterizzato da eventi importanti per il paese. Don Sandro si trovò a dover ge­stire un grande dono e un gran­de sogno: il dono di un vecchio fabbricato adiacente al Cinema Teatro Castelli e il sogno di un oratorio (chiamato Casa del­la gioventù) che, sull’area del vecchio fabbricato, iniziato da lui con grandi sacrifici e gravi problemi economici, sarebbe diventato realtà soltanto con i suoi successori.Fu imperativo nella scelta ri­velatasi poi, in campo artisti­co, la più lungimirante, di to­gliere alla chiesa di S. Pietro il bellissimo altare ligneo di

Bernardino Castelli, che non le apparteneva, per valorizzare la misteriosa mensa che oggi completa e armonizza l’antica abside. Ebbe contro pratica­mente tutto il paese ma seppe imporre la sua decisione che, in seguito, fu ritenuta giusta e opportuna. Il contesto, natural­mente, fu quello dell’inizio di un importante, delicato e com­plesso intervento di restauro della chiesa di S. Pietro.Appassionato della montagna, fu aperto e convinto anche nella scelta, all’epoca coraggiosa, di portarsi in campeggio le ragaz­ze, ma rigorosamente in baita (mentre i maschi erano in ten­

da) e obbligatoriamente in gon­na, almeno in casa e in chiesa.Lasciata la parrocchia di Ge­monio, fu nominato direttore spirituale prima del Semina­rio minore, poi del Seminario maggiore di Como. In questo ambiente altamente formativo, nel pieno fermento di un post ’68 che probabilmente non gli apparteneva, trovò ed affrontò scelte impegnative, soddisfa­zioni, ma anche difficoltà che forse non si aspettava.Dopo il Seminario, di nuovo a S. Bartolomeo, questa vol­ta da parroco; poi arciprete a Sondrio e Vicario episcopa­le per la Valtellina e, quindi, monsignore. Appassionato di Dio e degli uomini, si spese sempre con grande impegno, competenza e generosità. Una lunga “carriera” sacerdotale, sempre esigente con se stesso e con gli altri, sempre con una vena affettuosamente polemi­ca se, come è stato ricordato al suo funerale, aveva coniato un aforisma dedicato a certi giovani preti “sempre pron­ti e mai preparati”, che anche oggi non manca di attualità e

di possibilità di applicazione a varie categorie di persone.A Gemonio lo vedevamo spo­radicamente, invitato per qual­che occasione o ricorrenza importante: l’ultima volta nel 2000, per festeggiare insieme il suo 50° di sacerdozio.L’età della pensione l’aveva col­to ancora sulla breccia, pronto a trasferirsi nel Santuario della Madonna di Tirano per prose­guire il suo servizio nel confes­sionale e col rosario in mano, sempre fedele a quel lontano “eccomi”.E poi il declino, nella casa di ri­poso “Santa Croce” delle suore di don Folci a Como: “il Signore mi sta smontando pezzo a pez­zo”. Il coraggio e la consapevo­lezza di questa offerta estrema che si stemperava nella dolcez­za e nella fragilità di un sorri­so… Un sorriso conservato fino all’ultimo e che, nel silenzio del­la mente e della parola, aveva la potenza di un grido e di una preghiera incisiva ed essenziale. A Dio, don Sandro. Da parte no­stra, un ricordo affettuoso e un GRAZIE grande e sincero.

enrica Pezzoli

Il cammino della nostra comunità

LA MOSTRA MERCATO MISSIONARIAIl senso di una esperienza

Una tradizione nata in sordina agli inizi degli anni settanta e prosegui­

ta fino ad oggi, sempre affama­ta di spazi, sempre alla ricerca

di nuovi impulsi e di adeguate motivazioni. Trae la sua ra­gione d’essere da un tabello­ne esposto in chiesa in modo permanente e che descrive, in

sintesi, alcune iniziative che la parrocchia di Gemonio si assu­me ogni anno in ordine al suo mandato in terra di missione: “ogni volta che avete fatto que­ste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli (pove­ri), l’avete fatto a me” (Mt. 25). Il senso di questa iniziativa è racchiuso nel suo nome: MO­STRA, cioè qualcosa da far ve­dere; MERCATO, cioè qualcosa da vendere.Ci è sembrato interessante creare spazi espositivi per far conoscere mondi, culture, ar­tigianati, lavorazioni apparte­nenti a paesi e popoli diversi dai nostri, spazi ricchi di spun­ti di riflessione e di curiosità culturali. Ci è sembrato utile e giusto vendere questi oggetti ad esclusivo beneficio di real­tà dove il bisogno e la povertà sono ancora gli unici interlo­cutori dell’uomo di cui condi­zionano pesantemente la vita. Ci è sembrato doveroso soste­nere specialmente la vendita di manufatti locali acquistati di­

rettamente dai produttori: car­cerati, cooperative di donne, di disabili, di gente comunque impegnata a dare una dignità alla propria esistenza e al pro­prio futuro. Ci è sembrato bello impegnarci in modo speciale a favore di opere che riteniamo particolarmente importan­ti: la ricerca e la distribuzio­ne dell’acqua, la promozione dell’autosufficienza alimentare, il sostegno a strutture sanitarie e, soprattutto, la fondazione e la crescita di realtà destinate all’istruzione e alla formazione culturale e professionale delle giovani generazioni. Ci è sem­brato indispensabile affidare a Dio, attraverso la preghiera, gli amici missionari, le popolazio­ni con cui lavorano, le attività che promuovono e le nostre capacità di condivisione e di ricerca della giustizia.Anche quest’anno la Mostra Mercato Missionaria si terrà da sabato 22 ottobre a domenica 6 novembre e anche quest’anno sarà corredata da un tabellone

con le iniziative che verranno finanziate.Il 6 novembre, inoltre, si ce­lebrerà una Giornata Missio­naria con la partecipazione di padre Edo Mörlin Visconti che svolge la sua attività in Ugan­da.

il Gruppo Missionario

SI APRE UNA NUOVA PROSPETTIVA

La riflessione sulla ristrut­turazione territoriale della Diocesi di Como

(Parrocchie, vicariati, zone, macrozone) è in atto da anni nella nostra Diocesi, sia nelle considerazioni zonali, che in quelle Diocesane: valgano per tutte le riflessioni nate all’in­terno del cammino sinodale, poi interrotto, ma giunto alla consapevolezza del bisogno di una pastorale integrata e di vicariati più agili.È utile ricordare che il territorio non è solo geografico, ma è an che sociale, culturale, storico ed eccle-siale. È segnato dalla presenza di famiglie, di singoli, di gruppi, di associazioni e movimenti, di consacrati. Il territorio va stu­diato anche nei particolari ec­clesiali e sociali.

Sarà utile privilegiare una ri­strutturazione che renda la pasto rale maggiormente segna­ta da:– forme visibili di comunità

(per non parlare generica­mente di comunione);

– collaborazioni ai vari livelli e responsabilità definite.

– efficacia pastorale (senza ri­petizioni tra zone, vicariati e parrocchie)

– snellimento degli organismi pastorali con chiara distinzio­ne tra quelli rappresentativi e quelli di «competenza».

Occorre riflettere molto insie­me, nella prospettiva di una nuova e «migliore» evangeliz­zazione, ma accorre farlo con chia rezza di prospettive e di intenti, prima di intervenire sul territorio e sui confini, chia­rendo passo passo le finalità, lo stile, le esi genze, i compiti, gli organismi di proposta e di co­ordinamento del territorio, i responsabili.

LA PARROCCHIA e IL VICARIATOConfigurazione: il territorio della diocesi è suddiviso in parroc chie o «comunità pasto­rali». Con il nome di parrocchia, in questo testo, intendiamo ge­nericamente sia la singola che quelle aggre gate (comunità pa­storali). La struttura ecclesiale di base è e rima ne la Parroc­chia, mentre il Vicariato e la Zona sono funzionali al la vita parrocchiale e a forme parti­colari di evangelizzazione.Finalità: la parrocchia è il luo­go del contatto delle persone e tra le persone, il luogo dei sa­cramenti, dell’evangelizzazio­ne, della testimonianza e della missione.Stile: la Parrocchia si caratte­rizza per le relazioni umane, l’ac compagnamento nelle va­rie età della vita, la dimensione familia re dei rapporti, la col­

laborazione gratuita, la corre­sponsabilità, l’autogestione. Una Parrocchia trova anche nella sua storia tratti precisi che la defini­scono.Esigenze: riconoscere la Parrocchia e la sua funzione primaria in ordine alla evan­gelizzazione significa anche prendere atto che la fisiono­mia attuale di molte piccole

parrocchie della nostra dioce­si richiede forme di collabora­zione e di integrazione con le par rocchie più vicine, fino a costituire una “comunità pa­storale”. Questo processo, per evitare dannose sofferenze e fallimenti, comporta da parte dei sacerdoti una seria e con­vinta disponibili tà a lavorare insieme, concordando idee, programmi e azioni; e com­porta che anche le comunità vengano preparate in tempi suf ficienti a comprendere le ragioni e le modalità, median­te la pre dicazione, l’informa­zione, la condivisione e una sperimentazione adeguata. È una forte esperienza di dialogo progettuale, di col laborazione e di corresponsabilità tra pre­ti, laici, consacrati.Compiti del Vicariato: se­guendo le indicazioni del pro­getto pastorale indicato sul questionario per la visita pa­storale, potremmo dire che il vi cariato è attento al concreto e storico territorio (geografia, cultu ra, ricchezza, arte, storia, tradizioni...), al coordinamen­to, alla formazione di coloro che sono inseriti nei consigli di partecipa zione, alle forme comunitarie di vita ecclesiale (associazioni, mo vimenti...), alla missionarietà della chiesa sul territorio (pastora le d’am­biente, scuole, ospedali, case per anziani...).Organismi di proposta e di coordinamento: il Vicariato ha il suo punto di riferimen­to nel Consiglio pastorale del Vicariato (che sostituisce quello zonale). Il Consiglio è innanzitutto luogo di stu­dio del Piano pastorale dio­cesano, di progettazione e di program mazione degli itine­rari di fede e delle proposte pastorali condivi se. Per alcu­ne parrocchie piccole (20­200 abitanti) il Consiglio pa storale

vicariale può supplire quello parrocchiale, se non ci fosse. L’attuazione delle proposte avviene nelle parrocchie. Per iniziati ve a misura vicariale, il Consiglio diventa organismo di coordina mento e può avva­lersi di qualche forma di cassa comune.

Responsabile del vicariato è il Vicario foraneo, nominato dal vescovo. A lui competono tutte le prerogative assegnate dal Co dice di diritto canoni­co. Un suo servizio specifico è radunare i preti del Vicaria­to, ai quali è chiesta una vita comune pastorale: studio e programmazione della pasto­rale, momenti di preghiera, incontro settimanale, possi­bilmente pranzo almeno in alcune oc casioni. Su queste scelte sta o cade il Vicariato. Gli incontri pos sono avvenire insieme a quelli di altri vica­riati, condividendo preghiera e formazione, ma è necessario mantenere la misura del Vica­riato per le progettazioni e per le programmazioni.

Cittiglio, chiesa parrocchiale.

Brenta, chiesa parrocchiale.

Caravate, chiesa parrocchiale.

Gemonio, chiesa parrocchiale.

Vicariato foraneo

Angoli della Mostra Mercato Missionaria. T rova il tempo di ri­flettere: è la fonte della forza. Trova il

tempo di leggere: è la base del sapere. Trova il tempo di essere gentile: è la stra­da della felicità. Trova il tempo di sognare: è il sen­tiero che porta alle stelle. Trova il tempo di amare: è la vera gioia di vivere. Tro­va il tempo d’essere felice: è la musica dell’anima.

massime di«sapienza irlandese»

ControCorrEntE

SUI MURIDI GEMONIO… a cura di Gianni Pozzi

SAN ROCCO

L’affresco rappresenta San Rocco, ben ricono­scibile dalla conchiglia

sul petto, titolare, anzi conti­tolare della nostra chiesa par­rocchiale che, alla fine dell’800 è stata intitolata anche alla B.V. Addolorata. La fotografia ne racconta tutta la storia… bisogna però... saperla leggere.

L’affresco si trovava nella chie­sa parrocchiale e, quando don Cesare Moja decide di ingran­dire la chiesa realizzando le at­tuali absidi – un lavoro davvero importante ed imponente che durerà vari anni – quell’affre­sco viene salvato e trasportato, forse con un’intera porzione di muro nell’andito che dava ac­cesso alla casa parrocchiale. La data dell’inizio dei lavori è il 1898 ed infatti la scritta, in lati­no abbastanza comprensibile, che leggiamo nella fotografia ci racconta che l’immagine del Beato Rocco è stata trasportata qui dalla vecchia chiesa nell’an­no 1898; si aggiunge l’invito a guardarlo (“aspicite”) con ani­mo devoto. Ma il destino sem­bra accanirsi su questo affresco perché anche quel fabbricato è destinato alla demolizione. Si pensa – con l’amministrazio­ne del sindaco Virginio Curti, mentre la parrocchia è vacante, causa la morte di don Stefano Tunesi e l’imminente arrivo di don Sandro Botta – di realizza­re un allargamento della piazza e quel fabbricato prospiciente la piazza (“casa del coadiuto­re”) sarà demolito, e con la de­molizione sarà distrutto anche l’affresco. Del lavoro, siamo nel 1965, è incaricata l’impresa gemoniese Vedani. Ernesto Ve­dani (1895 ­ 1986) meglio noto col soprannome di “Bicc”, uno

dei titolari dell’impresa, avver­te però l’amico Innocente Sal­vini che, rispolverando vecchie conoscenze e dopo aver con­sultato un manuale, si mette all’opera e “strappa” l’affresco trasportandolo su tela. Attual­mente quell’immagine, così salvata, si trova in casa degli eredi del pittore. La fotografia – il primo a destra è Ernesto Vedani, l’altro è Innocente Sal­vini – è stata ritrovata recente­mente tra le carte dell’archivio parrocchiale, mentre altre con lo stesso soggetto sono state recuperate nell’inventario delle carte e fotografie dell’archivio Salvini, recentemente realizza­to. E qui, altra sorpresa… ma con un interrogativo. Infatti sul retro di una di queste fo­tografie una mano anonima,

oltre alla data (1965) attribui­sce l’affresco a tal “Francesco Vela”. Qui, sta l’interrogativo perché un ispezione attuale alla tela non ha rilevato nomi o firme e quindi quel nome viene, probabilmente da un ricordo di allora o da qualche altra scritta non documentata. Un “Vela” ha in effetti lavorato nella nostra chiesa di San Roc­co realizzando sulla volta l’af­fresco della Madonna Assunta nel 1873, come ho spiegato sul nostro giornale nel numero di Natale 2008. Ma si trattava di Spartaco Vela (1854 ­ 1895), e figlio del più noto importante Vincenzo (1822 ­ 1891) e nipo­te di Lorenzo (1812 ­ 1897), lui pure artista di nome. In attesa di contattare il Museo Vela di Ligornetto e di sciogliere, se

possibile, l’interrogativo (chis­sà che qualcuno dei lettori ne sappia qualcosa!) vi propongo altre fotografie di quel fabbri­cato demolito che è rimasto nei ricordi di molti gemoniesi che lo frequentavano. Si tratta di quell’andito che, dalla piaz­za della Vittoria dava accesso al cortile della casa parrocchiale e che recava sulla volta l’indi­cazione in affresco o graffito dei nomi dei “vecchi parroci di Gemonio”. In questo caso a nessuno è venuto in mente di “strapparli”… ci restano però queste poche fotografie!

LA NOSTRA STORIA

Se oggi, da un punto ele­vato di Gemonio durante le ore serali, osserviamo

la nostra contrada, notiamo una considerevole quantità di luci, come se non volessimo rassegnarci al sopraggiungere del buio. Alcune vie sono ri­schiarate da un fitto corteo di lampioni e anche i paesi lonta­ni segnalano la loro presenza con molti lumini quasi si fos­sero posate sulle colline tante piccole stelle.Ma un tempo, neppure troppo lontano, non era così : meno abitazioni significavano , per prima cosa, meno lumi accesi, inoltre molte strade non erano illuminate, né esterni di chie­se, né campanili. Era palpabile quindi, al calar del sole, spe­cie nel periodo invernale, una autentica nostalgia della luce. I profili delle montagne spari­vano poco a poco inghiottite nell’oscurità, la valle e i colli di­

sabitati ci apparivano sempre più neri, mentre ci serviva di consolazione l’interno rassicu­rante della nostra casa.Alcuni avvenimenti poi face­vano diventare ancora più buia e paurosa la notte. Ricordo un breve periodo degli ultimi anni quaranta, durante il quale era stato commesso un delitto mi­sterioso presso il convento di Santa Maria del Sasso di Cara­vate, tenuto dai Padri Passioni­sti.Dopo aver soppresso col veleno i due cani da guardia, l’assassi­no aveva ucciso con una pietra un giovane novizio. Per alcuni giorni furono svolte indagini

presso il convento e nel circon­dario senza risultato.A tredici anni l’immaginazio­ne trasforma i timori in incu­bi notturni e, l’idea che quei fatti fossero avvenuti di fronte al nostro paese proprio là in quel convento, un luogo sacro che dovrebbe essere preservato dal male, destava una sinistra impressione. Perfino il lontano abbaiare di un cane rinnovava l’apprensione. Si dice che le vie del Signore sono infinite, ma talvolta attraversano il territo­rio del diavolo.Poco tempo dopo, a seguito di alcune contraddizioni duran­te l’interrogatorio, un giovane religioso dalla mente instabile finì per confessare il delitto; e tutto si ridusse col tempo ad un più o meno dimenticato fatto di cronaca come tanti altri.Ma nella mia memoria rimase impressa per molto tempo la perduta immagine della cam­pagna dispensatrice di tran­quillità e serenità. Avevo appre­so che il male e la sofferenza che ne deriva, fanno inesora­bilmente parte dell’esistenza, rivelandone gli aspetti oscuri e inquietanti, con la conseguente necessità di qualcosa al di so­pra della realtà per soccorrere la fragilità umana.Le prime riflessioni interiori mi condussero così all’irrinun­ciabile rapporto tra Dio e il no­stro vivere per ottenere la pos­sibilità di capire il senso ultimo delle cose.

Gio Barabino

Storia e Arte locale

tErza Puntata

1965, vista dall’interno del cortiledella casa demolita.

Chiesa ed Eucaristia

Nella preparazione del Congresso Eucaristico naziona­le di Ancona che si terrà dal 3 all’11 settembre 2011, la Chiesa italiana approfondisce il mistero dell’Eucaristia

quale Sua sorgente e culmine. La Sacrosantum Concilium così recita: “Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, a perpetuare così il sacrificio della croce nei secoli fino al suo avvento, lasciando in tal modo alla sua diletta sposa, la Chiesa il memoriale della Sua morte e resurrezione. Nel segno della comunione di mensa la comunità cristiana celebra con gratitudine la memoria della storia della salvezza, la venuta di Gesù Cristo, che mediante lo Spirito Santo si dona nel pane e nel vino, fa partecipare i membri dell’assemblea al dono della sua vita e fa della celebrazione eucaristica il segno escatologico definitivo. Il sacrificio e il sacramento fanno parte dello stesso mistero, sicché non è possibile separare l’uno dall’altro. Il Si­gnore si immola in modo incruento nel sacrificio della messa , che rappresenta il sacrificio della croce, applicandone la virtù salutifera nel momento in cui per le parole della consacrazione comincia ad essere presente come alimento spirituale dei fedeli. L’Eucaristia genera la Chiesa facendo della Chiesa una Eucari­stia. Cristo è presente alla sua Chiesa che annuncia il Vangelo e nella Chiesa che governa il Popolo di Dio. Cristo­Eucaristia è presente in particolar modo nella comunità che prega, che eser­cita l’accoglienza e la carità. L’Eucarestia fa la Chiesa mediante la consacrazione, la comunione e la contemplazione. Nella spi­ritualità patristica, più fedele all’ortodossia, si dà il primato ai sacramenti e soprattutto all’Eucarestia come PRESENZA REA­LE di Cristo, in quella occidentale, influenzata dalla spirituali­tà dei mistici, si dà il primato alla contemplazione. Le due vie vanno integrate, per cui è necessario che alla vita sacramentale si affianchi una vita di orazione. La contemplazione è il mez­zo con cui riceviamo i Misteri, li interiorizziamo e ci apriamo alla loro azione. Gesù nell’episodio della lavanda dei piedi ci dice: io vi ho dato l’esempio perché facciate anche voi lo stesso. E’ l’invito a passare dalla memoria all’imitazione, dalla CON­TEMPLAZIONE EUCARISTICA ALLA PRASSI EUCARISTICA. Il servizio (DIAKONIA) è il modo di manifestarsi dell’agape, un’imitazione dell’agire di Dio, senza alcun proprio interesse. Carità ed umiltà formano il servizio evangelico e deve essere il culmine ed il coronamento di ogni EUCARESTIA.”

Salvatore la SalaCaravate, convento Passionista

chiostro interno.

1965, immagini della volta, con scritte, del fabbricato poi demolito.

1965, Ernesto Vedani (a destra) ed Innocente Salvini posano davantiall’affresco prima dello strappo.

RETROSPETTIVA“contra vientoy marea”

“Contra viento y ma­rea”. Così “La Ra­zon” – quotidiano

spagnolo – ha titolato una del­le intense pagine dedicate alla cronaca della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011 che si è tenuta a Madrid dal 16 al 21 agosto. L’espressione ri­chiama sicuramente le condi­zioni del tempo. Durante la Ve­glia di preghiera, infatti, i due milioni di giovani presenti nella piana dell’aeroporto di Cuatro Vientos si sono ritrovati sotto un violento nubifragio; vento e pioggia battente avranno dato probabilmente l’impressione di stare in barca in mezzo ad una tempesta, un po’ come i disce­poli nel Vangelo (Mc 4, 35­41). Ma è anche un’espressione che sta ad indicare lo stato d’ani­mo, lo stare “controcorrente”, che è un po’ l’invito del Papa alla sua juventud.I media italiani, per la verità, non mi sembra abbiano ri­servato particolare attenzione all’evento di Madrid che, al di là del raduno di massa festo­so vuole essere una “forma di presenza nuova della Chiesa e momento del suo cammino nel tempo”. La maggior parte dei

telegiornali ha posto l’atten­zione quasi più sulle difficili condizioni atmosferiche che hanno accompagnato l’evento (troppa pioggia o troppo sole) che sul significato dell’incon­tro. Mi piace comunque pensa­re che dare risalto al meteo ­ un po’ come il giornale spagnolo – sia stato un fatto voluto e quasi suggestivo per sottolineare il tema di questa GMG: “radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (Col 2,7). Le immagini più trasmesse mostrano la fol­la dei giovani fradici sotto la pioggia e sul palco il Papa, a malapena protetto da ombrelli bianchi, che dice ai suoi colla­boratori di voler comunque ri­manere e proseguire la Veglia insieme a loro. Vorrei leggere queste imma­gini come un segno estrema­mente semplice, ma efficace di come il Papa ci invita ad essere e di come possiamo es­sere giovani, “fedeli alla fede cristiana”, continuando ad “aspirare a grandi ideali nella società attuale”. Ma come si fa ad essere “radicati e fonda­ti in Cristo”, come un albero dalle radici forti e una casa dalle fondamenta salde? Il Papa durante la Veglia ricorda che “Dio ci ama. Questa è la grande verità della nostra vita e che dà senso a tutto il resto. Non siamo frutto del caso o dell’irrazionalità, ma all’ori­gine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio. Rimanere nel suo amore si­gnifica quindi vivere radicati nella fede, perché la fede non è la semplice accettazione di alcune verità astratte, bensì una relazione intima con Cri­sto. […] Come questa notte, con Cristo potrete sempre af­frontare le prove della vita”.

luisella

Fatti ed esperienze

Come si fa a parlare di immigrazione in 25 ri­ghe? Anche questa è una

sfida! Si rischia di ripetere luoghi comuni, di prendere posizioni ideologiche o, peggio ancora, estreme: pro o contro il gover­no, pro o contro gli immigrati in quanto tali. Ci proverò, scu­sate in anticipo se non ci riu­scirò…In 10 anni erano arrivati in Ita­lia 80000 migranti, negli ultimi 4 mesi sono arrivate sulle coste italiane 57000 persone. Que­sti sono i dati dell’emergenza umanitaria che stiamo vivendo e che non finirà a breve, viste le incognite delle rivoluzioni ara­be del nord Africa, Libia com­presa.Il Trattato di Lisbona indica un principio che si sta cercando di applicare: accogliere i rifugiati politici veri e respingere gli im­migrati economici illegali. Ma per far questo in modo veloce ed equo c’è bisogno della col­laborazione con i Paesi da cui provengono, oggi in piena crisi e dove tutto può ancora succe­dere: restaurazione, nuova ri­voluzione, sistemi democratici o islamici.Per ora su 57000 arrivi, 13000 persone sono state rimpatriate nell’ottica del criterio: “Massi­mo dell’accoglienza e massimo del rigore nell’applicazione del­la legge”. Nonostante molte dif­ficoltà si è rilevata una buona collaborazione tra istituzioni regionali, provinciali e asso­ciazioni nella fase della prima accoglienza. Si tratta poi di at­tivare percorsi di integrazione nell’insegnamento della lingua, nel reperimento dell’alloggio, del lavoro per quelli che ne hanno effettivamente diritto.

Si tratta di mettere in atto una politica di equilibrio che atte­nui il disagio sia degli immi­grati che fuggono alla ricerca del benessere sia degli italiani che vedono in loro,soprattutto nel numero sempre più alto, una minaccia alla sicurezza e al benessere conquistato.Mi ha colpito un’immagine, citata da un politico, che po­neva la soluzione del proble­ma in modo drastico:”Davanti ad un flusso di qualsiasi tipo si costruisce o una diga o una rete. Nel nostro caso o i respin­gimenti o un sistema che con­stata il fenomeno dell’immigra­zione e lo gestisce”.Non mi sembra, però, che si debba scegliere tra le due vie, ma integrarle l’una con l’altra facendo tesoro della storia pas­sata e delle prospettive future.Se l’immigrazione nasce dal sottosviluppo dei paesi d’origi­ne e dalla mancanza di libertà, bisogna aiutare in loco il capi­tale umano dal punto di vista economico, culturale, politico. Ciò non si può fare solo con accordi bilaterali, tipo Italia­Tunisia, ma con l’intervento di una Comunità Europea seria e lungimirante. Fatte salve le evidenti differenze di epoca e di cultura, si dovrebbe ripetere oggi con il Nord Africa quello che negli anni 90 l’Europa ha

fatto con i Paesi dell’Est, dopo la caduta del comunismo. Non si tratta semplicisticamente di dividersi le quote di immigra­ti (già sarebbe comunque un piccolo passo avanti), ma di offrire ai Paesi del Nord Africa piena integrazione economica e commerciale, collaborazione stabile in campo formativo e sociale, in cambio di un impe­gno serio nel controllo dell’im­migrazione. Ciò andrebbe a beneficio di tutte e due le parti, ma non si può aspettare troppo perché il vento della “primave­ra araba” può trasformarsi in tempesta (in Egitto la primave­ra è la stagione delle tempeste di sabbia…).Secondo un politico italiano occorre riconoscere la positivi­tà di queste rivoluzioni nate dal basso, condividere con questi popoli i valori primari, “met­tendo al centro l’uomo, chie­dendo libertà di religione per tutti e rivalutazione del ruolo della donna e, infine con un piano economico di cui l’Euro­pa sia portabandiera. Se quei giovani che hanno lottato non vedessero i frutti positivi della rivoluzione, potrebbero conse­gnarsi al terrorismo …” E allora sarebbe la sconfitta di tutti e un’altra occasione per­duta!

Pinuccia Bodini

IMMIGRAZIONE 2011: sfida per l’italia e per l’europa?

“CONOSCERE ASSISI” • 9 – 12 luglio 2011

Sulle orme di San Francesco “... Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza...”

Ulisse (Dante Alighieri, Divina Commedia, inf. XXVI 118 - 120)

A luglio i nostri ragazzi hanno intrapreso un cammino per scoprire le bellezze di una delle città medioevali d’Italia per eccellenza: ASSISI. Hanno percorso insieme le strade e i percorsi fatti da S. Francesco, condividendo un momento importante di crescita e co-munione insieme… Questi alcuni loro ricordi.

Assisi è stata un’esperienza che rimarrà dentro di noi: ci siamo divertiti, abbiamo imparato a conoscerci, abbiamo visto bellissimi posti, abbiamo potuto riflettere grazie alle storie di persone che hanno deciso di seguire la strada del Signore. Voglio ringraziare tutte le persone che hanno partecipata a quest’avventura, rendendola unica e a tutte le persone che l’hanno organizzata! Grazie! - Mara

Mi sono divertito molto ad Assisi. Il luogo che mi è piaciuto di più è stata la Basilica di San Francesco, perché è ricca di cultura religiosa. - Davide

L’esperienza di Assisi è stata in-dimenticabile e straordinaria. Spero di riviverla ancora. In particolare vorrei ringraziare gli accompagnatori e il don Silvio. - Petra

Per me Assisi è stata un’esperienza stupenda. Assisi è una bellissima città piena di monumenti storici fantastici, ma in particolare mi ha colpito la fiaccolata a Santa Maria degli Angeli. Mi ha colpito perché è stata molto bella, c’era la Madonna sulle spalle di alcuni signori tutta illuminata, e dietro tutte le persone con le candele (compresi noi). È stato bellissimo. Ringrazio don Silvio per avermi fatto vivere un’esperienza bella che rifarei. Ma in particolare i nostri accompagnatori. Grazie mille a tutti. - Beatrice

Terremoto in Giappone

Mi chiamo Elena, sono giappone­se e ho 7 anni. Ho tanta paura per­ché la casa in cui mi sentivo sicu­ra ha tremato, tanto tanto, e molti miei coetanei sono morti. Per­ché i bambini devono avere tan­ta tri stezza? Chiedo al Papa, che parla con Dio, di spiegarmelo.«Cara Elena, anche a me vengo no le stesse domande: perché è co sì? Perché voi dove­te soffrire men tre altri vivono in comodità? Non abbiamo ri­sposte, ma sappiamo che Gesù ha sofferto come voi, innocen­te, e che il Dio vero, che si mo­stra in Gesù, sta dalla vostra parte. Que sto mi sembra molto importante, an che se non ab­biamo risposte, se ri mane la tristezza: Dio sta dalla vo stra parte, e dovete essere sicuri che nel mondo tanti sono con voi, pen sano a voi, fanno quanto possono per voi e per aiutarvi. Un giorno ca pirò che questa sofferenza non eravuota, ma che dietro di essa c’è un progetto buono, un pro­getto di amo re. Non è un caso. Stai sicura: noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi che soffrono, vogliamo aiutarvi con la preghiera, con i no stri atti. Siate sicuri che Dio vi aiu­ta. Preghiamo perché quanto prima per voi venga la luce».

L’anima e lo stato vegetativoMaria Teresa, Italia: l’anima di questo mio figlio Francesco, in stato vegetativo da Pa­squa 2009, ha abbandonato il suo corpo, visto che lui non è più cosciente, o è ancora vici­no a lui?«Certamente l’anima è ancora pre sente nel corpo. La situazio­ne, forse, è come quella di una chitarra le cui corde sono spez­zate e non si posso no suonare. Così anche lo strumento del corpo è fragile e vulnerabile, e l’anima non può suonare, per

così di re, ma rimane presen­te. Quest’ani ma nascosta sente in profondità il vo stro amore, anche se non capisce i detta­gli e le parole. Questa vostra presenza, cari genitori, cara mam ma, accanto a lui, ore e ore ogni gior no, è un atto di amore e di grande va lore perché entra nella profondità di quest’ani­ma nascosta. Il vostro atto è anche una testimonianza di fede in Dio, di fede nell’uomo, di impegno e di rispetto per la vita, anche nelle si tuazioni più tristi. Voi fate un gran de servi­zio all’umanità con questo se gno di rispetto della vita, con questo amore per un corpo lacerato, per un’anima sofferente».

I cristiani perseguitatiSalute al Santo Padre dall’Iraq. Noi cristiani di Baghdad siamo stati perseguitati come Gesù. In che modo possiamo aiutare la co munità cristiana a riconsi­derare il desiderio di emigrare in altri Paesi?«Prego ogni giorno per i cri­stiani in Iraq. Sono i nostri fratelli soffe renti, come anche in altre terre del mondo. E noi dobbiamo fare il pos sibile per­ché possano rimanere e pos­sano resistere alla tentazione di migrare. Siamo vicini a voi, cari fra telli in Iraq, e vogliamo _aiutarvi. Le istituzioni e tutti coloro che hanno una possi­bilità di fare qualcosa per voi, devono farlo. La Santa Sede è in permanente contatto con le diver se comunità, non solo con le comu nità cattoliche e cristia­ne, ma anche con i fratelli mu­sulmani, sia sciiti, sia sunniti. Vogliamo fare un lavoro di ri­conciliazione e di comprensio­ne, anche con il governo per aiutar lo in questo cammino dif­ficile di ri comporre una società lacerata. Que sto è il problema: la società è pro fondamente di­visa. Si deve rico struire la con­sapevolezza che nella diversità c’è una storia in comune. Vo­gliamo, in dialogo, con i diver­si gruppi, aiutare il processo di rico struzione e incoraggiarvi ad avere fi ducia e pazienza, ad ave­re fiducia in Dio, a collaborare in questo pro cesso difficile».

La guerra in Costa d’AvorioSignora Bintù, musulmana, Co sta d’Avorio: caro Santo Pa­dre, qui abbiamo sempre vis­suto in armonia tra cristiani e musulmani. Ora tutto è cam­biato. Lei, in quanto amba­sciatore di Gesù, cosa consi­glierebbe per il nostro Paese?«Ho ricevuto lettere lace­ranti dalla Costa d’Avorio, dove vedo tutta la profondi­tà della sofferen za: rimango triste perché possia mo fare così poco. Ma possiamo fare una cosa: pregare con voi e, per quanto possibile, fare ope­re di carità. Secondo le nostre possibili tà, vogliamo aiutare i contatti poli tici e umani. Ho incaricato il cardi nale Peter Turkson, presidente del Consi­glio giustizia e pace, di anda­re in Costa d’Avorio e di par­lare con i diversi gruppi per incoraggia re un nuovo inizio. Vogliamo far sentire la voce di Gesù che fu uo mo della pace. Questo ci mostra il vero volto di Dio; la violenza non vie­ne da Dio, mai aiuta a dare le cose buone, è un mezzo distrutti vo, non è il cammino per uscire dalle difficoltà. In­vito tutte le par ti a rinunciare alla violenza e a cercare le vie della pace. Non potete servire la ricomposizione del vo stro popolo con mezzi di violenza, anche se pensate di avere ra­gione. L’unica via è rinunciare alla vio lenza, ricominciare con il dialogo, con la nuova atten­zione l’uno per l’altro, con la disponibilità ad aprirsi l’uno all’altro».

La risurrezione di CristoItalia. Santità, che cosa fa Gesù nel lasso di tempo tra la morte e la risurrezione? Gesù discese negli Inferi, possiamo pensare che sarà una cosa che accadrà anche a noi, prima di salire al Cielo?«Innanzitutto, questa discesa dell’anima di Gesù non si deve im maginare come un viaggio da un continente all’altro. È un viaggio della sua anima, sempre in contatto con il Pa­dre, ma che nello stesso tem­po si estende agli ultimi confini

dell’essere umano. Vuol dire che an che il passato è raggiun­to da Gesù, che la redenzione non comincia nell’anno zero o 30, ma abbraccia tutti gli uomi­ni di tutti i tempi. I Pa dri, con un’immagine molto bella, dico­no che Gesù prende per mano Adamo ed Eva, cioè l’umanità, e la guida verso l’alto, al Cielo. La discesa agli inferi, nelle pro­fondità dell’uo mo e del passato dell’umanità, è par te essenziale

della missione di Gesù redento­re. La nostra vita è diversa: noi siamo già redenti dal Signore e arriviamo davanti al Giudice, dopo la morte, sotto lo sguardo purifican te di Gesù. Tutti noi, in maggiore o minore misura, abbiamo bisogno di purifica­zione».

IN OCCASIONE DELLA PASQUA 2011BENEDETTO XVI RISPONDE IN DIRETTA TELEVISIVA

L’arte di educare

GIOVANI CATTOLICI: ottimisti ed altruisti

Li abbiamo visti di recente, a Madrid, intorno a Papa Benedet­to. Entusiasti ma anche seri, capaci di far festa ma anche di pregare, di fare fatica e sopportare canicola ed acquazzoni.

Li abbiamo ammirati, li abbiamo invidiati, ci hanno emozionato. Sappiamo che qualche volta ci deludono, e qualche volta ci fanno sentire in colpa, perché chi non si trova mai spiazzato di fronte ad una generazione nuova? Sono i giovani del nostro tempo, in parti­colare quei giovani che, andando per lo più controcorrente, inten­dono costruire la loro vita guardando a Cristo, al vangelo e persino ... restando dentro la Chiesa.Ma chi sono, quanti sono, e, soprattutto, come intendono esprimere la loro religiosità nella vita di tutti i giorni? Ad interrogativi di que­sto tipo ha cercato di rispondere un’indagine svolta di recente nelle scuole superiori di Alessandria. Si tratta quindi di un campione pre­ciso e ristretto, che non manca tuttavia di fornire dati interessanti e forse non molto diversi da quelli che potrebbero riscontrarsi in altri ambienti.Per quanto riguarda i numeri, gli studenti che dichiarano di essere cattolici sono circa il 50% degli intervistati; percentuale che scende sotto il 10% quando si tratta di individuare la diffusione della pra­tica religiosa. Ma il proposito della ricerca non era tanto quello di raccogliere dati numerici, quanto quello di indagare su valori e com­portamenti che potrebbero scaturire da convinzioni religiose, carat­terizzando e differenziando (se si differenziano) i giovani cattolici praticanti dai loro coetanei non religiosi/non cattolici/non praticanti.Ed effettivamente alcune differenze emergono.Fondamentale mi sembra il dato che indica, nei giovani praticanti, una maggiore attenzione, rispetto agli altri giovani, per la distinzio­ne tra ciò che è bene e ciò che è male. Forse anche in conseguenza di questa particolare sensibilità, emerge una più marcata criticità rispetto alle situazioni che riguardano l’etica sessuale e la bioetica, quali convivenza, divorzio, matrimonio tra omosessuali, prostitu­zione, eutanasia.Un’altra caratteristica di questi giovani cattolici è un atteggiamen­to di maggiore ottimismo verso il futuro, unito ad una maggiore fiducia nei confronti della scuola. Infine, la religiosità dei giovani intervistati si esprime anche in una più spiccata predisposizione per l’altruismo in genere e per il volontariato in particolare.A chi di dovere le opportune valutazioni. Sembra comunque evidente che, stando a queste rilevazioni che l’affidare a Gesù e alla Chiesa la propria giovinezza non fa poi tanto male. Anzi.

e.F.

Assisi, città piena di storia e cultura sacra, con magnifici monumenti imperdibili e un paesaggio che lascia a occhi sgranati. Non ci crederete ma questa è la descrizione di una città che vive con le comodità del XXI sec. (lampioni, i-phone, telefono, TV, computer, videogiochi...), ma immersa nell’affascinante paesaggio medioevale. Quando siamo arrivati in albergo non sembrava la storica Assisi come raffigurata nei libri e sempre immaginata, ma quando abbiamo avuto la possibilità di entrare dentro le mura è cambiato tutto; sembrava di aver viaggiato nel tempo senza alcun mezzo da film di fantascienza! La cosa che più mi ha sorpreso è la Rocca Maggiore con quel tunnel alto non più di 1,40-1,45 m, se dovessimo contare quante testate abbiamo preso in meno di 5 minuti batteremmo un Guinnes World Record!Ma ho anche pensato, se fossi stata io al posto di Francesco, avrei lasciato tutte le mie ricchezze? Mi sarei spogliata dei miei abiti e vestita con un saio e una corda? Avrei lasciato la famiglia, gli amici, i parenti facilmente? Sicuramente no,

ma visitare questa città mi ha fatto immaginare come sarebbe la vita se avessi scelto di vivere come Francesco.

Comunque ci siamo divertiti insieme, specialmente una sera, quando un complesso è arrivato in hotel e ci ha fatto scatenare tra balli come il twist, trenini, valzer

ecc... fino allo sfinimento. Ma insieme ai momenti di svago ci sono stati anche momenti di serietà e preghiera, visitando chiese e luoghi dove è vissuto il Santo poverello che lasciò le sue ricchezze per seguire la Parola del Signore. - Stefania

Nel mese di ottobre si terrà una serata di testimonianza sull’esperienza vissuta.

È stata un’esperienza molto bella, sia per aver conosciuto luoghi e persone devoti a

S. Francesco, sia per aver trascorso dei bellissimi momenti con i miei amici e

con i nostri “grandi” accompagnatori! Li ringrazio per avermi accompagnato in

questa nuova esperienza. Grazie. - Federico

assisi