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Relazione geologica PUC Committente: Comune di Castello di Cisterna (NA)
STUDIO TECNICO & GEOLOGICO “AMATO”
VIALE DEI PINI, 8 - 80131 NAPOLI /Fax 08119248069 – 3387074269
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INDICE
PREMESSA .................................................................................................................................... 2
INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE ...................................................................... 4
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE E STABILITA’ DEL TERRITORIO ..................... 9
CARTA GEOMORFOLOGICA E DELLA STABILITA’ .........................................................................12
CARATTERISTICHE IDROGEOLOGICHE E IDROLOGICHE ........................................... 14
CARTA IDROGEOLOGICA ...................................................................................................................16
CARATTERISTICHE GEOLOGICHE DEL TERRITORIO COMUNALE ............................ 18
CARTA GEOLITOLOGICA ...................................................................................................................21
CARATTERISTICHE GEOTECNICHE DEI LITOTIPI ......................................................... 23
CARATTERIZZAZIONE SISMICA E ZONAZIONE DEL TERRITORIO IN PROSPETTIVA
SISMICA ...................................................................................................................................... 28
CARTA MICROZONAZIONE SISMICA .................................................................................................37
VERIFICA A LIQUEFAZIONE ............................................................................................... 41
CONCLUSIONI ........................................................................................................................... 44
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PREMESSA
Nell’ambito delle attività poste in essere dall’Amministrazione Comunale di
Castello di Cisterna finalizzate alla redazione del nuovo Piano Urbanistico Comunale, è
stato affidata allo scrivente Geol. Alessandro Amato la redazione dello studio geologico-
tecnico al fine di acquisire, da parte degli organi competenti, tutti i pareri di compatibilità
dello strumento urbanistico con le condizioni geomorfologiche e sismiche del territorio
così come previsto dall’art. 89 del D.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001.
In tale contesto, pertanto, è stato prodotto il presente elaborato, completo dei
relativi allegati grafici, il quale riassume le risultanze dello studio geologico effettuato.
Detto studio è stato predisposto tenendo in debita considerazione:
la bibliografia tecnica e scientifica esistente tra cui la nuova Carta Geologica
Regionale del Progetto CARG, in scala 1:50.000;
rilevamento geologico di superficie;
le esperienze direttamente maturate dallo scrivente nell’ambito della propria attività
professionale;
le risultanze delle attività relative al censimento e raccolta di tutte le indagini
geognostiche disponibili effettuate sul territorio comunale di Castello di Cisterna
nell’ambito lavori effettuati sia in ambito pubblico sia in ambito privato;
le risultanze di una specifica campagna di indagini geognostiche in sito e di laboratorio
appositamente effettuata in ottemperanza di quanto disposto sia dal OPCM 3274/03 sia
dall’attuale DM 14.01.2008.
La suddetta campagna di indagini geognostiche (allegato n. 6), direttamente
affidata dall’Amministrazione Comunale alla Società Isogea srl è consistita in:
esecuzione di n. 4 sondaggi geognostici a rotazione e carotaggio continuo
(condizionato a Down Hole);
n. 4 prelievi di campioni indisturbati con esecuzione di analisi e prove di laboratorio;
n. 4 indagini sismiche in foro (Down Hole);
n. 10 prove penetrometriche DPSH.
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Sulla scorta dell’analisi delle risultanze delle diverse fasi di studio innanzi elencate è
stato possibile predisporre la relativa cartografia tematica la quale forma parte integrante
e sostanziale della presenta relazione geologica.
Tale cartografia tematica consiste in:
Carta geolitologica e carta idrogeologica e della rete idrografica e dei punti di prelievo;
Carta geomorfologica e carta della stabilità;
Carta della zonizzazione sismica ai sensi del DM 14.01.2008;
Ubicazione delle indagini disponibili ed eseguite.
Per ciò che riguarda la documentazione relativa alle indagini geognostiche in sito e di
laboratorio appositamente effettuate (allegato n. 6) per la predisposizione del Piano
Urbanistico Comunale, essa costituisce il relativo elaborato “Documentazione delle
indagini geognostiche effettuate”.
Per quanto riguarda, invece, la documentazione relativa alle indagini e prove esistenti
essa è disponibile agli atti dell’Ufficio Tecnico Comunale.
Il presente studio geologico è stato redatto, inoltre, tenendo in considerazione le seguente
normativa:
DM 11.03.1988 – Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la
stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la
progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle
opere di fondazione;
O.P.C.M. n° 3274 del 20.03.2003 - Primi elementi in materia di criteri generali per la
classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le
costruzioni in zona sismica;
D.M. 14.01.2008 - Norme tecniche per le costruzioni;
Legge Regionale Campania n° 9 del 07.01.1983 - Norme per l'esercizio delle funzioni
regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico;
Legge Regionale Campania n° 16 del 22.12.2004 - Norme sul governo del territorio;
Legge Regionale Campania n° 13 del 13.10.2008 – Piano Territoriale Regionale
(PTR).
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INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE
Il territorio del comune di Castello di Cisterna è compreso nella piana a nord est di
Napoli; questa “piana” è parte del profondo “ graben “ carbonatico colmato da depositi
piroclastici e alluvionali, con frequenti episodi marini e palustri, denominato “Piana
Campana”. L’assetto attuale della “Piana Campana” è conseguenza delle fasi tettoniche
verificatesi nel Pliocene superiore e nel Quaternario che, determinando un sistema di
faglie ad andamento appenninico ed antiappenninico, hanno ribassato le unità meso-
cenozoiche dell’Appennino Campano di alcune migliaia di metri e dato origine al
“graben” predetto. I blocchi monoclinalici delle strutture carbonatiche, variamente ruotati
e dislocati dagli eventi tettonici del Miocene e del Plio-pleistocene, degradano a gradinata
verso la piana e sono posizionati al di sotto dell’edificio vulcanico.
Perforazioni profonde ed indagini geofisiche eseguite nell’ambito di una ricerca
geotermica nell’Italia Meridionale hanno messo in evidenza che:
– le faglie dirette a gradinata hanno fatto sprofondare i calcari e le loro coperture
cenozoiche di diverse centinaia di metri già a breve distanza dei rilievi calcarei;
– il substrato calcareo nella piana appare dislocato a profondità maggiori di 2.000 metri
e nell’area del Sebeto esso risulta dislocato a profondità superiori ai 3.000 metri (La
Torre et alii, 1982).
Tutti i terreni che colmano il “graben” sono costituiti, pertanto, nella parte basale da
lembi residui della serie cenozoica, quindi dai prodotti del Roccamonfina e della prima
attività dei Campi Flegrei nonché dai prodotti coevi dell’attività erosiva delle acque
continentali che sfociavano nel braccio di mare che si estendeva tra i monti calcarei e
l’attuale edificio del Somma-Vesuvio . Successivamente furono depositati i terreni più
superficiali costituiti dai prodotti vulcanici dei Campi Flegrei e del Somma - Vesuvio.
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Fig. 1 – Schema tettonico della Piana Campana e delle aree circostanti (da Ortolani & Aprile, 1985) 1) Unità carbonatiche della piattaforma Campano–Lucana; 2) Unità carbonatiche della piattaforma Abruzzese-Campana; 3) Fronte di sovrascorrimento delle unità della piattaforma Campano-Lucana; 4) Strutture mioceniche; 5) Faglie dirette quaternarie; 6) Traccia delle sezioni geologiche interpretative; 7) Sondaggi meccanici.
Fig. 2 – Schema geologico della Piana Campana (da Ortolani & Aprile, 1985) 1) Alluvioni recenti; 2) Piroclastiti recenti dei Campi Flegrei; 3) Tufo giallo; 4) Tufo grigio; 5) Piroclastiti del SommaVesuvio; 6) Lave e piroclastiti del Somma Vesuvio; 7) Arenarie, argille e marne mioceniche; 8) Calcari e dolomie della piattaforma Campano-Lucana; 9)Calcari e dolomie della piattaforma Abruzzese-Campana; 10) Travertino presente nel sottosuolo; 11) Lave a piccola profondità; 12) Perforazioni;
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Dal punto di vista geologico il territorio comunale appartiene al dominio vulcanico
vesuviano ed è localizzato alla periferia del dominio vulcanico flegreo; nel sottosuolo,
pertanto, si rinvengono interstratificati e interdigitati prodotti dei Campi Flegrei e del
Somma - Vesuvio.
La geologia del territorio comunale, infatti, è caratterizzata da:
1) prodotti del Somma–Vesuvio riferibili sia ad episodi piroclastici come la cinerite
grigia superficiale, per larghi tratti addensata, presente entro i primi 3 metri di
profondità in larga parte del territorio comunale che effusivi come la tefrite leucitica
(lava ottavianitica), presente tra le profondità di 4 -30 metri
2) prodotti del vulcanismo esplosivo flegreo con orizzonti e facies riconducibili ai vari
periodi in cui è stata distinta l’attività dei Campi Flegrei ed in particolare:
a) prodotti del III periodo flegreo formati da alternanze di ceneri , pomici e lapilli
intercalati da livelli di paleosuoli;
b) prodotti del II periodo flegreo (in particolare il “tufo giallo napoletano“) che si
presentano più o meno regolarmente stratificati con alternanze di livelli di ceneri e
pomici (pozzolane s.l.) aventi vario grado di compattazione;
c) prodotti del I periodo flegreo costituiti essenzialmente dall’Ignibrite Campana
chiamata da vari autori Tufo Grigio Campano.
Le eruzioni sono state intervallate da periodi di inattività; tali periodi sono
evidenziati dai “paleosuoli” dovuti alla esposizione agli agenti atmosferici della parte più
superficiale dei materiali piroclastici presenti sulle “paleosuperfici”. L’Ignibrite Campana
( Tufo Grigio Campano) e il banco di tefrite leucitica rivestono particolare importanza
nella geologia del territorio comunale, anzi per larga parte di esso rappresentano il
bedrock locale. Di Girolamo e Morra in “The Campanian Ignibrite” (Rend. Acc. Sc. Fis.
Mat. In Napoli. Special Issue, 1987, pp. 177-199) così descrivono i caratteri petrografici,
geologici, chimici e vulcanologici dell’Ignibrite Campana:
1) L’Ignibrite rappresenta una unità disposta su di un’area di circa 10.000 kmq con uno
spessore che raggiunge spesso i 50 metri ed un volume superiore agli 80 kmc. E’ uno
dei prodotti vulcanici più caratteristici ed è usato come materiale da costruzione, in
quest’area, da circa 3.000 anni.
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2) Fenomeni minerogenetici secondari (sin, post-deposizionali), hanno portato a
litologie differenti per tessiture, minerali secondari, caratteristiche tecniche.
3) L’eruzione è avvenuta circa 33.000 anni fa. I caratteri tessiturali mostrano che si
tratta di un’eruzione fessurale avvenuta lungo serie di fratture ad
andamentoappenninico (WNW-ESE) disposte fra la parte nord dei Campi Flegrei e
Napoli.
4) L’Ignibrite è stata , probabilmente, messa in posto con un’alta velocità di fuoriuscita
del magma; è di tipo “sillar” e “low-grade ignibrite”. Infatti il flusso piroclastico ha
coperto montagne e attraversato mari; inoltre tale flow non era eccessivamente caldo
( alto rapporto aria/calore magmatico) e non si è saldato, ma solo “litificato” per
neoformazione di minerali e altre fasi secondarie (K-feldspato, zeoliti, gel o idrossidi
di ferro). Una temperatura di messa in posto fra 600° e 550 °C è stata misurata lungo
una distanza di 50 Km a partire dalla frattura eruttiva. Oltre questa facies di flow
presente in Campania esiste una facies di ash-fall molto sottile (“ash dust”) ricaduta
su immense aree italiane.
5) I caratteri petrochimici mostrano che tale unità è zonata e presenta una variazione
composizionale continua, verso l’alto, da sialica (alcali-trachite) a relativamente
femica (trachite). Il magma subì probabilmente un frazionamento gravitativo cristalli-
liquido.
6) L’Ignibrite è costituita da granuli a dimensione di cenere, per più del 50% del
volume, da pomici, scorie e subordinatamente da litici ( frammenti di lava) e cristalli
(sanidino, plagioclasi, clinopirosseni e biotite).
Rolandi G. in “Ignibriti e tufi gialli nella Pianura Campana e nei Campi Flegrei: una
proposta di riordino” (Convenzione di ricerca “Bradisismo e fenomeni connessi”- 4^
Rendiconto, 1988) evidenzia la presenza di due flussi ignibritici:
– Ignibrite basale che si rinviene in tutte le province campane, da Mondragone a
Sorrento, di colore grigio, sebbene presenti localmente chiazze di trasformazione
zeolitica gialle, comunque nettamente subordinate al colore predominante. Questa
ignibrite con la sua estesa distribuzione deve essere identificata nell’Ignibrite
Campana, con età 35.000 B. p. ;
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– Ignibrite sommitale di colore giallo, con a tetto una fascia incoerente di pozzolane
rosate con pomici a nucleo verdognolo, di spessore variabile. La zona di origine di
questo deposito viene individuata tra le località di Poggioreale e Paesole d’Arpino
(Casoria), con un’area prossimale occidentale che si estende tra i Ponti Rossi e il
Parco Grifeo (Tufi giallo-rossi di Scherillo).
L’età dell’Ignibrite sommitale viene Inquadrata in un intervallo compreso tra
35.000 e 25.000 B.p. Recenti datazioni dell’Ignibrite Campana forniscono un’età di
39.000 anni ( De Vivo et al., 2001). Il banco di tefrite leucitica a tendenza basanitica,
appartenente al cosiddetto Complesso delle Lave del Somma, rappresenta la digitazione
più avanzata della sequenza di colate laviche intervallate da livelli di scorie prodotte dalle
effusioni del Somma nel periodo compreso tra 39ka e 14ka. Nel banco
macroscopicamente si osservano, in una massa di fondo di colore grigio scuro, cristalli di
leucite, augite, olivina. I terreni della successione stratigrafica posti a tetto dell’Ignibrite
Campana e della tefrite leucitica, quando presenti, sono variabili per litologia e
granulometria, hanno origine vulcanica o alluvionale e si presentano in strati e livelli di
forma lenticolare la cui giacitura é generalmente sub-orizzontale.
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CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE E STABILITA’ DEL TERRITORIO
Il territorio comunale di Castello di Cisterna si estende al raccordo tra le estreme
pendici del Monte Somma e la piana dei Regi Lagni.
Da un punto di vista morfologico il profilo del rilievo si presenta piuttosto regolare
e generalmente con acclività molto bassa. Si distinguono nel monotono andamento
generale la blanda scarpata nel settore centro storico, a valle della ex via Nazionale delle
Puglie, e opere antropiche quali i rilevati stradali o gli scavi, ove non colmati, dalle
vecchie cave a fossa.
L’evoluzione del paesaggio in quest’area è stato condizionato in modo
determinante dai seguenti effetti:
– accumulo dei prodotti dall’attività vulcanica del Somma-Vesuvio, protrattasi fino al
1944, ora entrato una fase di quiescenza.
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– Alcuni depositi piroclastici non sono sedimentati direttamente dall’evento esplosivo.
Tra questi vi sono le colate o valanghe di fango, di solito chiamate con il termine
indonesiano “lahar”. I lahar si formano dal materiale piroclastico incoerente (ceneri,
pomici e scorie) che nel corso delle eruzioni esplosive si ammanta sulle pendici
vulcaniche, Essi sono facilmente rimovibili dalla pioggia o dal vapore emesso dal
vulcano. Nell’ambito della Pianificazione Nazionale d’Emergenza dell’area vesuviana
il territorio di Castello di Cisterna rientra nella zona blu che comprende alcune aree
all’interno della più ampia zona gialla. Nella zona blu sono state individuate
condizioni di pericolosità aggravate rispetto alla zona gialla per il possibile accumulo
di colata di fango e per alluvionamenti.
– L’accumulo e le modalità di messa in posto di molti prodotti vulcanici, in particolare
quelli per scorrimento al suolo, anche per fenomeni di accumulo post-deposizionali
(lahar), comportano il transito e la deposizione lungo e allo sbocco di preesistenti
settori di impluvio con l’occultamento delle preesistenti linee di drenaggio. Le nuove
linee tendono a ristabilirsi nel tempo sovente ai margini del corpo di deposito. Il
sovrapporsi di episodi deposizionali comporta quindi migrazioni e deviazioni delle
linee di deflusso con alterazione e modificazione ripetuta del reticolo idrografico e dei
settori di impluvio-displuvio. Per questi motivi nella parte bassa della pendice
vulcanica, l’azione di modellamento delle acque è risultata poco efficace
nell’individuare linee di deflusso incanalato nette e stabili e, di conseguenza,
sottobacini morfoidrografici sufficientemente definiti. Il drenaggio è stato quindi
storicamente demandato a canalizzazioni o percorsi preferenziali artificiali.
– Forme legate ad opere antropiche:
– le aree di cave a fossa (Cava di Chiana, Cava del Passariello, Cava lungo la strada
per Somma Vesuviana, Cave presenti lungo il Corso V. Emanuele) che erano
coltivate per il prelievo di lava utilizzata come pietra per l’edilizia. Tale cave sono
state riempite parzialmente o totalmente ma non è possibile risalire all’effettiva
estensione delle aree cavate;
– gli importanti rilevati dei principali assi stradali e altri rilevati minori della
viabilità provinciale, intercomunale e comunale (autostrada A3 Napoli-Bari,
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variante della S.S. n. 7bis, raccordi e gli svincoli per la zona industriale di
Pomigliano-Acerra, gli assi mediani, il Cis e l’autostrada AI Napoli-Roma);
– interventi di riporto nei settori urbani e aree di accumulo di materiali di discarica;
interventi di terrazzamento e scavi in trincea (piccolo tratto della vecchia linea
Circumvesuviana a valle del centro storico e la linea Circumvesuviana nel tratto
verso gli stabilimenti Alfa-Lancia.
Il territorio comunale può essere suddiviso in alcuni settori morfologicamente
omogenei:
Settore Meridionale è genericamente individuabile tra l’autostrada A30, Napoli Bari e
i confini meridionali (loc. Passariello) con quote del terreno prevalentemente comprese
tra 60 e 45 m. s.l.m. e acclività medie naturali raramenti superiori al 2%;
Settore tra il rilevato dell’autostrada e il centro abitato rappresenta una morfologia
tabulare e acclività molto basse, inferiori al 2%, compreso tra quote che oscillano dai
circa 46 m. a monte ai 38 m. nel settore orientale (loc. Chiana);
Settore del centro storico costituisce una fascia compresa tra il corso V. Emanuele e
poco oltre il vecchio tracciato della linea Circumvesuviana, caratterizzata dalla
presenza di una modesta scarpata naturale in corrispondenza della quale si registra un
incremento delle acclività talora marcato da piccoli salti morfologici terrazzati o
rotture di pendenza. Questa scarpata, poco leggibile a O dopo l’Autostrada, dove si
passa da quote di circa 40 m. s.l.m. a 35 m. raggiunge il massimo differenziale
all’altezza di via Roma dove tra il corso e l’area a valle della ferrovia dove si passa da
circa 38 m. s.l.m. a 30 m.. Le quote più elevate, superiori ai 42 m. si trova nell’area
compresa a nord tra il municipio e la chiesa;
Settore settentrionale comprende la zona che termina sulla strada provinciale per
Acerra e presenta quote che oscillano prevalentemente tra 26 m. s.l.m. a nord e circa
31 m. s.l.m. a sud (loc. “Padulella”, “Cimminola”, “Tirone”). In questo settore le
acclività medie naturali non sono superiori al 5 per mille e si rinvengono alcune linee
di drenaggio superficiale connesse al sistema principale dei Regi Lagni.
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CARTA GEOMORFOLOGICA E DELLA STABILITA’
Tale carta (allegato n. 3) è stata realizzata sintetizzando i risultati degli studi
effettuati e inoltre la recepisce integralmente la perimetrazione contenuta nel P.S.A.I.
“Rischio Idraulico” redatto dall’Autorità di Bacino Nord Occidentale.
Il territorio comunale è stato, pertanto, diviso in zone con un differente grado di stabilità
rispetto alla presenza o meno di problematiche di tipo idrogeologico-geomorfologico.
Sono state, quindi, identificate:
• Aree stabili;
• Aree non caratterizzate da rischio idraulico.
Aree stabili
Rientra in questa area la totalità del territorio comunale caratterizzata da una morfologia
superficiale pianeggiante con leggero declivio verso sud. La stabilità dei terreni, pur di
natura sciolta, è assicurata dalle condizioni di giacitura ed i fenomeni erosivi, a causa
delle modeste pendenze e della regimazione efficiente delle acque superficiali, sono
praticamente assenti e le acque ruscellanti in superficie, non assorbite dai terreni
permeabili, vengono incanalate in parte nelle fogne comunali ed in parte nel Lagno della
Campagna che trova recapito nei Regi Lagni.
Zone caratterizzate da rischio idraulico
Lungo il tracciato del Lagno Campagna si ha la presenza di “punti di crisi idraulica” cioè
una riduzione della sezione dell’alveo, in corrispondenza del Ponte Cisterna, degli
attraversamenti della strada statale N162 e della zona ASI. Qualsiasi intervento da
eseguire su l’area racchiusa in una circonferenza di diametro pari a 200 m. con centro nel
punto di crisi idraulica, tali zone saranno soggette a studi di compatibilità idraulica con
rilievi e indagini di dettaglio per accertare il livello di pericolosità ed il relativo grado di
rischio.
Zone non caratterizzate da rischio idraulico
Rientrano tra queste le aree agricole prospicienti il canale dei Regi Lagni caratterizzate
da una probabilità di esondazione di moderata intensità, così perimetrate nel P.S.A.I.
Rischio Idraulico da esondazione dell’Autorità di Bacino Nord Occidentale. Come si può
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osservare dalla carta stralcio il territorio comunale di Castello di Cisterna non rientra in
questo rischio infatti dopo la linea di confine rappresentata dal “Lagno del Confine” le
aree appartenenti al Comune di Acerra sono soggetti a rischio idraulico moderato.
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CARATTERISTICHE IDROGEOLOGICHE E IDROLOGICHE
Dal punto di vista idrogeologico la Piana Campana, in cui è inserita la zona
esaminata, è un’unità idrogeologica costituita da una spessa coltre di depositi vulcanici,
alluvionali e marini, con caratteristiche litologiche ed idrogeologiche molto diverse tra
loro (figura n. 3). Questa configurazione lito-stratigrafica connessa alla presenza delle
strutture vulcaniche dei Campi Flegrei e del Somma-Vesuvio, porta all’instaurarsi di
flussi sotterranei complessi con presenza di più falde sovrapposte e molte volte
intercomunicanti. Le recenti ricerche strutturali, idrogeologiche e idrogeochimiche
nell’area vesuviana hanno consentito distinguere ( CELICO et alii, 1997) un “acquifero
superficiale “ corrispondente all’area strettamente vulcanica ed un “acquifero profondo “
corrispondente ai rilievi carbonatici fratturati e carnificati.
Fig. 3 - Carta idrogeologica della Provincia di Napoli (Corniello, De Riso e Ducci) con indicazione dell’area studiata
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L’acquifero superficiale vulcanico presenta un deflusso radiale che in generale si
adatta alla morfologia del vulcano. Gli orizzonti acquiferi corrispondono ai livelli di lava
fratturata, di scorie, di pomici e lapillo. Alla periferia del vulcano è possibile ipotizzare
un certo interscambio idrico sotterraneo. L’acquifero profondo e/o principale è
alimentato dalla ”Unità dei Monti di Avella- Monte Vergine- Pizzo d’Alvano” posta a
NE del territorio comunale. La predetta unità è troncata al piede , lungo la direttrice
Maddaloni–Cancello–Nola, da importanti linee tettoniche, che mettono in contatto
l’acquifero calcareo con i depositi pliocenici e quaternari della Piana Campana.
L'acquifero principale della parte di “ piana” posta a NE di Napoli, dove è localizzato il
territorio studiato, è alimentato dalla struttura carbonatica dei monti di Avella,
dall’infiltrazione diretta e dalla struttura vulcanica del Somma-Vesuvio. Esso trova sede
nel forte spessore di piroclastiti sciolte, costituite da banchi di pomici, scorie, litici e
sabbie grossolane che generalmente si rinvengono a letto del "tufo grigio campano" che,
quando presente, a causa del minor grado di permeabilità relativo di esso rispetto ai
restanti litotipi, si comporta da elemento di semiconfinamento.
Il territorio comunale di Castello di Cisterna sono presenti acque di falda freatica
che si rinvengono a profondità comprese tra 36 m. e poco meno di 5 m. di profondità
rispettivamente spostandosi da sud verso nord. Ad alimentare la falda nel nostro settore
concorre il complesso montuoso Somma-Vesuviano dove le acque di infiltrazione hanno
deflusso sotterraneo tendenzialmente radiale e centrifugo rispetto al settore calderico.
Da un punto di vista idrologico il settore di piana non presenta un declivio naturale
e il suo drenaggio è stato attuato con la realizzazione delle canalizzazione di bonifica dei
Regi Lagni il cui avvio risale al XVI secolo. Il drenaggio delle acque nell’area comunale
di Castello di Cisterna avviene attraverso canalizzazioni che, distribuite e raggiera,
concorrono nel Lagno della Campagna; questo proviene dall’area nolana, attraversa da
NNE a SSW il territorio comunale, per poi deviare a nord all’altezza degli svincoli Fiat-
Alfa e dirigersi, in territorio di Acerra, verso il canale principale dei “Regi Lagni”. In
questo lagno hanno il loro recapito altri canali minori quali il “Lagno di Mezzo” e il
“Lagnolo” che corrono, quasi affiancati, in località Padulella e il “Lagno del Confine”
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che decorre appunto lungo il confine con il territorio di Acerra. Il solo Lagno della
Campagna è sede di deflusso semipersistente di acque.
CARTA IDROGEOLOGICA
Il risultato delle misure sono riportate sotto forma di isobate della falda freatica
riferite al piano campagna. L’andamento delle isobate ricostruite mostra quindi un
decremento abbastanza regolare della profondità passando dalle zone a monte a quelle a
valle del territorio comunale.
Nella Carta idrogeologica (allegato n. 2) viene stimato il grado di permeabilità
complessivo delle Unità litostratigrafiche e quindi nel sottosuolo comunale si possono
distinguere due settori:
– uno meridionale più prossimo al Somma-Vesuvio, caratterizzato da una falda unica in
generale di tipo freatico, in cui gli acquiferi sono localizzati nei litotipi aventi
permeabilità relativa più elevata, in particolare i livelli lavici permeabili per
fratturazione ed i livelli di pomici, scorie e sabbioni vulcanici permeabili per porosità;
tale falda a luoghi si rinviene in condizioni di semiconfinamento quando il banco di
lava, oltre essere poco fratturato, ha una potenza maggiore di 20 metri.
Il settore meridionale si caratterizza per un grado di permeabilità variabile da
“medio-bassa” a “medio-alto” .
– uno settentrionale in cui la circolazione idrica sotterranea avviene nei livelli di pomici,
scorie, brecce vulcaniche e sabbie permeabili per porosità. In questa parte del territorio
comunale la presenza della formazione del tufo grigio campano, caratterizzato da un
minor grado di permeabilità relativa rispetto agli altri termini litologici, consente di
distinguere due falde, una in condizioni freatiche localizzata al di sopra del banco di
tufo grigio e l’altra in condizioni di semiconfinamento a letto del banco di tufo grigio
stesso. L'alternanza, spesso disordinata, di terreni a permeabilità medio-alta (sabbie,
ghiaie, ecc.) con altri a permeabilità bassa (limi, paleosuoli, ecc.), determina una
circolazione idrica sotterranea "per falde sovrapposte"; la distinzione delle falde non è
sempre possibile in quanto esse sono tra loro interconnesse sia attraverso il “flusso di
drenanza” che attraverso le soluzioni di continuità dei sedimenti meno permeabili. In
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realtà i corpi idrici più consistenti si rinvengono, il più superficiale, freatico, con
livello piezometrico compreso tra 20 e 23 metri slm ed il più profondo, semiconfinato,
a profondità comprese tra i 55 ed i 60 metri. I pozzi, ormai, attingono alle falde
sottostanti il banco di “tufo grigio campano” che in genere presentano una buona
produttività e spesso hanno caratteri di artesianità. La distinzione tra falde poste a
diversa profondità è praticamente impossibile a causa della non omogeneità che
contraddistingue lo spessore, la granulometria, la giacitura e l’estensione dei singoli
strati che è conseguenza delle modalità di deposizione dei terreni ( carattere di unicità
della falda). Questo ultimo fatto è messo in evidenza dalla sufficiente concordanza dei
livelli piezometrici dei pozzi che pescano a diverse profondità. Nelle aree settentrionali
del territorio comunale, cioè quelle più prossime ai Regi Lagni, il "tufo grigio
campano" risulta a luoghi assente in quanto asportato da fenomeni erosivi e, in
conseguenza, l'acquifero principale tende a raggiungere il piano campagna ed a
mescolarsi con l’acquifero vulcanico. Nelle stesse aree, peraltro, la presenza diffusa di
terreni fini di origine fluviopalustre tende a creare frequenti anche se discontinui
fenomeni di semiconfinamento. Anche qui la falda si presenta in più livelli (falde
sovrapposte) in corrispondenza dei terreni più grossolani variamente interconnessi.
Il settore settentrionale si caratterizza per un grado di permeabilità variabile da
“bassa” a “medio-bassa” .
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CARATTERISTICHE GEOLOGICHE DEL TERRITORIO COMUNALE
Il territorio del Comune di Castello di Cisterna é riportato nel Foglio 184 (Napoli)
della carta geologica d'Italia e si estende tra le estreme pendici settentrionali del
complesso vulcanico Somma-Vesuvio e il bacino dei Regi Lagni che occupa il settore
sud-orientale della Piana Campana, al margine occidentale della catena sud-appenninica.
La costituzione geolitologica e l’assetto tettonico del comune, come è stato già
detto, derivano dai processi tettonici che hanno dato origine alla “Piana Campana” e
dall’attività dei campi Flegrei e del Somma-Vesuvio. Si rinvengono, infatti, alternati e/o
interdigitati prodotti , sia di deposizione primaria che secondaria, dei Campi Flegrei e del
Somma -Vesuvio nonché, nella parte settentrionale del territorio, sedimenti di facies
palustre e lacustre con terre nere, torbifere, ricche talvolta di molluschi dolcicoli.
La predetta variabilità, per quanto non consenta di ricostruire una successione di terreni
unica per tutto il territorio comunale, permette di ravvisare una certa omogeneità nella
costituzione delle successioni stratigrafiche. Nelle successioni stratigrafiche del territorio
comunale, infatti, possono essere individuati almeno tre livelli guida: la cinerite
addensata presente nei primi 3 metri di profondità, la tefrite leucitica (ottavianite)
presente nel settore centro-meridionale, secondo quanto emerso dai sondaggi a c.c., tra 2
e 30 metri e l’Ignibrite Campana (Tufo Grigio Campano) del I periodo Flegreo presente
in larga parte del territorio comunale a profondità comprese tra 12 e 28 metri. Tali livelli
e le correlazioni tra i vari orizzonti piroclastici ricostruite con l’aiuto dei “paleosuoli”
consentono una migliore comprensione della geologia del territorio comunale.
L’Ignibrite Campana e’ presente in almeno l’ 85% del territorio comunale. Essa, Infatti, è
presente in quasi tutta la parte di territorio posta a sud mentre è localmente assente nelle
parti più depresse del territorio comunale in quanto probabilmente asportata da fenomeni
erosivi. Essa ha generalmente una consistenza litoide anche se non mancano sacche non
litificate o scarsamente litificate; nelle parti più profonde del banco prevale il colore
grigio scuro con pomici grossolane nere mentre nelle parti più superficiali il colore è
giallo (zeolitizzazione).
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A partire dal Lagno della Campagna e man mano che si scende verso i Regi Lagni il tufo
si rinviene talvolta degradato e scarsamente litificato; il banco già assottigliato è a luoghi
assente man mano che si procede verso le parti più depresse del territorio. Dal punto di
vista litologico l’Ignibrite è costituita da una pasta cineritica, che in volume supera il 50%
del volume totale, da pomici grigie di dimensioni di qualche centimetro nella parte più
superficiale e nere di dimensioni fino a un decimetro nelle parti più profonde del banco,
da scorie e subordinatamente da litici e cristalli di sanidino , plagioclasio, clinopirosseni e
biotite.
La tefrite leucitica (lava) si rinviene nel settore centro-meridionalea a profondità
comprese tra 2 e 30 metri, a tetto del tufo grigio campano( sondaggi S1, S2, S3). Per
l’inquadramento stratigrafico della tefrite leucitica si può far riferimento a scavi per
estrazione di materiale sciolto eseguiti nel territorio. Nei predetti scavi sono state
osservate, purtroppo per brevi periodi, sezioni che dal piano di cava presentano una
colata di tefritica leucitica, scoriacea in sommità, che passa verso l’alto, con
l’interposizione di un paleosuolo, ad una sabbia addensata grigia con elementi lapidei
riferibile alle eruzioni del II Periodo Flegreo ( facies grigia del Tufo Giallo Napoletano).
La successione stratigrafica delle predette cave continua verso l’alto, con l’interposizione
di un paleosuolo, con le pomici di Agnano e di Astroni separate da paleosuoli. La serie
continua verso l’alto con un paleosuolo a cui segue una cinerite pisolitica addensata con a
letto pomici grigio verdo gnole e grigie (formazione delle pomici di Avellino) a cui segue
ancora verso l’alto, separata da un paleosuolo, una successione di piroclastiti riferibili
all’attività più recente del Somma – Vesuvio. La predetta successione conferma che la
colata lavica appartiene con molta probabilità ad una delle ultime effusioni del Somma
Recente che secondo studi recenti sarebbero avvenute antecedentemente alla deposizione
del tufo giallo napoletano ( 12.000 b.p.). In mancanza di dati più certi si può dire che la
predetta lava è stata messa in posto, se come è stato accertato si rinviene a letto del tufo
giallo napoletano in facies grigia ( II periodo flegreo) ed a tetto del tufo grigio campano,
in un periodo compreso tra 39.000 e 12.000 anni fa.
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La lava, una tefrite leucitica a tendenza basanitica (ottavianite), in sommità si presenta
scoriacea e fratturata; osservata macroscopicamente si notano in una massa di fondo
grigio scura cristalli di leucite, augite, olivina.
La cinerite addensata (terramascolo) è presente in almeno il 75% del territorio
comunale ad una profondità compresa tra 1,50 e 3,00 metri; si tratta di una cenere
pisolitica molto compatta che presenta a letto, con l’intervallo di un “paleosuolo” di
pochi centimetri, uno strato di pomici e lapillo potente da 0.50 a 1,00 metri. Nella
tradizione edilizia locale la cinerite addensata rappresenta un tradizionale ed ottimo piano
fondale. Tale livello sembra riconducibile alla cosiddetta formazione delle pomici di
Avellino (3.700 a. bp.). Nell’intervallo tra il tetto delI’Ignibrite Campana ed il letto della
cinerite pisolitica addensata si rinvengono i prodotti del II e del III Periodo Flegreo. I
prodotti del II Periodo Flegreo si presentano sotto forma di cinerite sabbiosa e/o sabbia
limosa con pomici e lapillo mentre i prodotti del III Periodo Flegreo più tipici sono le
pomici di Agnano e quelle di Astroni, presenti nel territorio comunale a profondità
comprese tra 4 e 9 metri, separate da un livello di limo sabbioso humificato.
Nelle successioni stratigrafiche, infine, sono chiaramente riconoscibili almeno n. 3 livelli
humificati (paleosuoli ). Per quanto riguarda i terreni in affioramento, la costituzione
geolitologica del territorio presenta poche variazioni da luogo a luogo in quanto,
trattandosi sempre di materiali rimaneggiati, la differenziazione è sempre problematica e
può con larga approssimazione essere tentata solo riferendosi alle condizioni ambientali
di deposizione e alla granulometria.
Nella parte di territorio centro-meridionale sono presenti prodotti piroclastici sciolti
sabbioso limosi e/o limoso sabbiosi più o meno rimaneggiati del Somma–Vesuvio e
dell’attività più recente dei Campi Flegrei; nella parte più meridionale del territorio
prevalgono i prodotti rimaneggiati prevalentemente del Somma-Vesuvio. Al di sotto dei
predetti terreni ed entro la profondità di 3.50 metri è presente un livello di cinerite
addensata pisolitica seguita, con l’interposizione di un livello ossidato (paleosuolo), da
pomici in matrice sabbiosa avente spessore compreso tra 0.30 e 1.50 m. E’ presente,
inoltre, a profondità compresa tra 2,0 m. e 30 m., un banco di tefrite leucitica a tendenza
basanitica con a tetto prima sabbia cineritica generalmente grigia e/o giallastra (facies
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grigia del tufo giallo napoletano, II periodo flegreo) e dopo livelli di pomici in matrice
sabbiosa e/o sabbioso limosa separati da paleosuoli (pomici di Agnano e di Astroni, III
periodo flegreo). A letto della tefrite leucitica, infine, si rinviene generalmente un banco
di tufo grigio campano ( I periodo flegreo).
Nella parte di territorio settendrionale sono presenti prodotti piroclastici sciolti limosi e/o
limoso sabbiosi più o meno rimaneggiati del Somma-Vesuvio e dell’attività più recente
dei Campi Flegrei; nella parte più settentrionale dell’area prevalgono i prodotti limosi. Al
di sotto dei predetti terreni si rinvengono terreni piroclastici, in sede e/o rimaneggiati,
limosi e/o sabbioso limosi e/o ghiaiosi con l’interposizione di livelli humificati
(paleosuoli) con a letto, tra le profondità di 13,00 e 18,00 metri, un banco di tufo grigio
campano. In pratica, a parte l’assenza del banco di tefrite leucitica, si ripete la
successione stratigrafica dell’area posta più a sud. Nell’area il livello di cinerite
addensata pisolitica è presente entro i primi 2,50 m. metri di profondità con uno spessore
compreso tra 0.20 e 1.20 m. ed è seguito da un livello ossidato (paleosuolo). Nella parte
più settentrionale del territorio, infine, i terreni affioranti sono costituiti da terreni
piroclastici limosi di deposizione secondaria e subordinatamente primaria e/o terre nere
palustri talvolta con molluschi dolcicoli con a letto un livello di cinerite addensata, avente
spessore di pochi decimetri, entro i primi 2.50 metri di profondità. I terreni della parte di
territorio testé descritta, infine, a partire dalla profondità di circa 3.00 metri, si trovano
immersi in falda.
CARTA GEOLITOLOGICA
Considerando la caratteristiche litologiche dei terreni, come rilevate nelle sezioni e nei
sondaggi, sono state definite tre unità geolitologiche del substrato (allegato n. 1).
Settore settentrionale
Tale settore è costituita da prodotti piroclastici in giacitura primaria e secondaria,
sedimenti anche in ambiente palustre, comprendenti facies da caduta dei prodotti
vesuviani e flegrei e subordinate facies distali dei prodotti da surge e flusso piroclastico
del Somma Vesuvio. A profondità comprese tra 12,50 m. e 18 m., un banco di tufo grigio
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campano litoide. Presenza di cinerite pisolitica addensata (formazione di Avellino) avente
spessore compreso tra 0,20 m. e 1,20 m., entro i primi 2,50 m. di profondità.
Settore centro-meridionale
Tale settore comprende la zona di raccordo tra la piana e le estreme pendice montane
costituite da depositi piroclastici in giacitura primaria e secondaria comprendenti facies
da caduta dei prodotti vesuviani e flegrei, facies distali dei prodotti da surge e da flusso
piroclastico, e subordinatamente, da colata di fango del Somma-Vesuvio. Tali depositi
presenti a profondità comprese tra 2,00 m. e 19,00 m. ricoprono lave del Somma-Vesuvio
localmente anche a piccola profondità. La profondità del substrato lavico risulta variabile
e generalmente compreso tra 2 m. e 20 m. La profondità della lava tende a ridursi in
prossimità del centro storico e aumenta verso N. A letto del banco di lava, con
l’interposizione di un modesto livello di sabbia scura, si rinviene tufo grigio campano
litoide. Presenza di cinerite pisolitica addensata avente spessore compreso tra 0,30 m. e
1,50 m., entro i primi 3,50 m. di profondità.
Settore meridionale
Tale settore è compresa lungo le estreme pendici montane costituita da prodotti
piroclastici in giacitura primaria e secondaria comprendenti facies da caduta dei prodotti
vesuviani e flegrei, facies distali da surge e flusso piroclastico e, diffuse facies subdistali
dei prodotti da lahar e colata di fango del Somma-Vesuvio. Tali deposito presenti a
profondità variabile tra 20 m. e 28 m. ricoprono lave del Somma-Vesuvio con spessore
compreso tra 1 m. e 10 m. Presenza di cinerite pisolitica addensata avente spessore
compreso tra 0,50 m. e 2,00 m., entro i primi 3,50 m. di profondità.
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CARATTERISTICHE GEOTECNICHE DEI LITOTIPI
Le caratteristiche geotecniche dei terreni scaturiscono sia dalle indagini
geognostiche e dai risultati delle prove di laboratorio sia dai numerosi dati derivati dagli
studi pregressi (allegato ubicazione indagini). Per quanto riguarda le indagini geotecniche
realizzate nel dicembre 2013 dalla società ISOGEA srl (allegato n. 6 e 7 - indagini
geognostiche), queste hanno previsto la realizzazione di:
n. 4 sondaggi a carotaggio continuo (condizionato a Down Hole),
n. 4 prelievi di campioni indisturbati di terreno durante la perforazione dei sondaggi;
n. 10 prove penetrometriche DPSH.
Sondaggi
Sono stati eseguiti in numero di 4 dalla ditta Isogea srl, secondo le modalità stabilite
all’atto della fase preliminare di studio, raggiungendo profondità massima di 30,00 m. dal
piano campagna. I risultati consentono di raggruppare i sondaggi in tre gruppi omogenei:
- I gruppo: sondaggio S1
- II gruppo: sondaggi S2, S3
- III gruppo: sondaggio S4
Il primo gruppo di sondaggi è stato eseguito nel settore meridionale caratterizzato da
prodotti piroclastici in giacitura primaria e secondaria fino alla profondità 23,50 m.. Tale
strato è costituito da una alternanza di cenere fine, media, medio grossa, pomici e
palesuoli. Si ha anche la presenza alla profondità 1,50 m. di cinerite pisolitica addensata
avente spessore di 0,70 m. Al di sotto dello strato piroclastico alla profondità di 23,50 m.
si ha la presenza di lava tefritico leucitica.
Il secondo gruppo di sondaggi sono stati eseguiti nel settore centro caratterizzato da
prodotti piroclastici in giacitura primaria e secondaria fino alla profondità 11,20/12,00
m.. Tale strato è costituito da una alternanza di cenere fine, media, medio grossa, pomici
e palesuoli. Al di sotto dello strato piroclastico alla profondità di 18,00/18,80 m. si ha la
presenza di lava tefritico leucitica.
Il terzo gruppo di sondaggi è stato eseguito nel settore settendrionale caratterizzato da
prodotti piroclastici in giacitura primaria e secondaria, sedimenti anche in ambiente
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palustre.. Tale strato è costituito da una alternanza di cenere fine, media, medio grossa,
pomici e palesuoli. Si ha anche la presenza alla profondità 1,00 m. di cinerite pisolitica
addensata avente spessore di 1,00 m. A profondità di 13,0 m. si ha un banco di tufo
grigio campano litoide con uno spessore di 4,80 m..
Prove penetrometriche DPSH
In questi Test, l’infissione del sistema aste-punta (punta conica “ά” = 90°, diametro D =
50.8 mm) avviene per battitura, lasciando cadere il maglio (M = 63,5 Kg) da altezza
costante di 75 cm con avanzamento di 20 cm, quindi la resistenza dei terreni è funzione
inversa della penetrazione. Da note correlazione esistenti (Terzaghi &Peck – Shioi &
Fukui), tra il numero dei colpi (N) necessari all’avanzamento della punta, e le
caratteristiche meccaniche dei terreni investigati, si sono calcolati alcuni parametri di
resistenza e deformabilità del substrato dell’area: angolo d’attrito efficace, modulo di
deformazione drenato, densità relativa, indice dei vuoti, coesione non drenate e peso di
volume saturo e secco del terreno.
Nel settore meridionale sono state eseguite le prove penetrometriche P6, P7, P8, P9 e
nel settore centro-meridionale le prove P1, P2, P3, P4, P5, P10.
Analisi di laboratorio
Le analisi geotecniche di laboratorio sono state realizzate dal laboratorio terre ISOGEA
srl munito di regolare concessione Ministeriale Prot. 7474 del 27/07/2012 – Settore A.
In laboratorio sono state determinati le principali caratteristiche dei n. 4 campioni
indisturbati prelevati nei 4 sondaggi alle seguenti profondità.
S1 C1 3,00 – 3,50 m.
S2 C1 5,00 – 5,50 m.
S3 C1 7,00 – 7,50 m.
S4 C2 9,50 – 10,00 m.
Indagine sismiche in foro “down-hole”
La prova è stata realizzata per ogni sondaggio fino ad una profondità di 30 m. Il metodo
sismico down-hole è stato utilizzato per misurare le velocità delle onde elestiche di
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compressione e di taglio, che si propagano nel terreno in seguito ad una energizzazione
superficiale realizzata, di norma , mediante una massa battente.
La globalità dei dati ottenuti dalle indagini geognostiche ha permesso di ottenere le
seguenti caratterizzazioni:
Depositi piroclastici rimaneggiati
Materiali piroclastici prevalentemente sciolti, di colore da marrone giallastro a bruno,
costituiti da livelli cineritici alternati a livelli pomicei grossolani rimaneggiati a luoghi
pedogenizzati. Da un punto di vista granulometrico, possono essere classificati come limi
sabbiosi debolmente ghiaiosi o sabbie con limo/limose debolmente ghiaiose con tracce di
argilla; la compressibilità in taluni casi assume valori medio-alti, e lo stato di
addensamento è, in genere, basso.
I parametri geotecnici presentano i seguenti valori:
Peso dell’unità di volume “γn” 1,10‐1,40 g/cmc
Porosità “n” 50‐70 %
Angolo di Attrito Interno “ɸ” 24‐29°
Densità relativa “Dr” 20‐60 %
Modulo Edometrico “E” 35‐45 Kg/cmq
N di SPT 1‐3
Depositi piroclastici in facies primaria e secondaria
Materiali piroclastici di colore variabile dal bruno al grigio, costituiti da livelli cineritici
alternati a livelli pomicei grossolani. Da un punto di vista granulometrico, possono essere
classificati come limi sabbiosi debolmente ghiaiosi o sabbie con limo/limose debolmente
ghiaiose (Fig. 2); la compressibilità assume valori medi, così come lo stato di
addensamento che diventa maggiore quando il grado di cementazione è elevato ovvero la
componente sabbioso-ghiaiosa è predominante (cinerite pisolitica).
I parametri geotecnici medi presentano i seguenti valori:
Peso dell’unità di volume (limi sabbiosi) “γn” 1,30‐1,60 g/cm3
Peso dell’unità di volume (Sabbie con limo/limose) “γn” 1,90‐2,00 g/cm3
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Peso dell’unità di volume (Sabbie ghiaiose) “γn” 2,10‐2,30 g/cm3
Porosità “n” 40‐80 %
Indice dei vuoti “e” 0,6‐1,5
Angolo di Attrito Interno “ɸ” 28°‐34°
Coesione efficace “c” (limi sabbiosi) 9,4‐19 KPa
Coesione efficace “c” (sabbie limose/con limo) 5,86‐9,12 KPa
Coesione efficace “c” (sabbie ghiaiose) 3,52‐6,02 KPa
Densità relativa “Dr” 50‐80 %
Modulo Edometrico “E” 70‐140 Kg/cmq
N di SPT 5‐50
Tufo Grigio Campano
Si rinviene nella facies superiore, da incoerente-semicoerente (cappellaccio) a litoide di
colore giallastro, e nella facies inferiore di colore grigio, da mediamente addensata a
litoide; le due facies sono caratterizzate da parametri geotecnici differenti come di seguito
evidenziato in sintesi.
Facies superiore giallastra sciolta
Peso dell’unità di volume “γn” 1,30‐1,60 g/cm3
Angolo di Attrito Interno “ɸ” 30‐35°
Facies superiore giallastra litoide
Resistenza a compressione “δ” 10‐30 Kg/cmq
Facies inferiore grigia-livelli litoidi
• Peso dell’unità di volume “γn” 1,60‐2,00 g/cm3
• Resistenza a compressione “δ” 25‐40 Kg/cmq
Lava
E’ presente nella parte meridionale del territorio. Rappresenta la parte terminale di una o
più colate laviche del Somma. Man mano che si procede verso nord il banco si assottiglia
e si divide in almeno due rami. Nella parte sommitale è scoriacea e bollosa. Dal punto di
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vista petrografico è una tefrite leucitica e si presenta come una pasta uniforme grigio
scura in cui si evidenziano fenocristalli ( augite, leucite, olivina).
Le caratteristiche principali sono:
Peso dell’unità di volume “γn” 2,20‐2,60 g/cm3
• Resistenza a rottura “σv” 100‐450 KN
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CARATTERIZZAZIONE SISMICA E ZONAZIONE DEL TERRITORIO IN PROSPETTIVA SISMICA
La regione mediterranea è una regione geologicamente molto attiva, che sta
subendo una deformazione piuttosto rapida ed è caratterizzata da una sismicità diffusa
che non è ristretta solo lungo i bordi delle zolle (Vannucci et alii, 2004).
L’evoluzione geodinamica del Mediterraneo centrale costituisce da diversi decenni
l’oggetto di un intenso dibattito scientifico. In questo settore della crosta terrestre il
processo di raccorciamento, provocato nell'ambito del sistema Europa, Africa, e Adria
dall'apertura del Bacino Oceanico Tirrenico, è responsabile della formazione di strutture
geologiche di natura ed evoluzione assai differente. Accanto alle catene montuose,
naturale prodotto dei processi di collisione, il Mediterraneo centrale ha visto la nascita e
la progressiva evoluzione di bacini marini di limitate dimensioni, caratterizzati, come il
Tirreno, dalla formazione di nuova crosta, simile a quella presente nel fondo dei grandi
oceani. Nei primi anni settanta la struttura del Mediterraneo è stata interpretata come un
mosaico di frammenti di litosfera (microplacche), i cui processi di rotazione e di
traslazione erano la causa dell’apertura di nuovi bacini oceanici e del corrugamento delle
catene montuose. In particolare, l’Appennino Meridionale è interessato, fin da epoche
storiche, da un’intensa e frequente tettonica attiva collegata ad un regime estensionale
legato alla divergenza di Adria, che è subentrato ad un regime compressivo inattivo
(Meletti et alii, 2000). Gli eventi sismici che interessano l’Appennino Meridionale
presentano una profondità ipocentrale generalmente compresa tra i 10 e i 12 Km. Essi
sono localizzati prevalentemente lungo una ristretta fascia che coincide con l’aree più
elevate delle catena, e sono caratterizzati da meccanismi focali prevalentemente di tipo
estensionale (Vannucci et alii, 2004).
Dalla consultazione del Database Macrosismico Italiano (2011) si evince che il
territorio comunale di Castello di Cisterna è stato interessato da diversi eventi sismici. La
sismicità storica è stata documentata a partire dal 1452 con il terremoto ubicato nell’area
molisana di magnitudo momento (MW) pari a 6.62. Come si evince dalla tabella 1 le aree
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epicentrali dei terremoti di interesse per Castello di Cisterna sono localizzate
nell’Appennino meridionale nell’area compresa tra il Molise e l’Irpinia.
N°
Is
Data
Epicentro Mw Lon.
Lat.
1 7 1456/12/05 MOLISE 7.22 41.302 14.711 2 5 1905/03/14 19:16 BENEVENTANO 4.9 40.951 14.806 3 F 1910/06/07 02:04 Irpinia-Basilicata 5.73 40.898 15.421 4 7 1930/07/23 00:08:43 Irpinia 6.62 41.068 15.318 5 7 1980/11/23 18:34:52 Irpinia-Basilicata 6.89 40.842 15.283 6 4-5 1990/05/05 07:21:22 Potentino 5.8 40.649 15.881 7 3-4 1991/05/26 12:26:01 Potentino 5.11 40.689 15.821 8 4 1996/04/03 13:04:36 Irpinia 4.93 40.661 15.454 9 3-4 1997/03/19 23:10:50 Matese 4.55 41.336 14.705
10 4 2002/11/01 15:09:02 Subapp. Dauno 5.72 41.741 14.843 11 NF 2003/06/01 15:45:18 Molise 4.5 41.661 14.821 12 NF 2003/12/30 05:31:38 Monti dei Frentani 4.57 41.64 14.849 13 4-5 2005/05 21 19:55:19 Irpinia 4.4 40.991 14.515
Tabella 1
I terremoti storici documentati, con MW compresa tra 4.40 e 7.22 e localizzati ad una
distanza variabile tra 4 e 111 km hanno interessato l’abitato di Castello di Cisterna con
intensità macrosismiche (IS) della scala Mercalli – Cancani –Sielberg (MCS) comprese
tra 4 e 7. La massima Intensità pari a 7 è stata riscontrata in occasione degli eventi sismici
del 12/05/1456 (Molise), del 23/07/1930 (Irpinia) e del 23/11/1980 (Irpinia – Basilicata);
gli epicentri di tali eventi sono localizzati rispettivamente a 40 Km e 80 km.
Nel 2003 con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo
2003 relativa a “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica
del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” (G.U.
n. 105 del 8.5.2003), viene adottata la nuova classificazione sismica del territorio
nazionale che recepisce i risultati raggiunti dal Gruppo di lavoro. In base alla nuova
normativa, la pericolosità viene espressa come l’accelerazione orizzontale al suolo (ag)
che ha una probabilità del 10% di essere superata in 50 anni, e che rappresenta
l’accelerazione a cui gli edifici devono resistere senza collassare.
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Tutto il territorio nazionale viene ripartito in quattro zone (Allegato 1 dell’OPCM, n°
3274 2003), nelle quali applicare, in modo differenziato, le norme tecniche per la
progettazione, la valutazione e l’adeguamento sismico degli edifici.
Nella Tabella sono riportati il valore di picco orizzontale del suolo (ag) espresso in
percentuale di g ed i valori dell’accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di
risposta elastico nelle norme tecniche sulle costruzioni. Tali valori sono riferiti alle
accelerazioni attese in seguito ad un evento sismico in siti su roccia o suolo molto rigido
(con Vs > 800 m/s).
Zona sismica Accelerazione orizzontale con
probabilità di superamento pari al
10% in 50 anni (ag/g)
Accelerazione orizzontale di ancoraggio
dello spettro di risposta elastico (norme
tecniche) ag/g
1 Maggiore di 0,25 0,35
2 0,15 – 0,25 0,25
3 0,05 – 0,15 0,15
4 Minore di 0,05 0,05
Tab. 2 -Categorie di rischio e accelerazioni previste dalla normativa sismica dell’OPCM, n. 3274 Le valutazioni di ag sono state effettuate mediante:
l’identificazione delle aree sismogenetiche, in base a dati geologici, geofisici, e ai
cataloghi sismologici, sia storici che strumentali;
la determinazione del periodo di ritorno di terremoti di diversa intensità per ogni zona
sismogenetica;
la valutazione di ag per ogni area di 0.05° di lato del territorio nazionale, utilizzando
leggi medie di attenuazione dell’energia sismica con la distanza.
In base alla nuova normativa (All. 1, 2b dell’OPCM, n° 3274 2003) è stata prodotta una
nuova mappa della classificazione sismica del territorio nazionale, in termini di
accelerazione massima (amax) con probabilità di superamento del 10% in 50 anni riferiti
a siti su roccia o suolo molto rigido (Categoria A, con Vs > 800 m/s) (Figura 4),
affidando alle Regioni l'individuazione, la
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formazione ed l’aggiornamento dell'elenco delle zone sismiche sulla base dei criteri
generali dell'Allegato (Figura 4).
Dall’analisi della mappa della classificazione sismica del territorio nazionale si evince
che tutto il territorio nazionale è considerato sismico, in particolare il 9,2% della
superficie nazionale ha un livello di sismicità alta e il 31,9% ha un livello di sismicità
minima. La regione maggiormente esposta è la Calabria che presenta il 100% della
superficie classificata a livello alto e medio; seguono poi l’Abruzzo, la Campania e la
Sicilia. Invece le regioni con gran parte della superficie a sismicità minima sono la
Sardegna e la Valle d’Aosta.
Fig. 4 - Zone sismiche del territorio italiano con recepimento delle variazioni operate dalle
singole Regioni (fino a marzo 2004).
In seguito all’O.P.C.M. n. 3274 del 20 marzo 2003, è stata realizzata anche una
mappa di pericolosità sismica (Figura 5), che rappresenta un riferimento per
l’individuazione delle zone sismiche.
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Per la realizzazione di questa mappa sono stati utilizzati ed elaborati un gran numero di
dati, ed in particolare:
è stata elaborata una nuova zonazione sismogenetica, denominata ZS9;
è stata prodotta una versione aggiornata del catalogo CPTI (Gdl CPTI, 1999) detta
CPTI2;
sono state verificate, alla luce dei dati dei terremoti più recenti, le relazioni di
attenuazione di amax definite a scala nazionale ed europea.
Fig. 5 - Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale
Fig. 6 – Zonazione sismogenetica ZS9
La zonazione ZS9 comprende 42 zone-sorgente, che sono state identificate con un
numero (da 901 a 936) o con una lettera (da A ad F). Nel processo di realizzazione di
ZS9, l’unione di più zone ZS4 è avvenuta in base alle caratteristiche del dominio
cinematico al quale ognuna delle zone veniva attribuita.
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La geometria delle sorgenti sismogenetiche (Figura 7) della Campania e, più in generale,
l’Appennino Meridionale (zone da 56 a 64 in ZS4 e zone da 924 a 928 in ZS9), in
seguito alla realizzazione della zonazione sismogenetica ZS9, è stata sensibilmente
modificata rispetto a ZS4 (Rapolla, 2005).
Fig. 7 - Zonazione Sismogenetica ZS9 dell’Appennino Meridionale
In particolare l’attuale zona 927 (Sannio-Irpinia-Basilicata) comprende tutte le precedenti
zone di ZS4 coincidenti con il settore assiale della catena, fino al massiccio del Pollino, al
confine calabro-lucano Essa racchiude l’area caratterizzata dal massimo rilascio di
energia legata alla distensione generalizzata che, da circa 0.7 ma sta interessando
l’Appennino meridionale. Il meccanismo di fagliazione individuato per questa zona è
normale e le profondità ipocentrali sono comprese tra gli 8 e 12 km. La zona 57 di ZS4,
corrispondente alla costa tirrenica, è stata quasi integralmente cancellata, in quanto il
GdL INGV (2004) ritiene che la sismicità di questa area non è tale da permettere una
valutazione affidabile dei tassi di sismicità e, comunque, il contributo che verrebbe da
tale zona sarebbe trascurabile rispetto agli effetti su questa stessa area delle sorgenti nella
zona 927. La parte rimanente della zona 57, insieme alla zona 56 sono attualmente
rappresentate dalla zona 928 (Ischia-Vesuvio), che include l’area vulcanica napoletana,
con profondità ipocentrali comprese nei primi 5 km. Nell’area al confine tra la catena e la
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Puglia, cioè l’area dell’avanfossa e dell’avampaese apulo, le nuove conoscenze sulla
sismicità locale, suggerite dalla sequenza sismica del Molise del 2002 (Di Bucci e
Mazzoli, 2003; Valensise et al., 2004), hanno comportato scelte che cambiano
notevolmente le caratteristiche sismogenetiche dell’area ed hanno permesso di
identificare sorgenti con direzione E-W, caratterizzate da cinematica trascorrente. E’ stata
così identificata:
nell’area garganica una zona 924 (Molise-Gargano) orientata E-W, che include tutta la
sismicità dell’area e la faglia di Mattinata, generalmente ritenuta attiva;
una zona 925 (Ofanto) la cui geometria trae in parte spunto dalla zona 62 di ZS4, ad
andamento WNW-ESE;
la zona 926 (Basento) ad andamento E-W, definita dall’allineamento di terremoti a
sismicità medio-bassa nell’area di Potenza.
La carta della pericolosità sismica calcolata in base alle distribuzioni di amax con
probabilità di superamento del 10% in 50 anni, effettuata dal GdL INGV (2004) e redatta
in conformità alle disposizione dell’Ordinanza PCM 3519 (28/04/2006), prevede per la
Campania la presenza di 8 classi di amax, con valori che variano gradualmente tra 0.075g
lungo la costa a 0.275 nell’area dell’Irpinia, ad eccezione delle aree vulcaniche Vesuvio-
Ischia-Campi Flegrei dove si hanno valori mediamente compresi tra 0.175g e 0.200g
(Figura 8). Per quanto riguarda la distribuzione dell’84mo percentile, anche qui sono
presenti in Campania 8 classi di amax, con valori che variano tra 0.075g e 0.300g. Le
differenze tra le due mappe sono in genere inferiori a 0.020g, fatta eccezione di una
ristretta fascia al confine con la Puglia, dove si raggiungono valori compresi tra 0.040g e
0.050g.
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Fig. 8 - Mappa di pericolosità sismica della regione Campania espressa in termini di amax su suolo rigido cat A (AA.VV., INGV, 2004)
La classificazione sismica della Regione Campania, è stata aggiornata in seguito alla
Delibera G.R. 7-11-2002 n.° 5447 (Figura 9).
Dalla classificazione dei comuni riportata nella delibera si evince che circa il 65% dei
comuni della Campania rientra nella seconda categoria, circa il 23% in prima categoria, e
l’11% in terza categoria.
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Fig. 9 - Classificazione sismica 2004 della Regione Campania.
Le aree che ricadono in prima categoria sono il Sannio-Matese e l’Irpinia, mentre le zone
vulcaniche del napoletano sono classificate in seconda categoria. La classificazione
sismica del territorio tiene conto non solo dell’ubicazione delle sorgenti sismiche, ma
anche della propagazione dell’energia sismica con la distanza dalla sorgente e della
eventuale amplificazione locale delle oscillazioni sismiche, prodotte dalle caratteristiche
del terreno.
Il territorio di Castello di Cisterna, oltre ad essere interessato dalla sismicità legata
all’attività dei Campi Flegrei e del Somma-Vesuvio, è influenzato dall’attività
sismogenetica dell’Appennino Meridionale; esso già classificato sismico di terza
categoria, con delibera di Giunta Regionale della Campania n. 5447 del 07-11-2002, è
stato, alla luce delle tre “macrozone” individuate dal D.M. 16-01-1996, riclassificato
sismico di seconda categoria. Il territorio del Castello di Cisterna è stato inserito nella
“zona 2” caratterizzata da un’accelerazione orizzontale massima su suolo di categoria
“A” ag = 0.25g.
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Il 4 febbraio 2008 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le nuove Norme
Tecniche per le Costruzioni elaborate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
L'allegato A di tali Norme prevede che l'azione sismica di riferimento per la
progettazione (paragrafo 3.2.3) venga definita sulla base dei valori di pericolosità sismica
proposti dal Progetto S1 dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Di seguito si
riporta la mappa di sintesi di pericolosità sismica di riferimento proposta dall’INGV
(figura 8). Queste stime di pericolosità sismica sono state successivamente elaborate dal
Consiglio Superiore per ottenere i parametri che determinano la forma dello spettro di
risposta elastica; tali parametri sono proposti nell'allegato A del Decreto Ministeriale. In
riferimento alla mappa del territorio nazionale per la pericolosità sismica derivante dal
progetto S1 dell’INGV, disponibile on-line sul sito dell’INGV, si indica che il territorio
comunale di Castello di Cisterna rientra nelle celle contraddistinte da valori di ag di
riferimento compresi tra 0.150g e 0.175g (punti della griglia riferiti a: parametro dello
scuotimento ag; probabilità in 50 anni 10%; percentile 50).
Le prove sismiche eseguite sul territorio di Castello di Cisterna sono state
finalizzate alla caratterizzazione sismica dei terreni e alla elaborazione della Carta di
“microzonazione sismica”.
La microzonazione sismica è un criterio volto a prevedere e mitigare gli effetti sismici in
un territorio di limitata estensione. Le indagini di microzonazione sismica, pertanto,
hanno lo scopo di riconoscere, a scala di dettaglio, le condizioni di sito (microzone) che
possono modificare sensibilmente le caratteristiche del moto sismico atteso (moto
sismico di riferimento) o produrre effetti cosismici rilevanti (fratture, liquefazioni, ecc.).
Nel nostro caso sono state individuate zone, nel territorio compreso nei limiti
amministrativi del comune di Castello di Cisterna, a comportamento omogeneo dal punto
di vista sismico.
CARTA MICROZONAZIONE SISMICA
Per caratterizzare i terreni sono state utilizzate le prove sismiche in foro tipo “Down-
Hole” eseguite sul territorio comunale. Le predette prospezioni sismiche hanno permesso
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di definire le velocità delle onde di compressione “Vp” e di taglio “Vs” e principali
parametri elastico-dinamici dei terreni investigati.
Le prove utilizzate sono:
- n. 4 prove down-hole eseguite nel dicembre 2014 per il PUC;
- n. 2 prove down-hole eseguite nel 2003 per il Piano di recupero del centro storico;
- n. 6 sismica a rifrazione eseguite nel 1981 per P.R.G.
- prospezioni sismiche in foro tipo down-hole disponibili eseguite in varie epoche sul
territorio comunale.
Il valore della velocità delle onde sismiche in un litotipo dipende, come è stato detto,
dalla sua rigidezza e dalla sua densità. In pratica viene energizzato il terreno mediante
una massa battente rilevando, poi, al sismografo i tempi d'arrivo degli impulsi. Dalla
conoscenza dei tempi d'arrivo é possibile risalire, attraverso appositi algoritmi, alla
determinazione delle velocità e degli spessori dei livelli sismici individuati. L'indagine
geofisica conferma che litologicamente, nella parte più superficiale dei terreni, ci si trova
al cospetto di materiali sciolti caratterizzati da velocità sismiche medio basse. Sono
presenti, inoltre, nella parte meridionale del territorio a letto dei materiali sciolti, un
banco di lava caratterizzato da velocità alte ed, a letto del banco di lava e/o dei materiali
sciolti, in quasi tutto il territorio comunale, un banco di tufo grigio campano
caratterizzato da velocità medie.
I risultati delle prove sismiche predette mostrano l'esistenza di almeno 3 strati sismici.
Nelle prove Down-Hole, inoltre, sono state messe in evidenza anche alcune inversioni di
velocità causate da variazioni di addensamento nell’ambito dello stesso litotipo o nel
passaggio da un litotipo ad uno differente.
Con le predette misure é stato possibile indagare i tipi litologici del sottosuolo
differenziandoli in base al parametro "velocità delle onde sismiche". Di seguito si
mettono a confronto le velocità medie delle onde trasversali rilevate nelle prove down-
hole eseguite dalla società Isogea nel dicembre 2013. I dati riportati nella tabella
consentono di rilevare la sostanziale congruenza dei dati.
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Prova down-hole
Velocità (Vs) media nei primi
10 metri Vs in m/s
Velocità (Vs) media nei primi
20 metri Vs in m/s
Velocità (Vs) me- dia nei primi 30 metri Vs in m/s
D-HT1 266 322 382
D-HT2 232 540 388
D-HT3 239 379 336
D-HT4 223 272 322
La denominazione e localizzazione delle prove sismiche sono quelle riportate nella
“Carta ubicazione delle prove”.
Categorie di sottosuolo (D.M. 14-01-2008, Tabella 3.2.II).
La suddivisione in categorie di suolo di fondazione del territorio di Castello di Cisterna
è stata eseguita secondo le norme contenute nel D.M. 14-01-2008 “Norme tecniche per le
costruzioni” riportate di seguito.
Categorie di suolo sottosuolo
Descrizione profilo stratigrafico
A
Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs,30 su- periori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazio- ne, con spessore massimo pari a 3 m.
B
Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto consistenti, con spessori superiori a 30 m., caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 360 e 800 m/s (ovvero NSPT,30 > 50 nei terreni a grana grossa e Cu,30 > 250 kPa nei terreni a grana fina).
C Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina consistenti con spessori superiori a 30 m., caratterizzati da un graduale migliora- mento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 180 e 360 m/s s (ovvero NSPT,30 < 50 nei terreni a grana grossa e 70< Cu,30 < 250 kPa nei terreni a grana fina).
D
Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fina scarsamente consistenti, con spessori superiori a 30 m., caratterizzati da un gradua- le miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 inferiori a 180 m/s(ovvero NSPT,30 < 15 nei terreni a grana grossa e Cu,30 < 70 kPa nei terreni a grana fina)..
E
Terreni dei sottosuoli di tipo C o D per spessore non superiore a 20 m. , posti sul sub- strato di riferimento (con Vs30 > 800 m/s).
S1
Depositi di terreni caratterizzati da valori di Vs,30 inferiori a 100 m/s (ovvero 10 < cu,30 < 20 kPa che includono uno strato di almeno 8 m. di terreno a grana fina
S2
Depositi di terreni suscettibili di liquefazione, di argille sensitive, o qualsiasi altra categoria di sottosuolo non classificabile nei tipi precedenti.
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La predetta suddivisione, utile alla scelta dell’azione sismica di progetto, è stata eseguita
tenendo presente la struttura stratigrafica dei siti d’indagine e i valori delle velocità medie
di propagazione entro 30 metri di profondità delle onde di taglio (Vs30 ).
Nelle tabella si riporta la classificazione dei sottosuoli nei siti d’indagine.
Prova down-hole VS,30 in m/s Categoria di sottosuolo D-HT1 382 B
D-HT2 388 B
D-HT3 374 E
D-HT4 322 S2
I sottosuoli classificati di “Categoria E”, presentano una coltre superficiale di materiali
sciolti, che non supera i 20 metri di spessore, caratterizzata da valori di Vs30 di tipo C o
D ( 180 m/s <Vs30< 360 m/s) con a letto un banco di lava in cui i valori della Vs sono
generalmente maggiori di 800 m/s.
I sottosuoli classificati di “Categoria S2”, presentano una coltre superficiale di materiali
sciolti suscettibile a liquefazione.
La predetta classificazione, laddove le evidenze sperimentali delle prove sismiche erano
insufficienti, è stata effettuata incrociando i dati sismici con quelli stratigrafici.
Tutte le predette prove consentono di suddividere il territorio comunale in tre parti
(allegato n. 4):
1. Zona settentrionale in cui i sottosuoli sono stati classificati di categoria “C” e “S2”.
In questo caso la classificazione “S2” fa riferimento a depositi di terreno suscettibili
di liquefazione.
2. Zona centro meridionale in cui i sottosuoli sono stati classificati di categoria “C”,
“B” e “E” con liquefazione impossibile.
3. Zona meridionale in cui i sottosuoli sono stati classificati di categoria “B” e “C” con
liquefazione impossibile.
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VERIFICA A LIQUEFAZIONE
Come riportato nel par. 7.11.3.4.2 del DM 14-01-2008 la verifica alla liquefazione
può essere omessa quando si manifesti almeno una delle seguenti circostanze:
1) eventi sismici attesi di magnitudo M inferiore a 5;
2) accelerazioni massime attese al piano campagna in assenza di manufatti
(condizioni di campo libero) minori di 0,1g;
3) profondità media stagionale della falda superiore a 15 m dal piano campagna, per
piano campagna sub-orizzontale e strutture con fondazioni superficiali;
4) depositi costituiti da sabbie pulite con resistenza penetrometrica normalizzata
(N1)60 > 30 oppure qc1N > 180 dove (N1)60 è il valore della resistenza
determinata in prove penetrometriche dinamiche (Standard Penetration Test)
normalizzata ad una tensione efficace verticale di 100 kPa e qc1N è il valore della
resistenza determinata in prove penetrometriche statiche (Cone Penetration Test)
normalizzata ad una tensione efficace verticale di 100 kPa;
5) distribuzione granulometrica esterna alle zone indicate nella Figura 7.11.1(a) nel
caso di terreni con coefficiente di uniformità Uc < 3,5 ed in Figura 7.11.1(b) nel
caso di terreni con coefficiente di uniformità Uc > 3,5.
Figura 7.11.1(a) DM 14-01-2008
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Figura 7.11.1(b) DM 14-01-2008
Per quanto riguarda la possibilità che in occasione di eventi sismici si possa verificare il
fenomeno della “liquefazione” è necessario ricordare che, nelle aree poste a nord la
situazione litostratigrafica e la profondità della falda idrica sono predisponenti al rischio
liquefazione.
I dati ricavati dalle prove penetrometriche e dalle prove sismiche eseguite, infatti, valutati
rispettivamente coi metodi semplificati di Robertson e Wride(1997) e Andrus e Stokoe
(1997), mettono in evidenza, per pochi dei livelli di terreno saturo presenti nei primi 15
metri di profondità, una certa probabilità che si verifichi il fenomeno stesso. Tutto ciò,
anche alla luce del fatto che non sono state rinvenute notizie storiche relative al
verificarsi del fenomeno, consente di affermare che nella parte di territorio comunale
predetto, in occasione di eventi sismici intensi, la “liquefazione” è poco probabile in
generale, probabile per alcuni siti (“rischio alto”) e possibile per altri (“rischio molto
alto”). In ogni caso giova ricordare che la “liquefazione”, pur essendo penalizzante per
l’uso del territorio non ne limita l’utilizzo ai fini edilizi se nella fase di progettazione
dell’opera vengano eseguite indagini specifiche e nella fase di realizzazione vengono
adottati adeguati accorgimenti volti all’aumento della densità relativa ( vibroflottazione,
compattazione pesante) ed alla facilitazione del drenaggio ( dreni verticali, fondazioni
verticali e di tipologia omogenea). Sulla “Carta della microzonazione sismica” sono state
individuate le aree in cui la liquefazione è impossibile e le aree poste a nord in cui la
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liquefazione è poco probabile, probabile o possibile. In questa ultime aree si consiglia, in
occasione degli interventi edilizi, di condurre opportune indagini volte alla
individuazione degli eventuali depositi liquefacibili e alla valutazione dell’indice di
liquefazione.
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CONCLUSIONI
Nel presente studio si è investigato riguardo gli ambiti geologici del territorio
comunale di Castello di Cisterna, a partire da conoscenze pregresse e da documentazione
tecnica già disponibile, riveduta ed aggiornata sulla base di dettagliati rilievi geologici e
geomorfologici di superficie ex-novo, integrati da una mirata campagna di indagini
geognostiche, nel rispetto del quadro normativo vigente. Del resto dato il carattere
generale di orientamento ed indirizzo di questo studio, seppur specialistico e specifico,
nei confronti della suscettività d’uso dei vari ambiti geologici, si rimanda alle fasi di
attuazione di questo livello di pianificazione, per l’esecuzione di ulteriori rilevamenti sia
di superficie che attraverso l’ausilio di indagini geognostiche, dirette ed indirette,
finalizzati a caratterizzare la litostratigrafia locale, gli aspetti geotecnici del volume
significativo del sottosuolo investito dalle strutture, le condizioni geomorfologiche al
contorno, la risposta sismica del singolo sito con l’individuazione dei fattori di
amplificazione delle onde sismiche.
Pertanto, sulla base dei risultati scaturiti dal presente studio, ai fini del corretto uso
del territorio, si riportano le seguenti prescrizioni per le diverse aree così perimetrate e
classificate nella Tav. 3 “Carta della Stabilità” e nella tavola di sintesi n. 4 “Carta della
Microzonazione Sismica”.
Aree Stabili: sono consentiti qualsiasi tipo di intervento previa acquisizione dei
parametri geologico-geotecnici-geofisici secondo le modalità previste dalla normativa
vigente.
Aree Potenzialmente Instabili: prima di qualsiasi intervento saranno espletate indagini
geologiche e geotecniche finalizzate alla definizione puntuale della stratigrafia del
sottosuolo e delle caratteristiche tecniche dei terreni almeno fino alla prof. di 30.00 metri
dal piano campagna o dal piano di posa delle fondazioni di una eventuale struttura
edificanda al fine di verificare l’eventuale esistenza di cavità sotterranee. Saranno
valutate le condizioni di stabilità derivanti dall’interazione terrreno – struttura.
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Aree caratterizzate da rischio idraulico “punti di crisi idraulica” prima di qualsiasi
intervento da eseguire su un’area racchiusa in una circonferenza di diametro pari a 200
m. con centro nel punto di crisi idraulica, tali zone saranno soggette a studi di
compatibilità idraulica con rilievi e indagini di dettaglio per accertare il livello di
pericolosità ed il relativo grado di rischio.
Aree Potenzialmente liquefacibili: prima di qualsiasi intervento saranno espletate
indagini geognostiche e prove di laboratorio volte alla individuazione degli eventuali
depositi liquefacibili e alla valutazione dell’indice di liquefazione.
Si segnala la necessità che nelle Norme di Attuazione dello strumento urbanistico
venga esplicitamente richiesto che nelle relazioni tecniche progettuali sia dichiarato che
sono state tenute in considerazione le risultanze della microzonazione sismica del
territorio.
Castello di Cisterna, 9 settembre 2014 Dott. Geol. Alessandro Amato
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