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Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4 Trends in Medicine 271 Rassegna Ormonoterapia nel carcinoma prostatico Opzioni mirate in relazione a stadio e setting Giuseppe Morgia Clinica Urologica Università di Sassari Viale San Pietro, 43 07100 Sassari Tel 079 228028 [email protected] Key words: prostate cancer LHRH analogue(s) androgen ablation Il trattamento ormonale gioca un ruolo rilevante in quasi tutti gli stadi del carcinoma prostatico. Usato prima, durante o dopo la prostatectomia radicale o la radioterapia esterna, l’ormonoterapia mostra vantaggi in termini di sopravvivenza nei pazienti con carcinoma localmente avanzato e Gleason score intermedio. Nume- rosi studi hanno dimostrato che la terapia adiuvante è in grado di rallentare la progressione della malattia in ogni stadio. Tuttavia, questi vantaggi devono essere pesati in rapporto agli effetti collaterali ed al costo econo- mico. Allo stato attuale sono in corso studi di grandi dimensioni volti a verificare il ruolo dell’ormonoterapia adiuvante in pazienti con neoplasia in stadio precoce. Hormonal treatment of prostatic carcinoma Aimed options in relation to phase and setting Summary Hormonal treatments play a pivotal role in almost all stages of prostate cancer. Used prior, during or after radical prostatectomy or external beam radiotherapy, hormone-therapy shows a survival advantage in pa- tients with locally advanced prostate cancer and intermediate Gleason score. Several studies showed that adjuvant endocrine treatment is able to delay disease progression in any stage. Neverthless, the possible survival benefit of such treatment has to be balanced against both its side-effects and economic burden. At the date, several large studies are ongoing to evaluate the role of adjuvant treatment in patients with early neoplasia. Morgia G. Hormonal treatment of prostatic carcinoma. Hormonal treatment of prostatic carcinoma. Aimed op- tions in relation to phase and setting. Trends Med 2004; 4(4):271-283. © 2004 Pharma Project Group srl L e basi biologiche del tratta- mento endocrino del carci- noma prostatico poggiano sul- l’osservazione che la crescita della ghiandola prostatica sana è largamente dipendente dalla presenza di diidrotestosterone (DHT), la forma metabolica- mente attiva del testosterone (T). Questa ormono-dipenden- za è ulteriormente amplificata nelle cellule dell’epitelio prosta- tico in trasformazione neopla- stica 1 . Il primo uso documenta- to dell’ablazione androgenica mediante orchiectomia bilaterale di 111 pazienti con carcinoma prostatico risale al 1895 2 . Nel 1941 Huggins osservò sia i be- nefici dell’orchiectomia bilatera- le o, in alternativa della sommi- nistrazione di estrogeni, sia gli effetti avversi della somministra- zioni di testosterone, stabilendo per la prima volta una correla- zione positiva fra carcinoma della prostata ed androgeni 3 . Negli anni si sono succedute numerose strategie volte a ridur- re i livelli circolanti di androge- ni, ma la svolta decisiva si è avu- ta solo verso la metà degli anni ’80, quando sono stati introdotti nella pratica clinica gli antiandro- geni e gli agonisti dell’ormone di rilascio dell’ormone luteiniz- zante (LH-RH). Queste mole- cole sono state valutate in quasi tutte le fasi della malattia, dalle forme metastatiche avanzate ai più recenti trial in terapia adiu- vante e neoadiuvante. In questa

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Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4 Trends in Medicine 271

Rassegna

Ormonoterapia nel carcinoma prostaticoOpzioni mirate in relazione a stadio e setting

Giuseppe MorgiaClinica UrologicaUniversità di SassariViale San Pietro, 4307100 SassariTel 079 [email protected]

Key words:prostate cancerLHRH analogue(s)androgen ablation

Il trattamento ormonale gioca un ruolo rilevante in quasi tutti gli stadi del carcinoma prostatico. Usato prima,durante o dopo la prostatectomia radicale o la radioterapia esterna, l’ormonoterapia mostra vantaggi intermini di sopravvivenza nei pazienti con carcinoma localmente avanzato e Gleason score intermedio. Nume-rosi studi hanno dimostrato che la terapia adiuvante è in grado di rallentare la progressione della malattia inogni stadio. Tuttavia, questi vantaggi devono essere pesati in rapporto agli effetti collaterali ed al costo econo-mico. Allo stato attuale sono in corso studi di grandi dimensioni volti a verificare il ruolo dell’ormonoterapiaadiuvante in pazienti con neoplasia in stadio precoce.

Hormonal treatment of prostatic carcinomaAimed options in relation to phase and setting

SummaryHormonal treatments play a pivotal role in almost all stages of prostate cancer. Used prior, during or afterradical prostatectomy or external beam radiotherapy, hormone-therapy shows a survival advantage in pa-tients with locally advanced prostate cancer and intermediate Gleason score. Several studies showed thatadjuvant endocrine treatment is able to delay disease progression in any stage. Neverthless, the possiblesurvival benefit of such treatment has to be balanced against both its side-effects and economic burden. Atthe date, several large studies are ongoing to evaluate the role of adjuvant treatment in patients with earlyneoplasia.

Morgia G. Hormonal treatment of prostatic carcinoma. Hormonal treatment of prostatic carcinoma. Aimed op-tions in relation to phase and setting. Trends Med 2004; 4(4):271-283.© 2004 Pharma Project Group srl

Le basi biologiche del tratta-mento endocrino del carci-

noma prostatico poggiano sul-l’osservazione che la crescitadella ghiandola prostatica sanaè largamente dipendente dallapresenza di diidrotestosterone(DHT), la forma metabolica-mente attiva del testosterone(T). Questa ormono-dipenden-za è ulteriormente amplificatanelle cellule dell’epitelio prosta-tico in trasformazione neopla-stica1. Il primo uso documenta-to dell’ablazione androgenicamediante orchiectomia bilateraledi 111 pazienti con carcinomaprostatico risale al 18952. Nel1941 Huggins osservò sia i be-nefici dell’orchiectomia bilatera-le o, in alternativa della sommi-

nistrazione di estrogeni, sia glieffetti avversi della somministra-zioni di testosterone, stabilendoper la prima volta una correla-zione positiva fra carcinomadella prostata ed androgeni3.Negli anni si sono succedutenumerose strategie volte a ridur-re i livelli circolanti di androge-ni, ma la svolta decisiva si è avu-ta solo verso la metà degli anni’80, quando sono stati introdottinella pratica clinica gli antiandro-geni e gli agonisti dell’ormonedi rilascio dell’ormone luteiniz-zante (LH-RH). Queste mole-cole sono state valutate in quasitutte le fasi della malattia, dalleforme metastatiche avanzate aipiù recenti trial in terapia adiu-vante e neoadiuvante. In questa

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272 Trends in Medicine Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4

G. Morgia

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rassegna sono esaminati i risul-tati degli studi clinici più recen-ti, con particolare riferimentoagli aspetti più innovativi o con-troversi, ovvero la terapia ormo-nale precoce paragonata a quel-la ritardata, il blocco androge-nico massimale (MAB) rispettoalla monoterapia e la terapia in-termittente rispetto a quella con-tinua.

Epidemiologia e fattoridi rischio

Nei soggetti di sesso maschiledei Paesi industrializzati il carci-noma della prostata segue perfrequenza solo quello del pol-mone e del colon-retto. Tutta-via, qualora vengano prese inconsiderazione anche le lesioniistologiche asintomatiche, il car-cinoma della prostata diviene digran lunga la neoplasia più fre-quente nella popolazione ma-schile4-6. La malattia è virtual-mente assente prima dei 40 annie sale rapidamente a partire dal-la V decade. Rispetto ad altreneoplasie che negli ultimi annihanno raggiunto un plateau oriduzioni sensibili dei tassi diprevalenza, il carcinoma dellaprostata appare in continuo au-

te7. Ciò suggerisce che la preva-lenza della malattia possa esse-re aumentata da una dieta riccadi grassi saturi o ridotta dall’as-sunzione di alimenti ricchi di fi-toestrogeni (the verde, soja ecc).In tal senso deve essere ricor-dato che alcune molecole poten-zialmente protettive e presentinella dieta cinese, per esempioil PC-SPES, sono state testatesperimentalmente e nell’uomosono giunte a studi clinici di faseII. Al momento non sono statetuttavia individuate correlazio-ni sicure con altri fattori di ri-schio, per esempio tabacco, al-cool o attività sessuale8,9. Nonvi sono per contro dubbi sulruolo della componente geneti-co-familiare: il carcinoma dellaprostata è tre volte più frequen-te nei parenti di primo grado disoggetti deceduti per questaneoplasia10,11.

Storia clinica dellamalattia

La malattia presenta comporta-mento clinico variabile, con unaprogressione relativamente len-ta. Una delle possibilità per va-lutare la prognosi del pazientecon diagnosi di carcinoma pro-statico proviene dagli studi neiquali pazienti con diagnosi pre-coce non sono stati sottopostiad alcuna terapia (“vigile atte-sa”). In linea di principio si èosservato che i tassi di soprav-vivenza a 10 anni dei pazienticon neoplasia localizzata (T1-T2) sono prossimi all’85-90%.Per i pazienti in stadio T3 il tas-

Figura 1. Incidenza del carcinoma prostatico stratificato per età:andamento nella decade 1980-1990 registrato nel Regno Unito.

mento in tutti i Paesi industria-lizzati. Questo trend rispecchiasia un incremento oggettivo del-la neoplasia, correlato all’au-mento dell’età media della po-polazione generale, sia l’adozio-ne di metodiche di screeningprecoce nelle fasce a maggiorrischio (figura 1).I dati italiani risultano ancoraframmentari, non essendo di-sponibili statistiche ufficiali a li-vello nazionale. Sulla scorta de-gli indici epidemiologici rilevatiin altri Paesi occidentali, in Ita-lia si può stimare un’incidenzapari a circa 20.000 nuovi casi/anno, con oltre 6.000 decessi/anno ed una mortalità prossimaal 12%.Il carcinoma della prostata pre-senta una certa variabilità geo-grafica e di razza. Fra i residentiin alcune zone rurali della Cinae del Giappone i tassi della ma-lattia sono sensibilmente piùbassi rispetto ai Paesi occiden-tali a parità di altre variabili ma,quando questi individui emigra-no in occidente, la frequenzadella malattia aumenta a partiredalla seconda generazione, finoa raggiungere nell’arco di pochidecenni una prevalenza simile aquella osservata nel Paese ospi-

La componente genetica(familiarità) e quella am-bientale (dieta ricca digrassi saturi) sono fattori dirischio per lo sviluppo dicarcinoma prostatico.

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Ormonoterapia nel carcinoma prostatico

so di sopravvivenza a 10 anni siriduce al 70-75%. Tuttavia, l’im-portanza del grado istologico didifferenziazione cellulare sem-bra essere un fattore prognosti-co di gran lunga più efficacedello stadio. Purtroppo, la mag-gior parte degli studi ha valuta-to solo pazienti oltre i 60-65 annidi età, con estensioni del follow-up raramente >10 anni.Gli studi con proiezioni dellasopravvivenza a 15 anni, o con-dotti su coorti di pazienti piùgiovani (50-60 anni) sono anco-ra meno numerosi e ciò si scon-tra con diagnosi sempre più pre-coci in pazienti progressivamen-te più giovani, che hanno quin-di una lunga spettanza di vita.Recentemente Lu-Yao e colla-boratori hanno valutato retro-spettivamente una coorte di18.238 pazienti con l’obiettivodi prevedere i tassi di sopravvi-venza a 10 anni sulla base dellostadio clinico e del Gleason sco-re (GS)12. Da questa analisi è ri-sultato che il fattore prognosti-co più importante nel determi-nare la sopravvivenza è datoproprio dal Gleason score. Ri-sultati simili sono stati ottenutida Albertsen e collaboratori suuna coorte di pazienti con età

Autore Sopravvivenza a 10 anni (%)

Gleason score

Grado 1 (2-4) Grado 2 (5-7) Grado 3 (8-10)

Lu-Yao12 93 77 45

Albertsen13 91 76 54

Tabella 1. Valutazione della sopravvivenza a 10 anni in pazienti condiagnosi di carcinoma prostatico localizzato (T1-T2).

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Età (anni)

55 60 65 70 75

Età (anni)

55 60 65 70 75

Età (anni)

paziente sano

paziente con CA prostatico senza altre comorbilità

paziente con malattie cardiache e/o respiratorie senza CA prostatico

paziente con CA prostatico e malattie cardiache e/o respiratorie

Grado I Grado 2 Grado 3

Figura 2. Aspettativa di vita calcolata sulla base del grado istologico e delle comorbilità eventualmentepresenti di pazienti con carcinoma prostatico dopo stratificazione per età.

≥65 anni seguiti per 15,5 anni(tabella 1)13.Sulla base di questi dati, dell’in-fluenza esercitata dallo stadio(T1→T4 ed N0→M1c), dall’etàdel paziente e dalle comorbilitàeventualmente esistenti, sonostate calcolate le spettanze di vitain distinti scenari clinici (figura2).I dati contenuti nella figura 2 sibasano sulla spettanza di vita ri-portata nelle Canadian Life Ta-bles; in queste tabelle, per co-morbilità cardiovascolare è sta-ta assunta la presenza di un pre-gresso infarto del miocardio eper comorbilità respiratoria lapresenza di broncopneumopa-tia cronica ostruttiva (BPCO),entrambe patologie in grado diridurre sensibilmente la spettan-za di vita14-16. Complessivamen-te questi dati sono in grado di

indirizzare il clinico verso le va-rie opzioni disponibili, dalla “vi-gile attesa” ai trattamenti piùaggressivi: è evidente che un pa-ziente relativamente giovane,senza malattie concomitanti conuna spettanza di vita di 20 anninon può eludere un trattamen-to attivo. Nel prossimo paragra-fo sarà esaminato il ruolo dellaterapia ormonale considerandoi vari scenari.

La terapia ormonaleoggi: quale ruolo?

Fino alla metà degli anni ‘70 l’or-chiectomia bilaterale costituivalo standard di riferimento perridurre le concentrazioni pla-smatiche di testosterone: questointervento riduce significativa-mente il dolore da metastasi edè parzialmente scevro dagli ef-

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G. Morgia

fetti collaterali tipici del tratta-mento ormonale esogeno, an-che se, come ovvio, presuppo-ne un certo “disconfort” psico-logico nella maggior parte deipazienti. A partire dalla fine de-gli anni ‘70 prima, con l’intro-duzione del dietistilbestrolo(DES), e dalla metà degli anni’80 poi con l’introduzione degliLH-RH analoghi, l’orchiectomiaè stata parzialmente soppianta-ta. Gli agenti ormonali usati nelcarcinoma della prostata posso-no essere suddivisi in quattrogruppi (tabella 2).Gli analoghi sintetici del fattoredi rilascio dell’ormone luteiniz-zante (LH-RH) sono in gradodi ridurre i livelli di testosteronecircolante in misura analoga al-l’orchiectomia bilaterale (85-90%). Gli effetti cellulari del te-stosterone residuo, proveniente

Classe Meccanismo d’azione Effetti collaterali

Agonisti degli estrogeniDietilstilbestrolo Soppressione del rilascio di Embolia polmonare;

LH-RH; inibizione LH; eventi tromboemboliciinibizione e sintesi del cardio- e cerebrovascolaritestosterone

LH-RH agonistiBuserelin Soppressione del rilascio di Esacerbazione iniziale dellaGoserelin LH-RH; inibizione LH; sintomatologia con increzioneLeuprolide inibizione e sintesi del compensatoria del testosteroneTriptorelin testosterone

LH-RH antagonistiAbarelix* Inibizione diretta del rilascio Reazioni allergiche con

di LH-RH; assenza di rilascio di istaminaproprietà agoniste

Antiandrogeni

SteroideiCiproterone acetato Competizione con il Ritenzione idrica;Megestrolo acetato recettore DHT; attività aumento ponderale

antigonadrotopa

Non SteroideiBicalutamide Inibizione competitiva con il Polmonite interstizialeFlutamide recettore per T e DHT (evento raro e reversibile)

*non commercializzato in Italia

Tabella 2. Agenti ormonali impiegati nel trattamento del carcinoma prostatico.

dalla conversione degli steroidisurrenalici (10-20%), possonoessere ridotti attraverso l’uso diantiandrogeni in combinazionecon LH-RH analoghi. La tera-pia combinata LH-RH analoghipiù antiandrogeni è definitablocco androgenico combinato(CAB) o blocco androgenicomassimale (MAB) ed è oggi unodegli argomenti di maggior in-teresse clinico.In linea di principio, l’ormono-terapia è efficace in qualunquestadio della malattia. Tuttaviatale approccio comporta inevi-tabili complicanze di tipo medi-co, con peggioramento dellaqualità di vita ed incremento deicosti. E’ quindi ragionevole chie-dersi se una terapia di questotipo debba essere instaurata im-mediatamente, non appena vie-ne posta diagnosi di malattia, o

se essa debba essere procrasti-nata nel tempo. In figura 3 è ri-portato un algoritmo per la ge-stione ottimale del paziente concarcinoma della prostata.Nei pazienti con carcinoma lo-calizzato (T1-T2) sono adottatefondamentalmente o la prosta-tectomia radicale o la radiotera-pia (esterna o interstiziale). Permolti anni è stato adottato an-che il monitoraggio periodicodel paziente, senza alcun inter-vento terapeutico. L’approcciodipende fondamentalmente dal-lo stadio, dall’età del paziente edalle condizioni generali.Per i pazienti con carcinoma lo-calmente avanzato (T3) è ampia-mente utilizzata sia la radiotera-pia esterna sia la brachiterapiain combinazione con la radiote-rapia. In questo setting è dive-nuto sempre più diffuso l’uso

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Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4 Trends in Medicine 275

Ormonoterapia nel carcinoma prostatico

della terapia ormonale neoadiu-vante. Il razionale si basa sull’as-sunto che il “controllo” di tuttele cellule prostatiche DHT-sen-sibili, congiuntamente alla rimo-zione chirurgica o radioterapi-ca, consenta un oggettivo down-staging della malattia. Come sivedrà successivamente numero-si studi suggeriscono che lasomministrazione di agenti or-monali induce sia la riduzionedel volume prostatico sia il nu-

mero di pazienti con marginipositivi.Anche la chirurgia trova oggiindicazione, soprattutto in co-loro che credono nel controllolocale di malattia, cioè nella pos-sibilità di evitare al paziente unaprogressione neoplastica localecon un corteo sintomatologicospesso drammatico nelle fasiterminali.Nei pazienti infine con metastasilinfonodali o disseminate, la te-

Figura 3. Management del paziente con diagnosi di carcinoma del-la prostata.

Diagnosi bioptica dicarcinoma della prostata

• Terapia endocrina• Orchiectomia

Risposta?

• Chemioterapia• Radioterapia• Terapia palliativa

Continuare con:• follow-up

periodico• controllo effetti

collaterali deltrattamento

Sono presenti metastasi?

Linfonodi positivi?

NOSI

NOSI

SI NO

Radioterapia esterna±

MAB neoadiuvante eda seguire per 1-2 anni

Varie opzioni in funzione dietà e condizioni generali:

Paziente >60 aa

Opzione 1: follow-upperiodico

Paziente ≤60 aa

Opzione 2: radioterapia• interstiziale• esterna

Opzione 3: prostatectomianerve-sparing

Ormonoterapia

rapia ormonale costituisce lostandard di riferimento. In que-sto stadio, la somministrazioneprecoce della terapia ormonaleha dimostrato benefici evidentisia sulle curve di sopravvivenzasia sull’intervallo libero dallamalattia. Un aspetto rilevante ècostituito dalle modalità di som-ministrazione, al fine di procra-stinare nel tempo l’insorgenzadi cloni cellulari ormono-resi-stenti: particolare attenzione èqui dedicata agli studi compa-rativi fra terapia ormonale con-tinua e terapia ormonale inter-mittente.

Ormonoterapianeoadiuvante

Pre-prostatectomiaRecentemente Soloway e colla-boratori hanno valutato l’impat-to a 5 anni del trattamento ne-oadiuvante per 3 mesi con leu-prolide più flutamide in pazien-ti con carcinoma localizzato del-la prostata (stadio T2b) primadella prostatectomia17. Questostudio ha dimostrato che a fron-te di una importante riduzionedei margini positivi, il tasso direcidive biochimiche, definitocome PSA>0,4 ng/mL è rima-sto sostanzialmente invariato.Questi risultati hanno tuttaviaindotto altri gruppi ad utilizza-re periodi più lunghi di tratta-mento neoadiuvante (8 mesi vs3 mesi) o l’impiego del bloccoandrogenico massimale. L’ana-lisi provvisoria dei dati di Glea-

La maggior parte dei datiprovenienti da studi clinicicontrollati suggerisce chel’ormonoterapia è efficacesin dalle prime fasi dellamalattia, con un rapportocosto/efficacia crescente eproporzionale allo stadioclinico.

Ormonoterapianeoadiuvante

e/oadiuvante

±

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276 Trends in Medicine Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4

G. Morgia

ve e collaboratori dimostra chenei pazienti trattati con ormo-noterapia neoadiuvante si ottie-ne la progressiva riduzione deilivelli di PSA anche dopo il ter-zo mese18. Andamento analogoè stato osservato anche per il vo-lume prostatico e per i marginipositivi (12% vs 23%).Quest’ultimo dato è stato con-fermato dallo studio PROSIT19.In questo studio, pazienti in sta-dio B o C (T2-T3; N0; M0) sonostati randomizzati alla sola tera-pia chirurgica o al blocco andro-genico massimale adiuvante conbicalutamide (50 mg/die) piùgoserelin (3,5 mg sc ogni 28 gg)per 3 o 6 mesi. I risultati di que-sto studio hanno dimostratouna sensibile riduzione dei mar-gini positivi e dei livelli di PSAnei pazienti trattati con ormo-noterapia neoadiuvante, con ri-duzioni proporzionali alla duratadel trattamento (tabella 3).A fronte di questi studi esisto-

Stadio P (%) AAN (%)

B 40,4 64,8C1 45,5 25,3C2 9,1 7,7D1 5,0 2,2

Margini

Positivi 46,5 18,7Negativi 53,5 81,3

Tabella 3. Stadio patologico e margini in pazienti trattati solo conprostatectomia (P) o con ablazione androgenica neoadiuvante (AAN)per 6 mesi. (Dati da Selli C et al 200219).

Autore M+ VS LFN+ Prog

Schulman21 si - si noLabrie22 si - no -Soloway17 si no no noSelli19 si no si1 -Goldenberg18 si si no si2

1solo nei cT3; 2solo nei pT3 e/o PAS >20 ng/mL

Tabella 4. Risultati dei principali studi clinici con terapia neoadiuvante.

no però indicazioni di letteratu-ra che evidenziano come unaterapia neoadiuvante potrebbecomplicare la chirurgia a causadi una reazione desmoplasticadei tessuti con notevole fibrosiintraoperatoria e che vi potreb-be essere una maggiore difficol-tà interpretativa del campioneintraoperatorio soprattutto in ri-ferimento alla lettura del gra-ding; infine la terapia neoadiu-vante potrebbe determinareprogressione per sviluppo dicloni ormonali resistenti20.Riportiamo nella tabella 4 l’im-patto della terapia neoadiuvan-te su margini positivi (M), coin-volgimento delle vescicole semi-nali (VS), dei linfonodi (LFN) esulla progressione di malattia(Prog) registrato nei maggioristudi pubblicati. Non c’è ad oggituttavia nessuna evidenza scien-tifica che possa dimostrare unimpatto della terapia neoadiu-vante sulla sopravvivenza.

Pre-radioterapia

Uno degli studi più suggestivisull’impiego del blocco andro-genico massimale in neoadiu-vante prima della radioterapia èquello recentemente pubblicatoda Pilepich e collaboratori con-dotto su 471 pazienti in stadioT2-T4 con o senza compromis-sione linfonodale23. I pazientisono stati randomizzati o al solotrattamento con radioterapiaesterna o al trattamento con ra-dioterapia preceduto da duemesi di goserelin (3,6 mg ogni28 gg) più flutamide (250 mg/tid). Il MAB è stato inoltre man-tenuto per tutta la durata dellaradioterapia. Il follow-up medioè stato di oltre 6 anni ed ha rag-giunto gli 8,6 anni per i soprav-vissuti. I risultati di questo stu-dio possono essere quindi con-siderati molto significativi (figu-ra 4).La subanalisi dopo stratificazio-ne dei pazienti in rapporto alGleason score ha evidenziatoancora una volta che i maggioribenefici si ottengono nei pazien-ti con malattia in fase più pre-coce (GS=2-6), mentre nei pa-zienti con grado avanzato(GS=7-10) i risultati sono ap-parsi non significativi per nes-suno degli endpoint.Nel protocollo RTOG 92-02,1.500 pazienti in stadio clinicoT2-T4 sono stati randomizzatial trattamento con radioterapiae differenti regimi di MAB. Que-sto studio è interessante perchéè stato possibile comparare i ri-sultati del trattamento neoadiu-vante con goserelin e flutamideiniziato due mesi prima e pro-seguito per la durata della tera-pia radiante rispetto ad un se-condo braccio nel quale, oltre altrattamento neoadiuvante primariportato, è stato fatto seguire unperiodo di 24 mesi di bloccoandrogenico totale. I pazientitrattati con MAB adiuvante per

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Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4 Trends in Medicine 277

Ormonoterapia nel carcinoma prostatico

massimale sia in neoadiuvantesia dopo la radioterapia nei pa-zienti con neoplasia localmenteavanzata e Gleason score >6.Quanto debba essere lunga ladurata del trattamento adiuvan-te (12-36 mesi) è ancora ogget-to di valutazione.

Ormonoterapia adiuvante

Dopo prostatectomiaDati provenienti da diversi stu-di retrospettivi suggerisconoche l’ablazione androgenicadopo prostatectomia radicalepuò migliorare sia i tassi di so-pravvivenza sia il controllo lo-cale della malattia. Il momentonel quale iniziare la terapia co-stituisce un aspetto ancora con-troverso, ma vi è oggi consensounanime che i pazienti in stadioT3 con metastasi linfonodali(N1) al momento della prosta-tectomia beneficiano in manie-ra considerevole della depriva-zione androgenica. Particolar-mente interessanti sono in que-sto contesto i dati Eastern Co-operative Oncology Group(ECOG). In questo studio Mes-sing e collaboratori hanno esa-minato i risultati ottenuti in 98pazienti trattati immediatamen-te dopo prostatectomia radica-le con goserelin o orchiecto-mia25. Dopo 7 anni di follow-up la mortalità totale è risultatapari al 15% nei trattati rispettoal 35% osservato nel gruppo dicontrollo. Se si esaminano i solidecessi direttamente correlati alcancro della prostata, questisono risultati pari al 6% nei trat-tati rispetto al 31% dei controlli(figura 6). I risultati sulla so-pravvivenza sono divenuti sta-tisticamente significativi a par-tire dal 5° anno, ma già a parti-re dal 2° anno è stato osserva-to un vantaggio significativosulla sopravvivenza libera daprogressione.

Figura 4. Risultati del blocco androgenico massimale con goserelinpiù flutamide in neoadiuvante (ON) due mesi prima e durante iltrattamento radioterapico convenzionale (RDT). (Dati da Pipelich etal 200123).

50

40

30

20

10

0

RDT + ON

RDT

Controllolocalep=0,016

Metastasia distanza

p=0,04

Sopravvivenzalibera damalattiap=0,004

Mortalitàneoplasia-correlatap=0,05

Pazie

nti (

%)

60

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10

0

Pazie

nti (

%)

Sopravvivenzalibera da

malattia(p=0,0001)

Progressionelocale della

malattia(p=0,0001)

Metastasi a

distanza(p=0,001)

Recidiva

biochimica(p=0,0001)

Trattati

Controlli

Figura 5. Trattamento neoadiuvante (colonna blu) comparato aneoadiuvante mantenuto per tutta la durata della radioterapia piùulteriori 24 mesi (colonna verde). (Dati da Hanks GE et al 200023a).

24 mesi hanno mostrato risul-tati migliori su tutti gli endpointdello studio (figura 5).Diversamente dallo studio diPilepich, nel protocollo RTOG92-02 la risposta è stata netta-mente migliore nei pazienti adalto grado (GS=8-10): in que-sta sottopopolazione infatti la

sopravvivenza a 5 anni è appar-sa nettamente migliore nei pa-zienti trattati anche in adiuvan-te per 24 mesi (80%) rispetto aquelli trattati solo con neoadiu-vante (69%).Sulla scorta di questi dati vi èoggi consenso unanime circal’utilità del blocco androgenico

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G. Morgia

Risultati analoghi sono stati ot-tenuti con bicalutamide26. Il Ear-ly Prostate Cancer (EPC) Pro-gramme costituisce uno dei trialpiù ampi mai disegnati nel trat-tamento del carcinoma dellaprostata. In questo studio sonostati inclusi complessivamente8.113 pazienti con malattia lo-calizzata o localmente avanzatae senza metastasi ossee. I pa-zienti sono quindi stati rando-mizzati al trattamento standard(vigile attesa, prostatectomia ra-dicale o radioterapia) o al tratta-mento standard più bicalutami-de 150 mg/die. Gli end-pointprimari erano: 1) sopravvivenzaglobale; 2) tempo alla progres-sione. A causa del ridotto nume-ro di pazienti deceduti per cau-se direttamente correlate allaneoplasia (<2%), i dati relativialla sopravvivenza non sonoancora maturi per una valutazio-ne definitiva.Con riferimento invece alla pro-gressione obiettiva, questa è sta-ta registrata nel 9,0% dei pazientiin trattamento adiuvante conbicalutamide e nel 13,8% deicontrolli. Questi dati corrispon-dono ad una riduzione del ri-schio relativo pari al 42% a fa-

Figura 6. Mortalità totale e cancro correlata in pazienti trattati congoserelin adiuvante. (Dati da Messing EM et al 199925).

Trattati

Controlli

50

40

30

20

10

0

RR=-39%

RR=-19%

Mortalità totale Mortalità ca-correlata

Pazie

nti (

%)

Metastasi ossee

Progressione15

10

5

0BIC PLA

Incid

enza (

%)

RR=-42%

Figura 7. Incidenza di progressione obiettiva della malattia (follow-up a 5 anni) e di metastasi ossee (follow-up a 2 anni). (Dati da WirthM et al 200227).

vore dei trattati con bicalutami-de (figura 7)27.Probabilmente i pazienti che siavvantaggiano maggiormentedella terapia adiuvante dopo chi-rurgia sono quelli definiti “highrisk”. Nonostante esistano deinomogrammi in grado di pre-dire la classe di rischio del pa-ziente in relazione ad alcuni pa-rametri ben definiti (grado, sta-dio, PSA, etc.), come il CPDR20

(Center for Prostate DiseaseResearch) o il CAPSURE(CAncer of the Prostate Stra-tegic Urologic Research Ende-avor), il limite di applicazionedella terapia ormonale adiuvan-te rimane ancora la non standar-dizzata individuazione di qualipazienti a rischio vadano tratta-ti28,29.Inoltre ad oggi non esistonoevidenze scientifiche che dimo-strano un impatto sulla soprav-vivenza30.

Dopo radioterapiaIl ruolo della deprivazione an-drogenica, in aggiunta alla radio-terapia esterna in pazienti conmalattia localizzata o localmen-te avanzata, è stato valutato indiversi studi clinici controllati.Già Bolla con lo studio EOR-TC 2286331 aveva dimostratocome il gruppo di pazienti trat-tato con radioterapia più ormo-noterapia (per tre anni) presen-tava, a 7 anni, una sopravviven-za libera da malattia nettamentesuperiore rispetto al gruppotrattato con sola radioterapia(78% vs 56%), ed anche il con-

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Ormonoterapia nel carcinoma prostatico

trollo locale rispettava il mede-simo trend (95% vs 78%).L’analisi retrospettiva condottasu 1.586 pazienti con malattialocalizzata (T1-T2) ha eviden-ziato che la soppressione andro-genica instaurata due mesi pri-ma della radioterapia e prosegui-ta per tutta la durata della stessae per i successivi due mesi, percomplessivi 6 mesi, determinabenefici significativi in terminidi recidive a 5 anni. Tali benefi-ci sono tanto maggiori quantomaggiore è il rischio di progres-sione: nei pazienti classificati adalto rischio (Gleason score ≥8e PSA ≥20 ng/mL) il rischio re-lativo (RR) è risultato ridotto diquasi tre volte rispetto alla con-troparte a basso rischio (Glea-son score ≤6 e PSA ≤10 ng/mL).Nel recente studio prospetticorandomizzato di Laverdiere ecollaboratori, 161 pazienti in sta-dio T2-T3 sono stati assegnatialla sola radioterapia o al tratta-mento combinato con ormono-terapia neoadiuvante (3 mesi) oal trattamento combinato neoa-diuvante ed adiuvante per com-plessivi 10 mesi32. Il trattamen-to ormonale prevedeva il bloc-co androgenico massimale. Inquesto studio la sopravvivenzalibera da recidiva biochimica èrisultata pari rispettivamente al42%, al 66% ed al 69%: questirisultati indicano l’utilità del trat-tamento neoadiuvante per 3mesi.

Lo studio RTOG 8610 ha ran-domizzato 500 pazienti in sta-dio cT3: una coorte è stata sot-toposta a radioterapia da solamentre la seconda coorte è sta-ta trattata con RT + ormonote-rapia (4 mesi). Sia la sopravvi-venza libera da recidive, sia quel-la cancro-specifica, è risultatamigliore nel secondo gruppo adun follow-up di circa 8 anni(46% vs 21%; 70% vs 52%)23.Infine, nella recente metanalisidi Akaza, sono stati esaminati irisultati di 4 studi clinici congoserelin in adiuvante dopo ra-dioterapia: questo studio è par-ticolarmente interessante sia perl’ampiezza del campione (3.500pazienti) sia per la lunga duratadel follow-up (~6 anni). I risul-tati di questa metanalisi indica-no che la terapia adiuvante for-nisce risultati importanti sia sullasopravvivenza libera da malat-

tia sia sulla mortalità neoplasia-correlata. Allo stato attuale vi èquindi consenso generale circa ibenefici della deprivazione an-drogenica adiuvante soprattut-to nei pazienti con malattia lo-calmente avanzata e Gleasonscore >633.

Ormonoterapia neipazienti con malattiaavanzata

Vi sono oggi pochi dubbi circala necessità di instaurare un trat-tamento precoce e massimalenei pazienti con malattia in faseavanzata e con elevati livelli diPSA, indipendentemente dallasintomatologia. Nel tentativo diridurre gli effetti collaterali delblocco androgenico massimaleprotratto per lunghi periodi,sono stati tentati diversi schemiterapeutici volti a migliorare sia

Figura 8. Schema di blocco androgenico intermittente: un primociclo di deprivazione androgenica (T1), della durata di circa 9 mesiviene istituito. Ciò determina risposta biochimica con riduzione deivalori di PSA e di testosterone entro il target previsto. Alraggiungimento del target il trattamento ormonale viene sospeso(S1) e nell’arco dei successivi 9 mesi si ha nuova ripresa degli indicibiochimici. A questo punto viene istituito un secondo trattamento(T2) che, nell’arco di altri 6-9 mesi determinerà una nuova riduzionedei valori sierici di T e PSA. Si noti il progressivo accorciamento deitempi sia di risposta sia di ripresa biochimica, fino al raggiungimentodell’ormono-resistenza.

20

15

10

5

0T1 S1 T2 S2 T3 S3 T4

ormono-resistenza

PSA off on

La terapia adiuvante congoserelin ha dimostrato dimigliorare la sopravviven-za libera da malattia e lamortalità nei pazienti concarcinoma localizzato o lo-calmente avanzato doporadioterapia.

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G. Morgia

la qualità di vita, sia la complian-ce al trattamento. Due possibi-lità volte a ridurre l’incidenza dieffetti collaterali ed i costi com-plessivi sono la somministrazio-ne intermittente, in alternativaa quella continua e, laddove vo-glia essere conservata la poten-za sessuale, il blocco androge-nico sequenziale (SAB).

Blocco androgenicointermittente vs continuo

Nel 1986 Klotz e collaboratoriper primi trattarono pazienticon carcinoma prostatico infase avanzata con blocco andro-genico intermittente (IAB)34.Questi pazienti furono trattatimediamente per 10 mesi fino alraggiungimento della rispostaclinica. Il trattamento fu quindiinterrotto e ripreso solo in pre-senza di progressione clinicadella malattia. Il tempo intercor-so tra l’interruzione del tratta-mento e la ripresa della malat-tia (nuovo trattamento) fu me-diamente di 8 mesi. Tutti i pa-zienti ritrattati risposero nuo-vamente. Con l’introduzionedel dosaggio del PSA e degliLH-RH analoghi è possibileeseguire il trattamento inter-mittente con grande precisio-ne, ovvero in corrispondenzadella ripresa biochimica dellamalattia (figura 8).In quasi tutti gli studi clinici ese-guiti con trattamento intermit-tente, i pazienti in fase “off ”(S1→T2; S2→T3; S3→T4) spe-rimentano una qualità di vitanettamente migliore35. In que-sta fase circa 3/4 dei pazientipresenta aumento del tono mu-scolare e della libido; nel 60%spariscono le vampate, che si ri-ducono sensibilmente in un ul-teriore 33%. Nello studio di Ba-les e collaboratori il 62% deipazienti nella fase “off ” presen-tava una buona potenza sessua-le36. Quando comparata alla te-

rapia continua in termini di so-pravvivenza, la soppressioneandrogenica intermittente for-nisce risultati pressoché sovrap-ponibili. I dati attualmente di-sponibili non sono stati ottenutisu campioni particolarmentenumerosi e non provengono dastudi clinici disegnati ad hoc. Intal senso numerosi gruppi di ri-cerca negli USA (SouthWestOncology Group - SWOG), inCanada (National Cancer Isti-tute of Canada - NCIC) ed inEuropa (South European Uro-

oncological Group - SEUG)hanno allestito studi clinici difase III con l’obbiettivo di va-lutare gli effetti del trattamentointermittente su sopravvivenzaglobale, sopravvivenza libera daprogressione e qualità della vita.I risultati di questi studi, attesiper la fine del 2005, sarannodeterminanti per valutare l’esat-to impatto dell’ormonoterapiaintermittente rispetto al tratta-mento continuo.In alcuni Centri comincia ad es-sere adottata anche una forma

Figura 9. Strategie volte a ridurre la sintesi e/o gli effetti biologicidel testosterone. A livello della cellula prostatica, l’impiego diantiandrogeni non steroidei e di finasteride è in grado di bloccare glieffetti biologici di T e DHT, lasciando tuttavia invariati i livelli circo-lanti di androgeni. Questo meccanismo è sfruttato nel bloccoandrogenico sequenziale.

IpotalamoEstrogeni

LHRH analoghi(leuprolide, goserelin,triptorelin)

LHRH

LHRH antagonisti(abarelix)

Pituitariaanteriore

LH

Testicoli

90% T 10% T Conversione

Steroidi

Ghiandole surrenali

T T

5αR

AR

DNA

DHT

Proliferazionecellulare

Gli antiandrogeni nonsteroidei bloccano illegame di T e DHTcon il recettore

Finasteride previenela conversione di Tin DHT

Cellula prostatica cancerosa

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Ormonoterapia nel carcinoma prostatico

di terapia intermittente con tri-plo blocco androgenico37: i pa-zienti sono trattati con MABper 12 mesi; al termine del pri-mo anno viene sospeso il bloc-co androgenico massimale e siinserisce nel protocollo la mo-noterapia con finasteride, inmodo da permettere il recupe-ro dei livelli circolanti di testo-sterone, impedendone tuttaviagli effetti a livello cellulare. I ri-sultati preliminari suggerisconoche l’inserimento della finaste-ride nel periodo “off ” permet-te di allungare i tempi prima diiniziare un nuovo blocco andro-genico massimale. Ad oggi peròla terapia intermittente può es-sere considerata solo all’internodi trial clinici e non ancora pro-ponibile nella pratica quotidia-na, tranne che su espressa richie-sta del paziente.

Blocco androgenicosequenziale (SAB)

Il blocco androgenico sequen-ziale parte dal presupposto chepossano essere mantenuti i livellicircolanti di testosterone, ridu-cendo quindi gli effetti avversidell’ablazione androgenica, sen-za tuttavia permettere che essoesplichi la sua funzione biologi-ca a livello cellulare. Il SAB vie-ne ottenuto combinando unantiandrogeno non steroideo(bicalutamide, flutamide e nilu-tamide) con la finasteride. Men-tre la finasteride previene la con-versione testosterone→diidro-testosterone al livello della cel-lula prostatica, gli antiandroge-ni non steroidei sono in grado

di bloccare il legame con il ri-spettivo recettore sia di T che diDHT. Ciò significa che i livellicircolanti di testosterone riman-gono pressoché invariati, manon sono in grado di esercitarela loro funzione biologica, es-sendo inibito il legame con il ri-spettivo recettore (figura 9).In studi clinici di fase II il bloc-co androgenico sequenziale haridotto i livelli di PSA entro i li-miti desiderati pur mantenendola capacità sessuale dei pazien-ti38,39. Allo stato attuale tuttavial’impatto sulla sopravvivenza diquesto trattamento non è notoed ulteriori studi clinici sononecessari. Mentre alla fine deglianni ‘90 il blocco androgenicosequenziale è stato impiegato inquei pazienti con neoplasiaavanzata che volevano conser-vare la potenza sessuale, più re-centemente alcuni Autori han-no utilizzato questa procedurain prima battuta, prima cioè delblocco androgenico massimale,per procrastinare nel tempo l’or-mono-resistenza: Ornstein ecollaboratori hanno infatti ritrat-tato con MAB pazienti prece-dentemente sottoposti a terapiasequenziale e nei quali vi era sta-ta ripresa di malattia. L’80% deiritrattati con MAB ha risposto,comportandosi come un pool dipazienti naive, nei quali cioè l’ef-fetto e la durata del MAB eranoquelli attesi nei pazienti mai trat-tati in precedenza40. Se questidati dovessero essere conferma-ti, il blocco androgenico sequen-ziale potrebbe diventare il trat-tamento di prima linea nei pa-

zienti con carcinoma prostaticoin fase avanzata.

Conclusioni

Gli LH-RH analoghi, soprattut-to se in terapia combinata conantiandrogeni, producono unarisposta clinica equivalente al-l’orchiectomia nei pazienti conmalattia in fase avanzata, nelquale l’ablazione androgenicarimane il golden standard. Nume-rosi studi hanno tuttavia confer-mato l’utilità del blocco andro-genico anche nelle fasi più pre-coci della malattia, sia per ridur-re il volume prostatico sia perridurre la percentuale di margi-ni positivi prima della prosta-tectomia radicale. Risultati altret-tanto positivi sono stati ottenu-ti con ormonoterapia sia neoa-diuvante che adiuvante seguitada radioterapia esterna.Non sempre però il blocco an-drogenico massimale si è dimo-strato superiore in termini di so-pravvivenza globale e libera daprogressione rispetto alla mono-terapia con LH-RH analoghi. Icosti del trattamento e gli effet-ti collaterali costituiscono unodegli aspetti cruciali dell’ormo-noterapia oggi; entrambi posso-no essere ridotti adottando pro-tocolli ad hoc, come il trattamen-to intermittente ed il blocco an-drogenico sequenziale. Allo sta-to attuale tuttavia i risultati suiprincipali endpoint di questi dueapprocci terapeutici devono an-cora essere adeguatamente com-parati ai trattamenti convenzio-nali.

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