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CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA CENTRO MILITARE DI STUDI STRATEGICI Gruppo di lavoro 71ª sessione di Studio dell’Istituto Alti Studi per la Difesa “Organizzazioni Non Governative (ONG) e soggetti privati coinvolti quali attori nelle relazioni diplomatiche internazionali: attualità, percezione, effetti nel medio termine” (Codice AP-SMM-03)

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Page 1: Organizzazioni Non Governative (ONG) e soggetti privati ... · CHEEMA, Col. Abdulqadir Nur HASSAN, CV Juan Alvaro PALACIOS, Col. Francesco Donato RIZZO. Stampato dalla tipografia

CENTRO ALTI STUDI

PER LA DIFESA

CENTRO MILITARE

DI STUDI STRATEGICI

Gruppo di lavoro 71ª sessione di Studio

dell’Istituto Alti Studi per la Difesa

“Organizzazioni Non Governative (ONG) e

soggetti privati coinvolti quali attori nelle

relazioni diplomatiche internazionali: attualità,

percezione, effetti nel medio termine”

(Codice AP-SMM-03)

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Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.), costituito nel 1987 e situato presso Palazzo

Salviati a Roma, è diretto da un Generale di Divisione (Direttore), o Ufficiale di grado

equivalente, ed è strutturato su due Dipartimenti (Monitoraggio Strategico - Ricerche) ed un

Ufficio Relazioni Esterne. Le attività sono regolate dal Decreto del Ministro della Difesa del

21 dicembre 2012.

Il Ce.Mi.S.S. svolge attività di studio e ricerca a carattere strategico-politico-militare, per le

esigenze del Ministero della Difesa, contribuendo allo sviluppo della cultura e della

conoscenza, a favore della collettività nazionale.

Le attività condotte dal Ce.Mi.S.S. sono dirette allo studio di fenomeni di natura politica,

economica, sociale, culturale, militare e dell'effetto dell'introduzione di nuove tecnologie,

ovvero dei fenomeni che determinano apprezzabili cambiamenti dello scenario di sicurezza.

Il livello di analisi è prioritariamente quello strategico.

Per lo svolgimento delle attività di studio e ricerca, il Ce.Mi.S.S. impegna:

a) di personale militare e civile del Ministero della Difesa, in possesso di idonea esperienza

e qualifica professionale, all'uopo assegnato al Centro, anche mediante distacchi

temporanei, sulla base di quanto disposto annualmente dal Capo di Stato Maggiore dalla

Difesa, d'intesa con il Segretario Generale della Difesa/Direttore Nazionale degli

Armamenti per l'impiego del personale civile;

b) collaboratori non appartenenti all'amministrazione pubblica, (selezionati in conformità alle

vigenti disposizioni fra gli esperti di comprovata specializzazione).

Per lo sviluppo della cultura e della conoscenza di temi di interesse della Difesa, il

Ce.Mi.S.S. instaura collaborazioni con le Università, gli istituti o Centri di Ricerca, italiani o

esteri e rende pubblici gli studi di maggiore interesse.

Il Ministro della Difesa, sentiti il Capo di Stato Maggiore dalla Difesa, d'intesa con il

Segretario Generale della Difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti, per gli argomenti di

rispettivo interesse, emana le direttive in merito alle attività di ricerca strategica, stabilendo

le lenee guida per l'attività di analisi e di collaborazione con le istituzioni omologhe e

definendo i temi di studio da assegnare al Ce.Mi.S.S..

I ricercatori sono lasciati completamente liberi di esprimere il proprio pensiero sugli

argomenti trattati, il contenuto degli studi pubblicati riflette esclusivamente il pensiero dei

singoli autori, e non quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o

civili alle quali i Ricercatori stessi appartengono.

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(Codice AP-SMM-03)

CENTRO ALTI STUDI

PER LA DIFESA

CENTRO MILITARE

DI STUDI STRATEGICI

V^ Sezione – 71° Corso di Studi IASD 2019-2020

“Organizzazioni Non Governative (ONG) e

soggetti privati coinvolti quali attori nelle

relazioni diplomatiche internazionali: attualità,

percezione, effetti nel medio termine”

Titolo

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Organizzazioni Non Governative (ONG) e soggetti privati

coinvolti quali attori nelle relazioni diplomatiche

internazionali: attualità, percezione, effetti nel medio

termine

NOTA DI SALVAGUARDIA

Quanto contenuto in questo volume riflette esclusivamente il pensiero dell’autore, e non

quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o civili alle quali

l’autore stesso appartiene.

NOTE

Le analisi sono sviluppate utilizzando informazioni disponibili su fonti aperte.

Questo volume è stato curato dal Centro Militare di Studi Strategici

Direttore

Gen. D.A. Stefano Vito SALAMIDA

Vice Direttore - Capo Dipartimento Ricerche Col. c. (li.) s.SM Andrea CARRINO

Progetto grafico

Massimo Bilotta - Roberto Bagnato

Autori

Col. Michele TIRICO, Col. Francesco TANDA, Dott. Antonio NAPPO, Dott. Paolo SALVATO, Ing. Donato RUCCIA, Col. Elton RESO, Brig. Gen. Asad Ur Rehman Afzal CHEEMA, Col. Abdulqadir Nur HASSAN, CV Juan Alvaro PALACIOS, Col. Francesco Donato RIZZO.

Stampato dalla tipografia del Centro Alti Studi per la Difesa

Centro Militare di Studi Strategici

Dipartimento Ricerche

Palazzo Salviati

Piazza della Rovere, 83 - 00165 – Roma

tel. 06 4691 3203 - fax 06 6879779

e-mail: [email protected]

chiusa a aprile 2020

ISBN 978-88-31203-41-8

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CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA

ISTITUTO ALTI STUDI PER LA DIFESA

71ª SESSIONE DI STUDIO

Anno Accademico 2019 - 2020

LAVORO DI GRUPPO – Vª SEZIONE

A cura di:

1. Col. Michele TIRICO

2. Col. Francesco TANDA

3. Dott. Antonio NAPPO

4. Dott. Paolo SALVATO

5. Ing. Donato RUCCIA

6. Col. Elton RESO

7. Brig. Gen. Asad Ur Rehman Afzal CHEEMA

8. Col. Abdulqadir Nur HASSAN

9. CV Juan Alvaro PALACIOS

10. Col. Francesco Donato RIZZO

Direttore Coadiutore:

Min. Plen. Fabrizio ROMANO

“Organizzazioni Non Governative (ONG) e soggetti privati coinvolti quali attori nelle

relazioni diplomatiche internazionali: attualità, percezione, effetti nel medio termine”

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INDICE

1. SOMMARIO 9

ABSTRACT 14

2. COS’E UNA ONG 19

2.1 Definizione e brevi cenni storici 19

2.2 Caratteristiche e classificazioni delle ONG internazionali 20

2.3 ONG e loro settori di intervento 21

3. LO STATUS GIURIDICO DELLE ONG NEL DIRITTO INTERNAZIONALE 23

3.1 La visione tradizionale dei soggetti giuridici nel diritto internazionale 23

3.2 Le ONG come soggetti della comunità internazionale 25

3.3 Le ONG destinatarie di diritti e obblighi sul piano internazionale 29

3.3.1. I diritti delle ONG in ambito internazionale 29

3.3.2. Gli obblighi delle ONG in ambito internazionale 30

3.3.2.1 I doveri e le responsabilità delle Organizzazioni non governative che collaborano

con Organizzazioni internazionali 31

3.3.2.2 I Codici di Condotta 32

3.4 Relazioni tra le ONG e le Organizzazioni internazionali 33

3.4.1 Nazioni Unite 35

3.4.2 Consiglio d’Europa 36

3.4.3 Comunità Europea 37

4. IL LEGAME TRA LOCALE E GLOBALE 39

4.1 Le ONG e la globalizzazione 40

4.2 Nazionalismo e internazionalismo 41

4.3 Processi e dinamiche partecipative nella relazione tra ONG e comunità locale 43

5. IL CRESCENTE RUOLO OPERATIVO E POLITICO DELLE ONG NEI NUOVI

CONFLITTI 46

5.1 Il fallimento di un governo 46

5.2 Ingegneria sociale 46

5.3 Contrasto e cooperazione tra le organizzazioni non governative e le

organizzazioni internazionali 47

5.3.1 Circostanze Normali 48

5.3.2 Situazioni Di Emergenza 49

5.4 Oggi le ONG sono considerate uno degli strumenti preferiti per l'ingegneria

sociale 49

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5.5 Il diverso coinvolgimento delle ONG nelle attività delle organizzazioni

internazionali 55

6. ONG NELLA GEOGRAFIA POLITICA (COME SOLUZIONE O COME PROBLEMA) 57

6.1 Potenziali risvolti sulla stabilità politica nazionali 61

6.2 Influenze sulle strategie di sviluppo dei paesi 66

6.3 Influenze per l’utilizzo di risorse nazionali e della Difesa 74

7. CASI STUDI 79

7.1 Il ruolo delle ONG durante la Primavera Araba (Egitto e Tunisia) 79

7.2 Il ruolo delle ONG durante le rivoluzioni arancione 84

7.3 La Comunità di Sant’Egidio 91

7.3.1 La Comunità 91

7.3.2 La diplomazia “alternativa e complementare” alla base dei successi internazionali della

Comunità 94

7.3.3 Le principali iniziative di Pace e mediazione internazionale 98

7.3.4 La Pace in SUD 100

8. CONCLUSIONI 103

ALLEGATO “A”: ESAME DI ALCUNI TRATTATI INTERNAZIONALI CHE

ATTRIBUISCONO SPECIFICI DIRITTI E DOVERI ALLE ORGANIZZAZIONI NON

GOVERNATIVE IN QUANTO TALI 108

1. Il Patto per i diritti civili e politici (ICCPR) 108

2. La Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale

(CERD) 109

3. La Convenzione per l’Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione contro le

Donne (CEDAW) 110

4. La Convenzione contro la Tortura e gli altri Trattamenti o Punizioni Crudeli,

Inumani o Degradanti (CAT) 111

5. La Convenzione per i Diritti del Fanciullo (CRC) 112

6. La Dichiarazione sui diritti e le responsabilità degli individui, gruppi ed organi di

società per promuovere e proteggere i diritti mani e le libertà fondamentali

universalmente riconosciuti 113

7. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Salvaguardia delle Libertà

Fondamentali 114

8. La Convenzione Americana dei Diritti dell’Uomo 115

9. La Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli 115

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10. La Convenzione sulla diversità biologica 117

11. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 118

BIGLIOGRAFIA 119

SITOGRAFIA 120

NOTA SUL Ce.Mi.S.S. 125

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SOMMARIO

Le Organizzazioni Non Governative (ONG) sono uno degli elementi più importanti nelle

relazioni internazionali. Questo loro successo è dovuto principalmente ad una struttura

organizzativa ed amministrativa molto più agile e perciò facilmente adattabile di quella

delle Organizzazioni Governative o di altri organismi internazionali pubblici. Nella

letteratura scientifica e istituzionale il termine ONG fa riferimento a specifici gruppi di

interesse della società civile, caratterizzati da una struttura organizzativa formale, no

profit e indipendenti rispetto ai governi nazionali.

Le ONG si muovono quindi nell’ambito internazionale nel quale, tuttavia, non sono

considerati soggetti di diritto internazionale, poiché in esso solo gli Stati e le

Organizzazioni Internazionali sono, per definizione, soggetti di diritto.

In ogni caso, questa esclusione delle ONG internazionali dall’ambito dei soggetti del

diritto internazionale non toglie che le stesse abbiano acquisito nel tempo un ruolo di

primaria rilevanza nel tessuto delle relazioni internazionali. Nel corso degli anni, infatti,

si è assistito ad un sensibile aumento dei casi in cui alle ONG sono stati attribuiti dagli

Stati compiti connessi al funzionamento di taluni trattati internazionali e,

conseguentemente, queste organizzazioni hanno assunto un ruolo attivo e

sostanzialmente autonomo all’interno del sistema internazionale. In tal senso,

pertanto, la comunità internazionale, intesa come insieme di soggetti con personalità

giuridica, all’interno degli stessi trattati internazioni ha voluto individuare alcuni diritti

peculiari che sono oggi riconosciuti a queste organizzazioni e, soprattutto, sono

specificati anche doveri ed obblighi che esse devono seguire.

Nella letteratura scientifica e istituzionale il termine ONG fa riferimento a specifici

gruppi di interesse della società civile, caratterizzati da una struttura organizzativa

formale, no profit e indipendenti rispetto ai governi nazionali. Tuttavia, non esiste una

definizione unitaria che cristallizzi il significato di ONG e il termine resta vago e

suscettibile di interpretazioni. Secondo le Nazioni Unite, ad esempio, una ONG è

“qualunque tipo di gruppo no-profit di cittadini organizzato a livello locale, nazionale o

internazionale”. In questo modo non viene esclusa la possibilità di associazione e

accordo con i governi nazionali, facendo sorgere dei dubbi rispetto alla loro

indipendenza.

Il cambiamento dell'economia da fordista a globale ha influenzato e modificato anche

la politica, che ha dovuto convivere con un ridimensionamento del potere centralizzato

a vantaggio di movimenti pluralisti, segnati anche dalla presenza di protagonisti non

governativi.

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Il livello nazionale ha perso potere a beneficio di un livello superiore, quello globale, e

di un livello inferiore, quello locale. Tale condizione permette l’accrescimento di figure

come quelle delle ONG, che tendono a moltiplicarsi in strutture internazionali,

cercando il ruolo di attori che influenzano la politica.

La globalizzazione aiuta le ONG a superare le frontiere nazionali, facendo aumentare

l’attenzione su alcuni argomenti di comune interesse: povertà, migrazione, la

discriminazione delle donne e delle minoranze.

L’utilizzo dei sistemi informatici, come il web, accrescono le relazioni tra movimenti

sociali di diversi paesi.

Inoltre la globalizzazione, si sta legando all'internazionalismo, superando il pensiero di

una visione nazionalistica, spingendo per un’integrazione dei governi nazionali con

tutte quelle strutture indipendenti dalla visione nazionale (organizzazioni internazionali

governative e non governative).

Le ONG hanno affermato anche una politica caratterizzata da attività decentrate,

partendo dalle esigenze locali per arrivare ad ambiti internazionali.

Il fenomeno delle ONG non è una novità in senso stretto. Il loro ruolo si è rinnovato in

una fase storica caratterizzata dalla crisi dello Stato centrale che ha cominciato a

manifestare serie difficoltà nel soddisfare i bisogni basilari dei cittadini. Sono riuscite a

coesistere con altri attori del complesso scenario internazionale sviluppando una

dialettica con i Governi, gruppi interni agli Stati, altri “fenomeni” organizzati non

classificabili come ONG (Amazon, Facebook, …) fino a riempire ed occupare gli spazi

che si sono resi disponibili. La loro agilità e plasticità le rendono attori che si

autoimpongono nelle dinamiche internazionali e dai quali non si può più prescindere.

Sono politematiche e possono essere interpretate in vari modi perché diversi sono i

ruoli che ricoprono. I loro modelli di riferimento possono quindi essere declinati in più

ambiti, da quello della protezione dei diritti umani alla difesa dell’ambiente, dalla ricerca

di nuove fonti di energia pulita al supporto di movimenti di protesta o rivoluzionari,

obbedendo più o meno a Stati, gruppi di potere e/o finanziatori.

Possono divenire concorrenti se non addirittura contrari alle dinamiche governative

anche se gli Stati non sempre subiscono il ruolo delle ONG, a volte se ne possono

servire per rendere più efficace il loro potere.

Crisi di portata globale come la pandemia da COVID-19 ancora in atto potrebbero

mettere a dura prova anche il loro futuro, probabilmente porteranno ad una

rivisitazione del loro livello di intervento attualmente presente su scala planetaria,

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internazionale, regionale e locale e renderanno più difficile l’intercettazione di

finanziamenti. Le ONG saranno sicuramente chiamate a confermare la loro “rilevanza”.

Nel presente lavoro sono state trattati anche alcuni casi studio sia di origine

internazionale (le Rivoluzioni Colorate e la Primavera Araba) sia di origine nazionale

(la Comunità Sant’Egidio).

Dalla fine del 2003 e fino alla metà del 2005, la Georgia, l’Ucraina ed infine il

Kirghizistan sono stati teatro di proteste che sono terminate solamente con la caduta

dei regimi alla guida di questi Stati. Tali eventi, definiti Rivoluzioni Colorate, sono

avvenuti senza l’utilizzo della forza, tranne alcune eccezioni minori, né da parte dei

manifestanti, né da parte delle autorità, e ciò ha rappresentato una notevole novità

rispetto al passato.

L’Ucraina, una nazione totalmente slava, è considerata quasi unanimemente la culla

di quella cultura. Nonostante ciò, le sue relazioni con la Russia, l’altro gigante della

tradizione slava, sono sempre state profondamente complesse anche in relazione

all’importanza fondamentale dell’Ucraina nel sistema agricolo, minerario ed industriale

dell’Unione Sovietica.

Un ruolo preminente negli eventi ucraini è stato giocato dall'ONG di giovani attivisti

PORA, in realtà costituita da due organizzazioni, una delle quali rimase

deliberatamente non organizzata. In ucraino il termine ‘Pora' significa “E l'ora”, ed è

anche il significato contrario del titolo dell'inno patriottico ucraino “Ne pora” (“Adesso

non è l'ora”).

PORA basò la sua strategia soprattutto su un libro di Gene Sharp, From Dictatorhip to

Democracy: A Conceptual Framework for liberation (1993), soprannominato il

“Clausewitz della guerra non violent”, cercando di individuare i punti deboli del regime

ucraino.

PORA mise in atto delle tattiche “situazioniste” per deridere le autorità e disfare la

paura della repressione: lo slogan “Uccidi la tv all'interno di te stesso”, cortei

carnevaleschi per le strade, il blocco dei bus che trasportavano i “votanti di

professione” durante il giorno delle votazioni, ha contribuito allo sviluppo di un network

indipendente per monitorare e analizzare i risultati elettorali.

Ma al contrario del 2004, proteste che sono terminate solamente con la caduta del

regime nella guida di questo paese senza l’utilizzo della forza, né da parte dei

manifestanti, né da parte delle autorità, nell’autunno 2013 fino al febbraio di 2014, in

Ucraina scoppia la protesta che passerà alla storia come Euromaidan (proteste

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sanguinose, soprattutto nel febbraio 2014), nome che deriva dalla locazione originaria

dei movimenti di dissenso, la piazza Maidan di Kiev

Sin dall’inizio delle manifestazioni fu essenziale il ruolo delle ONG interne e quelle

esterne presenti sul suolo ucraino: le organizzazioni riuscirono a stimolare la società

civile del paese, creando reti e network sociali in grado di unire le diverse fazioni filo-

occidentali, facendo presa su giovani e studenti e massimizzando i risultati di chi

tentava di dirigere le proteste.

Il caso della rivoluzione arancione in Ucraina nel 2004 e 2013-2014, mostra che le

ONG da una parte rappresentano un sostegno vitale per incrementare la democrazia,

il dialogo civico e la partecipazione dell’opinione pubblica all’interno della politica,

dall’altra, però, esse possono essere strumenti di destabilizzazione molto potenti.

In questo scenario così complesso e non completamente stabile, però, ci sono esempi

positivi di ONG, quali quella della Comunità di Sant’Egidio, capaci di implementare un

approccio differente ed altamente efficace e capaci di “andare oltre paure e pregiudizi,

per accogliere la ricchezza che ciascuno può offrire e favorire una crescita sociale e

culturale di un intero territorio.”

Nell’elaborato si fornirà una rapida descrizione di come opera tale realtà (nata come

movimento studentesco incentrato principalmente su iniziative a favore degli

emarginati nei quartieri popolari della periferia romana) che ha rapidamente iniziato ad

agire oltre la dimensione locale e si è trasformato in soggetto internazionale, con uno

statuto giuridico di diritto pubblico (sia civile che ecclesiastico), “indipendente e

autorevole, riconosciuto e apprezzato da diverse organizzazioni internazionali”.

Si evidenzierà, inoltre, l’atipicità e peculiarità nel modo con cui la Comunità romana si

impegna attraverso un metodo diplomatico peculiare (alternativo e complementare)

che si fonda sulla:

centralità del fattore umano,

la comprensione delle diverse realtà che si affrontano (con un occhio “empatico”

dall’interno),

la volontà di attuare interventi mirati al cambiamento senza preconcetti né

condizionamenti,

la flessibilità e capacità di attuare approcci diversi per le varie specifiche situazioni,

l’adozione di una rete di relazioni con persone chiavi in loco e c/o le istituzioni

nazionali ed internazionali,

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la definizione all’interno dei negoziati di meccanismi chiari, certi e dettagliati che

evitino interpretazioni erronee o dubbie e che tutelino, in particolare modo, la parte

che si crede sconfitta,

l’attuazione di azioni di natura culturale sempre in grado di garantire un rispetto

sostanziale delle diversità,

l’indipendenza della sede di Roma che rende la Comunità un “honest broker” priva

d’interessi di parte.

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14

ABSTRACT

Non-governmental organizations (NGOs) are one of the most important structures in

the international relations. Mainly, their success is due to a much astute and therefore

easily adaptable organizational and administrative structure than any Governmental

Organizations or other international public bodies. In the scientific and institutional

literature the term NGOs refers to specific interest groups of the civil society,

characterized by a formal organizational structure, non-profit and independent from

national governments.

Therefore, NGOs move within the international sphere in which, however, they are not

considered subjects of rights, in fact only States and International Organizations are,

by definition, subjects of international law. However, international NGOs have acquired

a role of primary importance within international relations despite the exclusion of them

from the sphere of international law. In fact, in this period there has been a significant

increase of the number of NGOs that have been tasked by the States to perform in

specific fields related to the functioning of some international treaties. Therefore, these

organizations took an active and substantially autonomous role within the international

system.

In this respect, the international community, set of subjects with legal status, decided

to identify some peculiar rights for this kind of organizations within the international

treaties. In the meantime, specified duties and obligations that NGOs must follow have

been identified as well.

The change in the economy from Fordistic boom to global also influenced and changed

politics, which had to live with a downsizing of centralized power in favour of pluralist

movements, characterized by the presence of non-governmental protagonists.

The national level has lost power, advantaging a higher level, the global one, and a

lower level, the local one.

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This condition allows the growth of figures such as those of NGOs, which tend to

multiply in international structures, in search of the role of actors that influence politics.

Globalization helps NGOs to overcome national borders, increasing attention on some

topics of common interest: poverty, migration, discrimination against women and

minorities.

The use of IT systems, such as the web, increases the relationships between social

movements in different countries.

Furthermore, globalization is linking itself to internationalism, overcoming the thought

of a nationalistic vision, pushing for the integration of national governments with all

those structures independent of the national vision (international governmental and

non-governmental organizations).

NGOs have also affirmed a policy characterized by decentralized activities, starting

from local needs to reach international spheres.

The phenomenon of NGOs is not new. Their role was renewed in a historical phase

characterized by the crisis of the central state which began to show serious difficulties

in satisfying the basic needs of citizens. They managed to coexist with other actors in

the complex international scenario by developing a discussion with governments,

groups within the states, other organized "phenomena" that cannot be classified as

NGOs (Amazon, Facebook, ...) to fill and occupy the spaces that have become

available. Their agility and plasticity make them actors who impose themselves in

international dynamics and which can no longer be ignored. They cover a lot of

subjects and can be interpreted in various ways because they have different roles.

Their reference models can therefore be expressed in several areas, from that of

protecting human rights to defending the environment, from the search for new sources

of clean energy to the support of protest or revolutionary movements, obeying more or

less to states, power groups and / or financiers.

They can become competitors or even opposed to government dynamics even if

States do not always suffer the role of NGOs, sometimes they can use them to make

their power more effective.

Global crises such as the COVID-19 pandemic still in progress could also put a stress

on their future, they will probably lead to a review of their level of intervention currently

present on a global, international, regional and local scale and will make it more difficult

to interception of finances. NGOs will certainly be called upon to confirm their

"relevance".

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In this document, some case studies have also been discussed, cases with

international origin (the Colored Revolutions and the Arab Spring) and national origin

(the Sant’Egidio Community).

From the end of 2003 until the middle of 2005, Georgia, Ukraine and lastly Kyrgyzstan,

have been involved in a series of protests that ended solely after the fall of the regimes

who previously lead these states. These events, called The Coloured Revolutions,

occurred without the use of eminent force, neither by the demonstrators nor by the

authorities, with the exception of some minor events, and this represented a significant

novelty compared to the past.

Ukraine, a totally Slavic nation, is considered almost unanimously the cradle of that

culture. Despite this, its relations with Russia, the other giant of the Slavic tradition,

have always been deeply complex, when related to the fundamental importance of

Ukraine in the agricultural, mining and industrial system of the Soviet Union.

A prominent role in the Ukrainian political events was played by PORA, a NGO of

young activists, who was made up by two entities, one of which remained deliberately

unorganized. In Ukrainian the term 'Pora' means "It's time", and it is also the opposite

meaning of the Ukrainian patriotic anthem title "Ne pora" ("It’s not the time").

PORA based its strategy primarily on a book by Gene Sharp, From Dictatorship to

Democracy: A Conceptual Framework for liberation (1993), nicknamed the "Clausewitz

of nonviolent war", trying to identify the weaknesses of the Ukrainian regime.

PORA put in place "situational" tactics to mock the authorities and dispel the fear of

repression with the slogan "Kill the TV inside you", carnival parades on the streets, the

blockade of buses that carried the "voters of profession” during the day of the elections,

and by doing so, it contributed to the development of an independent network to

monitor and analyze election results.

But different to what happened in 2004, with the protests that ended only with the fall

of the regime of the leadership without the use of force, neither by the demonstrators,

nor by the authorities, in the autumn of the year 2013 until February 2014, in Ukraine,

several protests erupted, the ones who will go down in history with the name of

Euromaidan (bloody protests, especially in February 2014). This name derived from

the original location of these dissent movements that took place at the Maidan square

in Kiev.

From the beginning of the demonstrations, the role of internal and external NGOs

present on Ukrainian soil was essential: the organizations managed to stimulate the

civil society of the country, creating social networks and other networks capable of

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uniting the various pro-western factions, enhancing the role of young people and

students and maximizing the results of those who attempted to direct protests.

The case of the orange revolution in Ukraine in 2004 and 2013-2014, shows that the

NGOs, on one hand represent a vital support for increasing democracy, civic dialogue

and public participation in the political affairs, but on the other hand, however, they can

be used as a very powerful destabilization tool.

In this complex scenario, there are positive examples of NGOs, such as the Community

of Sant'Egidio, able to implement a different and highly effective approach. The

Community of Sant’Egidio was capable of "going beyond fears and prejudices, to

accommodate the wealth that each can offer and encourage a social and cultural

growth of an entire territory."

This paper will provide a quick description of how this reality operate. Born as a catholic

student movement focused mainly on initiatives in favour of the marginalized in the

popular neighbourhoods of the Roman suburbs, it quickly began to act beyond the

local dimension and became an international subject, with a legal statute of public law

(both civil and ecclesiastical), "independent and authoritative, recognized and

appreciated by various international organizations".

The paper will also highlight the atypical nature and peculiarities in the way the Roman

community operates through a peculiar (alternative and complementary) diplomatic

method based on:

Centrality of the human factor,

Understanding of the different realities that face each other (with an "empathic" eye

from the inside),

Ability to act without preconceptions or influences,

Flexibility and ability to implement different approaches for the various specific

situations,

Leverage on a network of relationships with key people on site and c / or national

and international institutions,

Definition within the negotiations of clear, certain and detailed mechanisms that

avoid erroneous or dubious interpretations and that protect, in particular, the part

that is believed to be defeated,

Implement cultural actions always able to guarantee a substantial respect for

diversity

Independence of the Rome office which makes the Community an "honest broker"

with no partial interest.

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1. COS’E UNA ONG

2.1 Definizione e brevi cenni storici

Secondo le Nazioni Unite un’organizzazione non governativa (ONG) è “qualsiasi

gruppo di cittadini volontari senza scopo di lucro che si pone in natura nazionale o

internazionale, locale, altruista e gestito da persone con un interesse comune”1.

Secondo Binder-Aviles, le ONG sono entità indipendenti dal potere pubblico il cui

scopo è quello di promuovere l’interesse pubblico; vale a dire, servono al pubblico e

non a gruppi o individui2.

Essendo il fine ultimo delle ONG rivolto al bene pubblico, è chiaro che esse devono

rispondere all’opinione pubblica; cioè, rispondere a finanziatori, soci, partner, persone

che servono la comunità in cui opera e altre organizzazioni non governative, a seconda

dei casi.

A questo punto, la diversità delle aspettative dei vari stackeholders è evidente. Ad

esempio, i finanziatori si aspettano che le risorse investite siano utilizzate per il loro

scopo, che siano ben gestite e che, soprattutto, siano utilizzate per raggiungere gli

obiettivi di ciascun progetto; chi lavora all’interno delle ONG ha legittime aspettative

da dipendente; le persone che usufruiscono delle attività delle ornanizzaioni non

governative aspettano che le loro esigenze siano soddisfatte tempestivamente e

compiutamente; i partner che cooperano nell’azione si aspettano un’attività onesta ed

impegnata; la comunità in cui opera l’ONG attende un impatto positivo sulla società; le

altre ONG hanno comprensibilmente aspettative di cooperazione e di non ingerenza.

Normalmente una ONG ha una missione (impegno pubblico per i compiti che svolge e

perché li svolge), obiettivi (risultati tangibili che migliorano le condizioni di vita delle

persone che servono, con scadenze), governance e best practice (direzione e

supervisione della società basata sui valori ed eseguita da un consiglio nominato a

tale scopo), responsabilità fiscale (adeguata amministrazione dei contributi ricevuti).

L’espressione “organizzazione non governative” iniziò ad essere utilizzata alla fine

della seconda guerra mondiale, sebbene nel XVII secolo esistessero già

organizzazioni di questo tipo orientate alla ricerca del bene sociale, come la società

1 La definizione “qualsiasi organizzazione internazionale che non è fondata su un trattato

internazionale” era inizialmente contenuta nella Risoluzione Nº 288 B (X) del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) del 27 febbraio 1950, che fu sostituita dalla Risoluzione ECOSOC n. 296 (XLIV) di 25 maggio 1968”.

2 Hilary Binder-Avilés. Che cos'è una ONG. Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, Ufficio dei Programmi di Informazione Internazionale. Washington D.C., 2012.

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canadese “Sœurs de la Congrégation de Notre-Dame” fondata a Montreal nel 1653

dedicata prevalentemente all’istruzione ed educazione cristiana della gioventù e ad

altre opere assistenza e promozione sociale per le parte della società più vulnerabile,

o la “British and Foreign Anti-Slavery Society”, fondata a Londra nel 1823 per abolire

la schiavitù nell’Impero britannico.

La Carta delle Nazioni Unite, firmata il 26 giugno 1945, utilizza l’espressione

“Organizzazione Non Governativa” nel capitolo X, articolo 71, in cui si afferma che il

Consiglio Economico e Sociale può “prendere le disposizioni adeguate per tenere

consultazioni con le organizzazioni non governative che si occupano di questioni di

competenza del Consiglio”. Tuttavia, la definizione di tali organizzazioni, come tale, è

stabilita nella Risoluzione ECOSOC n. 288 (B) X del 27 febbraio 1950, come

precedentemente indicato.

Attualmente ci sono circa centomila ONG in tutto il mondo.

2.2 Caratteristiche e classificazioni delle ONG internazionali

La natura delle ONG internazionali, che non è soggetta alla gestione politica di un

Governo e non risponde ai progetti di uno Stato, ne rende difficile una precisa

classificazione ma si possono citare cinque denominatori comuni ad ogni

organizzazione:

a. carattere non governativo: proviene da iniziative private e non da un accordo tra

governi;

b. struttura organizzativa permanente che fornisce stabilità e non una durata

temporanea;

c. carattere internazionale conferito dall’obiettivo internazionale che perseguono o dal

carattere internazionale dei suoi membri;

d. carattere senza scopo di lucro, poiché le loro azioni non perseguono un vantaggio

aziendale, personale o di gruppo, ma le loro risorse sono orientate a finanziare i

progetti o le attività pianificate o in esecuzione;

e. carattere volontario: le sue risorse umane, finanziarie e materiali provengono da

contributi volontari.

Inoltre, si potrebbero citare anche le seguenti caratteristiche comuni nelle ONG3:

a. contribuiscono alla divulgazione della scienza, della cultura e del pensiero,

attraverso lo scambio di idee durante congressi o forum internazionali;

3 Adattato dalla tesi di dottorato di Enriqueta Serrano Caballero “Le ONG come attori nelle

relazioni internazionali". Università Complutense di Madrid. Madrid, 1999.

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b. i membri hanno generalmente una motivazione altruistica e solidale;

c. sono costituiti come agenzie di cooperazione e di canalizzazione di risorse, come

quelli relativi alla protezione dei diritti umani;

d. mantengono generalmente una struttura semplice e flessibile;

e. il loro pensiero organizzativo è caratterizzato da innovazione e proattività;

f. hanno la capacità di mobilitare l’opinione pubblica, sia per creare una corrente

d’opinione sia per fornire fondi attraverso raccolte e campagne di sensibilizzazione;

g. alcune svolgono le loro attività in aree remote, senza una presenza statuale,

favorendo una maggiore conoscenza dei problemi della comunità che si impegnano

ad aiutare attraverso il contatto diretto sul terreno;

h. aiutano a identificare le esigenze di una determinata comunità al fine di ottenere

supporto per programmi e progetti per le popolazioni vulnerabili.

Le ONG sono, quindi, contraddistinte da due punti focali: l’indipendenza dai governi e

l’assenza di scopo di lucro. I loro compiti principali sono, solitamente, far pervenire

risorse e perseguire scopi sociali e collettivi di diverso tipo, al fine di curare le istanze

politico-sociali dei propri membri, spesso trascurate dai governi, supportando la

salvaguardia dei diritti umani e dell’ambiente. Esse non sono affiliate formalmente ad

alcun partito politico o punto di vista che non siano i diritti umani, la pace, l’ecologia, la

tolleranza, ecc.. Le ONG impiegano procedimenti diversi tra loro per raggiungere i fini

per i quali vengono create: alcune agiscono primariamente come gruppi di pressione

politica, altre conducono programmi mirati al conseguimento di tali scopi (ad esempio,

una ONG preoccupata di alleviare la povertà che fornisce aiuti alimentari ai bisognosi).

Peculiarità di queste organizzazioni è un forte impulso idealistico, finalizzato

all’obiettivo di contribuire allo sviluppo globale dei paesi socialmente ed

economicamente più sottosviluppati; esse rientrano nel circuito della democrazia

partecipata, dal momento che coinvolgono masse idealmente motivate in progetti non

strettamente politicizzati.

2.3 ONG e loro settori di intervento

Qualunque sia il tipo, una ONG è generalmente orientata allo sviluppo di funzioni

raggruppate in:

a. consulenza, informazione e formazione in ambienti di rilevanza internazionale.

b. supervisione dei compiti delle organizzazioni pubbliche, nazionali e internazionali,

nonché del settore privato.

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c. incidenza sulle attività degli Stati, delle organizzazioni intergovernative, della

società civile e sui cittadini.

d. aiuti umanitari, prevenzione dei conflitti, cooperazione per il sviluppo e fornitura di

alcuni servizi sociali pubblici.

I settori di intervento sono diversi e si riferiscono alla cultura, allo sport, all’educazione,

alla ricerca, alla salute, ai servizi sociali, all'ambiente, allo sviluppo della comunità, al

garantire una dimora, ai diritti civili, ai diritti umani, a scopi filantropici, alle attività

internazionali, alle associazioni professionali, ecc.

La classificazione delle ONG avviene quindi in base all’obiettivo principale che

intendono perseguire:

‒ BINGO: sono su larga scala internazionale ed operano su più territori, come la

Croce Rossa, che promuove l’assistenza sanitaria e sociale;

‒ ENGO: sono ambientali, come il World Wide Fund for Nature (WWF), la più

importante organizzazione mondiale per la conservazione della natura;

‒ GONGO: sono organizzate da governi (stridono, quindi, con la definizione generale

data). Si tratta, comunque, di organizzazioni create dai governi per promuovere

alcune specifiche operazioni, come la Red Cross Society of China, impegnata

nell’aiuto alle vittime di conflitto e di assistenza sanitaria in caso di disastri;

‒ INGO: sono internazionali, come l’Oxford Committee for Famine Relief (OXFAM),

confederazione internazionale di ONG che si dedicano alla riduzione della povertà

globale attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo;

‒ QUANGO: sono quasi-autonome, nel senso che potrebbero avere tra i loro membri

degli esponenti di governo, come l’International Organization for Standardization

(ISO), organizzazione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche.

‒ RINGO: sono religiose ed internazionali, come la Catholic Relief Services, che

interviene in zone di povertà e di emergenza.

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2. LO STATUS GIURIDICO DELLE ONG NEL DIRITTO

INTERNAZIONALE

3.1 La visione tradizionale dei soggetti giuridici nel diritto internazionale

Il diritto internazionale, nella sua visione tradizionale, è basato sulla definizione di

quell’insieme di norme e principi che disciplina le relazioni tra gli Stati e che questi

ultimi ritengono vincolante nei loro rapporti reciproci. Pertanto, in linea con questa

visione, soltanto agli Stati è stata riconosciuta la “personalità giuridica” sul piano

internazionale. In seguito, anche alla Società delle Nazioni4 venne riconosciuta

personalità giuridica definita “sui generis”, essendo essa un’organizzazione che aveva

come membri gli Stati, ovvero soggetti con personalità giuridica, con diritti ed obblighi

internazionali distinti da quelli dei componenti dell’organizzazione stessa. Le persone

fisiche, infatti, non erano considerate come soggetti di diritto internazionale e non

potevano essere destinatarie di posizioni giuridiche soggettive, in quanto solo tra gli

Stati o tra gli Stati e la Società delle Nazioni tale insieme di norme poteva creare diritti

e obblighi. Purtuttavia, già dall’inizio dell’attività di questa organizzazione

internazionale, si intravedevano alcuni segni di apertura a questo tipo di visione. Nel

19285 la Corte Permanente di Giustizia Internazionale stabilì che “an international

agreement, cannot, as such, create direct rights and obligations for private individuals.

But it cannot be disputed that the very object of an international agreement, according

to the intention of the contracting Parties, may be the adoption by the Parties of some

definite rules creating individual rights and obligations and enforceable by the national

courts (...) The intention of the Parties, which is to be ascertained from the contents of

the Agreement, taking into consideration the manner in which the Agreement has been

applied, is decisive“; ovvero qualora sussista l’intenzione degli Stati di conferire diritti

e obblighi sul piano internazionale agli individui, il diritto internazionale non pone

nessun ostacolo oggettivo in tal senso. Non si può contestare, quindi, soprattutto alla

luce dei numerosi trattati stipulati, che l’oggetto stesso di un accordo internazionale

possa essere l’adozione di alcune norme definite che creano diritti e obblighi individuali

4 La Lega delle Nazioni o Società delle Nazioni era una Organizzazione intergovernativa istituita,

per iniziativa delle potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale, il 28 giugno 1919 con l’approvazione del suo Statuto (Covenant of the League of Nations) incorporato nei trattati di pace di Versailles, Saint-Germain, Neuilly e Trianon.

5 Permanent Court of Justice, Jurisdiction of the Courts of Danzig (Pecuniary Claims of Danzig Railway Officials who have Passed into the Polish Service, against the Polish Railways Administration), Advisory Opinion, 3 marzo 1928, in Permanent Court of International Justice Series B, n. 15.

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ed esecutivi da parte dei Tribunali nazionali, secondo l’intenzione delle parti contraenti,

che risulta, pertanto, decisiva nel disciplinare la sfera dei diritti in capo all’individuo.

Ancora oggi, tuttavia, gli individui, e le Organizzazioni non Governative (ONG), non

sono considerati soggetti di diritto internazionale poiché in esso solo gli Stati e le

Organizzazioni Internazionali (OI) sono, per definizione, soggetti di diritto.

La circostanza che alcune ONG siano qualificabili come internazionali non significa,

tuttavia, che esse possano essere ricomprese nel novero dei soggetti del diritto

internazionale. La tesi secondo la quale l’esistenza di alcune norme internazionali

(come l’art. 71 della Carta delle Nazioni Unite) aventi ad oggetto le organizzazioni non

governative internazionali avrebbero comportato l’acquisizione da parte di esse della

personalità internazionale, non risulta confortata né dalla dottrina né dalla prassi. Non

potrebbe del resto essere altrimenti, se è vero che soggettività internazionale significa

titolarità di situazioni giuridiche soggettive contemplate da norme internazionali. Da

tale punto di vista la situazione delle ONG nel diritto internazionale è identica a quella

degli individui in genere, che non rientrano nel novero dei soggetti internazionali.

Mancano, infatti, i presupposti de facto per poter considerare gli individui (intesi come

persone fisiche e persone giuridiche) come enti dotati della personalità internazionale.

Ciò comporta che, nella attuale fase storica del diritto internazionale, le ONG

internazionali costituiscono, in talune ipotesi, mero oggetto di norme internazionali.

Ciò nonostante, mentre la posizione degli individui nel diritto internazionale è ben

definita, quella delle ONG è in evoluzione ed esse iniziano ad acquisire una importanza

sempre maggiore in ambito internazionale. In particolare, le ONG, che hanno una

lunga tradizione in tutti i Paesi occidentali, hanno avuto uno sviluppo molto intenso e

significativo dopo la II Guerra Mondiale. Oggi esse rappresentano un esteso

movimento civile mondiale, che mobilita decine di migliaia di volontari con legami ideali

e organizzativi abbastanza ben definiti. E necessario, però, precisare che in ciascun

Paese e in ciascuna cultura c’è una grande varietà delle forme specifiche. Il movimento

delle ONG di cooperazione internazionale, preso nel suo complesso, oggi rappresenta

uno degli interpreti principali nel campo degli aiuti internazionali, dello studio e

dell’attuazione di politiche per lo sviluppo e, sempre più spesso, esse partecipano

all’elaborazione della normativa internazionale e, conseguentemente, hanno iniziato

ad ottenere un rilevante ruolo consultivo nell’ambito delle istituzioni internazionali. Ad

esempio, le ONG sono spesso ascoltate in qualità di amicus curiae6 nei procedimenti

6 Con l’espressione amicus curiae si intende il soggetto che si affianca alla Corte di un tribunale

per collaborare con essa, informandola ed assistendola nella risoluzione di qualsiasi problema

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di risoluzione delle controversie gestiti dagli organi dell’Organizzazione Mondiale del

Commercio (OMC).

3.2 Le ONG come soggetti della comunità internazionale

La Risoluzione delle Nazioni Unite 1996/31 ha definito Organizzazione Non

Governativa quella non costituita da una entità pubblica o da un accordo

intergovernativo, anche se essa accetta membri designati dalle autorità pubbliche, a

condizione che la presenza di tali membri non pregiudichi la sua libertà di

espressione7.

Nell’ambito del diritto internazionale, le ONG sono state esplicitamente menzionate per

la prima volta nell’art. 71 della Carta delle Nazioni Unite8, nel quale, a sostegno della

validità del supporto offerto dalle menzionate organizzazioni in ambito specialistico, si

dispone che: Il Consiglio Economico e Sociale può prendere opportuni accordi per

consultare le organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientrino

nella sua competenza. Tali accordi possono essere presi con organizzazioni

internazionali e, se del caso, con organizzazioni nazionali, previa consultazione con il

Membro delle Nazioni Unite interessato.

Successivamente, l’Economic and Social Council (ECOSOC) nel dicembre 1950 ha

adottato la Risoluzione 288 B (X) in merito alle regole sulla consultazione delle ONG,

con successive modifiche quali la n. 1296 (XLIV) del 1968 e la n. 31 del 19969. In

particolare, quest’ultima contiene i nuovi requisiti che le ONG devono possedere per

ottenere lo status consultivo quali ad esempio:

‒ essere in attività da almeno 2 anni ed essere ufficialmente riconosciuta dal governo;

‒ esercitare la propria attività nell’ambito di competenza dell’ECOSOC e dei suoi

organi sussidiari;

‒ sostenere l’azione delle Nazioni Unite;

‒ avere fini e obiettivi compatibili con i fini e i principi della Carta delle Nazioni Unite;

‒ avere un carattere rappresentativo e di riconosciuto rilievo internazionale;

che abbia rilevanza per la corretta decisione della lite sottoposta al suo giudizio (Enciclopedia giuridica TRECCANI).

7 MASCIA M. Lo status consultivo alle Nazioni Unite, embrione di democrazia internazionale https://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/Lo-status-consultivo-alle-Nazioni-Unite-embrione-di-democrazia-internazionale/144.

8 Charter of the United Nations and Statute of the International Court of Justice, 26 giugno 1945, San Francisco, art. 71.

9 http://csonet.org/content/documents/199631.pdf

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‒ avere uno statuto democratico, un segretariato permanente e un bilancio

trasparente;

‒ avere la legittimazione a rappresentare i propri membri;

‒ attingere le proprie risorse finanziarie principalmente dagli associati e dalle

associazioni nazionali affiliate.

Pertanto, l’organizzazione non governativa che raccoglie i requisiti sopra specificati,

attraverso l’iscrizione all’anagrafe dell’ONU, acquisisce l’attribuzione dello status

consultivo. La conseguenza del riconoscimento di tale status consultivo è, di fatto, la

creazione di una sorta di “soggettività internazionale funzionale” in capo alla stessa

ONG. Quindi, ancorché le ONG non siano dotate di personalità giuridica

internazionale, in quanto sono istituite con strumento di diritto interno, esse operano

nel sistema internazionale in modo attivo, facendosi portatrici degli interessi di una

sorta di società civile transnazionale in via di formazione. Inoltre, il riconoscimento

dello status consultivo fa sì che le ONG possano accedere alla documentazione

dell’ECOSOC, avere accesso alle riunioni dell’organizzazione e dei suoi organi e alla

conoscenza dei suoi programmi. Di fondamentale importanza, inoltre, è il fatto che dal

raggiungimento dello status deriva anche l’accesso a finanziamenti e cofinanziamenti

delle Nazioni Unite. E importante osservare come questo status sia valido anche

internamente, cioè le stesse ONG hanno status consultivo all’interno delle varie

agenzie specializzate, nonché in alcune organizzazioni internazionali regionali, come

per esempio il Consiglio d’Europa.

Inoltre, a seguito della menzionata Risoluzione 1996/31 si è superata la

differenziazione tra ONG internazionali e nazionali, concedendo anche a queste ultime

lo status consultivo con accesso diretto. Per di più, grazie al principio dell’equilibrio

geografico, è stato introdotto un parametro oggettivo di assegnazione dello status

riconosciuto alle ONG operanti nelle diverse aree del mondo, tenendo in maggiore

considerazione soprattutto a quelle in via di sviluppo, per promuovere azioni sul

territorio. Questo status consultivo è declinato in 3 livelli: General, Special e Roster

status.

Il General consultative status riguarda le ONG che operano per la maggior parte nelle

aree di cui si occupano ECOSOC e i suoi corpi sussidiari. Si tratta di un numero molto

elevato di ONG data la estensione geografica e il grande raggio delle attività.

Lo Special consultative status riguarda invece le ONG che, per la loro competenza e

per lo specifico campo d’azione, hanno una stretta compartecipazione con gli ambiti

dell’ECOSOC. Sono chiaramente in numero inferiore rispetto alle ONG con General

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consultative status ma sono altresì di creazione più recente.

Infine, le ONG che non rientrano in nessuna delle fattispecie già previste vengono

inserite all’interno del Roster consultative status. Quest’ultima categoria ricomprende

anche le ONG che hanno già acquisito uno status formale con altri organi delle Nazioni

Unite in quanto in possesso di un livello di specializzazione molto tecnico che potrebbe

essere definito “di nicchia”.

Il Segretariato dovrà, ovviamente, approvare la richiesta di partecipazione alle

assemblee o ad ogni altra attività della comunità internazionale. Una volta accolta la

domanda, le ONG autorizzate potranno aderire alla vita internazionale.

L’espansione delle richieste di adesione da parte delle ONG è una caratteristica di

ultimi due decenni, infatti, nonostante questo tipo di associazionismo privato non un

fenomeno nuovo, il numero, le dimensioni, la specificità e la velocità con cui queste

organizzazioni si stanno proponendo non è comparabile a quanto accadeva nei tempi

passati. Molteplici cause hanno condotto allo sviluppo del fenomeno di

associazionismo non governativo, tra le quali la crescita degli spazi riconosciuti a

queste entità all’interno delle istituzioni internazionali. I rapporti sempre più frequenti

che si sono instaurati tra le Organizzazioni Internazionali e le ONG è stato determinato

da fattori sia interni che esterni a tali organismi per effetto del fenomeno della

cosiddetta mondializzazione o globalizzazione10. Sempre con maggiore vigore si è

avvertito un deficit democratico, cioè una difficoltà degli individui di sentirsi

rappresentati dalle istituzioni statali. La società ha, inoltre, vissuto una crescente

differenziazione e lo Stato ha avuto grande difficoltà a dare voce a tutti i

raggruppamenti presenti. Sono state impiegate, quindi, organizzazioni che riuscissero

ad occuparsi degli interessi dei diversi gruppi, cercando di dare una risposta alle loro

richieste. Ovviamente queste organizzazioni non hanno la capacità e l’arroganza di

sostituirsi allo Stato. Infatti, la sovranità di quest’ultimo non è indubbiamente

scomparsa, rimanendo esso stesso il fondamentale centro del potere, il titolare della

forza militare e il principale coordinatore della società civile. Tuttavia, il potere sovrano

è sottoposto ad un processo di erosione a causa della presenza nel panorama

internazionale di soggetti in grado di esercitare una certa influenza e un potere che è

stato etichettato come “soft power”. Le ONG, a questo punto, hanno avuto una più

grande capacità di far conoscere la loro attività e di diffondere le loro idee ed iniziative,

10 Termine che indica il processo che ha portato all’integrazione dei mercati nei diversi Paesi del

mondo, a seguito della caduta dei sistemi ad economia socialista, nonché la tendenza di certi fenomeni sociali e culturali ad estendersi su scala mondiale a partire dagli ultimi due decenni del sec. XX,.

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richiamando l’attenzione di un numero crescente di soggetti e di sponsor11.

Nell’ambito del diritto europeo, le ONG, visti i forti valori sociali e di solidarietà che le

animano, trovano spazio e funzioni determinanti anche all’interno degli organi

dell’Unione Europea, soprattutto nel Consiglio d’Europa12. Il riconoscimento del ruolo

consultivo, che assomiglia a quello precedentemente descritto a livello internazionale,

venne disposto per la prima volta nella Risoluzione 30F/1951, adottata dal Comitato

dei Ministri13 con il titolo “Relations with International Organisations, both

Intergovernmental and non-governmental”. Grazie a questa Risoluzione, il Comitato

poteva concludere accordi sia con le OI che con le ONG operanti nei medesimi settori

del Consiglio d’Europa, sebbene nella risoluzione i termini di tale facoltà appaiono

assai vaghi.

Nel 1975 lo stesso Comitato dei Ministri ha sottoscritto la Risoluzione 35/1972,

denominata “Relations between the Council of Europe and international non-

governmental organisations”, che dà indicazioni più precise sulle relazioni con le ONG.

Di fatto, vengono rafforzati i doveri delle organizzazioni che acquistano lo “status

consultivo” e così si declinano doveri vincolanti in capo alle organizzazioni non

governative, quali ad esempio:

‒ l’impegno allo scambio delle informazioni rilevanti;

‒ la massima pubblicizzazione presso i soggetti con cui si intrattengono rapporti

istituzionali delle attività svolte dal Consiglio;

‒ la redazione di rapporti periodici relativi ai progressi compiuti nei rispettivi settori di

appartenenza.

E appropriato notare che nella risoluzione è contenuta una menzione specifica sul

rispetto dei principi sopra indicati: il segretario Generale, in caso di mancato rispetto

degli obblighi, può decretare l’esclusione dalla lista di ONG con status consultivo. La

stessa risoluzione riporta infatti che ogni organizzazione già presente sulla lista potrà

essere eliminata dal Segretario Generale, se esso riterrà che la stessa abbia disatteso

gli obblighi previsti. Di contro, le ONG godono di una serie di diritti, quali:

11 WEBBER E., Il ruolo delle organizzazioni non governative nei trattati per i diritti dell’uomo (Tesi

di laurea), Università degli Studi di Trento, http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/20060423143824.pdf

12 E un’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa. Il Consiglio d'Europa fu fondato il 5 maggio 1949 con il Trattato di Londra.

13 Risoluzione statutaria (51) 30 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa adottata dal Comitato dei Ministri il 3 maggio 1951, nel corso della sua 8^ sessione.

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‒ inviare memorandum al Segretario Generale che, se lo ritiene opportuno, potrà

inviarli ad una commissione dell’Assemblea Consultiva o ad una commissione di

esperti;

‒ essere invitate in una commissione dell’Assemblea per esprimere le proprie

valutazioni su un argomento all’ordine del giorno;

‒ ricevere documenti pubblici e inviare dei rappresentanti, senza diritto di intervento,

alle sedute pubbliche dell’Assemblea.

In ogni caso, si rappresenta che l’esclusione delle ONG internazionali dall’ambito dei

soggetti del diritto internazionale non toglie che le stesse abbiano acquisito un ruolo di

primaria rilevanza nel tessuto delle relazioni internazionali.

Si evidenzia, infatti, un sensibile aumento dei casi in cui le ONG internazionali si

vedono attribuire dagli Stati compiti connessi al funzionamento di taluni trattati

internazionali.

Se, pertanto, allo stato attuale non si può affermare in senso giuridico che le ONG

siano soggetti del diritto internazionale, non può essere sottaciuto che nessun ostacolo

formale si frappone ad una evoluzione in senso diverso; inoltre, le ONG hanno assunto

un ruolo attivo e sostanzialmente autonomo all'interno del sistema internazionale. Il

multilateralismo dell’ordine internazionale, la globalità dei temi da affrontare,

l’interdipendenza degli ambienti istituzionali hanno comportato la devoluzione alle OI

di ambiti di competenza sempre più penetranti dando luogo a forme di governo del

sistema internazionale (global governace) agente attraverso gli strumenti normativi

della soft law.

Pertanto, occorre allora chiedersi se sia poi auspicabile una evoluzione che porti al

riconoscimento formale dello status di soggetto del diritto internazionale alle ONG

internazionali, oppure se risulti preferibile, per le stesse ONG, continuare a svolgere le

proprie funzioni attraversando orizzontalmente le sovranità statali, ma senza frapporsi

ad esse. In quanto strumenti dell’associazionismo privato, le ONG contribuiscono,

infatti, ad accrescere la partecipazione popolare alle relazioni internazionali e a

sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su importanti temi che, in taluni casi, gli

Stati tradizionali tendono ad eludere.

3.3 Le ONG destinatarie di diritti e obblighi sul piano internazionale

3.3.1. I diritti delle ONG in ambito internazionale

Dall’analisi dei trattati internazionali è possibile individuare due tipi di norme riferibili

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alle ONG:

‒ norme che tutelano la posizione del singolo individuo all’interno dell’organizzazione;

‒ disposizioni che attribuiscono diritti e obblighi alle Organizzazioni non governative

in quanto tali.

Nella nostra disanima, ci si è concentrati su quest’ultima categoria andando ad

analizzare alcuni trattati internazionali afferenti principalmente la promozione dei diritti

umani e delle libertà fondamentali, che maggiormente interessano l’attività delle ONG

allo studio, ma anche facendo attenzione a quelli che cercano di regolare le attività

degli Stati nell’ambito della tutela dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici.

In tale ultimi campi, infatti, negli ultimi anni si assiste ad una grande proliferazione di

ONG che con la loro attività stanno influenzando l’agenda politica degli Stati.

Dall’esame di alcuni di questi trattati internazionali è evidente come la comunità

internazionale, intesa come insieme di soggetti con personalità giuridica, abbia

individuato alcuni diritti peculiari che sono oggi riconosciuti alle Organizzazioni non

governative nel diritto internazionale.

Per quanto riguarda i doveri e le responsabilità delle organizzazioni non governative,

così come per i diritti, è necessario analizzare ogni singolo trattato per definire gli

obblighi che i singoli e le organizzazioni sviluppano verso la comunità internazionale

ove operano. In estrema sintesi, gli obblighi delle ONG, al pari di quelli in capo

all’individuo, derivano implicitamente dai vincoli alle libertà sancite dai documenti

internazionali nei confronti di tali entità e, in particolare, le libertà inerenti alle ONG

sono sottoposte ai limiti relativi all’ordine e alla sicurezza pubblica, alla salute, alla

morale, ai diritti o libertà altrui.

Nell’allegato “A” è riportata l’analisi dei trattati internazionali presi in considerazione ai

fini della presente ricerca.

3.3.2. Gli obblighi delle ONG in ambito internazionale

Nel corso degli anni le Organizzazioni non governative hanno acquisito un’importanza

sempre maggiore, tanto che la crescita del loro ruolo e della loro influenza nel

panorama internazionale ha intensificato il dibattito relativo agli obblighi internazionali

che queste entità devono rispettare. Le “human responsibilities” sono state per lungo

tempo trascurate in quanto le responsabilità degli individui, essendo un settore

riservato alla legge di ciascuno Stato, non avrebbero potuto essere disciplinate a livello

internazionale. Nel 2001 il Consiglio Economico e Sociale con una risoluzione

autorizzò la Sottocommissione per la promozione e protezione dei diritti dell’uomo a

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nominare Miguel Alfonso Martinez come speciale relatore (Special Rapporteur)

incaricato di condurre uno studio sulla questione delle “human responsibilities”14.

L’esito di questo studio, presentato nel marzo 2003, sintetizza un quadro della

situazione attuale relativa agli obblighi internazionali posti in capo ad attori non statali

e un progetto di Dichiarazione sulle responsabilità individuali e sociali indirizzate

prevalentemente agli individui e agli Stati. Tuttavia, si evidenzia che tale studio non

tiene in considerazione l’opinione delle ONG, le quali non sono state interpellate in

quanto non hanno mai compilato il questionario predisposto per la rilevazione del loro

punto di vista. Così, nell’aprile 2005, venne dato nuovamente a Miguel Alfonso

Martinez il compito di approntare un’ulteriore stesura del progetto di Dichiarazione,

tenendo in debito conto le considerazioni che erano state fornite dagli Stati, dalle

Organizzazioni Internazionali ed anche delle Organizzazioni non governative. Fatto

salvo questo recente sviluppo, che peraltro pare interessare più gli individui che le

Organizzazioni non governative, ci sono pochi strumenti internazionali che formulano

degli obblighi per gli attori non statali. In molti casi sono le stesse Organizzazioni non

governative a tentare di rafforzare la propria responsabilità ed il proprio ruolo

elaborando strumenti volontari per l’identificazione dei propri obblighi attraverso dei

Codici di Condotta.

3.3.2.1 I doveri e le responsabilità delle Organizzazioni non governative che

collaborano con Organizzazioni internazionali

I diversi strumenti normativi regionali ed internazionali che disciplinano la

cooperazione tra le ONG e le OI, sono costituiti da una serie di norme e disposizioni

relative al comportamento che le ONG devono porre in essere dopo aver ottenuto lo

status consultivo. Le ONG che operativamente cooperano con le OI volontariamente

accettano l’obbligo di astenersi dal compiere qualsiasi azione che, di fatto,

precluderebbe loro la possibilità di qualsiasi ulteriore forma di collaborazione. La citata

risoluzione 1996/31 che regola lo status consultivo delle ONG con il Consiglio

Economico e Sociale, specifica, al paragrafo riguardante la sospensione e la revoca,

che le varie ONG hanno l’obbligo di uniformarsi ai principi relativi alla natura delle

relazioni consultive stabilite con il Consiglio15. Le ONG non devono intraprendere atti

contrari ai principi e agli scopi della Carta delle Nazioni Unite, inclusi gli atti

14 Economic and Social Council, E/DEC/2001/285, Human Rights and Human Responsibilities,

24 luglio 2001. 15 Economic and Social Council, Resolution E/RES/1996/31, Consultative relationship between

the United Nations and non-governmental organizations, 25 luglio 1996, par. 55.

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politicamente motivati o privi di motivazione contro gli Stati membri delle Nazioni Unite

incompatibili con tali scopi e principi. Qualora venga appurato tramite prove certe il

coinvolgimento dell’organizzazione in procedimenti riguardanti crimini internazionali,

come ad esempio traffico di droga, commercio di armi o riciclaggio di denaro lo status

consultivo può essere revocato.

Oltre alle relazioni consultive, esistono altre forme di collaborazione tra le ONG e le OI

che si sviluppano su un piano prettamente operativo e riguardano nella maggior parte

dei casi il settore umanitario16. Per regolamentare questi rapporti le ONG e le OI

producono dei “Memoranda of Understanding” (MOUs) oppure stipulano degli accordi

quadro con i quali sia le ONG ma anche le OI dichiarano di rispettare determinati

obblighi che hanno natura contrattuale. Generalmente questi documenti mancano di

specifiche previsioni riguardanti la legge applicabile e in alcuni casi si riferiscono

soltanto a principi giuridici di carattere generale. A titolo di esempio è possibile citare il

Memorandum of Understanding adoperato dal World Food Programme per

regolamentare le relazioni con le ONG, ha il compito di individuare il quadro generale

per il raggiungimento degli obiettivi ai quali mira tale cooperazione. I compiti che le

organizzazioni impegnati in tale programma si obbligano ad assolvere sono

generalmente di natura pratica e riguardano il trasporto, lo stoccaggio, il monitoraggio

e la distribuzione finale sul territorio dei generi alimentari consegnati dal WFP. Vi è

inoltre un obbligo di rendicontazione da parte delle ONG riguardo agli aspetti finanziari

ed operativi, sia durante lo svolgimento delle operazioni, sia al termine della

collaborazione. Obbligo ulteriore per le ONG cooperanti con il WFP si estrinseca nel

rispetto delle disposizioni del Codice di Condotta per la Croce Rossa, la Mezza Luna

Rossa ed altre ONG che operano in situazioni di emergenza umanitaria. Per ciò che

attiene la natura giuridica del Memorandum e quindi delle obbligazioni in esso stabilite,

si ritiene, in generale, che esso non sia giuridicamente vincolante.

3.3.2.2 I Codici di Condotta

Il termine “Codice di Condotta” individua strumenti generalmente utilizzati per dettare

delle norme di comportamento che possono essere poste in essere da soggetti diversi.

Nelle relazioni internazionali il termine acquistò una certa popolarità negli anni Settanta

per identificare strumenti utilizzati per disciplinare relazioni commerciali transnazionali,

poste in essere da Stati o Organizzazioni Internazionali, oppure da compagnie private

16 Numerose ONG sono oggi coinvolte nell’implementazione di progetti dell’UNICEF, FAO,

UNHCR, WFP ecc..

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o Organizzazioni non governative. Si sottolinea che il fenomeno dei Codici di Condotta

interessa direttamente anche le ONG. Infatti, nel tentativo di accrescere la propria

legittimazione e credibilità molte organizzazioni creano degli standard congiunti di

autoregolamentazione. Un esempio in tal senso è rappresentato dal Codice di

Condotta per la Croce Rossa e la Mezza Luna Rossa siglato da molte ONG che

operano nel settore umanitario al fine di garantire la massima indipendenza, efficienza

e capacità di influenza nelle emergenze che queste organizzazioni sono chiamate ad

fronteggiare17. L’elevata importanza di questo strumento sembra essere accentuata

dal richiamo delle disposizioni in esso contenute nell’ambito di specifici Memoranda of

Understanding siglati tra ONG e OI. Come accennato, il MOU utilizzato dal World Food

Programme, afferma che le ONG che svolgono operazioni di emergenza in

collaborazione con quest’organo devono rispettare le misure contenute nel Codice di

Condotta per la Croce Rossa, la Mezza Luna Rossa e altre ONG impegnate in

emergenze umanitarie. Sebbene si tratti di un’utile strumento normativo si evidenzia

che in esso non si prevede la costituzione di un organismo preposto a controllare il

rispetto delle disposizioni contenute o a predisporre sanzioni nei confronti dei

trasgressori.

3.4 Relazioni tra le ONG e le Organizzazioni internazionali

Le Organizzazioni internazionali non governative sono composte da individui, gruppi,

enti, associazioni, appartenenti a Stati diversi che su base volontaria mediante la

realizzazione di una struttura istituzionalizzata, di tipo permanente, operano sul piano

internazionale per conseguire un fine non lucrativo18. Il carattere internazionale

assunto dalle ONG deriva dallo sviluppo di un’attività associativa, con la

partecipazione di persone aventi diverse nazionalità (siano esse fisiche o giuridiche),

che si impegnano nella creazione di una struttura stabile, determinata anche

dall’attività finalizzata a un’utilità transnazionale e non limitata a uno Stato specifico,

senza che abbia rilievo la catalogazione sul piano interno19.

17 Code of Conduct for the International Red Cross and Red Crescent Movement and NGOs in

Disaster Relief, 26th International Conference of the Red Cross and Red Crescent, Ginevra 3-7 dicembre 1995.

18 CASTELLANETA M., Lo status delle ONG nel diritto internazionale, Studio 05.07.07.41/UE, https://www.notariato.it/sites/default/files/41.pdf.

19 Come sottolineato nel rapporto del 2003, adottato dal Consiglio d’Europa, relativo ai principi fondamentali sullo status delle ONG, esse, che non sono guidate nella propria attività dalle pubbliche autorità, possono essere definite, sul piano interno, in diversi modi. Le stesse prendono infatti il nome di associazioni, fondazioni, società no-profit, etc., rendendo quindi

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Se da un lato le organizzazioni internazionali intergovernative, come ad esempio le

Nazioni Unite, sono costituite, mediate la stipula di un accordo, da Stati, con fini

universali (come evidenziato dal preambolo della Carta delle Nazioni Unite) o

particolari (come l’Organizzazione mondiale del commercio), dall’altro le ONG

operano, quasi sempre, in un settore determinato. Esse possiedono una struttura, che

prevede una sede principale ubicata in uno Stato ben determinato che, mediante

diversi organi, svolge un’attività nell’interesse di soggetti o associazioni che si trovano

in diversi Stati, uniti dall’interesse per il conseguimento di un obiettivo peculiare

dell’organizzazione. Se la costituzione di un’organizzazione composta da Stati avviene

per il tramite di un accordo internazionale, le ONG sono fondate nel rispetto delle forme

proprie del diritto interno dello Stato scelto dai fondatori quale sede istitutiva.

Al pari di un notevole incremento delle organizzazioni intergovernative, anche le

organizzazioni non governative, negli ultimi anni, sono aumentate, sotto il profilo

numerico, e hanno “intersecato” la propria attività con quella delle OI, che presentano

un collegamento con il settore di competenza delle varie ONG. Queste ultime, visto il

crescente ruolo che rivestono all’interno delle organizzazioni intergovernative hanno

assunto un ruolo progressivamente sempre più determinante in settori, considerata la

diversità degli obiettivi, quali quello economico, ambientale e giuridico con un’attività

propulsiva, consultiva, di partecipazione alle negoziazioni internazionali, giungendo

persino a rivestire una funzione di controllo nell’esecuzione degli impegni assunti dagli

Stati a seguito della ratifica di trattati internazionali20.

Il ruolo rivestito dalle ONG nelle organizzazioni internazionali è quindi regolato dagli

Statuti dei diversi enti intergovernativi che possono permettere lo svolgimento di

funzioni ad essi delegate oltre che attribuire un ruolo consultivo su particolari

tematiche. Inoltre, le ONG possono partecipare in qualità di osservatori a conferenze

internazionali, a sedute nell’ambito delle organizzazioni internazionali, e possono

ricevere anche l’incarico di produrre testi preliminari di convenzioni e, pertanto,

svolgere un ruolo propulsivo nelle sviluppo di progetti di trattati internazionali.

Per verificare quale ruolo possa assumere una ONG, fatta salva la sua soggettività

internazionale nelle varie organizzazioni internazionali, è necessario, vista l’assenza

di regole generali e universalmente valide, esaminare gli Statuti istitutivi delle varie

organizzazioni internazionali.

necessaria una qualificazione non in base al nomen, ma sui requisiti sostanziali che, ad esempio, portano all’esclusione dei partiti politici.

20 CASTELLANETA M., Op. cit. https://www.notariato.it/sites/default/files/41.pdf.

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3.4.1 Nazioni Unite

Come già evidenziato lo Statuto delle Nazioni Unite all’art. 31 stabilisce che il Consiglio

economico e sociale può stipulare opportuni accordi per consultare le ONG interessate

alle questioni che ricadano nella sua competenza riconoscendo in tal modo uno status

a tali organizzazioni pur senza fornire nessuna specifica definizione nell’ambito delle

disposizioni contenute nella Carta. Negli atti successivi, adottati per dettagliare le

caratteristiche delle organizzazioni non governative, come ad esempio, la risoluzione

1296 del 23 maggio 1968 contenente le Disposizioni per la consultazione delle ONG,

successivamente modificata dalla risoluzione n. 31 del 25 luglio 1996, sono stati definiti

i requisiti necessari per l’inquadramento di un’associazione in una ONG, che di fatto

coincidono con quelli descritti nei precedenti paragrafi, chiedendo, in aggiunta, una

finalità, per quanto riguarda gli obiettivi, analoga a quella del Consiglio economico e

sociale (ovvero l’impegno nell’ambito del settore economico, sociale, giuridico,

culturale, ambientale, dei diritti umani etc.). In particolare, le organizzazioni non

governative devono impegnarsi a promuovere l’operato delle Nazioni Unite ed avere

una diffusione in diversi Stati. Come evidenziato nel testo della risoluzione 1996/31, il

Consiglio pone particolare attenzione alle organizzazioni costituite da esperti che

possono essere di supporto alle attività svolte dal Consiglio. Ciascuna ONG deve

altresì indicare la propria sede istituzionale e depositare una copia del proprio Statuto

presso l’ufficio del Segretario Generale. Inoltre, è necessario che la maggior parte delle

sue entrate provengano dai propri membri e da contributi volontari. Nell’ambito della

struttura delle Nazioni Unite, i rapporti con le organizzazioni non governative sono

basati sulla stesura di un accordo tra l’organizzazione intergovernativa e le varie ONG.

Ad esempio, per ottenere lo status consultivo ciascuna ONG deve presentare

un’apposita richiesta alla specifica sezione ONG ubicata presso il Dipartimento degli

affari economici e sociali. Solo a seguito di specifica richiesta, la prefata sezione invia

un apposito questionario da compilare che viene poi sottoposto alla valutazione del

Comitato delle ONG, e successivamente alla decisione finale del citato Consiglio

economico e sociale. Va evidenziato che le ONG, oltre a rivestire un ruolo consultivo,

possono anche essere affiliate al Dipartimento delle informazioni pubbliche (DPI) a

patto che le stesse supportino e rispettino i principi contenuti nella Carta delle Nazioni

Unite e rispettino una serie di requisiti iniziali, in particolare occorre che queste:

‒ siano in possesso di una funzione compatibile con i principi della Carta;

‒ fondino il proprio agire sulla base di finalità no-profit;

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‒ siano riconosciute a livello internazionale;

‒ abbiano gli strumenti per realizzare gli obiettivi fissati e svolgano in modo

continuativo da almeno tre anni la propria attività;

‒ presentino un bilancio annuale certificato e siano in possesso di uno statuto e una

struttura trasparente.

Inoltre, per ottenere lo status di ONG associata queste organizzazioni devono spedire

una lettera ufficiale al DPI, che contenga una descrizione dell’ente e delle attività che

questi svolge. In generale, questa prima parte della procedura dura da tre a sei mesi.

Successivamente, completata la fase istruttoria, il DPI Committee (il quale si riunisce

due volte l’anno) delibera sull’attribuzione dello status di “ONG associata”. Ciascuna

ONG deve poi designare i rappresentanti presso le Nazioni Unite che, a premessa

dell’effettivo impiego, seguiranno un programma di orientamento sul sistema dell’ONU.

Le ONG peraltro possono essere anche accreditate a partecipare a specifiche

conferenze sui temi che sono alla base dei loro interessi principali e ciò viene concesso

al fine di garantire loro quel ruolo di effettiva condivisione delle attività preparatorie

degli atti internazionali. Per essere accreditate le ONG devono presentare una

specifica richiesta al Segretario della Conferenza che deve effettuare una prima

valutazione di tutte le istanze ricevute. Infine, una volta accreditate, le varie

organizzazioni possono operare attivamente e presentare documenti sul tema oggetto

della conferenza.

3.4.2 Consiglio d’Europa

Come detto, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali, in ottemperanza ad un emendamento introdotto dal Comitato dei Ministri

nel 1951, autorizza tale Comitato, a nome del Consiglio d’Europa, a stringere accordi,

soprattutto con finalità consultive, con le organizzazioni non governative che si

interessano di materie di precipua competenza del citato Consiglio. Successivamente

il 24 aprile 1986, a Strasburgo, il Consiglio d’Europa ha adottato una specifica

Convenzione europea nella quale si prevede il riconoscimento della personalità

giuridica delle organizzazioni internazionali non governative, dalla quale è possibile

dedurre le caratteristiche essenziali che una ONG deve avere21. Come espressamente

21 Tale Convenzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1991, chiarisce, all’art. 1, che le ONG, ai

sensi della Convenzione, devono avere un obiettivo non lucrativo di interesse internazionale, essere costituite con un atto al quale è applicabile il diritto interno di uno Stato Parte, esercitare un’effettiva attività in almeno due Stati, avere una sede sul territorio di una parte alla Convenzione.

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evidenziato nel rapporto esplicativo, non sono richieste particolari procedure per la

classificazione di una ONG, ma è necessario, come condizione minima, che

l’organizzazione non sia costituita a fini lucrativi (ovvero non deve mirare al beneficio

economico dei suoi membri) e che la stessa non si adoperi l’esercizio di prerogative

proprie dei poteri pubblici. Per contro, il riconoscimento della personalità giuridica della

ONG in uno degli Stati contraenti consente l’attribuzione automatica della suddetta

personalità in tutti gli altri Stati.

Il Consiglio d’Europa garantisce altresì alle ONG la possibilità di ottenere lo “status di

partecipante” alle attività condotte dal Consiglio, previa compilazione del application

form e l’accertamento di alcuni requisiti. Ciascuna ONG nella richiesta di ammissione,

oltre a indicare l’obiettivo perseguito e l’ambito geografico in cui opera, deve anche

designare le aree di possibile cooperazione con il Consiglio d’Europa, tra le quali, oltre

al settore della salvaguardia dei diritti umani, sono incluse le attività riguardanti

l’adozione di misure antiriciclaggio, la valutazione e l’implementazione dell’efficienza

della giustizia e l’attività di law making. Nel tempo la funzione delle ONG all’interno del

Consiglio d’Europa si è rafforzata, ciò può essere anche dedotto dal cambiamento

dello status da consultivo a partecipante22. Infatti, la ONG può essere impiegata nelle

diverse attività dagli organi del Comitato dei Ministri, e dai Comitati di esperti solo

quando ha ottenuto tale status. Infatti, dopo tale riconoscimento le organizzazioni non

governative vengono riunite per settori all’interno del Liaison Committee23.

In tale ambito le ONG possono produrre e inviare dossier, partecipare alle sedute e

essere accolte in qualità di osservatori a particolari lavori dei Comitati, ricevere i

documenti dell’Assemblea parlamentare. Di contro, tra i principali obblighi delle

organizzazioni, vi è quello di trasmettere al Segretario Generale, ogni quattro anni, un

rapporto con l’elenco dettagliato delle attività a cui esse hanno preso parte e le azioni

poste in essere per assicurare il rispetto degli atti adottati nell’ambito del Consiglio

d’Europa.

3.4.3 Comunità Europea

In via preliminare si evidenzia che il ruolo delle organizzazioni non governative non è

regolamentato all’interno della Comunità da nessuna specifica disposizione

nell’ambito del Trattato CE. Tuttavia, nel tempo le ONG hanno intensificato i contatti

con le istituzioni europee. In particolare, sia la Commissione europea sia le specifiche

22 Con la risoluzione (2003) il Comitato dei Ministri ha adottato le regole per una partnership tra

Consiglio d’Europa e ONG nazionali, con le quali il Consiglio può concludere accordi. 23 Si tratta di un organo di collegamento tra le ONG e il Consiglio d’Europa, costituito da

venticinque membri, che si riunisce quattro volte l’anno.

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Direzioni generali hanno sviluppato, soprattutto nel corso di diverse conferenze,

svariati legami con le ONG. La Commissione europea nel 2000 elaborò uno studio,

intitolato “The Commission and Non-Governmental Organisations: Building a Stronger

Partnership” dove si evidenzia che i legami con le organizzazioni non governative

possono istituirsi e rafforzarsi invitando le stesse a prendere parte ai comitati consultivi

istituiti nell’ambito dei formali processi di consultazione che hanno luogo nella

Commissione. Ciò detto è importante evidenziare che, a differenza di quanto avvenuto

in seno alle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa, la Commissione europea non ha

dato luogo alla creazione di un formale status consultivo per le organizzazioni non

governative, non prevedendo, di fatto, nessuna procedura formale di accreditamento.

Al riguardo è importante sottolineare che nel Trattato che accoglie una Costituzione

per l’Europa, all’art. III-327 si precisa che l’Unione può intraprendere ogni utile forma

di cooperazione con gli organi delle Nazioni Unite e che la stessa assicura i

collegamenti che ritiene più opportuni con altre organizzazioni internazionali, non

facendo nessuna specifica menzione alle ONG e, pertanto, le prefata espressione

contenuta all’interno del Trattato sembra riferirsi esclusivamente alle organizzazioni

intergovernative.

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4. IL LEGAME TRA LOCALE E GLOBALE

Le trasformazioni che hanno caratterizzato gli ultimi trent'anni, contraddistinti dalla

nascita di nuovi mezzi di comunicazione e dallo sviluppo di economie flessibili, hanno

partecipato ad una enfatizzazione di due piani della vita economica e politica: quello

locale e quello globale.

Durante il periodo fordista i sistemi di produzione e l’economia erano legati al proprio

luogo di appartenenza quindi al proprio ambito nazionale. Successivamente, le

produzioni ed i flussi commerciali/economici hanno trovato nuovi ambiti in cui operare,

svincolandosi dalla visione nazionalista e caratterizzandosi da una forte indipendenza

di movimento.

Il cambiamento dell'economia ha influenzato e modificato anche quello politico, che ha

dovuto convivere con un ridimensionamento del potere centralizzato a vantaggio di

movimenti pluralisti, segnati anche dalla presenza di protagonisti non governativi.

Vi è quindi un gioco di parole che vuole sintetizzare questi cambiamenti: globale e

locale si uniscono per formare glocalizzazione, atta ad indicare i predetti mutamenti

sociali, economici e politici. Van der Heiden e Terhorst24, indicano che:

«I processi di governo nazionali top-down sono stati trasformati in processi di

governance multi-livello, che comprendono il livello nazionale ma vanno oltre ad esso,

e sono di tipo sia top-down, sia bottom-up».

L’importanza del livello nazionale si è ridotta a vantaggio di un livello superiore, quello

globale, e di un livello inferiore, quello locale.

Questo quindi può generare che in aree locali come città, ove vi è ad esempio una

forte propensione alla cura del sociale ed al rispetto dei diritti umani, ci sia la nascita

di movimenti il cui scopo è quello di interessare protagonisti politici, così da inserire

nell’agenda politica internazionale problemi di rilevanza umanitaria. Amministrare

grandi città, come ad esempio sono le capitali d’Europa, non comporta più solo la

gestione dei servizi per i cittadini ma anche sviluppare azioni e strategie di carattere

nazionale ed internazionale.

L’enfatizzazione dei piani locali e quelli globali ha avuto anche un grosso riscontro dal

punto di vista dell’economia: questi hanno potuto relazionarsi, traendo vantaggi l’uno

dall’altro. Piccole e medie impresi locali, grazie alla glocalizzazione, hanno potuto

24 Varietà di glocalizzazione: le strategie internazionali orientate in senso economico, 2007.

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trovare nuovi mercati internazionali e quindi nuovi clienti. Le grandi aziende, prima

vincolate a ben determinate aree geografiche e città, hanno potuto ampliare il loro

campo di azione, delocalizzando le business unit e le proprie funzioni; ormai è comune

avere all’interno di una società le produzioni che si trovano in nazioni diverse da dove

si trova la ricerca e sviluppo o l’ufficio acquisti.

In un contesto in cui il globale ed il locale convivono, interagiscono tra loro ed a volte

si contrastano, si è sviluppata anche una delle vision più comune per diverse ONG: "

Pensare globale e agire locale" (Think global, act local)25. Questa è alla base delle

attività della cooperazione internazionale decentrata: l‘azione di cooperazione

internazionale allo sviluppo realizzata da Enti locali con Istituzioni locali omologhe dei

Paesi con i quali si coopera, al fine di creare relazioni di partenariato territoriale.

Quindi la presenza di un interesse comune è alla base di una cooperazione che implica

una successiva collaborazione tra protagonisti pubblici e privati in cui le ONG

costruiscono il loro ruolo per creare azioni atte a consolidare la cooperazione.

4.1 Le ONG e la globalizzazione

Nel contesto politico il livello stato-nazione è sicuramente molto importante ma ora i

sistemi politici hanno sempre più stratificazioni, ove quelle a livello regionale e locale

ricoprono sempre più un ruolo rilevante. In questo contesto s’inseriscono figure come

quelle delle ONG, improntate su movimenti di carattere sociale, quale ad esempio i

diritti umani ed i movimenti ecologisti. Questi hanno iniziato a moltiplicarsi in strutture

internazionali ricavandosi il ruolo di attori importanti che influenzano la politica grazie

ad un approccio sempre più bottom-up: movimenti locali che influenzano la politica

internazionale26.

In un mondo sempre più globale crescono le questioni che superano le frontiere

nazionali: povertà, migrazione, la discriminazione delle donne e delle minoranze.

Queste sono problematiche globali la cui soluzione richiede una collaborazione ampia

tra le nazioni di tutto il mondo.

La globalizzazione porta ad una crescita esponenziale delle persone interessate a

queste problematiche, che cercano modi per aggregarsi, anche se lontani fisicamente,

in movimenti collettivi. Inoltre, la globalizzazione tende a creare interessi per tematiche

25 La cooperazione internazionale decentrata: agire locale, pensare globale

https://www.labsus.org/2017/03/la-cooperazione-internazionale-decentrata-agire-locale-pensare-globale/, 21 Marzo 2020

. 26 Donatella della Porta e Hanspeter Kriesi, Movimenti Sociali e Globalizzazione

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che si possono trovare anche lontane dal proprio ambito, creando grossi gruppi

internazionali di solidarietà, così da eventualmente trovare anche possibilità di aiuti

economici che potrebbero non avere nel loro contesto locale.

Infatti spesso le ONG hanno canali informali di apertura con organizzazioni di

movimento sociale, a volte supportandoli con risorse concrete (ad esempio con

finanziamenti) e simboliche (in termini di riconoscimento). I movimenti sociali

ricambiano dando alle ONG risorse di lavoro a basso costo, informazioni e vie di

accesso agli ambiti locali.

La globalizzazione accresce, inoltre, le affinità e l’omogeneità tra movimenti sociali di

diversi paesi grazie a mezzi formali ed informali che promuovono lo scambio di

informazioni.

I movimenti si scambiano idee, aumentando le similitudini, diminuendo la loro identità

nazionale e la trasformano in sovranazionale, allontanata dalla visione locale. Si

possono così creare comuni strutture organizzative per la mobilitazione o per

campagne internazionali di protesta. La globalizzazione tende comunque anche a

trasformare le ONG: sono costrette ad identificare delle prassi consolidate per i loro

processi interni, spostando quindi spesso la loro opera di pressione dalle piazze alle

sedi delle organizzazioni internazionali. La necessità di essere riconosciute e la

gestione di finanziamenti crescenti comportano l'adozione di statuti interni, basati su

regole formali, di solito molto distanti dal modus operandi dei movimenti che sono alla

loro base. Anche le attività operative in situazioni internazionali tendono a favorire la

razionalità rispetto alla spontaneità, diventando più pragmatiche rispetto agli ideali

delle rivoluzioni globali.

Nonostante questi cambiamenti, spesso molte ONG non hanno rinunciano comunque

ad utilizzare dimostrazioni o azioni non convenzionali e raramente con di forza, come

ad esempio atti ostili contro Stati o società private.

4.2 Nazionalismo e internazionalismo

L'internazionalismo è un movimento e un'ideologia politica, nata nel XIX secolo, che

punta ad una forte cooperazione tra le popolazioni di diverse nazioni, così che tutti ne

traggano benefici dal punto di vista sia economico sia politico.

Successivamente, dal movimento originale sono nate altre teorie tra le quali quella

denominata “l’internazionalismo proletario” 27. Questo si basa sul socialismo utopistico

27 Internazionalismo, http://www.treccani.it/enciclopedia/internazionalismo, 25 Marzo 2020

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e quindi sui concetti riportati del Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e

Friedrich Engels edito nel 1848, in cui si raccomanda alla classe operaia di muoversi

verso una solidarietà comune in supporto dei lavoratori degli altri paesi invece che

seguire una visione solo nazionale. La metodologia suggerita è attraverso una

rivoluzione internazionale con carattere globale.

Secondo il Marxismo, tale rivoluzione non dovrebbe svilupparsi quindi nazione contro

nazione ma classe operaia delle varie nazioni contro la borghesia, incolpata di

opprimere i lavoratori operai. Tutto questo prevede una forte solidarietà tra la classe

operaia, superando il concetto di appartenenza nazionale e quindi all’estinzione del

concetto delle stesse nazioni e dello Stato. Tale internazionalismo considera quindi le

nazioni e quindi il nazionalismo come un intralcio allo sviluppo della civiltà umana.

Nel nostro tempo, l'internazionalismo si può considerare legato alla globalizzazione,

che supera il concetto di una visione nazionalistica. I mercati mondiali sono integrati

tra loro grazie a connessioni sempre più forti e presenti, così da legarli dal punto di

vista produttivo, tecnico e quindi economico.

Sicuramente tali connessioni economiche comportano anche un forte legame che

deve crearsi anche dal punto di vista politico.

Questo crea un forte contrasto tra le correnti politiche dell’internazionalismo, inteso

come globalizzazione politica, e quelle nazionalistiche, che trovano come grande

esponente sul piano mondiali l’attuale Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Egli

ha sempre sottolineato che uno dei suoi cavalli di battaglia è la difesa degli interessi

nazionali contro il globalismo.

La globalizzazione politica spinge per un’integrazione dei governi nazionali con tutte

quelle strutture indipendenti dalla visione nazionale, ossia organizzazioni

internazionali governative e non governative (ONG), che traggono forza ed adesioni

anche dalle organizzazioni locali. Queste sono normalmente unite dalla visione di

lottare contro problemi sociali e ambientali, come il cambiamento climatico, che non

hanno confini o nazioni d’appartenenza e che quindi hanno necessità di una politica

coordinata a livello internazionale al fine di gestire le emergenze.

La visione sovranazionale ritiene che l’organizzazione in nazioni è superata da

un’organizzazione che dovrebbe essere rimpiazzata da un potere politico attivo a

livello globale. Il globalismo persegue questa finalità anche grazie ad organizzazioni

formali come l’ONU ed il Fondo Monetario Internazionale, che ad esempio deriva dalla

constatazione che le economie sono interdipendenti tra loro e che la loro stabilità

finanziaria ha ripercussioni positive sulla crescita economica mondiale.

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Questa visione in antitesi tra nazionalismo ed internazionalismo fu trattata anche da

Lugi Sturzio già nel 1946, che in una trattato scrisse28:

«Solo ora può nascere l’internazione; cioè una società organica fra le nazioni, e quindi

solo oggi può svilupparsi nei popoli una nuova coscienza sociale, la coscienza

internazionale. Quelli che erano sentimenti cristiani o umanitari o sociali, quelli che

erano ideali di concordia e di pace, quelli che erano desideri di un avvicendamento e

un affratellamento fra i popoli, valori morali già diffusi nel mondo, oggi si ostentano in

forma concreta verso un organismo nascente, e quindi si riflettono sulla nostra

coscienza come un apprezzamento e un giudizio di valore. È veramente o no, una

nuova realtà questa, alla quale noi partecipiamo come viventi in essa e di esse

costruttori? Coloro che credono che l’internazione danneggi e sopprima la nazione, la

temono, la odiano, la combattono, coloro che credono che l’internazione sviluppi e

completi la nazione, la sostengono e l’amano. Ecco delle varie attribuzioni di valore

che indicano una vita, perché sono date non ad un fantasma, ma ad una realtà:

l’internazione è oggi una realtà.»

Il presente ed il futuro saranno sempre più legati alla globalizzazione, che orami è

presente nella vita e nel tessuto industriale e quindi nell’economia mondiale. Un

obbiettivo che potrebbe essere perseguito sarà trovare il giusto equilibrio tra visioni

nazionalistiche e internazionalistiche, forse anche grazie alla visione locale, che sta

ricavando il proprio spazio politico ed economico.

4.3 Processi e dinamiche partecipative nella relazione tra ONG e comunità locale

Le ONG hanno affermato una politica caratterizzata da attività di solito di piccola entità,

normalmente autosufficienti così da potersi sostenere nel tempo, e basate su una

logica bottom-up (“dal basso verso l’alto”) ossia sull’identificazione di un intervento a

partire dalle esigenze locali con una visione al globale. Queste quindi puntano su

cooperazioni decentrate che sono attività di cooperazione allo sviluppo svolte dai

singoli enti locali (di solito uno nel Sud ed uno nel Nord) che si coordinano tra loro per

la definizione e la realizzazione di un progetto di sviluppo locale. Si tratta di una forma

di cooperazione che punta al coinvolgimento della società civile, tanto quella del “Nord”

28 Luigi Sturzo, Nazionalismo e Internazionalismo, 1946.

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quanto quella del “Sud”, in tutte le fasi del progetto, partendo dalla definizione siano

all’esecuzione.

La cooperazione decentrata, prevedendo la partecipazione diretta degli individui, sia

quelli dei Paesi donatori che quelli dei Paesi beneficiati, riconosce l’esistenza di una

molteplicità di soggetti dello sviluppo.

La cooperazione decentrata è pensata a partire dalle esigenze locali e progettata

attraverso un’integrazione delle competenze locali e delle competenze dell’ente del

paese industrializzato che promuove l’intervento.

La cooperazione decentrata è stata introdotta nelle disposizioni generali della IV°

Convenzione di Lomè29 (ACP-UE), firmata nel 1989, che stabilisce un accordo di

cooperazione tra Europa e Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, esteso nel 1992

anche ai Paesi in via di sviluppo dell’America Latina e dell’Asia (ALA-UE).

Tale cooperazione si è affermata anche in ambito europeo, ove è stata definita una

linea finanziaria specifica destinata alla promozione della cooperazione decentrata

attraverso il finanziamento di azioni di mobilitazione e di informazione ed attraverso il

finanziamento di azioni-pilota.

Mediante la cooperazione decentrata, la Commissione Europea ha voluto promuovere

i programmi provenienti anche da molte ONG.

Dagli anni ‘90, inoltre, gli Organismi Internazionali di Sviluppo delle Nazioni Unite si

sono dimostrati molto interessati a sperimentare programmi di cooperazione

decentrata e la stessa Banca Mondiale si è dichiarata favorevole a promuovere

politiche d’intervento decentrate.

Nei programmi di cooperazione decentrata ogni attore coinvolto svolge il proprio ruolo

in base alle proprie capacità e competenze.

Le ONG agiscono localmente prendendo parte alla pianificazione degli interventi, alla

loro attuazione ed alla costituzione di gruppi di lavoro nelle comunità locali, offrendogli

i proprio strumenti di organizzazione più strutturata (anche al fine di riuscire ad ottenere

fondi economici), una vetrina nazionale/internazionale e contatti con altre realtà locali

in un’ottica internazionale. Ad esempio in Italia, l’Associazione ONG Italiane si propone

come principali obiettivi i seguenti:

a. rappresentare i propri soci negli ambiti dove agiscono unitariamente;

29 Trattati-Relazioni esterne della UE,

https://www.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/03/03_cap01_sch03.htm

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b. promuovere lo scambio e l’informazione tra i soci al fine di favorire processi di

collaborazione e sinergia;

c. favorire l’accesso e la fruibilità di servizi di utilità per i soci;

d. promuovere e realizzare campagne di particolare rilevanza a livello nazionale ed

internazionale;

e. favorire l’elaborazione e la diffusione di standard di qualità etici ed operativi,

promuovendone l’utilizzo da parte dei soci.

In ambito europeo, nel 1994 è stata elaborata la Carta di Elewitt30 (Carta delle ONG di

sviluppo), che comprende principi generali che devono guidare le ONG nel loro

operato.

Per quanto riguarda il supporto economico agli enti locali, la Carta di Elewitt fa

riferimento anche alle attività di raccolta fondi, ricordando che le ONG devono

controllare ogni attività di raccolta fondi che viene realizzata in loro nome, perché

corrispondano alle attese e non comportino manipolazioni dei messaggi che si

vogliono trasmettere.

Inoltre Le ONG, secondo le disposizioni legislative degli Stati europei di appartenenza,

sono organizzazioni indipendenti nel perseguire i loro obiettivi di sviluppo, libere dal

controllo politico statale e da altre influenze esterne; per tale motivo, devono sempre

presidiare i loro partner locali, verificando che non ci siano conflitti d’interesse.

30 Carta di sviluppo delle ONG, https://www.cosv.org/wp-content/uploads/2014/06/Carta-

delle-ongs-di-sviluppo

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5. IL CRESCENTE RUOLO OPERATIVO E POLITICO DELLE ONG NEI

NUOVI CONFLITTI

5.1 Il fallimento di un governo

I conflitti moderni sono multi-spettro, da conflitti violenti di fascia alta a conflitti di fascia

bassa con gli obiettivi politici duraturi. I mezzi possono variare per ottenere un fine

duraturo e dovrebbero essere in linea con la strategia di sicurezza nazionale. Le ONG

capiscono molto il continuum completo dei conflitti da una fascia bassa alla fascia alta,

così come i moderni conflitti ibridi, sinonimo di guerra di quinta generazione. Invece

non sarebbe sbagliato dire che con la crescente complessità dei conflitti moderni, il

ruolo e la portata del lavoro o gli obiettivi politici e operativi perseguiti hanno un ruolo

significativamente migliorato delle ONG nel mondo di oggi in cui la percezione è più

forte della realtà.

5.2 Ingegneria sociale

Negli ultimi anni si è assistito a una proliferazione di organizzazioni non governative

(ONG) con la missione di contribuire a risolvere vari problemi sociali e ambientali, ma

l'efficacia di queste organizzazioni nello svolgimento dei loro obiettivi dichiarati è

raramente valutata o esaminata criticamente. Abbiamo assistito specificamente a

un'esplosione di INGOs / ONG nella seconda metà del XX secolo. Lo stimolo fu

l'ascesa dell'ideologia neoliberale, alla fine sancita negli anni Reagan-Thatcher.

Il capitalismo predatore e il cosiddetto libero mercato erano la risposta; il governo

aveva bisogno di essere hands-off per quanto riguarda tutte le nozioni di fornitura

pubblica (assistenza sanitaria, istruzione, il lotto). Anche gli aiuti alle nazioni in via di

sviluppo hanno cominciato ad essere sempre più incanalati attraverso le ONG

piuttosto che attraverso gli organi governativi (tra il 1975 e il 1985 l'importo degli aiuti

alle ONG è aumentato del 1.400 per cento). Oggi, 30 nuove ONG si formano ogni

giorno in Gran Bretagna e ci sono 1,5 milioni solo negli Stati Uniti. Il 90% delle ONG

attualmente esistenti è stato avviato dal 1975.31

Con la frammentazione della sinistra sotto l'attacco neoliberale, gran parte dell'energia

che avrebbe potuto andare a combattere il potere è andato a formare le ONG, che

31 New Internationalist, “NGOS - DO THEY HELP?” December 1, 2014,

https://newint.org/features/2014/12/01/ngos-keynote (accessed on 9 March 2020).

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sono diventati contenitori di un idealismo residuo ancora desolato dall'assalto.

Arundhati Roy descrive la trasformazione raggiunta:

“Armati con i loro miliardi, queste ONG hanno guadato il mondo, trasformando

potenziali rivoluzionari in attivisti stipendiati, finanziando artisti, intellettuali e registi,

attirandoli dolcemente lontano dal confronto radicale. È quasi come se maggiore fosse

la devastazione causata dal neoliberismo, maggiore è lo scoppio delle ONG” 32

5.3 Contrasto e cooperazione tra le organizzazioni non governative e le organizzazioni

internazionali

L'elevata mobilità del personale impiegato nelle Organizzazioni Internazionali e nei

Governi degli Stati costituisce una sfida per la sostenibilità dei programmi delle ONG.

Questi, infatti, richiedono un impegno stabile che deve essere continuamente

rinnovato con il nuovo personale che si alterna nelle posizioni decisionali delle OI o nei

vari Ministeri degli Stati al fine di mantenere il consenso sui singoli programmi

perseguiti delle ONG ed arrivare agli obiettivi prefissati. Nel merito, Feiny Sentosa,

Vice Direttore Tecnico di INOVASI ha affermato che “Il nuovo personale del governo

potrebbe non avere necessariamente le stesse priorità e agenda dei loro predecessori.

Quando ciò accade, le ONG devono rimodulare il programma che hanno

implementato”. Pertanto, l’atteggiamento di alcune ONG, a volte, può diventare molto

critico per l’operato del Governo in carica, anche in altri ambiti d’azione oltre a quello

specifico di interesse dell’organizzazione, mettendone in luce difficoltà o eventuali

fallimenti.

In generale, una struttura gerarchica efficace è ancora un prerequisito essenziale per

la realizzazione di soluzioni efficaci, anche se il modo di organizzazione adottato

dovrebbe essere in funzione della particolare soluzione necessaria. Ma molto spesso

si assiste al fatto che più efficaci sono le ONG, tanto più la struttura governativa o

ministeriale appare debole e, conseguentemente, aumentano le critiche all’inefficienza

del Governo che, in taluni casi, può condurre a delle vere e proprie mancanze delle

stesse organizzazioni governative.

In tale quadro, purtroppo, anche gli aiuti stranieri al Governo in difficoltà possono

rappresentare un peggioramento della situazione piuttosto che la soluzione. Tali aiuti,

infatti, possono assumere l’aspetto di un atteggiamento paternalistico che mina il ruolo

32 Ibid.

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e l’autonomia del Governo locale, per quanto la sua funzione possa essere inadeguata

o addirittura inesistente. Non si deve dimenticare, inoltre, che alcune ONG e le grandi

agenzie internazionali, come quelle delle Nazioni Unite, hanno una disponibilità

finanziaria a volte superiore a quella degli Stati in cui operano e che porta a falsare il

mercato del lavoro locale in termini di salario per il personale da impiegare nelle

strutture in loco. Nel merito, gli stipendi degli enti locali non possono competere con

quelli offerti dalle organizzazioni internazionali o dalle ONG che attirano professionisti

locali e, di fatto, li sottraggono alle strutture governative esistenti che probabilmente

ne avrebbero più bisogno.

5.3.1 Circostanze Normali

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una crescita esponenziale delle ONG, sia

internazionali che a carattere locale, e questo, di fatto, sarebbe giustificato se questa

proliferazione venisse accompagnata dalla constatazione che il mondo sta diventando

ogni giorno un mondo più giusto. Pertanto, da questa discrasia scaturisce una legittima

domanda: le ONG possono essere davvero considerate una forza che si sforza

instancabilmente per la giustizia sociale e per gli emarginati, di compensazione tra i

Governi e la popolazione? La riduzione della povertà può essere un obiettivo retorico,

come viene sostenuto dai critici, ma in pratica, effettivamente, si sa veramente poco

sugli obiettivi che l’attività delle ONG hanno potuto raggiungere nella società e,

soprattutto, quanto questi siano duraturi.

Comunque, questo numero sempre maggiore di organizzazioni senza scopo di lucro

che si diffondono in tutto il mondo, intenti a “costruire capacità”, “ridurre la povertà” e

garantire che le “voci dei più emarginati” siano ascoltate, rivelano sicuramente una

drammatica realtà costituita da troppe persone che hanno sofferto per troppo tempo.

Questa “marea” umana può aver generato la necessità di questo tipo di

associazionismo che ha il suo fine ultimo nel porre fine a queste sofferenze.

Per tali ragioni, normalmente, c'è anche una grande aspettativa verso le attività delle

ONG, in esse viene spesso riposta la speranza per la risoluzione dei problemi che i

Governi non riescono ad affrontare. Purtuttavia, appare sempre più chiaro che queste

organizzazioni variano notevolmente nel loro livello di competenza e professionalità.

Molte di loro sono inefficaci e in alcuni casi possono persino esacerbare i problemi che

hanno deciso di risolvere. Infatti, le attività di alcune di queste organizzazioni si basano

su ipotesi errate su come la società civile dovrebbe correggere i problemi della stessa

società e su come le istituzioni intermedie che si interpongono tra il singolo individuo

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e il Governo debbano modificare il loro modo di agire al fine di essere efficaci ed

efficienti.

Alcune di queste ONG, pertanto, pur non essendo causa del problema che si vuole

affrontare e risolvere, con la loro gestione inefficace possono essere una criticità

ancora più grande del problema stesso. Per svolgere il loro lavoro, infatti, le ONG

devono affrontare consistenti spese generali che diventano tanto più rilevanti quanto

più grande è la struttura che devono sostenere, utilizzando per l’esistenza stessa

dell’organizzazione i fondi che teoricamente

dovrebbero finanziare gli aiuti. Conseguentemente,

questo sistema ha fatto sì che molte ONG, di fatto,

hanno funzionato come organizzazioni parassitarie

che hanno consumato finanziamenti pubblici senza

alcun beneficio pubblico evidente.

5.3.2 Situazioni Di Emergenza

Quando si tratta di assistenza umanitaria di emergenza, alcune ONG specializzate

sono il primo approdo. La critica spesso rincorre la duplicazione degli sforzi, la cattiva

gestione della situazione o il non essere abbastanza consultivo negli sforzi di

ricostruzione. Ma nessuna assistenza è l'opzione peggiore in questo caso.

Le ONG diventano un veicolo / strumento di scelta per innescare o accelerare il ritmo

dell'ingegneria sociale, accentuando le linee di faglia della società e proiettando

cambiamenti etnici e demografici sotto un ombrello generale di uno scenario di guerra

ibrida, anche a volte nascosta sotto copertura di un massiccio sforzo di soccorso. Le

ONG non sono più viste come gli agenti irreprensibili della benevolenza. Pertanto,

molti dei movimenti popolari più radicali di vera origine nazionale di base oggi rifiutano

qualsiasi finanziamento da parte delle ONG e sono disposti a formare alleanze solo

quando le ONG potrebbero davvero contribuire a diffondere il loro messaggio senza

alcuna distorsione. Finché un'organizzazione ha la fiducia pubblica, può prosperare

bene, ma una volta che si discostano dalla loro missione, le persone perdono la loro

fede in loro, il che si traduce nella loro rovina.

5.4 Oggi le ONG sono considerate uno degli strumenti preferiti per L'ingegneria

sociale

L'ingegneria sociale può essere definita come l'uso della pianificazione centralizzata

nel tentativo di gestire il cambiamento sociale e regolare lo sviluppo e il comportamento

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futuri di una società. Attraverso un'ingegneria sociale di successo, gli hacker umani,

fin dall'inizio del tempo, hanno capito modi di sfruttamento del processo decisionale e

ottenere di prendere un'azione non nell’interesse generale. La natura e le emozioni

umane sono l'arma segreta dell'ingegneria sociale malevola.

È interessante notare che sia i progettisti che le vittime dell'ingegneria sociale possono

essere cittadini locali appartenenti allo stesso Stato, nonché estranei / stranieri con

diverse cittadinanze appartenenti a diverse parti del mondo. I principali progettisti in

grado di avventurarsi in impresa di ingegneria sociale attraverso INGOs / ONG

possono essere suddivisi / studiati principalmente in tre categorie:

• Un paese ricco di risorse in grado di finanziare INGOs e ONG nazionali direttamente

o indirettamente per proiettare determinati temi / narrazioni, raccogliere intelligenza

strategica, gestire la percezione, innescare / controllare il dibattito nazionale su

questioni di sicurezza nazionale e identità ideologica o culturale.

“Si sostiene che sfruttando la loro relazione incorporata nello Sato, lavorando

all'interno e attraverso strutture burocratiche, manipolando i collegamenti strutturali

disponibili, nonché definendo strategie per i canali formali e informali dell'attivismo, le

ONG stanno cercando di ritagliarsi più spazio per se stesse per manovrare in azioni

critiche.”

Selettivamente INGOs / ONG che utilizzano tangenti e tangenti sono stati trovati in

qualità di ambasciatori del marchio e promotori di una multinazionale o di un'impresa

nazionale interessati a raccogliere benefici economici per la creazione di una

Domanda per i suoi prodotti e spingendo fuori i suoi rivali economici attraverso un

ingegnoso ingegneria sociale e campagne dannose o programmi di sensibilizzazione

del pubblico.

Una multinazionale o un'impresa nazionale interessata a raccogliere benefici

economici per creare una domanda per i suoi prodotti e respingere i suoi rivali

economici attraverso un'ingegnosa ingegneria sociale e campagne ostili o programmi

di sensibilizzazione pubblica inconsapevolmente o consapevolmente sponsorizzati

anche da locali o INGO e a volte dal Governo, coinvolto involontariamente o

volontariamente con tangenti.

Un consorzio di paesi o un'alleanza strategica interessata alla trasformazione non

violenta e graduale che mira all'élite, alla società, alle istituzioni statali e al sistema

politico per raccogliere dividendi geo-politici, geo-economici, sociali o demografici a

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lungo termine dalla società o dallo Stato vittima. Le ONG pur diventando uno strumento

di cultura aziendale o di una guerra di quinta generazione, per cui possono progettare

dibattiti o tabù altamente controversi nel dibattito pubblico, che possono essere

totalmente non essenziali o non più una priorità, come mettere in discussione il ruolo

della Chiesa Cattolica a Roma, perseguendo l'agenda divisiva delle riforme sociali e/o

politiche.

Le ONG diventano uno strumento di intelligence strategica per la raccolta di

informazioni di prima mano su una comunità specifica, compresi i suoi punti di forza

come la fondazione ideologica e l'interdipendenza delle unità federative, che

cementano l'integrità territoriale e gli eroi comuni, la cultura e la musica, ecc. Accanto

all'intelligence si raccolgono anche le vulnerabilità potenzialmente sfruttabili e da

perseguire successivamente per il raggiungimento di obiettivi specifici da parte di altri

elementi del potere nazionale (EoNP). Alcune delle vulnerabilità comunemente

sfruttabili per l'ingegneria sociale viste come fattori chiave per INGOs (sfruttate dalle

ONG) in diversi paesi sono:

l'ingiustizia sociale percepita che fiorisce su cattive condizioni socio-economiche

delle masse.

Le linee di faglia sociale, etnico, settario, regionale, comunale, linguistica, o

culturale.

Totale assenza o quasi di mandato da parte dello Stato o situazioni di legge e di

ordine scadenti.

Scarsa capacità intellettuale di un determinato Paese o Società di uscire con una

narrazione contraria ai temi INGOs (perché un'idea può essere affrontata o

uccisa solo attraverso un'idea superiore e con l'uso di armi o pistole).

Sfruttare le carenze del sistema di istruzione di base. In assenza di qualsiasi

istruzione standard globale, le ONG generalmente ricorrono alla stampa dei

propri libri e dettano il programma.

Social media non controllati e assenza di regolamentazione per la protezione

cibernetica offrono spazi illimitati per proiettare temi specifici.

Totale assenza o quasi di un mandato dello stato, inefficienza delle agenzie di

law enforcement ed una debole rete di contro spionaggio.

Alcune delle aree operative più comuni (titolo ombrello per INGOs / ONG) o presunte

intenzioni (apparentemente nobili, compassionevoli e benigne) con massiccio appello

popolare sono:

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Difendere le risorse umane in particolare i diritti delle donne e la protezione dei

bambini. Raccogliere il sostegno della comunità internazionale per un'agenda

specifica proiettando temi / narrazioni femministe. Proiezione effettiva o percepita

di discriminazione / disuguaglianza di genere. Le ONG occidentali possono

essere più rapide a condannare gli abusi dei diritti umani nel resto del mondo

piuttosto che nel loro paese di origine. Human Rights Watch è stato messo sotto

accusa per la sua porta girevole con il governo degli Stati Uniti: nel 2009 il suo

direttore della difesa Tom Malinowski, che in precedenza aveva prestato servizio

come assistente speciale di Bill Clinton ed autore dei discorsi di Madeleine

Albright, ha persino giustificato il coinvolgimento nella CIA seppur "in circostanze

limitate".33

Democrazia, libertà, libertà di parola e giornalismo.

Sviluppo rurale delle aree remote e programma di riduzione della povertà.

Rafforzamento delle capacità dei dipartimenti governativi e promozione delle

riforme politiche, giudiziarie, ed in particolare di sicurezza e sociali.

Lotta contro il cambiamento climatico e il riscaldamento globale.

Assistenza sanitaria e istruzione di base e primaria.

Igiene di base e servizi igienico-sanitari.

Programma di assistenza ai rifugiati e ai migranti.

Alcuni degli obiettivi nascosti / mascherati che rientrano nel campo dell'ingegneria

sociale perseguiti da INGO / ONG come parte della strategia di guerra ibrida globale

perseguita utilizzando INGO come strumento / veicolo preferito per vincere i dialetti

della volontà (Carl von Clausewitz ha definito la guerra come lo scontro di volontà

opposte) in un modo apparentemente benigno come parte di una strategia

complessiva articolata in modo completo sono:

Accentuazione dei dissensi sociali nella società favorendo la comunità

relativamente emarginata per lottare per le ingiustizie percepite, creando caos,

rivolta, rivoluzioni/ primavere

Mirare alle radici ideologiche della società per una gestione della percezione

desiderata.

Ingegneria politica ed l’utilizzo del “rentier character” dell’elite politica (spesso

corrotta e pronta a ricercare tangenti). Tali ONG promuovono la propria agenda,

anche se è contraria agli interessi nazionali vitali del paese ospitante. Per tale

33 Ibid.

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motivo, le ONG non dovrebbero essere politicizzate, ma in realtà tutto ciò che

fanno, operando all'interno di sistemi di potere altamente distorti, non può che

essere politico. E pur “sporcandosi le mani”, il risultato finale è un ambiente

politico diviso, una diffusa disarmonia popolare ed una polarizzazione della

società.

Alimentare temi specifici e generare dibattiti sociali destinati ad indirizzare il

processo di pensiero della Società secondo una prefissata agenda.

Creare dissensi tra la popolazione e le istituzioni di sicurezza nazionale, creando

confusione, divisione e disarmonia con narrative differenti spesso in contrasto

con le linee politiche dei governi locali e le istituzioni statali che agiscono su

un’architettura di sicurezza nazionale al fine di rovesciarne il regime secondo il

principio che

“Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento bensì sottomettere il

nemico senza combattere.” 34

Alterare nelle fondamenta il mindset nazionale ed il processo di pensiero della

Società e agire sulle le percezioni popolari per delineare coloro che sono gli amici

e nemici, i fallimenti e i successi, gli eroi ed i malfattori, i buoni ed i cattivi, l’ethos

sociale etc.

Promuovere una cittadinanza cosmopolita e valori specifici “orientati al fine”

benché contrari agli ideali nazionalisti.

Promuovere la “compravendita” intellettuale reclutando l’élite intellettuale ed i

media nazionali (giornalisti e personaggi famosi) per scrivere e proiettare quelli

che dovranno esser considerati “nuovi eroi ed icone” attraverso la creazione di

nuove narrative.

Alterare nella sua essenza la natura ed il carattere della governance presente,

andando ben oltre la “benevolenza del donatore”, agendo come mezzo di

fornitura di aiuti (altamente politicizzati e spesso dannosi) alla luce del fatto che

l'Occidente non può disegnare una riforma globale (imposta dall'esterno)

applicabile a tutti i paesi poveri abile a creare leggi benevole e buone istituzioni

34 Sun Tzu Quotes, goodreads, (accessed March 23, 2020);

https://www.goodreads.com/quotes/334175-to-win-one-hundred-victories-in-one-hundred-battles-is.

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che garantiscano il funzionamento dei mercati economici e la retta gestione

politica.

La libertà incontrollata e non regolamentata delle INGOs / ONG, dunque, è in grado di

produrre, per un determinato periodo di tempo, una trasformazione sociale compiuta

in cui la maggioranza della popolazione segue le narrative indicate dalle organizzazioni

e producono i seguenti risultati:

L’innesco di un grande disordine sociale e l’implosione della società. In

circostanze estreme ciò può causare una guerra civile tra coloro che sono stati

“convertiti” dalle ONG e chi cerca di mantenere la propria cultura, i propri valori e

le proprie tradizioni. Per far si che l'ingegneria sociale sia efficace, infatti, chi

riceve l’aiuto dovrebbe adottare un stile di vita, seguire credenze e diventare

parte di movimenti capaci di renderlo socialmente attivo nella modalità e secondo

i programmi dettati dalle ONG, anche se, a volte, non in linea con la cultura locale.

La focalizzazione degli interessi vs l’istruzione primaria e secondaria, la completa

trasformazione dell'identità culturale capace di inculcare idee radicalmente

diverse (come desiderato dai gestori, dagli sponsor e dai manager delle INGOs)..

In breve, molti INGOs / ONG possono essere definiti eserciti mercenari che, “fedeli al

proprio padrone”, usano mezzi non violenti atti a cambiare l'identità collettiva di una

società con l'aiuto dell’élite locale e degli opinion makers nazionali. Nel processo

vengono create molte icone auto-proiettate e vengono scagliati discutibili temi e

narrative contro quelle icone localmente riconosciute, che tentano di resistere

all'agenda delle ONG ed a cui le ONG rispondono con operazioni mirate e specifici

progetti abili a realizzare un numero quanto più elevato possibile di outcome e risultati.

Le ONG, inoltre, arruolano nelle proprie fila ben identificate tipologie di persone (a volte

non benviste nè gradite alle istituzioni locali) e per questo motivo i Governi le

considerano una forma indesiderata di interferenza straniera e si muovono per

limitarne l’azione e l’operato con tutti i mezzi, anche esponendo i funders ad azioni

legali e politiche normalmente inattese.

Ironia della sorte, nella maggior parte dei casi i persecutori o lo staff delle ONG sono

convinti della nobiltà e della purezza della propria causa e considerano se stessi dei

“giusti” che si adoperano per portare a termine la propria missione. La realtà,

purtroppo, è che sono pochi quelli che comprendono davvero l'intento strategico dei

loro “padroni” ed i fini, reali, a cui essi tendono.

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5.5 Il diverso coinvolgimento delle ONG nelle attività delle organizzazioni

internazionali

Il criterio distintivo fondamentale che differenzia le organizzazioni internazionali

governative da quelle non governative risiede nella loro composizione: membri delle

prime devono essere soggetti di diritto internazionale e dunque stati o altre

organizzazioni intergovernative; membri delle seconde sono invece singoli individui o

enti. Come si è evidenziato nei capitoli precedenti, le ONG sono associazioni private

senza fini di lucro e la loro dimensione internazionale risiede nella loro operatività in

almeno tre Stati diversi, dove svolgono attività di sensibilizzazione, informazione e

solidarietà su tematiche di rilevanza internazionale. Tra le ONG che svolgono i citati

ruoli emergono Amnesty International, il WWF, Greenpeace International, Emergency.

In ambito politico internazionale esse svolgono un ruolo di rappresentanza di particolari

istanze della società civile e di mobilitazione dell'opinione pubblica mondiale sulle

stesse. Questa loro funzione è stata recepita dall' articolo 71 del capitolo X della Carta

delle Nazioni Unite, che prevede e regola forme di consultazione delle ONG sulle

questioni di competenza del Consiglio economico e sociale dell'ONU35.

In merito alla cooperazione tra INGOs con le ONG, negli ultimi anni c’è stata una

progressiva apertura alle ONG dei meccanismi di monitoraggio del rispetto delle norme

internazionali. Questo si è verificato principalmente nei settori della tutela dei diritti

umani e della protezione dell'ambiente, nei quali le ONG hanno favorito, attraverso il

loro contributo alla funzione di controllo e promozione del diritto internazionale,

l'osservanza degli obblighi sovranazionali da parte degli Stati. Tale contributo si può

esplicitare in maniera diretta con ricorsi dinnanzi agli organismi internazionali di controllo

e attività di indagine e documentazione sulle violazioni in atto, in maniera indiretta

fornendo rapporti periodici ai comitati incaricati del controllo sull'attuazione dei trattati,

e, in ultimo, in maniera autonoma, raccogliendo dati rilevanti sulla condotta degli Stati e

in caso di non-compliance attivare il meccanismo di "naming and shaming"36.

Il potere di attivare direttamente i meccanismi di controllo delle norme internazionali è,

nella maggior parte dei casi, possibile attraverso il ricorso a procedure di non

compliance, previste in alcuni trattati relativi soprattutto a temi di diritto dell'ambiente. In

35 Akira IRIYAMA, “MYTH AND REALITY: PUBLIC SECTOR AND NGOs,” Keynote speech,

http://www.iam.or.jp/asia-pacific_panel/pdfdownloads/delhi02-keynote1.pdf (accessed March 22, 2020).

36 Michelle D’arcy, “When international NGOs try to “help” local ones and fail,” African Arguments May 22, 2019; https://africanarguments.org/2019/05/22/when-international-ngos-try-to-help-local-ones-and-fail/

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tale contesto, le ONG, previa dimostrazione del possesso di competenze specifiche,

mirano a far fronte a casi di non adempimento, ad accertare i motivi che abbiano

condotto a tale situazione e raccomandano misure utili per farvi fronte. Particolarmente

significativo è risultato il ruolo conferito al "pubblico", e di conseguenza alle

organizzazioni non governative, dalla Convenzione sull'accesso all'informazione, sulla

partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia

ambientale (Ärhus, 25 giugno 1998). Essa è stata la prima ad assegnare esplicitamente

agli attori non statali il potere di attivare procedure di adempimento.

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57

6. ONG NELLA GEOGRAFIA POLITICA (COME SOLUZIONE O COME

PROBLEMA)

L’inserimento delle ONG nella geografia politica attuale sembra essere la sintesi tra la

definizione originaria di ONG e il novellato ruolo postmoderno nell’ambito delle

relazioni internazionali.

La parabola del ruolo delle ONG sembra essersi compiuta dal momento in cui si è

messo in discussione il concetto di sovranità degli Stati ed è stato rivisitato il paradigma

del potere.

In origine le ONG sono state inquadrate come associazioni private senza scopo di

lucro, aventi come obiettivo la realizzazione di progetti solidali, spesso finalizzati alla

cooperazione internazionale allo sviluppo37. Questo è stato l’iniziale biglietto da visita

per potersi inserire in un sistema internazionale articolato e complesso.

Da ruolo etico e propositivo, mirato all’equità sociale ed economica e allo sviluppo delle

aree più arretrate del pianeta, si è passati ad interventi gradualmente più invasivi, i cui

scopi fondamentali sono stati di denuncia di pratiche contrarie ai diritti umani. Ciò è

avvenuto in un momento storico particolare caratterizzato dal profondo cambiamento

dello scenario politico internazionale.

La caduta del Muro di Berlino ha dato vita ad una sorta di nuova teoria del potere

postmoderno. In questo contesto le ONG si sono inserite nel panorama geopolitico

presentandosi come nuovo e interessante fenomeno associativo.

La crisi e trasformazione degli Stati così come erano concepiti fino agli anni ottanta

hanno modificato il paradigma del potere che fino a quel momento coincideva

esclusivamente con lo Stato. Si è creata di fatto una frattura spazio temporale

all’interno della quale le ONG si sono inserite appropriandosi di alcune prerogative

statuali. Gli Stati hanno man mano perso presenza sui territori e con questa hanno

gradualmente perso i legami e la fiducia dei cittadini relativamente al soddisfacimento

dei loro bisogni basilari, come l’educazione, la sanità, l’agricoltura, l’economia,

l’apparato industriale, i trasporti, la gestione stessa delle crisi e delle emergenze. Le

ONG si sono gradualmente appropriate di ampi spazi dai quali l’organizzazione statale

si è defilata per l’impossibilità di reggere il peso e la velocità del cambiamento, ormai

vecchi nelle loro strutture, appesantiti da statici apparati da Guerra Fredda. Nuovi

37 Vedi Capitoli 2 e 2.1.

http://www.treccani.it/enciclopedia/ong/ https://www.passionenonprofit.it/cosa-e-una-ong/ https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_non_governativa https://www.volontariperlosviluppo.it/organizzazioni-non-governative/

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concetti di efficacia, efficienza ed economicità hanno asfaltato la presenza-assenza

del vecchio Stato che non si è messo in discussione perché non ha colto subito la

necessità del cambiamento. Il punto di forza delle ONG è da individuare proprio nel

loro essere snelle, veloci, globali, tematiche, invasive, dirette al cuore e alle menti delle

popolazioni rimaste senza guida.

È stato pertanto superato il carattere assoluto della sovranità degli Stati. Si è passati

dalla cultura Stato-centrica inserita in un sistema di rapporti di natura internazionale

(blocchi a volte contrapposti in diversi ambiti, dalla difesa all’economia, dalla cultura

alla politica) alla valorizzazione di processi e sistemi di cooperazione dove diventano

peculiari (e a volte pericolose) le interazioni sistematiche tra donatore e donatario. Il

sistema di aiuti e donazioni esisteva già prima ma prevaleva il rispetto del principio di

non ingerenza (il sistema doveva rimanere invariato e i riferimenti preservati), tant’è

che si donava senza intervenire direttamente nelle modalità di impiego delle risorse

donate (vedasi per esempio gli interventi umanitari in zone terremotate fino agli anni

ottanta).

Negli anni Novanta le ONG sono entrate sistemicamente nel tessuto statale e culturale

degli Stati in crisi e quindi nella sovranità stessa degli Stati donatari, assurgendo a ruoli

del tutto nuovi per quei tempi suscitando iniziali reazioni di curiosità più che di

preoccupazione e chiusura a difesa delle prerogative statali. Alcuni fenomeni corruttivi

portati in luce negli apparati statali hanno posto poi una questione morale che ha

definitivamente minato le fondamenta stesse degli Stati dell’epoca.

Le ONG sono riuscite quindi ad arrivare al cuore delle popolazioni, sovvertendo

completamente il sistema di governance territoriale non più in mano allo Stato centrale

ma addirittura gestito dal basso. Lo Stato ha perso anche l’occasione di esercitare un

ruolo di intermediatore venendo di fatto saltato dai nuovi attori della politica

internazionale, capaci di agire direttamente sui processi di base delle comunità

coinvolte, inserendosi poi gradualmente nei processi di sviluppo delle stesse andando

ben oltre l’iniziale mandato di sussistenza.

Presenti ormai nel tessuto economico e culturale delle popolazioni, le ONG hanno

sentito la necessità di un ulteriore salto di qualità. Hanno cercato una sorta di

riconoscimento esterno e superiore di natura giuridica al fine di dare spazio reale e

senza più dubbi al loro nuovo ruolo. Essere snelle, veloci, tematiche, efficienti, efficaci

ed economiche non bastava, occorreva poter spingere su singole peculiarità

adattandosi all’esigenza per rendere più incisiva la presenza. Ecco allora che il “tutto

e subito” è stato ritenuto il modo per fare quel salto evolutivo auspicato. Le ONG si

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sono concentrate principalmente sul paradigma dell’efficienza38, facendo propri i criteri

dettati dalle agenzie internazionali dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Pertanto,

obbedendo ad una sorta di principio dei vasi comunicanti, venuto meno il ruolo dello

Stato-centrico, si è deciso di esportare il modello vincente, quello Occidentale, nei

Paesi in via di sviluppo o nei Paesi orfani del vecchio sistema a blocchi contrapposti.

Le ONG hanno quindi iniziato ad adottare standard concettuali e operativi tipici delle

agenzie internazionali, intercettando finanziamenti internazionali e guadagnando così

credito all’esterno.

Il nuovo ruolo delle ONG è stato quindi esportato e riconosciuto dal sistema

internazionale a tal punto che gli Stati oggetto dell’aiuto o degli interventi si sono dovuti

necessariamente adeguare ai nuovi obiettivi di governance che di lì a poco ha

riguardato tutti gli aspetti interni, dalla separazione dei poteri alla libertà di stampa,

dalla gestione delle forze armate ispirata ad un controllo democratico alla trasparenza

dell’apparato pubblico, dalla democrazia rappresentativa al rispetto dei diritti umani.

Ha avuto pertanto inizio la nuova fase, quella genericamente riconosciuta come

“l’esportazione dei modelli della democrazia occidentale”39. Ciò è ampiamente

giustificabile dal momento che le ONG più potenti, così come le Agenzie Internazionali

alle quali si ispiravano, avevano sede nei paesi più ricchi, normalmente occidentali e

potevano pertanto ispirarsi ai modelli politico-culturali ivi dominanti e che potevano

spesso riferirsi a centri di interesse e di potere interni a quegli stati stessi. Proprio la

vicinanza ai centri di potere interni agli stati occidentali ed evidentemente la

dipendenza dai relativi finanziamenti, ha permesso alle ONG che si proiettavano verso

e all’interno dei paesi in via di sviluppo, di rielaborare lo spazio politico di origine

traslando il generico modello occidentale verso il particolare modello vincente presente

nella mente dei pochi e potenti.

Quindi, riepilogando, la cornice in cui si sono presentate le ONG con un ruolo rinnovato

e che le pone come nuovi soggetti formalmente riconosciuti della politica

internazionale vede:

38 Spazi e poteri: Geografia politica, geografia economica, geopolitica di Paolo Sellari, Claudio

Cerreti, Matteo Marconi, edizione digitale settembre 2019, capitolo 8.4 Cooperazione non governativa ed efficacia: principi, pratiche e condizioni abilitanti di Alice Bazzano,

Paolo Landoni, Poliscript 2011 - Politecnico di Milano, Prima edizione: novembre 2011, capitolo 2

39 http://letterainternazionale.it/testi-di-archivio/si-puo-esportare-la-democrazia/ https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/06/25/quando-gli-usa-vogliono-esportare-la-democrazia.html?refresh_ce

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La collocazione storica coincidente con il crollo del Muro di Berlino e la crisi dello

Stato centrale non più in grado di soddisfare i bisogni basilari dei cittadini;

L’accresciuta presenza delle Organizzazioni Internazionali quali soggetti

sovranazionali che si sono trovate di fronte alla crisi e trasformazione degli Stati

moderni;

L’atteggiamento delle ONG sempre più simile a quello delle Agenzie Internazionali;

La capacità delle ONG di essere snelle, veloci, incisive, tematiche, dirette,

espressione di centri di potere, abili a intercettare finanziamenti da diverse fonti e ad

utilizzare le più moderne tecnologie;

Il nuovo ruolo delle ONG che arrivano alle popolazioni, saltano gli Stati e si

interfacciano con le Organizzazioni Internazionali.

Questo generico modello di riferimento può essere declinato in più ambiti, da quello

economico a quello politico, da quello della protezione dei diritti umani alla difesa

dell’ambiente, dalla gestione delle risorse naturali vitali al supporto a movimenti di

protesta o rivoluzionari. Le ONG, libere dai limiti e vincoli statuali, capaci di coinvolgere

globalmente su questioni politicamente o moralmente sensibili, grazie alla moderna

tecnologia, riescono ad aggregare vaste correnti di opinione e contemporaneamente

a proiettarsi ovunque anche in presenza di problematiche relative a ristrette comunità.

Gli spazi si amplificano o si restringono fino ad annullarsi a seconda delle istanze che

portano avanti e del target di riferimento40.

Ovviamente la dinamica ONG – Stati può essere bidirezionale. Come si è detto le più

potenti ONG hanno sede in grandi Stati in genere occidentali e possono rispondere a

gruppi di potere.

Gli Stati non subiscono sempre il ruolo delle ONG, ma a volte se ne possono servire

per rendere più efficace il loro potere. Torna quindi il paradigma dell’efficacia ma

questa volta è lo Stato a prevalere, soprattutto in funzione del meccanismo di

finanziamento delle ONG stesse. Infatti il cambiamento del ruolo delle ONG ha fatto si

che esse diventassero delle organizzazioni articolate e complesse al pari degli altri

soggetti internazionali, con strutture burocratiche a volte pesanti da sostenere

economicamente. È inevitabile che la dinamica del finanziamento possa scalfire

l’indipendenza delle ONG dai governi finanziatori (invertendo la dinamica della

dipendenza donatore-donatario).

40 Cooperazione non governativa ed efficacia: principi, pratiche e condizioni abilitanti di Alice

Bazzano, Paolo Landoni, Poliscript 2011 - Politecnico di Milano, Prima edizione: novembre 2011, capitolo 3

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L’utilizzo delle ONG per fini interni allo Stato è un moltiplicatore dell’efficienza

governativa rispetto ad altri attori statali, una sorta di riproduzione del potere all’interno

dello Stato stesso, ovvero un fattore di legittimazione del potere e di controllo della

popolazione. Questo ha luogo all’interno di Potenze “poco democratiche” e anche, ma

non necessariamente, in regimi dittatoriali.

Quando l’utilizzo è per fini esterni, allora si ha una proiezione di potenza

all’esterno, fenomeno che si è avuto in occasione delle rivoluzioni colorate nel

tentativo di rovesciare i governi al potere a vantaggio dei movimenti esterofili41.

Non sempre i tentativi in tal senso hanno portato ad un successo, ma quando

hanno avuto la meglio hanno segnato la storia di Stati importanti come la

Georgia (2003), l’Ucraina (2004 e 2014)42. Una sorta di prova generale si tenne in

Serbia nel 2000. Alcune ONG si sono impegnate nella diffusione dei valori

democratici e la difesa e rispetto dei diritti umani (c.d. esportazione della

democrazia) fino a far cadere l’ordine costituito arrivando persino a svolgere poi

un ruolo politico. È probabile in questo caso che la regia risiedesse presso

governi o centri di potere occidentali.

6.1 Potenziali risvolti sulla stabilità politica nazionali

Durante e dopo la Guerra in Kosovo i vertici militari Statunitensi presso la base NATO

di Bagnoli si impegnarono in una potente e insistente campagna comunicativa a

giustificazione dell’intervento nel cuore dell’Europa (il messaggio era …. “potevamo

noi democrazie occidentali rimanere inerti di fronte alle atrocità perpetrate sull’uscio di

casa ? ….)43. L’organizzazione serba per i diritti civili Otpor (Resistenza in lingua

serba)44, sostenuta e finanziata, tra gli altri, dall’americana Freedom House, ha avuto

un ruolo determinante nella caduta del presidente serbo Milosevic. Finanziamenti

arrivavano regolarmente anche dalla Westminster britannica e dalla Open Society del

miliardario George Soros.

41 https://www.impakter.it/le-rivoluzioni-colorate/

https://sociologicamente.it/rivoluzioni-colorate-un-fenomeno-ambiguo/ 42 https://www.eurasia-rivista.com/le-rivoluzioni-colorate-in-eurasia/ 43 https://www.esquire.com/it/news/attualita/a27695916/kosovo-serbia-guerra-1999-2019/

http://www.ovovideo.com/guerra-kosovo/ 44 https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/C-era-una-volta-Otpor-27236

https://en.wikipedia.org/wiki/Otpor https://www.limesonline.com/cartaceo/otpor-larma-segreta-che-ha-battuto-il-regime-serbo?prv=true https://www.theguardian.com/world/2015/mar/08/srdja-popovic-revolution-serbian-activist-protest http://primaedopoilsessantotto.blogspot.com/p/otpor-rivoluzioni-colorate.html

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Il logo di OTPOR, un pugno chiuso, è stato ripreso da tutti i movimenti successivi, e la

cosa dimostra una forte collaborazione tra essi.

Diretto da Drdja Popovic45, OTPOR predica l’ideologia di resistenza individuale non

violenta46 teorizzata dal filosofo e politologo USA Gene Sharp47. Soprannominato il

“Macchiavelli della non violenza”, Gene Sharp è il fondatore dell’Albert Einstein

Institution. La sua opera “From Dictatorship to Democracy” è stata alla base di tutte le

rivoluzioni colorate48.

Il movimento ha cessato di esistere, ma dalle sue ceneri sono nati altri movimenti che

hanno proiettato l’esperienza di Otpor in altri paesi. Otpor era un’organizzazione

giovanile, molto influente in Serbia, simbolo del movimento antiregime, che poteva

godere dell’appoggio internazionale. Influì sulla mobilitazione dei cittadini affinché alle

elezioni mettessero la parola fine al governo di Milosevic. Hanno poi cambiato il

carattere del movimento impegnandosi politicamente. Dopo i cambiamenti al potere in

Serbia, Otpor si è trasformato in una ONG impegnata nella democratizzazione della

società, la promozione della società civile e la lotta contro la criminalità e la corruzione.

Ma di lì a poco vi fu la trasformazione in un vero partito politico alla vigilia delle elezioni

politiche anticipate del 2003 che si conclusero poi con una netta sconfitta, a causa

dell’inesperienza, forse della tarda discesa in campo come partito politico ma

soprattutto della decisa campagna contro condotta dai principali partiti politici serbi più

45 https://www.reset.it/reset-doc/serbia-la-scuola-delle-rivoluzioni-di-srdja-popovic 46 Video al https://www.ted.com/talks/srdja_popovic_how_to_topple_a_dictator?language=it 47 https://www.pandorarivista.it/articoli/gene-sharp-teorico-non-violenza/ 48

https://www.researchgate.net/publication/320799572_FROM_DICTATORSHIP_TO_DEMOCRACY From Dictatorship to Democracy - A Conceptual Framework for Liberation, di Gene Sharp, Fourth U.S. Edition, May 2010

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organizzati e radicati sul territorio49. Vennero poi meno i finanziamenti e l’impegno dei

leader, finché Otpor non aderì al Partito Democratico Serbo, cessando di esistere. In

Serbia esistono ancora molte organizzazioni ove sono presenti ex membri di Otpor.

Questi ex giovani hanno continuato in generale nei loro impegni civili. Una di queste

organizzazioni, il Centro per la Resistenza non violenta, ha replicato in parte il nocciolo

duro del movimento di Otpor e si è posta all’attenzione internazionale per le attività

svolte con il proprio Training Team, che realizza dei training nell'ambito della

resistenza e della soluzione pacifica delle crisi e dei conflitti, in Ucraina in generale ed

in particolare durante le vicende pre-elettorali in Georgia, Bielorussia, distinguendosi

nel supporto di varie organizzazioni studentesche e giovanili50.

Il più famoso esponente Serbo, considerato un vero e proprio "esportatore di

rivoluzioni", è stato Aleksandar Marić51. Marić ha svolto la sua prima missione in

Georgia, quando ha addestrato l'allora movimento giovanile "Kmara" alle tecniche

della resistenza non violenta. Il risultato della sua attività di supporto ai giovani

Georgiani è stata la sconfitta del regime di Eduard Scevarnadze52.

Si è quindi creata una sorta di mito, tant’è che Marić ricevette numerosi inviti da parte

di organizzazioni studentesche operative presso i paesi dei cosiddetti regimi autoritari,

le quali ritenevano che lo "scenario serbo" potesse essere replicato anche nelle loro

realtà.

49 https://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/esteri/serbia-elezioni/voto-serbia/voto-serbia.html

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Risultati-preliminari-delle-elezioni-in-Serbia-25017 https://it.wikipedia.org/wiki/G17_Plus

50 https://www.limesonline.com/canvas-maestri-di-non-violenza/22102 https://cafebabel.com/it/article/canvas-otpor-e-pora-il-marchio-serbo-della-rivoluzione-non-violenta-

5ae00798f723b35a145e21ba/ 51 https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Bisogno-di-rivoluzione-Chiamate-Otpor-27076 52 https://it.qwe.wiki/wiki/Kmara

https://www.usip.org/sites/default/files/sr167.pdf

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CANVAS, maestri di non violenza

La temuta "riuscita" dei training che si sono tenuti nei suddetti paesi e il rischio di poter

vedere ripetersi il destino di Slobodan Milošević, hanno fatto di tutti i trainer del Centro,

e in particolare di Aleksandar Marić, persone non gradite. A Marić fu quindi impedito

l'ingresso in Bielorussia, Russia e Ucraina.

Fece molta eco presso l'opinione pubblica mondiale il trattenimento di Aleksandar

Marić all'aeroporto di Kiev e il suo respingimento con rientro in Serbia senza

spiegazioni, alla vigilia del primo turno per le elezioni presidenziali in Ucraina, tenutesi

il 1° novembre 200453. Marić, nei precedenti tre mesi aveva lavorato come consulente

della rete giovanile ucraina denominata "Pora" ("E' ora"), molto simile a Otpor negli

obiettivi e nell'organizzazione54.

53 https://voxeurop.eu/it/content/article/523361-la-rivoluzione-venuta-dalla-serbia 54 https://en.wikipedia.org/wiki/PORA

https://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_arancione http://www.paolodorigo.it/wwwstellarossainfo/Ucraina%20il%20retroscena%20geopolitico%20della%20crisi.htm

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Molto si è speculato sui modelli e sulle ricette per "l'esportazione" della rivoluzione

pacifica. Mentre all’estero si guardava con simpatia a questi movimenti, tra l'opinione

pubblica serba, sempre più spesso, circolavano invece storie su stranieri pagati, agenti

della CIA55, che avevano svolto il lavoro in Serbia per poi insegnare le loro tecniche di

spionaggio negli altri paesi, mascherandosi spesso in ruoli di consiglieri politici,

consulenti in vari settori, giornalisti, ricercatori universitari.

Siniša Šikman, attivista e trainer del Centro, ha affermato che loro "non distruggono i

regimi e non si immischiano alle faccende interne degli altri paesi, ma insegnano

l'esperienza di Otpor e le conoscenze nell'ambito della organizzazione delle campagne

civili politiche e non politiche, realizzate durante la lunga lotta contro il regime di

Milošević. I nostri training sono universali e possono essere adottati in qualsiasi

Paese". Secondo le sue parole, identici o simili training sono stati realizzati in Bosnia

ed Erzegovina, in Kosovo, ma anche in Paesi democraticamente sviluppati56.

55 https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Bisogno-di-rivoluzione-Chiamate-Otpor-27076 56 https://www.libreidee.org/tag/sinisa-sikman/

https://wikileaks.org/gifiles/docs/17/1792423_information-on-canvas-.html https://www.google.com/search?q=Sini%C5%A1a+%C5%A0ikman&sxsrf=ALeKk00dEgfWG-Zizzcl65K1r64xDj61mw:1587501102199&tbm=isch&source=iu&ictx=1&fir=BfK5H2g9nv9LLM%253A%252CjbEo4hqbLxOR2M%252C_&vet=1&usg=AI4_-

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Le ONG possono pertanto essere un soggetto attivo o passivo nei confronti degli Stati

e hanno una grande capacità di diffusione in un sistema coacervo di locale, nazionale,

regionale, globale, interagendo sia con gli Stati o meglio porzioni di essi, sia con le

organizzazioni internazionali, traendo la propria forza ed essenza in un humus di poteri

frammentati fino a divenire attori imprescindibili della politica contemporanea.

6.2 Influenze sulle strategie di sviluppo dei paesi

Anche nell’ambito delle politiche di sviluppo dei paesi è evidente il ruolo ricoperto dalle

ONG con particolare riferimento alla sostenibilità ambientale delle strategie messe in

campo, all’utilizzo di fonti di energia verdi e all’abbandono dell’energia atomica.

Tra le ONG più interessanti si segnala l’ASAL (Associazione Studi America

Latina). È una ONG di Cooperazione e di Educazione allo Sviluppo57 che realizza

progetti di respiro nazionale e internazionale nei settori dell’informazione, della

formazione e della sensibilizzazione sul territorio e svolge un ruolo significativo nel

settore dell’editoria dello sviluppo. Da sempre impegnata per la tutela dei Diritti Umani

ha accolto le nuove sfide poste dal fenomeno migratorio con attività di accoglienza e

intercultura. Sul fronte dello Sviluppo Sostenibile l’ASAL è da sempre impegnata per

la tutela dell’ambiente, negli ultimi anni, in particolare, sui temi dell’agricoltura

sostenibile, le energie alternative e il consumo critico o consapevole (in opposizione

ideale al consumo compulsivo).

E interessante sotto l’aspetto editoriale la realizzazione e diffusione della Carta di

Peters, il planisfero ad aree equivalenti realizzato da Arno Peters. La carta di Peters

“restituisce” a tutte le superfici della terra la loro corretta proporzione, rivisitando e

superando la tradizionale immagine eurocentrica del mondo58. Sulla carta di Mercatore

l’Europa appare più grande del Sudamerica che, invece, è grande il doppio, mentre il

Nord America appare più grande dell’Africa la quale, invece, ha una superficie quasi

doppia.

Con questa opera, ASAL propone una riflessione sulle immagini del mondo e gli

stereotipi nella comunicazione per allargare lo sguardo alle diverse realtà socio

kTdZVYBdAuUnilQ8Rdd9fUbrOdVFQ&sa=X&ved=2ahUKEwj7rZu6rvroAhXFQRUIHSOQBCQQ9QEwAHoECAoQGg#imgrc=BfK5H2g9nv9LLM:

57 https://asalong.wordpress.com/chi-siamo/ https://www.unimondo.org/Partner/ASAL-Associazione-Studi-America-Latina

58 https://www.atlanteguerre.it/cartografia/carta-di-peters/ https://asalong.wordpress.com/la-carta-di-peters/

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culturali e all’importanza della comprensione e cooperazione fra i popoli per educare

alla mondialità e all’intercultura59.

“La nuova carta, la mia carta, rappresenta in modo egualitario tutti i paesi della Terra.

È fedele alla superficie, all’asse e alla posizione. La sua scala è esatta, le inevitabili

deformazioni sono distribuite regolarmente, è in grado di ritrarre tutta la terra comprese

le zone polari.” 60

Ecco ripresi i concetti di universalità, equità e rispetto del prossimo, mutuate dalle

Agenzie ONU. Diverso è invece l’approccio all’uso dell’energia atomica. Gli interessi

in gioco sono talmente elevati che le battaglie culturali o editoriali non sono più

sufficienti ed occorrono delle azioni forti, per svegliare le coscienze dei popoli, anche

turbando l’opinione pubblica.

Il 3 luglio del 2018 L'organizzazione ambientalista Greenpeace annunciò di aver

"trasformato un drone in Superman"61 per denunciare l'assenza di sicurezza delle

59 https://www.manitese.it/valore-sociale-proiezione-gall-peters-educazione 60 https://asalong.wordpress.com/la-carta-di-peters/ 61 http://www.askanews.it/video/2018/07/03/greenpeace-lancia-drone-superman-contro-una-

centrale-nucleare-20180703_video_13085916/ Video al https://corrieredellumbria.corr.it/video/tv-news/474012/greenpeace-lancia-drone-superman-contro-una-centrale-nucleare.html https://www.reuters.com/article/us-france-nuclear-greenpeace/greenpeace-crashes-superman-shaped-drone-into-french-nuclear-plant-idUSKBN1JT1JM https://www.abc.net.au/news/2018-07-03/greenpeace-fly-superman-drone-into-nuclear-facility/9936884

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centrali nucleari. I militanti hanno pilotato un drone sull'impianto di Bugey, nel sud-est

della Francia, non lontano dal confine con la Svizzera e l'Italia, facendolo poi

schiantare volontariamente contro un muro della vasca di stoccaggio del combustibile

usato.

Poco meno di un anno prima, sempre attivisti di Greenpeace, nell’ottobre del 2017,

prima dell’alba, scavalcarono le recinzioni della centrale nucleare francese di

Cattenon, a circa cinquanta chilometri da Metz e spararono fuochi d’artificio nei pressi

della vasca di raffreddamento, prima di essere fermati62. Con quel gesto dimostrarono

che quella, come altre centrali francesi, erano vulnerabili rispetto al rischio di possibili

attacchi terroristici.

62 https://www.greenpeace.org/luxembourg/fr/communiques-de-presse/5786/reactive-de-

greenpeace-a-lissue-du-proces-en-appel-des-huit-militant%C2%B7e%C2%B7s-qui-setaient-introduits-dans-la-centrale-de-cattenom/ Video al https://www.popoffquotidiano.it/2017/10/13/nucleare-greenpeace-viola-la-centrale-di-cattenom-video/ https://www.e-gazette.it/sezione/elettricita/nucleare-greenpeace-entra-centrale-cattenom-spara-petardi-impianti-sono-insicuri http://www.greenreport.it/news/energia/blitz-greenpeace-rischio-nucleare-alla-centrale-cattenom/ https://www.greenpeace.fr/proces-metz/

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Non ultimo, Greenpeace commissionò un rapporto sulle centrali nucleari francesi e lo

rese pubblico anche se solo parzialmente63. Per un anno e mezzo sette esperti

internazionali (tre francesi, una tedesca, due britannici e un americano) hanno studiato

le misure di sicurezza in vigore nel parco atomico francese e, alla fine, le hanno ritenute

inadeguate. Sono state rese pubbliche solo 5 pagine, il resto del dossier è stato

giudicato “non pubblicabile”, perché avrebbero addirittura potuto fornire spunti a

potenziali attentatori, optando quindi per la riservatezza delle informazioni più

sensibili64. Il tutto accadeva in una Francia colpita più volte dal terrorismo islamico. Il

63 https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/13/centrali-nucleari-insicure-il-rapporto-greenpeace-

vuole-aprire-il-dibattito/3912318/ 64 https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/12/centrali-nucleari-francesi-non-sicure-il-rapporto-

che-non-puo-essere-pubblicato-la-prova-greenpeace-entra-a-cattenon/3909750/ https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/centrali-nucleari-e-terrorismo-il-rapporto-impubblicabile-di-greenpeace-francia

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direttore generale dell’organizzazione non governativa Jean-François Julliard

consegnò invece le copie integrali del documento solo a sette dirigenti di istituzioni

direttamente coinvolte nella supervisione del parco atomico francese (19 centrali

nucleari presenti in Francia), ossia l’Autorità per la sicurezza nucleare (Asn), l’Istituto

di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn) e il Comando speciale militare per la

sicurezza nucleare (Cossen). Il rapporto degli esperti ha messo in evidenza come le

centrali non rispondevano agli standard di sicurezza previsti, che, per essere attuati

alle 62 riserve e relative strutture e ai 58 reattori attivi in Francia, richiederebbero

diverse centinaia di miliardi di euro di interventi. Alcune delle strutture risalgono a 20,

30 e 40 anni fa, quando i rischi erano diversi rispetto a quelli di oggi e la minaccia

terroristica non era certo una priorità. All’epoca l’unico rischio preso in considerazione

era quello di un eventuale incidente. E se gli edifici dove si trovano i reattori sono

protetti dai recinti, non è così per le piscine di raffreddamento. Così le riserve di

combustibile usato sono facilmente accessibili. La quantità di combustibile che può

essere stoccato all’interno di ciascuna piscina può essere in misura pari a diverse volte

la quantità presente in un reattore nucleare in esercizio. Anche nel caso di Fukushima,

le piscine hanno rappresentato un problema e, in generale, con le misure di sicurezza

attuali, il pericolo è concreto in caso di “malintenzionati”65.

Infine, uno studio realizzato per conto di alcune associazioni francesi smentisce l’idea

che le centrali nucleari non producano CO2.

Jean-Bernard Lévy, direttore generale del colosso transalpino EDF (incaricato della

gestione degli impianti transalpini) ha dichiarato che a partire dal 2028 o dal 2030, si

cominceranno ad installare in Francia dei reattori nucleari di nuova generazione, gli

Epr NM. Questi, a partire dal 2050-2055, sostituirebbero l’intero parco attuale. Al

termine del Programma, ci sarebbero fino a quaranta nuove centrali. In questo modo,

si salverebbe l’ambiente, perché si produrrebbe energia senza emettere CO2.

Numerose ONG, dalla rete “Sortir du nucléaire” a “Réseau Action Climat”, fino a

“France Nature Environnement” e “Greenpeace” hanno capeggiato una sorta di

polemica popolare e si sono unite in uno studio realizzato per loro conto dal centro di

ricerca indipendente Wise-Paris, le cui conclusioni sembrano evidenziare come

l’industria nucleare sopravvaluta sistematicamente il ruolo dell’atomo nella lotta alle

emissioni di gas ad effetto serra, dichiarando erroneamente emissioni nulle, o

quasi nulle. Il rapporto ammette che il nucleare (come anche il fotovoltaico o

65 https://www.greenpeace.org/italy/rapporto/966/fukushima-4-anni-fa-il-disastro-nucleare/

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l’eolico del resto) non emette CO2 all’atto della produzione di energia. Lo fa,

però, indirettamente, se si tiene conto dell’intero ciclo. In particolare, a

provocare emissioni nocive per l’ambiente sono l’estrazione di uranio, la

fabbricazione di combustibile, i cantieri di costruzione delle centrali, nonché le

fasi di smantellamento. Tenendo conto di tutto ciò, sottolinea lo studio, il

guadagno in termini di gas ad effetto serra diminuisce sensibilmente.

Greenpeace: attivisti contro i reattori in decadenza in Europa

Le ONG affermano che i vantaggi sono molto meno consistenti rispetto a quanto

dichiarato dai colossi del settore. Puntando sulla costruzione di nuovi reattori, oltre al

limitato apporto sul fronte della CO2, occorrerebbe altresì accettare i rischi di incidenti,

la proliferazione militare dell’atomo e i problemi legati all’accumulazione dei rifiuti

radioattivi. Senza dimenticare i costi, altissimi, necessari per la costruzione dei reattori

di nuova generazione66.

Molto importante è anche il ruolo delle ONG nell’ambito della produzione di

veicoli elettrici a basso impatto ambientale, mirata alla creazione di un futuro

66 https://www.greenme.it/informarsi/energie-rinnovabili/centrali-nucleari-proteste-greenpeace/

https://www.ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/nucleare/2014/03/05/Protesta-240-attivisti-Greenpeace-contro-nucleare-Europa_10185142.html https://www.pressenza.com/it/2011/10/secondo-greenpeace-gravi-mancanze-nei-test-sulle-centrali-nucleari/

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ecosostenibile. Purtroppo, in questi giorni, il loro impegno è messo a dura prova dagli

effetti della pandemia COVID-1967.

Gli esperti temono l’impatto della pandemia per l’industria dei veicoli elettrici,

sottolineando l’importanza di scelte politiche forti e convinte. Il mercato dei veicoli

elettrici sta subendo un duro colpo, e la recessione economica, insieme al crollo del

prezzo del petrolio, potrebbe costituire una forte criticità68.

La pandemia di covid-19 ha avuto pesanti ripercussioni sulle possibilità di movimento,

e le conseguenti ricadute economiche potrebbero avere effetti considerevoli anche per

i sistemi di trasporto di domani. Il mercato dei veicoli elettrici, come il resto del mercato

automobilistico, sta subendo un duro colpo. Se, per ora, potrebbe sembrare uno stallo

a breve termine, è pur vero che la recessione economica e il crollo del prezzo del

petrolio potrebbero imporre grandi sfide alla mobilità elettrica, a meno che i governi

non adottino chiare misure per incentivare il trasporto pulito indipendentemente dalle

questioni di natura economica.

Colin McKerracher, responsabile per il settore trasporti di Bloomberg NEF, una società

di ricerca sull’energia pulita, aveva infatti previsto che quest’anno si sarebbero

raggiunti i 10 milioni di veicoli elettrici nel mondo, un anno record, senza la pandemia.

Ora tutto sembra mutare.

In effetti, i primi dati provenienti dalla Cina, il più grande produttore di veicoli elettrici al

mondo, sono indicatori di una profonda crisi del settore che si estenderà

inevitabilmente al mercato Europeo e Americano. General Motors, Ford, Fiat Chrysler,

Honda e Tesla hanno chiuso o “temporaneamente sospeso” le attività nelle loro

fabbriche nordamericane.

Tuttavia, David Hart, professore di tecnologia, scienza e politica dell’innovazione alla

George Mason University, ritiene che il colpo al settore dei veicoli elettrici sarà

temporaneo69. È ottimista anche sul futuro del mercato europeo dei veicoli elettrici,

soprattutto perché l’UE ha iniziato ad introdurre gradualmente nuovi obiettivi di

emissione per le flotte delle case automobilistiche. Gli Stati Uniti, invece,

rappresentano un’incertezza. Nel 2018, l’amministrazione Trump ha proposto di

congelare gli standard ambientali dell’era Obama e di revocare l’autorità della

California di stabilire da sé standard più rigorosi, e sembra piuttosto improbabile che

dia priorità al trasporto pulito nei futuri pacchetti di incentivi economici.

67 https://www.infobuildenergia.it/notizie/macchine-elettriche-possibile-crollo-covid-19-6855.html 68 https://www.motus-e.org/analisi-di-mercato-vendite-ev/ 69 https://www.rinnovabili.it/mobilita/veicoli-ecologici/veicoli-elettrici-mercato-pandemia/

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Anche per i carburanti la situazione è critica. Gli effetti della pandemia potrebbero

costringere i governi ad allentare la presa sulle politiche e sugli obiettivi climatici. Il

crollo del prezzo del carbonio nell’UE riduce la disponibilità finanziaria per supportare

la decarbonizzazione dei settori industriali. Il timore sollevato da molti attivisti

ambientali sono stati portati all’attenzione dell’UE, ottenendo una dichiarazione

ufficiale da parte di Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno e i

Servizi, che sostanzialmente ha evidenziato che il Green Deal dell’Unione Europea,

vale a dire il piano climatico di decarbonizzazione dell’eurozona entro il 2050, andrà

avanti nonostante la pandemia di coronavirus70. Il tenore della protesta delle ONG è

stato tale che Breton ha dichiarato che il Green Deal europeo non è finito, piuttosto,

questa pandemia spinge l’Unione a lavorare su soluzioni ancora più ecologiche. In

buona sostanza le ONG riescono a tener testa in Europa più che negli States.

Le ONG sono tuttavia consapevoli di non poter abbassare la guardia nemmeno in

Europa. Infatti, aziende come ArcelorMittal, il più grande produttore di acciaio al

mondo, e la casa automobilistica Volkswagen hanno dichiarato che ridurranno la

propria produzione in Europa, tra interruzioni della catena di approvvigionamento e

calo della domanda. Secondo Energy Aspects (organizzazione indipendente di ricerca

e consulenza) una produzione inferiore nell’eurozona potrebbe significare che le

emissioni industriali dovrebbero diminuire di oltre 20 milioni di tonnellate di anidride

carbonica nel 2020. Tuttavia, questo si accompagnerà anche ad un crollo dei prezzi

del carbonio nell’UE, riducendo così il costo d’inquinamento che le aziende devono

pagare per coprire le proprie emissioni.

Infine, risulta interessante il ruolo di EKOenergy, una rete internazionale di ONG

ambientaliste il cui scopo è quello di promuovere l’uso di un’energia verde sostenibile

contribuendo ad eradicare la povertà e creare un mondo migliore per le generazioni

future71. Tra le iniziative emerge quella per ridurre drasticamente, agendo da subito e

senza indugio, le emissioni di gas ad effetto serra e limitare il riscaldamento globale

ad un massimo assoluto di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Il network di

EKOenergy funge da ponte fra fornitori di energia elettrica, consumatori,

organizzazioni ambientaliste e project manager ed è così efficace da riuscire a mettere

in atto best practices e creare esempi positivi. La visione è quella di un mondo in cui

70

https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2019/629837/IPOL_BRI(2019)629837_IT.pdf

71 https://www.ekoenergy.org/it/ https://it.wikipedia.org/wiki/Ekoenergy

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l’energia sia generata e consumata in modo sostenibile. Un mondo in cui si rispettino

la natura e la biodiversità e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite

vengano raggiunti. Mira pertanto a far utilizzare il proprio marchio ecologico come

strumento per promuovere le forme più sostenibili di energia e per raccogliere fondi

per la protezione del clima e della biodiversità accelerando la transizione energetica

verso un mondo al 100% verde.

Il marchio EKOenergy è riconosciuto a livello internazionale e costituisce un valido

strumento di comunicazione per le aziende nel dimostrare il proprio impegno verso

l’ambiente ed incoraggia altri a fare lo stesso.

Nei casi citati si ripete sistematicamente la parabola delle ONG che, inizialmente

presentatesi come associazioni private senza scopo di lucro, aventi in genere come

obiettivo la realizzazione di progetti solidali, spesso finalizzati alla cooperazione

internazionale allo sviluppo, si sono man mano inserite nel complesso sistema delle

relazioni internazionali, clonando scopi e procedure tipiche delle organizzazioni

internazionali ed espandendosi nel vuoto lasciato dai vecchi stati, sostituendosi a

questi nella vera e propria gestione dei programmi di innovazione e sviluppo

6.3 Influenze per l’utilizzo di risorse nazionali e della Difesa

Le ONG hanno svolto e svolgono un ruolo peculiare nell’ambito delle operazioni sotto

egida UE, condotte sulle coste del Corno d’Africa (Operazione Atalanta) e nel

Mediterraneo (Operazione Sophia).

La EUNAVFOR Somalia - operazione Atalanta è una missione diplomatico-militare

dell'Unione europea (Council Joint Action 2008/251 del 10 novembre del 2008) per

prevenire e reprimere gli atti di pirateria marittima lungo le coste degli stati del Corno

d'Africa a sostegno alle risoluzioni ONU 1814, 1816, 1838 e 1846 adottate nel 2008

dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite72.

72 https://eunavfor.eu/

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75

La missione è iniziata nel dicembre 2008 e ha lo scopo proteggere le navi mercantili

che transitano tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e l'Oceano Indiano e svolgere inoltre

attività di scorta alle navi mercantili del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni

Unite, incaricate di consegnare aiuti alimentari in Somalia (trasporto degli aiuti

umanitari del World Food Programme). La pirateria nell’area del Corno d’Africa (Golfo

di Aden e bacino Somalo), continua a rappresentare una minaccia per la libertà di

navigazione del traffico mercantile73.

L’operazione interessa una zona di mare che per grandezza è simile a tutto il Mar

Mediterraneo.

l’Operazione ATALANTA può contare su Unità navali e velivoli dislocati in area per la

sorveglianza ed il riconoscimento di attività sospette riconducibili al fenomeno della

pirateria.

Il personale militare coinvolto nell’Operazione può trattenere e trasferire persone

sospettate di aver commesso o che ha commesso atti di pirateria o di rapina e

sequestrare le imbarcazioni appartenenti ai pirati, nonché le armi e le attrezzature

ritrovate a bordo. Le persone sospette di aver commesso atti di pirateria possono

essere giudicate presso lo Stato membro EU che le ha catturate, dallo Stato di

appartenenza della nave mercantile sequestrata, oppure, in applicazione di specifici

accordi con l’Unione Europea siglati dal Kenya e dalle Seychelles, discrezionalmente

dalle Autorità di tali paesi.

L'operazione Sophia, ufficialmente denominata European Union Naval Force

Mediterranean (in italiano: Forza navale mediterranea dell'Unione europea) e

conosciuta anche con l'acronimo EUNAVFOR Med, è la prima operazione militare

di sicurezza marittima lanciata dall'Unione europea, che opera nel Mediterraneo

centrale74.

73

http://www.difesa.it/EN/Operations/InternationalOperations/SomWatAtaOceShield/Pagine/default.aspx

74 http://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/eunavfor_med/Pagine/default.aspx

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76

L’operazione è stata avviata in conseguenza dei naufragi avvenuti nell'aprile 2015 che

hanno coinvolto diverse imbarcazioni che trasportavano migranti e richiedenti asilo

dalla Libia. Lo scopo dell'operazione era quello di avviare sforzi sistematici per

individuare, catturare e distruggere le navi ed attrezzature utilizzate o sospettate di

essere utilizzate da contrabbandieri e trafficanti di migranti75. In un’accezione più

generale, l’operazione, condotta dall’Italia, mirerebbe a contrastare il traffico illecito di

esseri umani e s’inquadra nel più ampio impegno dell'UE volto ad assicurare, secondo

un comprehensive and integrated approach, il ritorno della stabilità e della sicurezza

in Libia. L’Operazione SOPHIA è inoltre il primo esempio di elevata integrazione delle

componenti militari e civili (forze di polizia) europee, capace di operare in un complesso

scenario internazionale rappresentato da numerosissimi attori militari e civili,

governativi e non governativi.

La sede operativa è situata a Roma.

Questa operazione è successiva all'operazione di ricerca e di soccorso Mare Nostrum

del governo italiano (2013) e all'operazione di controllo delle frontiere Triton (dal 1º

febbraio 2018 Operazione Themis) dell'agenzia Frontex (2014).

La portata di alcune informazioni e considerazioni sulle citate operazioni potrebbero

riguardare aspetti peculiari che, per motivi di opportunità, meriterebbero degli

approfondimenti solo al termine delle operazioni stesse.

Tuttavia, si può accennare ad alcuni parallelismi, con tutte le precauzioni del caso,

facendo riferimento a quanto successo nel 1999 durante le Operazioni in Kossovo.

75 https://www.operationsophia.eu/

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77

Nella sede dell’allora 5^ ATAF di Vicenza venivano scelti gli obiettivi dei

bombardamenti da parte degli aerei della NATO (tra questi anche gli AMX italiani del

32° e del 51° Stormo)76.

I target venivano selezionati con un’attenta opera di analisi nella quale confluivano

anche i dati provenienti dal CIMIC (Civilian Military Cooperation) Desk del Joint

Operational Center (JOC) del Regional HQ South (AFSOUTH) di Napoli77.

Il CIMIC Desk, tra le varie incombenze, stilava una lista delle presenze sul territorio

Serbo di Convogli Umanitari sotto l’egida (ma non sempre) di ONG nazionali e

internazionali. Ovviamente la comunicazione delle coordinate dove operavano le ONG

entrava nel processo decisionale della scelta dei target delle operazioni aeree.

Dopo una prima fase in cui, almeno all’apparenza, la presenza dei citati convogli era

genericamente dispersa sul territorio (a volte nella semplice ricerca di chi avesse

bisogno di aiuto sanitario, materiale, psicologico o altro), con il prosieguo delle

operazioni la presenza di diversi convogli umanitari andavano sempre più a

sovrapporsi sulla disposizione sul terreno dei centri di comando e controllo e delle unità

militari Serbe, possibili target delle operazioni alleate78.

Per essere presenti sul territorio serbo come convoglio umanitario, all’epoca bastava

seguire una semplice procedura di registrazione e accreditamento presso la sede ONU

di Ginevra (UNHCR). Bastava inserire i dati relativi al nome dell’associazione, la

76 https://www.affarinternazionali.it/2019/03/kosovo-operazione-allied-force/

http://www.difesa.it/InformazioniDellaDifesa/periodico/Periodico_2019/Documents/Numero4/id_4_2019_inizio_operazione_kosovo.pdf

77 https://www.nato.int/docu/review/2006/issue1/italian/art3.html https://www.repubblica.it/online/fatti/kosovo2/holbroo/holbroo.html

78 https://www.cespi.it/sites/default/files/documenti/lab_32000.pdf

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tipologia di intervento (anche molto generica), il luogo, il giorno, l’ora e il numero di

persone presenti.

La debolezza della procedura risiedeva nella difficoltà di verificare con immediatezza

la veridicità dei dati riportati. Verifiche successive, condotte anche con operatori alleati

sul terreno, hanno confermato si trattasse di attività mirate “to hamper the operations”.

In genere si trattava di ONG russe e serbe legate al regime in una sorta di fratellanza

di fede ortodossa.

Queste ONG riuscivano anche ad ammassare Human Shields sui ponti serbi,

soprattutto quelli che erano importanti snodi per le comunicazioni interne, quindi

oggetto di “attenzione” da parte dell’aviazione alleata.

La problematica ha poi assunto un’importanza molto particolare allorquando si è

intrecciata con casi di spionaggio a favore della Serbia e della Russia verificatisi a

SHAPE. Una maggiore presenza di operatori alleati sul territorio serbo, l’intensificarsi

delle operazioni di bombardamento chirurgico e il definitivo ingresso via terra delle

truppe NATO hanno poi segnato la fine delle operazioni e hanno portato alla firma dei

Military Technical Agreement dei primi di Luglio 1999.

Nel caso citato, l’intervento di alcune ONG, più che a vantaggio di attività criminali, era

mirato ad ostacolare se non impedire le operazioni alleate con l’unica speranza di

rallentarle e di minare, col passare del tempo, il consensus dei Member States

partecipanti all’operazione militare.

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7. CASI STUDI

7.1 Il ruolo delle ONG durante la Primavera Araba (Egitto e Tunisia)

Le cosiddette Primavere arabe e i nuovi assetti globali che ne sono derivati hanno

avuto un’ampia e sorprendente copertura mediatica e incisive risposte politiche, ciò in

considerazione del fatto che agli eventi in Tunisia ed Egitto sono seguiti i disordini libici

con gli interventi militari esterni, la crisi siriana ancora in corso79.

Partiamo dai fatti storici delle cosiddette “Primavere” mediterranee.

Tunisia:

è stato il primo paese nel quale il malcontento popolare è esploso in forme incontenibili.

Sono stati inutili i tentativi del Presidente Ben Alì di reprimere con la violenza i

movimenti che partiti dal sud si estendevano gradualmente a macchia d’olio verso la

costa. Dopo quasi 25 anni di potere il Presidente è stato costretto alla fuga in Arabia

Saudita80. Gli scontri interni sono continuati in quanto montava l’insofferenza per la

continua presenza nei governi provvisori di membri del vecchio regime. Infine l’esito

delle ulteriori elezioni ha visto la vittoria del partito islamico-moderato Ennahda. Rachid

Gannouchi è stato il leader della forza politica uscita vincitrice dalla competizione

assumendo da subito un ruolo equilibratore fra le frange islamiste più radicali e quelle

più laiche, avvicinandosi molto al modello turco ed alla figura di Erdoğan, la cui

formazione politica richiama chiaramente le radici islamiche ma ripudia il

79 https://it.insideover.com/politica/primavere-arabe-usa.html

https://www.huffingtonpost.it/nicola-lofoco/le-illusioni-e-i-fallimenti-delle-primavere-arabe_a_23478036/ https://www.limesonline.com/tag/primavera-araba

80 http://www.storiain.net/storia/la-primavera-araba-in-tunisia-islam-democrazia-e-politica/

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80

“fondamentalismo”. Gannouchi ha caratterizzato il suo approccio moderato ponendo

per esempio l’accento sulla partecipazione politica femminile nelle stesse file di

Ennhada, e rifiutando provvedimenti proibizionisti nella vita civile ispirati a ragioni

confessionali81.

Egitto:

Piazza Tahrir al Cairo è stata il simbolo della mobilitazione popolare contro Mubarak.

Continua ancora ad essere il luogo di riferimento ogni qualvolta la popolazione si

mobilita per manifestare82. Mubarak, a differenza di Ben Alì ha dapprima cercato di

assecondare le proteste concedendo delle riforme spesso di facciata, salvo poi

provare a reprimerle con l’uso di unità governative e para-governative. Il potere è stato

delegato provvisoriamente al Consiglio supremo delle forze armate rappresentando

ancora oggi un forte ostacolo alla pacificazione sociale. Il movimento dei Fratelli

Musulmani ha ancora una grande forza nel Paese ed è in grado di mobilitare in

protesta masse oceaniche. Si avverte ancora l’esigenza di un assestamento delle

dinamiche interne83.

Sia in Egitto che in Tunisia si è assistito alla caduta di regimi pluridecennali, autocratici,

‘laici’, appoggiati dall’Occidente, a seguito di forti spinte alla rivolta nate da malcontento

sociale dovuto alla forte disoccupazione, all’aumento dei prezzi dei beni di prima

necessità. Ben Alì e Mubarak hanno goduto di solidi rapporti con i paesi occidentali,

per quanto le stesse relazioni fossero soggette ad alti e bassi.

Nonostante ciò, nelle rivolte hanno giocato un ruolo importante attivisti ed ONG

caratterizzati da legami diretti o indiretti con l’Occidente e con gli USA in particolare.

81 https://www.internazionale.it/reportage/ines-bel-aiba/2018/06/07/rivoluzione-tunisia 82 http://www.storiain.net/storia/la-primavera-araba-in-egitto/ 83 https://www.pandorarivista.it/articoli/egitto-primavere-arabe-al-sisi/

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81

Le rivelazioni di Wikileaks diffuse nei giorni in cui montavano le proteste egiziane,

facevano riferimento a legami fra diplomazia USA e attivisti egiziani volti a favorire un

cambio di regime nel paese84.

Qualche anno prima alcuni Egiziani dissidenti furono accolti a Washington presso la

Freedom House85. Attivisti per i diritti umani egiziani furono accolti presso il

Dipartimento di Stato86. Nelle proteste egiziane, il movimento 6 Aprile fece largo uso

di simboli che richiamano il Serbo Otpor (sembra ci fossero forti legami fra le due

organizzazioni).

Le dinamiche esistenti fra movimenti ed ONG, tra le manifestazioni di protesta e il

governo USA ricalcano nei fatti i modelli delle cosiddette “rivoluzioni colorate”, mirati a

promuovere cambi di regime favorevoli a Washington tramite il massiccio

finanziamento di gruppi e movimenti locali finalizzati al sovvertimento non-violento di

governi autocratici o presunti tali. A differenza dei Balcani, l’anomalia tunisina ed

egiziana consiste nel fatto di non aver agito contro governi ostili agli USA, ma

addirittura affidabili e ad essi legati, per ragioni strategiche a valenza regionale e

globale.

È stato molto scritto sul fatto che le rivoluzioni in Tunisia e in Egitto fossero le rivoluzioni

dei Social Network, con particolare riferimento a Facebook e Twitter. Effettivamente il

ruolo della tecnologia è stato fondamentale come strumento di comunicazione e

aggregazione, capace di arrivare ovunque e subito con messaggi forti, precisi,

chirurgici.

Tuttavia un importante ruolo simile ai Social è stato svolto da alcune comunità online

sorte nell’ambito del fenomeno noto con il neologismo di “NetActivism”. Esse dall’inizio

delle rivolte arabe hanno svolto la funzione di vere e proprie “ONG virtuali” nella

diffusione di informazione a livello globale87.

Alcune di esse, come Avaaz (con oltre 9 milioni di iscritti e sede fisica negli Stati Uniti)

si sono specializzate nella comunicazione “verticale” tra società civile e Governi,

organizzando campagne di sensibilizzazione e raccolte firme ed indirizzando petizioni

a Governi e organizzazioni internazionali, come l’ONU o l’Unione europea. Altre, come

84 https://www.ispionline.it/it/tag/primavera-araba 85 https://www.lintellettualedissidente.it/editoriale/dossier-egitto-dove-va-legitto/ 86 https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/29/egitto-wikileaks-da-usa-appoggio-segreto-a-capi-

rivolta/89144/ 87

https://books.google.it/books?id=HBjcCgAAQBAJ&pg=PT7&lpg=PT7&dq=NetActivism+e+privavere+arabe&source=bl&ots=eUAzHnarus&sig=ACfU3U15xF_HoLM0wx9XxMeI4uaXtVeEog&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjO0cD6xfroAhUJJZoKHUAzBR4Q6AEwAHoECAoQAQ#v=onepage&q=NetActivism%20e%20privavere%20arabe&f=false

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82

“We Rebuild” e “Telecomix”, hanno concentrato i loro sforzi nelle azioni di contro-

censura, come la messa a disposizione di proxy internet anonimi per gli utenti

sottoposti a censura o la creazione di un database sul modello Wiki (ossia a modifica

aperta da parte degli utenti) sugli episodi di censura e le possibili contromisure. Inoltre,

la comunità virtuale Anonymous, che raggruppa hacker di vari paesi, ha assunto un

ruolo importante nella contro-censura, sia in Tunisia che in Egitto, dove è riuscito

nell’intento di oscurare i siti internet del Governo e a diffondere messaggi ai rivoltosi

attraverso gli stessi siti. Tale comunità ha cercato anche di veicolare la diffusione dei

cablogrammi di Wikileaks, organizzazione senza scopo di lucro con sede fisica in

Svezia (così come We Rebuild) che ha reso note varie informazioni compromettenti

sui regimi di tali paesi88.

Una volta, però, venuto meno il nemico comune, Ben Ali da una parte e Mubarak

dall’alta, la non-strutturazione e l’apoliticità del movimento di protesta è venuta fuori,

segnalando la mancanza di una reale alternativa di governo. Certo, ciò è giustificabile

anche in virtù della nota chiusura e la poca democraticità di questi regimi nei lunghi

anni di mantenimento del potere. Basti pensare che a fine anni Novanta a Tunisi c’era

un solo provider di servizio Internet di proprietà della figlia di Ben Alì. Dunque per

l’organizzazione, ad esempio, di partiti politici che rispecchino maggiormente le

sfaccettature della società civile occorre attendere tempi più lunghi89.

È ormai chiaro che tanto nei Paesi autoritari quanto negli uffici e nei campus

universitari del resto del mondo, i progressi nel campo delle telecomunicazioni digitali

e la crescita dei Social Network stanno cambiando il modo in cui le persone

interagiscono e si organizzano. Altrettanto chiaro però, è che il rovescio della medaglia

è rappresentato dal fatto che i governi autoritari, nella regione e al di fuori, fanno largo

impiego di internet e degli stessi strumenti digitali nel tentativo di perpetrare il loro

potere.

Le più emblematiche organizzazioni statunitensi di « esportazione » della democrazia

sono l’USAID (United States Agency for International Development), la NED (National

Endowment for Democracy), l’IRI (International Republican Institute), il NDI (National

88

http://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/affariinternazionali/osservatorio/approfondimenti/PI0040App.pdf

89 https://www.huffingtonpost.it/nicola-lofoco/le-illusioni-e-i-fallimenti-delle-primavere-arabe_a_23478036/

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83

Democratic Institute for International Affairs), Freedom House e l’OSI (Open Society

Institute)90. Salvo l’ultima, tutte le altre sono principalmente finanziate dal governo

USA. L’OSI, invece, fa parte della Fondazione Soros, dal nome del suo fondatore

George Soros, il miliardario statunitense, illustre speculatore finanziario. Inutile

precisare che Soros e la sua fondazione lavorano di concerto col Dipartimento di Stato

USA per la “promozione della democrazia”.

La relativa efficienza con la quale queste destabilizzazioni si sono realizzate e la loro

apparente spontaneità sono testimonianza del ruolo di “cavallo di Troia” di alcune

ONG, spalleggiate da una rete di attivisti autoctoni adeguatamente formati in training

center specializzati.

Nella prima edizione del libro “Arabesque américaine” (aprile 2011), l’autore Ahmed

Bensaada denuncia l’ingerenza straniera in queste rivolte, e anche il carattere non

spontaneo di questi movimenti91. Certamente, prima di questi avvenimenti, i paesi

arabi erano in una situazione di assenza di alternanza politica, forte disoccupazione,

democrazia mai sviluppata, bassi livelli di vita, diritti fondamentali violati, assenza di

libertà di espressione, corruzione a tutti i livelli, favoritismi, fuga dei cervelli, ecc. Tutto

ciò rappresenta un terreno fertile per la destabilizzazione. Nonostante l’assoluta

fondatezza delle rivendicazioni della piazza araba, ricerche approfondite hanno

dimostrato che i giovani manifestanti e i cyber-attivisti arabi erano stati formati e

finanziati dalle citate organizzazioni statunitensi specializzate nella “esportazione della

democrazia”, già molti anni prima che Mohamed Bouazizi si immolasse col fuoco a

Tunisi.

Tuttavia occorre riconoscere che i manifestanti che hanno paralizzato le città arabe e

che hanno cacciato i vecchi autocrati arabi, al potere da decenni, rappresentano

comunque una generazione piena di forza e di speranze.

90 https://freedomhouse.org/

91 https://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=120:arabesque-americaine-chapitre-1&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119

http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=124:arabesque-americaine-documents-complementaires&catid=37:societe&Itemid=75

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Una gioventù istruita, che ha dimestichezza con le tecniche della resistenza non

violenta e i suoi slogan efficaci. Le stesse tecniche teorizzate dal filosofo statunitense

Gene Sharp e messe in pratica dagli attivisti serbi di Otpor durante le rivoluzioni

colorate. Le stesse tecniche insegnate ai giovani manifestanti arabi dai fondatori di

Otpor, nel loro centro CANVAS (Center for Applied Non Violent Action and Strategies),

realizzato apposta per la formazione di dissidenti in erba.

7.2 Il ruolo delle ONG durante le rivoluzioni arancione

Dalla fine del 2003 e fino alla metà del 2005, la Georgia, l’Ucraina ed infine il

Kirghizistan sono stati teatro di proteste che sono terminate solamente con la caduta

dei regimi alla guida di questi Stati. Tali eventi, definiti Rivoluzioni Colorate, sono

avvenuti senza l’utilizzo della forza, tranne alcune eccezioni minori, né da parte dei

manifestanti, né da parte delle autorità, e ciò ha rappresentato una notevole novità

rispetto al passato.

La crisi politica che ha attraversato questi paesi nei questi anni, la più grave in Europa

dal collasso del socialismo nei paesi dell’est e la seguente disintegrazione dell’URSS,

date le sue implicazioni, è stata presentata come il frutto dello scontro tra le forze

“riformiste”, filo-occidentali, e quelle opposte alla democratizzazione del paese, definite

come pro-russe.

Nel caso dell’Ucraina, sebbene debba essere riconosciuta anche la presenza

dell’elemento nazionalista nei processi politici che si sono dispiegati nel paese a partire

dalla dichiarazione d’indipendenza del 1991, a causa in particolare dell’esistenza di

una numerosa minoranza nazionale di origine russa, gli stretti legami tra questo paese

e la Russia, ed anche la presenza di una significativa minoranza di origine polacca

L’Ucraina è una nazione totalmente slava, considerata quasi unanimemente la culla di

quella cultura. Nonostante ciò, le sue relazioni con la Russia, l’altro gigante della

tradizione slava, sono sempre state profondamente complesse anche in relazione

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all’importanza fondamentale dell’Ucraina nel sistema agricolo, minerario ed industriale

dell’Unione Sovietica. A livello storico non bisogna inoltre dimenticare che l’Ucraina fu

la patria di due tra i più importanti leader dell’Unione Sovietica, Nikita Kruscev e Leonid

Breznev, e fu anche il teatro delle più grandi battaglie tra Armata Rossa e truppe

naziste durante la seconda Guerra Mondiale. L’Ucraina è sempre stata senza alcun

dubbio al centro della vita economica, culturale e militare dell’Unione.

Allo stesso tempo non si può trascurare di menzionare il forte movimento nazionalista

ucraino che è sempre stato presente, soprattutto durante gli anni della II Guerra

Mondiale e negli anni ’50. Ugualmente la netta frattura tra ovest dell’Ucraina, più

indipendentista e orientata verso l’Europa e gli Stati Uniti ed est ucraino, rivolto verso

Mosca, non è certo iniziata con la Rivoluzione Arancione del 200492 ma è stata un

tema perennemente presente durante il periodo sovietico ed i primi anni post

indipendenza. Non è quindi sorprendente scoprire che i nazionalisti hanno sempre

avuto seguito nella parte occidentale dell’Ucraina e che addirittura, durante la II Guerra

Mondiale, molti di essi hanno supportato i Nazisti invece dell’Armata Rossa.

Va ricordato inoltre l’Holodomor, il genocidio dei primi anni ’30 durante il quale milioni

di Ucraini morirono di fame a causa dalla collettivizzazione forzata decisa da Stalin

che provocò una carestia di incredibile proporzione. Questo genocidio devastò

l’Ucraina e spine moltissimi Ucraini ad odiare il regime sovietico93.

Durante il periodo sovietico la minoranza russa presente in Ucraina visse nella parte

orientale del paese, continuando a parlare il russo ed identificandosi più come russi

che come ucraini. Questa minoranza aumentò sempre di più sia di numero sia di

influenza dopo la II Guerra Mondiale e con il passaggio nel 1954 della Crimea, regione

totalmente popolata da russi, la minoranza russa in Ucraina raggiunse circa il 25%

dell’intera popolazione. Dall’indipendenza del 1991 questa minoranza ha

controbilanciato la presenza ad ovest dei nazionalisti di fatto bloccando o rallentando

tutte quelle politiche volte a rafforzare l’identità nazionale, come l’adozione ufficiale

della sola lingua ucraina, l’accesso alla NATO, la celebrazione dell’Holodomor, etc.

Anche il fattore geopolitico ha svolto un ruolo determinante nell’evoluzione degli

avvenimenti, la situazione geostrategica dell’Ucraina e il suo significato sia per la

Russia che per i paesi occidentali, specialmente per gli Stati Uniti. L’Ucraina è

92 L’Est Ucraina dopo il referendum chiede l’annessione alla Russia. L’Ue non riconosce il

risultato e vara nuove sanzioni contro Mosca, in «La Stampa», 12 maggio 2014; Ucraina, l’est sceglie la secessione. Kiev: “Farsa finanziata dal Cremlino”, in «la Repubblica», 12 maggio 2014

93 Russia contro America, peggio di prima, supplemento a «LiMes», n. 4/2008, p. 18-24.

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considerata, in virtù della sua posizione privilegiata nel Mar Nero, che la unisce al sud-

est del continente, ai Balcani e al Caucaso, come “un ponte tra Mosca e l’Occidente”,

una specie di “ponte tra l’UE e la Russia”, che dopo l’anni ’90, ha svolto il ruolo “di zona

neutrale tra la Russia e la NATO. Brzezinski in “La grande scacchiera” (1997), aveva

messo che “Manovrare” questo paese permette di limitare il raggio di influenza russa

ad Ovest ed evitare la ricostruzione della “Grande Russia”, tanto cara a Putin”.

L’Ucraina rappresenta, inoltre, una fondamentale linea di transito per oleodotti e

metanodotti, i quali, partendo dall’Asia centrale e dal Caucaso, si dirigono verso

l’Europa Occidentale alla volta del Nord:

L’obiettivo è di comprendere il ruolo delle NGO nei cambiamenti istituzionali che sono

derivati da questi fatti, la rimozione dal potere di una leadership autoritaria attraverso

metodi non violenti e democratici (sconfitta elettorale e proteste di massa non violente).

La rivoluzione arancione ha dimostrato la presenza di un trend generalizzato capace

di modificare i sistemi istituzionali

“Capelli lunghi e maglietta gialla, Vladimir Kaskiv non ha proprio l’aria di uno studente.

Insieme ad una quindicina di persone, gestisce l’organizzazione di “Pora” (tradotto vuol

dire “è tempo, è ora”). Prima, proprio come molti altri suoi compagni, aveva combattuto

nel 1991 per l’indipendenza dell’Ucraina dal giogo sovietico. L’unica influenza che

Vladimir rivendica è in effetti il libro di Gene Sharp intitolato “Dalla dittatura alla

democrazia”, diventato il vademecum degli attivisti delle rivoluzioni pacifiche come

quelle di “Otpor” in Serbia o “Kmara” in Georgia. “La nostra ideologia è un insieme di

quegli stessi valori liberali che sono stati messi in discussione nel corso della recente

campagna presidenziale in Ucraina: la libertà di espressione, i diritti dell’uomo, ma

anche l’indipendenza del paese di fronte a qualsiasi ingerenza straniera. Allo stesso

tempo siamo anche patrioti. Il libero mercato e il libero scambio sono al secondo posto

della nostra lotta e provengono da questi medesimi valori di libertà”.

Un ruolo preminente negli eventi ucraini è stato giocato dall'organizzazione di giovani

attivisti PORA, in realtà costituita da due organizzazioni, una delle quali rimase

deliberatamente non organizzata. In ucraino il termine ‘Pora' significa “E l'ora”, ed è

anche il significato contrario del titolo dell'inno patriottico ucraino “Ne pora” (“Adesso

non è l'ora”). La prima versione di PORA, soprannominata ‘Black Pora', era una

continuazione dell'ala radicale dei movimenti “Ucraina senza Kuchma” e “Per la verità”

del 2001, che non ebbero successo, e il leader era Mykhailo Svystovych, anche se

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l'organizzazione, perlopiù per motivi ideologici, ma anche per evitare misure repressive

da parte dell'autorità, rimase priva di un vero e proprio portavoce. 94

‘Yellow Pora', il cui leader de facto era Vladislav Kaskiv, spuntò fuori nello stesso

momento con gran parte delle stesse idee; ‘Yellow Pora' aveva però un'organizzazione

più imprenditoriale, sia politicamente che economicamente, ed era più basata nella

capitale. Ci fu persino il sospetto che Juščenko avesse messo mano nella creazione

del doppione ‘Yellow Pora' per rubare il brand e farlo convergere maggiormente nella

sua direzione. In ogni caso fu Roman Bezsmertnyi ad aiutare a coordinare le due

componenti del movimento, che in seguito, durante le proteste di piazza Nezalezhnosti

si accordarono per stabilire una divisione del lavoro, con due patti informali il 15 ottobre

e il 15 novembre 2004. 95

PORA basò la sua strategia soprattutto su un libro di Gene Sharp, From Dictatorhip to

Democracy: A Conceptual Framework for liberation (1993), soprannominato il

“Clausewitz della guerra non violent”, cercando di individuare i punti deboli del regime

ucraino.

PORA mise in atto delle tattiche “situazioniste” per deridere le autorità e dispare la

paura della repressione: lo slogan “Uccidi la tv all'interno di te stesso”, cortei

carnevaleschi per le strade, il blocco dei bus che trasportavano i “votanti di

professione” durante il giorno delle votazioni e ha contribuito allo sviluppo di un network

indipendente per monitorare e analizzare i risultati elettorali.

Nel processo che si è scatenato dopo il primo giro della campagna presidenziale, sono

apparse istituzioni nord americane: il National Endowment for Democracy,

l’International Republican Institute (organismo ufficiale del Partito Repubblicano degli

Stati Uniti), l’International Democratic Institute (organismo simile dei democratici) e

l’Open Society Institute diretta dal multimilionario nordamericano di origine ungherese

George Soros.

“All’attività di queste organizzazioni si aggiungono fondazioni ugualmente note come,

rispettivamente, la Konrad Adenauer dell’Unione Cristiano-Democratica (CDU) della

Germania e la Friedrich Ebert dei socialdemocratici tedeschi, come pure la lobby

polacca negli USA, a cui si aggiungono altre lobby europee, che insieme hanno

profuso sforzi per mobilitare il nazionalismo culturale cattolico ucraino e i giovani delle

94 G. Sussman – S. Krader, Template Revolutions: Marketing U.S. Regime Change in Eastern

Europe, in «Westminster Papers in Communication and Culture», University of Westminster, London, vol. 5, n. 3, 2008, p. 91-112.

95 C’era una volta Optor, in http://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/C-era-una-volta-Otpor-27236

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città contro “Janukovich, i nazionalisti economici e la Russia”, identificati come

rappresentanti di “un sistema immorale che domina politicamente”, a cui si opponeva

“una forza democratica moralizzatrice””.

Nelli diversi studi si prescrive che “La presenza di queste organizzazioni è stata

accompagnata da abbondanti apporti finanziari che hanno facilitato l’attività di

mobilitazione dei “sostenitori della democrazia”, e che hanno reso possibile il

pagamento di salari ai capi dei gruppi giovanili, il pagamento per giorni dei manifestanti

stessi, cucine da campo con pasti caldi, il dispiegamento di circa 1.200 tende di 200

dollari ognuna nei luoghi di concentramento nella capitale del paese, immensi schermi

di proiezione LCD, abbigliamento in abbondanza e scarpe invernali; il tutto distribuito

gratuitamente ai manifestanti, cosa che, secondo il periodico britannico The Guardian,

è costata circa 15 milioni di dollari al giorno”.

Quanto sopra si puo pensare che la cosiddetta opposizione in Ucraina, riversatasi nelle

strade con una componente prevalentemente giovanile, sia stata in realtà un progetto

ben preparato e finanziato dall’estero.

Il partito di Viktor Juschenko “Nostra Ucraina”, appaia come il principale sostenitore

della “opposizione democratica”, in realtà il supporto fondamentale di questo

movimento lo ha assicurato un’ampia rete di “organizzazioni non governative”, che

rispondevano genericamente alla citata “Pora”, formata per la maggior parte da

studenti addestrati dall’organizzazione similare serba “Otpor” (organizzatrice nell’anno

2000 delle manifestazioni anti-Milosevic a Belgrado), che ha anche addestrato

“Khmara” per il colpo di Stato in Georgia del novembre 2003.

Proprio in funzione di principale forza d’urto dell’azione “di opposizione” hanno operato

gli studenti, nello stesso modo con cui in precedenza si era manifestato in ex

Jugoslavia, Georgia etc. Si distinguono solamente i nomi delle organizzazioni giovanili:

in ex Jugoslavia si trattava del movimento “Otpor” (Resistenza); in Georgia, “Kmara”;

in Bielorussia “Zubr”, e in Ucraina, “Pora” (“E’ il momento”). Per gli specialisti, “Tutti li

unisce il denaro occidentale speso per crearli. Gli stessi istruttori hanno insegnato a

questi giovani come manipolare la folla, assaltare edifici e alzare barricate”.

Come abbiamo detto prima, “le origini di “Pora” vanno ricercate nell’organizzazione

non governativa “Freedom of Choice Coalition” (FCC), vero cervello degli sforzi di

“democratizzazione” in Ucraina, che all’inizio aveva tentato di organizzarsi in reti di

“volontari” (reclutati tra gli studenti) con l’obiettivo di informare i cittadini ucraini sul loro

diritto al voto”.

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“La FCC fu fondata nel 1999, con l’intento di raggruppare più di 300 “organizzazioni

non governative”. La FCC è sovvenzionata dalle istituzioni come: il “National

Democratic Institute”, diretto dall’ex Segretaria di Stato Madeleine Albright; la

“International Renaissance Foundation” (IRF), filiale ucraina di “Open Society

Institute”, patrocinata e finanziata dal già citato George Soros; “Eurasia Foundation”,

pure finanziata da questo personaggio e dal Governo degli Stati Uniti d’America; la

Banca Mondiale; l’OSCE; la “US Agency for International Development”; e la “Freedom

House””.

“Adrian Korotnicki, principale organizzatore del movimento giovanile ucraino “Pora”,

ha usato un tono enfatico nel sostenere insistentemente la convenienza, per gli

interessi di Washington, di separare l’Ucraina dalla Russia: “L’Ucraina (una nuova e

importante pedina nella scacchiera dello spazio euro-asiatico) è uno Stato col ruolo di

perno geopolitico dovuto al fatto che, per la sua stessa esistenza, ci aiuta a trasformare

le fondamenta della Russia. Senza l’Ucraina, la Russia rinuncerebbe ad essere un

impero euro-asiatico. Senza l’Ucraina, la Russia rappresenterebbe solo un impero

prevalentemente asiatico, che può smembrarsi nei conflitti interni dell’Asia Centrale

islamica, con l’aiuto degli altri Stati islamici del Sud””.

La finalità di tali sforzi, è quella di impedire un eventuale ristabilimento di un asse

Mosca-Kiev, che avrebbe costituito la premessa essenziale alla ricostruzione politica,

economica e militare di un nucleo di potere nella parte orientale d’Europa, in

condizione di frenare, o almeno limitare, le aspirazioni degli USA e dell’UE al controllo

delle importanti riserve di petrolio e di gas esistenti in entrambe le regioni.

Ma al contrario del 2004, nell’autunno 2013 in Ucraina scoppia la protesta che passerà

alla storia come Euromaidan, nome che deriva dalla locazione originaria dei movimenti

di dissenso, la piazza Maidan di Kiev.

Migliaia di persone si riversarono in piazza accusando il governo Yanukovich, eletto

legittimamente nel 2010, del mancato accordo di libero scambio con l’Unione Europea.

Da protesta popolare, l’Euromaidan divenne un laboratorio politico tramite il ruolo e

l’azione di due fattori di primaria importanza nell’interpretazione, il primo, e nello

svolgimento, il secondo, dei fenomeni internazionali: i mass media e le ingerenza

politiche estere. La narrazione mediatica che provò a descrivere e fotografare gli eventi

del Maidan portò a un’interpretazione parziale dei fatti, avvicinandosi più a un disegno

impreciso che a un’istantanea di qualità.

L’incomprensione di base degli eventi fu la totale assenza di una spiegazione completa

della profonda divisione etnico-culturale dell’Ucraina, separata da un confine

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immaginario e tagliata in due: una parta decisamente filo-occidentale, con il centro

nell’Oblast di Kiev, e una parte marcatamente filo-russa, concentrata nelle regioni del

Donbass.

Una piazza, quella del Maidan, dipinta e narrata come se rappresentasse la totalità di

un paese in realtà caratterizzato da radicate differenze etniche, linguistiche, religiose

e culturali.

L’Euromaidan, movimento che avrebbe portato al crollo del governo Yanukovich,

venne quindi fatto passare come volontà indiscutibile del popolo ucraino nella sua

interezza, quando solo 3 anni prima l’Osce certificava come valide le elezioni che

portarono al potere il presidente Yanukovich.

Sin dall’inizio delle manifestazioni fu essenziale il ruolo delle ONG interni e quelli

esterni presenti sul suolo ucraino: le organizzazioni riuscirono a stimolare la società

civile del paese, creando reti e network sociali in grado di unire le diverse fazioni filo-

occidentali, facendo presa su giovani e studenti e massimizzando i risultati di chi

tentava di dirigere le proteste.

Dalle diversi studi fatti, le Ong straniere che hanno avuto un ruolo importante nelle

manifestazioni di euromaidan, si possono notare l’Open Society Foundation, fondata

dal magnate George Soros nel 1993, che nel 2012 ha investito ben 12 milioni di dollari

in Ucraina, media di gran lunga superiore agli investimenti fatti negli altri paesi

europei.96

Organizzazioni non governative presenti ed attive in Ucraina sono state la NED

(National Endowment for Democracy), protagonista di 65 progetti nel paese; la

National Democratic Institute for International Affairs e la Millennium Challenge

Corporation. Per finire una menzione particolare va riservata al ruolo di Freedom

House, Ong ben radicata in territorio ucraino, che si occupa di stilare annualmente una

classifica chiamata “Indice di libertà”, con lo scopo di monitorare il grado di libertà di

uno stato sulla base di indici relativi a diritti politici e alle libertà civili.

E la stessa Freedom House che analizzando lo “Status” dell’Ucraina declassa il paese

da “libero” a “parzialmente libero” nel 2010, in occasione delle elezioni di Yanukovich.

La stessa Freedom House aveva dichiarato l’Ucraina paese “libero” nel 2005, dopo la

rivoluzione arancione. Rivoluzione che l’ONG in questione aveva finanziato

economicamente e nella quale, in occasione del ballottaggio tra Yanukovich e

96 Lorenzo Zacchi: Speciale Donbass: Le vere cause di Euromaidan – l'Opinione

...www.opinione-pubblica.com Oct 9, 2015

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Yushchenko, giocò un ruolo di straordinaria importanza mobilitando più di mille

osservatori che segnalavano tramite exit pool il netto vantaggio del secondo candidato

sul primo.

7.3 La comunità Sant’Egidio

7.3.1 La Comunità

La Comunità di Sant'Egidio (CSE) è una “Associazione pubblica di laici della Chiesa",

nata a Roma nel 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi (ed un gruppo di liceali suoi

compagni) per ascoltare e mettere in pratica la Parola di Dio.

La Comunità ha la sua sede a Trastevere (dal 1973 nell’antico edificio del monastero

di Sant’Egidio, da cui prende il nome e dove ha dato origine alla tradizione della

preghiera collettiva serale che accompagna tuttora la vita di tutte le comunità) e dalla

seconda metà degli anni settanta, ha cominciato a diffondersi in altre città italiane e,

successivamente, negli altri continenti.

Il termine comunità vuol significare, nell’idea del fondatore, l’esigenza di fraternità che

i suoi membri (laici) sperimentano quotidianamente sia all’interno che all'esterno della

stessa con un atteggiamento di apertura e attenzione costante verso la società e le

altre esperienze ecclesiali.

L’attività del nucleo iniziale della CSE si incentrava principalmente su iniziative a favore

degli emarginati nei quartieri popolari della periferia romana;97 rapidamente il

movimento studentesco ha iniziato ad agire oltre la dimensione locale e si è

trasformato in soggetto internazionale “indipendente e autorevole, riconosciuto e

apprezzato da diverse organizzazioni internazionali”.

La CSE oggi promuove sulla scena globale il dialogo ecumenico e interreligioso, la

tutela dei diritti umani, la soluzione pacifica dei conflitti.

Nel 1986 la CSE ha ricevuto il riconoscimento di Associazione Internazionale di Fedeli

di Diritto Pontificio da parte del Pontificio Consiglio per i Laici,98 è membro del Comitato

97 Il primo dei servizi della comunità, quando ancora non aveva preso il nome di Sant'Egidio, fu

la scuola popolare per i bambini emarginati delle baraccopoli romane, come il “Cinodromo”, lungo il Tevere, nella zona sud di Roma.

98 http://w2.vatican.va/content/vatican/it.html, (cfr. art. 134 della Costituzione apostolica Pastor Bonus, sulla Curia Romana)

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Economico e Sociale delle Nazioni Unite e gode di status riconosciuto presso l’Unione

Europea, alcune organizzazioni Internazionali e vari Governi nel mondo.

La direzione della Comunità è in carico al Presidente (oggi Marco Impagliazzo),

coadiuvato dal Consiglio di presidenza e da un Assistente ecclesiastico, eletti ogni

cinque anni dall'assemblea generale dei rappresentanti di tutti i nuclei di comunità.99

Questo movimento laicale è diventato nel tempo un cluster di comunità di ispirazione

cristiana cattolica distribuite in tutto il mondo (oltre 70 paesi)100 ed è dedito alla

preghiera ed alla comunicazione del Vangelo, con un impegno volontario e gratuito

per i poveri e per la pace.

La Comunità di Sant'Egidio, infatti, si configura come una “famiglia di comunità” (che

cerca di estendere la condivisione di un'esperienza comunitaria cristiana ad una

dimensione mondiale) in cui Roma svolge un ruolo di riferimento per le differenti

Chiese locali e le altre realtà distribuite nella rete internazionale.

La CSE si prefigge l’obiettivo di un impegno continuo alla cura delle periferie umane

ed esistenziali e degli emarginati dei diversi continenti con forme di aiuto mirate a

combattere le situazioni di povertà e disagio ed azioni di sostegno ai diritti e alla dignità

della persona.

Tre sono le fondamenta su è costituita questa comunità (uomini e donne

“religiosamente ispirati” di tutte le età e condizione sociali, uniti da un forte legame di

fraternità), che Papa Francesco ha ribattezzato “la Comunità delle 3 P”:

- La preghiera,101 la prima attività della Comunità, un luogo di incontro e di

accoglienza per chiunque voglia ascoltare il Vangelo.

99 Nei Paesi in cui esistono più comunità è spesso nominato anche un Presidente nazionale. 100 La Comunità di Sant'Egidio è costituita da una rete di piccole comunità di vita fraterna diffuse

in 73 Paesi così distribuiti: Africa (29), Asia (7), Europa (23), Nordamerica (8), Sudamerica (5). I membri della comunità sono circa 60.000..

101 La Comunità di Sant'Egidio pone in primo piano, tra le proprie attività, la preghiera. La lettura delle Scritture ha in questo ambito un ruolo centrale: l'idea è quella di riprendere l'esperienza dei discepoli raccolti attorno a Gesù per ascoltarne la parola. Concordia e assiduità nella preghiera (Atti degli Apostoli, 2,42) costituiscono quindi la via offerta e richiesta a tutti i membri della comunità. Le comunità, a Roma e in altre parti d'Italia, d'Europa o del mondo, si riuniscono frequentemente per pregare assieme. In molte città ogni sera viene organizzata una preghiera comunitaria aperta a tutte le persone interessate. A ogni membro della comunità è chiesto inoltre di trovare uno spazio significativo nella propria vita per la preghiera personale e per la lettura delle Scritture, cominciando dai Vangeli. La comunicazione del Vangelo è un'attività cui la comunità dedica particolare rilevanza. Nell'esperienza di Sant'Egidio essere discepoli e vivere e comunicare la Parola di Gesù sono infatti strettamente correlati: per questo è stata avviata negli anni una “fraternità missionaria” in molte parti del mondo.

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- Il sostegno ai poveri di ogni condizione nei vari paesi del mondo (dalle persone

senza dimora, anziani soli, bambini di strada in Africa e in America Latina, minori

che crescono alle Scuole della Pace fino ai programmi per contrastare l'AIDS e il

sostegno all'infanzia e la registrazione anagrafica in Africa), tutti considerarti

“fratelli”.102

- L’impegno a favore della pace (per proteggerla dove è minacciata ed aiutare a

ricostruirla dove si è persa), una responsabilità di tutti i cristiani, consapevoli del

fatto che la “guerra è la madre di ogni povertà”. Tale servizio viene attuato in

senso lato anche nella ricerca della riconciliazione tra popoli e realtà locali e nella

facilitazione del dialogalo interreligioso nello “Spirito di Assisi”.103

102 Negli anni novanta in seno alla Comunità sono sorti Il Paese dell'Arcobaleno (movimento per

bambini e ragazzi), le Scuole del Vangelo (per adulti e famiglie), Viva gli Anziani (per la terza età), Gli Amici (per disabili e malati), Genti di pace (per i migranti). Alla Comunità sono anche collegate alcune organizzazioni non governative, che raccolgono iniziative di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà, ad esempio in Kosovo, Albania, El Salvador, Guatemala. Ogni comunità è chiamata, anche se piccola, a dare il suo contributo di solidarietà.

103 Grande focus mediatico si è avuto in occasione dello svolgimento dell’annuale incontro interreligioso internazionale organizzato, nel solco di una lunga serie iniziata ad Assisi nel 1986, dalla Comunità Igidina in Germania, a Münster ed Osnabrück dal 10 al 12 settembre 2017, con lo scopo di promuovere la conoscenza reciproca ed il dialogo tra le religioni, nell’orizzonte della Pace. All’appuntamento, dal titolo “Strade di Pace”, hanno partecipato numerose personalità di spicco, laiche e religiose, tra le quali, ad esempio e per poterne capire la portata in termini di comunicazione, la Cancelliera tedesca Angela Merkel, il Presidente del Niger Mahamadou Issoufou, il Grande Imam di al – Azhar al – Tayyib, il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani.

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7.3.2 La diplomazia “alternativa e complementare” alla base dei successi internazionali della

Comunità

Oggi, dopo oltre 50 anni di attività, “continua la grande sfida per la costruzione di

un mondo più umano a molti livelli con numerose iniziative in Italia e nel mondo”.

Tra i numerosi successi ottenuti dalla CSE sin dalla sua nascita sicuramente ha un

posto di rilievo la spiccata capacità di intervento in settori generalmente riservati a

politici e diplomatici nel perseguire la pace e la cooperazione tra i popoli (portato avanti

dall'Ufficio Internazionale della Comunità).

Ma qual è il segreto della “piccola ONU di Trastevere” e su quali fattori si fonda la

sua enorme credibilità? Esiste un modello di “diplomazia parallela” utilizzato dalla CSE

per la risoluzione dei conflitti nel mondo?

Ne abbiamo parlato con il Prof. Adriano Roccucci,104 Docente di Storia

Contemporanea all’Università Roma TRE e Segretario Generale della Comunità di

104 Il Prof. Roccucci ha studiato in particolare la storia russa del Novecento. E’ stato perito storico della Commissione vaticana per i Nuovi Martiri istituita da Giovanni Paolo II in

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Sant’Egidio, che ci ha illustrato con chiarezza e semplicità i punti di forza di questa

ONG peculiare.

Nel senso stretto del termine, infatti, la CSE è una realtà molto più complessa di

una semplice ONG: un soggetto internazionale, con uno statuto giuridico di diritto

pubblico (sia civile che ecclesiastico) ed accordi con Stati sovrani (quali l’Italia, la

Francia, il Belgio, etc), che attua modalità d’azione diverse rispetto a quelle messe in

atto dalle ONG tradizionali.

La sua struttura associativa, benché gerarchicamente strutturata, è snella (non è ricca

di personale e mezzi economici), verticale e decisionista, non è soggetta ai vincoli delle

burocrazie istituzionali né è in concorrenza con le diplomazie ufficiali (con cui

collabora).

Pur non essendo una realtà di professionisti della diplomazia (il servizio dei suoi iscritti

è, infatti, prestato su base volontaria e meno del 10% delle uscite della Comunità sono

attribuibili a spese per il personale, mentre le ONG hanno in media costi fissi superiori

al 50% per le proprie strutture di staff), la CSE è da anni in prima linea in molte “zone

calde” nei vari continenti ed è diventata un soggetto decisivo nella soluzione di

guerre civili e conflitti internazionali ricevendo grandi riconoscimenti a livello

mondiale (per es. il Premio Balzan per la Pace, Premio Unesco per la Pace).

L’elevata competenza dimostrata, la serietà di un impegno disinteressato e la

realizzazione di attività di natura sociali, culturali ed internazionali coniugate

all’esecuzione di un lavoro gratuito (che in teoria rappresenta un vulnus ed una

debolezza organizzativa) sono diventate il segno distintivo ed punto di forza su cui si

impernia il successo della CSE che in questo modo ha acquisito una sempre crescente

legittimazione a livello mondiale su varie dimensioni.

In tale ambito va evidenziato che la Comunità:

i. ha al suo interno realtà internazionali radicate nei vari Paesi, una reta di soggetti

disseminati nel mondo che vivono le situazioni ambientali con vera “sensibilità

locale”.

occasione del Giubileo dell’anno 2000 per approfondire la conoscenza storica delle vicende che portarono al martirio di una vastissima schiera di cristiani nel XX secolo.

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ii. È impegnata da anni in un lavoro di mediazione nei conflitti finalizzato a cambiare

le situazioni con cui ci si confronta e nel fornire attività di sostegno. Questa capacità

si basa su una rete di contatti e relazioni che hanno messo al centro di ogni sforzo

i paesi in conflitto. L’obiettivo di realizzare la solidarietà e l'aiuto umanitario alle

popolazioni civili che soffrono a causa della guerra viene perseguito anche

attraverso collaborazioni e sinergie con professionisti della diplomazia, le

grandi entità sovranazionali (Nazioni Unite, Unione Europea, Unione Africana,

ecc.), le Difese e le istituzioni nazionali capaci di implementare gli accordi di pace

sugli schemi ideati dalla Comunità. L’esperienza dell’intervento in Mozambico è un

esempio di successo rilevante di come la CSE abbia saputo attuare con efficacia

un modello di “diplomazia completare” a quelle nazionali con un messaggio

comune: “la pace è sempre possibile e tutti, davvero tutti, possono

contribuirvi”. In tale occasione si è, infatti, dimostrato come un gruppo di mediatori,

privi di interessi e convinti che la pace fosse raggiungibile, riuscì, tramite l'appoggio

delle Nazioni Unite, il sottosegretario agli Affari Esteri Mario Raffaelli, l'Ambasciatore

d'Italia Manfredo Incisa di Camerana e la Chiesa locale, a far dialogare la guerriglia

armata antigovernativa della Renamo (Resistenza nazionale mozambicana) ed il

governo di Maputo, guidato dal Frelimo (Fronte di liberazione del Mozambico).

iii. È attiva con interventi di diplomazia umanitaria ed emergenziali atti a migliorare

scenari post-eventi (calamità naturali, terremoti, etc) o azioni strutturate di più ampio

respiro in sinergia con le organizzazioni non governative del posto. Si riportano a

titolo d’esempio:

La costituzione di corridoi umanitari105 che hanno consentito finora l’arrivo dal

Libano in Italia di alcune migliaia di rifugiati, soprattutto siriani. Un nuovo

corridoio è stato aperto dall’Etiopia per 500 profughi del Corno d’Africa, insieme

alla Conferenza Episcopale Italiana. Nel corso del 2017 questo modello (che

abbina la necessità di salvare vite umane e la sicurezza e incoraggia

l’integrazione) è stato seguito anche in Francia e in Belgio.

La realizzazione di un ospedale per malati di tubercolosi in Guinea-Bissau ed di

un centro nazionale di prevenzione e cura dell'Aids in Mozambico.

Il programma DREAM (Drug Resource Enhancement against AIDS and

Malnutrition), presente in dieci paesi africani, che consiste in una serie di centri

105 I corridoi umanitari - Aperti nel dicembre 2015 grazie ad un accordo tra Comunità di

Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, da una parte, e i ministeri dell’Interno e degli Esteri, dall’altra.

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di analisi e cura per HIV sieropositivi e malati di AIDS (oltre 88.000 persone),

centri nutrizionali e da laboratori di analisi. Il programma comprende, inoltre,

corsi di formazione per il personale locale e pone particolare attenzione alla

prevenzione del contagio verticale (dalla madre al figlio durante il parto) anche

attraverso lo sviluppo di tecniche innovative della telemedicina. Ad oggi sono

più di 10.000 i bambini nati sani da madre sieropositiva.

Il programma BRAVO (Birth Registration for All Versus Oblivion) per la

registrazione anagrafica di milioni di bambini in Africa106 che sarebbero

altrimenti inesistenti dal punto di vista legale. La mancata registrazione

anagrafica non permette l’accesso ai servizi pubblici, inclusi i servizi scolastici

e sanitari, ed il coinvolgimento delle forze dell'ordine in caso di scomparsa o

rapimento. In paesi come il Burkina Faso o il Malawi, l’avvenuta registrazione

fa sì che questi bambini possano scampare diverse minacce quali la tratta e

sfruttamento di minori ed evita che gli stessi possano diventare bambini soldato,

vittime di schiavitù, traffico di organi, abusi sessuali, matrimoni precoci e lavoro

minorile.

iv. Dimostra grande abilità nel portare avanti il dialogo interreligioso, ritenendo che

le religioni possano essere la vera forza che porta alla pace e che bisogna “seminare

il terreno della pace, facendolo germogliare, al momento giusto”. Con questo spirito

organizza ogni anno un meeting internazionale, “nello spirito del primo incontro

promosso ad Assisi, nel 1986, da Giovanni Paolo II” in cui gli esponenti delle varie

religiosi (patriarchi cristiani, leader buddisti, rabbini o muftì) dialogano su temi non

solo di natura teologica, ma anche delle principali situazioni di conflitto a

livello mondiale.

L’atipicità e peculiarità nel modo con cui la Comunità romana si impegna (non solo per

la ricerca della pace) ha, di fatto, creato un metodo diplomatico peculiare (alternativo

e complementare) che si fonda sulla

- centralità del fattore umano;

- comprensione delle diverse realtà che si affrontano (con un occhio “empatico”

dall’interno), e volontà di attuare interventi mirati al cambiamento senza

preconcetti né condizionamenti circa le modalità d’azione senza fretta; il fattore

tempo è, infatti, decisivo per la firma di un accordo di pace in cui bisogna avvicinare

106 Il numero di bambini non registrati all'anagrafe è stimato dall'UNICEF intorno ai 51 milioni

all'anno.

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mondi diversi che procedono secondo logiche proprie107 non sempre condivise e

riconosciute dalle controparti;

- flessibilità e capacità di attuare approcci diversi per le varie specifiche

situazioni; parliamo, quindi, di un modello diplomatico ad assetto variabile in cui

mancano soluzioni predefinite o imposte dai mediatori;

- adozione di una rete di relazioni con persone chiavi in loco e c/o le istituzioni

nazionali ed internazionali che possono avere una influenza positiva e salvaguardia

del livello locale dei membri della Comunità del paese/area oggetto di mediazione;

- realizzazione, all’interno dei negoziati, di contatti diretti ed informali, attraverso i

quali sciogliere i nodi intricati tra le parti in conflitto e percorrere insieme un itinerario

condiviso che di basa sulla definizione di meccanismi chiari, certi e dettagliati

che evitino interpretazioni erronee o dubbie e che tutelino, in particolare modo, la

parte che si crede sconfitta alla luce dell’accordo politico raggiunto;

- indipendenza della sede di Roma, in cui tutte le mediazioni sono svolte, elemento

portante della neutralità nelle mediazioni di pace che permette il riconoscimento

della CSE come “honest brokers” privi d’interessi di parte: “ un attore neutro ma

non vuoto!”.

- attuazione di azioni di natura culturale sempre in grado di garantire un rispetto

sostanziale delle diversità e la costruzione della “civiltà del convivere in grado di

superare guerre fratricide e conflitti interetnici, per arrivare alla pace…quella pace

“fuori agenda”.

7.3.3 Le principali iniziative di Pace e mediazione internazionale

“La Comunità di Sant’Egidio è un osservatore sull’orizzonte internazionale, sulle

frontiere della guerra, della povertà dei popoli, della violenza, attento a recepire

domande e ad esplorare strade possibili di pace”108

107 Andrea Riccardi così descrive l’importanza di questa componente […] non è facile passare

dalla mentalità del guerrigliero, il cui scopo è colpire il nemico, anche quando sa che non riuscirà a vincere, a quella del politico che accetta la coabitazione nella pace. Non è facile passare dalla mentalità di governo, che considera criminale la guerriglia, ad un’accettazione dell’avversario in armi, come interlocutore politico. C’è bisogno di tempo che faccia evolvere la mentalità. In questo senso, spesso, i negoziati sono anche una scuola di politica, segnando il passaggio dal conflitto armato al dibattito politico. Ma per questo occorre la consapevolezza che la vittoria non è possibile, che continuare a combattere costa dolore e sangue, che il futuro può essere migliore per tutti. La fiducia non sboccia spontanea e immediata. Non si tratta di riconciliazione tra nemici innanzi tutto, ma d’iniziare un dialogo tra mondi che si sono odiati, che hanno sognato per anni la morte dell’altro e la sua eliminazione […]

108 Cit. Andrea Riccardi.

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Nel 2017 c’è stata la celebrazione del venticinquennale della firma degli Accordi

Generali di Pace per il Mozambico, avvenuta a Roma il 4 ottobre del1992, con i quali

si poneva fine ad una guerra civile, durata sedici anni e che aveva causato oltre un

milione di morti di morti e centinaia di migliaia di profughi. Questo rappresentò il primo

risultato ottenuto in ambito internazionale, quando la Comunità di Sant'Egidio (la pace

raggiunta concludeva un lungo processo negoziale, durato più di un anno, portato

avanti, nella sede di Trastevere della Comunità, dal suo fondatore Andrea Riccardi,

dall’epoca giovane sacerdote di quest’ultima ed oggi Arcivescovo di Bologna Matteo

Zuppi, da un Vescovo mozambicano, recentemente scomparso, Jaime Gonçalves)

aprì un tavolo di trattative tra i contendenti della guerra civile in Mozambico, il

FRELIMO e la RENAMO, che portò nel 1992 alla firma degli Accordi di pace di Roma.

Questi accordi hanno dato l’esempio al mondo di come una realtà non istituzionale,

quale la Comunità di Sant'Egidio, possa portare a termine con successo una

mediazione con una miscela e una sinergia di responsabilità tra entità governative e

non governative.

L'Ufficio Internazionale ha partecipato a numerose altre trattative: alcune con

conclusione positiva, come l'accordo di pace per il Guatemala nel 1996, l'Accordo di

Garanzia con il quale i politici albanesi si impegnavano a rispettare il risultato delle

elezioni che posero fine all'Anarchia albanese del 1997 e la liberazione del leader

kosovaro Ibrahim Rugova; altre con esito negativo, come le trattative tra i leader

algerini tra il 1994 e il 1999 o il tentativo di raggiungere un accordo per la pace nel nord

dell'Uganda, fallito a causa del rifiuto all'ultimo momento da parte dell'LRA di Joseph

Kony. Il 28 maggio 2010, è stata firmata una intesa per la democrazia in Guinea.

Più di recente è cresciuto l’impegno della Comunità per giungere alla fine di alcuni

conflitti, soprattutto in Africa. Fra le tante iniziative realizzate in questo continente è da

segnalare quella realizzata nella Repubblica Centrafricana. Il 19 giugno 2016 è stato

firmato a Roma un accordo politico di pace e riconciliazione nazionale, reso possibile

grazie alla mediazione di Sant’Egidio, in collaborazione con l’ONU (due rappresentanti

della Comunità ne hanno riferito al Consiglio di Sicurezza). Da allora è iniziato un

graduale disarmo dei gruppi armati, ancora operanti nel paese.

Va inoltre ricordato anche il lavoro per la Casamance, dove Sant’Egidio media su

mandato del presidente della Repubblica del Senegal, e per il Sud Sudan, con una

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tessitura discreta per riavvicinare le diverse parti di un Paese ancora ostaggio di gravi

divisioni politiche ed etniche.

Negoziati volti a far avanzare il processo di pacificazione si sono tenuti anche per la

Libia e l’Iraq, dove sono stati inviati aiuti umanitari d’intesa con la Cooperazione

italiana. Infine a Mindanao (Filippine) la Comunità è attiva nel gruppo di mediatori che

opera per l’implementazione dell’accordo di pace firmato nel 2014.

7.3.4 La Pace in SUD SUDAN

In Sud Sudan è in atto una guerra

civile da oltre 7 anni (15 dicembre

2013) che ha causato la morte di

decine di migliaia di persone, 2,5

milioni di persone nei campi profughi

nei paesi limitrofi, 2 milioni di rifugiati

interni (Fonte Unhcr) ed oltre 6-milioni di persone sono sostenute da aiuto alimentare

da parte del World Food Programme.

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Gli scontri a fuoco fra le diverse fazioni sono ancora quotidianamente attivi ed è molto

rischioso muoversi all’interno della nazione (con strade impercorribili ed unici

collegamenti interni possibili via aerea).

La situazione del paese è resa ancor più drammatica dall’ingente presenza di armi da

guerra disponibili nel paese.109

Benchè sia stato siglato a settembre del 2018 un Accordo per la cessazione del

conflitto in Sud Sudan (R-ARCSS) tra il partito del Presidente Salva Kiir Mayardit

(SPLM) ed i partiti di opposizione fra i quali SPLM/IO di Riek Machar, il South Sudan

Opposition Allaince (SSOA), i Former Deteinees (FDs) e Other Political Parties (OPP),

permangono, comunque, attori contrari, quali il National Salvation Front (NAS) di

Thomas Cirillo ed esponenti di diversi gruppi che non condividono le fondamenta

politiche dello stesso.

L’Accordo del settembre 2018 prevedeva un interim period (che ha già subito due

estensioni di 6 e 3 mesi) necessario per la formazione di un esercito nazionale e

focalizzato alla risoluzione di problematiche legate al numero e confini degli stati e al

termine del quale formare un Governo di unità nazionale (R-TGoNU). Il periodo di pre-

transizione senza non era stato in grado di supportare la criticità della formazione di

un Governo di unità nazionale.

La issue è principalmente legata alla risoluzione delle questioni dell’unità dell’esercito

e del numero degli stati, senza la quale SPLM/IO di Riek Machar non accetterà la

proposta di SPLM di Salva Kiir che spinge a formare il Governo di unità. Allo stesso

tempo i partiti che non hanno firmato l’Accordo di pace si sono riuniti nel South Sudan

Opposition Movements Allaance (SSOMA) e stanno insistentemente facendo

pressioni sui firmatari affinché accolgano le loro proposte politiche nello stesso.

Per cercare di mitigare questo scenario così fortemente drammatico si sono attivate

anche le maggiori comunità ecclesiastiche e le personalità religiose di spicco a livello

mondiale; ad Aprile del 2019 Papa Francesco insieme all’arcivescovo di Canterbury e

al Moderatore della Chiesa Presbiteriana di Scozia insieme ai vescovi di tutte le

denominazioni cristiane del Sud Sudan hanno convocato un ritiro spirituale in Vaticano

per sostenere il processo di pace.

Anche la CSE si è impegnata da tempo per cercare di facilitare il dialogo politico fra

tutti i firmatari ed ha organizzato incontri sia con il National Pre Transitional Committee

(NPTC), organo deputato all’implementazione dell’accordo di pace, che fra i non

109 Le nazioni Unite stimano che circa 700mila armi leggere (con una percentuale elevata di AK47)

siano in mano alla popolazione civile.

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firmatari ed i firmatari dell’Accordo, riuscendo in quella che fino a Novembre 2019

sembra, dato il contesto, una missione impossibile: la notificazione pubblica da parte

dei non firmatari (in particolare i leader del SSOMA Thomas Cirillo, Paul Malong e

Pagan Amun) di impegno al dialogo politico con il governo ed i firmatari, siglando

anche la pausa di qualsiasi tipo di confronto armato.

A ciò ha fatto seguito la dichiarazione, stavolta congiunta dal parte del governo del

Sud Sudan e dei movimenti di opposizione, del 12 gennaio 2020 a Roma, in cui si

sancisce ufficialmente il reciproco impegno al rispetto della cessazione delle ostilità ed

al proseguimento del dialogo politico.

Questo evento ha rappresentato la prima e concreta milestone del non semplice

processo di interazioni tra le Parti e lascia aperte le speranze che si possa finalmente

raggiungere una pace duratura e la definitiva stabilità del Sud Sudan, come

evidenziato alla cerimonia di insediamento del nuovo governo (che vede la nomina del

principale leader dell'opposizione Riek Machar come primo vicepresidente), a cui ha

partecipato una delegazione della Comunità, il presidente Kiir che ha, inoltre, elogiato

il negoziato e la sua iniziativa di dialogo svolta a Roma.

"Noi tutti dobbiamo utilizzare questo momento per portare nuova vita nel nostro Paese

attraverso la pace, la riconciliazione e il perdono. Noi apprezziamo il Santo Padre,

papa Francesco, per le sue preghiere e per la sua richiesta di pace per il Sud Sudan.

Con questa importante cerimonia di oggi, noi lo abbiamo certamente ascoltato e siamo

orgogliosi di potergli annunciare che ci siamo riconciliati ".

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8. CONCLUSIONI

Dal secondo dopoguerra si sta assistendo ad un notevole incremento numerico delle

Organizzazioni Non Governative, che hanno “intersecato” la propria attività sia con

quella delle Organizzazioni internazionali, sia con quella degli Stati. Esse, con la

crescente presenza nell’ambito internazionale, hanno assunto un ruolo

progressivamente sempre più determinante in settori, considerata la diversità degli

obiettivi, quali quello economico, ambientale e giuridico con un’attività propulsiva,

consultiva, di partecipazione alle negoziazioni internazionali, giungendo persino a

rivestire una funzione di controllo nell’esecuzione degli impegni assunti dagli Stati a

seguito della ratifica di trattati internazionali. Se, pertanto, allo stato attuale non si può

affermare in senso giuridico che le ONG siano soggetti del diritto internazionale, non

può essere sottaciuto che nessun ostacolo formale si frappone ad una evoluzione in

senso diverso.

Le ONG trovano nelle piccole realtà locali una base per poter portare avanti le proprie

ambizioni; le piccole realtà locali ricevono la possibilità di partecipare ad attività che

prendono un carattere internazionale.

In questo contesto la visione nazionale risulta schiacciata quindi dalla visione

internazionalista e locale che molte ONG perpetrano, impoverendo il potere e

l’adesione sociale dei rappresentati nazionali.

E’ necessario poter garantire l’equilibrio tra questi tre piani (quello locale, quello

nazionale e quello internazionale), cercando di utilizzare al meglio le diverse peculiarità

positive che ognuno possiede. Il dialogo, e non la contrapposizione, può aiutare al fine

d’incanalare gli sforzi in una lavoro comune per risolvere i problemi sociali ed

economici che, se non trovano una risposta condivisa, possono comportare derive ed

orientamenti, che potrebbero essere pilotati da interessi parziali di organizzazioni non

orientate al bene comune ma solo da interessi di parte.

Indipendentemente dalla giustizia o nobiltà delle intenzioni strategiche e dei valori

universali, il ruolo e il coinvolgimento delle ING / ONG nell'ingegneria sociale non

possono essere giustificati e possono essere definiti come immorali. Pertanto è

imperativo per i donatori assicurarsi di lavorare con INGO / ONG che stanno attuando

pienamente politiche rette, con corretti approcci ai loro partenariati locali, verificando

anche che non vi siano coinvolgimenti in dubbie attività socio-politiche o socio-

economiche.

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I donatori dovrebbero avere le proprie politiche a sostegno della società civile.

Dovrebbe inoltre esserci uno sforzo maggiore per sostenere direttamente più

organizzazioni della società civile locale.

Inoltre, le INGO / ONG e coloro che donano a questi enti dovrebbero essere monitorati

in modo intelligente e soggetti allo stesso controllo e valutazione di qualsiasi

organizzazione del settore privato che lavora con il Governo: le agenzie donatrici, e

coloro che non riescono a superare questi controlli dovrebbero essere esclusi

dall'ulteriore ricevimento di fondi pubblici e persino dall’operare altrove con il mandato

modificato o con nomi diversi.

Le ONG rappresentano anche un fondamentale elemento di dialogo tra società civile

e istituzioni, grazie al loro potere di influenza diretta e indiretta su istituzioni e opinione

pubblica. Questo importante mezzo di connessione resta però problematico, a causa

dell’impossibilità di tracciare in maniera completa le loro possibili affiliazioni con

governi e gruppi commerciali.

Da una parte le ONG rappresentano un sostegno vitale per incrementare la

democrazia, il dialogo civico e la partecipazione dell’opinione pubblica all’interno della

politica. Dall’altra, però, esse possono essere strumenti di destabilizzazione molto

potenti se non controllati e verificati all’origine.

In tale ambito è stata considerata di particolare interesse una realtà di origine italiana:

la Comunità di Sant'Egidio (CSE), una “associazione pubblica di laici della Chiesa"

nata come movimento studentesco alla fine degli anni ’60 ed oggi un soggetto

internazionale riconosciuto presso l’Unione Europea, alcune organizzazioni

Internazionali e vari Governi nel mondo, che promuove sulla scena globale il dialogo

ecumenico e interreligioso, la tutela dei diritti umani, la soluzione pacifica dei conflitti.

La Comunità di Sant'Egidio (CSE), si configura come una “famiglia ed un cluster di

comunità” (di ispirazione cristiana cattolica distribuite in tutto il mondo su oltre 70 paesi)

si prefigge l’obiettivo di un impegno continuo alla cura delle periferie umane ed

esistenziali e degli emarginati dei diversi continenti con forme di aiuto mirate a

combattere le situazioni di povertà e disagio ed azioni di sostegno ai diritti e alla dignità

della persona.

Particolarmente efficacie, sin dal suo inizio, si è rivelato l’operato della “Comunità delle

3 P” (Preghiera, Poveri e Pace) nel sostegno ai poveri ed emarginati, di ogni

condizione nei vari paesi del mondo, ed nell’impegno a favore della pace.

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Soprattutto in quest’ambito dopo oltre 50 anni di attività, “continua la grande sfida per

la costruzione di un mondo più umano a molti livelli con numerose iniziative in Italia e

nel mondo”.

Grazie ai numerosi successi ottenuti ed alla spiccata capacità di intervento, infatti, la

CSE ha acquisito un posto di rilievo in settori generalmente riservati a politici e

diplomatici nel perseguire la pace e la cooperazione tra i popoli

Intervistando il Prof. Adriano Roccucci, il Segretario Generale della Comunità di

Sant’Egidio, abbiamo compreso qual è il segreto della “piccola ONU di Trastevere” e

quali sono i punti di forza ed i fattori su cui si fonda l’enorme credibilità di questa ONG

“sui generis”:

L’elevata competenza dimostrata, la serietà di un impegno disinteressato (la CSE non

è soggetta ai vincoli delle burocrazie istituzionali né è in concorrenza con le diplomazie

ufficiali con cui, viceversa, collabora) e la capacità di realizzare, nei contesti in cui

opera, attività di natura sociali, culturali ed internazionali coniugate all’esecuzione di

un lavoro gratuito sono, nella sostanza, il segno distintivo della Comunità che in questo

modo ha acquisito una sempre crescente legittimazione a livello mondiale su varie

dimensioni.

Possiamo parlare, senza ombra di dubbio, dunque, di un modello Sant’Egidio di

“diplomazia completare” a quelle nazionali foriera di un messaggio comune: “la pace

è sempre possibile e tutti, davvero tutti, possono contribuirvi”.

Il suo lavoro di mediazione nei conflitti finalizzato alla modifica delle situazioni con cui

ci si confronta si declina attraverso i seguenti cardini:

• La presenza di una rete di soggetti disseminati nel mondo che vivono le situazioni

ambientali con vera “sensibilità locale”

• La creazione di un network di contatti e relazioni che hanno messo al centro di ogni

sforzo i paesi in conflitto anche attraverso collaborazioni e sinergie con professionisti

della diplomazia, le grandi entità sovranazionali (Nazioni Unite, Unione Europea,

Unione Africana, ecc.), le Difese e le istituzioni nazionali capaci di implementare gli

accordi di pace sugli schemi ideati dalla Comunità.

• La realizzazione di interventi di diplomazia umanitaria ed emergenziali atti a

migliorare scenari post-eventi (calamità naturali, terremoti, etc) o azioni strutturate di

più ampio respiro in sinergia con le organizzazioni non governative del posto (quali per

es. la costituzione di corridoi umanitari in Libano e nel Corno d’Africa, realizzazione di

un ospedale per malati di tubercolosi in Guinea-Bissau ed di un centro nazionale di

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prevenzione e cura dell'Aids in Mozambico, il programma DREAM presente in dieci

paesi africani, il programma BRAVO)

• Una grande abilità nel portare avanti il dialogo interreligioso (non solo su temi di

natura teologica, ma anche delle principali situazioni di conflitto a livello mondiale),

ritenendo che le religioni possano essere la vera forza che porta alla pace e che

bisogna “seminare il terreno della pace, facendolo germogliare, al momento giusto”.

Infine, ripercorrendo i passi del presente lavoro, emerge che le ONG non sono tutte

uguali, possono essere (ma non sempre) catalogabili in settori specifici ma restano

poco “imbrigliabili” in procedure e organizzazioni standardizzate, di fatto non

“ingessabili” in strutture ed infrastrutture tipiche degli Stati anche post-moderni. Certo

è che il nuovo ruolo che le pone come nuovi soggetti formalmente riconosciuti della

politica internazionale e le caratteristiche intrinseche (snelle, veloci, incisive,

tematiche, dirette, espressione di centri di potere, abili a intercettare finanziamenti da

diverse fonti e ad utilizzare le più moderne tecnologie) permettono loro di riempire i

vuoti lasciati per varie ragioni dagli Stati. Le ONG sono di fatto attori che si

autoimpongono nello scenario internazionale, un fenomeno che può essere letto in

tanti modi perché tanti sono i ruoli che ricoprono nel contesto articolato e complesso

delle relazioni internazionali. Il fenomeno può essere considerato nuovo ma non è

nuovissimo, è il caso forse di definirlo definitivamente “rinnovato” ed è proprio questa

capacità “plastica” che le rende attori delle dinamiche internazionali dai quali non si

può più prescindere.

Fenomeno tra i fenomeni dell’attualità riescono a coesistere con novità che non sono

necessariamente ONG (es. Amazon, Facebook, …) ed entrano nei complessi sistemi

di finanziamento sviluppando un’articolata dialettica con i Governi. Ecco allora che il

salto di livello avviene allorquando oltre a riempire gli spazi li occupano e possono

divenire concorrenti se non addirittura contrari alle dinamiche governative.

Si è visto come gli Stati non sempre subiscono il ruolo delle ONG ma a volte se ne

possono servire per rendere più efficace il loro potere (inversione della tipica

dipendenza donatore-donatario). Tale dinamica potrebbe garantire la sopravvivenza

futura delle ONG. Le ONG sopravvivranno finché esisterà il sistema delle relazioni

internazionali. Sconvolgimenti planetari come la pandemia da COVID-19 ancora in atto

potrebbero forse ridimensionare la portata globale delle ONG ma le stesse

conserveranno sempre un livello regionale e locale di intervento. Un eventuale

collasso potrebbe essere determinato dall’indisponibilità degli strumenti di azione

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fondamentali che le rendono operative con particolare riferimento alla tecnologia e ai

finanziamenti. In uno scenario estremo di crisi economica globale e devastante,

potrebbero sopravvivere solo quelle legate a particolari gruppi di potere ma, in questo

caso, si appiattiranno inesorabilmente sullo stesso gruppo sciogliendosi in esso così

come in passato il potere si identificava completamente nello Stato moderno.

Probabilmente l’emergenza attuale farà superare gli attuali concetti di resilienza

(termine preso in prestito dalla meccanica ed abusato) e dual-use/multi-ruolo e

chiederà alle organizzazioni complesse, ONG incluse, uno sforzo per restare “rilevanti”

e in tal modo sopravvivere.

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ALLEGATO “A”: ESAME DI ALCUNI TRATTATI INTERNAZIONALI CHE

ATTRIBUISCONO SPECIFICI DIRITTI E DOVERI ALLE ORGANIZZAZIONI

NON GOVERNATIVE IN QUANTO TALI

1. Il Patto per i diritti civili e politici (ICCPR)110

Il Patto per i diritti civili e politici all’art. 22 prevede che:

“everyone shall have the right to freedom of association with others, including the righto

form and join trade unions for the protection of his interests”.

“no restrictions may be placed on the exercise of this right in order than those which

are prescribed by law and which are necessary in a democratic society in the interests

of national security or public safety, public order, the protection of public health or

morals or the protection of the rights and freedoms of others”.

In sintesi quanto sancito nel succitato articolo autorizza oltre che il diritto dei singoli di

formare o di unirsi ad un’organizzazione, anche il diritto di un’organizzazione esistente

di svolgere la propria attività per il perseguimento del comune interesse dei propri

membri. Gli Stati parte che hanno ratificato tale Patto hanno l’obbligo di autorizzare la

costituzione di un’associazione evitando di interferire con la sua attività e nel contempo

di proteggerla da interferenze di soggetti privati.

Per quanto detto la libertà di associazione, nelle sue diverse componenti, come ad

esempio il diritto di formare o di unirsi ad un’organizzazione e di funzionare

liberamente, è basilare per lo sviluppo ed il corretto funzionamento delle

Organizzazioni non governative.

Nell’ambito dei doveri, la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, all’art. 29 para.

1, sancisce che ogni soggetto ha degli obblighi verso la comunità nella quale sviluppa,

liberamente, la propria personalità111. Inoltre, il Preambolo comune al Patto per i diritti

civili e politici, economici, sociali e culturali, all’art. 5, afferma che ogni individuo è

tenuto al rispetto e alla promozione dei diritti riconosciuti nei Patti, sebbene nel

contempo riconosca a quest’ultimo obblighi nei confronti degli altri soggetti che

compongono la comunità di cui fa parte. Lo stesso Patto sancisce che gli obblighi delle

ONG, al pari di quelli in capo all’individuo, derivano implicitamente dai vincoli alle

libertà sancite dai documenti internazionali nei confronti di tali entità. Pertanto, le

110 General Assembly, Resolution 2200 A (XXI), International Covenant on Civil and Political

Rights, 16 dicembre 1966, entrato in vigore il 23 marzo 1976. 111 General Assembly, Resolution, Universal Declaration on Human Rights, 10 dicembre 1948,

art. 29.

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limitazioni poste alla libertà di associazione riconosciuta dall’art. 22 del citato Patto per

i diritti civili e politici come anche più in generale la libertà di riunirsi in organizzazioni

sindacali, vincolano tutti gli individui a non esercitare comportamenti che ledano la

sicurezza nazionale, la morale, l’ordine e la salute pubblica e le libertà altrui.

2. La Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale

(CERD)112

Questa Convenzione, adottata nel 1965 definisce la discriminazione razziale come una

qualsiasi distinzione, esclusione, limitazione o preferenza basata sulla razza, il colore

della pelle, la discendenza, l’origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l’effetto

di annullare o compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni

di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico,

sociale e culturale o in ogni altro ambito della vita pubblica113.

Le disposizioni contenute in questo strumento normativo pongono una serie di obblighi

in capo agli Stati che, ratificando la Convenzione, si impegnano a condannare la

discriminazione razziale e a perseguire tempestivamente, attraverso i mezzi da essi

ritenuti più adeguati, una politica che punti ad eliminare tale discriminazione e a

promuovere il dialogo tra le razze. Va evidenziato che tale impegno viene assunto sia

nei confronti degli individui sia verso gruppi di persone ed istituzioni. Gli Stati si

impegnano poi ad assicurare a tutti il godimento dei diritti civili e politici (come ad

esempio la libertà di espressione, la libertà di associazione, la libera circolazione delle

persone, ecc.), nonché i diritti economici sociali e culturali (come ad esempio la libertà

di formare e unirsi ad organizzazioni sindacali), senza distinzione di razza, colore e

origine etnica. Sebbene la Convenzione non elenchi specifici diritti aggiuntivi in favore

delle ONG, essa riafferma, in senso non discriminatorio, i diritti che in altri documenti

sono riferiti anche ad organizzazioni non governative. Al riguardo, ulteriori indicazioni

afferenti all’applicabilità in favore delle ONG delle norme della Convenzione possono

essere desunte da quanto enunciato dal Comitato per l’eliminazione di ogni forma di

discriminazione razziale, creato, dallo stesso documento internazionale, come organo

di monitoraggio114. Infatti, il Comitato ha, in più occasioni, evidenziato che la

112 General Assembly, Resolution 2106 (XX), International Convention on the Elimination of All

Forms of Racial Discrimination, 21 dicembre 1965. Entrata in vigore il 4 gennaio 1969. 113 AIDOS, Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo,

http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/b_patti_conv_protoc/a_testi_7_conv_pricip/c_icerd_razzismo/home_icerd.html

114 General Assembly, Resolution 2106 (XX), International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination, 21 dicembre 1965, art. 8.

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partecipazione delle ONG alle attività è di estrema importanza per una effettiva

implementazione della stessa Convenzione ed ha invitato gli Stati a promuovere la

costituzione e il libero funzionamento delle organizzazioni operanti nella società civile

poiché queste contribuiscono a favorire il rispetto dei diritti umani e a combattere la

discriminazione razziale. Per questo motivo il Comitato ha invitato gli Stati a rimuovere

gli ostacoli alla libertà di associazione e a riconoscere ufficialmente tutte le ONG che

si adoperano per la difesa dei diritti dell’uomo.

Per quanto riguarda i doveri, all’art. 4, la convenzione obbliga gli Stati parte a punire

ogni forma di propaganda e di organizzazione basate sull’idea della superiorità di una

razza, ovvero che cerchino di giustificare o pubblicizzare l’odio razziale e la

discriminazione in qualunque forma. Tutti gli Stati che aderiscono al trattato in questi

casi si impegnano a porre in essere misure immediate, dirette ad eliminare, proibire,

ogni atto di discriminazione e a dichiarare illegale e queste forme di organizzazione o

attività di propaganda considerando la partecipazione tali organizzazioni come un atto

illecito punibile per legge. L’obbligo imposto da questo articolo si rivolge agli Stati parte,

ma concerne direttamente le organizzazioni in quanto vieta loro di intraprendere

determinate azioni.

3. La Convenzione per l’Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione contro le

Donne (CEDAW)115

Questa Convenzione può essere considerata come una specie di “bill of rights” per le

donne. Essa si prefigge come l’obiettivo di definire ciò che rappresenta la

discriminazione in base al genere e stabilisce una sorta di agenda volta a disciplinare

l’azione degli Stati al fine di fermare tale situazione discriminatoria. La Convenzione in

parola all’art. 7 riconosce il diritto della donna di prendere parte ad ONG ed

associazioni, partecipando in tal modo alla vita pubblica e politica del Paese. Anche in

questo disposto normativo come in quelli analizzati in precedenza viene ribadita la

libertà di associazione e in particolare la tutela per quelle organizzazioni che abbiano

una connotazione di genere, sia nel senso che vedono la partecipazione di donne, sia

perché si occupano di questioni che afferiscono direttamente al genere femminile

(come ad esempio la maternità o la violenza sulle donne), nonché all’importanza del

loro ruolo nell’eliminazione di questa forma di discriminazione. Anche qui il Protocollo

115 General Assembly, Resolution 34/180, Convention on the Elimination of Racial Discrimination

against Women, 18 dicembre 1979. Entrata in vigore il 3 settembre 1981 e ratificata da 180 Stati alla data del 1 dicembre 2005.

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Opzionale alla Convenzione116 adottato nel 1999, introduce degli elementi di novità

prevedendo la possibilità per gli individui e i gruppi che ritengano di essere vittima di

una violazione delle disposizioni della Convenzione, di inviare delle comunicazioni al

Comitato per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne. In casi di

questo tipo, le ONG rivestono una posizione strategica consentendo di portare alla

luce gravi ed estesi episodi di violazione dei diritti delle donne. Molto spesso infatti, le

vittime sono scoraggiate dal sollevare individualmente questo genere di questioni, per

il timore di ritorsioni o semplicemente per la mancanza di adeguati interlocutori a livello

istituzionale.

4. La Convenzione contro la Tortura e gli altri Trattamenti o Punizioni Crudeli,

Inumani o Degradanti (CAT)117

Tale Convenzione all’art. 1 definisce la tortura come qualsiasi atto con il quale vengono

inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al

fine di acquisire da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla

per un atto che questa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver

commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare

pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi

forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un

funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto

sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si

estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse

inerenti o da esse provocate118. Dalla prefata definizione è facilmente desumibile che

le tipologie di offesa contenute in questa Convenzione possono essere commessa

soltanto nei confronti degli di persone fisiche (individui) e non nei confronti di

un’organizzazione. La storia e l’implementazione della Convenzione hanno reso

evidente che le vittime di questi atti sono spesso soggette ad una limitazione della

libertà personale, ad abusi e maltrattamenti da parte di governi che tendono ad

osteggiare l’esercizio della libertà di espressione e di riunione pacifica nonché l’attività

in difesa degli standard internazionali di tutela dei diritti dell’uomo. Alcune autorità

116 General Assembly, Resolution A/54/4, Optional Protocol to the Convention on the Elimination

of All Forms of Discrimination against Women, 6 ottobre 1999. Entrato in vigore il 22 dicembre 2000.

117 General Assembly, Resolution 39/46, Convention against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment, 10 dicembre 1984. Entrata in vigore il 26 giugno 1987.

118 https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2016/01/Convenzione_contro_la_Tortura.pdf.

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statali sono talvolta motivate a fare ricorso alla tortura o l’esercizio di pratiche inumane

o degradanti nei confronti di membri di ONG a causa dell’esercizio di attività politica

sovversiva oppure di atti di terrorismo condotti da questi ultimi. In merito si evidenzia

che la tutela degli individui sottoposti alle citate violazioni dei diritti umani è fornita dal

combinato disposto degli art. 22 e 107119 del Codice di Procedura del Comitato. In

sintesi, la Convenzione riconosce, in ogni momento, agli Stati la facoltà di dichiarare

la competenza del Comitato ad esaminare le comunicazioni presentate da soggetti

privati, o da organizzazioni per conto di privati, nelle quali si sostenga che sia stata

commessa una violazione delle disposizioni contenute nella Convenzione da uno Stato

firmatario. Esiste quindi la possibilità per un soggetto di investire una ONG del potere

di rappresentarlo nel procedimento di fronte al Comitato, essendo sufficiente, secondo

tale organo, che dai documenti processuali risulti la volontà espressa dalla vittima in

tal senso.

5. La Convenzione per i Diritti del Fanciullo (CRC)120

I contenuti di questa Convenzione, adottata nel 1989, riconoscono la pari dignità di

ogni essere umano, questo strumento stabilisce la necessità di una particolare tutela

nei confronti del fanciullo, essa infatti è rivolta a: “every human being below the age of

eighteen years unless under the law applicable to the child, majority is attained earlier”,

e prevede l’impegno da parte degli Stati a porre in essere tutte le misure necessarie

per evitare il coinvolgimento diretto nei conflitti armati di membri dell’esercito che non

abbiano raggiunto i 18 anni di età, e nel istituire un divieto del commercio, la

prostituzione, e la pornografia dei minori. Come per altre convenzioni che disciplinano

i diritti del singolo individuo anche in questa Convenzione è difficile individuare dei diritti

per le organizzazioni non governative. Tuttavia, in un commento (General Comment)

redatto dal Comitato si sottolinea l’importanza del ruolo svolto dalle ONG nella

promozione e protezione dei diritti del fanciullo. Per questo è essenziale che le

istituzioni collaborino sinergicamente con tali entità e che i governi rispettino

l’indipendenza delle ONG. Inoltre, molto spesso il Comitato ha espresso la

raccomandazione agli Stati firmatari di consentire alle ONG di partecipare alla

119 L’art. 107 riporta che: The communication should be submitted by the individual himself or by

his relatives or designated representatives or by others on behalf of the alleged victim when it appears that the victim is unable to submit the communication himself, and the author of the communication justifies his acting on victims behalf.

120 General Assembly, Resolution A/RES/44/25, Convention on the Rights of the Child, 20 novembre 1989. Entrata in vigore il 2 settembre 1990.

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redazione dei report che essi sono tenuti a redigere e ad inviare allo stesso Comitato

ogni 5 anni, auspicando, in generale, ogni azione volta a rinforzare la collaborazione

tra i governi e le organizzazioni al fine di rendere più efficaci ed efficienti le disposizioni

della Convenzione.

6. La Dichiarazione sui diritti e le responsabilità degli individui, gruppi ed organi di

società per promuovere e proteggere i diritti mani e le libertà fondamentali

universalmente riconosciuti121

La Dichiarazione in parola è uno strumento di soft law e come tale non è giuridicamente

vincolante, ma assume particolare rilievo nell’ambito dello studio condotto poiché

contiene una serie di diritti riferibili direttamente alle Organizzazioni non governative. I

diritti enumerati dalla Dichiarazione sono garantiti a tutti, individualmente o in

associazione con altri122. La disposizione più rilevante nella prospettiva di una ONG è

contenuta all’interno dell’art. 5 che, al fine di proteggere i diritti umani e le liberta

fondamentali, riconosce il diritto di riunirsi pacificamente, di formare, unirsi, partecipare

a Organizzazioni non governative, associazioni o gruppi, nonché il diritto di comunicare

con ONG ed Organizzazioni intergovernative. Inoltre sono presenti una serie di diritti

che afferiscono ad attività normalmente condotte dalle ONG e che appaiono essere

stati inseriti al fine di garantire lo svolgimento del loro lavoro. Si tratta ad esempio del

diritto di ricercare, ottenere e possedere informazioni riguardanti i diritti umani e le

libertà fondamentali (art. 6 a), il diritto di pubblicare o disseminare al pubblico,

informazioni e conoscenze (art. 6 b), oltre che il diritto di sottoporre ad enti governativi

ed organizzazioni che si occupano di questioni pubbliche proposte per migliorare il loro

funzionamento (art. 8).

Uno strumento che pone degli obblighi espliciti in capo alle ONG è rappresentato l’art.

18 para. 1 e 2 di questa Dichiarazione123. Questo articolo, riprendendo quanto sancito

dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, prevede che “Everyone has the

duties towards and within the community, in which alone the free and full development

of his of her personality is possible”. La Dichiarazione riconosce in sostanza che le

121 General Assembly, Resolution A/RES/53/144, Declaration on the Right and Responsibility of

Individuals Groups and Organs of Society to Promote and Protect Universally Recognized Human Rights and Fundamental Freedom, 8 marzo 1999.

122 https://www.ohchr.org/Documents/Issues/Defenders/Declaration/Dichiarazione_delle_NU_sui_Difensori_DU.pdf

123 General Assembly, Resolution A/RES/53/144, Declaration on the Right and Responsibility of Individuals Groups and Organs of Society to Promote and Protect Universally Recognized Human Rights and Fundamental Freedom, 8 marzo 1999.

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ONG rivestono un importante ruolo nella promozione dei diritti umani, delle libertà

fondamentali oltre che delle responsabilità nella salvaguardia delle istituzioni e dei

processi democratici. Essa attribuisce alle ONG il compito e la responsabilità di

promuovere lo sviluppo il diritto di ciascuno a godere di un sistema in cui i diritti e le

libertà stabiliti nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e negli altri strumenti

di protezione dei diritti umani, sono pienamente attuati.

7. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Salvaguardia delle Libertà

Fondamentali124

In ambito europeo, il principale strumento di protezione dei diritti umani è la

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU).

Anche questa Convenzione non riconosce nessun diritto esplicito alle organizzazioni

non governative. Le disposizioni in essa contenute, sebbene garantiscano numerosi

diritti, sono formulate in maniera tale che questi siano riconosciuti a “tutti”. Ciò

nonostante, alcuni diritti e libertà contenuti nella CEDU assumono comunque

particolare interesse anche per le ONG. La prova di ciò è data dal fatto che la

Commissione e la Corte europea hanno ritenuto ammissibili dei casi presentati da

organizzazioni di vario genere. Considerato che di norma questo avviene solo se il

ricorrente è stato vittima della violazione di uno dei diritti elencati dalla Convenzione,

è possibile desumere che in tutti i ricorsi sottoposti da organizzazioni e giudicati

ammissibili, gli organi di monitoraggio hanno ritenuto queste ultime come titolari dei

diritti riconosciuti dalla CEDU125. Si tratta, pertanto, di una disposizione rilevante per le

ONG. Altre norme importanti per le ONG sono contenute all’interno della Convenzione

negli articoli seguenti. L’art. 11, garantisce la libertà di riunione pacifica e di

associazione. Nello specifico, il concetto di associazione, così come interpretato dalla

Corte, comprende entità di natura diversa, come ad esempio partiti politici,

congregazioni religiose e organizzazioni per la protezione di certi ideali od interessi

culturali, associazioni giornalistiche e persino entità commerciali. Strettamente

collegato con la libertà di riunione pacifica e di associazione, è la libertà di espressione,

assicurata dall’art.10. L’attività svolta da una ONG può condurre spesso alla

promozione ed pubblicizzazione di determinate idee, valori ed opinioni. In merito si è

importante sottolineare che la libertà di espressione è il diritto maggiormente invocato

124 Council of Europe, European Convention on Human Rights and Fundamental Freedom,

Roma, 4 ottobre 1950, entrata in vigore il 3 settembre 1953. 125 https://www.echr.coe.int/Documents/COURtalks_Inad_Talk_ITA.PDF.

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dalle entità non governative nei ricorsi presentati davanti agli organi di monitoraggio

della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Ci sono poi altri diritti che possono

essere riconosciuti anche alle ONG, come ad esempio il diritto ad un giusto processo

(art. 6), la libertà religiosa (art. 9), il diritto al rispetto della vita privata (art. 8) nonché il

diritto al rispetto dei propri beni (art. 1 del Protocollo Opzionale del 1952).

8. La Convenzione Americana dei Diritti dell’Uomo126

La Convenzione in oggetto è il principale trattato in materia di diritti umani all’interno

dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS). Anche in questo documento, come in

quelli analizzati precedentemente, ci sono una serie di norme che indirettamente

forniscono una protezione nei confronti delle ONG. Alcuni esempi sono quelli relativi:

alla libertà di associazione (art.16), alla libertà di riunione pacifica (art. 15), l’art. 13 alla

libertà di espressione (art.13). In generale il sistema di monitoraggio previsto da questo

trattato si basa su due organismi: la Commissione e la Corte. In particolare, si

evidenzia che la possibilità di portare un caso davanti alla Commissione, è riconosciuta

a tutti così come disposto dall’art. 44127, mentre soltanto gli Stati e la Commissione

possono presentare dei ricorsi alla Corte.

Nella Dichiarazione Americana dei Diritti e dei Doveri dell’Uomo si fa chiaro riferimento

agli obblighi in capo all’individuo128. Si tratta di una raccolta di norme annoverabili

nell’ambito del soft law e pertanto non sono giuridicamente vincolanti, tuttavia

contengono disposizioni importanti se si tiene in considerazione il periodo storico in

cui il documento è stato prodotto. Fermo restando, comunque, che le libertà inerenti

alle ONG sono sottoposte ai limiti relativi all’ordine e alla sicurezza pubblica, alla

salute, alla morale, ai diritti o libertà altrui.

9. La Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli129

A differenza delle altre convenzioni, la Carta in parola include una nozione collettiva di

diritto e formula esplicitamente dei diritti a favore dei gruppi. Ne sono degli esempi le

disposizioni relative: al diritto all’autodeterminazione (art. 20), al diritto dei popoli di

126 Inter-American Specialized Conference on Human Rights, American Convention on Human

Rights, San Jose, Costa Rica , 22 novembre 1969. Entrata in vigore il 18 luglio 1978. 127 L’art. 44 prevede che: “Any person or group of person, or any nongovernmental entity legally

recognized in one or more member State of the Organization”. 128 American Declaration of Rights and Duties of Man, Approved by the Ninth International

Conference of American States, Bogotà, Colombia, 1948 129 Organization of African Unity, African Charter of Human and Peoples’ Rights, 27 giugno 1981,

entrata in vigore il 21 ottobre 1986.

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disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali (art. 21).

Molte norme di questo trattato sono però riferite unicamente agli individui. Ne sono un

esempio alcuni articoli redatti con una formulazione che sembra precludere qualsiasi

tutela nei confronti dei gruppi come: l’art. 10 relativo alla libertà di associazione e l’art.

11 riguardante la libertà di riunione pacifica. Inoltre, il diritto di formare o di unirsi in

un’organizzazione sindacale non è espressamente previsto dalla Carta, ma la dottrina

ritiene che esso possa ritenersi incorporato nella libertà di associazione. Nella gestione

pratica delle dispute, alcuni casi posti all’attenzione della Commissione Africana hanno

toccato di riflesso degli aspetti relativi alla libertà di associazione riconosciuta alle

ONG. Nel 1998 è stato approvato un protocollo opzionale che prevede la costituzione

di una Corte Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli130. In base a quanto sancito all’art.

5 di questo documento, la Corte può riconoscere ad ONG che godono dello status

consultivo presso la Commissione Africana per i diritti dell’uomo e dei popoli, ed agli

individui, la possibilità di istituire dei casi direttamente davanti alla Corte stessa,

sempre che lo Stato convenuto abbia accettato la competenza di tale organo a ricevere

questi ricorsi.

Per quanto concerne i doveri, questa convenzione rappresenta il primo strumento in

materia di diritti umani che ha elaborato degli specifici obblighi nei confronti degli

individui. Il Preambolo della Carta al para 6 prevede che: “…the enjoyment of rights

and freedoms also implies the performance of duties on the part of everyone131”. In

particolare, gli artt. 27-29 di tale documento stabiliscono una serie di doveri dei singoli

nei confronti della famiglia, della società, dello Stato, della Comunità internazionale e

verso altre comunità giuridicamente riconosciute. Una parte di tali obblighi hanno una

natura differente rispetto a quelli previsti da altri documenti internazionali, si tratta cioè

di responsabilità più morali che giuridiche. Sebbene le norme contenute nella Carta

siano riferite agli individui, alcune particolari disposizioni possono essere

astrattamente riconducibili anche alle ONG. Si pensi, ad esempio, al dovere di tutelare

e di favorire lo sviluppo dei valori della cultura Africana nelle relazioni con gli altri

membri della società, in uno spirito di tolleranza, dialogo e consultazione ed in generale

di contribuire alla promozione del benessere morale della società, oppure al dovere di

preservare e rafforzare la solidarietà sociale e nazionale. In via generale è possibile

dedurre che le Organizzazioni non governative nella condotta della loro attività

130 Organization of African Unity, Protocol to the African Charter on Human and Peoples' Rights

on the Establishment of an African Court on Human and Peoples' Rights, 9 giugno 1998. Entrato in vigore il 25 gennaio 2004.

131 African Charter of Human and Peoples’ Rights, 27 giugno 1981, Preambolo par. 6.

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debbano conformarsi a principi succitati e in taluni casi queste disposizioni sembrano

proprio richiamare i valori seguiti da molte ONG nello svolgimento del proprio lavoro.

10. La Convenzione sulla diversità biologica132

Ampliando lo sguardo sui trattati internazionali che non si occupano specificatamente

di promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, particolarmente importante

è la convenzione adottata a seguito del cosiddetto “Vertice sulla Terra” nel 1992 a Rio

de Janeiro. I Capi di Stato e di Governo hanno concordato una strategia globale di

“sviluppo sostenibile”, cioè una politica globale tesa a soddisfare le esigenze della vita

moderna, garantendo nel contempo un mondo sano e vitale da lasciare alle

generazioni future. La Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), è un trattato

internazionale giuridicamente vincolante per le Parti e presenta tre principali obiettivi:

conservazione della biodiversità;

uso sostenibile della biodiversità;

giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche,

e, in generale, l’obiettivo che si propone di raggiungere è quello di incoraggiare tutte

quelle azioni che possano portare a realizzare un futuro sostenibile.

La convenzione in più parti cita le organizzazioni internazionali, anche quelle non

governative, come attori con cui le Parti contraenti devono coordinarsi per il

raggiungimento degli obiettivi da perseguire. In particolare, in tema di istruzione e

divulgazione al pubblico, di cui all’art. 13, le ONG vengono citate al fine di elaborare

“programmi educativi e di divulgazione al pubblico, riguardo alla conservazione ed

all’uso durevole della diversità biologica”. Inoltre, nella ratifica della convenzione da

parte delle Parti, ogni Stato ha individualmente indicato il ruolo delle ONG nell’ambito

dei vari settori di attuazione della convenzione. L’Italia, per esempio, ha ratificato e

dato esecuzione alla Convenzione sulla biodiversità con la legge 14 febbraio 1994, n.

124133, prevedendo specificatamente che “dovrà essere rafforzato il ruolo delle

organizzazioni non governative (ONG)”134 all’interno delle misure a livello istituzionale

per la individuazione e la verifica periodica delle strategie per la conservazione della

biodiversità.

Nel prevedere tale ruolo alle ONG, la comunità internazionale ha di fatto stabilito che

132 Convention On Biological Diversity, 5 giugno 1992. Entrata in vigore il 29 dicembre 1993. 133 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 44 del 23/2/1994 (supplemento ordinario n. 33). 134 Ministero dell’Ambiente – Commissione per l’ambiente globale, “Linee strategiche per

l’attuazione della convenzione di Rio de Janeiro e per la redazione del piano nazionale sulla biodiversità servizio conservazione della natura”, Roma marzo 1994

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la cooperazione tra stati, organizzazioni internazionali e organizzazioni non

governative sta diventando lo strumento primario per fare in modo che i paesi meno

sviluppati siano coinvolti nelle politiche strategiche di tutela della biodiversità e, più in

generale di tutela dell’ambiante e dello sviluppo sostenibile.

11. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici135

Altrettanto importante è la convenzione adottata a seguito della Conferenza

sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations

Conference on Environment and Development), svoltatasi sempre a Rio de Janeiro

nel 1992. Si tratta di una convenzione che si pone la finalità di poter stabilizzare la

concentrazione di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale per cui si possano

scongiurare gli effetti dannosi prodotti dall’uomo sul sistema climatico. All’articolo 4,

nel definire gli “obblighi” della parti, si afferma che le Parti dovranno “promote and

cooperate in education, training and public awareness related to climate change and

encourage the widest participation in this process, including that of non-governmental

organizations”.

La convenzione quadro, inoltre, sotto l’egida dell’ONU, ha dato luogo a molteplici

protocolli discendenti ed ancora vengono organizzati summit, conferenze e altre

iniziative che si prefiggono lo scopo di migliorare le legislazioni dei singoli Paesi che

hanno aderito alla convenzione, tramite l’adozione di ulteriori accordi, e a

sensibilizzare l’opinione pubblica sulle delicate questioni relative al cambiamento

climatico. La frequenza e l’importanza di tali appuntamenti sono diventati negli anni

sempre più presenti nell’agenda politica internazionale tanto da interessare, non solo

l’attenzione e le attese dei Governi di tutto il mondo, ma anche dei Parlamenti e della

società civile, coinvolta in primo piano tramite le ONG e altre forme di associazione.

Basti pensare alle polemiche scaturite alla conclusione dell’ultima conferenza (UN

Climate Change Conference COP 25, tenutasi a Madrid dal 2 al 13 dicembre 2019136)

per il mancato raggiungimento dell’intesa sui mercati di CO2.

135 United Nations Framework Convention On Climate Change, 19 maggio 1992. Entrato in vigore

il 21 marzo 1994. 136 https://unfccc.int/cop25

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NOTA SUL Ce.Mi.S.S.

Ce.Mi.S.S.137

Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.) è l'Organismo che gestisce, nell'ambito e

per conto del Ministero della Difesa, la ricerca su temi di carattere strategico.

Costituito nel 1987 con Decreto del Ministro della Difesa, il Ce.Mi.S.S. svolge la propria

opera valendosi si esperti civili e militari, italiani ed esteri, in piena libertà di espressione di

pensiero.

Quanto contenuto negli studi pubblicati riflette quindi esclusivamente l'opinione del

Ricercatore e non quella del Ministero della Difesa.

137 http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Pagine/default.aspx

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