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P O L L I C I N O ottavaedizione Oltr e il Disagio Oltre il Disagio Distribuzione gratuita PERIODICO DELLA FONDAZIONE “ROBERTA LANZINO” - Numeri 1 e 2 - Maggio 2008 Anno VIII “Incontro” V. Caracciolo e A.M Luccicano “Rechichi” di Polistena

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Pollicino

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Distribuzione gratuita

PERIODICO DELLA FONDAZIONE “ROBERTA LANZINO” - Numeri 1 e 2 - Maggio 2008 Anno VIII

“Incontro” V. Caracciolo e A.M Luccicano

“Rechichi” di Polistena

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2 Oltre il DisagioOltre il Disagio

Cominciamo da dove, nel Maggio dell’anno scorso, ci eravamo lasciati. Allora avevamo detto: “ …nessuna crisi del settimo anno” Proprio così. Le Scuole di Pol-

licino e Alice sono anzi diventate otto, con l’ingresso dell’ITIS di Polistena. Ci dispiace, però, di non aver potuto accogliere ul-teriori richieste di adesione e dare così adeguata voce e spa-zio ad un maggior numero di studenti, ma le risorse umane ed economiche a nostra disposizione non ci hanno consentito un ampliamento del nostro progetto formativo. Ciò nonostan-te abbiamo aderito alla domanda di intervento presso le Car-ceri per minorenni di Catanzaro e la Comunità Ministeriale della stessa città. Compito non facile, che, però, ci ha ulterior-mente arricchito attraverso l’ascolto di esperienze difficili e di sofferte devianze. Abbiamo seguito questi ragazzi così giovani e dalla vita già così intensamente difficile, cercando, attraverso una operatività quotidiana e caparbia, la forza di far scaturire qualcosa di bello e positivo, come la speranza, anche dalle più brutte vicissitudini. Inoltre, per potere essere presente in for-ma più strutturata sul territorio nazionale con attività di sen-sibilizzazione e di aggiornamento in materia di maltrattamen-ti ed abusi nei confronti dei minori o commessi dai minori, la Fondazione “Roberta Lanzino”onlus ha firmato, con vera sod-disfazione, un protocollo di Intesa con il Ministero della Giu-stizia – Dipartimento Giustizia Minorile. Tutto ciò avviene in si-nergia con lo specifico interesse della Fondazione, ossia la lot-

ta contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne, dei minori e dei soggetti deboli, obiettivo che spinge noi, piccoli, ma anche pieni di entusiasmo e di iniziative, a rispondere po-sitivamente alla richiesta di un coinvolgimento in partneriato, su progetti a dimensione nazionale ed internazionale, un mo-do interessante di essere in Rete operativa con grandi grup-pi di Milano, Roma, Torino, Palermo e lo stesso Dipartimento di Giustizia. Lo spazio tiranno ci impone una sintesi massima per cui ci limiteremo al racconto di un evento per noi storico che ci piace di potere raccontare tra i primi a voi, giovani a cui il giornale è principalmente destinato. L’insegna “Erigenda Casa di accoglienza polivalente per minori, donne con o senza mi-nori” in Via Verdi, a Rende, è stata sostituita con una più signi-ficativa: LA CASA di Roberta, segnale che ci parla di un “tet-to” pronto: Il primo lotto della costruzione è stato infatti com-pletato e due appartamenti, pitturati, abbelliti ed arredati, so-no pronti per l’accoglienza. Noi non ci stanchiamo mai di am-mirare questa bella struttura e, ammirandola, riviviamo tutte le peripezie, le difficoltà e talvolta anche le umiliazioni che abbia-mo sopportato. Ma oggi non vogliamo pensare a ciò. Godia-moci LA CASA di Roberta, visitatela e non dimenticate che è della gente di Calabria. C’è molto ancora da fare, ma siamo fi-duciosi, perché ci siete voi, giovani che consideriamo la nostra forza e il nostro asse portante. Arrivederci a sabato 27 mag-gio 2009, tutti insieme.

Otto Scuole per Pollicino 8

FONDAZIONE “ROBERTA LANZINO” PROGETTO POLLICINO E ALICE

COORDINAMENTO GENERALE: Prof.ssa Matilde Spadafora

SCUOLE PARTECIPANTI

LICEO psicoped. “S.Caterina Paola

ISTITUTO NAUTICO

Pizzo Calabro

ITIS

Polistena

LICEO psicoped.“Richichi “Polistena

DOCENTI REFERENTI

Proff .E. CafieroF. Ciannameo M. G. SicaM.P. Veltri

Proff.M. CuratolaF. MonteleonePolicaro MercatiR. Tavella

Proff.E. BellomoN. RuggeriM.C Scarcella

Proff.M. RomeoA. GarritanoG. GianniniD. Raspa

LICEO psicoped. M.T DeVincenti”

Rende

LICEO Classico“G. da Fiore”

Rende

LICEO psicoped.San Giovanni in Fiore

Liceo psic/sociale“Capialbi”Vibo Valentia

DOCENTI REFERENTI

ProffR. BarcaiuoloM. Carpino M. De VitaE Lappano

Prof.ssaG. Spadafora

Proff.P. Galati

M Sergio

Proff.B. FerrariR. Di Leo

di Franco Lanzino

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Oltre il DisagioOltre il Disagio 3

L’anno scorso ci siamo salutati così

Con Don Ciotti per sconfiggere l’indifferenzaIl 24 maggio 2007, davvero una gran folla di studenti, si è riunita intorno a Don Luigi Ciotti, chiamato dal nostro progetto POLLICINO E ALICE a concludere un anno di lavoro, tutto teso alla formazione di coscienze partecipative, all’interno di cammini di solidarietà su cui riflettere, per imparare a riconoscere in sé la propria vocazione sociale e relazionale e per imparare a conoscere e amare l’altro/a da sé..Don Ciotti ci esorta ad agire; a non pensare che la colpa sia sempre degli altri; a prenderci le nostre responsabilità; a non coprirci dietro parole che dicono di una Calabria diversa dalle altre regioni. Don Ciotti ci grida di smetterla con la rassegnazione, perché la rassegnazione è la più grande povertà della nostra società.Siamo tutti consapevoli della fragilità esistente, ma ciò non deve diventare un alibi.. Tutti siamo chiamati

ad ASCOLTARE e non a semplicisticamente a sentire;a CAPIRE, e non soltanto a sapere;

ad OSSERVARE e non a superficialmente guardare.Non uccidono solo le armi.

Il silenzio, l’omertà uccidono. La rassegnazione uccide.

Hanno fatto corona a Don Ciotti, gli interventi di Gessica Cuscuta, Vincenzo Ferrari, Franco Lanzino, Franco Mileto, Sandro Principe, Matilde Spadafora, tutti sottolineando e auspicando speranza Una studentessa del Liceo “Santa Caterina” di Paola, Valeria Giugnatico, reduce da questo esaltante incontro, ci ha scritto: “Sappiamo dove siamo solo se ci interroghiamo dove è il nostro fratello”Don Ciotti invece ci ha lasciato con queste bellissime parole: Dio non vorrà saper se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili.

venerdì 25 maggio 2007

venerdì 25 maggio 2007 venerdì 25 maggio 2007

venerdì 25 maggio 2007

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Indice delPercorso Formativo 2007-2008 Titolo FormatoreProgetto “Pollicino e Alice:” IL DIRITTO AL VOTO

Un film per cominciare: “Angeli d’acciaio”regia di Katia von Garnier - Gol-den Globe 2005Scheda di verificaDibattito

M. Spadafora Docente

F. Mileto Dirigente ScolasticoE. Albanese Docente

Educazione nel genere:Maschile e femminile - quale parità? Responsabilità della Storia e dei saperi codificatiIl linguaggio non è neutro Miti e stereotipiScheda di verifica - IDENTITA’ DI GENERE - IL GIOCO DEI RUOLIDibattito

M. Spadafora Docente

Adolescenza e identità di genereProblematiche differenziate e ruolo degli adultiScheda di verifica: RI-GUARDARSIDibattito

E. Tucci Psicologa

M. Spadafora Docente

La presenza femminile nel giornalismo: di che spesso-re il loro contributo per una informazione diversaDibattito

Marina Pivetta Giornalista RAIM. Spadafora Docente

Pensieri sparsi tra vecchi e nuovi miti della femmi-nilitàDibattito

G. Cuscunà Psicologa Univ. Roma TreM. Spadafora Docente

Un Video sulla condizione della donna tra vecchi e nuovi stereotipiProiezione del Video: Realizzazione di G. Cuscunà Psicologa

Dibattito

G. Cuscunà Psicologa Centro di ascolto psicologico Univ Roma Tre

M. Spadafora Docente

INDAGINE: le molestie sessuali M. Spadafora Docente

Giornata conclusiva 24 maggio 2008

Uomo-donna: infinita comunicazione d’amore

Proiezione video:“Otto video sul cammino di una storia invisibile”

Consegna attestati

M. Spadafora Docente

G.Mostardi Psicologa Unical

Studenti del Progetto e Docenti referenti

Testi e coordinamento generale a cura di M. Spadafora Docente

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Oltre il DisagioOltre il Disagio 5

È con la solita ansia, ormai storica-mente confessata, che prendo la penna per raccontarvi, nelle brevi

pagine del nostro giornale “Oltre il disa-gio”, il percorso annuale, intenso e com-plesso, deciso per questa Ottava Edizione del progetto “Pollicino e Alice” e cioè la difesa del diritto delle donne a vive-re una dimensione paritaria di relazione di genere - maschile/femminile - nel so-ciale così come nel privato.

Sapevamo che l’argomento era di dif-ficile e complessa esplicitazione, soprat-tutto per la facilità di fraintendimento cui può dar luogo una tematica così “di parte”.

Ma, come vivere ed educare in que-sti nostri tempi, senza insegnare che è in atto la più lunga e pacifica rivoluzione mai avvenuta e cioè un cammino di con-sapevolezza e di coscientizzazione di un femminile che non accetta più l’invisibili-tà nella storia della sua storia, né la su-balternità e la dipendenza da un pote-re preteso e accettato soggettivamente e oggettivamente come diritto assolu-to e divino?

Dunque un’operazione culturale, che volutamente ha evitato il presentismo di una attualità che, lo sappiamo bene, è “fe-roce” con le donne (non c’è un giorno in cui non ci venga comunicato uno stu-pro), ma che avrebbe rischiato di chiude-re ogni dibattito in una sorta di prevedi-bile e facile pietismo per le “povere vitti-me”, lasciando inesplorato il fenomeno.

Dunque un intervento alto di FOR-MAZIONE per e su questi nostri adole-scenti assuefatti ad ascoltare, leggere e guardare molto distrattamente parole e immagini, attribuendo sempre al lontano e all’altro da sé le problematiche della re-lazione che essi stessi, sia pure in forme

Un percorsodifficiledi Matilde Spadafora Coordinatrice generale del progetto

Con la coordinatrice del progetto

A San Giovanni in Fiore con la psicologa Eulalia Tucci

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e pesi diversi, vivono, (come chiaramente ci dimostra-no gli spazi di ascolto individuali aperti all’interno del Progetto), e che però caparbiamente nascondono in una corsa contraddittoria e provocatoria verso la fi-losofia del benessere, costi quel che costa. E i costi ci sono e sono pesanti per ogni uomo e per ogni donna, come pure per ogni adolescente: un livello sempre più elevato di stress sul piano delle relazioni interperso-nali e l’affermazione del principio dell’individualismo affettivo, doloroso e solo apparentemente salvifico.

Non voglio qui tacere della “meraviglia” e talvol-ta anche di una sorta di “noia cercata” e perciò sot-tolineata, rispetto a un tema che i giovani sentono come superato. Essi sono convinti che le libertà fem-minili sono già una conquista: lo hanno detto i ragaz-zi, che esprimono su ciò un atteggiamento assai cri-tico e fortemente “maschilista”; lo hanno detto le ra-gazze, convinte che il discorso sulla loro libertà, il lo-ro valore e la loro autonomia, si possa esaurire nella lamentosa accusa ai “cattivi genitori”, quelli che pre-occupati “impongono alle ragazze più che ai ragazzi” un orario di rientro a casa. Di altro e più profondo ha, invece, inteso parlare ai giovani il Progetto. Emble-matica ed introduttiva, nel film che abbiamo proposto in apertura: “Angeli d’acciaio” sulla lotta delle donne americane per il diritto al voto, la figura della moglie di un senatore: una bella famiglia, una bella casa, tre fi-gli, la possibilità economica di spendere a volontà, un marito che di ritorno a casa le porta le rose e si in-forma sui progressi dei bambini. Una situazione idea-le, fino a quando…

Fino a quando la donna non ha l’ardire di esprime-re un suo pensiero autonomo. E allora: chiuso il con-to; via i bambini. Una donna che pensa dunque fa pau-ra? E perché?

Perplesso dunque il tenore iniziale di molti dibatti-ti; grande perciò la fatica ogni volta di riportare il di-scorso su un piano culturale e di conoscenza. E però, ogni volta, la discussione, coordinata, arricchita e sa-pientemente guidata da noi formatori, ha permesso di aprire varchi a chiarimenti, domande, riflessioni, ap-prendimenti. E così i grandi interrogativi sono diven-tati più chiari e qualche volta la ricerca difficile di so-luzioni, ha partorito risposte sagge. Questo volevamo lasciare nelle coscienze: che è possibile una relazio-ne pari e felice; che è impossibile una relazione dispa-ri profondamente felice. Che la storia non si cancel-la, ma che per andare avanti bisogna conoscerla final-mente la storia di una immeritata invisibilità femminile. E ancora: Che le donne per avere i diritti non devo-no essere costrette alla rinunzia della loro identità, in un offensivo scimmiottamento di modalità esistenzia-li maschili dalla “società” ritenute le uniche degne di esprimere le professioni o dare adito a riconoscimen-ti. E poi la consapevolezza di essere in un momento importante di questo cammino e la certezza che il di-ritto alla parità e il diritto all’identità per le donne so-no ambedue irrinunciabili..

Giornaliste, psicologhe, ed io, in rappresentanza della fondazione, docente, ma soprattutto testimone “ambulante” di una grande violenza sessista, abbiamo seminato e arato così, semplicemente e con grande passione. Questo percorso troverà nella relazione del 24 Maggio, affidata alla Psicologa Giuseppina Mostardi, la sua sintesi conclusiva: UOMO DONNA: INFINITA COMUNICAZIONE D’AMORE.

La stupenda cornice dei ragazzi provenienti da tut-te le Scuole calabresi di Pollicino, sarà spettatrice de-gli otto Video realizzati dagli stessi studenti sul tema: DONNE SUL CAMMINO DELLA STORIA.

All’ITIS di Polistena col dirigente Franco MiletoAl Rechichi di Polistena con la giornalista Marina Pivetta e la docente Erminia Albanese

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Oltre il DisagioOltre il Disagio 7

Non è mai facile la scelta di un film da proporre agli adolescenti. E’ necessario che sia piacevole, ma vogliamo che sia di autore, non “di cassetta”; Desi-

deriamo che tratti le tematiche da noi decise, ma lo preten-diamo delicato e “pulito”. Lo proponiamo per essere spunto di riflessione nel corso dell’attività del progetto, ma insieme sappiamo anche che stiamo facendo una non indifferente ope-razione di formazione all’immagine di qualità.

Il film che abbiamo proiettato all’avvio di questa Ottava edi-zione del progetto “Pollicino” è un film che racconta e dunque fa conoscere, un piccolo pezzo di quella infinita storia invisibile che appartiene alle donne.

Dal film emerge una coralità di donne, con una grandissima impronta identitaria femmninile, volitive, forti, “d’acciaio” con-sapevoli dei propri diritti, nel film il DIRITTO AL VOTO che esse, non chiedono, ma pretendono, passando con dignitosa autorevolezza, anche per la strada della sofferenza.

Matilde Spadafora

Un film per cominciare:

Angelid’acciaio

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8 Oltre il DisagioOltre il Disagio

A bbiamo chiesto a 368 adolescenti, in maggio-ranza studentesse, di giocare con noi ad un gio-co speciale: attribuire a qualcuno/a titoli e cari-

che di prestigio. Le risposte qui riportate, graficamente e in percentuale, ci dicono, senza bisogno di commento, quanta lunga strada le donne debbono fare, prima di ot-tenere dagli uomini, ma innanzitutto da se stesse, il di-ritto alla parità, sancito dalla legge, ma rifiutato da tutti,

nella pratica, come dimostrano questi numeri.

SPAZIO ALLE DONNE? -sembrano dirci i nostri ra-gazzi e le nostre ragazze- SI’, ma per presiedere la giu-ria di Miss Mondo. Noi siamo convinti che se l’identità femminile trovasse maggiori spazi e luoghi di interven-to, la qualità della vita di ciascuno e ciascuna, potrebbe essere migliore.

Il gioco deiruoliChi vedresti alla presenza dell’ONU? Alla Presidenza dell’UNICEF vedresti

un uomo o una donna?

uomini uomini

donne donne19%

34%

81%

Il Nobel per la pace lo darestiad un uomo o ad una donna?

Alla Presidenza del CONI vedresti un uomo o una donna?

uomini uomini

donne donne35%

15%

65%

Come Presidente della Confindustriavedreste un uomo o una donna?

Alla Presidenza di Miss Mondo vederesti un uomo o una doinna?

uomini uomini

donne donne

3%

97%70%

66%

85%

30%

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Oltre il DisagioOltre il Disagio 9

L’ adolescenza è contraddistinta da un corpo che si trasforma indipendentemente dalla volontà dei soggetti (11-14 anni circa).

Spesso questa trasformazione può avvenire in modo disarmonico, inoltre il corpo si caratterizza sempre più chiaramente sotto il profilo sessuale ed obbliga il giovane ad assumere atteggiamenti diversi da quelli adottati fino a quel momento. La crescita fisica può produrre una visione frammentaria e dissociata del proprio corpo; l’attenzione del giovane è tutta concentrata su alcune parti ed egli può vivere emozioni molto intense di im-barazzo o di vergogna che agli altri sfuggono. Questo può accadere perché il corpo subisce delle modifiche rapide o improvvise (come la comparsa di peluria, il cambiamento del tim-bro di voce, l’insorge-re del ciclo mestrua-le) che danno al gio-vane o alla giovane la percezione di un cam-biamento radicale e ir-reversibile. Può esser-ci discrepanza tra la crescita del corpo e la crescita dell’Io e il sog-getto non sentirsi ab-bastanza maturo per il tipo di corpo che ha. Qui può subentrare il disagio: l’anoressia è un esempio della paura di crescere, di non accet-

tare, anzi abolire i cambiamenti cercando di restare il più a lungo possibile in uno stato di neutralità fisica e sessuale per non dover affrontare tutto ciò che di psichico e sociale comporta la femminilità, o più semplicemente per ritardare quanto più è possibile l’ingresso nel mondo degli adulti.

Le trasformazioni fisiche che avvengono con forte an-ticipo o con forte ritardo rispetto alla maggior parte dei coetanei, possono far vivere, ancora, delle profonde crisi e

sviluppare senso di inferiorità e di insicurezza che si esprimeranno attraverso il comporta-

mento bulimico. Proble-matiche appartenen-ti fino a qualche tem-po fa al mondo femmi-nile e che oggi appar-tengono anche al mon-do maschile: ossessio-ne per la forma fisica o “complesso di Adone”..

Crescendo l’atten-zione è meno centra-ta sui dettagli e più sull’immagine comples-siva. il diverso modo di guardare se stessi, che caratterizza l’inizio e la fine dell’età adolescen-ziale, influisce sull’auto-stima che, infatti, tende ad essere più bassa du-rante gli anni della pu-bertà e dell’adolescen-za quando la crescita non è ancora conclu-sa, e migliora man ma-no che il corpo assume le forme definitive.

Incontro con Eulalia Tucci psicologa“quando il corpo cerca parole che l’anima non sa esprimere”

Adolescenza e fisicitàFase fisiologicamente “borderline”, nel senso descrittivo di confine fra due diverse età della vita che corrispondono a due di-verse concezioni del mondo.

Munch, Pubertà,

1893

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10 Oltre il DisagioOltre il Disagio

I l concetto di genere implica tre aspetti diversi: l’identità di genere che opera già tra i 18 e

i 24 mesi( alla domanda “quale sei tu?”,il bambino sceglie il disegno congruente con il proprio sesso); la stabilità di genere che designa l’invarianza sessuale lungo la vita( da piccolo eri maschio o femmi-na, da grande sarai papà/mamma)(3/4 anni circa); la costanza di genere che riguarda l’invarianza attraverso le modificazioni esteriori(capelli, vestiti)(6/7anni).

L’identità di genere è da intendersi, dunque, come la perce-zione sessuata di se stessi, l’unità e la persistenza della pro-pria individualità “maschile o femminile” nel tempo.

Dall’identità di genere deriva il ruolo di genere che corri-sponde a tutto ciò che una persona fa o dice per segnalare agli altri o a se stesso il proprio tasso di mascolinità o fem-minilità; è la modalità esteriore con cui si vuol comunicare ciò che si ritiene essere maschile o femminile

Tra i 2 e i 3 anni i bambini identificano i volti come ma-schili o femminili; dai 2 anni in poi parlano correttamente di

se stessi come maschi o femmi-ne; intorno ai 3 anni si formano i gruppi separati; fra i 3 e i 4 anni si osservano già stereotipi sessua-li; alla fine dell’età prescolare al-cune caratteristiche di persona-lità sono attribuite ai maschi, al-tre alle femmine. Gli ambiti in cui sono state indagate le differen-ze di genere sono: caratteristiche

di personalità,scelta dei giocattoli o delle attività, scelta dei compagni di gioco.

Fin dalla nascita i bambini e le bambine vengono infatti trattati differentemente (oggetti, vestiti, colori, arredi, attività; così come le convinzioni e le aspettative dei genitori e degli adulti sono diverse (es. le stesse reazioni emotive di un bam-bino vengono interpretate come rabbia o paura a seconda che lo si pensi maschio o femmina); anche i metodi di intera-zione sono differenti (sulla dipendenza, accettata nelle bam-bine; sulla espressione delle emozioni che viene incoraggiata in loro; sulla aggressività più tollerata nei maschi, come dimo-strano gli stereotipi del maschiaccio e della femminuccia).

P er diventare adulti bisogna dunque modificare i vecchi equilibri, bisogna rinunciare all’immagine di sè bambino protetto e deresponsabilizzato, bi-

sogna accettare di avere un corpo corredato di attribu-ti sessuali, bisogna prendere atto del fatto che il proprio corpo può suscitare desiderio negli altri, bisogna coltiva-re sogni che tengono in maggior conto la realtà obietti-va. Si tratta di un processo multiforme che, se da un lato può apparire attraente, dall’altro può essere anche vissu-to secondo la terminologia psicoanalitica come un lutto. Lutto perché ci si deve staccare dall’immagine di sè infan-tile, lutto perché ci si deve separare da gratificazioni cui si è abituati, lutto perché si devono abbandonare i mo-di di relazione con i genitori e fratelli adottati fino a quel momento. La nostra vita è accompagnata da separazioni a partire dalla primissima infanzia, separazioni che ci per-mettono via via di diventare autonomi. Certo l’autono-mia in età infantile è diversa dall’autonomia in età ado-lescenziale: quando un bambino va a scuola per la prima

volta si confronta con la separazione fisica, non emotiva. Quello dell’adolescente non è un confronto con la sepa-razione fisica, bensì con la necessità di svincolarsi emo-tivamente da quei ricordi che lo legano all’infanzia e alle sue figure di attaccamento primario. L’autonomia del pic-colo consiste nel separarsi da persone concrete, quella dell’adolescente nel separarsi dai propri scenari interiori.

E” questo “lavoro psicologico” di svincolo da ricordi ca-richi di emozioni e da esperienze che hanno inciso, spes-so profondamente, sulla psiche, che ha indotto gli psico-analisti a parlare di “lutto”. Tuttavia, questo lutto per la perdita dell’infanzia può essere vissuto in maniera dram-matica da alcuni, altri invece riescono ad elaborarlo con relativa facilità, anche perché, a differenza delle esperien-ze di tipo traumatico, questo processo di separazione fa parte integrante del normale ciclo di vita, è incoraggiato culturalmente, si realizza in maniera graduale e soprat-tutto non implica la fine del rapporto, ma una sua tra-sformazione.

Identità di genereIl termine genere rimanda allo stato psicologico che rispecchia il senso interiore di essere maschio o femmina.

Si fonda su un insieme di atteggiamenti, regole di comportamento e altri elementi distintivi comunemente associati alla mascolinità o alla femminilità, definiti dalla cultura di appartenenza.

Il passaggio all’età adulta è caratterizzato da un graduale processo di integrazione del corpo al proprio sè psichico, dove rientrano anche il progressivo riconoscimento e l’accettazione degli organi e impulsi sessuali.

Processo intrapsichico dell’adolescenzaErikson parla di “identità dell’Io” ossia la formazione di un sentimento di sé piuttosto stabile

e di un’identità sessuale altrettanto stabile

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Oltre il DisagioOltre il Disagio 11

La famiglia e la scuola svolgono un ruolo fondamen-tale nella crescita degli adolescenti. Tra gli insegnan-ti e gli alunni dovrebbe esserci una relazione di in-

terdipendenza:Nessuno dei due può attuare il suo ruolo senza la par-

tecipazione dell’altro. Avremo un alunno che comprende, rispetta e capisce i suoi pensieri, i suoi sentimenti e le sue esperienze, oltre che capire, rispettare e agire in risposta ai pensieri, ai sentimenti e all’esperienza degli altri solo se ci sarà un insegnante che non solo insegna, ma educa non imponendo e partecipando empaticamente nella vita del-lo studente.

Tutto ciò implica da parte dell’insegnante un’attenzio-ne per lo sviluppo personale e sociale dei ragazzi e per la

promozione della loro autostima.Per quanto riguarda i genitori, ed in particolare il

ruolo materno, Winnicott associa al ruolo materno la definizione di “mamma sufficientemente buona”. Successi-vamente alla simbiosi fisica e psichica il bambino si dif-ferenzia dalla mamma, diventa altro sé e capisce la sua vulnerabilità. In questa fase è importante far capire al figlio/a che si tiene a lui/lei e che egli non è soltanto cu-rato e sostenuto fisicamente, ma è anche nella “mente” di qualcuno e che questo qualcuno vuole il suo benes-sere. L’obiettivo di educare un figlio equivale a rendere superflua la presenza del genitore.

Eulalia Tuccipsicologa

Con loro si è parlato di problemi legati alle dipen-denze - droghe, alcool, psicofarmaci, cibo, cellula-re; disturbi dell’umore; sesso a rischio (non pro-

tetto, diversi partner); conflitti intrafamilia-ri; bassa autostima; insi-curezza; difficoltà di in-terazione con gli adul-ti di riferimento e con il gruppo dei pari; difficoltà e insuccessi scolastici; di-sturbi del comportamen-to; devianze e criminali-tà; difficoltà comunicative e interpersonali; senso di inferiorità; paura di essere giudicati.

Sembrano però, avere maggiore incidenza nel ge-nere femminile i tentativi di suicidio e gli atti di autole-sionismo. Le ragazze si sen-tono più “complessate”, so-no più sensibili, sensuali e ri-flessive, più mature e respon-sabili, più virtuose, pudiche ed anche vanitose, più emotive e fragili, ma anche più maliziose, astute e furbe. Emergono an-

cora nelle ragazze di oggi, sentimenti come il non sentir-si accettate o comunque la pretesa ad una accettazione in-condizionata, la paura di essere usate, di subire,

di essere sottovalutate e di es-sere vittime di pregiudizi.

La violenza (legata alla for-za fisica) è invece più legata al genere maschile: violenza agita sessualmente e sotto forma di bullismo. Quest’ultimo riguar-da anche le ragazze ma so-prattutto sotto forma di vio-lenza verbale.

Dalla nostra ricerca sul campo ai ragazzi sembrano appartenere sentimenti qua-li la spontaneità, il corag-gio e una fragilità latente, l’orgoglio, essi sono appar-si più controllati emotiva-mente, immaturi, ma nel-lo stesso tempo protettivi, più legati al potere, autori-tari, impulsivi, aggressivi e con una personalità spes-so evitante.

Adolescenza e genereProblematiche differenziate?

Oggi la maggior parte dei disagi e delle problematiche adolescenziali appartengono ad entrambi i generi, come ci confermano anche le risposte degli studenti del progetto Pollicino.

Ruolo degli adulti

Klimt, Teseo e il Minotauro

1898

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Ero appena tornata da Rende, ospite della Fondazio-ne “Roberta Lanzino”, quando l’8 marzo a Roma tante giornaliste, ma anche molti colleghi si sono

trovate/i in una affollatissima assemblea per discutere il ruolo dell’informa-zione nella vita delle donne. Che attenzione dare al loro protago-nismo? Come denun-ciare fatti di violenza o bullismo? Quali im-magini scegliere e quali depennare dalla comu-nicazione visiva? Im-portante -è stato det-to- è non riproporre ruoli di subordinazione che ormai, soprattut-to le giovani, rifiutano. Quando ho preso la parola mi è sembrato giusto sottolineare come tutte le cose che le donne fanno e dicono, nei luoghi dove vivono, studiano o lavo-rano, siano quasi sempre molto più intelligenti, sensate e pertinenti rispetto a quelle che emergono dai media. Così, per noi giornaliste, dare conto, in modo corretto, della realtà diventa una necessità improrogabile oltre che deontologicamente corretta. Il non farlo ci rende non solo inaffidabili ma anche irresponsabili. E’ per questo che mi è sembrato importante raccontare la storia di Roberta e la risposta che, a quel dramma, hanno saputo dare non solo la sua mamma Matilde e il suo papà Franco, ma anche tutta la loro città e non solo. I loro sono stati anni di puntuale lavoro. Così, la Fondazione Lanzino da subito ha fissato la propria attenzione soprattutto verso le scuole, favorendo, con molteplici iniziative una mutazione nei comporta-menti delle nuove generazioni. Comportamenti che sono spesso molto distanti da quelli che vorrebbero farci credere tante immagini pubblicitarie e non poche trasmis-sioni televisive. Non è vero che le giovani vogliono fare le veline o le future casalinghe come alcune colleghe hanno ribadito in quella assemblea a Roma, avvalorando in modo acritico quanto i media propongono. La stragrande mag-

gioranza delle ragazze che ho incontrato in Calabria vuole studiare, avere un lavoro, meglio se gratificante e garantito. Vogliono anche mettere su famiglia nella speranza di avere

con il partner un dialo-go costante per meglio conoscersi e per poter -con saggezza- educare figli e figlie nel migliore dei modi. Non accet-tano più un compagno che abbia una mentalità arretrata, capace solo di immaginare un ruolo professionale per sé, lasciando loro quello di casalinga. La loro non è però solo una visio-ne utopica del proprio futuro, sono concrete, sanno stare con i piedi per terra. Quasi tutte, infatti, sono consape-

voli che, se andranno a lavorare, dovranno caricarsi anche delle fatiche domestiche perché la divisione degli impegni familiari, se accettata a parole, spesso non lo è nei fatti. Ma, anche su questo problema, vogliono puntare i piedi. Le studenti hanno manifestato però anche la consapevolezza che questa non sarà una battaglia facile perché i privilegi sono duri a morire.

Ed è proprio su questi temi che ci sono stati confronti vivacissimi tra ragazze e ragazzi nelle scuole di cui sono stata ospite grazie al lavoro della Fondazione. Le discussio-ni, pur nascendo in sordina, andavano via via montando in un crescendo spesso incontenibile. Alla fine le ragazze risultavano vincenti nella loro sicurezza, mentre molti ra-gazzi erano costretti alle corde, a volte rimproverati anche dai loro stessi compagni scandalizzati per un maschilismo non più accettabile neanche da alcuni di loro. Così, se il fronte delle ragazze era quasi sempre compatto, quello dei ragazzi presentava delle smagliature. Contraddizioni che ci possono far ben sperare. Ho chiuso il mio intervento in quell’incontro tra giornaliste/i a Roma ribadendo l’impor-tanza dell’inchiesta su campo. Insomma di andare a vedere

Incontro con Marina Pivetta giornalista RAIA Roma, reduce da una maratona nelle otto scuole di “Pollicino” Marina Pivetti della RAI, storica fondatrice de Il paese delle donne, in un incontro tra giornaliste/i, parla della bella esperienza di ascolto delle ragazze e dei ragazzi di Calabria

Tante adolescenti consapevoli e un maschilismo “alle corde”

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con i propri occhi quello che succede sul territorio. Cosa che ho potuto fare grazie al lavoro della Fondazione ma che negli anni in cui ho lavorato in Rai (ora sono in pensio-ne) non era certo una pratica consueta. E’ troppo costosa per le testate e troppo faticosa per chi preferisce scrivere un articolo rielaborando comunicati stampa, lanci d’agen-zia o dichiarazioni di protagonisti che si autopropongono. Tutto ciò limita il nostro lavoro e non ci permette di trasformare i fatti, quelli veri, in notizie appetibili. Senza le inchieste il giornalismo diventa noioso, ripetitivo e non ci permette di raccontare quelle tante, tantissime realtà che ci possono far dire che abitiamo in un Paese civile. Pur-troppo a fare notizia è ancora solo il fatto negativo. Quello positivo troppo spesso viene sottaciuto senza capire che l’educazione civica, come l’educazione che riceviamo in famiglia o a scuola, si forma dalle buone pratiche, dagli esempi concreti e positivi.

Marina Pivetta

Negli anni scorsi ho lavorato con i gruppi classe su temi che riguardano l’ascolto, l’empatia e il senso del confronto, con l’obiettivo di indurre gli studen-

ti ad acquisire un metodo di riflessione che permettesse lo-ro di problematizzare aspetti della loro vita – i sentimenti, le relazioni, il rapporto con se stessi – in maniera autonoma, chiara e responsabile. Un lavoro molto faticoso, e in un cer-to senso, controcorrente che ha dato ottimi risultati.

Pur ritenendo assolutamente importante continuare a lavorare su questi aspetti – fondamentali per una crescita sana e consapevole - ho cominciato a riflettere su quali al-tri aspetti della vita – complementari a questi – è necessa-rio volgere la nostra attenzione.

L’idea che mi sono fatta, senza voler con questo genera-lizzare, dopo circa sette anni di lavoro con gli adolescenti, è che in un mondo dei mercati e delle idee globalizzate, pa-radossalmente, si corre il rischio di chiudersi e di mettere a tacere quella coscienza critica fatta di pensiero, sentimen-to e consapevolezza.

Ho ritenuto, quindi, che l’incontro da me organizzato con i ragazzi e le ragazze del progetto “Pollicino e Alice” po-tesse essere un’occasione per “riabilitare” una serie di fun-zioni di enorme importanza: la capacità di guardarsi intorno, la necessità di non essere eccessivamente autoreferenziali e l’importanza di prendere contatto con la realtà.

E’ evidente che tutti quegli aspetti che caratterizzano un lavoro di tipo psicologico non sono venuti meno. Non è af-fatto mancato il confronto, l’ascolto, la lettura e la discus-sione delle dinamiche di gruppo e qualche scambio indivi-duale.

Sostanzialmente, l’idea è stata quella di comprendere in-sieme che non c’è nulla nel mondo esterno che non ci ri-guarda e che quel “qualche cosa” può assomigliare al nostro mondo interno, in un tutto circolare.

Incontro con Gessica Cuscunà psicologa Per gli studenti “vecchi” delle Quarte e delle Quinte e le nuove linfe delle Terze classi

Quale scelta metodologica?La necessità di concentrare gli incontri in un solo appuntamento, mi ha suggerito di non differenziare l’approccio con gli adolescenti, se non per aspetti marginali

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Per immagini:un video sulla condizionedella donna tra vecchi e nuovi stereotipi

La questione dell’interpretazione dell’immagine è stato un pensiero costante sia durante la realizzazione del video sia durante gli incontri

I n linea con il tema generale definito in questa ottava edizione di Pollicino, ho realizzato un VIDEO che des-se una panoramica necessariamente molto generale,

ma significativa, sulla condizione della donna in alcuni Pae-si del mondo

Ho fatto, quindi, una serie di scelte a priori, realizzan-do un lavoro multimediale in cui si alternano immagini, fo-to, testo scritto e musica. E’ stata una esperienza che, a li-vello tecnico, ha rappresentato per me, inesperta, una vera sfida, ma che, nel complesso, è risultata molto arricchente per tutta una serie di risvolti non previsti che meritereb-bero ampi spazi di approfondimento.

Il primo riguarda una constatazione sulle immagini. No-nostante la mia consapevolezza – non sono così ingenua - di vivere in una società in cui la comunicazione per imma-gini è preponderante, è stato sorprendere scoprire quante pagine bisogna “sfogliare” in un qualsiasi motore di ricer-ca su internet, prima che alla parola “donna” non vengano associate immagini di ragazze in pose ammiccanti intente a pubblicizzare dentifrici, auto e quant’altro.

Nel selezionare le immagini comunque ho fatto la scel-ta di “captare” quelle che mi sono sembrate adeguate al-lo scopo e di evitare quelle più crude e di difficile inter-pretazione.

Tutti, infatti, sappiamo come le immagini vengono assor-bite e immagazzinate nel cervello e qua-li possono essere gli effetti di una “visione passiva”; una visio-ne in cui sia assen-te un intermediario adulto o una buo-na capacità critica. Proprio per questo, con i ragazzi si è fat-to un meticoloso e coinvolgente lavoro di “lettura” e “com-prensione” delle im-

magini, proprio come se si trattasse dell’analisi di un libro .Altro elemento portante di cui è costituito il video so-

no i testi. In linea con le considerazioni precedenti – l’importanza

di prendere contatto con la realtà e imparare a esaminare i fatti esterni - ho ritenuto utile riportare nel video dei do-cumenti realizzati da giornaliste, antropologhe e storiche che si sono occupate di alcuni aspetti inerenti la condizio-ne della donna nei Paesi presi in esame.

Alcuni di questi documenti sono estratti di pubblicazio-ni ad oggi reperibili attraverso una ricerca bibliografica; altri - quelli relativi alla parte sull’Argentina e l’Uruguay - sono documenti originali in corso di pubblicazione, gentilmen-te concessi da Federica Martellini. Il suo lavoro di ricerca rientra in un più ampio progetto finanziato dal MIUR che coinvolge unità di ricerca di diverse università italiane gra-zie al quale è stato realizzato un focus sulla questione di ge-nere durante le dittature nei paesi dell’America latina ne-gli anni ’70 e ‘80.

Un’ultima considerazione. Realizzare questo video è stato per me molto emozionante. Ci sono una serie di ef-fetti secondari, se così li vogliamo chiamare, che non avevo previsto quando mi accingevo a tracciare la bozza del lavo-ro. Intanto, l’aver avuto, ancora una volta, la possibilità di ri-flettere sulla condizione della donna in generale e sulla mia

condizione di donna, l’aver potuto condi-videre tutto questo con delle colleghe e amiche che ho sen-tito molto vicine e che mi sento di rin-graziare e una serie di altri aspetti che ancora non si sono sedimentatati.

Madagascar: donna con bambino

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In apertura, i primi articoli della Convenzione dei Dirit-ti Umani e un Manifesto-simbolo, chiave di lettura per le successive parti del video contenenti elementi costanti all’interno dei capitoli i quali si susseguono secondo un ordine pensato e prestabilito.

LA RAPPRESENTAZIONE GEOGRAFICA DEI CONTINENTI ossia l’esatta collocazione spaziale degli eventi: un primo mirato tentativo di rimandare gli studenti al senso di concretezza e realtà. Insom-ma “alcune cose accadono e accadono in certi preci-si posti nel mondo”.

L’INDIVIDUAZIONE DELLE NAZIONI ESEM-PLIFICATIVE dettata dalla necessità di sintesi

LA RAPPRESENTAZIONE DELLE CONDI-ZIONI in cui la donna vive o ha vissuto fino a po-co tempo fa, i suoi disagi e i condizionamenti legati a regole, implicite o esplicite, che le rendono la vita ancor più difficile.

LA MESSA IN EVIDENZA DELLA PECULIA-RITà TUTTA FEMMINILE • diprendereattodellesituazioni• dicercaresoluzioniconcreteedefinitive• disolidarizzare,incontrarsi,confrontarsi,mettere

insieme problemi, soluzioni, speranze e aspettati-ve. In poche parole ………….. l’ASSOCIAZIONI-SMO FEMMINILE

In Senegal, Argentina, Uruguay, Guatemala, Afghani-stan, Giappone e Cina, Laos e India – i Paesi riportati nel video – sono nate e si sono sviluppate importanti forme di associazionismo femminile. Tutte queste as-sociazioni hanno un tratto comune: rappresentano lo spazio, fisico e mentale, dove le donne si incontrano per prendere consapevolezza della propria condizio-ne e per portare a conoscenza del mondo quelli che sono i propri bisogni e i propri obiettivi.I bisogni comuni – e contemporaneamente gli obiet-tivi - sono la volontà di vivere in una società alla cui base ci sia il rispetto e la democrazia. Al di là di que-sti punti fermi, poi, ogni associazione si muove in mo-do diverso.

Ricorre quest’anno il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo che è costituita da 30 articoli. Ecco i primi 5.

Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2 1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enun-

ciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opi-nione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statu-to politico, giuridico internazionale del paese o del territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3 Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza del-la propria persona.

Articolo 4 Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di ser-vitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qual-siasi forma.

Articolo 5 Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamen-to o a punizioni crudeli, inumane o degradanti

Manifesto del Forum per la pace, i diritti umani e la solidarietà internazionale

Ilvideo

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Questo agire in modo diverso è il valore aggiunto di ogni Associazione

• le “NATT” del Senegal, una forma di associazionismo alla cui base c’è un sistema di microcredito fondato sui rapporti di fiducia,

• “LAS MEMORIAS” dell’Argentina, un gruppo di donne che condivise la prigionia durante il periodo del-la dittatura negli anni ’70 e che si riunisce per ricordare e trasmettere la memoria alle nuove generazioni.

• RAWA, che ha come obiettivo quello di far VEDERE, attraverso un sito internet, come vivono le donne in Af-ghanistan.

• IL PIANO DI AIUTO “ALLE RAGAZZE”, attuato in Cina, grazie al quale si sta cercando di evitare lo squi-librio nelle nascite tra maschi e femmine.

• E ancora le donne del Guatemala o del Laos che valo-rizzando le loro tradizioni - l’artigianato e la tessitura – riescono a nutrire la speranza dando la possibilità ai lo-ro figli di studiare e mangiare

• Infine l’India, dove le prime associazioni al femminile nac-quero quando alcune donne aderirono al movimento pacifista di Gandhi.

Per tutte queste donne

è fondamentale avere accanto la presenza dei bambini o dei figli ormai adulti

e cioè di quelle persone che possono cogliere il senso

e il significato profondo dello stare insieme

e che, allo stesso tempo, sono i soli veicoli di una cultura e di un sapere

che, come dice Mabinty Kamara - attivista dei diritti umani -,

sono custoditi

nel cuore delle donne

Laos. Rappresentazione te-atrale (a sinistra). Le “case di seta”. Progetto di coope-razione sostenuto dall’Uni-cal (a destra)

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DAL VIDEOUNA DOMANDA PROVOCATORIA

Quale similitudine con noi?L’ESITO

Una riflessione difficileUna risposta articolata

Il video ha attivato nelle classi discussioni diverse. Ogni incontro si è declinato in base agli umori, alla predisposizio-ne degli studenti, alla tipologia di scuola e a tutta una serie di altre variabili.

Anche qui però c’è stata una costante. Lo sforzo richie-sto agli studenti, una volta visto il video, è stato quello di cercare di cogliere gli aspetti comuni della condizione della donna nei diversi Paesi e cercare di individuare quali simili-tudini vi fossero con la condizione che vive la donna euro-pea o italiana o calabrese.

Non è stato facile per loro cogliere le similitudini; “la lin-gua” tornava alla facile evidenza delle differenze. Ma la mia sfida era proprio questa: cercare di guardare ai “fatti” e alle “immagini” con coscienza critica.

E a piccoli passi ci siamo arrivati.

I ragazzi e le ragazze si sono resi conto che le similitudi-ni ci sono e non sono neanche tanto invisibili in una società come la nostra in cui tutto appare dai contorni poco defini-ti e forse per questo più subdoli; dove la conquista della pa-rità sembra cosa fatta, ma dove, allo stesso tempo, un gior-nalista su un quotidiano nazionale, riferendosi a una donna politica può ancora scrivere “è stata eletta (…) un’avvenen-te mora” o “(…) una giovane donna con un delizioso nasi-no all’insu’”; dove le donne sono ancora violentate e perse-guitate da uomini troppo fragili.

Certo, si tratta di casi sporadici, direbbe qualcuno, o di sfumature, direbbe qualcun altro.

Io semplicemente penso che tutti i cambiamenti pro-fondi – sia personali e (quindi, mi verrebbe da dire) sociali – devono fare un percorso dall’esterno verso l’interno, da-gli aspetti più formali a quelli più sostanziali. E’ vero, possia-mo metterci dei pantaloni stretti e studiare, possiamo vive-re da sole e lavorare. E poi?

Inizia così la fase di un nuovo e ancora più significativo femminismo. Gessica Cuscunà

Laos. Venditrice di tes-suti in seta

India: donna con bambino

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Il Video “Donne altrove” è stato ideato e realizzato dal-la Fondazione “Roberta Lanzino”, grazie al contributo di passione, di competenza e di fatica di Gessica Cuscunà,

psicologa giovane, ma contemporaneamente, vecchia cono-scenza dei nostri studenti.

Un Video documentario, che ha saputo stimolare negli studenti imput di discussione vivace, forte di un rammarico sincero per le tante, troppe cose che essi stessi hanno spon-taneamente riconosciuto di non sapere. In ogni scuola, anzi, in ogni sottogruppo di ciascuna scuola, il video ha generato un dibattito articolato, bellissimo, su tanti temi, anche molto vari: l’aborto selettivo che sacrifica consapevolmente le bam-bine; l’infibulazione che troppi dei nostri giovani non sapeva-no cosa fosse; la tortura che sulle donne diventa anche stu-pro; le Associazioni di donne che molti immaginavano inesi-stenti nel mondo “povero…” E poi sempre, la voglia di ri-portare a sé, al loro mondo di occidentali, in opposizione e contrasto i problemi. E noi adulti, in mezzo a loro col com-pito di stimolatori e di mediatori, vedendoli d’un tratto così appassionati, laddove inizialmente ci erano sembrati disinte-ressati, ci siamo resi conto, ancora una volta, che, quando il dialogo riesce a trovare il giusto “varco” . allora davvero cade

quel muro di sfiducia e di indifferenza “a tutti i costi” dietro il quale troppo spesso gli adolescenti si nascondono, e allo-ra tocchi con mano tanta sana voglia dei ragazzi di sapere; di esprimersi, di interrogare ed interrogarsi, di ESSERCI.

Si è parlato di tutto, sparito, anche il gap generazionale: dal lontano al vicino; dall’altro/a, a me, uomo e donna di un mondo diverso da quello del filmato, ma, quanto diverso?

Ma come? Quale similitudine sarà mai possibile tra il mio mondo di giovane occidentale “libera e indipendente” e la vita di donne con quelle donne, che in Africa o in Cina, o in Argentina, o in Afganistan, sono piegate sotto il carico di un lavoro pesantis-simo o sono “costrette” a praticare l’aborto selettivo se sanno di aspettare una bambina, o in carcere devono subire oltre alla tor-tura anche la violenza sessuale o vanno nascoste sotto un bur-ka che rendendole invisibili, ne cancella l’identità”? hanno tutti e tutte “gridato”, prendendo “superbamente” le distanze da quelle donne “che sopportano e accettano. Poi la discussione si anima, si definisce, si chiarisce e dalla discussione, arriva an-che il riconoscimento che molte di quelle usanze che quasi ci spaventano, rientrano in particolari climi culturali, sui qua-li è difficile intervenire e sui quali il giudizio è facile, ma non è affatto scontata la possibilità ed anche la voglia di liberar-sene. E poi, lentamente, dalla decisa e orgogliosa presa di di-stanza iniziale, la discussione, intreccia, con qualche difficol-tà e non completamente definito, tra quelle donne del video e noi donne dell’Occisdente, un filo comune, simile a quel meraviglioso legame di solidarietà che si chiama FILO DI SE-TA e che dalla nostra Università della Calabria è arrivato fi-no al lontano Laos e viceversa, dal Laos a noi. Matilde Spadafora

DONNE…altrove?

Il video della Fondazione “Roberta Lanzino” realizzato da Gessica per il Progetto Pollicino e Alice: Non un filmato di “cassetta, ma una realizzazione di alto impegno per i nostri studenti

La parola all’immagine, la riflessione ai giovani in un dibattito vivace, articolato, a volte anche difficile

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La parola alle adolescenti e agli adolescenti

Abbiamo chiesto agli adolescenti di esprimersi sul tema del video anche con la parola scritta. Riportiamo, sintetizzando la mole di risposte, alcune osser-vazioni, suddividendole, a posteriori, in categorie da noi così individuate.

LA PRESA DI DISTANZA Mi dispiace, ma io non c’entro

LA CURIOSITàAnche “lei” dà conoscenza

LA RIFLESSIONE Un’esplosione di interesse e di domande

• Nel mio paese vivo una condizione completamente diversa e ciò che ho visto mi ha molto colpito

• Che grande differenza tra noi e loro, anche nelle piccole cose come “mettersi il rossetto”

• Mi sembra che in Afganistan più che nel resto del mondo, la donna sia invisibile

• Dal video ho appreso di una condizione molto pre-caria della donna nel modo, di cui non ero a cono-scenza

• In molti paesi ancora troppe donne sono considerate un oggetto di poco valore, sono spogliate della loro dignità, private di ogni diritto

• Perché le donne non riescono ad “aprire gli occhi” e imporsi?

• E’ un problema di mentalità• Ma forse le donne pensano che la loro situazione sia

giusta?

• Mihacolpito il fattoche ladonnasvolgeuna fun-zione sociale tanto importate, anche in termini eco-nomici, perché lavora e al tempo stesso si occupa dell’educazione dei figli, ma questo suo impegno non viene riconosciuto

• Grazieperaverci fattoconoscerequestoproblema“oscuro” per la maggior parte delle persone, me compresa.

• Chiascoltadavverolaparoladelledonne,nonconle orecchie, ma con la mente?

• Mi ha colpito il sorriso dei bambini, nonostante lemille difficoltà.

• Perché la donna viene usata e violentata come sefosse la cosa più normale del mondo?

• Machecosaèmail’infibulazione?

• Noidonneevolutedell’Occidente,citroviamonellastessa situazione, o anche peggio, perché ci illudiamo di essere libere. I diritti delle donne sono violati do-vunque, giorno dopo giorno

• Larealtàdelledonnelontanedanoi,sembramoltodiversa dalla nostra, ma in realtà non è affatto così

• Noncisirendecontochetantiproblemisonopre-senti anche nella nostra “civile” società.

• Ledonneegliuominimeritano lastessa libertà,glistessi diritti. Basta con la violenza alle donne. Basta con la marginalità.

• Diamoalledonnelapossibilitàdistudiareesapran-

no risolvere con “le loro mani” le loro difficoltà. Bi-sogna educare al rispetto dei diritti, sia gli uomini che le donne.

• Ledonneancoratroppospesso,dovunque,sonovit-time, sia psicologicamente che fisicamente.

• Laveritàèchebisognerebbeprenderecoscienzadicome vivono le donne, anche all’interno della socie-tà occidentale.

• Eibambini?Tuttiibambinidevonoviverelaloroin-fanzia senza essere costretti a lavorare

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La parola alle adolescenti e agli adolescenti Per tentare una soluzione del problema, occorre cono-scere, comprendere la condizione delle donne nelle so-cietà povere e dare il nostro contributo

E’ ingiusto ed è degradante per la donna sentirsi sotto-valutata

Che senso ha costringere la donna a nascondersi die-tro una maschera?

Non basta appellarsi alla tradizione per opprimere i di-ritti umani delle donne

Signori, siamo nel XXI secolo! La donna è un essere umano, ha un cuore, una dignità! Non è un oggetto! Non é proprietà di nessuno!

Mi colpisce la NON libertà: Mi colpisce che nonostante la NON libertà, la donna non perde la voglia di andare avanti, di combattere per raggiungere i propri diritti, an-che là dove la legge non l’aiuta.

Certo uomini e donne non sono uguali biologicamente, ma questo cosa ha a che vedere con i diritti?

Tutto ciò accade perché la donna è vista come il “DI-VERSO”

E’ necessario acquisire consapevolezza dei propri diritti e far valere la propria dignità

Come mai è così difficile la coesistenza della pari digni-tà per uomini e donne?

LO STEREOTIPO In parole povere: il preconcetto

IL SONNOOvvero le parole che non avremmo voluto sentire. Ma poiché è nostro costume dare valore e spazio ad ogni voce, riportiamo anche le parole di totale indifferenza che non avremmo voluto sentire

• Ladonna,SI’develavorareper“dareunamano”,maprincipalmente deve occuparsi della famiglia e dei figli.

• Ledonnechesubisconononhannoun’istruzione:so-no come pesi che si rendono conto di essere nell’ac-qua solo quando affondano

• Bisognacambiarelaculturamaschilista,tenendocon-to però dei suoi aspetti positivi

• Avevosonnoenonhovistoilvideo• Nonmiha colpitonulla-Non l’ho visto–Non so

nulla di questione femminile

• Mihacolpitodipiùlanoia.Ledonnesonotrattatemale e dovrebbero dormire.

Il sonno giovanile ci preoccupa assai.Speriamo però che”dormire” per quei 3 adolescenti

sia stato solo un gioco da ragazzini

Davvero grazie agli oltre 500 giovani che abbiamo incontrato per il loro contributo

Sintesi a cura di M. Spadafora

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In questo periodo della mia vita sono cambiate molte cose.

Nei due anni in cui sono stata fidanzata con un ragazzo, purtroppo avevo trascurato un po’ tutto, dedicandomi solo a lui e allo studio. E a danza ero sempre infelice perché mi sentivo poco brava e dunque mi sembrava di umiliarmi.Cambiare è stato difficile, ma, un po’ alla volta, ci sono riuscita. Ora passo più tempo con le mie amiche, mi sen-to finalmente libera di essere me stessa, di esprimere tutto quello che sento quando ballo e non mi importa come lo faccio. Ma gli altri e prima di tutti la mia famiglia, mi accetteran-no per quello che sto diventando? A questo pensiero, avverto forte un senso di colpa, ma poi mi domando:

E’giusto sotterrare la mia anima, solo per piacere agli altri?

In terra di Calabria spesso è difficile ESSEREStavo incamminandomi verso casa e ad un tratto sentii dei lamenti: era una ragazza che urlava dentro una mac-china nera.Urlava “Lasciami stare! Vattene! Non toccarmi! Mentre scendeva dall’automobile e correva via, il sangue le co-lava dal naso.Allora capii che l’avevano picchiata. Guardai attentamen-te e riconobbi il ragazzo che era dentro la macchina. Lo vidi accendere il motore e partire come un pazzo.Che fare? Io non ebbi il coraggio di intervenire, perché sapevo bene a quale famiglia egli apparteneva.

Cosa fu? Indifferenza o solo paura?

Essere o non Essere?

I nostri adolescenti ci confidano che è molto difficile “togliersi la maschera”

Balthus, Le chat au miroir (particolare),

1986

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DonnaIo parlo, penso, dico…Io “parlo” di questa donnache s’alza presto al mattinoe torna tardi la sera.La donna del Nord e del Sud.Quella donna che a volte ha gli occhi stanchie ha bisogno di parole.

Io”penso” a quella donnaChe nella stanzetta ambrata Di ogni città o paeseNel pulsare angoscioso della notteÈ sola con la clessidrea del tempoAd ha solo il silenzio per amante.

Io “dico”di quella donnaChe nella triste storia del duemilaIndossa la divisa da soldatoE muore accanto all’uomoTra sinistri bagliori di guerraPer gettare il pugnale di cainoDue spighe insanguinate Da impalcature d’ odio.

Io “canto” la donna della BosniaLa sorella iugoslavaLa donna d’Oriente“costretta” tra mari di violenzeE pazze rovine:donne mute dai sogni spenticome candele sugli altari.

Io “parlo” soprattutto di “lei”Quella donna quando un dolore profondo la scavae ti osserva in silenzio, “uomo”quando “tu” fulgida frecciacorri per notti nuoveinseguendo fuggevoli mitie lei, la tua donnas’apre ugualmentecon sillabe di tenerezzaIn fondo io canto la donna di sempre

Marinella Miliardi “Richichi” Polistena

Renoir, Ballo in città (particolare),

1883

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I n un incontro di verifica del Progetto Pollicino tra la Fondazione, i docenti referenti, qualche Dirigen-te, c’ero anch’io, studentessa che segue da qualche

anno questa interessante attività formativa. E’ stata una bella esperienza che mi ha consentito di stare in mezzo a tanti adulti, che hanno chiesto pareri e suggerimenti, facendomi davvero sentire alla pari. Partendo dal senso e dal significato della presenza nelle Scuole del Progetto Pollicino e dunque, della Fondazione “Roberta Lanzino”, si è discusso molto sulla realtà scolastica, questo mon-do così ricco di interrogativi spesso irrisolti. Ognuno ha esposto il proprio punto di vista sull’attività svolta dal “Progetto Pollicino” che ha lo scopo di mettersi in ascol-to per educare all’ascolto. Un professore ha definito que-sto Progetto “il tessuto connettivo” della scuola ed ha sostenuto che, per entrare nel mondo degli alunni, biso-gnerebbe uscire più spesso dagli schemi comuni, non li-mitarsi all’insegnamento-apprendimento, ma andare ol-tre, verso nuovi orizzonti, in modo da individuare me-glio i problemi ed eventualmente affrontarli insieme. Si è messo soprattutto in evidenza il tema del “silenzio” dei ragazzi e delle ragazze, una chiusura, cioè, (caratte-riale o di necessità?) che conduce a vivere nel proprio Io, evitando di condividere le proprie emozioni, i propri pensieri, i propri problemi. E’ come se gli adolescenti di oggi avessero paura di se stessi, paura di essere giudi-cati, paura di essere etichettati. Il “Progetto Pollicino” è vicino dunque a noi giovani e lo fa anche ascoltando la voce dei nostri silenzi. Esso entra nella scuola volontaria-mente, non attende la chiamata di soccorso, ma intervie-ne prima, mediante diverse attività: colloqui con esperti di ascolto adolescenziale, circle time aperti ad ogni voce, giochi vari, schede di conoscenza, grandi dibattiti, avvici-namento al mondo reale del disagio e produzioni coin-volgenti tutti….E’ così che il Progetto entra nella real-tà adolescenziale, così spesso mascherata dai protagoni-sti stessi, e lavora con essa. In questo incontro c’è stato

spazio anche per la testimonianza della mia esperienza triennale di studentessa partecipe del progetto. Per me sono stati anni meravigliosi in cui ho assistito ad un ve-ro e proprio cammino personale e collettivo: ho infatti avuto modo di conoscere me stessa e di rendermi con-to di quanto sia importante ascoltare ed entrare in con-tatto profondo con gli altri, per la costruzione di relazio-ni belle e significative. Certo, posso capire che per molti giovani, miei coetanei, sia difficile raccontarsi per paura che trapelino problemi e difficoltà, ma so che in noi con-temporaneamente è anche forte la voglia di comunicare. In questi anni abbiamo trattato diverse problematiche: l’adolescenza, la violenza, l’ascolto, la relazione, l’identi-tà di genere, la parità, il volontariato… ognuna con mo-dalità, strumenti, metodologie spirito diversi, ma sempre con lo stesso obiettivo: mettersi in ascolto. Questo è an-che il fine del Volontariato, uno dei valori fondamentali della Fondazione “Roberta Lanzino”. Gratuità e condivi-sione non sono soltanto valori in sé, ma sono anche gli importanti fattori del processo di comunicazione uma-na. Ritengo che il volontariato sia una delle esperienze più belle da vivere. Faccio parte da diverso tempo di as-sociazioni di volontariato e con “Progetto Pollicino”, ho realmente compreso l’importanza di ciò che faccio per la mia crescita globale. Nel momento in cui rivolgiamo lo sguardo verso gli altri, non solo accompagniamo lo-ro ad oltrepassare un ostacolo, ma noi stessi riceviamo un dono di crescita e un “tesoro”Esso parte dal cuore e brilla nel volto… il SORRISO! Sono contenta che la mia testimonianza sia stata ascoltata con grande ricono-scimento, tanto da dare lo spunto all’idea di creare una consulta giovanile del Progetto Pollicino, per dare già da oggi spazio ai protagonisti di domani.

Valeria Giugnatico Liceo “Santa Caterina” Paola

Domenica 29 aprile al “Nautico” di Pizzo: Fondazione “Roberta Lanzino”- Docenti-Studenti

“Pollicino” in Reteper la verifica

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PERIODICO DELLA FONDAZIONE “ROBERTA LANZINO”

Numero 1 e 2 - Maggio 2008Reg. al Tribunale di Cs n. 659

del 10/4/2001

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LA CASA di “Roberta” è una bella struttura di quattro piani, costruita con fondi POR della Regione Calabria, su suolo concesso dal Comune di Rende, in Via Verdi, area urbana strutturalmente molto ben organiz-zata per servizi, organizzazione, verde.Fortemente voluta dalla Fondazione “Ro-berta Lanzino” che ne ha proposto il pro-getto e ne ha seguito con spirito di grande caparbietà e a costo di grandi sacrifici, la realizzazione, oggi finalmente è una realtà.Come ogni mamma in attesa, ansiosa at-tende di sentire echeggiare tra le sue pareti le voci dei bambini che, sottratti ad abusi e maltrattamenti, qui potranno forse tornare a sperare.E’ questo infatti il primo progetto sociale di accoglienza che la Fondazione “Roberta Lanzino” ONLUS intende mettere in cam-po, nella CASA “di Roberta