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Periodico di informazione dell’associazione Pan Kalon - PANICALE spedizione in A.P. 70% - L. 662/96 - DCI/Umbria-Aut. Del Trib. Di Perugia N° 30/2001 del 31/10/2001- Dir. Resp. Luigina Miccio dicembre 2008 Occhiello occhiello Un’ottima compagnia Gli auguri pi ù sinceri di buone feste a tutti i lettori, soci e simpatizzanti di Pan Kalon I SOCI TROVERANNO IN ALLEGATO IL CALENDARIO PER IL 2009. POTRANNO RICEVERLO ANCHE COLORO CHE, ENTRO IL MESE DI GENNAIO, RINNOVANO LA PROPRIA ADESIONE VERSANDO UNA QUOTA LIBERA ANCHE A MEZZO BOLLETTINO. “Quando si aprirà una nuova era, un corteo di giovani dirigerà una grande sinfonia che riecheg- gerà da un capo all’altro dell’universo. Amici, cantate, danzate e gioite insieme!” ..è sete di vera finzione, anzi di finzione vera, maestra d’emozioni e avversa al più rigido “super- io”, unica autorità tra palco e scena. Come se vestendo abiti altri, camminando passi fiabeschi, quei turbamenti e l’esplosività che da noi spande, non c’appartenesse. La finzione ci culla, medica dalle critiche, sorprendendoci da lei presto motivati a tradire tradizionale vergogna, liberi di partorire nudità dell’anima scandalose, spogliandosi di più larghe e comode apparenze.. è vibrare d’emozione in una danza del cuore che balli nuovi amori.. Un laboratorio teatrale su cui nessuno avrebbe speso che esili attese, grande novità, lo scoprire una compagnia necessaria, nella quale riconoscersi e conoscersi, che apra nuovi occhi e ascolti suoni lontani, rendendo spontaneità a quei sesti sensi celati. “La libertà non è star sopra un albero” non si specchia in assurdità, è semplice dar fiato al “dolce sentire”, sopravvissuto in quelle sole api, sfuggite allo sciame in corsa pazza per marciapiedi e strade, che si siano commosse all’ul- timo tramonto. Liberi quegli individui atti ad amare, ad innamorarsi di favolose scoperte, del tremore pungente d’una tragedia, della delicata carezza di una poesia, della ridente commedia., in un grigiore che incarna i nostri tempi ed invade gli schermi freddi delle nostre case. Il teatro, dalle quinte per noi domestiche ormai, s’interessa di vita e si nutre di energia, non segue la moda, perché è per tutti, la inventa… allora mani, voce, gesti muovono sogni… e il sogno è il teatro dove il sognatore è al contempo l’attore, il suggeritore, il direttore di scena, l’au- tore, il tecnico alle luci, all’audio, ma anche musica e proiezioni, scena, pubblico e critico. L’intreccio con nuovi compagni d’emozione spalanca lo spazio mentale e del cuore e quella scatola nera disegnata dalle quinte pare alimentata da un battito sorprendente e ritmi mai iden- tici. Ogni strumento della favolosa orchestra impara una fiducia che è socialmente sconsigliata, lavorando a mani multiple, ma all’unisono, dove quiete e tempesta trovano un equilibrio armo- nico, dove il direttore è chi dirige e prima amico, compagno, perché questa fede e questa familia- rità sole fanno delle ore prima del sipario un tempo che non annoia, ma che s’attende. Ciascun nuovo tesoro abbracciato nel cammino, con un nuovo alito di vita ci fa rinnovare e ci sorprende ancora.. facendo largo il nostro teatro ad accogliere tutti, a farci tanti per quella sinfonia bella… “Cantiamo, danziamo e gioiamo” in ottima compagnia, per finire molto lontani, guardando ancora più lontano, costruendo le orme per altri che partiranno… Lucia Fratini Il periodo in cui stiamo vivendo è caratterizzato dal movimento di enormi masse di merci e di altrettanti esseri umani. Globalizzazione pare sia il nome. Fiumi di persone che tran- sumano, come le greggi un tempo, da una parte all’altra del pianeta. Mai come negli ultimi vent’anni c’era stato un tale movimento. I fattori che pro- vocano tale spostamento sono senz’altro molto differenti da popolo a popolo, da paese a paese, ma presentano un fat- tore comune: il desiderio dei migranti di migliorare la pro- pria esistenza, e quella dei pro- pri familiari, avere stabilità e sicurezza sociale. Spesso sono reduci da guerre, da fame, da miserie e vicissitu- dini personali e familiari che li hanno spinti a venire da noi con una grande speranza. Il loro riscatto. Il riscatto dalla fame e dalla miseria che il popolo italiano e la maggior parte dei popoli “civili”, si sono lasciati alle spalle da tempo. Che bella cosa il riscatto personale e sociale. E’ per me un valore che da solo giustifica tutti i patimenti e le sofferenze di questa grande quantità di persone. E noi, paese ospi- tante, siamo diventati il loro “asilo”. Ed il loro assillo. Circa sei milioni, che hanno il per- messo di soggiorno e di lavoro, che pagano le tasse e anche loro pagheranno, se la crisi passerà, le pensioni dei nostri lavoratori. Albanesi, marocchini, tunisini, macedoni, polacchi, rumeni, moldavi ecc. Tutta gente in cerca di benessere, disposta a fare ciò che noi ita- liani riteniamo ormai indegno e inadeguato fare, per il tenore di vita che abbiamo raggiunto. Gli infermieri son neri, o negri come si diceva un tempo. Avete mai sentito una velina che vuol fare l’infermiera? O uno del grande fratello che vuole lavorare nei cantieri dei porti a scaricare merci, o che vuole fare il muratore? I lavoratori delle indu- strie pesanti, Ansaldo, Breda, Dalmine, anch’essi in mag- gioranza stranieri, africani, rumeni, polacchi. Gran parte delle maestranze italiane sono stranieri. Venuti da lontano a guadagnarsi onestamente, la maggioranza pare, il loro pane. A produrre quello che noi, ormai Signori, non vogliamo più produrre. Beni e servizi di tutte le specie. Per molti va liscia arrivando anche clande- stinamente, e tra un provvedi- mento governativo ed un altro, riescono a mettersi in regola e a condurre in porto il loro sogno. Per altri così liscia non va, e si trovano, da deboli, ad affron- tare i problemi delle nostre leggi, in cui si rispecchiano le contraddizioni nostre e dei nostri politicanti. Un caso che ci riguarda: non si sa se considerare clandestino un padre che ha i suoi figli e la sua moglie in Italia che regolarmente Lavora e paga le tasse, manda i figli a scuola, e aspetta da 4 anni un visto per un ricongiungimento fami- liare dopo essere stato espulso. Visto di Ministero che conti- nua a tardare, per problemi di burocrazia e di cambiamenti continui di regolamenti, ma soprattutto di interpretazione di questi, apposta per compli- care tutto. E i calci in culo, promessi da qualcuno prima delle elezioni, sono arrivati per questo povero padre. Stanco dell’attesa ha cer- cato di passare la dogana senza il necessario e sognato visto. L’hanno accolto i poliziotti italiani, in un porto pugliese, a calci, pugni e manganellate, rompendogli la spalla e qual- che costola e rispedendolo, a spese nostre, in Grecia dove si trova in un centro di prima accoglienza. I responsabili di questo centro hanno chia- mato la moglie, per chiederle il permesso di denunciare quei poliziotti, tanto ligi al proprio dovere. Chi crede che una denuncia consenta al marito di tornare in Italia? Chi paga l’avvocato, se a mala pena, con uno stipendio da cameriera, riescono a mangiare? I deboli cosa non inghiottono! Sapete perché è stato picchiato? Per- ché ha detto “Io al mio paese non ci torno”. Voglio stare con i miei figli e con mia moglie. “E qual è il tuo paese?” L’Alba- nia, ha risposto. E giù botte, e ridevano immagino mentre gli rispondevano: “Noi infatti ti mandiamo in Grecia mica in Albania!” Gre- cia e Albania.. ma chi erano costoro? Colonie !? Il signore in questione abita, meglio vorrebbe tornare ad abitare nel comune di Panicale, vor- rebbe… Ma è Natale e tutto va bene.. Antonia CurreliUdam Storie di “casa nostra” “Denise: una vita... perchè” Edizioni Luì Da bimba ti osservavo, per me altis- sima, raffinata, delicata e la mia curio- sità si ancorava su quel portamento quasi danzante, quella leggerezza semplice, quel viso di occhi chiari eppure intriganti, che attribuivo ad origini straniere, ignara del- l’artista e soprattutto della persona appas- sionata, originale ed esclusiva che si celava nelle più pacate apparenze. Mi hai offerto questo libro in dono lo scorso natale, sorpresa bella il condividere tuoi propri ricordi passeggiando tra quei capitoli, potersi bagnare delle immagina- zioni private, dei pensieri intimi, spiati in quei grandi occhi lucenti. L’ho lette d’un fiato queste pagine, che scorrevano veloci, leggere, lasciando un caldo profumo d’emozioni, di considerazioni che m’hanno interrogata, di fantasie che m’hanno accompagnata, quando le tue foto del pas- sato, accennate soltanto, non sfogliavano l’intero album, lasciandoci sospesi… come se non volessi svelare tutto per timore di sciuparlo con voce imprecisa. Ricordo Italo, anche se ero piccina, me lo ricordo in Sardegna l’anno che l’Italia giocava i mondiali, come un uomo affasci- nante, distinto, piacevole d’ascoltare, ma anche silenziosissimo e attento a alle mie opinioni di bambina… non bisogna essere grandi per accorgersi dell’amore pieno, tenero e desiderato che vi legava e che voglio anche io tacere da non maltrattarlo di vaghe parole... Quei borghi calpestati, vissuti, giocati, stavolta visti da occhi altri mi sono parsi ancora più belli e più bello capire l’umiltà e la semplicità della tua riservata presenza, come facile e naturale è stato raccontarti quasi sottovoce. Ti osservavo con occhi cresciuti tempo fa, lavo- rare con sentimento dietro le quinte, nei came- rini, del palco panicalese, ridente per ore intere con le altre sarte del paese, giornate freddissime, faticando per noi… adesso capisco, cara Denise, quell’amore sorprendente per l’arte tutta e per il teatro, che pure mi investe. Grazie straniera, ormai “di casa”, di aver con- diviso quei pensieri con me e con tutti i fortu- nati che abbiano sbirciato quelle righe, grazie d’aver scritto quelle pagine belle e di conservarti sempre quella figura raffinata e delicata per sola grandezza di cuore. Lucia Fratini PanKalon volantino 2008.indd 1 15/12/2008 15.01.48

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Page 1: Occhiello occhiello Un’ottima compagnia Gli auguri più sinceripankalon.altervista.org/voce_campanone/dicembre2008.pdf · con una grande speranza. Il loro riscatto. Il riscatto

Periodico di informazione dell’associazione Pan Kalon - PANICALEspedizione in A.P. 70% - L. 662/96 - DCI/Umbria-Aut. Del Trib. Di Perugia N° 30/2001 del 31/10/2001- Dir. Resp. Luigina Miccio dicembre 2008

Occhiello occhiello

Un’ottima compagnia

“Il barbieredi Siviglia”

di G. Rossinidi Siviglia”

di G. Rossinidi Siviglia”

5 febbraio 2009Teatro Cesare Caporali di Panicale (Pg)

7 febbraio 2009Teatro Pietro Mascagni di Chiusi (Si)

Gli auguri più sinceri di buone festea tutti i lettori, socie simpatizzantidi Pan Kalon

I SOCI TROVERANNO IN ALLEGATO

IL CALENDARIO PER IL 2009.POTRANNO RICEVERLO ANCHE

COLORO CHE, ENTRO IL MESE DI GENNAIO,RINNOVANO LA PROPRIA ADESIONE

VERSANDO UNA QUOTA LIBERA

ANCHE A MEZZO BOLLETTINO.

“Quando si aprirà una nuova era, un corteo di giovani dirigerà una grande sinfonia che riecheg-gerà da un capo all’altro dell’universo. Amici, cantate, danzate e gioite insieme!”

..è sete di vera fi nzione, anzi di fi nzione vera, maestra d’emozioni e avversa al più rigido “super-io”, unica autorità tra palco e scena. Come se vestendo abiti altri, camminando passi fi abeschi, quei turbamenti e l’esplosività che da noi spande, non c’appartenesse. La fi nzione ci culla, medica dalle critiche, sorprendendoci da lei presto motivati a tradire tradizionale vergogna, liberi di partorire nudità dell’anima scandalose, spogliandosi di più larghe e comode apparenze.. è vibrare d’emozione in una danza del cuore che balli nuovi amori..

Un laboratorio teatrale su cui nessuno avrebbe speso che esili attese, grande novità, lo scoprire una compagnia necessaria, nella quale riconoscersi e conoscersi, che apra nuovi occhi e ascolti suoni lontani, rendendo spontaneità a quei sesti sensi celati. “La libertà non è star sopra un albero” non si specchia in assurdità, è semplice dar fi ato al “dolce sentire”, sopravvissuto in quelle sole api, sfuggite allo sciame in corsa pazza per marciapiedi e strade, che si siano commosse all’ul-timo tramonto. Liberi quegli individui atti ad amare, ad innamorarsi di favolose scoperte, del tremore pungente d’una tragedia, della delicata carezza di una poesia, della ridente commedia., in un grigiore che incarna i nostri tempi ed invade gli schermi freddi delle nostre case.

Il teatro, dalle quinte per noi domestiche ormai, s’interessa di vita e si nutre di energia, non segue la moda, perché è per tutti, la inventa… allora mani, voce, gesti muovono sogni… e il sogno è il teatro dove il sognatore è al contempo l’attore, il suggeritore, il direttore di scena, l’au-tore, il tecnico alle luci, all’audio, ma anche musica e proiezioni, scena, pubblico e critico.

L’intreccio con nuovi compagni d’emozione spalanca lo spazio mentale e del cuore e quella scatola nera disegnata dalle quinte pare alimentata da un battito sorprendente e ritmi mai iden-tici. Ogni strumento della favolosa orchestra impara una fi ducia che è socialmente sconsigliata, lavorando a mani multiple, ma all’unisono, dove quiete e tempesta trovano un equilibrio armo-nico, dove il direttore è chi dirige e prima amico, compagno, perché questa fede e questa familia-rità sole fanno delle ore prima del sipario un tempo che non annoia, ma che s’attende. Ciascun nuovo tesoro abbracciato nel cammino, con un nuovo alito di vita ci fa rinnovare e ci sorprende ancora.. facendo largo il nostro teatro ad accogliere tutti, a farci tanti per quella sinfonia bella…

“Cantiamo, danziamo e gioiamo” in ottima compagnia, per fi nire molto lontani, guardando ancora più lontano, costruendo le orme per altri che partiranno…

Lucia Fratini

Il periodo in cui stiamo vivendo è caratterizzato dal movimento di enormi masse di merci e di altrettanti esseri umani. Globalizzazione pare sia il nome.

Fiumi di persone che tran-sumano, come le greggi un tempo, da una parte all’altra del pianeta.

Mai come negli ultimi vent’anni c’era stato un tale movimento. I fattori che pro-vocano tale spostamento sono senz’altro molto differenti da popolo a popolo, da paese a paese, ma presentano un fat-tore comune: il desiderio dei migranti di migliorare la pro-pria esistenza, e quella dei pro-pri familiari, avere stabilità e sicurezza sociale.

Spesso sono reduci da guerre, da fame, da miserie e vicissitu-dini personali e familiari che li hanno spinti a venire da noi con una grande speranza. Il loro riscatto. Il riscatto dalla fame e dalla miseria che il popolo italiano e la maggior parte dei popoli “civili”, si sono lasciati alle spalle da tempo.

Che bella cosa il riscatto personale e sociale. E’ per me un valore che da solo giustifi ca tutti i patimenti e le sofferenze di questa grande quantità di persone. E noi, paese ospi-tante, siamo diventati il loro “asilo”. Ed il loro assillo. Circa sei milioni, che hanno il per-messo di soggiorno e di lavoro, che pagano le tasse e anche loro pagheranno, se la crisi passerà, le pensioni dei nostri lavoratori.

Albanesi, marocchini, tunisini, macedoni, polacchi, rumeni, moldavi ecc. Tutta

gente in cerca di benessere, disposta a fare ciò che noi ita-liani riteniamo ormai indegno e inadeguato fare, per il tenore di vita che abbiamo raggiunto. Gli infermieri son neri, o negri come si diceva un tempo.

Avete mai sentito una velina che vuol fare l’infermiera? O uno del grande fratello che vuole lavorare nei cantieri dei porti a scaricare merci, o che vuole fare il muratore?

I lavoratori delle indu-strie pesanti, Ansaldo, Breda, Dalmine, anch’essi in mag-gioranza stranieri, africani, rumeni, polacchi. Gran parte delle maestranze italiane sono stranieri. Venuti da lontano a guadagnarsi onestamente, la maggioranza pare, il loro pane. A produrre quello che noi, ormai Signori, non vogliamo più produrre. Beni e servizi di tutte le specie. Per molti va liscia arrivando anche clande-stinamente, e tra un provvedi-mento governativo ed un altro, riescono a mettersi in regola e a condurre in porto il loro sogno.

Per altri così liscia non va, e si trovano, da deboli, ad affron-tare i problemi delle nostre leggi, in cui si rispecchiano le contraddizioni nostre e dei nostri politicanti.

Un caso che ci riguarda: non si sa se considerare clandestino un padre che ha i suoi fi gli e la sua moglie in Italia che regolarmente Lavora e paga le tasse, manda i fi gli a scuola, e aspetta da 4 anni un visto per un ricongiungimento fami-liare dopo essere stato espulso. Visto di Ministero che conti-nua a tardare, per problemi di

burocrazia e di cambiamenti continui di regolamenti, ma soprattutto di interpretazione di questi, apposta per compli-care tutto.

E i calci in culo, promessi da qualcuno prima delle elezioni, sono arrivati per questo povero padre. Stanco dell’attesa ha cer-cato di passare la dogana senza il necessario e sognato visto. L’hanno accolto i poliziotti italiani, in un porto pugliese, a calci, pugni e manganellate, rompendogli la spalla e qual-che costola e rispedendolo, a spese nostre, in Grecia dove si trova in un centro di prima accoglienza. I responsabili di questo centro hanno chia-mato la moglie, per chiederle il permesso di denunciare quei poliziotti, tanto ligi al proprio dovere. Chi crede che una denuncia consenta al marito di tornare in Italia? Chi paga l’avvocato, se a mala pena, con uno stipendio da cameriera, riescono a mangiare? I deboli cosa non inghiottono! Sapete perché è stato picchiato? Per-ché ha detto “Io al mio paese non ci torno”. Voglio stare con i miei fi gli e con mia moglie. “E qual è il tuo paese?” L’Alba-nia, ha risposto. E giù botte, e ridevano immagino mentre gli rispondevano:

“Noi infatti ti mandiamo in Grecia mica in Albania!” Gre-cia e Albania.. ma chi erano costoro? Colonie !? Il signore in questione abita, meglio vorrebbe tornare ad abitare nel comune di Panicale, vor-rebbe…

Ma è Natale e tutto va bene..

Antonia CurreliUdam

Storie di “casa nostra” “Denise: una vita... perchè”Edizioni Luì

Da bimba ti osservavo, per me altis-sima, raffi nata, delicata e la mia curio-sità si ancorava su quel portamento quasi danzante, quella leggerezza semplice, quel viso di occhi chiari eppure intriganti, che attribuivo ad origini straniere, ignara del-l’artista e soprattutto della persona appas-sionata, originale ed esclusiva che si celava nelle più pacate apparenze.

Mi hai offerto questo libro in dono lo scorso natale, sorpresa bella il condividere tuoi propri ricordi passeggiando tra quei capitoli, potersi bagnare delle immagina-zioni private, dei pensieri intimi, spiati in quei grandi occhi lucenti. L’ho lette d’un fi ato queste pagine, che scorrevano veloci, leggere, lasciando un caldo profumo d’emozioni, di considerazioni che m’hanno interrogata, di fantasie che m’hanno accompagnata, quando le tue foto del pas-sato, accennate soltanto, non sfogliavano l’intero album, lasciandoci sospesi… come se non volessi svelare tutto per timore di sciuparlo con voce imprecisa.

Ricordo Italo, anche se ero piccina, me lo ricordo in Sardegna l’anno che l’Italia giocava i mondiali, come un uomo affasci-nante, distinto, piacevole d’ascoltare, ma anche silenziosissimo e attento a alle mie opinioni di bambina… non bisogna essere grandi per accorgersi dell’amore pieno, tenero e desiderato che vi legava e che voglio anche io tacere da non maltrattarlo di vaghe parole...

Quei borghi calpestati, vissuti, giocati, stavolta visti da occhi altri mi sono parsi ancora più belli e più bello capire l’umiltà e la semplicità della tua riservata presenza, come facile e naturale è stato raccontarti quasi sottovoce.

Ti osservavo con occhi cresciuti tempo fa, lavo-rare con sentimento dietro le quinte, nei came-rini, del palco panicalese, ridente per ore intere con le altre sarte del paese, giornate freddissime, faticando per noi… adesso capisco, cara Denise, quell’amore sorprendente per l’arte tutta e per il teatro, che pure mi investe.

Grazie straniera, ormai “di casa”, di aver con-

diviso quei pensieri con me e con tutti i fortu-nati che abbiano sbirciato quelle righe, grazie d’aver scritto quelle pagine belle e di conservarti sempre quella fi gura raffi nata e delicata per sola grandezza di cuore.

Lucia Fratini

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La voce del campanone/Pan Kalon2dic

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Rossini fi rmò nel dicembre del 1815 un contratto con il Teatro Argentina di Roma per un’opera da rappresentarsi alla fi ne dell’imminente stagione di Carnevale. Incaricò del libretto Cesare Sterbini, che fece ricorso ad una fonte let-teraria in gran voga e di sicuro successo: il Barbiere era già stato messo in musica sei volte oltre che da Paisiello anche dal perugino Francesco Morlacchi. Rossini era notoriamente pigro. Rimandava il completamento dei lavori commissiona-tigli fi no all’ultimo momento, e spesso “prendeva in prestito” della musica dalle sue altre opere, per risparmiarsi la fatica di scriverne di nuova. La famosa ouverture del Barbiere era stata precedentemente utilizzata in altre due sue opere; eppure, il Barbiere di Siviglia fu scritta ad una velocità supersonica: undici giorni diceva lui, sicuramente dal “concepimento” alla stesura fi nale non passarono più di venti giorni.

Come spesso capita nello strano mondo della lirica, Il Barbiere, alla sua prima rappresentazione - il 20 Febbraio 1816 al Teatro Argentina di Roma - fu un fi asco strepitoso. Il giovane Gioachino, con quell’opera, aveva osato sfi dare il grande Paisiello, mettendo in scena, mentre era ancora vivo il famoso compositore napoletano, un’opera che lo stesso

aveva gia musicato. Questo non evitò che gli ammiratori del Paisiello boicottassero la “prima”, inveendo e rumoreg-giando per l’intera esecuzione. A ciò bisogna aggiungere le mille disavventure che capitarono durante l’intera rappresen-tazione, lasciando esterrefatto lo stesso Maestro pesarese, che dal cembalo dirigeva l’opera. Si narra che alla prima rappre-sentazione di questo capolavoro, in scena ne successero di tutti i colori: il basso Vitarelli, Don Basilio per l’occasione, al suo ingresso in scena inciampò e cadde battendo la faccia.

All’aria della calunnia gli usciva ancora il sangue dal naso e dovette cantare tamponandosi il naso tra una frase e l’altra. Un gatto, che aveva residenza stabile presso il Teatro Argen-tina, apparve d’improvviso sul palcoscenico nel bel mezzo del fi nale e si mise a miagolare e a strusciarsi sulle gambe dei cantanti, fra le matte risate del pubblico! Al termine della rappresentazione, Rossini, imbestialito, si sottrasse alla folla degli spettatori, e tornò da solo a piedi a casa. Ma già alla seconda rappresentazione il pubblico romano ebbe ad inchi-narsi alla musica immortale del Barbiere, così come, a malin-cuore, ebbero a fare gli ammiratori di Paisiello.

Virgilio Bianconi

Periodico: La voce del campanone - spedizione in A.P. 70% - L. 662/96 DCI/Umbria-Aut. del Trib. Di Perugia N° 30/2001

del 31/10/2001 - Dir. Resp. Luigina Miccio

La voce del campanonePeriodico di informazione della libera associazione Pan Kalon

Direttore resp.: Luigina Miccio - Redazione: Virgilio Bianconi, Stefano Scardino, Denise Cichi, Norman Russell, Maura Lepri,

Antonella Margaritelli - Hanno collaborato: Silvia Fratini, Lucia Fratini, Antonia Curreli - Foto: Stefano Scardino - Pub-blicato da: Libera associazione Pan Kalon - via del Filatoio, 16

- 06064 Panicale (PG) - Impianti: Edizioni Luì - Chiusi (SI) Stampa: Tipografi a Etruria - Chianciano Terme (SI)

La direzione non risponde delle opinioni espresse da collaboratori ed intervistatiI testi e le immagini pubblicate possono essere riprodotte previa autorizzazione

Per informazioni: Associazione Pan Kalon Email: [email protected]

La tiratura di questo periodico è di 2000 copie

Il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini

Un’opera lirica di solito prevede grandi organici sia orchestrali che di masse. Ma per esigenze di budget e di spazio, grazie al direttore d’orchestra Roberto Zarpellon, che ha al suo attivo importanti direzioni a Salisburgo, Festival Puccini, Vienna ecc, e al suo collaboratore Alessandro Cuozzo, è stata realizzata un adattamento orchestrale, pur mantenendo l’integrità dell’opera, per quintetto d’archi più quintetto di fiati e pianoforte. In buca il maestro Eugenio Becchetti al piano e l’orchestra da camera del Trasimeno composta da giovani, valenti professori. Anche il coro è in formazione ridotta di otto elementi (Coro lirico dell’Umbria diretto da Alessandro Nisio).

Un’ esecuzione della partitura Rossiniana particolare che conserva di sicuro la peculiare brillantezza. La regia, sempre puntuale e raffinata, del veneziano Marco Bel-lussi, ormai di Casa a Panicale, prevede trovate esila-ranti per l’opera buffa più famosa al mondo. Nel cast spiccano il tenore Filippo Pina Castiglioni, milanese, eccellente Almaviva, ruolo replicato molte centinaia di volte nei teatri più noti al mondo e il baritono astigiano Oliviero Giorgiutti, Figaro, vincitore del concorso spo-letino, il cui debutto, oltre che a Spoleto, è avvenuto nei teatri maggiori del Giappone.

Ad interpretare Rosina la bellissima e bravissima umbra Francesca Bruni che si è già cimentata nel ruolo con il maestro Desderi presso il Teatro Marrucino di Chieti. Oltre al sottoscritto, nel personaggio di Bartolo, è nel cast la raffinata Rosalba Petranizzi, mezzosoprano, anche lei Panicalese d’adozione, nel ruolo di Berta. Il bravo basso Alessandro Avona, perugino, interpreterà l’intrigante Basilio. Completa l’elenco il baritono vene-ziano Giovanni Bertoldi nei ruoli di Fiorello e dell’Uf-ficiale.

In qualità di mimi alcuni componenti del laborato-rio teatrale del Caporali e Alberto Agea. Gli elementi di scena sono affidati all’architetto Fabrizio Beretta e i costumi a Marino Bortolotti. I costumi sono realiz-zati magistralmente dalle sarte “Le Penelopi del Sole”, Denise Cichi, Lina Gagliardini, Ivonne Sintoni, Setti-mia Ragni che coadiuvano le maestre di taglio Marghe-rita Strappaghetti e Dina Vitali.

Alla serata panicalese, durante l’intervallò, sarà offerta una creazione pasticcera dal Maitre Patissier Michele Piselli della pasticceria G.M.B. di Castiglione del Lago.

Si ringraziano anche altri sponsor che hanno contri-buito alla realizzazione della rappresentazione al teatro Caporali. Li ringrazieremo particolarmente nel pro-gramma di sala dell’opera.

Virgilio Bianconi

Grazie alla Banca Valdichiana Pan Kalon mette in scena l’opera buffa Il Barbiere di Siviglia

IL 5 FEBBRAIO AL CAPORALI DI PANICALE ED IL 7 AL MASCAGNI DI CHIUSI

PER PRENOTAREPER LA RAPPRESENTAZIONE

AL TEATRO CAPORALIDI PANICALE

GIOVEDÌ 5 FEBBRAIO 2009ALLE ORE 20.30

TELEFONARE AL. 3491928579IL COSTO DEL BIGLIETTO,

POSTO UNICO, È DI EURO 25,00

LO SPETTACOLO DISABATO 7 FEBBRAIO 2009

ALLE ORE 21PRESSO IL TEATRO DI CHIUSI

È RISERVATO AI SOCIDELLA BANCA VALDICHIANA

Con le sue melodie eleganti, i suoi ritmi trascinanti e il suo superbo stile di composizione, viene conside-rata la più grande opera buffa italiana, eternamente fresca nella sua vena comica e nella sua inventiva

In vista una nuova pubblicazione di Pan KalonVerrà presentato l’ otto Marzo 2009 il libro, edito da Pan Kalòn, di Maura

Lepri: “Donna Faber. Pratiche e saperi femminili nella società rurale tradizio-nale di Panicale”. Il progetto si è reso possibile grazie al fi nanziamento della Banca CrediUmbria, credito cooperativo di Moiano, che ha da sempre sostenuto la pro-mozione e la divulgazione delle forme culturali autoctone.

Il libro muove da un’ inchiesta etnografi ca che Maura Lepri conduce a Panicale tra il 2006 e il 2007, scegliendo come interlocutrici solo donne anziane. La ricerca si svolge in tre parti salienti: le tradizioni intorno la maternità, i riti, i tabù e le fi gure del parto, descrivendo questo momento fondamentale, per la vita di una donna e per la comunità stessa, in realtà come un sistema etnonatale, cioè un insieme di pratiche integrate condivise e comunemente accettate; la farmacopea casalinga, quindi i rimedi naturali per la cura e la salvaguardia della salute, ma viene anche fornita una panoramica circa le antiche patologie approfondendo la creduta eziologia malefi ca di alcune.

Lo studio in questione pone lo sguardo anche nei confronti di quelle terapie la cui effi cacia è soltanto simbolica, capace di intervenire nella suggestione e di guarire. Chiude il libro una parte dedicata alle tradizioni orali. In particolar modo si ana-lizza il signifi cato della veglia contadina, momento di aggregazione per antonoma-sia, dall’ alto valore sociale e culturale. Ed è ancora la donna ad esserne protagonista, con il tramandare una ricca oralità che assolveva anche un fondamentale senso peda-gogico. Una tradizione orale che diventa tradizione teatrale nel momento in cui la parola si accompagna al gesto, cioè alla capacità di rappresentazione. Quindi il testo vuole mettere in luce la condizione femminile nella società contadina, analizzando le tradizionali occupazioni della donna che con innumerevoli sforzi si impegnava con il suo essere in casa, a tenere unite le trame del tessuto familiare, e con il suo essere fuori da casa, a conservare coesi i legami sociali e comunitari.

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