nuova serie un solo grido: “contratto contratto contratto...

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XL - N. 25 - 23 giugno 2016 PAGG. 10-11 Obama: “Non ci sono prove che la strage sia stata organizzata dall’estero” STRAGE DI GAY A ORLANDO 49 morti e 53 feriti MANIFESTAZIONI IN USA E ANCHE IN ITALIA CONTRO L’OMOFOBIA Contro la “riforma” del lavoro IMPONENTE MANIFESTAZIONE DEI LAVORATORI FRANCESI Duri scontri con la polizia. 42 fermi e 11 feriti Metalmeccanici in piazza dal Piemonte alla Puglia UN SOLO GRIDO: “CONTRATTO CONTRATTO CONTRATTO” PROPAGANDATO L’ASTENSIONISMO PER I BALLOTTAGGI Banchini a Ravenna e volantinaggio a Caltagirone Caltagirone (Catania), 11 giugno 2016. La compagna Aurora Greco mentre diffonde il volantino astensionista del PMLI a due giovani (foto Il Bolscevico) PAG. 12 Alle elezioni comunali del 5 giugno 2016 Astensionismo alle stelle a Napoli, Milano e Torino 700mila al Gay Pride di Roma non si accontentano e rivendicano pari diritti La manifestazione “antifascista, antisessista e antirazzista” sostiene anche le lotte dei precari, degli studenti, dei migranti e di tutti gli emarginati Con la riforma del “terzo settore” LAVORO A COSTO ZERO O SOTTOPAGATO AI GIOVANI E PRIVATIZZAZIONE DEL WELFARE AL DIBATTITO SUL REFERENDUM DI OTTOBRE PROMOSSO DALL’ANPI DI RUFINA (FIRENZE) SVISCERATI I CONTENUTI E LE CONSEGUENZE DELLA CONTRORIFORMA DI RENZI Importanti interventi di Nannucci, Lastri e Chiavacci MOLTO APPLAUDITO L’INTERVENTO DI SOTTOSCRITTI A NOME DEL PMLI Non perdere mai lo spirito e il coraggio della scelta marxista- leninista di Patrizia Pierattini* Sciopero di 8 ore e manifestazioni regionali in tutta Italia A TORINO IL PMLI INVITA LA CLASSE OPERAIA A GUIDARE LE MASSE POPOLARI CONTRO IL CAPITALISMO E PER IL SOCIALISMO PAG. 2 Torino, 9 giugno 2016. Il cartello del PMLI e la ban- diera del PMLI al centro di piazza Castello gremita di metalmeccanici in sciopero per il contratto I voucher vanno aboliti Il governo, messo alle strette, approva modifiche del tutto inefficaci sulla tracciabilità A causa dei tagli alla sanità e alla mancanza di soldi per curarsi CALA L’ASPETTATIVA DI VITA 11 MILIONI DI PERSONE NON SI CURANO PER MANCANZA DI SOLDI I lavoratori condannati a vivere come bestie nella tendopoli lager NELLA TENDOPOLI DI ROSARNO UN CARABINIERE UCCIDE UN BRACCIANTE DEL MALI In corteo i migranti chiedono giustizia I QUOTIDIANI NEOFASCISTI “LIBERO” E “IL GIORNALE” PROPAGANDANO LE POSIZIONI DELL’ARCIMBROGLIONE FALSO COMUNISTA Rizzo: “Non concedo agli immigrati i diritti borghesi. E i ladri che entrano in casa li faccio andar via in barella” “Berlusconi era stato cacciato dall’Europa perché era andato per la sua strada. Appoggerei i paesi presi di mira dall’IS” PAG. 15 PAG. 5 PAG. 5 PAG. 7 PAG. 7 PAG. 3 PAG. 12 PAG. 8 PAG. 4 PAG. 15

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XL - N. 25 - 23 giugno 2016

PAGG. 10-11

Obama: “Non ci sono prove che la strage sia stata organizzata dall’estero”

Strage di gay a OrlandO49 morti e 53 feriti

Manifestazioni in Usa e anche in italia contro l’oMofobia

Contro la “riforma” del lavoro

impOnente manifeStaziOne dei lavOratOri franceSi

Duri scontri con la polizia. 42 fermi e 11 feriti

Metalmeccanici in piazza dal Piemonte alla Puglia

Un solo grido: “Contratto Contratto Contratto”

PrOPAGANdAtO l’AsteNsiONisMO Per i bAllOttAGGi

banchini a ravenna

e volantinaggio a Caltagirone

Caltagirone (Catania), 11 giugno 2016. La compagna Aurora Greco mentre diffonde il volantino astensionista del PMLI a due giovani (foto Il Bolscevico) PAG. 12

Alle elezioni comunali del 5 giugno 2016

Astensionismo alle stelle a Napoli, Milano e torino

700mila al Gay Pride di roma non si accontentano e rivendicano pari dirittila manifestazione “antifascista, antisessista e antirazzista” sostiene anche

le lotte dei precari, degli studenti, dei migranti e di tutti gli emarginati

Con la riforma del “terzo settore”lAvOrO A COstO zerO O sOttOPAGAtO Ai GiOvANi

e PrivAtizzAziONe del welfAre

Al dibAttito sul referendum di ottobre promosso dAll’Anpi di rufinA (firenze)

SviScerati i cOntenuti e le cOnSeguenze della cOntrOrifOrma di renzi

importanti interventi di nannucci, lastri e chiavacciMolto applaUDito

l’intervento Di sottoscritti a noMe Del pMliNon perdere

mai lo spirito

e il coraggio della scelta marxista-leninistadi Patrizia Pierattini*

sciopero di 8 ore e manifestazioni regionali in tutta italia

a torino il pMli invita

la classe operaia a gUiDare le Masse popolari contro il capitalisMo e per il

socialisMo PAG. 2Torino, 9 giugno 2016. Il cartello del PMLI e la ban-diera del PMLI al centro di piazza Castello gremita di metalmeccanici in sciopero per il contratto

i voucher vanno abolitiil governo, messo alle strette, approva modifiche del tutto inefficaci sulla tracciabilità

A causa dei tagli alla sanità e alla mancanza di soldi per curarsi

CAlA l’AsPettAtivA di vitA

11 Milioni Di persone non si cUrano per Mancanza

Di solDi

i lavoratori condannati a vivere come bestie nella tendopoli lager

NellA teNdOPOli di rOsArNO uN CArAbiNiere uCCide uN

brACCiANte del MAliin corteo i migranti chiedono giustizia

i quotidiAni neofAscisti “libero” e “il GiornAle” propAGAndAno le posizioni dell’ArcimbroGlione fAlso comunistA

rizzo: “Non concedo agli immigrati i diritti borghesi. e i ladri che

entrano in casa li faccio andar via in barella”

“berlusconi era stato cacciato dall’europa perché era andato per la sua strada. appoggerei i paesi presi di mira dall’is”

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2 il bolscevico / metalmeccanici in lotta per il contratto N. 25 - 23 giugno 2016

Metalmeccanici in piazza dal Piemonte alla Puglia

Un solo grido: “Contratto Contratto Contratto”

Sciopero di 8 ore e manifestazioni regionali in tutta ItaliaA TorIno Il PMlI InvITA lA clASSe oPerAIA A guIdAre le MASSe

PoPolArI conTro Il cAPITAlISMo e Per Il SocIAlISMoSi trascina da tempo la ver-

tenza contrattuale dei metalmec-canici a causa dell’intransigenza delle associazioni padronali. Ma non si tratta della consueta e nor-male trattativa su qualche decina di euro in più o meno come av-veniva in passato. In linea con la Confindustria e lo stesso governo Renzi, Federmeccanica propone un nuovo tipo di contratto che a livello nazionale rappresenti solo una debole cornice che stabili-sca il minimo salariale o poco più mentre tutti i vari livelli retributivi e le altre varianti al salario, straor-dinario, lavoro notturno eccetera, saranno delegati alla contratta-zione aziendale. Un contratto, quello voluto dagli industriali, che invece lascia ampio spazio alla previdenza e alla sanità aziendali mentre quelle pubbliche saranno relegate in secondo piano, ancor di più misere e inefficienti.

Come ha detto il segretario piemontese della Fiom-Cgil, Vit-torio Demartino, in occasione del corteo unitario dei metalmec-canici nel centro di Torino, “Fe-dermeccanica e Confindustria si pongono un obiettivo politico che punta all’ulteriore indebolimento del potere contrattuale”. Il nuovo modello di contratto proposto dai padroni inciderebbe solamente sui salari al minimo perché, come ha spiegato Demartino, “gli industriali propongono un aumento salaria-le inadeguato e insufficiente che oltretutto può essere assorbito in sede aziendale, laddove per effet-

to della contrattazione individuale e collettiva i lavoratori hanno dei ri-conoscimenti economici. È chiaro quindi che l’aumento contrattuale non arriverebbe a tutti i lavoratori ma soltanto al 5% della categoria” ha ribadito il sindacalista.

Su questo punto sembra es-serci unanimità di giudizio da parte di Cgil-Cisl-Uil che hanno indetto nei giorni 9 e 10 giugno lo sciopero di 8 ore della categoria articolato attraverso manifesta-zioni regionali. Il quadro nazio-nale si concluderà il 15 giugno quando toccherà ai lavoratori di Sicilia, Sardegna e Calabria. La manifestazione di Torino (servizio a parte) di giovedì 9 è stata una tra le più importanti svoltesi per tutta la Penisola, nel quadro di uno sciopero che ha paralizzato interi settori industriali. Il PMLI.Piemonte ha diffuso un volantino invitando la classe operaia a gui-dare le masse popolari contro il capitalismo, per il socialismo.

L’adesione è stata molto alta, la Fiom parla dell’85%. Nono-stante la riuscita della mobili-tazione dobbiamo registrare il silenzio mediatico pressoché to-tale sulla vertenza contrattuale. I segretari generali di Fim, Fiom e Uilm denunciano il totale vuoto d’informazione sugli scioperi dei metalmeccanici. “In questi giorni migliaia di persone hanno sciope-rato e manifestato per il rinnovo del contratto nazionale. In alcuni casi sono stati fatti servizi sulle mobilitazioni in altri Paesi, dimen-

ticando completamente le nostre iniziative. Fare informazione - conclude la nota - significa dare notizia anche delle mobilitazio-ni delle persone per i loro diritti, che peraltro comportano sacrifici del loro salario. Siamo certi che si colmerà questa disattenzione con una maggiore visibilità della vertenza, visto che si tratta del contratto nazionale più grande del lavoro privato e che coinvolge 1,6 milioni di famiglie”.

Anche il leader della Fiom Cgil Maurizio Landini ha denunciato questo black-out. Nel suo comizio da Vicenza ha poi ribadito: “non saremo noi a dire addio al con-tratto nazionale: oggi più che mai è importante conquistare salario e tutele per tutti, per contrastare

la frammentazione che vediamo nelle fabbriche”. Alla manifesta-zione sono accorsi più di 7 mila lavoratori provenienti da tutto il Veneto. Grande e partecipata manifestazione dei metalmecca-nici della Lombardia che hanno sfilato per le strade di Milano in 13 mila, un corteo colorato e combattivo al grido di “contrat-to, contratto”. Dal palco persino Marco Bentivogli, segretario ge-nerale Fim Cisl, ha risposto per le rime a Federmeccanica: ”ma piuttosto non sono gli industriali a proporci un modello ottocente-sco? Vogliono concedere gli au-menti solo ad personam, magari a chi se ne sta ben lontano dal sindacato”.

Manifestazione a Udine dove

hanno partecipato in più di 3 mila con un’alta adesione allo sciope-ro, nonostante le pressioni pa-dronali denunciate dai sindacati. Cortei e comizi a Genova dei lavoratori liguri e a Bologna. Nel capoluogo emiliano si sono radu-nati in più di 5mila provenienti da tutta la regione. Pieno successo anche in Toscana, alla manifesta-zione di Livorno hanno parteci-pato più di 5.000 lavoratori. Una città che ha dato una buonissima risposta di partecipazione, come affermato da Michela Spera, della segreteria nazionale Fiom, “per-ché in questo territorio la crisi ha smantellato e sta smantellando un sistema industriale che invece va assolutamente salvaguardato e a cui dobbiamo dare prospettiva”. Altre manifestazioni si sono svolte a Roma, a Perugia, a Lanciano per i metalmeccanici di Abruzzo e Molise, tanta partecipazione an-che a Senigallia, in una regione, le Marche, pesantemente colpita dalla crisi economica.

Anche al Sud, alta adesione allo sciopero e tanti lavoratori alle manifestazioni. A Napoli oltre 4mila partecipanti. Al centro della manifestazione, insieme al rinno-vo del Cnl, le vertenze aperte in importanti aziende metalmecca-niche della Campania e l’obietti-vo di nuovi investimenti per difen-dere e sviluppare l’occupazione. Alta partecipazione anche alla manifestazione pugliese che si è svolta a Bari il 10 giugno. Quasi 4mila lavoratori hanno sfilato nel

corteo che ha paralizzato la cit-tà, conclusosi con il comizio di Maurizio Landini. A proposito del referendum di ottobre sulla con-troriforma costituzionale voluto da Renzi e sui tentennamenti del-la Cgil sulla posizione da tenere il segretario della Fiom ha rispo-sto: “bisogna dire di no a questa riforma che riduce gli spazi di de-mocrazia e stravolge i contenuti di fondo della nostra Carta” ma ha ammesso che la Cgil non ha preso ancora una decisione defi-nitiva e ufficiale.

I sindacati confederali hanno annunciato ulteriori iniziative per vincere questo braccio di ferro con Federmeccanica. Cgil, Cisl e Uil hanno già ceduto sull’esten-sione della previdenza e della sa-nità aziendale attraverso gli enti bilaterali, staremo a vedere se almeno sul modello salariale pro-posto dagli industriali continue-ranno a dire di no e scongiurare il blocco degli stipendi. Dal 2017, ma solo per i lavoratori al di sotto del minimo contrattuale, andreb-bero pochi spiccioli. “In cambio”, come detto, Federmeccanica offre l’aumento di alcune voci di welfare aziendale dall’assistenza sanitaria alla previdenza comple-mentare alla formazione fatta dai padroni. Questo pacchetto degli industriali metalmeccanici tocca punti nevralgici della contratta-zione, a partire dal fatto che il Ccnl non darebbe più incrementi salariali uguali a tutti i lavoratori, perciò è da respingere in toto.

Per il rinnovo del contratto

imponente corteo dei metalmeccanici a torinoMolti slogan contro renzi

Il PMlI InvITA lA clASSe oPerAIA A guIdAre le MASSe PoPolArI conTro Il cAPITAlISMo e Per Il SocIAlISMo

Dal corrispondente �dell’Organizzazione di Biella del PMLISi è svolto con successo a

Torino l’imponente corteo delle metalmeccaniche e dei metal-meccanici piemontesi scesi in sciopero per 8 ore per chiedere a Federmeccanica e Assistal un buon contratto nazionale. Infat-ti le associazioni padronali non hanno fin ora voluto riconoscere l’aumento salariale alla stragran-de maggioranza della categoria e continuano a penalizzare chi in questi anni ha svolto la contratta-zione nei luoghi di lavoro.

Federmeccanica e Assistal a parole chiedono un rinnovamen-to ma nei fatti vogliono cancellare il contratto nazionale mettendo in discussione contemporanea-mente il modello contrattuale – fondato su due livelli negoziali – e il ruolo e il valore del Contratto nazionale quale reale strumen-to di tutela dei salari e dei diritti dei lavoratori. Così giovedì 9 giu-gno, con partenza dalla stazione ferroviaria di Torino Porta Susa, migliaia di metalmeccaniche e di metalmeccanici hanno dato vita a un imponente corteo che attra-versando via Cernaia, e via Pietro

Micca è confluito in Piazza Ca-stello, sede dei comizi finali.

Durante il corteo l’odio e il di-sprezzo delle lavoratrici e dei la-voratori nei confronti di Renzi ha raggiunto probabilmente il punto più alto con slogan e insulti diretti nei suoi confronti, segno eviden-te che hanno ben individuato chi permette e garantisce ai padroni il loro brutale sfruttamento nei luoghi di lavoro. Striscioni delle principali industrie metalmecca-niche piemontesi, dall’Alenia di Caselle (dove ha partecipato allo sciopero il 90 per cento del turno del mattino), all’Avio di Rivalta, dalla Microtecnica (dove ha scio-perato il 75 per cento) alla Dayco di Ivrea, dalla Tekfor nell’alto Ca-navese, si succedevano accom-pagnati da centinaia e centinaia di bandiere della FIOM delle prin-cipali città piemontesi da Torino ad Alessandria passando per No-vara e Biella.

Invitato ufficialmente a parte-cipare allo sciopero dal Respon-sabile FIOM di Biella, compagno Adam Mbodij, il PMLI ha preso parte con entusiasmo e deter-minazione alla manifestazione predisponendo per l’occasione un cartello con la scritta in rosso

”Con la FIOM e i metalmeccanici in lotta per il rinnovo del contrat-to” e dall’altra parte il manifesto di Partito che dà indicazione di votare NO al referendum costi-tuzionale di ottobre e che giusta-mente ritrae Renzi vestito da fa-scista mentre sovrasta il sistema parlamentare italiano. Appena

arrivati a Torino i marxisti-leninisti hanno subito diffuso centinaia di copie del volantino interamente realizzato dall’Istanza regionale del PMLI in cui si invita la classe operaia a guidare le masse popo-lari contro il capitalismo per il so-cialismo. Nel volantino, tra l’altro, si poteva leggere che “I capitalisti

stanno cercando di sottrarre al proletariato tutti i diritti che ha conquistato sul campo in anni di lotte e, nel fare ciò, intendono dare piena applicazione al Jobs Act del nuovo duce Renzi. Come del resto ebbe ad affermare il Grande Maestro del proletariato internazionale Engels: ‘Chi sfrut-ta i lavoratori non s’arresta fino a che rimane un muscolo, un nervo, una goccia di sangue da sfruttare’.”

I marxisti-leninisti biellesi si sono mossi come pesci nell’ac-qua all’interno del corteo risalen-dolo fino al punto centrale dove i metalmeccanici torinesi, cuore pulsante della classe operaia pie-montese, si sono contraddistinti per combattività e determinazio-ne. Superfotografata, la delega-zione del PMLI ha costantemente sbandierato il vessillo del Partito fino all’arrivo in piazza Castello dove si è diretta sotto al palco. Qui hanno preso la parola le RSU delle FIOM-CGIL, della FIM-CISL e della UILM-UIL; in modo diretto e concreto, come solo i lavorato-ri sanno fare, hanno sviscerato le terribili condizioni di lavoro in cui sono costretti per non parlare dell’enorme mole di ore di straor-

dinario che sono costretti a lavo-rare a fronte di una spaventosa disoccupazione giovanile che si attesta al 40%.

A concludere la manifesta-zione in piazza Castello, Rocco Palombella, segretario nazionale della UILM, che ha dichiarato: “Federmeccanica ha scelto una strada molto pericolosa, che è quella dell’eliminazione della con-trattazione in questo Paese. Ecco perché i sindacati hanno deciso di superare le proprie diversità e scendere in piazza”.

In autobus, durante il viaggio di ritorno, i compagni del PMLI hanno piacevolmente discusso con gli operai biellesi constatan-do che la loro voglia di lottare per cambiare lo stato di cose presen-ti è forte; in più occasioni sono emersi positivi commenti sulle modalità di lotta dei fratelli operai francesi che scelgono di manife-stare in modo prolungato bloc-cando la produzione per giorni.

Come sempre la delegazione marxista-leninista è stata seguita e incoraggiata telefonicamente dal Centro del Partito che con indicazioni mirate ha contribuito alla buona riuscita dell’importante missione politico-organizzativa.

Livorno, 9 giugno 2016. La combattiva manifestazione dei metalmec-canici per il contratto

Torino, 9 giugno 2016. I compagni biellesi del PMLI nel corteo dei metalmeccanici (foto Il Bolscevico)

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N. 25 - 23 giugno 2016 interni / il bolscevico 3A causa dei tagli alla sanità e alla mancanza di soldi per curarsi

Cala l’aspettativa di vita Abbiamo perso in questi ultimi quindici anni i diritti conquistati in quaranta

Cala l’aspettativa di vita in Ita-lia, cioè la durata media prevista dell’esistenza. È questo il dato principale del 13mo Rapporto dell’Osservatorio per la salute, presentato a fine aprile all’Uni-versità Cattolica di Roma. Il dato dell’aspettativa di vita per il 2015 si attesta 80,1 anni per gli uomi-ni e 84,7 per le donne (dati Istat). Nel 2014 era di 80,3 anni per gli uomini e 85 per le donne. È la pri-ma volta dal dopoguerra che in Italia si registra questa inversio-ne di tendenza, indice delle gravi difficoltà materiali che le masse popolari si trovano ad affrontare negli ultimi anni.

Certamente, come suggeri-scono alcuni analisti di dati, con l’aumento del numero degli an-ziani aumenta di conseguenza anche il numero dei decessi. Il 2015 è stato l’anno peggiore per la mortalità in Italia. Secondo le ultime stime ISTAT, nel 2015 in Italia sono morte 653.000 perso-

ne, il 9,1% in più rispetto al 2014. Il tasso di mortalità, cioè il nume-ro di decessi ogni mille persone nate vive, è pari al 10,7 per mille, il che corrisponde, secondo l’isti-tuto nazionale di statistica, “al più alto tra quelli misurati dal secon-do dopoguerra in poi”.

Il fenomeno dell’aumento della mortalità tra gli anziani risulta evi-dente in tutte le regioni italiane. Ma la causa di questa mortalità in crescita è davvero l’aumento delle persone in età avanzata? Oppure, assumendo un’altra prospettiva di analisi, potremmo chiederci se i decessi concentrati nelle fasce più deboli della po-polazione sono indice di qualche antipopolare decisione politica?

Il Rapporto dell’Osservatorio sulla salute fa intravedere alcune cause non “naturali”. Anzitutto, si può rilevare come le campagne

di prevenzione e gli screening della popolazione funzionano poco o non partono del tutto in alcune regioni a causa dei tagli alla sanità pubblica. Di fatto, il Rapporto registra un aumento di incidenza dei tumori prevenibili, soprattutto al seno, al polmone e al colon retto. Siamo l’ultimo Paese come investimenti in pre-venzione. La percentuale di spe-sa per la prevenzione prevista dal Piano Sanitario Nazionale è del 4,1%, ma sono poche le regioni che raggiungono tale livello per-ché mancano all’appello 930 mi-lioni di euro da dedicarvi. Dati che ci posizionano all’ultimo posto in Europa.

Questo è il primo risultato della tendenza, già denunciata dal PMLI e da “Il Bolscevico”, a eliminare i controlli generici e a limitare gli esami specifici, a con-

trollare più rigidamente la sommi-nistrazione di test e vaccini.

Quella delle vaccinazioni sta diventando la nota dolente della “prevenzione”. In particolare la vaccinazione l’antinfluenzale per gli over 65 è scesa tra il 2003 e il 2015 dal 63,4% al 49%. Dato ben lontano dal 75%, considerato la soglia minima per una prevenzio-ne efficace dal piano nazionale. Se si considera poi che gli anziani sono la fascia d’età più esposta a complicanze influenzali, possia-mo anche facilmente spiegarci il perché di quelle 54.000 morti in più del 2015.

Ma le vaccinazioni diminuisco-no anche in altre fasce d’età. Nel nostro Paese, i bambini vengono vaccinati meno contro la per-tosse (-1,1%), morbillo, parotite, rosolia (-4 per cento). Gli adulti si vaccinano meno contro il menin-

gococco (-2,5%).E anche i Lea (livelli essenziali

di assistenza) non sono applica-ti uniformemente in tutta Italia, a maggior ragione non lo sono nelle regioni meridionali. Ciò che emer-ge in particolar modo è il consoli-damento delle discriminazioni su base territoriale. Nelle regioni del Sud, che hanno i finanziamenti pro capite più bassi per spesa sanitaria, c’è anche la speranza di vita minore. In Campania e in Sicilia si ha un’aspettativa di vita di quattro anni inferiore a quella del Trentino. “Siamo la Ceneren-tola del mondo - afferma Ric-ciardi, direttore dell’Osservatorio - abbiamo perso in quindici anni i vantaggi acquisiti in quaranta”.

Decessi di origine “naturale” dunque? Certo che no. L’aumen-to della mortalità e la conseguen-te diminuzione della speranza di

vita sono le concrete ricadute dei tagli sul SSN. Il principale re-sponsabile è il governo del nuo-vo duce Renzi, che sta portando avanti con un perfetto stile du-cesco, la distruzione totale della sanità pubblica in Italia, tagliando un elenco interminabile di visite, test, esami e prestazioni medico-sanitarie che il SSN non dovrà più erogare. Le masse popolari non hanno potuto far altro che rinunciare a curarsi o, a prezzo di nuovi sacrifici, rivolgersi a paga-mento alle cliniche private.

I sindacati a fronte della gravità della situazione, hanno mantenu-to posizioni decisamente tiepide. Nessun sciopero generale è stato chiesto per invertire la tendenza alla demolizione della sanità pub-blica in Italia. Cosa serve ancora per capire che il nuovo duce Ren-zi e il suo nero governo intendo-no cancellare la sanità pubblica a tutto vantaggio di quella privata?

Secondo lA ricercA cenSiS-rbm ASSicurAzione SAlute

11 milioni di persone non si curano per mancanza di soldi

Per lo più anziani e giovaniE REnzi E LoREnzin continuAno A tAgLiARE LA sAnità PubbLicA

Il rapporto del Censis-RBM, presentato a Roma al “Welfare Day” e arrivato a pochi giorni dal-la denuncia Istat circa l’aumento della mortalità in Italia, contribu-isce a delineare il quadro a tinte fosche della condizione di salute delle masse popolari italiane e della loro capacità di accesso alle cure mediche e ospedaliere.

Il Censis denuncia che sono ben 11 milioni gli italiani che ne-gli ultimi due anni hanno dovuto rinunciare a curarsi. In sostanza, oltre il 18,3% degli italiani soffre questa difficoltà (da notare che nel conteggio non sono consi-derate le centinaia di migliaia di migranti sul territorio italiano. Il che significa che il problema è ben più ampio di quanto dicano i dati ufficiali). Non solo questo,

i numeri ci dicono che aumenta ad un ritmo impressionante la quantità di persone impossibi-litate ad accedere ai servizi me-dici e ospedalieri. Appena 4 anni fa erano 9 milioni, una cifra già esorbitante, gli italiani che aveva-no dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie per difficoltà economiche. Nell’era del nuovo duce registriamo il picco.

Tra l’altro, nella difficoltà ge-neralizzata che riguarda le masse popolari per intero, l’impossibilità di accedere alle cure ha una pe-sante ricaduta generazionale. La difficoltà aumenta soprattutto tra gli anziani. Sono pensionati 2,4 milioni di coloro che non posso-no curarsi. Sono nella medesima condizione 2,2 milioni i nati tra gli anni ‘80 e il 2000, cioè coloro che

adesso hanno un’età compresa tra i 16 e i 36 anni. Per gli anziani con pensioni minime il peso delle cure è praticamente insostenibi-le, così come per i giovani con un posto di lavoro precario o disoc-cupati.

La crisi, certo, è responsabile come dice la ministra della sani-tà del governo del nuovo duce, Beatrice Lorenzin, NCD. Ma la causa prima che induce le mas-se popolari a rinunciare alle cure è il collasso della sanità pubblica italiana, di cui è responsabile il governo Renzi. Problema che ha varie ricadute sulle masse popo-lari. In primo luogo i tagli alla sa-nità pubblica hanno fatto lievitare di 84 euro a persona la spesa che ogni singolo paziente deve in me-dia pagare di tasca propria. Dal

2013 al 2015 si è passati da 485 a 569 euro procapite.

Nello stesso arco di tempo è salita a quota 34,5 miliardi di euro la spesa sanitaria privata, con un incremento del 3,2%. Negli ultimi 12 mesi, sono stati ben 7,1 mi-lioni gli italiani che hanno dovuto far ricorso all’intramoenia, cioè la libera professione all’interno de-gli ospedali. E il 72,6% delle per-sone hanno dovuto scegliere la sanità privata a causa delle liste d’attesa che nel servizio sanita-rio pubblico si allungano. Anco-ra una volta i responsabili sono Renzi e Lorenzin.

Sempre più italiani in difficoltà hanno dovuto scegliere il privato oltre che per accelerare i tempi anche perché il ticket del Servizio sanitario nazionale è aumentato

fino a superare il costo della stes-sa prestazione in una struttura privata.

Beatrice Lorenzin difende a spada tratta le devastanti scelte imposte negli ultimi anni agli ita-liani e straparla di un aumento di 2 miliardi di euro del Fondo Sa-nitario per il 2017-18, arrivando a 113 miliardi di euro, senza dire però quanti di questi andranno ai privati a discapito del pubblico.

Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, punta l’indice contro i tagli alla sanità: “I dati del Censis, che parlano di 11 milioni di italiani che non si cura-no rappresentano una quota im-pressionante, credo che siano la dimostrazione che aver progres-sivamente ridotto gli investimen-ti nel Servizio sanitario mette le

persone in condizione di non cu-rarsi: è la logica dei commissaria-menti e dei tagli. Serve un grande investimento pubblico per cure e prevenzione”.

Non solo, l’affossamento della sanità pubblica italiana, uno dei crimini peggiori commessi dal governo del nuovo duce Renzi contro le masse popolari italiane, dimostra che ci vuole lo sciopero generale ora. Non solo, servireb-be che la CGIL facesse il suo do-vere di sindacato. L’indomita lotta delle masse lavoratrici francesi, guidate dai loro sindacati, molto più piccoli della CGIL dimostra che è possibile, giusto e vittorio-so alzare il tiro contro i governi fascisti e affamatori delle masse, basta sciogliersi dall’abbraccio interclassista e capitolardo.

ci si cuRA di mEno, si muoRE di Più

7 milioni di itAliAni A riSchio frAne e AlluvioniLo rivela il Rapporto “Ecosi-

stema rischio 2016” di Legam-biente, che monitora le attività nelle amministrazioni comunali per il contenimento del rischio idrogeologico: sono oltre 7 milio-ni gli italiani a rischio frane e allu-vioni. Il numero assoluto è pari al 12% del totale della popolazione residente nel nostro territorio. In sostanza risultano a rischio ben 7.145 Comuni, pari all’88,3%: su 1.640 incombono delle frane, 1.607 hanno un’alta pericolosità idraulica, e 3.898 sono a rischio sia per frane che alluvioni.

In oltre 400 Comuni italiani esistono interi quartieri costrui-ti in zone a rischio e in 1.047, il 77%, ci sono abitazioni vicino ad alvei e in siti a esposti a potenziali frane.

Secondo un recente censi-mento delle aree a rischio, nel 51% dei Comuni sorgono impian-ti industriali in aree pericolose. Nel 18% sono presenti strutture sensibili come scuole o ospeda-

li nelle aree a rischio frana e nel 25% ci sono strutture commer-ciali in queste zone.

Quasi 80.000 imprese (pari al 1,7% del totale) italiane si trova-no in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata (200 mila lavoratori a rischio): Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Pie-monte sono le regioni con il nu-mero più alto di imprese a rischio. Sono altrettanto preoccupanti i dati relativi al pericolo di alluvioni. In questo caso le aziende espo-ste al pericolo sono 576.535 uni-tà: il totale dei lavoratori a rischio è di oltre 2 milioni. Sono le regioni del Centro e del Nord, come Emi-lia-Romagna, Toscana, Veneto, Liguria e Lombardia quelle che hanno il numero maggiore di im-prese a rischio.

Non solo le masse popolari e quelle lavoratrici sono a rischio, ma anche i beni culturali ed ar-chitettonici italiani. Il 18,1% del nostro patrimonio artistico è a rischio frane. I siti e i monumenti

esposti sono ben 34.651 ed oltre 10.000 di questi si trovano in aree a pericolosità elevata e molto ele-vata. Inoltre sono ben 29.000 i monumenti a rischio alluvione. Le regioni con il numero più alto di beni a rischio sono Emilia-Roma-gna, Veneto, Liguria e Toscana.

Nonostante questi dati disa-strosi, conosciuti da tempo, il problema non è mai stato seria-mente affrontato. Anzi negli ultimi dieci anni nel 10% dei Comuni italiani si è continuato a edificare edifici in aree a rischio.

Le responsabilità ricadono sugli amministratori locali e i go-vernatori regionali, che hanno del tutto rinunciato ad una coerente e scientifica politica di manuten-zione e salvaguardia del territorio. Questo costerebbe. È più facile violentare e cementificare il terri-torio, chiudere gli occhi e avallare i mostruosi progetti delle grandi opere. In rari casi gli amministra-tori, come dimostra l’approssi-mativa gestione delle alluvioni e

delle frane sul nostro territorio, hanno previsto dei piani di inter-vento per le emergenze. Gene-ralmente poi i governatori hanno abdicato al ruolo di sovrintende-re a favore delle masse popolari ad un problema che è sovraco-munale e riguarda la condizione idrogeologica dei bacini idrici di intere regioni.

Ma responsabili principali sono i governi nazionali che ap-provano cementificazione e con-doni e spingono per uno sfrutta-mento sempre più selvaggio del territorio. E con il nuovo duce il problema sta peggiorando ulte-riormente. Quella contenuta nello Sblocca Italia è infatti una scia-gurata strategia di impatto sul territorio, che ricalca ed esaspe-ra i meccanismi di sfruttamento che per decenni l’Italia ha subito. Centinaia di progetti, tra cui ri-gassificatori, termovalorizzatori, tratte ad alta velocità, discariche che vanno ad insistere su territori già dissestati e che promettono

di distruggerne altri, mentre sal-ta agli occhi l’omissione di opere utili per le masse, come quelle necessarie al contenimento del rischio idrogeologico.

Le responsabilità di Renzi sono pesanti e stanno sotto gli occhi di tutti. Per invertire la tendenza alla distruzione del territorio va anzi-tutto fermato lo Sblocca Italia con una lotta di massa che costringa Renzi e il suo governo di sciacalli a tornare indietro sui propri passi.

Ma questo governo non lo farà di sua spontanea volontà. Esso va spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, con-ducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle univer-sità, nelle piazze, nelle organizza-zioni di massa, specie sindacali e studentesche, prima che l’intera Italia si ritrovi sotto il fango lette-ralmente e politicamente.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 15/6/2016

ore 16,00

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4 il bolscevico / interni N. 25 - 23 giugno 2016

I voucher vanno abolItIIl governo, messo alle strette, approva modifiche del tutto inefficaci sulla tracciabilità

Il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Gianluca Poletti ha annunciato che il governo met-terà a punto un sistema di tracciabi-lità con lo scopo di regolamentare l’utilizzo dei voucher. Non si trat-ta di una iniziativa spontanea bensì di un tentativo di placare le proteste e le denunce da parte dei lavorato-ri e dei sindacati per questo metodo di pagamento che si sta rivelando sempre più come un sistema per le-galizzare il lavoro nero.

Ufficialmente nati come stru-mento per far emergere il lavoro sommerso si sono rivelati l’esat-to contrario: un paravento per le aziende che abitualmente utilizza-no lavoratori a nero e per quelle che vedono in questo miniassegno un modo per avere manodopera a basso prezzo e totalmente al di fuori dei contratti nazionali di la-voro delle rispettive categorie.

Un modello esteso anche in buona parte d’Europa ma in Italia siamo andati ben oltre. Nella mag-gior parte dei Paesi i voucher sono rimasti uno strumento circoscritto ai lavori domestici, in Italia l’am-bito di applicazione si è esteso a tutti i settori produttivi. In Belgio, ad esempio, il lavoratore dev’es-sere dipendente di una società di servizi autorizzata e nel giro di sei mesi va assunto a tempo inde-terminato. La legge italiana non prevede l’obbligo di assunzione. Anche in Francia possono essere utilizzati solo per pagare lavori di cura e domestici laddove le fami-

glie non riescono a sostenere con-tratti regolari per assumere lavo-ratori e lavoratrici “in prestito”.

Con il Jobs Act, poi, l’espan-sione si è rafforzata al punto da far scattare l’allarme.

I dati sull’utilizzo di questi buoni lavoro hanno destato cla-more e rinfocolato polemiche. I numeri dell’Osservatorio dell’In-ps parlano chiaro: in totale, nel periodo 2008-2015, sono stati venduti 277,2 milioni di voucher da 10 euro per un valore comples-sivo di oltre 2,7 miliardi di euro. Il numero di tagliandi è passato dai 500mila del 2008 ai 115 mi-lioni del 2015. Quattro le Regio-ni in cui si è fatto incetta dello strumento: in testa la Sicilia, con un incremento record del 97,4%, seguita dall’85,6% della Ligu-ria, dall’83,1% dell’Abruzzo e dall’83% della Puglia. Sempre se-condo l’Inps, inoltre, a gennaio 2016 sono stati venduti 9,2 milio-ni di voucher, con un incremento medio nazionale del 36% rispet-to al gennaio 2015, a fronte di un calo del 39% dei nuovi contratti di lavoro.

Lungi dall’essere una forma di messa in regola della piaga del la-voro nero o stagionale, i voucher rappresentano l’ultima generazio-ne della precarietà, un modello per portare avanti una deregola-mentazione del lavoro che punta esplicitamente a restringere i mar-gini d’azione ai lavoratori. Spes-so i 7,50 euro vengono presi a pa-

rametro, come un salario minimo di riferimento, anche per i lavo-ratori dipendenti regolari dove il contratto di categoria assegna pa-ghe orarie maggiori. Il loro uso è il più svariato ma sono i setto-ri del terziario e dei servizi a far-ne maggiore uso: la ristorazione e il turismo sono in cima a questa classifica. Il loro uso “corretto” ri-serva al lavoratore una paga mi-sera, non garantisce il pagamento in malattia, niente Tfr, assegni fa-miliari, permessi e qualsiasi altra copertura poiché il voucher si col-loca totalmente al di fuori di qual-siasi contratto di lavoro.

Come viene denunciato da più parti, anche dal presidente dell’In-ps Tito Boeri, i voucher si presta-no agevolmente per coprire il la-voro nero. Lo stesso ministro Poletti ha ammesso che i buoni lavoro vengono spesso utilizzati nella stessa maniera di una perso-na che sale sul tram con il bigliet-to e lo timbra solo quando vede il controllore. Una pratica avva-lorata dagli stessi dati dell’Inps che registrano una differenza di 30milioni di voucher tra quelli ri-chiesti e quelli effettivamente ri-scossi: è evidente che questi sono “sospesi” o trattenuti dal commit-tente (ossia il padrone), in attesa di essere mostrati in caso di con-trolli. La stessa normativa è assai confusa; ad esempio nell’edilizia si usano anche nelle ditte appalta-trici nonostante una circolare del ministero affermi che lo può fare

solo chi somministra direttamente un lavoro. Con i voucher si copro-no anche gli infortuni sul lavoro di chi è impiegato a nero. Mentre gli infortuni calano tra i dipenden-ti, anche a causa della crisi e del calo dell’occupazione, tra chi usa i voucher invece sono in forte au-mento, così come sono raddoppia-te le morti bianche, e guarda caso il pagamento del tagliando coin-cide con il giorno dell’infortunio mentre in precedenza non risulta alcun rapporto tra il datore di la-voro e il lavoratore.

Adesso il governo Renzi ha an-nunciato di avere pronto il mecca-nismo per la tracciabilità dei buoni lavoro. In sostanza il tutto si ridu-ce all’obbligo per il committente di comunicare per tempo, ovvero

60 minuti prima dell’inizio della prestazione, i dati del lavoratore del giorno, tempi e luogo di lavo-ro altrimenti scatteranno sanzioni che vanno da un minimo di 400 euro a un massimo di 2.400 euro. Misure del tutto inefficaci, servi-rebbe un controllo capillare inat-tuabile. La verità è che questo pal-liativo non servirà a cambiare la natura dei voucher che continue-ranno a rimanere un sistema che si presta facilmente a coprire e a le-galizzare il lavoro nero. I sindacati spiegano che è lo strumento stes-so a essere sbagliato in origine e le modifiche non faranno altro che lasciare milioni di lavoratori in un’area grigia fatta di precariato e povertà. La Cgil sta raccogliendo le firme per un referendum abro-

gativo della legge sui voucher. Per Susanna Camusso “si risolve abo-lendo un istituto che ha dimostra-to di essere il canale attraverso cui si disperde lavoro, o lo si sommer-ge, e lo si peggiora”.

In parlamento ci sono anche diverse proposte di legge per re-cuperare la versione originale del voucher (“dobbiamo tornare alla legge Biagi che saggiamente indi-viduava i voucher per i lavori oc-casionali ed accessori”, dice Ce-sare Damiano, PD, ex ministro e ora presidente della Commissio-ne Lavoro della Camera, autore di una delle proposte.

Noi marxisti-leninisti inve-ce ci associamo a chi chiede sen-za mezzi termini l’abolizione dei voucher.

Chi è suCCeduto alla Guidi nel ministero allo sviluppo eConomiCo

Calenda, dalla Confindustria al governo renzi Il 10 maggio Carlo Calenda ha

giurato da ministro per lo Svilup-po Economico nelle mani del Pre-sidente della Repubblica Sergio Mattarella così come annunciato appena 24 ore prima nel corso della trasmissione televisiva Che tempo che fa dal premier Matteo Renzi.

La poltrona del dicastero di Via Veneto era vacante dal 31 marzo scorso, giorno in cui l’ex ministra Federica Guidi è stata costretta a dimettersi in seguito al pesante coinvolgimento del suo compa-gno Gianluca Gemelli nello scan-dalo del petrolio in Basilicata e in “Trivellopoli”.

Per l’esponente piddino (ex di Scelta Civica in quota Monteze-molo) che fino a inizio 2016 è sta-to viceministro di Federica Guidi, in realtà si tratta di un ritorno negli uffici ministeriali di Via Veneto.

Entusiasta sostenitore del fa-migerato trattato Usa-Ue Ttip, Calenda, infatti, dal marzo scor-so era stato nominato rappre-sentante permanente dell’Italia a Bruxelles al posto dell’ambascia-

tore Stefano Sannino, andato in pensione.

“A noi serve uno che sia in grado di maneggiare un ministero importante e Calenda già guida-va la macchina dello Sviluppo”, ha spiegato il nuovo duce Renzi; uno in grado di seguire i “dossier caldi” del Mise a cominciare dal ddl concorrenza e i relativi capi-toli relativi all’Rc Auto, alla nor-ma ‘Booking’ che permette agli albergatori di praticare sui propri siti prezzi inferiori a quelli degli aggregatori, alla privatizzazione delle farmacie con l’ingresso dei soci di capitale, senza dimentica-re la vicenda Ilva e il progetto per l’implementazione della Strategia per la banda ultralarga.

Per tutto ciò, ha aggiunto Ren-zi, Calenda è l’uomo giusto al po-sto giusto anche in virtù dei suoi rapporti con le feluche.

Calenda infatti comincia la sua scalata politico-diplomatica sotto l’ala protettrice del padre Fabio,

banchiere, e del nonno paterno Carlo, aristocratico napoletano e diplomatico, ex capomissione in Libia durante l’insediamento di Gheddafi e poi consigliere per gli affari esteri di Sandro Pertini al Quirinale.

Laureato in giurisprudenza, Calenda approda nel 1998 alla Ferrari come responsabile rela-zioni con i clienti e con le istituzio-ni finanziarie, poi passa a Sky nel ruolo di responsabile marketing.

Le sue capacità manageriali sono molto apprezzate da Luca Cordero di Montezemolo che lo vuole in Confindustria quando ne assume la presidenza, dal 2004 al 2008 e lo nomina assisten-te del presidente e poi direttore dell’area strategica e affari inter-nazionali.

In questo periodo Calenda in-treccia amicizie “importanti” fra cui quella con il boss dei palaz-zinari romani Francesco Gaetano Caltagirone e con il rampollo del-

la famiglia Agnelli Lapo Elkann.Dopo l’esperienza in Con-

findustria, il neo ministro dello Sviluppo è nominato consigliere in Ntv, la cordata ferroviaria di Montezemolo e Diego Della Valle, e successivamente diventa diret-tore generale di Interporto Cam-pano e presidente di Interporto Servizi Cargo.

Il suo battesimo politico avvie-ne sempre grazie a Montezemolo che lo nomina coordinatore politi-co dell’associazione Italia Futura, il think tank messo su dall’im-prenditore per una (mai avvenuta) discesa in campo.

Calenda figura anche tra i fir-matari del “manifesto politico Verso la Terza Repubblica” in compagnia tra gli altri dell’ex se-gretario generale della Cisl Raffa-ele Bonanni.

Sempre con Montezemolo, Calenda è anche tra i sostenitori di Scelta civica, movimento fon-dato dall’ex presidente del con-

siglio Mario Monti, e nel 2013 è candidato alle elezioni politiche nella lista del nuovo partito. Ma non verrà eletto.

A riportalo in auge ci pensa il premier Enrico Letta, che il 2 maggio 2013 lo nomina vicemi-nistro allo Sviluppo economico, incarico in cui verrà confermato

quando la campanella di Palazzo Chigi passa nelle mani di Renzi che gli affida anche la delega al commercio estero.

Nel febbraio 2015, Calenda in-sieme ad altri esponenti di Scelta Civica, dichiara concluso il pro-getto del suo partito e aderisce al PD guadagnandosi prima la no-mina a rappresentante del gover-no a Bruxelles e ora la poltrona di ministro.

Entusiasta sostenitore del famigerato trattato Usa-Ue Ttip

alla presidenza del Consiglio regionale della Basilicata gli subentra un esponte dell’udc

renzi epura il ConsiGliere

pd antitrivelleCon una decisione di chiaro

stampo mussoliniano, il 10 mag-gio il nuovo duce Renzi ha epura-to dalla carica istituzionale il pre-sidente del consiglio regionale in Basilicata, Piero Lacorazza, reo di essersi schierato al fianco dei pro-motori del referendum antitrivelle dello scorso 17 aprile.

Al suo posto il renzianissimo governatore Marcello Pittella ha piazzato Franco Mollica, espo-nente dell’Unione di Centro, al-largando così all’Area Popolare la maggioranza di “centro-sini-stra” di cui entra a far parte uffi-cialmente anche il consigliere Au-relio Pace (nel Gruppo misto, ma rappresentante dei Popolari per l’Italia).

L’ordine di epurazione lan-ciato da Renzi ha suscitato perfi-no l’indignazione della inconclu-

dente “sinistra” PD con alla testa Roberto Speranza che ha com-mentato: “Apprendo con grande rammarico che il primo atto del-la moratoria proposta ieri da Ren-zi è l’epurazione del presidente del consiglio regionale in Basili-cata avvenuta per mano del neo renzianissimo presidente Marcel-lo Pittella... Lacorazza è stato tra i protagonisti della campagna re-ferendaria sulle trivelle. Oggi con una scelta sconsiderata e priva di qualsiasi legittimazione formale si è deciso di epurarlo rompendo l’unità del PD”.

Il messaggio agli avversari in-terni ed esterni del nascente Par-tito della Nazione è eloquente: d’ora in avanti chi osa dissentire e mette in duscussione i proclami del nuovo duce Renzi sarà imme-diatamente purgato!

Accade nulla attorno a te?RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’

Chissà quante cose accadono attorno a te, che riguardano la lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quartiere e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, soprusi, malefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fossero conosciuti da tutti.

Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposizione le seguenti rubriche: Lettere, Dialogo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse, Corrispondenze operaie e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pagina. Invia i tuoi “pezzi’’ a:

Via A. del Pollaiolo 172/a - 50142 FirenzeFax: 055 5123164 - e-mail: [email protected]

Un voucher

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N. 25 - 23 giugno 2016 interni / il bolscevico 5700mila al Gay Pride di Roma

non si accontentano e rivendicano pari dirittiLa manifestazione “antifascista, antisessista e antirazzista” sostiene anche le lotte dei precari, degli studenti, dei migranti e di tutti gli emarginati

È stato un successo oltre ogni previsione il Gay Pride di Roma, tenutosi nella capitale sabato 11 giugno con la partecipazione di circa 700mila persone, un nume-ro che ha sbalordito persino gli stessi organizzatori, i quali ave-vano previsto circa 300mila ma-nifestanti.

Bandiere arcobaleno, rosse e di numerose associazioni hanno colorato la manifestazione dell’or-goglio omosessuale e transes-suale contro la discriminazione omofoba, insieme a striscioni e cartelli fra i quali spuntava: “Chiu-dere il Vaticano, Guantanamo mentale”. Una coppia di lesbiche ha messo in scena un matrimonio sulla scalinata di una chiesa in via Merulana, dove si erano appena celebrate delle nozze. Non c’era-no soltanto le associazioni LGBT, ma anche i sindacati, come la CGIL e l’Usb, organizzazioni stu-dentesche e altre associazioni fra cui l’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti), arricchendo così il già importante contenuto politico e sociale della manifestazione.

“Chi non si accontenta lotta”: questo era lo slogan del Pride di sabato, in un chiaro riferimento alla legge sulle unioni civili appro-vata il mese scorso. “Siamo pas-sati da essere cittadini inesistenti a cittadini di serie B”, spiega in-fatti Sebastiano Seci, portavoce di Roma Pride. “Quello che noi

continuiamo a chiedere sono ma-trimonio, riconoscimento dei figli dalla nascita e adozione”.

Le stesse posizioni per nulla soddisfatte della truffa sulle unio-ni civili, spacciata come “storica” da Renzi, sono contenute nell’im-portante Documento politico che, già in apertura, impronta il Roma Pride sui “principi dell’an-tifascismo, dell’antisessismo e dell’antirazzismo”. Quindi critica “una legge che, nel proporre un modello di approssimazione delle coppie omosessuali a quelle ete-rosessuali, riserva solo a queste ultime il privilegio di accedere al matrimonio, introducendo così di fatto un istituto segregante”. Sempre lo stesso Documento sostiene “la lotta di migranti, rifu-giati e rifugiate”, denuncia il clima di “repressione ed esclusione” contro “realtà associative e di autogestione” romane da parte dell’amministrazione capitolina e propone di creare un’unità di lot-ta “con tutte le persone che subi-scono gli effetti più duri di stigma, emarginazione, discriminazioni e violenza: donne, migranti, di-versamente abili, lavoratrici e lavoratori vittime di precarietà e sfruttamento, Rom, non credenti, credenti di minoranze religiose, giovani e studenti”.

Non ci poteva essere una risposta migliore di questa combattiva e colorata piazza

antifascista e anti-omofoba all’of-fensiva della destra reazionaria contro le unioni civili, ma anche per rivendicare pari diritti per le persone LGBT. Renzi, al quale è stato addirittura chiesto di spo-sare la prima coppia gay italiana, come al solito tace per non scon-

tentare la sua ala destra cattoli-ca e omofoba. Senz’altro, come afferma il Documento del CC del PMLI “I diritti e le battaglie LGBT, il matrimonio e la ‘maternità sur-rogata’” (21 marzo 2016): “Noi incoraggiamo il movimento LGBT a continuare la sua battaglia fino

in fondo, cioè fino a quando tutte le sue rivendicazioni non saran-no state realizzate e alle coppie omosessuali saranno riconosciuti gli stessi diritti delle coppie etero-sessuali, non uno di meno. Ce la farà, secondo noi, se si staccherà dai partiti del regime neofascista,

se non demanderà le sue lotte al dibattito parlamentare e se non si accontenterà delle briciole lascia-te dal governo e dalla Chiesa, ma continuerà a battersi e a trovare forme di lotta sempre più incisi-ve e avanzate per portare avanti i propri obiettivi”.

Con la riforma del “terzo settore”

LavoRo a Costo zeRo o sottoPaGato ai Giovani I media di regime pressoché in

coro hanno salutato come l’enne-simo successo “storico” di Renzi e del suo “governo del fare” l’appro-vazione finale, da parte del Parla-mento a fine maggio, della legge di riforma del “terzo settore” (vo-lontariato, impresa sociale e servi-zio civile), un obiettivo della mag-gioranza da ben due anni (ma il nuovo duce l’aveva lanciata nel 2011). In realtà c’è poco da cantar vittoria, visto che Renzi ha nuova-mente avuto bisogno del voto dei verdiniani per via dell’opposizio-ne di Movimento 5 stelle, Sinistra italiana, Forza Italia e Lega.

L’obiettivo della riforma - in realtà una legge delega che an-drà quindi attuata a colpi di decre-ti governativi - ha formalmente lo scopo di regolarizzare e standar-dizzare lo status di circa 300mi-la organizzazioni no-profit capaci di generare entrate annue di circa 63 miliardi di euro, ma anche dare una valenza giuridica ai volonta-ri, oggi più di 6 milioni. La legge attiva un fondo di finanziamento per le “attività di interesse genera-le” promosse dagli enti del “terzo settore” e istituisce la Fondazione Italia Sociale. Quest’ultima avrà il compito di raccogliere fondi pub-blici e privati coi quali sostenere il “terzo settore”, e perciò è stata so-prannominata “Iri del sociale”; si configura cioè come un pericoloso pozzo di corruzione pieno di nuo-ve poltrone da scambiarsi fra le va-rie fazioni dei politicanti borghesi nostrani, tant’è che è stata ideata e sarà diretta dal magnate molisa-no Vincenzo Manes, consigliere di Renzi e fra i maggiori finanziatori della sua Fondazione Open.

Se si esclude la Fondazione, già criticata da diverse associazio-ni, Renzi e Poletti possono vanta-

re per la loro riforma – rinominata “Civil Act” - l’appoggio di molti enti del settore, che le hanno rico-nosciuto “competenza” e il merito di fare ordine fra le varie normati-ve. Questo tecnicismo però oscura la gravissima portata politica e so-ciale di questa legge, che va a peg-giorare ulteriormente la situazione del lavoro soprattutto giovanile.

Cos’è il “terzo settore”

Il “terzo settore”, nelle parole della legge stessa, è “il comples-so degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solida-ristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sus-sidiarietà e in coerenza con i ri-spettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attivi-tà di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gra-tuita o di mutualità o di produzio-ne e scambio di beni e servizi”. È così chiamato perché viene dopo il “primo settore”, lo Stato, e il “se-condo settore”, il mercato.

Il “terzo settore” inghiotte quel-la moltitudine di imprese non pro-priamente (almeno ufficialmente) orientate al profitto capitalistico, dalle organizzazioni no-profit e di volontariato, fino alle imprese sociali, alle cooperative sociali e ai loro consorzi. Sono considera-te “imprese sociali” quelle “atti-vità d’impresa per le finalità” de-scritte nella citazione precedente, compreso il commercio equo-soli-dale, l’inserimento lavorativo per

svantaggiati, l’alloggio sociale, il microcredito. Sembra – ed effet-tivamente è – una contraddizione di termini: come può un’attività d’impresa, quindi rivolta a otte-nere un ricavo economico vantag-gioso per l’imprenditore, essere “senza scopo di lucro”?

Specie in quest’ultimo caso, si tratta di attività alle quali la bor-ghesia, fin dai secoli passati, ha fatto ricorso dietro presunte ragio-ni “filantropiche” per guadagnare profitti sui servizi sociali e pubbli-ci. Ora però la situazione è peg-giorata visto che al “terzo settore” vengono sempre più demandati quei servizi che dovrebbero essere erogati dal “primo settore”, cioè lo Stato, il quale se ne scrolla di dos-so i costi e li scarica sulla comuni-tà, ossia sulle masse popolari.

La disoccupazione e il lavoro sottopagato abbelliti col servizio

civileIl cuore della riforma è pro-

prio l’istituzione del Servizio ci-vile universale, rivolto a “giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti, di età compresa fra i 18 e i 28 anni”. Questi giovani, sotto l’ombrello patriottardo della “difesa non armata della patria” e “promozione dei valori fonda-tivi della Repubblica” (cioè edu-candoli al nazionalismo e all’in-terclassismo), lavoreranno dagli 8 ai 12 mesi, in Italia o all’este-ro, gratis o pagati con un misero rimborso spese e saranno soprat-

tutto a disposizione delle “imprese sociali”. Nelle parole del sottose-gretario alle Politiche sociali Lui-gi Bobba, dovranno essere almeno 100mila i giovani impegnati nel Servizio civile entro il 2017.

In altre parole, anziché offrire ai giovani un impiego stabile che consenta loro di farsi una vita in autonomia, il governo gli conce-de un’esperienza di volontariato o tutt’al più un tirocinio, barattan-do la paga dignitosa che spette-rebbe loro con vari benefici (cre-diti universitari, riconoscimento delle competenze acquisite, ecc.) e l’incerta possibilità di una futu-ra assunzione, per la quale non c’è alcun impegno vincolante da par-te del padronato. Un autentico ri-catto per i tanti giovani che non riescono a trovare lavoro, i quali saranno indotti ad accettare que-sta “soluzione”, benché a termine, pur di arricchire il loro curriculum e non restare disoccupati. Sì per-ché con questa riforma ai furbetti apprendisti stregoni Renzi e Polet-ti riesce anche l’incantesimo di far calare (artificiosamente, certo) il tasso di disoccupazione giovanile e il numero dei Neet, cioè chi non studia né lavora.

Questa è del resto la strategia del nuovo duce per il lavoro gio-vanile, in linea coi provvedimenti precedenti come la Garanzia gio-vani e il lavoro volontario attiva-to all’Expo e al Giubileo. Con un colpo solo vengono compressi i costi del lavoro, si abbassa fitti-ziamente la disoccupazione gio-vanile e si creano in prospettiva condizioni peggiori per i lavorato-ri regolari dei servizi pubblici che

potranno subire a loro volta il ri-catto del “lavoro volontario”.

verso la privatizzazione del

welfareAffidando in maniera sempre

più marcata alle “imprese sociali” e di “terzo settore” i “servizi so-cio-assistenziali nonché di tutela e valorizzazione del patrimonio cul-turale, paesaggistico e ambienta-le” e consentendo l’intrusione del capitale privato, di fatto si va verso la privatizzazione totale del welfare.

Lo stesso Poletti, strumenta-lizzando lo “spirito di solidarie-tà e sussidiarietà” che anima tan-ti volontari con buoni propositi, ammette velatamente che la pro-gressiva esternalizzazione della gestione dei servizi sociali alle im-prese del “terzo settore”, sopperi-sce ai buchi aperti dal taglio della spesa pubblica, scaricando sui cit-tadini il compito di andarsi a pro-cacciare quei servizi che lo Stato non può (né vuole) più garantire.

Lo notava, a dicembre, anche la presidente del Convol (rete del-le associazioni di volontariato), Emma Cavallaro: “Il volontariato è passione per la centralità della persona e per la costruzione di una società libera e accogliente e le nostre organizzazioni lo testimo-niano ogni giorno nell’agire gratu-ito e nel dono di sé. Ma non è, né vuole essere, il tappabuchi del cat-tivo funzionamento delle istituzio-ni pubbliche”.

Capitalismo e solidarietà sono in contraddizione

insanabileSiamo quindi davanti ad un

enorme regalo al padronato (sia pure “sociale”) che disporrà di lavoratori “volontari” a costi ir-risori, se non inesistenti, massi-mizzando i propri profitti, preca-rizzando ulteriormente il lavoro e peggiorando la qualità dei servizi comuni ormai non più pubblici. La speranza, contenuta nelle “Li-nee guida per una riforma del “ter-zo settore” pubblicate dal Consi-glio dei ministri nel maggio 2014, che “capitalismo e solidarietà possono abbracciarsi” altro non è che una vana illusione, se non una vera e propria truffa per abbellire lo sfruttamento del lavoro su cui si fonda il sistema capitalista.

Alle ragazze e ai ragazzi e in generale a tutte le donne e gli uo-mini che hanno voglia di impe-gnarsi per migliorare il mondo in cui vivono, e che in certi casi cer-cano già di farlo nel volontariato con ammirevole abnegazione, va chiesto di ragionare sul fatto che dietro il “volontariato” del Ser-vizio civile il governo nasconde l’ulteriore compressione dei di-ritti dei lavoratori, esacerbando le iniquità che loro stessi cerca-no di alleviare. Le loro energie e il loro impegno potrebbero invece andare alla forma di “volontaria-to” più definitiva e avanzata che ci sia, per eliminare le radici stes-se dell’ingiustizia sociale: la lotta contro il capitalismo, per il socia-lismo, cioè per una società senza più oppressione, sfruttamento, di-scriminazione e guerre.

e PRivatizzazione deL weLfaRe

Roma, 11 giugno 2016. Il significativo striscione di apertura del Gay Pride di Roma

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6 il bolscevico / interni N. 25 - 23 giugno 2016

460 tra imprenditori, politicanti borghesi, mafiosi, professionisti

Le Logge massoniche spadroneggiano a Trapani

La procura: “Un potere parallelo persino più forte della mafia” che riporta alle “vicende politico-giudiziarie di risonanza nazionale (P2) e locale (Iside 2)

A Trapani e provincia il crimi-nale intreccio tra mafia, politica, massoneria, finanza e imprendi-toria avviluppa e condiziona tut-ta la vita politica, sociale ed eco-nomica.

È l’inquietante verità che emer-ge dalle varie inchieste condotte dal procuratore Marcello Viola e dai suoi sostituti che evidenziano come nel trapanese la massoneria è tornata ad essere più potente di prima. Dati a dir poco allarmanti per una provincia di 400mila abi-tanti in cui si contano non meno di 19 logge di diverse obbedien-ze, 6 delle quali a Castelvetrano, il paese del superlatitante Matteo Messina Denaro. Gli iscritti sono almeno 460 tra i quali figura-no mafiosi, esponenti delle forze dell’ordine, funzionari della pre-

fettura, dirigenti di banca, deci-ne di medici e professionisti, im-prenditori e ovviamente tanti boss politici nazionali e amministrato-ri locali.

La maggiore concentrazione di massoni si registra a Castelvetra-no: Loggia Italo Letizia 345, Log-gia Demetra, Loggia Enoch e poi per l’Obbedienza di Piazza del Gesù la Loggia Oriente. E ancora la “Francisco Ferrer” e la “Hyp-sas” del Grand Orient de France. Il patto di “solidarietà” accomuna assessori e mafiosi, consiglieri co-munali e imprenditori corrotti, bu-rocrati e forze dell’ordine.

Di fronte a ciò: “Appare leci-to chiedersi - scrivono gli investi-gatori - fino a che punto la quo-tidiana e multiforme attività di enti pubblici non sia subdolamen-

te pilotata dall’influenza di pote-ri occulti assai più penetranti della purtroppo diffusa logica cliente-lare, della dilagante corruzione o ancora delle ben note pressioni in-timidatorie di chiara matrice ma-fiosa”.

Il coraggioso lavoro investiga-tivo svolto dalla procura è stato ri-assunto in un dossier consegnato nei giorni scorsi alla prefettura in cui fra l’altro sono riportati tutti i nomi degli iscritti alle logge (na-turalmente scoperte) e da cui si evince che “le clamorose vicen-de politico-giudiziarie di risonan-za nazionale (P2) e locale (Isise2) non sembrano avere ancora inge-nerato il diffuso coinvincimento che in seno a logge massoniche, soprattutto se occulte o deviate, possa annidarsi un vero e proprio

potere parallelo, persino più for-te della mafia, in grado di inqui-nare l’attività amministrativa e la gestione della cosa pubblica costi-tuendo una temibile turbativa per le istituzioni e la collettività”.

Il riferimento è alla retata del 6 aprile 1986 avvenuta nelle stan-ze del circolo Scontrino a Trapa-ni: quel giorno il capo della squa-dra mobile Saverio Montalbano scoprì che dietro il paravento del-la cosiddetta “associazione cul-turale” si nascondeva l’attività di sette logge massoniche con tre-cento “fratelli muratori”: una del-le logge, la Iside 2, risultò poi es-sere completamente segreta, così come in segreto si erano iscritti i suoi cento “incappucciati”. Tra gli iscritti al circolo Scontrino spicca-vano i nomi di boss politici come quello dell’ex potentissimo mini-stro della Dc Calogero Mannino, mentre la loggia coperta Iside 2 accoglieva tra i suoi membri an-che sanguinari boss mafiosi come Mariano Agate, Natale L’Ala, Na-tale Rimi, Mariano Asaro, Gioac-chino Calabro, più Pino Mandala-ri, considerato il commercialista di Totò Riina. Padrini e boss di Cosa nostra ma anche dirigenti delle forze dell’ordine, altissimi

funzionari di importanti ministeri e persino esponenti del clero.

Sarà per questo che poco dopo il suo blitz, Montalbano venne ri-mosso con una contestazione di uso improprio dell’auto di servi-zio. Da quell’indagine, confluita poi in un processo che portò a sei condanne, sono passati 30 anni, ma la musica nella provincia più occidentale della Sicilia non sem-bra essere cambiata.

A conferma di ciò basta con-frontare il dossier sulla massone-ria della Procura catanese con le risultanze investigative emerse da alcune recenti inchieste. Come per esempio quella a carico di Francesco Miccichè, l’ex vesco-vo di Trapani finito sotto inchie-sta per truffa, appropriazione in-debita e stalking. All’inizio l’ex presule si era difeso dalle accu-se tirando in ballo le sue posizio-ni pubbliche contro la massone-ria: adesso, però, ci sarebbe una nuova pista d’indagine che pun-ta a fare luce sulla costruzione di una chiesa affidata senza appalto alla ditta di alcuni massoni. L’om-bra del compasso si scorge anche nell’ultima inchiesta che ha fatto aprire le porte del carcere per Pa-squale Perricone, l’ex vicesindaco

di Alcamo indicato come “vicino” alla famiglia mafiosa dei Melodia, considerato dalla procura al verti-ce di un “comitato d’affari” che gestiva ogni business pubblico e privato della zona: tra gli arrestati nella stessa operazione c’è anche Emanuele Asta, dirigente regiona-le che sarebbe iscritto alla loggia Myrhiam.

Una loggia con lo stesso nome, tra l’altro, compare anche nell’in-chiesta che ha portato alle dimis-sioni di Sebastiano Bonventre, eletto neopodestà di Alcamo nel 2012 nelle liste PD. Quel turno elettorale è costato anche all’ex senatore Nino Papania, sempre del PD, una condanna a otto mesi in primo grado per voto di scam-bio, mentre Bonventre ha deci-so di dimettersi da sindaco negli stessi giorni in cui sui giornali lo-cali cominciavano a circolare al-cune fotografie che dimostrereb-bero il suo grado di gran maestro venerabile della loggia Myrhiam 225.

Insomma, a distanza di oltre trent’anni dall’inchiesta sulla “as-sociazione culturale” Scontrino, nella provincia di Trapani le log-ge massoniche continuano a spa-droneggiare.

L’area è un parco e quindi inedificabiLe

il giudice conferma il no al muos

Dal nostro corrispondente �della SiciliaIl Tribunale di Caltagirone ha

confermato il sequestro dell’im-pianto di guerra MUOS “per i re-ati paesaggistici”, commessi nel-la costruzione dell’opera “abusiva sull’equilibrato e ordinato assetto territoriale”. Perché quest’ennesi-mo pronunciamento? Unicamente per la pervicacia guerrafondaia e imperialista del governo Renzi che vuole, fortissimamente vuole, que-sta muostruosa macchina da guer-ra. Infatti, l’avvocatura dello Sta-to, su iniziativa del ministero della Difesa aveva presentato istanza di dissequestro. Il giudice Cristina Lo Bue ha accolto le istanze di mante-nimento dei sigilli del procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, e dell’avvocato Goffredo D’Antona in rappresentanza dall’associazio-ne antimafie Rita Atria.

Il Tribunale di Caltagirone ha ritenuto ancora valide le motiva-zioni per il sequestro disposto,

perché il Muos è in un’area am-bientale a inedificabilità assoluta, come in realtà si sa sin dall’inizio di questo contenzioso. Non essen-do “sopravvenuti elementi di novi-tà” il Tribunale non vede il motivo di “rivedere il decreto di sequestro preventivo” dell’impianto.

Vittoria dei No MUOS e delle masse popolari siciliane? Sì, cer-to, sul piano legale è una vittoria enorme. Ma a questo punto non si esclude più che il governo Ren-zi, col piglio autoritario di stampo fascista che lo contraddistingue possa dare all’opera, come fu fat-to per il cantiere della Tav, la qua-lifica fascista di “opera di interes-se strategico nazionale” al sito del MUOS, per mettere il bavaglio alle Procure e rendere inapplica-bile ogni decisione della magi-stratura tesa a sequestrare l’im-pianto di guerra abusivo.

Tale minaccia politica esiste, perché in questo momento, in cui la tensione internazionale esplo-

de, il sistema satellitare diventa di fondamentale importanza per gli imperialisti italiani, europei e sta-tunitensi nelle loro guerre di ag-gressione nel nord Africa.

Si tratta, dunque, di continua-re ed estendere la lotta. Anzitutto mettendo in discussione la politica estera imperialista e guerrafonda-ia del governo Renzi, che compor-ta l’aumento della spesa militare, l’acquisto di nuovi e sempre più micidiali armamenti, la crescente povertà e insicurezza del territo-rio italiano, la sua devastazione, l’esposizione dell’Italia ai rischi di ritorsione da parte dell’IS, la partecipazione alla NATO, i pat-ti militari imperialisti tra l’Italia e gli USA. In questa prospettiva si deve tornare a mettere all’or-dine del giorno la storica parola d’ordine della chiusura della base di Sigonella, di cui l’impianto di MUOS di Niscemi è elemento in-tegrante e ultima avanzata frontie-ra tecnologico-militare.

Vendute migliaia di tonnellate di materiale edile fragile e scadente

inquinaTe Le caVe di pozzoLana a giugLiano

Lo scorso 25 maggio una raf-fica di arresti e di sequestri dispo-sti dal Tribunale di Napoli, su ri-chiesta della Procura distrettuale antimafia dello stesso capoluogo campano, portando alla luce l’en-nesimo scandalo legato alla Ter-ra dei Fuochi, quello della fabbri-cazione di mattoni, da destinare all’edilizia, preparati con una mi-scela di rifiuti speciali polveriz-zati, in gran parte resti di demo-lizioni, uniti a pozzolana.

Gli indagati sono comples-sivamente 45 e sono accusati, a vario titolo, di aver dato vita a un consolidato sistema dedito al traffico illecito di rifiuti attra-verso falsi documenti di traspor-to e falsi certificati di analisi, ot-tenendo così un ingiusto profitto di molti milioni di euro derivan-te dal risparmio sui costi dovu-ti per lo smaltimento dei rifiuti presso i siti autorizzati. Nei con-fronti di quattro persone è stato disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza e sono sta-te sequestrate anche le due cave, la San Severino e la Neos di Giu-gliano in Campania, oltre ai mez-zi di diversi ditte, aree di stoccag-gio di rifiuti ed impianti. 14 tra i 45 indagati sono finiti agli arresti domiciliari. Tra questi ultimi ci sono Toni Gattola, titolare di una società di consulenza ambienta-le (Omega Srl), e tre componenti della famiglia Liccardi, titolari di

una società edile (Eu.Sa.Edilizia Srl), nonché i titolari della San Severino ricomposizioni ambien-tali (Massimo Capuano, Enrico Micillo, Gennaro Pianura), il ti-tolare della società Te.Vin. Srl (Crescenzo Catogno) e quelli del-la Neos (Biagio Illiano, Antonio e Luigi Carannante), insieme a col-laboratori e dipendenti delle so-cietà coinvolte nell’indagine.

I magistrati hanno accertato che tale sistema illecito di produ-zione di laterizi sarebbe andato avanti per oltre un anno e mezzo, da gennaio 2014 a ottobre 2015, e nell’ordinanza del Tribunale si parla di “un consolidato sistema, a cui hanno aderito a vario tito-lo imprenditori e professionisti, dedito alla commissione di una pluralità di reati di attività orga-nizzate per il traffico illecito di ri-fiuti attraverso la predisposizione di falsi documenti di trasporto e falsi certificati di analisi”.

Le indagini sono partite in se-guito ad un esposto anonimo di un gruppo di cittadini insospetti-ti dal continuo transito nelle cave di pozzolana di camion che con-tenevano rifiuti di vario tipo.

In particolare i territori inte-ressati da tali attività criminose sono quelli di Giugliano, uno dei 57 comuni della Terra dei fuochi, di Quarto e di altre aree limitrofe, soprattutto l’area delle cave San Severino e Neos, che era già sta-

ta indicata da un collaboratore di giustizia, Nunzio Perrella, come sversatoio illegale, e infatti l’in-dagine ha potuto verificare che nessuna delle imprese che opera-vano in tale cava era in regola con la documentazione richiesta dalla legge Ronchi per il trasporto di ri-fiuti.

La Procura distrettuale antima-fia ha quindi accertato “lo smal-timento illecito nella cava San Severino e nella cava Neos di Giugliano in Campania, di oltre 250mila tonnellate di rifiuti, così da garantire un ingiusto profitto di alcuni milioni di euro derivan-te dal non sopportare i costi do-vuti per lo smaltimento dei rifiuti presso i siti autorizzati”. In pra-tica i gestori delle cave mescola-vano vari tipi di rifiuti, in alcuni casi anche tossici, con la pozzola-na prodotta nella cava, rivenden-do così tale prodotto frantumato a una compiacente industria produt-trice di laterizi e cemento, la qua-le, ben consapevole dell’origine del prodotto, la acquistava a prez-zo fortemente ridotto e ne faceva mattoni per edilizia.

I traffici illeciti avrebbero ri-guardato anche i lavori di ripulitu-ra dell’alveo del canale di via Ci-rillo, nel Comune di Quarto, in cui gli indagati sono accusati di aver smaltito illecitamente i rifiuti spe-ciali non pericolosi.

Niscemi (Caltanissetta), 15 maggio 2016. La partecipazione militante del PMLI alla manifestazione nazio-nale No Muos (foto Il Bolscevico)

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N. 25 - 23 giugno 2016 interni / il bolscevico 7I lavoratori condannati a vivere come bestie nella tendopoli lager

Nella teNdopolI dI RosaRNo uN caRabINIeRe uccIde uN bRaccIaNte del MalI

Il 9 giugno oltre 200 migranti maliani sono scesi in piazza a Ro-sarno per protestare contro l’ucci-sione di Sekine Traorè, 27 anni, bracciante del Mali, sfruttato nella raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro e ucciso l’8 giugno con un colpo di pistola all’addo-me esploso dall’appuntato Angelo Catalano intervenuto insieme ad altri 5 agenti di polizia e carabi-nieri nel lager di San Ferdinando su richiesta degli stessi immigra-ti preoccupati per le condizioni di salute e di disagio sociale del loro connazionale.

Alle prime luci del giorno, i mi-granti si sono mossi in corteo ver-so il municipio, sciolto per ’ndran-gheta e retto fino a qualche mese fa dall’ex sindaco Mico Modafferi finito in manette.

In piazza i migranti urlano l’in-nocenza di Sekine e chiedono giu-stizia per la sua morte che, dico-no, non è stata affatto accidentale come vorrebbero far credere le “forze dell’ordine” e la procura che hanno ricostruito una versione dei fatti assolutamente falsa.

I migranti hanno denunciato pubblicamente anche di avere pau-ra che Rosarno diventi una picco-la Ferguson e che dietro l’omici-dio di Sekine ci sia uno sfondo razziale.

Una piccola delegazione di manifestanti è stata ricevuta in Comune dai commissari prefetti-zi per chiedere l’apertura di un’in-chiesta per omicidio. Mentre i compagni rimasti in piazza a ma-nifestare urlano: “Italia razzista”, “ci hanno ammazzato un fratello, non dicono la verità”, “sette con-tro uno: vergogna!”.

Secondo la dinamica “ufficia-le”, avallata in fretta e furia dalla procura di Palmi, il carabiniere sa-rebbe stato aggredito da Traorè con un coltello e, spaventato, avrebbe fatto fuoco per difendersi.

In un primo momento si era parlato anche di “colpo partito ac-cidentalmente”, negando così a priori la legittima difesa. Ma qual-che ora dopo la versione cambia. Perché il procuratore della Repub-blica di Palmi, Ottavio Sferlazza, ora pare non aver dubbi: “Il qua-dro che si delinea è di una legit-tima difesa da parte del militare”, iscritto nel registro degli indagati come atto dovuto. Tuttavia sono molte le cose a non quadrare. È Antonino Celi, attivista antirazzi-sta di Rosarno, a riferirle a “il ma-nifesto”.

Diversi testimoni oculari rac-contano invece una versione ben diversa: “Sekine si era barrica-to in una tenda. A un tratto i sei-sette carabinieri, dopo averlo in-vitato a uscire, sono entrati con la forza. C’è stata una colluttazione. Poco dopo abbiamo udito il colpo che lo ha ucciso... Sekine non era un rambo, non sarebbe mai stato in grado di affrontare sette uomini armati e addestrati”.

Sekine, ribadisce suo fratello Amadou, non era un disadattato, “forse subiva il disagio di vive-re in quella tendopoli, ma non era pazzo”. Lo confermano anche i Medici per i diritti umani (Medu): “Non avevamo mai visitato Seki-ne. In ogni caso il disagio psichico è comune nei migranti costretti a vivere, dopo il viaggio, una con-dizione di vita così angusta nella baraccopoli”.

Al fianco dei migranti sono scesi in piazza anche le associazio-ni antirazziste che hanno costitui-to il “Comitato Verità e Giustizia per Sekine Traorè”. Sono determi-nati ad andare fino in fondo. Di-stribuiscono un comunicato in cui evidenziano le tante incongruenze e contraddizioni che caratterizza-no la ricostruzione dei fatti da par-te delle “forze dell’ordine” e della procura. Ci sono “Tanti interroga-tivi, troppi buchi neri”, a comin-ciare dall’ora del decesso. “Non è chiaro il tempo trascorso tra l’arri-vo degli agenti e la morte violenta

per colpo d’arma da fuoco all’ad-dome. La velina dell’Arma segna-la l’orario della rissa ma non quel-lo del decesso e tantomeno quello dell’arrivo delle volanti”. Anche loro non credono alla storia di Se-kine “impazzito”. Si sentiva a di-sagio ma non era psicopatico. “E poi quanti di noi nati qui nelle stesse condizioni darebbero segni di squilibrio e dopo quanto tem-po?”, si chiedono. Ad ogni modo “non ci interessano i linciaggi. Le responsabilità dei singoli esigia-mo che vengano chiarite prima di tutto perché, in mancanza di ciò, ci troveremmo di fronte a una gra-ve minaccia alla libertà e all’inco-lumità di tutti per un fatto che nel nostro paese sarebbe l’ennesimo”.

Quello di Sekine è infatti “il quinto omicidio di Stato di africa-ni dal 2008 a Rosarno - rileva il Comitato - quelli deceduti di mor-te non naturale per superamento della soglia di sopportazione uma-na. Prima il ragazzo che si è im-piccato dietro la famosa ‘fabbri-

ca’, poi i due morti di bicicletta investiti lungo le provinciali senza lampioni e la persona trovata mor-ta di freddo nei pressi della tendo-poli qualche anno fa. E ora Seki-ne per cosiddette ragioni di ordine pubblico”.

Anche l’Arci nazionale inter-viene ed esprime sconcerto: “per un intervento di ordine pubblico che, essendosi concluso con la morte di un uomo, non può che ritenersi fallimentare”.

Nella tendopoli-lager di Rosar-no le condizioni di vita e di lavoro a cui devono sottostare i migranti sono di puro schiavismo.

I dati raccolti tra novembre e marzo dai Medu, che hanno cu-rato gli immigrati con una cli-nica mobile, confermano una situazione igienico sanitaria drammatica: nella tendopoli-lager di San Ferdinando vivo-no duemila persone, quasi tutti under 35, mentre altre centinaia abitano in casolari abbandonati e fatiscenti nelle campagne della

Piana, senza servizi igienici, ac-qua ed elettricità. Il 52 per cento di loro non ha la tessera sanitaria e le patologie più comuni sono disturbi gastrointestinali (23 per cento), sindromi delle vie respi-ratorie (22 per cento) e proble-mi muscolo-scheletrici (13 per cento). Inoltre, l’86 per cento dei lavoratori africani non ha un contratto e la retribuzione media è di 25 euro al giorno, cinque dei quali finiscono al caporale che li ha reclutati. La deflazio-ne sta facendo il resto: un chi-lo di mandarini viene pagato dai produttori ormai 18 centesimi al chilo, un prezzo non sufficiente a garantire una retribuzione del lavoro minimamente equa.

Appena qualche settimana fa, solo per caso sei ragazzi non sono saltati per aria insieme alla loro tenda, distrutta dallo scoppio di una bombola del gas. Non si sono fermate neppure le aggressioni: nei giorni del sesto anniversario della rivolta del 2010, a gennaio, sono stati presi di mira gli africani che rientravano dal lavoro a piedi o in bicicletta.

Insomma, dopo la rivolta del 2010, nella tendopoli-lager di San Ferdinando tutto è tornato come prima, se non peggio. Nessuno dei tre ministri dell’Interno che si sono susseguiti nel frattempo (Ro-berto Maroni, Anna Maria Cancel-lieri e Angelino Alfano) ha mosso un dito per mettere fine a questa autentica tratta di esseri umani ri-dotti in schiavitù.

Altro che “accoglienza”: I’Ita-lia del nuovo duce Renzi è un in-ferno e spesso si trasforma in una tomba per i migranti che miraco-losamente scampano alla morte e ai naufragi e poi finiscono nel-le grinfie delle mafia, dei caporali e di padroni senza scrupoli che li sfruttano come bestie da soma e li riducono in schiavitù.

In corteo i migranti chiedono giustizia

I quotIdIaNI NeofascIstI “lIbeRo” e “Il GIoRNale” pRopaGaNdaNo le posIzIoNI dell’aRcIMbRoGlIoNe falso coMuNIsta

Rizzo: “Non concedo agli immigrati i diritti borghesi. e i ladri che entrano in casa li faccio andar via in barella”“Berlusconi era stato cacciato dall’Europa perché era andato per la sua strada. Appoggerei i paesi presi di mira dall’IS”

In occasione della presen-tazione delle liste elettorali del sedicente Partito Comunista a Torino, Roma e Napoli, i giornali neofascisti e berlusconiani “Libe-ro” e “Il Giornale” hanno rilancia-to un’intervista a Marco Rizzo del novembre scorso in cui danno ampio risalto alla sua candidatu-ra a sindaco di Torino. Intervista-to da Giancarlo Perna, vecchia firma berlusconiana di entrambi i quotidiani, in una nota galleria romana in cui esponeva i suoi “dipinti figurativi e quasi realisti-ci” (“Marco è un valente pittore e uomo dai mille talenti”, lo in-censa di passaggio il giornalista), Marco Rizzo si produce in una serie di spacconate tipiche del personaggio, che se lette senza sapere chi le ha sparate e dopo aver espunto ogni riferimento alle parole “comunismo” e “comuni-sta” usate come specchietti per le allodole, si farebbe fatica a non attribuirle al caporione leghista Salvini.

Tanto per cominciare, ad esempio, c’è una bella slinguata di ringraziamento all’intervistato-

re e al suo giornale, che non fa mai male specie in campagna elettorale: “Se penso che tu di ‘Libero’ sei qui per intervistarmi e mai una volta che mi chiamino i Santoro e gli altri sinistri dei talk show. Con noi al potere quelli lì farebbero la fame”, attacca infatti Rizzo. A parte il fatto che le cose non stanno proprio così, visto che lui è di casa anche a Rai3, dove viene invitato spesso e vo-lentieri ad “Agorà”, compresa la famigerata trasmissione del 7 novembre 2014 in cui fu invitato appositamente per denigrare il PMLI.

Ma ci sarà una ragione se questo imbroglione trotzkista è ospite fisso delle reti Mediaset ed è blandito tanto amichevolmente dalla stampa neofascista e berlu-sconiana? Non sarà, azzardiamo noi, perché ha tutto l’interesse a presentare questo rivoluziona-rio da salotto come “l’ultimo dei veri comunisti” per abbindola-re i sinceri anticapitalisti, tenerli nel pantano dell’elettoralismo e del parlamentarismo e impedire che si uniscano ai veri marxisti-

leninisti? Volete un esempio? Leggetevi come Perna descrive questo falso comunista da gior-nalino a fumetti (il cui “carapace comunista”, secondo le testuali parole di Rizzo, è fatto dalle let-

ture di “Salgari, Tex Willer e un comizio di Pajetta sentito a 16 anni”): “Marco parla sicuro, dà indicazioni secche, si alza sulla sua bella altezza, moltiplicata da una dieta che lo rende più slan-ciato, e cammina a grandi passi agitando la testa calva alla Lenin. È l’effige stessa della Rivoluzione in marcia. Mi ricorda anche Jean Reno, per quel suo fondo buo-no”.

Non per nulla, proseguendo tra domande compiacenti e ri-sposte ruffiane, tipo “io saprei dirigere uno Stato e se avessi il potere farei il comunismo anche con i non comunisti, come te”, a un certo punto il segretario del sedicente Partito Comuni-sta paga il suo tributo di ricono-scenza a Berlusconi, che tanto spazio e visibilità gli concede, rispondendo nel seguente modo alla domanda di Perna su “cosa significa comunismo nel 2015”: “Governare, opponendosi al pi-lota automatico inserito dalla Ue. Non siamo così cretini da credere che questa struttura di potere abbia cacciato Berlusconi

per le sue allegre serate. Lo ha fatto perché è andato per la sua strada, accordandosi con Putin per il gas e con Gheddafi per il petrolio. Come fu travolto Craxi dopo Sigonella”. Risposta dalla quale traspare un chiaro intento riabilitativo, oltreché una malce-lata simpatia, per il pregiudicato di Arcore. E, già che c’è, pure per Craxi, Putin e Gheddafi.

Il resto è tutta una serie di spot della più squallida demagogia elettoralistica, pericolosamente affine a quella della Lega neo-fascista, razzista e xenofoba di Salvini (non a caso Rizzo dichiara senza pudore che “mi interessa-no le alleanze politiche con i tas-sisti che votano Fratelli d’Italia, il piccolo commerciante che vota Lega, ecc.”). Come quando, par-lando di sicurezza nelle città, alla domanda se sparerebbe a chi gli entra in casa, Rizzo, che si vanta di aver “tirato di boxe” da giova-ne, risponde che “per difendere i miei figli non ho bisogno di pi-stole. Bastano i miei pugni per farli uscire in barella. Il piagnisteo radical-chic non fa per me”.

E come quando, richiesto di dare il suo giudizio sull’immi-grazione, se la prende contro i “milioni di africani e arabi” ac-cusandoli di ridurre i diritti dei lavoratori accettando di “lavora-re a metà prezzo”, spingendosi fino a dichiarare di “non dare agli immigrati i diritti borghesi - la moschea, la tradizione - ma i fondamentali comunisti: la parità sociale e i diritti sindacali. Vieto il velo e le moschee e ti dà l’egua-glianza nel lavoro. Così, togli pure ossigeno allo jihadismo”.

E a proposito di quest’ultimo tema, tanto per chiudere in bel-lezza, alla domanda se appoggia i bombardamenti allo Stato isla-mico, Rizzo risponde: “Appog-gerei militarmente i Paesi presi di mira dall’Isis e dall’imperialismo. Starei, perciò, con la Siria di As-sad come sarei stato con la Libia di Gheddafi”. Con questo fior di posizioni c’è da meravigliarsi se “Libero” e “Il Giornale” coccoli-no questo arcimbroglione e falso comunista al punto da sponsoriz-zare la sua campagna elettorale?

Un “comunista” a parole e fascista

nei contenuti

Rosarno, 9 giugno 2016. La protesta dei braccianti migranti contro l’omicidio di Sekine Traorè da parte di un carabiniere

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8 il bolscevico / controriforma piduista e fascista del senato N. 25 - 23 giugno 2016

Al dibattito sul referendum di ottobre promosso dall’ANPI di Rufina (Firenze)

SvISceRAtI I coNteNutI e le coNSegueNze dellA coNtRoRIFoRmA dI ReNzI

Importanti interventi di Nannucci, Lastri e ChiavacciMoLto appLaudIto L’INterveNto dI SottoSCrIttI a NoMe deL pMLI

Redazione di Firenze �Venerdì 10 giugno, su inizia-

tiva dell’ANPI di Rufina, si è te-nuto un interessante dibattito dal titolo “Le ragioni del NO” sulla controriforma Costituzionale e il referendum del prossimo ottobre.

Dopo l’introduzione dell’AN-PI locale che ha proposto agli in-tervenuti di costituirsi in Comitato per affrontare al meglio la cam-pagna referendaria del prossimo settembre, denunciando l’immo-bilismo dell’ARCI toscana nono-stante l’accordo siglato a livello nazionale fra ANPI ed ARCI per condurre assieme questa impor-tante battaglia, i relatori Ubaldo Nannucci, Presidente del Comita-to provinciale di Firenze dell’AN-PI, e Daniela Lastri del Comitato per il NO di Firenze, hanno in-trodotto il tema sviscerandone i contenuti e le conseguenze istitu-zionali e costituzionali della con-troriforma.

Al centro di questa analisi le critiche sull’esautorazione del parlamento, della sedicente “so-vranità popolare”, le fandonie di Renzi sulla necessità di stravol-gere l’assetto per risparmiare sui costi della politica e l’urgenza di snellire la burocrazia che ingolfa

la “buona” politica decisionista di regime.

Il dibattito è proseguito in ma-niera vivace e interessante, toc-cando numerosi temi, fra i quali l’intervento del compagno Enrico Chiavacci, in qualità di vice pre-sidente della Sezione ANPI, sul documento dell’agosto 2013 della banca internazionale JP Morgan che di fatto ispira i governi dei Paesi europei a mutazioni radicali dei loro assetti istituzionali poiché derivanti da guerre di Liberazione al fascismo e contenenti pertanto troppi “elementi di socialismo” capaci di influenzare negativa-mente lo strapotere e l’ingerenza della “borsa” sulle faccende inter-ne dei vari Stati nazionali.

Estremamente chiarificatore è stato l’intervento a braccio che il compagno Loris Sottoscritti ha te-nuto a nome del PMLI. Oltre ad apprezzare l’iniziativa, il compa-gno ha affermato che anche il no-stro Partito si batterà con tutte le proprie forze per la vittoria del NO al referendum costituziona-le anche se alcune posizioni non coincidono con quelle delle altre forze che lo sostengono, su tut-te quella di non appiattirsi sulla Costituzione del ‘48 che peraltro

è già stata stravolta nella sua so-stanza e che comunque contiene elementi non accettabili come ad esempio il concordato e la tutela della proprietà privata dei mez-zi di produzione. Il compagno ha precisato che il nostro Partito per-segue una Costituzione socialista. Il PMLI, ha continuato il com-pagno, ha da sempre denunciato

l’Italicum definendolo “fascistis-simum” e la “riforma” piduista sia sul piano dei contenuti, sia su quello del disegno politico; sul primo, la Repubblica che da par-lamentare diviene presidenziale di fatto modificando il governo del parlamento in governo del pre-mier, la possibilità che un partito col 20/25% dei voti validi possa

prendere la maggioranza assolu-ta alla Camera senza il controllo del Senato e senza alcun potere di bilanciamento poiché la consulta, il CSM ed il presidente della Re-pubblica saranno espressione di-retta del partito di maggioranza, la “riforma” del titolo V che attribu-isce allo Stato togliendoli alle Re-gioni i poteri su energia e ambien-

te (lo scandaloso emendamento Tempa Rossa per fare un esem-pio sarà normale competenza), e l’innalzamento del numero neces-sario di firme da raccogliere per promuovere un referendum o per una legge d’iniziativa popolare.

La parte più importante e più apprezzata dall’assemblea e senz’altro stata quella relativa al disegno politico che sta dietro alla controriforma, e cioè, a livel-lo internazionale il percorso ini-ziato con la Trilateral nel 1973 e che continua passando per il do-cumento J.P. Morgan già accenna-to e che conferma che a tirare i fili dei nuovi assetti istituzionali sono i poteri finanziari globali; a livello interno, il “piano di rinascita de-mocratica” e lo “schema R” del-la P2 di Gelli sta per essere com-pletato definitivamente proprio dal tentativo di Renzi, dopo i vari passaggi di Craxi, della bicamera-le di d’Alema e da Berlusconi del quale appunto Renzi è il perfetto continuatore. L’intervento, che è stato molto applaudito e condivi-so dai partecipanti, si è concluso con l’invito unitario a “seppellire la controriforma sotto una valan-ga di NO”.

IN quAlItà dI vIce PReSIdeNte dellA SezIoNe ANPI dI RuFINA

Sul progetto di controriforma costituzionale, quasi tutti i com-menti hanno concentrato la loro attenzione sui gravi aspetti giu-ridici e politici del cambiamento prospettato.

Ho pensato fosse interessan-te provare ad approfondire anche quelle ragioni di carattere pro-priamente economico che spingo-no verso la riforma della Costitu-zione Italiana (visto il lavoro che faccio, occupandomi quotidiana-mente).

Il governo ha sempre detto di voler modificare l’assetto Costitu-zionale perché:

- si rende necessaria una ridu-zione dei costi della politica

- è necessario accelerare i tem-pi di decisione (e di questo i nu-merosi ricorsi al voto di fiducia o ai decreti legge hanno rappresen-tato un corposo antipasto).

Mentre il primo argomento è immediatamente contestabile dato che i costi della politica sa-rebbe possibile ridurli in maniera più semplice attraverso l’attuazio-ne di decise riduzioni di stipendi, indennità ed altri emolumenti di chi ci rappresenta (o dimezzando ad esempio i parlamentari mante-nendo i soliti rapporti di forza); il secondo è maggiormente rilevan-te in termini di conseguenze ed è lì che si nascondono gli inganni maggiori.

Questa indicazione del gover-no, apparentemente inoppugnabi-le (chi vorrebbe lentezza nelle de-cisioni?) attiene però ai rapporti fra dimensione economica e sfera delle decisioni politiche da pren-

dere in assoluta rapidità, rimuo-vendo tutti gli intralci sociali che impediscono una tale azione.

Nella sostanza la “riforma” che si intende attuare mira a intro-durre nella Costituzione una logi-ca di perseguimento di obiettivi di efficienza economica (lobbisti-ca) mediante il minimo intervento pubblico in economia che mette a rischio non solo le libertà demo-cratico-borghesi, ma anche la so-vranità stessa del nostro Paese.

Esperienze alla mano, è insen-sato pensare che questo modello produca benessere per tutta la po-polazione.

J.P. morganIl faro economico della contro-

riforma si legge nello studio che la banca d’affari americana JP Mor-gan, la più potente al mondo insie-me a Goldman Sachs, ha condotto sulla crisi economica e finanzia-ria nei paesi della Ue, pubblicato il 28 maggio 2013 sul Wall Street Journal ma passato pressoché sot-to silenzio dalla grande stampa in-ternazionale e nazionale.

Nel documento, ad esempio si legge: “All’inizio della crisi si pensò che i problemi strutturali nazionali fossero in larga misura di natura economica: eccessivi co-sti bancari, non adeguato allinea-mento del tasso di cambio interno reale e rigidità strutturali. Ma col tempo apparve chiaro che pesava-no molto anche i problemi di na-tura politica. Le Costituzioni e gli ordinamenti creati nella periferia meridionale dell’Europa dopo la

caduta del fascismo, hanno carat-teristiche che vanno cambiate se si vuole proseguire sul cammino dell’integrazione. Quando la Ger-mania parla di un decennio per il processo di aggiustamento, ovvia-mente pensa sia alla riforma eco-nomica sia a quella politica”.

Esaminando in particolare il caso dell’Italia il rapporto senten-zia che le riforme del 2012 (il gol-pe bianco di Monti e l’inizio dei governi non eletti) rappresentano un progresso, ma che c’è ancora molto da fare.

“Tuttavia va considerato che per migliorare la situazione strut-turale dell’economia, l’Italia non può limitarsi ad approvare nuo-ve leggi, ma deve profondamen-te modificare la burocrazia e la giustizia. (...) Gli ordinamenti co-stituzionali dei Paesi periferici dell’Eurozona sono stati approva-ti all’indomani della caduta di re-gimi dittatoriali e condizionati da questa esperienza. Le costituzioni tendono a mostrare una forte in-fluenza socialista a testimonian-za della forza politica della sini-stra in quel periodo della storia. Questi sistemi politici evidenzia-no in genere le seguenti caratteri-stiche: esecutivi deboli, debolezza del governo centrale rispetto alle autonomie regionali, tutela costi-tuzionale dei diritti del lavoro, si-stemi di costruzione del consenso tali da alimentare il clientelismo. Questi Paesi ad oggi non sono riu-sciti – se non in parte – a realizza-re riforme economiche incisive a causa dei limiti costituzionali”.

“Il banco di prova”, conclu-

deva il rapporto, “sarà il com-portamento nell’anno prossimo dell’Italia e del suo nuovo gover-no che si è detto deciso a riforma-re il sistema politico.”

Se si considerano gli effetti della controriforma del quale si è ampiamente discusso in preceden-za, appare chiaro che essa è detta-ta nelle sue fondamenta anche dai papaveri dell’alta finanza mondia-le; colossi finanziari come la po-tente banca americana JP Morgan che è stata tra le protagoniste del-la “finanza creativa” e quindi del-la crisi dei mutui subprime che dal 2008 devasta i mercati capitalisti-ci di tutto il mondo, al punto di es-sere stata formalmente denuncia-ta nel 2012 dal governo federale americano come corresponsabile primario della crisi.

Non vi pare che queste dina-miche evidenzino la crescente esautorazione dei parlamenti na-zionali? In pratica si demanda a “tecnici” rappresentanti le gran-di lobby non eletti la gestione po-litica economica dei paesi solo a condizione che quest’ultima non sia di ostacolo alle mire delle po-tenti banche centrali.

l’assetto istituzionale e i contrappesi del

combinato “riforma” costituzionale -

ItalicumPer finire, volevo far notare un

particolare relativo ai contrappesi istituzionali del combinato “rifor-

ma” - Italicum.Il regime fascista, adottando

prima la “Legge Acerbo” e suc-cessivamente le “leggi fascistis-sime”, introdusse la variante del premierato alla forma di gover-no parlamentare pur mantenendo la cornice istituzionale disegnata dallo Statuto Albertino con la fi-gura del capo dello Stato imperso-nata dal re che – essendo espres-sione dinastica di Casa Savoia e quindi non espressione del Par-tito nazionale fascista – fungeva quantomeno da “formale” con-trappeso istituzionale.

Oggi, invece, con questa “ri-forma” costituzionale che pone fine al bicameralismo paritario e introduce il “monocameralismo imperfetto” (accompagnato da una legge elettorale a forte voca-

zione maggioritaria com’era esat-tamente la “Legge Acerbo”), la figura del capo dello Stato sarà espressione diretta dei partiti par-lamentari, e quindi, inevitabile proiezione della volontà di quella sola lista assegnataria del premio di maggioranza.

E se l’Italicum, nei suoi mec-canismi, tanto somiglia alla “Leg-ge Acerbo”, l’aver assegnato ai partiti l’elezione del presidente della Repubblica rappresenta un sensibile peggioramento rispetto anche all’equilibro (che la storia sa quanto precario!) che sussiste-va nel ventennio nero tra monar-chia sabauda e governo fascista.

Potrebbe apparire assurdo, ma sembra davvero di essere tornati indietro di novant’anni, a prima della Resistenza.

Intervento di chiavacci all’Assembleasulla controriforma costituzionale

Berceto (Rufina), 25 Aprile 2016. Il compagno Enrico Chiavacci men-tre interviene per conto della sezione ANPI di Rufina all’iniziativa da-vanti al casolare teatro della strage nazi-fascista del 17 aprile 1944 (foto Il Bolscevico)

Rufina (Firenze) 10 giugno 2016. Il compagno Loris Sottoscritti mentre pronuncia il suo applaudito inter-vento al dibattito promosso dall’ANPI di Rufina dal titolo “Le ragioni del NO” (foto Il Bolscevico)

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N. 3 - 21 gennaio 2016 nuovi mercenari / il bolscevico 13

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

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10 il bolscevico / elezioni comunali del 5 giugno N. 25 - 23 giugno 2016

Formidabile vittoria astensionista a milano �Redazione di MilanoAl 1° turno delle elezioni co-

munali a Milano del 5 giugno l’astensionismo vola al 46,6% dell’elettorato raggiungendo il suo record storico!

Escludendo i 130 voti conte-stati e non ancora assegnati, gli astenuti (elettori che hanno diser-tato le urne e che hanno annulla-to o lasciato in bianco la scheda) ammontano a 468.979, ossia ben 129.958 in più delle comunali di 5 anni fa. Un formidabile colpo sferrato da quasi metà dell’elet-torato alla credibilità “democra-tica” dell’istituzione politica bor-ghese che più da vicino pretende di rappresentarlo; uno smacco cocente a tutti i partiti omologa-ti al regime neofascista, conse-guenza di decenni di amministra-zione cittadina antipopolare del “centro-destra” e della disillusio-ne delle speranze “arancioni” in-stillate dal “centro-sinistra” e dal sindaco uscente Giuliano Pisapia che hanno sostanzialmente pro-seguito nella stessa direzione an-tipopolare tradendo totalmente la promessa di “cambiare il vento”; un fallimento inglorioso dei par-titi falsi comunisti e dei pentastel-lati che con l’inganno hanno ten-tato di frenare e far retrocedere l’astensionismo, specie quello di sinistra.

Il candidato sindaco del PD Giuseppe Sala, sponsorizzato dalla maggioranza della borghe-sia meneghina e nazionale, ottie-

ne 224.156 voti che equivalgono al 22,27% dell’elettorato (poco più di 1/5) e al 41,7% dei voti va-lidi; se confrontato coi voti che l’attuale sindaco Pisapia ottenne al 1° turno mancano all’appello del “centro-sinistra” la bellezza di 141.501 voti ossia una frana di consensi pari al -14,4% dell’elet-torato. Nonostante le ingenti risor-se affluite “dall’alto” per finanzia-re la sua campagna elettorale (si parla ufficialmente di un milio-ne di euro) Sala la spunta di poco (meno di 5 mila voti) sul candi-dato sindaco del “centro-destra” Stefano Parisi, con il quale dispu-terà il ballottaggio.

Il candidato di scorta che la grande borghesia ha suggerito a Berlusconi e Salvini (e che da que-sta ha ufficialmente ottenuto 650 mila euro per la campagna elet-torale) ottiene 219.218 voti che equivalgono al 21,78% dell’elet-torato e al 40,78% dei voti validi; se confrontato coi voti che la ex sindaco Moratti ottenne al 1° tur-no mancano all’appello del “cen-tro-destra” ben 78.656 voti ossia un crollo dei consensi dell’8,1%.

Da questi dati è evidente che non si è trattato di un testa a testa al rialzo tra chi riesce a prende-re più voti, ma piuttosto si è vista una disperata contesa al ribasso tra chi riesce a conservare di più i passati consensi rispetto alle scor-se comunali.

Il PD di Renzi ha subìto una vera e propria doccia fredda: dei

170.551 voti ottenuti nel 2011 se ne ritrova 145.933 passando dal 17,12% al 14,50% dell’elettora-to; un calo di consensi dovuto non solo al quinquennio “arancione” della giunta Pisapia ma anche alla condotta del governo del suo nuo-vo duce.

L’“Italia dei Valori” del presi-denzialista Antonio Di Pietro (ieri con Pisapia e oggi con Sala) su-bisce una sonora batosta passando da 15.145 voti ad appena 3.454. SEL di Vendola subisce un’al-trettanto sonora batosta: la “Sini-stra per Milano”, lista “arancione” pro-Sala nella quale SEL ha pre-

sentato i suoi candidati consiglieri assieme a quelli dei Verdi, ha otte-nuto 19.281 voti quando alle scor-se comunali solo SEL ne ottenne 28.016.

Schifati dal sostegno del par-tito vendoliano a Sala, molti ex elettori di SEL si sono sposta-ti verso il candidato sindaco Ba-silio Rizzo e la lista “Milano in Comune” composta dai falsi co-munisti della Federazione della Sinistra (FdS) assieme ai candida-ti dell’Altra Europa con Tsipras, del partito Umanista, di Act e di Possibile (di Pippo Civati), che hanno una base elettorale dichia-

ratamente anti Sala e No EXPO. Ma nonostante il flusso in entrata degli ex elettori SEL, il saldo per la FdS (PRC più PCdI) risulta co-munque in negativo: “Milano in Comune” ha ottenuto 17.635 voti quando alle scorse comunali solo la FdS ottenne 18.467 consensi; voti in uscita verso l’astensioni-smo di sinistra solo in parte tratte-nuti dai trotzkisti del PCL che ne intercettano 1.815 col loro candi-dato sindaco Natale Azzaretto.

L’elettorato di sinistra ha così duramente punito PRC e PdCI per il quinquennale sostegno all’im-broglio “arancione” delle tan-te promesse disattese dal neopo-destà Pisapia. Per il ballottaggio Rizzo non ha dato indicazione di votare Sala (ma nemmeno di non votarlo) limitandosi a suggerire al candidato sindaco del PD di “me-ritarsi” i 19.143 consensi di chi l’ha votato al primo turno, appro-priandosi delle sue generiche pro-messe elettorali “di sinistra” (che poi, si sa, Sala non sarà tenuto a mantenere).

Tra i partiti del “centro-destra” FI e FdI perdono insieme 57.223 dei 171.222 voti ottenuti dal PdL alle scorse comunali, voti in par-te intercettati dalla Lega Nord che passa da 57.403 a 59.313 cataliz-zando i consensi basati sulle più becere forme di xenofobia che at-tirano soprattutto strati medi della piccola borghesia.

Il candidato sindaco del M5S, Gianluca Corrado, ottiene 54.099

voti ossia 32.871 in più del can-didato M5S delle scorse comu-nali, Mattia Calise, che arrivò a 21.228. Un aumento dei consen-si, quello dei pentastellati, dovuto alle emorragie elettorali delle altre liste ma in maggior parte derivan-te dall’essere riusciti ad attrarre il consenso di potenziali astensioni-sti di sinistra. Ma è fallito l’obbiet-tivo di Corrado di drenare i voti in uscita verso l’astensionismo la cui crescita lo amareggia a tal punto da fargli dichiarare: “è un dato che preoccupa, è il più alto nella storia di Milano”.

Questo dato invece non pre-occupa affatto i marxisti-leninisti milanesi che con banchini e vo-lantinaggi hanno propagandato con forza l’astensionismo contro il capitalismo, i suoi governi, isti-tuzioni e partiti, per il socialismo, proponendo la creazione delle As-semblee popolari e dei Comitati popolari basati sulla democrazia diretta come mezzo più efficace per combattere i governi borghesi e per difendere gli interessi delle masse lavoratrici e popolari.

Il PMLI procede con la propa-ganda astensionista a Milano an-che in vista del turno di ballot-taggio che sfocerà nell’ascesa a sindaco di uno dei due candidati fotocopia, Giuseppe Sala e Ste-fano Parisi, entrambi fautori dei medesimi interessi capitalistici e della stessa politica neofascista e antipopolare nel capoluogo lom-bardo.

Record storico: 46,6%

ElEzioni comunali dEl 5 giugno

A Torino e nei comuni del Piemonte vince l’astensionismo

�Dal nostro corrispondente del PiemonteL’Organizzazione del Piemon-

te del Partito marxista-leninista italiano saluta con gioia rivolu-zionaria la crescita dell’astensio-nismo alle elezioni comunali di Torino e del resto del Piemonte. In regione il 40,4% degli elettori (con un aumento del 9,1% rispet-to alle precedenti comunali quan-do l’astensionismo si era attesta-to al 31,3%) non si è recato alle urne delegittimando, di fatto, le corrotte istituzioni borghesi. Ag-giungendo alla diserzione delle urne anche le schede annullate e quelle lasciate bianche è lampan-te che a vincere in Piemonte è stato l’astensionismo. Evidente-mente le sirene propagandistiche borghesi non riescono più, nono-stante i loro sforzi e il favore dei media, a ingannare le elettrici e gli elettori più informati e consape-voli. Questi anzi dimostrano una sempre maggiore coscienza po-litica nel loro distacco totale dai partiti e dalle istituzioni borghesi, sempre più avvertiti come dei cor-pi estranei, al servizio dei “poteri forti” e immersi nella corruzione e nel malaffare.

Rispetto alle precedenti ammi-nistrative le masse popolari pie-montesi hanno effettuato un vero balzo in avanti per la delegitti-mazione del sistema politico bor-

ghese: nella precedente tornata il Piemonte era, nella diserzione al voto, circa un punto percentuale sotto la media nazionale (-1,3%) ora la supera di due punti e mez-zo (+2,5%).

Piena la vittoria a Torino dove l’Organizzazione del Piemonte del PMLI si è cimentata per la pri-ma volta in una serie di denunce politiche e giornalistiche ai partiti e ai caporioni borghesi candidati alla carica di sindaco e dove per la prima volta è stato sperimenta-to, con pieno successo, un volan-tinaggio itinerante astensionista. Nel capoluogo l’astensionismo ha veramente trionfato. Il 42,8% degli elettori (con una crescita del 9,4% rispetto alla preceden-te tornata) ha disertato le urne. Il risultato è tanto più significativo in quanto con ben 34 liste eletto-rali le possibilità di “scelta” degli elettori erano veramente impres-sionanti. Non è un aspetto da tra-scurare. Anche in una grande cit-tà come Torino il numero elevato di liste e di candidati, con una ca-pillare presenza in ogni quartiere, si traduce spesso nella conoscen-za personale di qualche candidato. Evidentemente ciò non è bastato per trarre in inganno le masse po-polari.

Non hanno funzionato nem-meno i caporioni del Movimento 5 Stelle, quelli “diversi dagli al-

tri”, così come hanno toppato in modo clamoroso i riformisti di “sinistra” e i falsi comunisti. Per quanto riguarda il M5S pare as-sodato che peraltro in modo solo parziale intercetti il malcontento di elettori delusi degli altri parti-ti, soprattutto quelli dell’area di “centro-sinistra”.

Una vera batosta invece per la falsa “sinistra” torinese. La mi-ni-coalizione a sostegno dell’ex sindacalista riformista Airaudo si è fermata al 3,5% dei voti validi mentre il falso partito comunista di Rizzo ha realizzato lo 0,83%! Questo imbroglione ha ricevu-to davvero quello che si merita. Le masse popolari torinesi dopo averlo umiliato alla manifesta-zione per le case popolari e con-tro gli sfratti di sabato 28 maggio scorso quando lo hanno comple-tamento ignorato a eccezione di qualche esplicito sfottò, di fatto lo hanno affossato politicamente e personalmente. La batosta elet-torale che ha subito è infatti, pri-ma ancora che del suo partito, sua personale visto che si era messo in campo in prima persona. Spe-riamo che chi l’ha votato in buona fede, si accorga presto che il par-tito di Rizzo non ha nulla di co-munismo.

La vittoria dell’astensionismo a Torino così come in tutto il Pie-monte è una vittoria delle masse

popolari e anche una vittoria del PMLI per quello che ha potuto fare nel capoluogo regionale. Per i ballottaggi l’invito del PMLI è quello di non dare il voto a nes-suno dei candidati che si conten-dono le ambite e lautamente retri-buite cariche di sindaco. Nessuno

di essi ha rappresentato e rappre-senta gli interessi delle masse po-polari ma solo quelli della borghe-sia piemontese e pertanto devono essere delegittimati, come prima cosa negando loro il voto. Sarà compito del PMLI perseverare con gli sforzi affinché il distacco

delle masse dai partiti del regime neofascista e dalle corrotte istitu-zioni borghesi assuma una precisa connotazione politica e di classe, traducendo così l’astensionismo in un voto dato al PMLI e al so-cialismo.

a Rimini l’astEnsionismo salE dEl 10%

Il PD Gnassi rieletto sindaco al primo turno �Dal corrispondente della Cellula “G. Stalin” di Rimini

A Rimini la diserzione dal-le urne alle elezioni comunali è stata del 42,01%, dieci pun-ti in più del 2011. Nella pro-vincia c’è stato lo stesso risul-tato.

Il sindaco uscente Andrea Gnassi del PD è stato rielet-to al primo turno con una per-centuale di votanti del 57%,

grazie ai pentastellati che non si sono presentati alla compe-tizione e grazie alla lista civi-ca “Rimini per Gnassi”, che ha preso il 14% circa. Lista voluta con un patto fatto due mesi prima delle elezioni col PD e con il deputato del NCD, Sergio Pizzolante, prima For-za Italia adesso con Alfano.

La lista formata rappresen-ta tutta la borghesia di Rimini, dai bagnini agli albergatori e ceto medio, che alla fine ricat-

teranno la giunta perché lavori a loro favore.

I falsi partiti comunisti si sono divisi in tanti rivoli rac-cogliendo percentuali bas-sissime e preso nemmeno un consigliere.

La Cellula “Stalin” di Ri-mini del PMLI si dichiara sod-disfatta del risultato perché l’astensionismo è cresciuto in maniera rilevante ed è perciò ben radicato nella scelta elet-torale delle masse riminesi.

Milano, 28 maggio 2016. Uno dei banchini astensionisti del PMLI rea-lizzati a piazza Costantino (foto Il Bolscevico)

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N. 25 - 23 giugno 2016 elezioni comunali del 5 giugno / il bolscevico 11Neanche il M5S riesce a drenare la dilagante diserzione dalle urne

L’aSteNSioNiSMo voLa a NapoLi aL 48,8% (+6,1%)De Magistris votato solo dal 21,9% degli elettori. Tutti i partiti del regime neofascista si dissolvono

�Redazione di NapoliPresentiamo ai lettori l’analisi

dei risultati del primo turno del-le elezioni amministrative del 5 giugno per la città di Napoli. Allo stesso tempo invitiamo l’eletto-rato, anche per il ballottaggio del 19 giugno, a impugnare l’arma dell’astensionismo marxista-leni-nista per delegittimare le istituzio-ni borghesi e i candidati a sindaco e rilanciare la proposta di costru-ire le Assemblee popolari e i Co-mitati popolari.

Innanzitutto risulta veramen-te straordinaria l’affermazio-ne dell’astensionismo elettorale in città con una diserzione dal-le urne pari al 45,9% che sale al 48,8% se si aggiungono le schede nulle (15.396) e sche-de bianche (7.804). In totale ben 384.889 astensionisti con un au-mento record di 6,1 punti percen-tuali (+37.568) rispetto a cinque anni fa: un dato ancora una vol-ta omesso, amputato o masche-rato dai mass media del regime neofascista. È chiaro che rispetto alle regionali campane del 2015 c’è una leggera flessione (-2,9%), ma si trattava di un risultato ve-ramente eccezionale e mai ac-caduto. La scelta astensionista, impugnata da quasi metà dell’e-lettorato partenopeo, risulta or-mai essere un inequivocabile voto di protesta contro l’opera-to del governo e delle istituzioni borghesi in camicia nera a tutti i livelli, responsabili delle disastro-se condizioni di vita, di studio e di lavoro e delle spaventose condi-zioni in cui versano da decenni la città di Napoli, le sue periferie e

il suo hinterland. Un’analisi della realtà concreta che fa a pugni con le dichiarazioni boriose del sinda-co uscente De Magistris che ha parlato di clima estivo e ponte del 2 giugno per giustificare la fuga delle masse popolari dalle urne. Altro che menefreghismo o qua-lunquismo! Tutt’altro! Tutti i par-titi e tutti i candidati alla poltrona di sindaco, chi più chi meno, ne escono delegittimati.

Cominciando proprio dall’ex pm che racimola solo il 21,9% sul corpo elettorale e non vince al pri-mo turno, costretto al ballottaggio dal candidato della casa del fa-scio Gianni Lettieri che si ferma ad un risicato 12,3%, non supe-rando nemmeno i 100 mila voti (96.961 preferenze).

Liquefatti pD, Fi, UDC, iDv. il fenomeno delle

liste civicheNessuno dei partiti in lizza su-

pera la soglia del 10% dei voti sul corpo elettorale, raggiungendo al massimo il 5,5% (come il PD) ma perdendo decine di migliaia di voti confluiti nell’astensionismo o nel-le liste civiche. Liste civiche che meritano un discorso a parte. Sia De Magistris sia Valente e Let-tieri hanno utilizzato a mani bas-se questo nuovo-vecchio cavallo della borghesia fondato totalmen-te sulla esposizione elevata delle figure dei tre candidati, puntando sul loro narcisismo, presenziali-smo e megalomania. Una com-petizione “all’amerikana” che ha potuto contare su ingenti mezzi fi-

nanziari a sostegno delle relative campagne elettorali e di un vero e proprio esercito di candidati a consiglieri comunali e di munici-palità agguerritissimi. I partiti tra-dizionali si sciolgono come neve al sole e quasi scompaiono terri-torialmente: il PD renziano, dila-niato internamente dallo scontro con la compagine bassoliniana che ora chiede la testa della Va-lente e di prendere il posto de-gli sconfitti, scende dall’8,4% al 5,5% (-2,9%); Forza Italia perde il primato a Napoli e sprofonda al 4,6% rispetto al 12,2% del 2011 (-7,6%); l’UDC di Alfano si dis-solve e passa dal 4,3% del 2011 allo 0,5%; l’IDV, il partito origina-rio di De Magistris, si comprime e da terza forza cittadina si colloca agli ultimi posti con uno striminzi-to 0,5% (pari a 4.248 voti).

il M5S aumenta i voti ma non drena l’astensionismo

L’effetto pentastellato, che ha avuto una certa eco a livello na-zionale, ha trovato un riscon-tro inverso a Napoli dove il mo-vimento del candidato Brambilla non solo non è arrivato al bal-lottaggio, ma non ha drenato l’a-stensionismo. L’onda del M5S ha prodotto comunque un conside-revole aumento dei voti (da 7.203 delle comunali del 2011 a 38.863 del 2016) ma ha deluso comple-tamente le aspettative della sua base travolta dagli scontri inter-ni sfociati addirittura nella con-testazione di piazza e con ricor-

si in sede giudiziaria, nella scelta inappropriata e molto criticata di Brambilla, non certo per il fatto che lo stesso sia di origini mila-nesi, come cianciano banalmente certi giornali locali, ma per il pro-gressivo abbandono della com-pagine di Fico e Di Maio delle lot-te per l’ambiente e dei Comitati territoriali, nella scelta fallimenta-re delle “comunarie” che ha mes-so per la prima volta in discussio-ne l’incisione territoriale dei “meet up” a Napoli. Un disastro parziale nonostante i proclami del diretto-rio pentastellato.

La scomparsa dei partiti falsi comunisti

e trotzkistiNon hanno avuto il corag-

gio di esporre più la loro conte-nuta falce e martello scegliendo un simbolo rosso i falsi partiti co-

munisti del PRC, PdCI, Sel e SI raggruppati nella lista civica “Si-nistra in Comune“ che raggiun-gono il 2,5% degli elettori (19.945 voti) ben lontani dalle performan-ce degli anni Novanta dove il solo PRC supera il 10%. Una erosio-ne lenta e inevitabile e nonostan-te i tentativi acrobatici di attirare l’elettorato di sinistra e comuni-sta. Questa lista civica, di dubbia costruzione, non ha fregato gli astensionisti partenopei che non sono caduti nell’ennesima trap-pola trotzkista ormai forgiati ne-gli anni dalle illusioni e false pro-messe propagandante dai loro capetti. Veramente pietoso il ten-tativo del volpone arcirevisioni-sta Marco Rizzo con il suo “Par-tito Comunista” di fare polo di attrazione, tramite la candidatura operaia di Nunzia Amura. Stac-cato completamente dal territorio napoletano il falso partito comu-nista prende appena 1.082 voti (pari allo 0,1%): un tracollo bis-sato dai trotzkisti del Pcl di Fer-rando che ottengono la miseria di 331 preferenze.

Questi raggruppamenti non rappresentano certo un’alterna-tiva per gli elettori di sinistra che abbandonano il PD ma solo l’en-nesima trappola per impantanar-li nel sistema capitalistico e a ri-morchio del regime neofascista. Pur consapevoli di non produrre il minimo danno al regime e al go-verno, continuano a seminare il-

lusioni elettorali, parlamentari, governative, costituzionali e rifor-miste che di fatto sabotano la lot-ta di classe e rallentano la presa di coscienza anticapitalista, anti-stituzionale e rivoluzionaria del proletariato e delle masse popo-lari italiane.

Per quanto riguarda noi marxi-sti-leninisti, nonostante le poche forze e gli esigui mezzi e risorse economiche di cui disponiamo, tramite la Cellula “Vesuvio Ros-so” di Napoli abbiamo fatto sen-tire la nostra voce al proletariato e alle masse popolari diffondendo un documento ad hoc che inneg-giava all’astensionismo elettorale in alcuni quartieri popolari.

Il PMLI invita l’elettorato napo-letano che vuole il socialismo a non cedere alle sirene democrati-co-borghesi, anche se ammanta-te di radicalismo e, come è scritto nel suddetto documento, di im-pugnare la micidiale arma dell’a-stensionismo marxista-leninista il 19 giugno in occasione del ballot-taggio tra De Magistris e Lettieri, per delegittimarli definitivamen-te. Un astensionismo che, rimar-chiamo, è inscindibilmente legato alla proposta di creare ovunque le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo co-stituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari. Per Na-poli governata dal popolo e al ser-vizio del popolo. Per l’Italia unita, rossa e socialista!

aperte DUe iNChieSte DaLLa proCUra

pD inquisito per brogli elettorali a Napoli

L’accusa è associazione a delinquere finalizzata al voto di scambio. Scontro all’ultimo sangue tra Renzi e Bassolino

�Redazione di NapoliNon poteva mancare a Napoli

l’ennesima inchiesta che ha tra-volto, ancora una volta, il PD e in particolare due sue rappresen-tanti, accusate di associazione a delinquere e voto di scambio elettorale in questa tornata delle comunali 2016.

Sono scese direttamente in campo le masse popolari napo-letane che hanno denunciato alla magistratura e alla stampa (con filmati raccolti dal sito di informa-zione Fanpage.it), per poi recarsi direttamente ai seggi a filmare i misfatti e i reati che si perpetrava-no a due passi dai seggi, l’enne-simo sconcio delle elezioni ammi-nistrative.

A finire sotto inchiesta una trentina tra candidati al Consiglio comunale e alla municipalità, ma soprattutto galoppini dei diversi schieramenti del regime neofa-scista. L’accusa più grave è quella che il procuratore aggiunto Alfon-so D’Avino e il pubblico ministero Francesco Raffaele, della Procura partenopea, hanno voluto accor-dare alla candidata al Consiglio comunale per il PD (risultata poi

eletta) Anna Ulleto della circoscri-zione di Barra e alla candidata alla municipalità sempre per il partito di Renzi, Rosaria Giugliano, del quartiere Mercato-Pendino. Se-condo l’ipotesi accusatoria sia la Ulleto che la Giugliano promette-vano ad alcuni elettori ed elettrici, in cambio di un loro voto di pre-ferenza, l’accesso ad un corso di formazione di lavoro che garantiva un sostegno di 500 euro al mese (cosiddetto progetto “Garanzia giovani”). Secondo gli inquirenti lo scandalo riguarderebbe anche un clan camorrista operante nella zona e interessato all’inquinamen-to elettorale, ossia il gruppo crimi-nale Bosti-Contini.

A questa inchiesta per cui sia la Ulleto che la Giugliano risultano indagate, si aggiunge un’ulteriore inchiesta della Procura perché in non pochi seggi venivano scam-biate banconote da 20 o 50 euro per un voto e, in alcuni casi, pro-messi o dati pacchi di generi ali-mentari o pagamenti delle bollette.

Allo sconcio criminale sul qua-le indagheranno i pm napoletani, si aggiunge la guerra intestina nel PD all’indomani della dichiarazio-

ne del nuovo duce Renzi di proce-dere al commissariamento coatto del partito in Campania, dopo la cocente sconfitta della Valente che al pari del suo predecesso-re Morcone, per la seconda volta non porta il partito al governo al ballottaggio. Si tratta di una mossa tesa a contrastare Bassolino che martedì 7 giugno aveva convocato una conferenza stampa per affer-mare che la “sconfitta era annun-ciata, non ci voleva la zingara”, che la Valente “ha avuto cattivi consi-glieri” fino a spingersi a un attacco diretto proprio a Renzi che “ormai si è messo in un vicolo cieco”. In sostanza l’ex sindaco di Napoli si poneva come “nuovo” cavallo su cui puntare per la ricostruzione dell’ormai fatiscente PD napole-tano criticando la direzione regio-nale e provinciale e dispensando un attacco velenoso a Stalin: “ho contrastato lo stalinismo nel PCI, ma non avevo mai visto lo stalini-smo democristiano, ora, invece, l’ho visto”.

Pronta la replica dei delfini di Renzi, con Valente che ha criti-cato Bassolino affermando che “altri sono rimasti consapevol-

mente a guardare, dobbiamo ri-provare a ricostruire almeno in parte il rapporto perduto con una opinione pubblica ancora ferita per la crisi rifiuti e distante per la mancanza di iniziativa politica del partito”. Continuava il governatore regionale Vincenzo De Luca, for-te dell’affermazione a Salerno del suo amico Napoli che ha subito piazzato come assessore uno dei figli: “A Napoli si pagano anni di as-soluta inesistenza di iniziativa po-litica del PD: condivido totalmente le affermazioni di Renzi, ringrazio la Valente che ci ha fatto recupera-re qualche punto percentuale”.

Mentre si consuma il duello all’ultimo sangue tra bassoliniani e renziani, il PD annuncia che sarà forse un uomo di ferro di Renzi, il parlamentare Ernesto Carbone, a rivestire la carica di commissario lanciando per prima cosa la cam-pagna elettorale per il Sì al refe-rendum costituzionale di ottobre. Un motivo in più per dare la stura alla battaglia per il No e infliggere un dispiacere a Renzi, l’ennesimo dopo il dilagante astensionismo del 5 giugno che ha praticamente dissolto il PD a Napoli.

Napoli, 3 giugno 2016. La larga diffusione del volantino del PMLI in piazza Montesanto (foto Il Bolscevico)

NAPOLI - Comunali 2016CORPO ELETTORALE 788.291VOTI VALIDI 403.402VOTI SOLO SINDACI 27.048

PARTITI VOTI % sugli elettori

% sui voti

validiASTENUTI 384.889 48,8 95,4Lista De Magistris Sindaco 51.896 6,6 12,9 PD 43.790 5,6 10,9 M5S 36.359 4,6 9,0 Forza Italia 36.145 4,6 9,0 Lista Civica Prima Napoli 28.869 3,7 7,2 Lista DemA 28.587 3,6 7,1 Sinistra in Comune 19.945 2,5 4,9 Lista Civica con De Magistris 13.413 1,7 3,3 Lista Civica Napoli Capitale 12.374 1,6 3,1 Verdi 11.341 1,4 2,8 Lista civica Napoli Popolare 7.521 1,0 1,9 Lista Civica cittadini 6.891 0,9 1,7 Lista civica Napoli Vale 6.649 0,8 1,6 Lista fare città 6.541 0,8 1,6 Centro democratico con Valente 6.394 0,8 1,6 ALTRI 109.887 13,9 27,2

Page 12: Nuova serie Un solo grido: “Contratto Contratto Contratto ...pmli.it/ilbolscevicopdf/2016/2016n252306.pdf2 il bolscevico / metalmeccanici in lotta per il contratto N. 25 - 23 giugno

12 il bolscevico / PMLI N. 25 - 23 giugno 2016

Non perdere mai lo spirito e il coraggio

della scelta marxista-leninista

di Patrizia Pierattini*

Nel corso della vita di cia-scuno di noi marxista-leninista vi possono essere e vi sono cose buone e meno buone, momenti, problemi, difficoltà talvolta piccole, talvolta gran-di che ci mettono a dura pro-va e possono, per un attimo, farci dubitare di noi stessi, del-la nostra possibilità e capaci-tà di sostenere il peso che la vita ci carica sulle spalle. Pro-blemi veri che possono appari-re grandi come case, che non si riesce di primo acchito a ri-solvere positivamente, e che richiedono una grande forza d’animo. Problemi che coin-volgono e mettono a dura pro-va sul piano personale, specie se riguardano la propria salute o quella dei propri figli e il lavo-ro che manca o che stenta. Ma quelli che come me sono parti-ti con l’entusiasmo, la sicurez-za e il coraggio di dare la pro-pria vita, qualsiasi essa fosse per la rivoluzione, per fare l’I-talia unita, rossa e socialista, e per costruire il Partito in gra-do di compiere questo compi-to storico, non possono essere travolti dalle vicende persona-li, professionali, familiari.

Tutti i nostri sacrifici, rinun-ce, fatiche saranno stati inutili, e così inutile la nostra stessa vita, se quello spirito, quel co-raggio, quella lucidità che ci ha animato alla partenza non ce li portiamo fino all’arrivo, fino alla conclusione della nostra vita. Questa certezza è stata ed è per me una ventata d’aria buona, un pugno levato, una bandiera rossa sventolante.

Lunga o breve, piena di soddisfazioni, o segnata da dolori piccoli o grandi, è pro-prio questo spirito che, alme-no per quanto mi riguarda, e queste riflessioni condivido con tutti voi, ci permette di af-frontare con l’ottimismo rivolu-zionario e la forza necessari le prove più dure, essere vincen-ti su noi stessi, il filo della rete da non abbandonare mai.

Col nostro coraggioso, ca-pace e indomito PMLI, strin-gendo saldamente in mano le chiavi marxiste-leniniste an-diamo sempre avanti lavoran-do per il nostro e il suo presen-te e futuro.

* Una dei primi quattro Pionieri del PMLI

La compagna Patrizia Pierattini saluta a pugno chiuso al termine del suo intervento al Congresso di fondazione del PMLI tenutosi a Firenze il 9, 10 e 11 aprile 1977

Propagandato l’astensionismo marxista-leninista a Ravenna e a Rimini

Giornata di banchini del PMli in roMaGnaMolti apprezzamenti alla falce e martello. Elettori del PD apprezzano il manifesto del PMLI su Renzi. Un frate (ex sessantottino) chiede una spilla dei Maestri e una copia de “Il Bolscevico” �Dal nostro corrispondente dell’Emilia-RomagnaSabato 11 giugno si sono te-

nuti due banchini del PMLI in Ro-magna, nella mattinata a Raven-na e nel pomeriggio a Rimini.

Il primo si è svolto dalle 8,30 alle 12,30 presso il mercato di Ravenna, predisposto dall’Orga-nizzazione di Ravenna del PMLI coadiuvata dal Responsabile del Partito per l’Emilia-Romagna, compagno Denis Branzanti.

In mezzo ai banchini dei so-stenitori dei due candidati al bal-lottaggio, De Pascale per il PD e Alberghini per il “centro-destra”, spiccavano le rosse bandiere astensioniste del PMLI poste ai lati e sul fronte/retro del banchi-no assieme ai manifesti dei Mae-stri e contro il governo del nuovo duce Renzi. Quest’ultimo cartel-lo è stato molto apprezzato, an-che dagli stessi elettori del PD. Durante la mattinata sono stati distribuiti 300 volantini con gli ar-ticoli apparsi sul n. 24 de “Il Bol-scevico” “Vola l’astensionismo nei comuni dell’Emilia-Roma-gna” e quello nazionale sui risul-tati elettorali.

Nonostante la presenza di di-versi altri banchini elettorali, ol-tre a quelli delle raccolte di firme dell’ANPI e della CGIL per i refe-rendum, l’interesse verso il PMLI è stato maggiore che in altre oc-casioni, infatti oltre all’ottima dif-fusione di volantini vi è stata una buona diffusione de “Il Bolsce-vico”; qualcuno ha preso anche altre pubblicazioni e le spille di Maestri. Numerosi anche gli ap-prezzamenti sia alla bandiera che alle magliette del PMLI in-dossate dai compagni.

Diverse volte militanti del

(purtroppo) non lontano banchi-no della Lega Nord razzista e separatista hanno avvicinato i compagni con l’evidente intento di disturbare il lavoro dei marxi-sti-leninisti, anche cercando di intavolare delle discussioni su chi, ad esempio, i marxisti-leni-nisti preferirebbero votare oppu-re attaccandoci per l’utilizzo della faccia di Berlusconi nel manife-sto su Renzi: “Proprio ora che è in ospedale, pover’uomo, que-sto è contro l’etica e illegittimo”. Parole queste che pronunciate da chi affonderebbe in mezzo al mare i barconi carichi di dispera-ti che cercano di raggiungere le nostre coste suonano già come una bestemmia. I leghisti hanno continuato a provocare per tut-ta la mattinata, non solo i mar-xisti-leninisti ma anche i banchi-ni dell’ANPI e della CGIL, oltre a quello del PD che però non se la

sono presa visto che De Pasca-le ha tranquillamente posato as-sieme ad Alberghini a favore del giornalista presente.

Alle 15,30 si è poi svolto il se-condo banchino della giornata, in Corso D’Augusto in pieno cen-

tro a Rimini, organizzato dalla locale Cellula “Stalin”, anche in questo caso coadiuvata dal Re-sponsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna.

Nonostante la vicinanza del mare, il passaggio formato pre-valentemente da giovanissimi e turisti è stato buono, anche se inferiore ad altri momenti. Circa 250 i volantini diffusi, riportanti gli articoli regionale e naziona-le sulle elezioni del 5 giugno. Di-stribuito anche diverso materiale del Partito. Da segnalare in par-ticolare un frate francescano (ex sessantottino) che ha voluto la spilla dei Maestri e “Il Bolscevi-co” lasciando una sottoscrizione per il PMLI e alcuni giovanissimi riminesi (oltre a turisti russi) che si sono voluti fotografare assie-me ai compagni.

Il bilancio della giornata di banchini in Romagna è quindi molto positivo in quanto oltre ad una larga diffusione di materiale del Partito vi sono stati molto in-teresse e apprezzamento per l’o-perato del PMLI.

Ravenna, 11 giugno 2016. Il compagno Franco Melandri diffonde il vo-lantino del PMLI durante il banchino astensionista (foto Il Bolscevico)

Rimini, 11 maggio 2016. La diffusione della posizione astensionista del PMLI. Accanto al banchino il compagno Tino Bruni (foto Il Bolscevico)

Al mercato settimanale di Caltagirone (Catania)

Apprezzato il volantino astensionista del PMLI per il ballottaggio

Richiedete

Le richieste vanno indirizzate a: [email protected] via A. del Pollaiolo, 172/a 50142 Firenze Tel. e fax 055 5123164

496 pagine

608 pagine

Anche Caltagirone andrà incontro al ballottaggio il prossimo 19 giugno, in un momento tutt'altro

che sereno per le masse popolari vittime della crisi economica e finanziaria del capitalismo e

deluse dai grandi fallimenti degli ex sindaci Pignataro e Bonanno.

La città, infatti, è attualmente governata dal commissario Mario La Rocca, approdato nel

Palazzo dell'Aquila dopo che il sindaco Bonanno di "centro-destra" aveva dichiarato il dissesto

economico ed era stato sfiduciato insieme alla sua giunta. Mentre Bonanno, però, è scomparso

dalla scena politica della città, il dirigente scolastico dell'istituto “Alessio Narbone”, Franco

Pignataro (PD), è sceso di nuovo in campo puntando sull'“esperienza” dei suoi dieci anni sulla

poltrona di sindaco (dal 2002 al 2012). L'altra parola su cui i suoi slogan puntano (come quelli di

tutti, del resto) è “responsabilità”, infatti ammette di avere avuto delle consistenti responsabilità

nell'indebitamento della città, ma allo stesso tempo condanna la scelta di dichiarare il dissesto e

porta come esempio la Catania di Bianco che ha evitato di giungere a tali conseguenze

estreme. La ricetta di Pignataro, dunque (come quella del sindaco Bianco) è di chiedere aiuti a

Roma per uscire fuori dalla difficile situazione economica. L'infuocata campagna elettorale per il

ballottaggio ha come secondo protagonista Gino Ioppolo, il quale ambisce, riunendo sotto il suo

nome quasi tutta la destra cittadina (PDR, Forza Italia, Sicilia futura), ad aggiungere alla sua

collezione di cariche, tra cui quella di vicepresidente della provincia nella giunta Musumeci e di

deputato regionale, la carica di neopodestà della sua città. La grande furberia di questa

campagna elettorale sta nell'aver piazzato nell'ipotetica giunta Ioppolo Sabrina Mancuso

(candidatasi alle precedenti elezioni), dirigente scolastico del Liceo “Secusio”.

In conclusione, la guerra tra la destra di Ioppolo e il "centro-sinistra" di Pignataro si svolge

all'interno delle scuole dei due presidi (Mancuso e Pignataro), a colpi di accuse a chi incassa di

più per i propri progetti e usando i luoghi di crescita degli studenti calatini come un palco per

comizi. La destra di Ioppolo punta ad una privatizzazione spietata e ad attrarre ad ogni costo

l'imprenditoria per “combattere la crisi” e dunque per favorire qualche vecchia conoscenza sulle

spalle delle masse popolari.

Il PMLI, nemico della borghesia, del capitalismo e del suo Stato, da sempre agisce al di fuori

delle istituzioni rappresentative borghesi e lotta contro di esse, prendendo le distanze da tutte le

liste, sia da quelle di destra che da quelle della “sinistra” borghese, tutte al servizio del

capitalismo. L'invito è, quindi, quello ad astenersi al ballottaggio per sfiduciare le istituzioni

borghesi, considerando l'astensionismo come un voto dato al PMLI e alla causa del socialismo.

Inoltre il PMLI propone di creare in ogni quartiere, in contrapposizione alle istituzioni

rappresentative borghesi, le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia

i Comitati popolari e le Assemblee popolari, basate sulla democrazia diretta e con

rappresentanti revocabili in qualsiasi momento.

A Caltagirone occorre lottare per il lavoro, per una scuola accessibile a tutti, per un servizio

sanitario migliore.

Organizzazione di Caltagirone

SEDE CENTRALE VIA ANTONIO DEL POLLAIOLO 172A - 50142 FIRENZE; TEL-FAX 055 5123164- e-mail: [email protected] www.pmli.it

e-mail locali: [email protected];

[email protected];

[email protected];

[email protected]

st. in prop. 11/06/2016

Committente responsabile: Monica Martenghi

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

Ballottaggio del 19 giugno a Caltagirone

Astieniti, non votare né Pignataro

né Ioppolo che sono al servizio del

capitalismo. Lotta per il socialismo

�Dal corrispondente dell’Organizzazione di Caltagirone del PMLINella mattinata di sabato 11

giugno, le compagne e i compa-gni dell’Organizzazione di Calta-girone (Catania) e della Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI sono tornati a diffonde-re i nostri volantini a Caltagirone, in vista del ballottaggio del prossi-mo 19 giugno.

A sfidarsi per ottenere la pol-trona di neopodestà della cit-tà sono l’ex vicepresidente della provincia nella giunta Musumeci, Gino Ioppolo e l’ex sindaco Fran-co Pignataro. Se il primo ha riu-nito sin da subito tutta la destra cittadina sotto il proprio nome, Pignataro riunisce adesso l’elet-torato della “sinistra” borghese proponendosi, con il partito del nuovo duce Renzi, come alterna-tiva al fascista Ioppolo. Ma si trat-ta di alternative all’interno del ca-

pitalismo. Vanno quindi sfiduciati entrambi con l’astensionismo.

Il volantino del PMLI sui risul-tati elettorali, esattamente come quello, più specifico, sul ballot-taggio sono stati apprezzati dalla folla del mercato settimanale del-la città, frequentato da giovani, la-voratori, pensionati e disoccupati che si sono intrattenuti con i com-pagni, i quali hanno avuto anche l’occasione di diffondere alcune copie de Il Bolscevico.

La nostra campagna astensio-

Mao Da sEMPRE E’ IL nostRo faRo Studiando l’opuscolo n.13 di

Giovanni Scuderi “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sulle classi e il fronte unito”, possia-mo affermare che quanto scri-ve il nostro Segretario gene-rale: “per noi marxisti-leninisti italiani Mao è come se fosse ancora vivo e continuasse a in-dicarci la via da seguire per l’e-mancipazione del proletariato e dell’intera umanità”. È vero! D’altronde una massiccia pro-paganda anticomunista ope-ra da sempre sfruttando ogni occasione per infangare i cin-que Maestri del socialismo e del proletariato internazionale, è una guerra senza esclusio-ne di colpi, usando persino le canzoni.

La guerra anticomunista

corre sulle note del pop. Una canzone dai contenuti anti-Sta-lin dell’Ucraina Jamala ha fatto irruzione sul palco della Globe arena di Stoccolma ha ottenuto scontata vittoria all’Eurovision song contest.

Una vittoria politica per “1944” un brano, a favore dei collaborazionisti del nemico nazista, i tartari, che facevano parte integrante delle truppe hitleriane che occupavano la Crimea e che giustamente Sta-lin deportò durante la seconda guerra mondiale.

La cantante 35enne è stata applaudita anche dal presiden-te ucraino Petro Poroshenco, al potere in Ucraina con l’ap-poggio incondizionato di Usa, Nato e Ue, nonché dai nazifa-

scisti di tutti il mondo. Certo, oggi a Kiev Poroshenco prefe-risce far demolire i monumen-ti a Lenin e innalzarne nuovi a Bandera, criminale di guerra nazifascista ucraino.

Comunque, senza essere fi-lorussi e appoggiare l’oligarca nuovo zar Putin, ben sappiamo che in “occidente” da sempre si fa il gioco sporco.

Da parte nostra abbiamo da sempre Mao che come un faro ci guida nella Lunga Marcia per il socialismo. Loro alla fine non prevarranno.

Coi Maestri e il PMLI vince-remo!

Da un rapporto interno dell’Organizzazione di

Civitavecchia (Roma) del PMLI

nista a Caltagirone ha visto il suc-cesso anche di quest’ultimo vo-lantinaggio.

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N. 25 - 23 giugno 2016 cronache locali / il bolscevico 13Comunicato stampa Medici No Inceneritore

272 MedICI dICoNo No all’INCeNerItore dI FIreNze

Riceviamo e volentieri pub-blichiamo in ampi estratti.

272 medici, ospedalieri, uni-versitari, specialisti, medici di base, hanno sottoscritto un do-cumento per fermare la co-struzione dell’inceneritore di Firenze, una scelta reputata pe-ricolosa per la salute dei cittadi-ni.

Il codice deontologico dei me-dici, all’art. 5 li impegna a colla-borare con le politiche di preven-zione, a informare sui fattori di rischio ed a “favorire un utilizzo appropriato delle risorse natura-li per un ecosistema equilibrato e vivibile anche per le future ge-nerazioni”.

Nella Piana, una piccola pia-nura padana, in cui non manca-no le fonti di inquinamento e le criticità ambientali (vi sono già presenti fra l’altro 3 incenerito-ri), bisognerebbe puntare deci-samente verso il miglioramen-to della qualità dell’aria e verso la riduzione della pressione am-bientale, invece coi nuovi inse-diamenti in progetto, in primis soprattutto l’inceneritore di Fi-renze autorizzato ad emettere

ogni ora 170.000 N/m3 di fumi tossici, e la nuova pista dell’ae-roporto di Peretola, questa non potrà che peggiorare ulterior-mente, con conseguente au-mento dei rischi per la salute.

L’inceneritore, una scelta ca-lata dall’alto e poi blindata po-liticamente, senza aver nem-meno previsto l’opzione zero, è autorizzato ad emettere an-nualmente i seguenti cancero-geni: 6,7 tonnellate di particola-to totale sospeso PTS (per oltre l’80% costituito da PM2,5, in cui è compreso il particolato ultrafi-ne); 134,6 kg. di mercurio, 134,6

kg di cadmio e tallio, 13,5 kg di IPA, nonché 135 mg di diossine.

Ma l’unica dose scientifica-mente accettabile di un cancero-geno è lo zero.

Il rispetto dei limiti di legge delle emissioni degli inquinan-ti considerati, non garantisce la salute delle popolazioni.

La negatività degli impatti sa-nitari che possono essere sia neoplastici che non neoplasti-ci, degli impianti di incenerimen-to anche di ultima generazione, è confermata, oltre che da una letteratura internazionale in con-tinua crescita, anche da autore-

voli studi nazionali.Inoltre incidenti/malfunziona-

menti e criticità gestionali sono pur sempre possibili.

La consapevolezza del rischio cui saranno sottoposti i cittadini, esposti alle ricadute dell’incene-ritore, emerge dall’enfasi riposta nel progetto di sorveglianza epi-demiologica dell’ASL10. Una in-dagine epidemiologica, a poste-riori, eticamente inaccettabile dal momento che deve essere attivata la Prevenzione primaria, non costruendo l’inceneritore di Firenze.Firenze, 13 giugno 2016

Firenze, 14 maggio 2016. Lo striscione di apertura della manifestazione nazionale contro tutti gli inceneritori, in fiorentino dichiara “non ve lo facciamo fare” (foto Il Bolscevico)

lettera aperta del ForuM tosCaNo deI MovIMeNtI per l’aCqua aI “CarI” sINdaCI tosCaNI

“acqua di pessima qualità, investimenti mai realizzati, tariffe

sempre più alte e il vostro consenso elettorale in calo vertiginoso”

Riceviamo e volentieri pubbli-chiamo in ampi stralci.

“Cari” Sindaci toscani, si torna oggi a parlare di tariffe e, grazie alla delibera n. 6 dell’aprile 2014 che approva il piano economi-co finanziario fino al 2021, le ta-riffe, anche quest’anno, sono già aumentate del 7,4%. Publiacqua, con il vostro consenso quasi tota-le, ha approvato un bilancio con quasi 30 milioni di utili. Ma sicco-me alla vostra insaziabilità non vi è limite, alla proposta del consi-glio di amministrazione di distri-buirne 16, il rappresentante del comune di Firenze ha giocato al rialzo proponendone 18,5.

Che dire poi degli investimenti mai realizzati e rimandati di piano d’ambito in piano d’ambito, dove il vostro silenzio risulta colpevole. Lungarno Torrigiani docet. Che fine hanno fatto i 69 milioni di in-vestimenti riprogrammati perché mai realizzati prima del 2014 e solo in minima parte conguagliati agli utenti?

I sindaci hanno controllato se gli investimenti previsti nel pro-prio territorio siano stati realizzati e a quali costi, hanno un’idea di quanta rete idrica sia stata sosti-tuita o ne sia stata fatta manuten-zione straordinaria, e quali siano stati gli importi, o se gli interventi si sono limitati a riparare le rottu-re in rete?

Quali controlli sono stati fatti dai sindaci e dal direttore dell’AIT sull’operato di Publiacqua?

Quando denunciamo queste ir-regolarità veniamo regolarmen-te minacciati di denuncia, denun-ce mai messe in atto e ci è chiaro perché.

Il risultato del vostro agire ri-guardo ai beni pubblici compre-sa l’acqua lo si vede dal calo dei consensi a questa tornata elet-torale, molti dei vostri concittadi-ni, hanno perso ogni fiducia nel-le istituzioni e hanno cominciato a cambiare comportamenti, non si recano alle urne, ma quelli più battaglieri non si fermeranno ai ballottaggi.

Se voi continuerete a sottrar-

vi alle vostre responsabilità sulla gestione dell’acqua, a conformar-vi ai dettami di partito, ad accon-discendere ai dettami dell’AIT, che si interessa unicamente di favorire gli interessi del gesto-re, sappiate che i movimenti per l’acqua e tanti cittadini, che per le gravi e insostenibili condizioni economiche in cui sono abbando-nati si stanno svegliando dal son-no dell’indifferenza, aumentano ogni giorno, non si fermeranno e continueremo la battaglia per una gestione pubblica, partecipativa e democratica del servizio idrico. E non solo.

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

GIUGNO

171722

Filt-Cgil/Fit-Cisl/Uilt-UilL – Sciopero 4 ore personale aereo della società Enav della funzione Radiomisure

Usb-Lavoro Privato – Sciopero lavoratori trasporto aereo Gruppo Meridiana Fly

Filctem-Cgil, Falei-Cisl, Uiltec – Sciopero lavoratori settore elettricità -Tirreno Power

Comunicato di adesione del Comitato lombardo del pMlI al

varese pride 2016Il Comitato lombardo del

Partito marxista-leninista ita-liano (PMLI) aderisce alla ma-nifestazione Varese Pride che si svolgerà sabato 18 giugno a Varese. Una manifestazione che ci auguriamo gioiosa, com-battiva e portatrice di una ven-tata nuova di libertà e diritti, in una città, quella di Varese, da troppo tempo avvolta dalla cap-pa oscurantista di una politica fascioleghista che ha sempre negato quei diritti politici, eco-nomici e sociali che spettano a LGBT. Per questo non ci mera-viglia la vergognosa scelta del comune di Varese e del neopo-destà uscente Attilio Fontana di non dare il proprio patrocinio alla manifestazione.

I marxisti-leninisti italiani sono sempre stati dalla parte dei diritti delle persone LGBT, hanno sempre appoggiato le loro battaglie e le rivendicazioni dei loro movimenti e continue-ranno a farlo fino a quando non verranno eliminate tutte le di-scriminazioni nei loro confronti.

A riguardo, il Comitato cen-

trale del PMLI ha redatto nel marzo 2016 un importan-te documento politico dal tito-lo: “I diritti e le battaglie LGBT, il matrimonio e la ‘maternità surrogata’” http://www.pmli.it/articoli/2016/20160330_14d_documentoccLBGTI.html

Per noi LGBT devono ave-re gli stessi diritti politici, sociali e civili di qualsiasi altro italiano, per questo sosteniamo il mani-festo politico del Varese Pride e le rivendicazioni in esso conte-nute tra cui il diritto al matrimo-nio e alle adozioni per LGBT.

Noi incoraggiamo il movi-mento LGBT a continuare la sua battaglia fino in fondo, cioè fino a quando tutte le sue riven-dicazioni non saranno state re-alizzate e alle coppie omoses-suali saranno riconosciuti gli stessi diritti delle coppie etero-sessuali, non uno di meno.

Il Comitato lombardo del PMLI

11 giugno 2016____________Pubblicato dal sito www.varesenews.ite citato dal corriere.it

ancora sangue nella zona est di Napoli

De Magistris iMpotente Di fronte alla Mattanza

Della caMorraZanotelli: “Basta esercito, è in atto una BomBa sociale”

�Redazione di NapoliÈ martedì 7 giugno quando sot-

to i colpi sparati a ripetizione da due killer entrati in un circolo ri-creativo di via Cleopatra nel quar-tiere Ponticelli, cadono a terra in una pozza di sangue prima Raffa-ele Cepparulo, 24 anni, effettivo destinatario dell’attentato, e Ciro Colonna, 19 anni, morto succes-sivamente in ospedale. Si tratta dell’ennesimo duplice omicidio di camorra a Napoli spostando la

guerra tra le cosche criminali dal-la Sanità e Forcella alla zona Est dove si era rifugiato uno dei reg-genti del clan Genidoni i cosiddet-ti “barbudos” perché tutti con la barba incolta e recanti sul proprio corpo tatuaggi inneggianti proprio al boss emergente, ossia Antonio Genidoni attualmente in carcere.

Cepparulo aveva da diverso tempo il ruolo di reggente del clan di giovanissimi criminali e sem-bra fosse implicato nell’attenta-

to a uno dei clan storici della Sa-nità, i Vastarella, dov’erano morti due esponenti della famiglia da anni egemone nel quartiere popo-lare. Di qui la vendetta di camor-ra che ormai fa contare a decine i morti della criminalità organizzata dall’inizio dell’anno a Napoli. Un fatto gravissimo cui si aggiungo-no pericolosi segnali di un risve-glio di guerra anche nelle zone calde di Scampia per l’egemonia delle decine di piazze di spaccio controllate dal clan Di Lauro, da-gli “Scissionisti” e dai “Girati”. Infatti nella notte tra il 7 e 8 giu-gno due “stese” dei clan, ossia una sventagliata di proiettili che han-no distrutto vetri delle abitazioni, auto e negozi tra Secondigliano, Scampia e Casalnuovo hanno vo-luto portare un segnale chiaro dei clan “Scissionisti” direttamente ai “Girati” affinché si tengano alla larga dalle loro piazze di spaccio.

Un segnale su cui, ancora una volta, Alex Zanotelli e il gruppo “Un popolo in cammino” hanno detto non essere necessario l’in-tervento dell’esercito ma la riqua-lificazione sociale. Rivolgendosi alle istituzioni nazionali e locali in camicia nera, Zanotelli ha parlato di “bomba sociale in atto” affer-mando l’inutilità della militariz-zazione del territorio. Una “bom-ba sociale” che vede l’impotenza del sindaco uscente De Magistris, “distratto” dal ballottaggio del 19 giugno, che ha già dimostrato la sua totale incapacità ad affrontare e risolvere il problema camorra in città, demandando la risoluzione al nuovo duce Renzi e al ministro Alfano come questione di ordine pubblico e lasciando al loro desti-no le periferie urbane e i quartieri popolari sempre più ostaggio delle cosche camorristiche.

Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze

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N. 25 - 23 giugno 2016 esteri / il bolscevico 15Contro la “riforma” del lavoro

Imponente manIfestazIone deI lavoratorI francesI

Duri scontri con la polizia. 42 fermi e 11 feritiAlla testa del corteo che si sta-

va formando in Place d’Italie a Pa-rigi, fra decine di bandiere rosse sindacali campeggiava un grande striscione con la scritta “Per nuovi diritti”; era una delle parole d’or-dine con le quali il sindacato Cgt aveva convocato la giornata di mo-bilitazione generale del 14 giugno contro la Loi Travail, la controri-forma della legge del lavoro, che dopo il passaggio senza dibattito alla Camera è in discussione al Se-nato. Secondo i sindacati sono sta-ti almeno un milione i manifestan-ti che hanno dato vita a imponenti cortei, da quello principale di Pari-gi a quelli di tante città della Fran-cia; per la Cgt quella del 14 giugno è stata la più grande dimostrazione di forza negli oltre 3 mesi di prote-ste, un segnale che il movimento di

lotta è ancora in piedi e ben vivo.I lavoratori francesi sono anco-

ra decisi a sviluppare la protesta e farsi sentire in piazza nonostante il paese sia stato blindato dal gover-no socialista di Emanuel Valls con la scusa del mantenimento della si-curezza contro il pericolo di “terro-rismo” durante eventi sportivi qua-li gli europei di calcio e il prossimo giro ciclistico, il Tour. L’effetto dello stato di emergenza decretato dal governo in seguito agli attenta-ti terroristici del novembre scorso e prorogato fino a luglio dal parla-mento lo si vede nel puntuale inter-vento repressivo della polizia che anche durante le manifestazioni del 14 giugno ha attaccato i cortei con lacrimogeni e idranti. Affron-tata dai manifestanti in duri scontri a Parigi e in altre città con un bilan-

cio, al momento in cui scriviamo, di 42 fermi e almeno 11 feriti.

Alcuni capitoli della legge pre-parata inizialmente dalla ministra del Lavoro Myriam El Khomri sono stati modificati dal gover-no Valls per tentare di dividere il movimento sindacale e studente-sco che subito aveva riaffermato la volontà di non fermarsi fino al ritiro puro e semplice della legge. Nonostante le pressioni del gover-no e del presidente Hollande solo il sindacato socialista della Cfdt ha mollato la lotta. Le modifiche han-no riguardato solo aspetti parziali, lasciando intatte le questioni prin-cipali che porteranno una maggio-re precarietà nel rapporto di lavoro e che sono ritenute blindate dalla Confindustria. Hollande e governo sono con i padroni, contro i princi-

pali sindacati e il forte movimento dei lavoratori e degli studenti che tiene la piazza.

Dopo la giornata di mobilitazio-ne nazionale del 14 giugno restano in sciopero i ferrovieri e i tassisti nei giorni della discussione della legge al Senato dove il primo voto formale è previsto per il 28 giugno.

Il proletariato, i lavoratori e le masse popolari e giovanili france-si sono un fulgido esempio per il movimento operaio e popolare ita-liano, europeo e del mondo intero. Stanno dimostrando nei fatti che è

la lotta di classe l’unica strada per difendere i loro interessi immedia-ti e a lungo termine ed è la lotta di classe l’arma invincibile di cui di-spongono per combattere il capita-le, lo sfruttamento capitalistico e i governi borghesi.

Evviva il proletariato, i lavora-tori e il movimento popolare e gio-vanile francesi in lotta contro la “riforma” del lavoro. Che i lavo-ratori italiani imparino da loro per combattere il Jobs Act, il padro-nato e il governo del nuovo duce Renzi.

Obama autorizza la ripresa degli

attacchi ai talebaniIl comandante delle forze

americane in Afghanistan, il generale John Nicolson, po-trà decidere di far intervenire i marines a sostegno dell’eser-cito del governo fantoccio di Kabul solo “in quei casi in cui il loro impiego può rendere pos-sibili effetti strategici sul cam-po di battaglia”. La decisione della Casa Bianca si può tra-durre come un intervento am-messo in caso lo scontro con la resistenza talebana abbia importanza strategica ma re-sta il fatto che rappresenta l’escalation verso un maggio-re impegno delle forze di oc-cupazione dell’imperialismo americano in Afghanistan; o meglio come l’ennesima mar-cia indietro del presidente Ba-rack Obama che nel corso del suo doppio mandato ha an-nunciato più volte il ritiro delle forze Usa dal paese e se lo è rimangiato a fronte dell’impos-sibilità del governo fantoccio non solo di prendere il control-lo del paese ma nemmeno di reggere i colpi della resisten-za con le proprie forze.

Il Pentagono ha tenuto a precisare che una maggiore possibilità di intervento non vuol dire il via libera ai bom-bardamenti in Afghanistan,

una posizione ipocrita dato che nulla ha fermato gli ille-gali bombardamenti coi droni sulle regioni pachistane con-finanti l’Afghanistan occupato a caccia dei leader della resi-stenza.

L’ultimo ritiro delle forze Usa annunciato dalla Casa Bianca e in parte praticato era quello alla fine del 2014; i sol-dati presenti nel paese sono quasi diecimila, al netto dei mercenari, e dovrebbero ri-dursi a quasi la metà entro il 2017.

Dall’inizio del 2015 il con-tingente rimasto nel paese era chiamato formalmente a inter-venire, su decisione del suo comandante, per aiutare le forze speciali afghane contro i Talebani. Nel corso di questi “aiuti” si è verificato nell’otto-bre scorso a Kunduz il bom-bardamento dei caccia ame-ricani sull’ospedale di Medici senza frontiere, causando 43 morti. Con le nuove direttive di Obama i marines ora po-tranno compiere ufficialmente operazioni sul terreno a soste-gno dell’esercito governativo, quelle che probabilmente già fanno o che fanno sicuramen-te le forze speciali e i merce-nari.

Obama: “Non ci sono prove che la strage sia stata organizzata dall’estero”

Strage di gay a OrlaNdO49 morti e 53 feriti

Manifestazioni in Usa e anche in italia contro l’oMofobiaUn giovane nella notte tra

l’11 e il 12 giugno è entrato in un locale gay di Orlando in Florida armato di una pistola e di un fucile mitragliatore d’as-salto e ha aperto il fuoco sulle persone che stavano ballando: 49 morti e 53 feriti, di cui alcu-ni in modo grave, è il bilancio di quella che può essere regi-strata come la peggiore stra-ge compiuta con armi da fuo-co nella storia degli Stati Uniti. Secondo quanto riferito dal capo della polizia di Orlando il giovane, prima di restare ucci-so nello scontro a fuoco con gli agenti che avevano fatto irru-zione nel locale, si era barrica-to all’interno e aveva trattenuto numerosi ostaggi; aveva tele-

fonato alcune volte al nume-ro di emergenza, in una delle quali “aveva dichiarato la sua fedeltà all’Is”.

In merito possiamo solo re-gistrare che il giovane era de-finito “uno dei soldati del Calif-fato in America” dall’emittente ufficiale dell’IS, radio Al-Bayan.

La storia del giovane ame-ricano, di famiglia di immigrati afghani e di mestiere guardia giurata era presentata in ma-niera contrastante tanto che da una prima versione che ac-creditava un carattere violento con pulsioni omofobe si pas-sava a quella di frequentatore dello stesso locale gay.

Nella conferenza stampa alla Casa Bianca del 12 giu-

gno Obama dichiarava che l’FBI stava ancora indagando sul movente della carneficina e la definiva un “atto di terro-rismo” aggiungendo tuttavia che non c’erano “prove che la strage sia stata organizzata dall’estero”. Non un piano, se-condo la versione ufficiale, si tratterebbe piuttosto di un atto di “homegrown extremism”, un “estremismo” cresciuto entro i confini nazionali.

Già nella serata del 12 giu-gno numerose manifestazioni di solidarietà alle vittime e di denuncia della strage si svol-gevano in tutti gli Stati Uniti, da Orlando a Seattle, da New York a San Francisco. A New York, a Washington, a Los An-

geles manifestanti sono sce-si in piazza e improvvisavano veglie per le inermi e innocenti vittime. A San Francisco in mi-gliaia attraversavano il Castro, il quartiere protagonista delle manifestazioni per i diritti della comunità LGBT negli anni set-tanta, sfilando davanti all’Har-vey Milk Plaza in ricordo di Harvey Milk, politico e attivista gay, ucciso nel 1978.

Organizzate dalle comunità LGBT, le bandiere arcobaleno e i monumenti illuminati in tan-te città evidenziavano le tan-tissime manifestazioni e veglie di solidarietà in tutto il mondo, dalle capitali europee alle cit-tà italiane fra le quali Napoli, Roma e Torino.

Qui e sotto due immagini dell’imponente corteo di Parigi per lo sciopero generale dei lavoratori francesi contro la “loi travail”

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www.pmli.itSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

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Perché i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo

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ASTIENITICREIAMO LE ISTITUZIONI

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NON VOTAREI PARTITI

BORGHESI AL SERVIZIO DEL CAPITALISMO

Delegittimiamole istituzionirappresentativeborghesi

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