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POSTE ITALIANE S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB BRESCIA Editirice La Scuola 25121 Brescia - Expédition en abonnement postal taxe perçue tassa riscossa - ISSN 1828-4582 Permissivismo e libertà Costantino e l’Editto di Milano Itinerari di lavoro per il 2013-14 E D I T R I C E LA SCUOLA E D I T R I C E LA SCUOLA 1 settembre 2013 anno XXXI Nuova Secondaria mensile di ricerca, cultura, orientamenti educativi, problemi didattico-istituzionali per le scuole del secondo ciclo di istruzione e formazione Conoscenze/abilità e Competenze

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Permissivismo e libertà Costantino e l’Editto di Milano Itinerari di lavoro per il 2013-14

E D I T R I C E

LA SCUOLA

E D I T R I C E

LA SCUOLA

1settembre 2013anno XXXI

Nuova Secondaria mensile di ricerca, cultura, orientamenti educativi, problemi didattico-istituzionaliper le scuole del secondo ciclo di istruzione e formazione

Conoscenze/abilità e Competenze

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EDITORIALE

Giuseppe Bertagna Conoscenze/abilità e competenze 5

NUOVA SECONDARIA RICERCAhttp://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it

Mirca Benetton Il maschile e il femminile nella pedagogia del corso di vita:spunti di riflessione dall’Emilio di Rousseau

Andrea Porcarelli La funzione pedagogica del “gran tour” come iniziazionealla vita adulta nell’Emilio di Rousseau

Chiara Biasin Les Rêveries d’un promeneur solitaire come percorso di autoformazione in Rousseau

Andrea Cegolon La difficile sfida: come misurare il capitale umano

Cristina Mazzucco Ricerca e formazione per accettare la sfida dell’educational mismatch

FATTI E OPINIONI

Il fattoGiovanni Cominelli La politica, le politiche e l’amministrazione 7

Pensieri del tempoGiuseppe Acone Pensare pedagogicamente questo difficile tempo 8

Il futuro alle spalleCarla Xodo Bilancio di un anno di TFA 8

Asterischi di Kappa Studenti modello 9

Vangelo docentePaola Bignardi Pedagogia dell’incontro 10

La lanterna di DiogeneFabio Minazzi La tragedia della scuola italiana 10

Occhio alla scienzaMatteo Negro Scienza e verità 11

Asterischi di Kappa Il lavoro, l’imprenditore e il dipendente 12

Didattica del classicoAugusta Celada L’insegnamento delle lingue classiche in Europa 13

Dopo L’editoriale del n 9 (maggio 2013)...On. Marina Berlinghieri Idee per un programma di legislatura 15Giuseppe Zanniello Il costo delle macerie 16Laura Clarizia Progettare la formazione per progettare il futuro 18

Giuseppe Bertagna L’Europa, il lavoro, la scuola, l’Italia: non è mai troppo tardi 19

Nuova Secondaria n. 1

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PROBLEMI PEDAGOGICIE DIDATTICI

Fulvio De Giorgi Pubblico/privato. Il referendum di Bologna 21

Genitori permissivi e insegnanti “perseguitati”Paolo Mottana La “provocazione” 22Giuliano Minichiello Intervento 1. Permissivismo e libertà 23Andrea Potestio Intervento 2. Autorità e autorevolezza 24Giovanni Cominelli Intervento 3. Le fabbriche della noia 24

Mirca Benetton Le competenze pedagogiche per l’identitàdella professione docente 25

STUDI

Costantino e l’Editto di Milano a cura di Cinzia Bearzot 28

Umberto Roberto Costantino riformatore politico 30

Alberto Barzanò Costantino e la questione religiosa 34

Maria Pia Alberzoni La Donazione di Costantino 37

PROGRAMMAZIONE. ITINERARI DI LAVORO

Paolo Bertuletti Insegnamento della religione cattolica 41

Patrizia Bartoli Lingua e letteratura italiana. Primo biennio 46

Domenico Corcella Lingua e letteratura italiana.Secondo biennio e ultimo anno 49

Costantino Moro Latino. Liceo scientifico, linguistico, delle scienze umane 57

Maria Belponer Latino e greco. Liceo classico 61

Alessandro Ferioli Storia. Primo biennio 65

Roberto Bellini Storia. Secondo biennio e ultimo anno 70

Oreste Tolone Filosofia (digitale) 73

Giorgia Pinelli Scienze umane 78

Costanza Cucchi Lingua e cultura inglese 82

Laura Caruzzo (a cura di) Matematica. Liceo scientifico, opzione scienze applicate. Secondo biennio e ultimo anno 87

Barbara Chierichetti Fisica. Liceo classico 102

Chiara Schettini Chimica 108

Asterischi di Kappa Stati Uniti: le scuole falsificano i test per fare “bella figura” 116

Asterischi di Kappa Cina: gli insegnanti non parlino di libertà 116

LIBRI

a cura di Luigi Tonoli e Lucia Degiovanni 117

Lezioni con slide disponibili sul sito di Nuova Secondaria (http://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it).Indice tematico al 31 agosto 2013 119

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DIRETTORE

Giuseppe Bertagna Università di Bergamo

COMITATO DIRETTIVO

Cinzia Susanna Bearzot - Università Cattolica, Milano

Edoardo Bressan - Università di Macerata

Alfredo Canavero - Università Statale, Milano

Giorgio Chiosso - Università di Torino

Luciano Corradini - Università Roma Tre

Lodovico Galleni - Università di Pisa

Pietro Gibellini - Università Ca’ Foscari, Venezia

Giovanni Gobber - Università Cattolica, Milano

Angelo Maffeis - Facoltà Teologicadell’Italia Settentrionale, Milano

Mario Marchi - Università Cattolica, Brescia

Luciano Pazzaglia - Università Cattolica, Milano

Giovanni Maria Prosperi - Università Statale, Milano

Pier Cesare Rivoltella - Università Cattolica, Milano

Stefano Zamagni - Università di Bologna

COMITATO DI REDAZIONE

Parte generale e settore umanisticoLuigi Tonoli, Lucia Degiovanni

([email protected])

con la collaborazione diAndrea Potestio, Don Fabio Togni

Settore scientificoMarina Dalè, Pietro Marchese

([email protected])

ImpaginazioneFabio Paris Editions

Segreteria di RedazioneAnnalisa Ballini ([email protected])

Supporto tecnico area [email protected]

Mensile di ricerca, cultura, orientamenti educativi,problemi didattico-istituzionali per le Scuole del secondo ciclo di istruzione e di formazioneFondatore e direttore emerito: Evandro AgazziAnno XXXI - ISSN 1828-4582

Direzione, Redazione e Amministrazione: EDITRICE LASCUOLA, Via Gramsci, 26, 25121 Brescia - fax 030.2993.299 - Tel.centr. 030.2993.1 - Sito Internet: www.lascuola.it - Direttore re-sponsabile: Giuseppe Bertagna - Autorizzazione del Tribunale diBrescia n. 7 del 25-2-83 - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P.-D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia- Editrice La Scuola - 25121 Brescia - Stampa Vincenzo Bona 1777Spa, Torino - Ufficio marketing: Editrice La Scuola, Via Gramsci 26,- 25121 Brescia - tel. 030 2993.290 - fax 030 2993.299 - e-mail:[email protected] – Ufficio Abbonamenti : tel. 030 2993.286(con operatore dal lunedì al venerdì negli orari 8,30-12,30 e 13,30-17,30; con segreteria telefonica in altri giorni e orari )- fax 0302993.299 - e-mail: [email protected].

Abbonamento annuo 2013-2014: Italia: € 69,00 - Europa e Ba-cino mediterraneo: € 114,00 - Paesi extraeuropei: € 138,00 - Ilpresente fascicolo € 7,00. Conto corrente postale n.11353257(N.B. riportare nella causale il riferimento Cliente). L’editore si ri-serva di rendere disponibili i fascicoli arretrati della rivista in for-mato PDF. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasimezzo (compresi i microfilm), sono riservati per tutti i Paesi. Foto-copie per uso personale del lettore possono essere effettuate neilimiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamentoalla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5 dellalegge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalitàdi carattere professionale, economico o commerciale o comun-que per uso diverso da quello personale possono essere effet-tuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO,corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, [email protected] e sito web www.aidro.org.

Per eventuali omissioni delle fonti iconografiche, l’editore si di-chiara a disposizione degli aventi diritto.Sito della rivista http://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it

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Gli articoli della Rivista sono sottoposti a referee doppio cieco (double blind). La documentazione rimane agli atti.Per consulenze più specifiche i coordinatori potranno avvalersi anche di professori non inseriti in questo elenco.

Salvatore Silvano NigroIULM

Maria Pia PattoniUniversità Cattolica, Brescia

Massimo PauriFisica teorica, Modelli matematici,

Università di ParmaJerzy Pelc

Semiotica, Università di VarsaviaSilvia Pianta

Geometria, Università Cattolica, BresciaFabio Pierangeli

Letteratura italiana, Università di Roma Tor Vergata

Pierluigi PizzamiglioStoria della scienza, Università Cattolica, Brescia

Simonetta PolenghiStoria della pedagogia, Università Cattolica, Milano

Luisa PrandiStoria greca, Università di Verona

Erasmo RecamiFisica, Università di Bergamo

Enrico ReggianiLetteratura inglese, Università Cattolica, Milano

Filippo RossiPatologia generale, Università di Verona

Giuseppe SermontiGenetica, Università di Perugia

Ledo StefaniniFisica, Università di Mantova

Ferdinando TagliaviniStoria della musica, Università di Friburgo

Guido TartaraTeoria dei sistemi di comunicazione,

Università di MilanoFilippo Tempia

Neurofisiologia, Università di TorinoMarco Claudio Traini

Fisica nucleare e subnucleare, Università di Trento

Piero UgliengoChimica, Università di Torino

Lourdes VelazquezBioetica e Filosofia del Messico,

Universidad Anáhuac, Northe MexicoMarisa Verna

Lingua e letteratura francese,Università Cattolica, Milano

Claudia VillaLetteratura italiana, Università di Bergamo

Giovanni VillaniChimica, CNR, Pisa

Carla XodoPedagogia, Università di Padova

Pierantonio ZanghìFisica, Università di Genova

Floriana FalcinelliDidattica generale e Tecnologie dell'Istruzione,

Università degli Studi di PerugiaVincenzo Fano

Logica e filosofia della scienza, Università di UrbinoRuggero Ferro

Logica matematica, Università di VeronaSaverio Forestiero

Biologia, Università Tor Vergata, RomaArrigo Frisiani

Calcolatori elettronici, Università di GenovaAlessandro Ghisalberti

Filosofia teoretica, Università Cattolica, MilanoValeria Giannantonio

Letteratura italiana, Università di Chieti - PescaraMassimo Giuliani

Pensiero ebraico, Università di TrentoAdriana Gnudi

Matematica generale, Università di BergamoGiuseppe Langella

Letteratura italiana contemporanea,Università Cattolica, Milano

Giulio LanzavecchiaBiologia, Università dell’Insubria

Erwin LaszloTeoria dei sistemi, Università di New York

Giuseppe LeonelliLetteratura italiana, Università Roma Tre

Carlo LottieriFilosofia del diritto, Università di Siena

Gian Enrico ManzoniLatino, Università Cattolica, Brescia

Emilio ManzottiLinguistica italiana, Università di Ginevra

Alfredo MarzocchiMatematica, Università Cattolica, Brescia

Vittorio MathieuFilosofia morale, Università di Torino

Fabio MinazziFilosofia teoretica, Università dell’Insubria

Alessandro MinelliZoologia, Università di Padova

Enrico MinelliEconomia politica, Università di Brescia

Luisa MontecuccoFilosofia, Università di Genova

Moreno MoraniGlottologia, Università di Genova

Gianfranco MorraSociologia della conoscenza, Università di Bologna

Maria Teresa MoscatoPedagogia, Università di Bologna

Alessandro MusestiMatematica, Università Cattolica, Brescia

Seyyed Hossein NasrFilosofia della scienza, Università di Philadelphia

Francesco AbbonaMineralogia, Università di Torino

Giuseppe AconePedagogia, Università di SalernoEmanuela Andreoni Fontecedro

Lingua e letteratura latina, Università di Roma Tre

Dario AntiseriFilosofia della scienza, Collegio S. Carlo, Modena

Gabriele ArchettiStoria Medioevale, Università Cattolica, Milano

Andrea BalboLatino, Università degli studi di Torino

Giorgio Barberi SquarottiLetteratura italiana, Università di Torino

Raffaella BertazzoliLetterature comparate, Università di Verona

Fernando BertoliniIstituzioni di Analisi Superiore,

Università di ParmaGianfranco Bettetini

Teoria e tecniche delle comunicazioni, Università Cattolica, Milano

Maria BocciStoria contemporanea,

Università Cattolica, MilanoCristina Bosisio

Glottodidattica, Università Cattolica, MilanoMarco Buzzoni

Logica e filosofia della scienza, Università di Macerata

Luigi CaimiBiochimica e biologia molecolare,

Università di BresciaLuisa Camaiora

Linguistica inglese, Università Cattolica, MilanoRenato Camodeca

Economia aziendale, Università di BresciaFranco Cardini

Storia medievale, ISU, Università di FirenzeMaria Bianca Cita Sironi

Geologia, Università di MilanoMichele Corsi

Pedagogia, Università di MacerataVincenzo Costa

Filosofia teoretica, Università di CampobassoGiovannella Cresci

Storia romana, Università di VeneziaLuigi D’Alonzo

Pedagogia speciale, Università Cattolica, Milano

Cecilia De CarliStoria dell’arte contemporanea,

Università Cattolica, MilanoBernard D’Espagnat

Fisica, Università di Parigi

CONSIGLIO PER LA VALUTAZIONE SCIENTIFICA DEGLI ARTICOLI

Coordinatori del Consiglio:Luigi Caimi e Carla Xodo

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Conoscenze/abilità e competenze Giuseppe Bertagna

EDITORIALE

5Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

La consapevolezza è tanto antica quanto spesso, se non quasi sempre, purtroppo, dimenticata.Per questo va riproposta soprattutto nel primo numero della rivista, tradizionalmente dedicatoalle indicazioni per la programmazione didattica.

Il fine della scuola, a livello pedagogico, non è né l’insegnamento né l’apprendimento di conoscenzedisciplinari o interdisciplinari (che pur sono cose molto importanti e serie). Tantomeno di semplicinozioni/informazioni che durano nella mente lo spazio di un mattino, come le piante dei «giardini diAdone» di platonica memoria. Il fine della scuola, al contrario, sul piano pedagogico, è sempre uninsegnamento e un apprendimento che, «digerendole», permetta a ciascuno di trasformare lenozioni/informazioni in vere conoscenze, le quali, a loro volta, rigenerate come nuove nella coscienza diciascun allievo, costituiscano i mezzi privilegiati a sua disposizione per diventare una persona migliore.Persona, cioè, più capace di intuizione e intelligenza dei problemi e delle loro «buone» soluzioni; piùraffinata nel gusto; più profonda e attendibile nel giudizio culturale, etico, estetico, religioso; più libera eresponsabile nelle azioni che commette; più affidabile nel mantenere le promesse assunte; più aperta aldialogo e alla relazione con tutti perché sempre più avvertita che il proprio «essere razionale» vuol dire,anche etimologicamente, essere, allo stesso tempo, «relazionale»; più in grado di ricondurre ad un’unitàdi senso sempre superiore tutte le percezioni, le esperienze, i pensieri, i valori, le sofferenze, i problemidisparati che incontra e con cui fa esistenzialmente i conti. «Come pretendi, del resto, che salga sullalingua ciò che non è entrato nel cuore» ammoniva già sant’Agostino?

Non esistono contenuti e metodi disciplinari, dunque, che possano essere ritenuti finidell’insegnamento e dell’apprendimento. Essi, per quanto importanti siano ritenuti in sé o per lafunzionalità sociale, sono e devono restare sempre mezzi, attrezzi, itinerari, modi a disposizione diciascuno per raggiungere il traguardo di una vita umana personale via via migliore, più integrata nel econ il tutto della cultura, dell’esistenza e del mondo, in grado di introdurre, come Orfeo, ai vari livellidell’esperienza umana (motorio-manuale, cognitiva, affettiva, sociale, etica, estetica, religiosa), armoniedove si registrano disarmonie e diverso equilibrio dove c’è squilibrio.

Il «cuore» dell’insegnamento di ogni disciplina non sta, dunque, nelle nozioni/conoscenze (saperequalcosa) che esso propone. E, nemmeno, risiede nella trasmissione delle abilità riguardanti il come edove andare a reperire queste nozioni/conoscenze suggerite, per raffinarle, autenticarle, sottoporle alcontrollo scientifico intersoggettivo. Insomma, non sta negli «oggetti» culturali, concettuali ometodologici, ritenuti strategici quanto si vuole. Si trova, al contrario, nelle competenze personali chegli «oggetti» che chiamiamo conoscenze e abilità disciplinari consentono di promuovere e maturare nei«soggetti», in ogni «soggetto». Nel trasformare, quindi, un «acquisto» di nozioni/conoscenze/abilità inun «essere personale»: «essere sempre più, grazie a tale acquisto, la persona che si dovrebbe essere perla ragione che lo si vuole essere». Questa è la vera formazione.

Se anche l’Invalsi lo riconoscesse e, soprattutto, dichiarasse in modo esplicito che le sue pur prezioseindagini vertono sulle nozioni/conoscenze/abilità possedute dai ragazzi, non certo sull’intensità e sullaqualità con cui esse si sono trasformate o si sarebbero potute trasformare in «vita delle persone»,faremmo fare un significativo passo innanzi pedagogico a tutta la scuola italiana.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI6

EDITORIALE

Inoltre, si toglierebbe anche un argomento non del tutto infondato alle contestazioni che,periodicamente, accompagnano le prove predisposte dall’Istituto di Frascati.

Se è vero, infatti, che le competenze personali consentono di affrontare nel modo giusto i problemiquotidiani, propri e/o altrui, di impostare i propri progetti di vita tenendo conto di ciò che si sa e si safare nei diversi contesti dati, di portare a termine con pertinenza non solo teorica e tecnica, ma anchepratica (nel senso di morale) qualsiasi compito sociale, scientifico e professionale emergente checoinvolga il soggetto, solo chi vive con i ragazzi e ne segue senza ansiogene concitazioni il percorsoevolutivo è in grado di riconoscerle, valutarle e certificarle. E certo non sono i quiz, anche i miglioritecnicamente possibili, tanto più se somministrati una sola volta all’anno, ad essere sufficientiall’impresa. Al contrario, serve un’osservazione costante e prolungata dei comportamenti dei ragazzi, ildialogo sul significato che essi attribuiscono a quanto fanno o sanno, la documentazione narrativa dievoluzioni o involuzioni nella «padronanza», la registrazione di testimonianze di esperti, ilcoinvolgimento nel giudizio di numerosi attori sociali che possano dire qualcosa di responsabile eaffidabile sulla maturazione dei giovani, la catalogazione dei loro «capolavori» non prodotti unatantum, per eccezione, ma prova di una progressione verso il meglio. In fondo, occorre ciò che fa ognibuon docente davvero responsabile del proprio lavoro non solo di istruzione, ma di educazione. Non acaso, la legge n. 53/03 è chiara in proposito: solo i docenti e tutti gli altri attori educativi vicini allostudente possono riconoscere e valutare la maturazione delle sue competenze. E solo esperti socialmentericonosciuti come tali nei diversi settori sociali o professionali possono certificarle in manieraattendibile e affidabile.

Non si tratta, quindi, di negare l’importanza, oltre che la legittimità, dell’attività dell’Invalsi. Tantomeno di svilire il ruolo delle conoscenze e delle abilità disciplinari nel processo educativo che porta allapromozione delle competenze personali. Si tratta soltanto di aver ben presenti i limiti di questeoperazioni. E, soprattutto, di essere ben consapevoli che esplorare non solo il campo delleconoscenze/abilità, ma anche quello delle competenze implica scopi, modi e contesti di verifica evalutazione tra loro molto diversi. Solo a questa condizione, d’altra parte, l’insegnamento delleconoscenze/abilità e la verifica del loro possesso possono essere funzionali al riconoscimento, allavalutazione e alla certificazione delle competenze. In caso contrario, si rischia il fraintendimento e ildanno.

La legge di Campbell, infatti, nella scuola, è come il sughero: riemerge sempre. Se si introducono i testper la valutazione degli apprendimenti si tende non solo ad organizzare l’attività didattica persuperarli, ma anche ad attribuire all’intera esperienza scolastica lo scopo prioritario, quando nonesclusivo, di rispondere bene ai test intermedi e di fine ciclo. Se passa il messaggio che la scuola sial’istituzione nella quale i giovani devono impadronirsi delle conoscenze ritenute indispensabili dalloStato si tende ad impostare tutte le attività scolastiche a questo scopo e a trascurare tutto quanto non virientra. Se si considera la scuola la più importante, se non addirittura unica, agenzia di socializzazioneoggi rimasta sul mercato frammentato dalla post modernità è naturale, per docenti, studenti efamiglie, comportarsi di conseguenza: mettere in secondo piano la risoluzione dei test o la trasmissionedelle conoscenze e far risaltare come centrale il calore dello «stare insieme». E si potrebbe continuare.

Saggezza pedagogica, in questo contesto, è, allora, riconoscere il carattere multifattoriale dei processiformativi scolastici. Non devono mai servire soltanto uno scopo, ma in modo diverso a tutti. Nonmassimizzare, in altri termini, una sola prospettiva. Al contrario ottimizzarle tutte, prendendo ilmeglio realisticamente possibile di ciascuna, distinguendole senza separarle.

Giuseppe Bertagna

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 7

FATTI E OPINIONI

Il fattodi Giovanni Cominelli

La politica, le politiche e l’amministrazione

Il programma di governo sulla scuola appare largamente al

di sotto delle urgenze, che la retorica del genere letterario "pro-

grammi di governo" pure richiama come impellenti. Il primo

segnale negativo è la scelta del Ministro dell’istruzione, del-

l’Università e della ricerca. Qui il difetto sta nel manico, ma, a

quanto pare, nessuno ha avuto la volontà di raddrizzare il legno

storto. Nonostante la vulgata corrente, Università e Istruzione

hanno ragioni sociali profondamente diverse. L’Università ri-

chiama Ricerca e Formazione professionale superiore, perciò

è strettamente connessa con il sistema economico e produttivo.

L’Istruzione ha a che fare con la costruzione delle competenze

di base per ogni ragazzo, dalle Alpi al Lilibeo.

La prima conseguenza istituzionale ed amministrativa dovreb-

be dunque essere la separazione dei due Ministeri e dei due

relativi apparati, che invece furono accorpati con il Decreto le-

gislativo del 30 luglio 1999, n. 300, governo D’Alema, scomposti

con Prodi nel 2006, riaccorpati nel 2008 da Berlusconi, per ra-

gioni politiche e amministrative, del tutto estranee alle

suddette ragioni sociali. Anche perché non si dà in natura un

Ministro che sia competente in ambedue i campi. Anzi, a voler

essere maliziosi, spesso è accaduto che il Ministro designato

non avesse competenza in nessuno dei due. Del resto, un pes-

simo criterio delle nomine di governo è quello di appartenenza

a scapito del principio di competenza. La composizione tra-

sversale del governo ha, contro ogni ragionevole attesa,

peggiorato la situazione. Tutto il carattere politico del governo

consiste, per quanto riguarda l’istruzione, ma non solo, nella

prevalenza delle logiche di appartenenza ai partiti. Tutto ciò

si è scaricato sulla formulazione del programma, quanto

mai generico: non è indicata un’azione, salvo forse quella pro-

messa sull’edilizia scolastica. Giacchè le politiche annunciate

di integrazione, di uguaglianza delle opportunità, di lotta al

fenomeno ingente dei drop out (che sono il 17% della gene-

razione scolastica) e dei Neet (che sono quasi il 27%) richie-

derebbero una netta percezione delle cause, che nascono al-

l’interno del sistema di istruzione: curricoli lunghi e farraginosi,

tempo-scuola infinito, docenti e dirigenti reclutati con metodi

ottocenteschi ecc...

Mancando questa elementare analisi delle cause o, peggio an-

cora, della volontà politica di rimuoverle – perché costosa in

termini elettorali – tutto si riduce alla richiesta sempre

pressante di immissione di denaro fresco nelle casse del Mi-

nistero. Di questo ingente fiume finanziario, la quota maggiore

è trattenuta dai costi di un pletorico apparato dirigente

centrale e periferico – dotato di altissimi stipendi, ricche liqui-

dazioni e sontuose pensioni – nonché, si intende, del personale

docente. Solo qualche goccia arriva alle scuole. E qui si tocca

l’altro punctum dolens. È l’Amministrazione il soggetto di go-

verno effettuale del sistema di istruzione. Incapace di grandi

e radicali riforme, la prima delle quali dovrebbe avere come

oggetto l’Amministrazione stessa, la politica ha finito per af-

fidarle le politiche dell’Istruzione. Gli effetti sono sotto gli occhi:

autonomie bloccate, rapporti perversi tra Amministrazione e

Sindacati – gli accordi sindacali diventano leggi dello Stato –

il reclutamento dei docenti e dei dirigenti esposto a complesse

e contestate procedure, ordinamenti disallineati rispetto alla

concreta antropologia giovanile, tempo di apprendimento che

non diventa tempo di vita... Insomma: il collasso silenzioso del

sistema. Se la politica si dimette, l’Amministrazione non è in

grado di sostituirla nelle policies. Toccava a questo governo,

nato da un interminabile assedio reciproco tra gli schieramenti,

con il Paese sull’orlo del declino, compiere almeno un’opera-

zione: dire la verità al Paese sulla condizione delle sue

istituzioni educative. Verità che mass-media e intellettuali proni

al potere nascondono ogni giorno.

Tocca ancora sentire, in talk show che si danno arie da

opinion maker, la retorica della scuola italiana quale scuola mi-

gliore al mondo, che, pertanto, non abbisogna di valutazione,

comparazione, autoriforme. Il governo doveva richiamare con

rigore al principio di realtà, così come ha fatto con maggiore

incisività nel campo economico e finanziario. Ma forse è proprio

questo il segno del declino delle classi dirigenti di questo Paese:

il non vedere che esiste un nesso geometrico tra competenze

di base, livelli culturali, sviluppo tecnico-scientifico, benessere

economico, civilizzazione, società aperta.

Giovanni Cominelli Esperto di sistemi educativi

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FATTI E OPINIONI

Il futuro alle spalledi Carla Xodo

Bilancio di un anno di TFA

Ci sono domande che ci fanno toccare con mano la natura di

un problema. Un corsista, laureato in ingegneria, frequentante

il TFA, cioè il Tirocinio Formativo Attivo cui si accede per

concorso e che è un requisito per poter svolgere attività di do-

cenza, esprime così il suo dubbio: «Che senso ha frequentare un

corso della durata annuale durante il quale, per gran parte del

tempo, vengono proposti argomenti di studio che sono la fo-

tocopia di ciò che si è studiato per conseguire la laurea?» Appunto,

quale la logica? Serve fare un passo indietro.

Il Tirocinio formativo attivo, fin dal nome, vuole differenziarsi com-

pletamente dall’esperienza precedente della SSIS, la Scuola di

specializzazione per l’insegnamento secondario. Prima, una scuola

di specializzazione della durata di due anni basata su insegna-

menti teorico-pratici inerenti all’area della pedagogia e delle di-

dattiche disciplinari con cui si puntava a preparare all’insegna-

mento i neolaureati fornendo loro una cultura generale specifica

su cui innestare la specificità disciplinare declinata didatticamente.

Ora solo il tirocinio diretto e indiretto con una spolverata di que-

stioni pedagogico-didattiche per un totale di 18 crediti su 60.

La formazione professionale all’insegnamento nel nostro Paese

è stata ed è abbastanza

impopolare, per non dire

indigesta, soprattutto ai

diretti interessati. Avvie-

ne questo paradosso: gli

insegnanti in servizio,

messi alla prova dei fatti,

si rendono conto di

quanto poco si possa

improvvisare nel campo

della docenza, ma i cor-

sisti oggi (e gli specializ-

zandi SSIS ieri) sono in-

sofferenti.

Pensieri del tempodi Giuseppe Acone

Pensare pedagogicamente questo difficile tempo

Mi sono spesso chiesto se sia in qualche modo possibile interpretare pedagogicamen-

te il tempo in cui viviamo. La risposta parziale e provvisoria mi è sempre parsa la se-

guente: tutto dipende da che cosa si possa e si debba intendere per lettura pedagogica

della realtà.

Da un certo punto di vista (e anche in ossequio alla mia formazio-

ne storicistica) mi pare possibile configurare all’interno della cele-

bre formula di Hegel, per la quale la filosofia è il proprio tempo ap-

preso col pensiero, il concetto-metafora per il quale la pedagogia

può essere il proprio tempo espresso attraverso l’idea dell’educazione

umana. In questo nostro tempo, dominato dalla tecnologia e dai

processi di globalizzazione, l’educazione, ovviamente, si presenta

più che mai come forza debole. In Italia, in questo momento stori-

co, essa si presenta come forza debolissima. Le ragioni sono assai

complesse e richiederebbero uno spazio che qui non può esserci.

Come in passato, la rubrica intende cercare di offrire qualche pic-

colo modesto contributo per rendere meno debole l’influenza

dell’educazione nella società in cui sono nato, sono vissuto e nella

quale ho cercato sempre di continuare almeno a pensare.

Giuseppe Acone - Università di Salerno

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9

FATTI E OPINIONI

E ne hanno ben donde, se, oltre alla condizione penosa di precari,

diventano strumento di scelte che poco hanno a che fare con

lo scopo precipuo, quello di offrire una solida preparazione per

insegnare bene. Anche se a qualcuno può dispiacere, la struttura

del TFA ha obbedito in

gran parte a una logica

spartitoria che poco ave-

va a che fare con l’effet-

tivo innalzamento della

professionalità docente,

come ha evidenziato il

corsista-ingegnere. La lo-

gica che ha guidato il

varo del TFA ha cercato di

rispondere prima di tutto

a questa domanda: quan-

te sono le ore da distri-

buire?

A ogni disciplina il suo e, come concessione residuale, una man-

ciata di ore a quell’ambito, la pedagogia e la didattica, che doveva

essere egemone.

Certo l’operazione è stata resa possibile da una posizione poco

battagliera della nostra parte, insieme a una sottile, continua e

immotivata delegittimazione culturale da parte dei nostri con-

correnti. Quindi la logica che ha prevalso è quella di sempre e

potrebbe essere così sintetizzata: basta conoscere la materia, il

resto viene da sé. Per imparare ad insegnare ognuno continuerà

ad affidarsi all’intuito, magari alle esperienze patite da studente,

ad una natura psicologicamente ben orientata per conseguire

risultati di eccellenza didattica, così fondamentale soprattutto

nel campo scientifico. Ma allora valeva la pena perdere tanto tem-

po, spendere tante energie nel prospettare una nuova formazione

degli insegnanti se poi i risultati saranno quelli adombrati dal

corsista in crisi?

Carla Xodo Università di Padova

Studenti modello

Michael Adebowale, 22 anni, universitario alla Greenwich University, il

terrorista che assieme al compagno Michael Adebolajo, 28 anni, ha

assassinato il 22 maggio 2013, con un machete, il soldato inglese Lee Regby

nel cuore di Londra, aveva un futuro radioso di fronte a sé.

Era uno “studente modello”, un esempio, secondo i docenti. «Non lo avevo

mai sentito dire cose violente», ha detto alla polizia Tony, un suo amico.

«Non so cosa gli sia successo». A scuola Michael era noto a tutti come the

joker, quello che fa battute, che intrattiene gli altri e ci sa fare con le ragazze.

Un compagno di scuola, Luqman Ciise, su Twitter ha detto di Michael:

«Era la persona più sorridente di tutte». Gli aggettivi che ricorrono di più

sono nice, friendly, polite, uno che voleva aiutare sempre tutti, a

cominciare da scuola. Entrambi, Adebowale e Adebolajo, si sono conosciuti

in università. Grazie alla Federation of Student Islamic Societies (Fosis),

l’organismo ufficiale che riunisce gli studenti universitari musulmani.

Al pari di altri 172 terroristi censiti in Understanding Terror Networks di

Marc Sageman i due non avevano mai conosciuto in vita loro la povertà,

provenivano dalla classe media e avevano beneficiato di un’istruzione

continua fino a quella universitaria. Eppure la vulgata vuole che questi

fanatici vengano arruolati tra gli oppressi del pianeta. Forse il mondo è più

complicato delle semplificazioni ideologiche.

Asterischi di Kappa

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI10

La lanterna di Diogenedi Fabio Minazzi

La tragedia della scuola italiana

La ricchezza di un paese non è data dai conti in banca, bensì

dalla sua capacità di saper pensare e saper produrre nuove

idee. Del resto anche in ambito storico è il pensiero che ha

tratto l’uomo dalla barbarie e che ha consentito di aprire

nuovi scenari in ambito scientifico, artistico, letterario, poeti-

co, architettonico, matematico, biologico, archeologico, ecc.

Ma dove si forma, si tutela e si incrementa la capacità di pen-

sare se non nelle scuole? Ecco allora che gli investimenti nel

processo formativo – dalle scuole primarie fino all’università

– costituiscono una priorità strategica per ogni paese che vo-

glia proiettarsi nel futuro con speranza e creatività.

Ma se si guarda alla condizione complessiva della scuola ita-

liana non si può che rimanere colpiti assai negativamente: as-

senza di idee da parte dei ministri che si sono succeduti, ri-

forme sistematicamente sbagliate e incapaci di comprendere

la natura fondamentale del processo formativo e, last but not

least, investimenti ai minimi europei.

Partiamo da questi ultimi. In Italia la spesa pubblica per stu-

dente (espressa in euro) è calata dai 6726,8 euro del 2008 ai

6.233,4 del 2010. Di contro in Francia, dal 2008 al 2010, è cre-

sciuta da 7001,5 a 7.337,4; in Germania, dal 2008 al 2009, è

cresciuta dai 7.023,9 ai 7.299,0 mentre in Spagna, dal 2008 al

2010, è diminuita da 6.992,3 a 6.865,2 e negli Stati Uniti, dal

2008 al 2010, è calata da 11.783,2 a 11.508,7.

Sono dati emblematici. Da essi si evince che l’Italia in primo

luogo è il paese che spende meno di tutti per studente.

In secondo luogo, se ne ricava anche che la spesa pubblica

italiana per studente è nettamente inferiore a quella di Fran-

cia, Germania, Spagna e Stati Uniti. In terzo luogo, anche ri-

spetto ai paesi come Spagna e Stati Uniti, che pure diminui-

scono leggermente la loro spesa pubblica per studente, l’Ita-

lia rimane sempre nettamente inferiore ai loro investimenti.

La politica si disinteressa della scuola italiana e le conseguen-

ze sono sotto gli occhi di tutti. Il paese più avanzato è infatti

anche il paese che investe maggiormente nella formazione

dei propri cittadini.

Se i politici si ostinano a non capire, chi lavora nella scuola ha

invece il dovere civile di aiutare la società a non dimenticarlo.

Fabio Minazzi Università dell’Insubria

Pedagogia dell’incontro

In questo tempo di crisi dell’educazio-

ne tanti educatori (insegnanti e non

solo) sono alla ricerca di elementi di

novità che possano risultare efficaci

per il dialogo con le nuove generazioni.

Talvolta si attribuisce alla società l’in-

successo dell’azione educativa; tal’altra

ai ragazzi, che «non sono più quelli di

una volta».

Sappiamo che il segreto dell’educazione

sta nella qualità della relazione che si rie-

sce a stabilire con i più giovani; chi rinun-

cia ad essa, magari ritenendola un ele-

mento accessorio o marginale del fatto

educativo, rischia di vedere il fallimento

del suo impegno: non solo di quello

educativo, ma anche di quello didattico.

Il docente che, da credente, si interroga

su come svolgere con onestà e compe-

tenza il proprio compito, può trovare

nel Vangelo preziose indicazioni.

Il Vangelo è un libro di vita e proprio

per questo può orientare l’azione di

quanti si dedicano ad un compito

che è vivo e fatto per la vita.

Volendo leggere l’azione di Gesù nel

Vangelo con categorie educative, si

potrebbe dire che la sua è una peda-

gogia dell’incontro. I suoi insegna-

menti passano attraverso un faccia a

faccia diretto: sguardi che si incontra-

no, sentimenti dimenticati che affiora-

no alla coscienza, una fiducia in se

stessi e nella vita che si riaccende.

Gesù non è un pedagogista, ma un

Maestro: «uno solo è il vostro Maestro»

– si legge nel Vangelo di Matteo (23,8).

Maestro anche per tutti coloro che,

mossi dal desiderio di essere veri mae-

stri delle nuove generazioni, sono di-

Vangelo docentedi Paola Bignardi

Giotto, Risurrezione di Lazzaro (1304-1306), Padova, Cappella degli Scrovegni.

sposti a mettersi alla sua scuola.

Noi cercheremo di farlo nei nostri ap-

puntamenti su «Nuova Secondaria»:

non guarderemo ai tanti maestri di cui

pure è ricca la tradizione educativa del

Cristianesimo, ma guarderemo a Lui e

soprattutto al suo modo di entrare in

relazione con le persone e di ri-suscita-

re in loro la voglia del bene.

Paola BignardiPubblicista, già presidente nazionale

dell’Azione Cattolica Italiana

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

FATTI E OPINIONI

Occhio alla scienzadi Matteo Negro

Scienza e verità

Inauguriamo questa nuova rubrica con una breve ma doverosa

riflessione sul senso e sulla missione della scienza nel mondo

contemporaneo. In realtà la natura e il compito di questo tipo di

conoscenza non sono riducibili allo spirito del tempo, né sono

assoggettabili ad un modello di comprensione di tipo storico.

Tuttavia, è innegabile che la “percezione” di che cosa sia la scien-

za e dei suoi scopi fondamentali vari anche in funzione dei risul-

tati pratici e delle scelte operative che, pur derivando da un me-

todo di stampo indubbiamente non relativistico, inevitabilmen-

te rifluiscono sul mondo della vita, arrivando ad orientarlo e per-

sino a plasmarlo.

È vero che la conoscenza di senso comune non è la conoscenza

scientifica, ma è altresì vero che nel senso comune sedimentano

sempre di più concetti e significati veicolati dalle conoscenze

scientifiche. Basti pensare alla nozione di “natura”. Si è persa via

via la connotazione metafisica del termine, prevalente in modo

perspicuo nel mondo classico, così come in epoche non remote.

Fino a pochi decenni fa sarebbe infatti apparso quanto meno

bizzarro aprire un dibattito, ad esempio, sul significato di “natura

umana”, mentre oggi è forse maggioritaria la convinzione oppo-

sta, e cioè che, se proprio si deve attribuire alla persona umana

una precisa natura, sia necessaria a tale scopo una discussione

pubblica, alla quale le scienze, e quelle naturali in via prioritaria,

sono chiamate a contribuire autorevolmente. Un’autorevolezza

spesso negata oppure riconosciuta in modo condizionato ad al-

tri saperi, come la filosofia o la religione, un tempo ritenuti supe-

riori, perché non sperimentali.

Ma anche concetti prossimi agli interessi concreti delle persone,

come quelli di “procreazione” o “comunicazione”, sono stati enor-

memente influenzati dallo sviluppo della ricerca scientifica. In

questi e in tanti altri casi analoghi si assiste addirittura a un ridi-

mensionamento della geometria antropologica. L’uomo ha mu-

tato profondamente il modo di misurare sé stesso e la sua posi-

zione nel mondo: da essere unico e baricentrico è divenuto, o ri-

divenuto, parte integrante del regno naturale, soggetto al deter-

minismo e quasi incapace di dare un contenuto originale e sen-

sato alla propria libertà. In effetti, se ci si riflette, tutto ciò sembra

stridere con il dato altrettanto evidente che mai come in questi

ultimi cento anni gli uomini abbiano avvertito l’urgenza e la ne-

cessità della lotta per la libertà nelle sue molteplici declinazioni:

dalle battaglie per il riconoscimento dei diritti politici, etnici o

sociali alle forme più disparate di contestazione o di liberalizza-

zione. Sembra quasi che l’uomo lotti strenuamente per afferma-

re libere relazioni, ma mantenga una certa ritrosia (e pudore) a

riconoscersi e a definirsi costitutivamente libero.

La scienza, dunque, e il suo correlato tecnologico sono dei gran-

di generatori di significato. Sovente pubblicazioni commerciali,

testate giornalistiche, programmi o canali televisivi non soltanto

divulgano, attraverso un linguaggio accessibile, lo stato di avan-

zamento delle scoperte scientifiche e delle loro applicazioni, ma

trasmettono pure il messaggio “subliminale” che molte delle do-

mande significative che l’uomo si è posto nel corso della storia

plurimillenaria possano oggi trovare delle risposte notevolmen-

te più semplici e demitizzanti all’interno della rigorosa narrazio-

ne della scienza. Talvolta si è persino inclini a pensare che, in fin

dei conti, quelle stesse domande fossero in gran parte mal poste,

se non addirittura irrilevanti. Ma, paradossalmente, è proprio

questo il punto che mette a nudo la grande differenza tra il sen-

so comune e la scienza autentica, cioè quella che non si fa ideo-

logia e neppure opinione di massa. Il senso comune può essere

imbevuto di qualsiasi opinione, dalla più dogmatica alla più am-

bigua, fin quando non venga sottoposto ad una verifica puntua-

le e stringente. Anche se la maggioranza delle persone in un

dato contesto, per assurdo, fosse convinta che esistano degli ele-

fanti scarlatti o che, come un tempo si diceva, la birra faccia

buon latte, tali asserti rimarrebbero comunque falsi. Questo non

implica necessariamente che alla conoscenza di senso comune

sia estraneo il tema della verità, dal momento che pure nel suo

ambito è possibile argomentare e dimostrare la verità o la falsità

di un gran numero di affermazioni. Molto più semplicemente,

però, si constata che il senso comune non può essere deprivato,

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI12

FATTI E OPINIONI

in ultima istanza, del ricorso a qualche criterio di verificazione; si

deve così ammettere che la differenza tra il vero e il falso sia un

valore intrinseco. D’altronde, nessuno di noi condurrebbe una

vita normale confondendo di continuo il vero con il falso. Se poi

gli uomini di tutte le civiltà hanno sentito l’esigenza insopprimi-

bile di porsi degli interrogativi fondamentali, oltre a molti altri di

rilevanza ristretta, lo si deve principalmente a una spinta interio-

re alla ricerca del vero e all’esclusione del falso. La ricerca della

verità implica però il giusto metodo, la strada migliore per arriva-

re a destinazione. E il metodo dipende, in fin dei conti, da quel

che si intende verificare, dalla meta che si vuole raggiungere.

Non si può escludere, a priori, che certi obiettivi siano quasi ir-

raggiungibili; ma per quanto possa apparire strano, l’arduità di

un traguardo non giustifica la sua negazione: possiamo dire

qualcosa di vero anche su un oggetto o un fatto che non è alla

nostra portata, ancorché esistente. Vuol dire che il metodo che

abbiamo a nostra disposizione non è compiutamente adeguato,

e potrebbe non esserlo mai, a quel tipo di verificazione. I metodi

disponibili possono fornirci, in questi casi, solo alcuni pallidi indi-

zi che ci rivelano, tuttavia, l’esistenza di una realtà supremamen-

te meritevole di essere comunque ricercata. La scienza moderna

nasce dalla stessa esigenza, dalla spinta interiore che ha mosso i

primi ricercatori a distinguere il vero dal falso. E la scienza, per

quanto rivolta allo studio di fatti sperimentalmente accertabili, fa

i conti con la medesima limitazione di principio che segna il

cammino periglioso di qualsiasi uomo alla ricerca di risposte

vere, e non soltanto verosimili.

La conoscenza è inesauribile e il limite fra ciò che sappiamo e ciò

che ignoriamo, pur spostandosi continuamente, è sempre pre-

sente. Il ricercatore autentico vive con atteggiamento di grande

umiltà la sua avventura, riuscendo a trasmettere a tutti la consa-

pevolezza di una dimensione metafisica insuperabile. È questo il

senso profondo della “vocazione” dello scienziato, indipendente-

mente dall’area disciplinare in cui opera. Accoglie in sé in qual-

che modo una disposizione di tipo religioso o mistico, giacché

allo sguardo sul limite si accompagna il desiderio del suo tra-

scendimento. Per questa ragione facciamo fatica a giudicare la ri-

cerca scientifica come un percorso esclusivamente tecnico o pro-

fessionale: esso è piuttosto un cammino esistenziale che, forse

più di altri, richiede e impegna virtù personali come l’umiltà, la fi-

ducia, la tenacia, il coraggio e la lealtà.

Il nostro è un tempo in cui è necessario che il senso profondo di

tale dimensione venga prepotentemente alla luce. La presunzione

di molti che spinge al rifiuto del realismo e alla teorizzazione della

naturalizzabilità di ogni frammento dell’esperienza rischia di ge-

nerare disastri che, inevitabilmente, si ripercuoterebbero su di noi

e sul nostro ambiente. Una presunzione che pretende di trattare

la filosofia, la cultura, la politica, la religione, il diritto, e le stesse

scienze sperimentali, senza il dovuto rispetto per i loro metodi pe-

culiari: metodi più che adeguati alla conoscenza di realtà e conte-

sti, come la vita umana, le dimensioni dell’azione e della relazione,

su cui è invece indispensabile poter esprimere giudizi veritieri.

Matteo NegroUniversità di Catania

Il lavoro, l’imprenditore e il dipendente

Peggio dell’Austria che, secondo Napoleone, era sempre in

ritardo di un’idea, di un’annata e di un’armata.

Peggio dell’Austria perché se le idee che si leggeranno sotto

fossero adesso condivise dagli amici di partito di chi le ha

scritte e, soprattutto, fossero state condivise solo dieci anni fa

dalla contraddittoria galassia che compone la sinistra la storia

recente d’Italia sarebbe stata ben diversa e, forse, avremmo una

crisi economica meno imbarazzante di quella che subiamo.

Non ci resta che sperare, dunque. Sperare in una maturazione

che porti tutti a condividere il fatto che «il lavoro lo fa

l’impresa» e «quanto prima la sinistra si libererà dai vecchi

pregiudizi e smetterà di pensare che chi intraprende è un

padrone, meglio sarà».

«Chi rischia di suo, chi inventa una idea produttiva, chi dà

occupazione è un eroe del lavoro. E vorrei non lo scoprissimo

solo quando un imprenditore si suicida pur di non licenziare i

suoi operai». «Vorrei che capissimo una volta per tutte che tra

il lavoratore disperato perché sta perdendo il suo posto e con

esso la propria dignità e il piccolo o medio imprenditore che

non sa come pagare il mutuo della banca che gli chiede di

rientrare, c’è una comunità di destino. Sono tutti e due pilastri

dell’economia e della società. Solo chi non è mai stato in una

azienda italiana può pensare che la soluzione per questo tempo

di recessione sia ripartire dal conflitto tra padroni e operai».

Per questo, «la contrattazione decentrata non è un cedimento

al nemico di classe ma un modo per dare corpo a questa

comunità di relazione di destino». Sono citazioni tratte da

Walter Veltroni, E se noi domani, Rizzoli, Milano 2013.

Asterischi di Kappa

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

FATTI E OPINIONI

Didattica del classicodi Augusta Celada

L’insegnamento delle lingue classiche in Europa

L’insegnamento delle lingue classiche in Italia e in Europa pre-

senta oggi alcune somiglianze accanto a significative differenze;

dunque, prima di tracciarne un breve excursus, può essere utile

considerare come si sono determinate le differenze di metodi

e di approccio allo studio dei classici che osserviamo oggi nei

diversi paesi. Se si considera lo studio delle lingue e delle di-

scipline classiche in ambito universitario le analogie nei

metodi di insegnamento nei diversi paesi pesano molto più

delle differenze. Se invece si prendono in esame i metodi di

insegnamento presenti nelle scuole di livello secondario, ossia

le scuole appartenenti al livello 3 del sistema ISCED1, e i modi

della presenza delle discipline nell’educazione dei giovani e

nei curricula formativi in Europa, prevalgono di gran lunga le

differenze.

Opinione comune è che in Italia l’insegnamento delle

discipline classiche sia sempre stato vivo e abbia goduto di

prestigio. In realtà non è così. Fino alla fine del XIX secolo l’Italia

ne coltivò l’insegnamento in misura minore rispetto ad altri

paesi. Dopo la caduta di Costantinopoli i Greci esuli fecero di

Venezia la capitale culturale del mondo greco portando in Italia

una cultura dell’antico connotata da interesse filologico e gram-

maticale, assai diverso da quello filosofico proprio del mondo

latino e occidentale in genere.

Si diffuse così la conoscenza diretta e lo studio meticoloso e

puntuale dei testi non tràditi da commentatori ed epitomatori:

Venezia divenne la culla della filologia italiana. Aldo Manuzio

non a caso fu veneziano ed anche Poliziano mutò la direzione

dei propri studi dopo il soggiorno nel Veneto e i contatti con

Ermolao Barbaro; inoltre va ricordato che Venezia e Bologna

furono luoghi fondamentali per la formazione di Erasmo da

Rotterdam.

Fino al XVI secolo la cultura europea ebbe un approccio al mon-

do classico comune e condiviso; successivamente la riforma

protestante e la controriforma cattolica separarono in modo

definitivo lo sguardo e il punto di vista sul mondo antico. Dopo

il Concilio di Trento si determinò una netta diversificazione tra

la cultura del nord Europa e quella dei paesi cattolici e soprat-

tutto dell’Italia, con conseguente diverso atteggiamento nei

confronti del classico.

Nel nord Europa e nei paesi toccati dalla riforma protestante l’in-

fluenza erasmiana rimase forte e, attraverso il rifiuto della me-

diazione sacerdotale nell’alfabetizzazione e nell’istruzione, si at-

tribuì valore all’idea che l’istruzione fosse un dovere dell’individuo,

parte integrante dell’esercizio della libertà di interpretazione

delle Scritture; qui il latino fu praticato come lingua scientifica

sovranazionale, il greco studiato attraverso l’analisi e le edizioni

critiche dei grandi autori antichi.

Su tutt’altro versante, in Italia e nei paesi cattolici, l’antico veniva

percepito come un astratto tutt’unico che aveva contribuito

a preparare la rivelazione anticipandone modelli morali secon-

do una lettura di matrice plutarchiana e virgiliana. Il latino fu

insegnato sempre più come lingua viva utile per l’esercitazione

retorica, mentre lo studio del greco naufragò conservato solo

nelle scuole gesuitiche, spesso assimilato alle lingue orientali

e testamentarie. Progressivamente al documentum si sostituì

il monumentum e si fece strada un approccio “antiquario” al

mondo antico sostenuto anche dall’apporto delle arti minori

e dal collezionismo.

Nel corso del XVIII e del XIX secolo in Italia la conoscenza del

greco fu assai poco diffusa: Giacomo Leopardi in una lettera

datata 1 febbraio 1826 scrive: «[a Bologna] si contano tre per-

1. Lo standard ISCED è nato in seno all’UNESCO all’inizio degli anni settanta comestrumento per fini statistici sui sistemi di istruzione, sia all’interno di singoli stati chein ambito internazionale. Approvato a Ginevra nel 1975 durante la Conferenza Inter-nazionale sull’Educazione, L’ISCED è stato successivamente firmato dalla ConferenzaGenerale dell’UNESCO in seguito all’adozione della raccomandazione riguardo allastandardizzazione delle statistiche in campo di istruzione (Parigi, 1978).L’esperienza e l’applicazione nel tempo hanno dimostrato la necessità di una revi-sione dei criteri dell’ISCED per facilitare ulteriormente un’analisi comparata dei vari li-velli di istruzione del mondo nonché dei cambiamenti maturati all’interno dei sistemidi istruzione mondiali.Si giunse così nel novembre 1997 all’adozione di un nuovo standard denominatoISCED 97 che copre due variabili classificatorie: il livello e il campo di istruzione.

Fregio dell’Ekatompedon di Atena Poliàs (VI sec. a.C.), Atene, Nuovo Museo dell’Acropoli.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI14

FATTI E OPINIONI

sone che sanno il greco e Dio sa come» e in un’altra descrive

lo stupore degli astanti quando egli a Ravenna dimostra di sa-

per leggere il codice di Aristofane.

Luigi Settembrini traducendo le opere di Luciano di Samosata

contrappone a Inglesi, Francesi e Tedeschi gli Italiani che de-

finisce «dimentichi di una lingua che i nostri antichi parlavano».

Unica eccezione nel settecento italiano fu Clotilde Tambroni,

detta Saffo rediviva, letterata di grande notorietà internazionale,

docente nell’Ateneo di Bologna, membro di molte accademie

europee e in contatto con Madame De Staël e Friedrich August

Wolf. La cultura greca della Tambroni rimaneva però legata al

mondo settecentesco e si tradusse nella composizione di carmi

greci d’occasione.

In Germania, invece, la filologia si misurava sulla questione ome-

rica e sulla tradizione del testo che avrebbe condotto Karl La-

chmann all’applicazione del metodo stemmatico all’edizione

del De rerum natura del 1852.

La differenza di problematiche e di prospettiva emerge evi-

dente. Si dovette attendere il XX secolo per vedere la rinascita

degli studi filologici in Italia: paradossalmente, mentre il fasci-

smo sfruttava per motivi propagandistici la romanità, fu

proprio la prima metà del Novecento che vide la rinascita degli

studi filologici in ambito universitario e pose il mondo acca-

demico italiano al passo con le più avanzate scuole filologiche

europee. I principali contributi al rinnovamento, com’è noto,

vennero dalla scuola papirologica di Girolamo Vitelli e soprat-

tutto da Giorgio Pasquali figura centrale nella filologia

europea della metà del novecento.

Mentre la tradizione degli studi classici tedesca inglese e

olandese aveva privilegiato lo studio accurato dei testi portando

anche nell’insegnamento secondario un significativo rinnova-

mento di scopi e metodi, in Italia, invece, l’innovazione dei metodi

della ricerca filologica in ambito universitario, seguita al

prevalere dell’impostazione pasqualiana sulla tradizione anti-

chistica e antifilologica di Ettore Romagnoli, non si tradusse in

un corrispondente rinnovamento dell’insegnamento delle di-

scipline classiche nella scuola secondaria.

Nel nostro Paese, fino alla liberalizzazione degli accessi

universitari nel 1969, il liceo classico fu l’unica scuola a

consentire l’iscrizione a tutte le facoltà e, per tale ragione, rimase

incardinato ad una visione generalista della formazione, nella

quale la funzione e l’utilità primaria della conoscenza del

latino e del greco risultavano soprattutto quelle di fungere da

vaglio rigoroso della élite culturale.

In palese contraddizione e opposizione rispetto ai metodi della

ricerca scientifica, nella nostra scuola secondaria i metodi di

insegnamento sono rimasti a lungo ancorati allo studio del

latino come esercizio retorico, all’insegnamento della gram-

matica secondo un modello normativo rigido indifferente alla

varietà lessicale e sintattica propria di una lingua dalla

millenaria vitalità. Peraltro lo studio del greco è stato spesso

“schiacciato” sul modello del latino con cui sono state eviden-

ziate, talvolta artatamente, le affinità morfologiche a dispetto

delle differenze di pensiero e di sensibilità e dunque sintattiche

e lessicologiche.

Oggi l’insegnamento delle discipline classiche deve misurarsi

con la sfida della complessità e innovarsi profondamente pena

lo scollamento definitivo tra i metodi dell’insegnamento e i me-

todi della ricerca e la morte per soccombenza ed inutilità di

una trasmissione antiquaria, quando non antiquata, di

contenuti. Se si vuole trovare un fil rouge che leghi il mondo

antico e il suo codice linguistico a quello attuale, questo è sen-

z’altro il parametro della complessità linguistica e culturale e

della mescolanza di apporti.

La riflessione metodologica sull’insegnamento delle discipline

classiche, prima che ingarbugliarsi nella discussione sui diversi

metodi praticati e sui modelli grammaticali seguiti, deve

condursi con attenzione a due mere considerazioni di attualità.

In primo luogo la considerazione che le lingue classiche

proprio in quanto “morte” - meglio sarebbe dire fissate in un

numero finito di esperienze testuali e non più modificabili dai

parlanti - hanno, per l’apprendimento linguistico, lo stesso valore

che ha un esperimento in laboratorio per l’apprendimento dei

fenomeni naturali: consentono di predeterminare artificialmen-

te le condizioni dell’apprendimento; secondariamente che i

recenti studi sulle neuroscienze hanno dimostrato che ogni ap-

prendimento intenzionale, sia esso scientifico, motorio o

anche operativo, inizia con i meccanismi propri dell’appren-

dimento linguistico. L’innovazione didattica nel campo delle

lingue classiche, oltre a tener conto delle acquisizioni della ri-

cerca, deve privilegiare gli snodi fondamentali dei due codici

linguistici greco e latino i quali da soli sono in grado di illuminare

lo scenario dell’antico nel panorama culturale contemporaneo.

Snodi culturali ineludibili appaiono: la differente genesi

lessicale per derivazione, da una radice comune o da una parola

madre, la sensibilità della lingua greca per la concretezza del-

l’azione verbale, la minore significanza del valore temporale

del verbo greco in confronto al valore aspettivo, la compara-

zione tra le due lingue e le due culture dalle quali emerge l’ori-

ginarsi del pensiero occidentale dalla filosofia greca e il costi-

tuirsi della civiltà europea dal diritto romano attraverso la me-

diazione latino-cristiana.

Augusta CeladaDirigente Scolastico

Educandato Statale “Agli Angeli”, Verona

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 15

FATTI E OPINIONI

Dopo l’editoriale del n. 9 (maggio 2013)…

Idee per un programma di legislatura

On. Marina Berlinghieri

Il titolo dell’editoriale del prof. Bertagna, Emergenza formazione:

idee per un programma di legislatura che non guardi al passato,

ci mette di fronte al quadro ben chiaro in cui versa il sistema

formativo italiano: la scuola e l’università italiane sono in con-

dizione di emergenza perché guardano al passato in un con-

testo sociale profondamente mutato.

Viviamo in un mondo e in una società non solo radicalmente

cambiati, ma che cambiano continuamente in tempi rapidissimi

e dove i cambiamenti riguardano non solo le cose e i processi

sociali, ma anche e soprattutto le persone.

Abitare l’età della tecnica e del digitale è abitare un’età che

modifica profondamente l’uomo soprattutto a livello mentale:

l’intelligenza umana si sta trasformando da problematica a dua-

le e tutti noi siamo dentro a un meccanismo di cambiamento

che ci sta portando a ragionare sempre di più secondo lo sche-

ma binario tipico dei processi informatici. La risposta a molte

delle nostre necessità passa attraverso una mancata proble-

matizzazione sia del bisogno che del gesto che serve a rispon-

dere al bisogno stesso, determinando un percorso per cui a

domanda complessa segue risposta semplice: alla maggior par-

te dei nostri bisogni rispondiamo premendo un tasto.

Una delle sfide (insieme a quelle legate ai nuovi modi di co-

municare e alla globalizzazione) a cui il sistema educativo deve

oggi far fronte, se vuole continuare a formare l’uomo e il cit-

tadino, in modo che tutti e ciascuno siano in grado di dare il

massimo individualmente possibile e il minimo socialmente

utile, è proprio questa: garantire l’educazione alla complessità

della persona, della realtà e della vita in un tempo in cui ten-

diamo sempre di più ad assumere atteggiamenti “binari”.

Da qui, mi sento di condividere pienamente l’analisi dell’edi-

toriale: noi in Italia abbiamo un percorso formativo che,

anziché guardare alle sfide che l’oggi e il domani ci pongono,

ha gli occhi rivolti al passato, è improntato a formare quadri

dirigenti per una società che non esiste più.

È più che mai urgente oggi avviare una riflessione sul tipo di

società che vogliamo costruire, che vogliamo essere; una ri-

flessione che includa, oltre a un’analisi attenta della realtà, le

risposte che vogliamo dare alle sfide dell’oggi e del domani

e che in base a queste metta in campo strumenti adeguati per-

ché le nuove generazioni siano sufficientemente attrezzate per

farvi fronte.

Troppo spesso fino ad ora abbiamo assistito ad alcune scelte

schizofreniche dentro al sistema formativo: ad acquisizioni pe-

dagogiche, a rilievi di bisogni conseguono scelte che vanno

nella direzione opposta.

Tanto per fare degli esempi concreti.

Il tema della formazione professionale relegato nel nostro Paese

a formazione di serie B, secondo una visione gentiliana della

società, rimane irrisolto (se non addirittura acuito come pro-

blema).

Infatti tutti sappiamo che esistono intelligenze multiple, che

sono la ricchezza dell’umanità, intelligenze che hanno con-

sentito di avere filosofi, artisti, tecnici, artigiani che hanno fatto

grande la storia del nostro Paese - basti pensare a geni come

Leonardo da Vinci o Michelangelo che hanno sviluppato la

loro genialità dentro alle botteghe attraverso un esercizio quo-

tidiano, che nel tempo ha consentito loro di trasformare il fare

pratico in arte e poesia; basti pensare a tutta la grande ricchez-

za delle piccole e grandi imprese artigiane, manifatturiere che

costituiscono la rete economica del nostro paese e che per

far fronte alle richieste del mercato hanno bisogno di un’al-

tissima professionalità manuale; basti pensare ai mestieri d’arte

(il restauro, la liuteria, l’artigianato artistico) di cui il nostro Paese

potrebbe vivere e con cui potrebbe far ripartire interi settori

dell’economia e del turismo culturale.

Tutti sappiamo che intelligenze profondamente diverse tra

loro hanno bisogno di essere scoperte, valorizzate, esercitate

con modalità formative differenti per fare in modo che chi le

possiede possa esercitarle in un dialogo fecondo con la realtà

stessa.

Tutti sappiamo che le intelligenze pratiche si possono valo-

rizzare e coltivare soltanto facendo in modo che queste pos-

sano essere esercitate nella pratica.

Ecco a questa consapevolezza, a queste cose che “tutti sap-

piamo”, corrisponde nella scuola la mancanza pressoché

totale di una formazione professionale seria che preveda al suo

interno il confronto continuo con il lavoro manuale.

Di più, continuiamo a fare in modo che le persone vengano

“livellate” dentro a percorsi formativi più o meno uguali per

tutti, dove chi ha grandi potenzialità viene mortificato e chi

spesso costituisce la fascia debole è in questa situazione solo

perché costretto, dal sistema, a fare cose per cui non è asso-

lutamente portato.

Ora, siccome i risultati di scelte del genere sono sotto gli occhi

di tutti, tanto che chiunque abbia a che fare a vari livelli con

la scuola può “riempire” di esempi concreti tutte le riflessioni

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fatte sulle criticità del sistema formativo a cui si fa riferimento,

credo sia davvero arrivato il momento di invertire la rotta. Tanto

più nel momento di crisi attuale.

La pubblicazione del rapporto annuale ISTAT del 2013

rafforza e avvalora la consapevolezza che la situazione di emer-

genza in cui ci troviamo deve chiamare in causa le Istituzioni

per un lavoro e per un programma legislativo che sia attento

agli interventi da fare nell’oggi, ma anche che guardi a un per-

corso più a lungo termine, che abbia la scuola e l’università

al centro e che le veda come perno del cambiamento e della

crescita.

Perché questo sia possibile occorre però una politica corag-

giosa, autorevole, capace di assumere le analisi e le riflessioni

che leggono la realtà e capace soprattutto di fare scelte al-

trettanto coraggiose, che mettano al primo posto il Paese, i

suoi bisogni e non la ricerca del consenso dell’una o dell’altra

parte.

Quando si dice che occorre considerare la scuola e i percorsi

formativi come elementi centrali per la crescita e lo sviluppo

di questo paese non solo nell’oggi, ma anche in un’ottica di

futuro, si dice che è necessario considerare e riflettere sulla

società nel suo insieme, si dice che è necessario mettere a di-

sposizione risorse economiche, ma anche di pensiero, per ca-

pire dove si vuole andare, a quali obiettivi si sta mirando.

La scuola oggi ha bisogno di una politica che veda coerenza

tra pensiero e azione, ha bisogno di essere di nuovo consi-

derata come motore della società, come luogo di formazione

al futuro, come palestra di cittadinanza.

Ho spesso ricordato ai miei studenti che avere la possibilità

di dedicare i primi 20 anni della propria vita alla formazione

è un privilegio di pochi giovani al mondo e che questo pri-

vilegio, frutto di lotte per la democrazia, non è dato una volta

per sempre, va coltivato, tenacemente conservato e voluto.

Pena la regressione personale e collettiva; pena la regressione

democratica.

Ma questo è possibile solo se a tutti i livelli ricominciamo a

voler bene alla scuola, se smettiamo di considerarla solo “posti

di lavoro”, solo luogo dove i nostri figli “devono andare,

perché tanto non c’è altro da fare”.

Questo è possibile però solo se alla scuola leghiamo la cate-

goria che più strettamente le appartiene e che noi abbiamo

troppo spesso dimenticato: la scuola deve tornare ad essere

fucina del futuro e noi al futuro dobbiamo tornare ad essere

fedeli, nella costruzione attenta e intelligente di questo pre-

sente.

Marina Berlinghieri Deputato del Partito Democratico

Il costo delle macerie

di Giuseppe Zanniello

Le idee espresse nell’editoriale di Nuova Secondaria di maggio

2013 sarebbero totalmente condivisibili se qualcuno non aves-

se già tentato di farle attuare dieci anni fa a un Ministro del-

l’istruzione che faceva parte di un Governo che godeva di una

solida maggioranza parlamentare. Successivamente, in pros-

simità di precedenti elezioni nazionali, si è tentato inutilmente

di far condividere ai partiti molte delle idee espresse nell’edi-

toriale, inserendole in un documento sulla scuola elaborato

da esperti super partes. L’apparente invisibilità, per la classe po-

litica italiana, del fallimento educativo della scuola statale non

consente purtroppo facili ottimismi.

Non ci si deve preoccupare per lo slogan contro la scuola pa-

ritaria pubblica non statale, che è confusa con la scuola

privata, perché è già successo di peggio. La riduzione progres-

siva del finanziamento della scuola pubblica non statale è ar-

rivata al punto che la somma attualmente in bilancio è pari

alla metà di quella stabilita inizialmente dalla legge approvata

dal Parlamento, su proposta del Ministro Berlinguer, tredici anni

fa, mentre i costi intanto si sono moltiplicati provocando così

la chiusura continua delle scuole paritarie. Inoltre in alcune re-

gioni è stato anche abolito il buono scuola, che dava un piccolo

sostegno alle famiglie che sceglievano la scuola paritaria. Se

il finanziamento dell’intero sistema dell’istruzione pubblica non

statale, che serve quasi un milione di alunni, è pari a quello stan-

ziato per l’acquisto di tre caccia, della cui imprescindibilità nes-

suno osa discutere, come ci possiamo stupire della retorica e

della demagogia dei programmi elettorali riguardanti la

scuola? Se la distribuzione dei finanziamenti per la formazione

professionale da parte delle Regioni non è legata alla verifica

dell’occupazione degli allievi, perché meravigliarsi quando i

politici regionali si preoccupano innanzitutto di conservare gli

stipendi ai docenti della formazione professionale?

Purtroppo il nostro sistema dell’istruzione e della formazione è

ancora inteso, dall’attuale classe politica, principalmente come

ammortizzatore sociale e luogo di formazione del consenso elet-

torale; i sindacati poi lo considerano per lo più come fonte di po-

tere, grazie al precariato che non vogliono eliminare e a piccoli

vantaggi che riescono a ottenere per i loro iscritti. I politici e i sin-

dacalisti non riescono ancora a percepire l’enorme danno che

milioni di giovani stanno continuando a subire da oltre quaranta

anni, per il malfunzionamento della scuola italiana. Non basta

considerare le punte di eccellenza, giustamente evidenziate, per-

ché esse, pur avendo un valore esemplare, non eliminano di per

sé i problemi di inefficienza della maggior parte delle scuole statali.

Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI16

FATTI E OPINIONI

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 17

Le conseguenze della crisi scolastica sono sotto gli occhi di tutti.

Basti pensare all’età alla quale oggi un giovane italiano

riesce ad acquisire una competenza professionale adeguata

alle richieste del mercato del lavoro globalizzato e al fatto che

la selezione non è stata eliminata dalla scuola, ma semplice-

mente spostata in avanti. Oltre al dato scandaloso di un sistema

educativo di istruzione e formazione che perde per strada una

parte considerevole dei suoi alunni, ai quali spesso non con-

sente neppure di acquisire una qualificazione professionale

dignitosa, rispetto a 40 anni fa è aumentato il numero di giovani

in possesso di un titolo di studio elevato, ma è aumentato anche

il numero delle persone di età compresa fra i 25 e i 35 anni che

non studiano e non lavorano. Per uscire dalla trappola in cui

ci siamo cacciati bisognerebbe chiudere per un anno tutte le

scuole e ricominciare da capo; ma questo evidentemente non

si può fare.

Certamente sarebbe bene ridurre di un anno il ciclo dell’istru-

zione secondaria di secondo grado perchè a 17-18 anni si è

già in grado di scegliere uno dei quattro canali formativi post-

diploma ; poi ci sarebbe ancora un altro anno di tempo per per-

fezionare la propria scelta formativo-professionale. Forse

questa è l’unica proposta dell’editoriale che potrebbe essere

accettata dall’apparato politico-burocratico perché ridurrebbe

la spesa pubblica; ma incontrerebbe la forte opposizione dei

sindacati.

Per quanto riguarda la formazione professionale e il rapporto

scuola-azienda, la situazione è molto diversa tra Nord e Sud.

In Sicilia funziona quasi solo la formazione professionale ero-

gata da enti di ispirazione religiosa (con un tasso di occupazione

degli allievi, a un anno dal diploma, pari al 50%), ma in Sicilia

le aziende non riescono a collaborare con la scuola nella pro-

gettazione di percorsi formativi per giovani, come ha dimo-

strato il fallimento dei corsi IFTS.

Per affrontare una catastrofe educativa ci vuole ben altro che

l’approccio “cacciavite”. Bisogna favorire subito l’iniziativa in cam-

po scolastico di chiunque abbia l’entusiasmo necessario per

educare, nel rispetto dei principi costituzionali e delle indica-

zioni nazionali per il curricolo. Probabilmente gli esempi di ini-

ziative scolastiche ben riuscite incoraggerebbero la nascita di

altre innovazioni. Chi perderebbe potere con l’approccio “ri-

costruttivo”? I politici, i burocrati ministeriali e i sindacati, un

esercito di persone che portano avanti la scuola italiana cer-

cando di far fronte alle continue emergenze, ma che non pos-

sono guardare oltre l’orizzonte.

Se, mentre si libera il Paese dalle sue ingombranti - e, parados-

salmente, costose - macerie scolastiche, si riuscisse a ricreare

il clima di “concordia ricostruttiva” che vigeva in Italia nella se-

conda metà degli anni Quaranta del secolo scorso, l’editoriale

di maggio potrebbe diventare la bussola della politica

scolastica italiana. Nell’attesa che avvenga il miracolo posso

solo formulare auspici.

Che lo stato restituisca ai genitori i soldi spesi male per la scuola

dei loro figli. Che ogni istituto scolastico paghi i suoi insegnanti

con i soldi che tutti i genitori dovrebbero ricevere dallo stato

nella forma del “buono scuola”. Che gli insegnanti siano

assunti dai dirigenti scolastici con il parere positivo del

consiglio di amministrazione dell’istituto, in completa auto-

nomia. Si smantelli la burocrazia scolastica centrale, regionale

e provinciale e si costituiscano snelli organismi di controllo del

rispetto degli standard nazionali, fissati per legge, da parte dei

singoli istituti. Si abolisca il valore legale del diploma di

scuola secondaria. Si promuova la libera iniziativa pedagogica

degli insegnanti abilitati e dei dirigenti scolastici selezionati

con modalità più valide e affidabili di quelle attuali.

Ci saranno sempre dei furbi che vorranno approfittare, a loro

vantaggio, della deregulation scolastica; ma si auspica che i ge-

nitori siano più esigenti dei burocrati ministeriali nel tutelare

la qualità dell’istruzione ricevuta dai loro figli.

Giuseppe ZannielloUniversità di Palermo

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI18

FATTI E OPINIONI

Progettare la formazione per progettare il futuro

di Laura Clarizia

Se dovessi indicare un’unica parola chiave, strutturale e fon-

dativa dell’intero discorso presentato nell’editoriale da Giu-

seppe Bertagna («Nuova Secondaria»,n.9, maggio 2013), direi

Progetto, progetto pedagogico, cioè costruttore di senso e di

futuro per le giovani generazioni (e non solo), nel momento

della crisi economica.

Ciò che emerge, nell’editoriale, è la tendenza, pedagogicamente

progettuale, ad uscire dal sistema (e da una connessa riflessi-

vità-autoriflessione solo autoreferenziale); è la capacità del pe-

dagogista di attivare un potenziale di riflessività innovativa e

non, come frequentemente accade, totalmente sedimentata

in una critica tutta autoreferenziale (spesso strumentale o au-

toconsolatoria, ma sempre statica).

Ne consegue una proposta in cui la tendenza progettuale pe-

dagogica a intendere il proprio tempo riesce a produrre vettori

di senso e istanze operative concrete. In questo senso, la pro-

posta di politica pedagogica (ordinamentale e paradigmatica)

può contribuire a ridurre, nel rapporto sistema scolastico – am-

biente, complessità e incertezza attraverso un progetto che,

nell’emergenza formazione, possa tendere a non bruciare il futuro

dei giovani.

La confusione e l’incertezza attuali non sono tanto l’esito della

complessità sistemica quanto, piuttosto, strumentali alla pro-

paganda elettorale e alla connessa (questa sì) frequente

relativa ignoranza.

Mai come in questo momento scuola e università hanno fatto

fatica a presentarsi come i luoghi privilegiati della promozione

sociale e dell’accesso al mondo lavorativo. Fin qui, le iniziative

antidispersione scolastica e universitaria non sono riuscite nel-

l’intento di innalzare il livello motivazionale della frequenza

scolastica e universitaria.

Nel progetto di concreta politica scolastica, l’editoriale

individua tempi e modalità specifici di intervento negli ordi-

namenti del settore formativo secondario e terziario, ma, so-

prattutto, indica l’esigenza di un nuovo paradigma formativo,

un paradigma definibile ricorsivo-contestuale e che comincia

a trovare un’applicazione centrale nell’apprendistato formativo,

all’interno di un nuovo (più agile e concreto) ordinamento for-

mativo complessivo.

L’apprendistato formativo, senza essere risolutore di ogni

problema economico, culturale e sociale, è stato una proposta

concreta in grado di spingere lo sguardo oltre lo steccato. In par-

ticolare, centrandosi sulla teoria e sulla pratica dell’impresa for-

mativa, permetterebbe anche ai giovani italiani dai 15 ai 29

anni (come accade in altre parti d’Europa) di ottenere

qualifiche, diplomi, diplomi superiori, lauree magistrali,

dottorati. Ma, allo stesso tempo, aiuterebbe non poco, se ben

praticato, l’innovazione delle imprese.

Il complessivo nuovo scheletro ordinamentale esigerebbe, tut-

tavia, il superamento di alcuni luoghi comuni, che possono, an-

che in economia (oltre che nella capacità di pensare proget-

tualmente), produrre fissità, staticità, stagnazione: esigerebbe

una riforma del pensiero, direbbe Morin.

O il superamento di due radicati paradigmi epistemologici. In-

nanzitutto, il superamento del paradigma, orizzontale, della

separazione: tra formazione intellettuale e formazione lavorativa

(che è come rimarcare la separazione tra le componenti

della persona); ancora, tra cultura generale e cultura profes-

sionale; tra competenze trasversali (e trasferibili da un contesto

lavorativo a un altro) e competenze professionali specifiche;

superamento del paradigma della separazione tra teoria e pra-

tica e della (implicita idea di una) gerarchizzazione tra la pre-

parazione teorica e l’operatività pratica.

In secondo luogo, si esigerebbe il superamento del paradigma,

verticale, della preparazione a, per il quale la scuola e l’università

costituirebbero la struttura (progressiva, ma, in qualche

modo, definitiva) della preparazione (teorica) all’operatività la-

vorativa.

Paradigma, questo, che, tra l’altro, si oppone a ogni discorso

(ricorrente, da alcuni decenni, nei documenti italiani ed

europei) sulla necessità di promuovere professionalità flessibili,

in grado di fronteggiare la complessità, l’imprevedibilità e il

cambiamento, professionalità capaci di riorganizzare continua-

mente il proprio sistema di conoscenze e competenze, in un’ot-

tica di lifelong learning.

Certamente la realizzazione della «Strategia Europa 2020», nelle

priorità individuate in una crescita intelligente, sostenibile, in-

clusiva, non può non passare anche attraverso innovazioni or-

dinamentali e paradigmatiche del sistema formativo comples-

sivo, tali da favorire un ponte tra scuola e lavoro e, insieme, la

sperata coesione economica, sociale e territoriale.

Laura ClariziaUniversità di Salerno

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 19

FATTI E OPINIONI

L’Europa, il lavoro, la scuola, l’Italia: non è mai troppo tardiGiuseppe Bertagna

Secondo l’Istat, la disoccupazione è giunta al 12,8%. La Con-

fcommercio calcola, però, il tasso di disoccupazione reale ad-

dirittura al 15,7%. Quella giovanile è schizzata al 40,5%.

Oltre 2,2 milioni di giovani, inoltre, che non studiano, non

lavorano e non sono nemmeno coinvolti in programmi di

formazione. Per la Cgil, anche se l’Italia intercettasse la ripresa

accreditata per l'anno prossimo dai maggiori istituti statistici,

ci vorrebbero comunque tredici anni per ritornare al livello

del pil che si aveva nel 2007. E ben 63 anni per recuperare

il terreno perso tra fine secolo e anni finali di crisi economica

e dell’occupazione. Roba da brividi, se non ci fosse ancora

il patrimonio privato accumulato dalle generazioni passate

a cui attingere per mantenere livelli elevati di vita.

Non sono dati soltanto congiunturali, purtroppo.

Sono, infatti, 25 anni, secondo Visco, governatore della

Banca d’Italia, che l’Italia sarebbe ferma, immobile, con con-

tinui aggiustamenti emergenziali, senza mai veri cambia-

menti di paradigma nel mercato del lavoro, nella contratta-

zione sindacale, nell’amministrazione dello Stato, nelle

modalità della produzione.

In questo contesto, fa impressione l’ultima, ennesima Rac-

comandazione rinnovataci dalla Ue in materia di lavoro.

Fa impressione perché ripete pari pari analoghi «consigli»

già dati più volte. Si pensi soltanto al povero Marco Biagi e

al costo così tragico che dovette pagare per il suo purtroppo

incompreso sforzo riformista.

Dice dunque la Ue: «Dare attuazione effettiva alle riforme

del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione

dei salari per permettere un migliore allineamento dei salari

alla produttività; realizzare ulteriori interventi a promozione

della partecipazione al mercato del lavoro, specialmente quel-

la delle donne e dei giovani, ad esempio tramite la Garanzia

per i giovani; potenziare l’istruzione professionalizzante e

la formazione professionale, rendere più efficienti i servizi

pubblici per l’impiego e migliorare i servizi di orientamento

e di consulenza per gli studenti del ciclo terziario; ridurre i

disincentivi finanziari che scoraggiano dal lavorare le

persone che costituiscono la seconda fonte di reddito fami-

liare e migliorare l’offerta di servizi di assistenza alla persona

e di doposcuola; intensificare gli sforzi per scongiurare l’ab-

bandono scolastico e migliorare qualità e risultati della scuola,

anche tramite una riforma dello sviluppo professionale e della

carriera degli insegnanti».

Sembra il rilancio in grande stile del programma combinato

disposto rappresentato dalla legge Biagi e dalla legge

Moratti, ambedue del 2003.

È infatti dal 2003 che, anche da noi, se solo lo si fosse voluto,

e non fossero intervenute quelle politiche formative e del

lavoro così contraddittorie tra loro, in un tira e molla di pe-

riodiche ritrattazioni delle posizioni più innovative, di

parziali reintegrazioni delle stesse e poi, comunque, di ridu-

zione della loro possibile efficacia grazie alla tradizionale e

soffocante cappa burocratico-sindacale, si sarebbero potuti

introdurre vigorosi interventi nelle direzioni indicate dalla

Raccomandazione Ue. Vere e proprie svolte di sistema, rispet-

to alle abitudini consolidatesi nel secolo scorso.

Da allora, infatti, avremmo potuto istituire e diffondere un

sistema graduale e continuo di formazione dei giovani dai

15 anni ai 29 anni in apprendistato. Come accade nei paesi

del nord Europa che adesso hanno 1/5 della nostra disoc-

cupazione giovanile e 1/3 della nostra disoccupazione ge-

nerale. Invece, da noi, solo il 2,7% degli apprendisti ha meno

di 18 anni, e dentro questa lillipuziana percentuale da

paese non industrializzato, siamo addirittura allo 0, nel nu-

mero degli apprendistati non professionalizzanti, ma

appunto formativi, che partono a 15 anni per dare la

qualifica e il diploma professionali. Non parliamo degli ap-

prendistati di alta formazione, quelli immaginati per ottenere

in assetto da lavoro i diplomi dell’istruzione e formazione

professionale superiore, le lauree, i dottorati. Ancora meno.

Tutto questo con i nostri giovani che, in media, incontrano

il mondo del lavoro a 21 anni, contro i 16 dei paesi nordici.

Avremmo potuto costruire, in secondo luogo, un’istruzione

tecnica statale secondaria e superiore e un’istruzione e for-

mazione professionale delle Regioni, anch’essa a livello se-

condario e superiore, ambedue centrate, anche a livello di-

dattico, su una diffusa e intensa pratica dell’alternanza scuola

lavoro.

Ciò significa con laboratori che non fossero quelli simulati

ed obsoleti che continuiamo ad avere, ma che fossero

invece esperienze formative reali, condotte in maniera

guidata, a rete, in imprese selezionate del territorio, in

presa diretta con una produzione che, dovendo stare sul mer-

cato, deve per forza anche confrontarsi, comprendendole,

con le innovazioni organizzative e tecnologiche disponibili.

In questo modo, forse, avremmo anche potuto avere giovani

periti tecnici e giovani diplomati e qualificati in genere con

profili professionali non tracciati sulla carta da una prolife-

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI20

rante burocrazia ministeriale, regionale e sindacale lontana

anni luce dalle dinamiche effettive che contraddistinguono

i processi produttivi e organizzativi dei diversi territori, ma

al contrario co-costruiti da scuole ed imprese, da docenti e

lavoratori/imprenditori, in corresponsabilità. Parti che,

perciò, in questo modo, sarebbero state abituate a dialogare,

a tradurre i reciproci linguaggi, a superare le reciproche au-

toreferenzialità e a scoprire che solo la contaminazione delle

distinzioni avrebbe assicurato un fertile bacino di cultura per

l’innovazione e la ricerca.

Avremmo potuto avere, in terzo luogo, istituzioni scolastiche

e universitarie che, proprio per la loro sistematica interlo-

cuzione con le imprese e con il mondo del lavoro dei territori,

avrebbero potuto quasi spontaneamente trasformarsi in

agenzie di orientamento e di placement.

Ci si stupisce che, in Italia, il posto di lavoro dei giovani di-

penda ancora in larghissima parte dalle conoscenze di fa-

miglia, dal lignaggio di provenienza e dalle cosiddette “rac-

comandazioni”.

Come ugualmente ci si stupisce che i centri per l’impiego

siano ancora e per lo più gli eredi dei vecchi centri di col-

locamento: volenterosi uffici di carte per opportunità che

spesso esistono sulla carta. In realtà, nessun efficace

funzione di orientamento e di placement può essere svolto

senza relazioni personali dirette tra chi cerca e chi offre lavoro

e senza conoscenze dirette delle diverse situazioni impren-

ditoriali.

Quale agenzia migliore pensare, dunque, a questo scopo, se

non quella delle istituzioni scolastiche e universitarie capil-

larmente diffuse nel paese, fondate sull’esercizio continuo

dell’alternanza scuola lavoro?

Avremmo potuto superare, infine, proprio per dar corso alle

prospettive precedenti, il modello fordista novecentesco di

pensare sia la scuola sia la fabbrica. Modello tipico di un mon-

do nel quale la globalizzazione e la nuove tecnologie della

comunicazione e della produzione non esistevano.

La scuola, cioè, immaginata come un «ufficio tecnico cen-

trale» di alti burocrati che organizza uguale per tutta Italia

il servizio formativo periferico, sempre con docenti, ore, di-

scipline separate, e con vincoli organizzativi che impediscono

l’impiego degli stessi spazi di autonomia in teoria possibili,

e con un sistema di controllo centrato sul rispetto delle pro-

cedure invece che sulla qualità dei risultati.

La fabbrica, per converso, ancora immaginata ferma alle re-

lazioni industriali del secolo scorso: privilegio della modalità

del lavoro dipendente, quando quello autonomo e impren-

ditoriale sarà sempre più maggioritario; contratti nazionali

di lavoro che, per forza di cose, non possono adattarsi alle

mille flessibilità richieste dalle nuove modalità di invenzione,

produzione e prestazione professionale; mansionari superati

nel momento stesso in cui le parti sociali hanno appena finito

di redigerli, in accordi sempre più voluminosi, analitici e de-

bordanti; retribuzioni legate a mansionari astratti che non

coprono le reali competenze esercitate dalle persone; ton-

nellate di tempo e di colloqui per cambiare accordi che co-

munque arrivano sempre in ritardo sulle situazioni e sulle

esigenze personali; frustrazione dei singoli che si sentono

incompresi e non adeguatamente valorizzati nella loro pro-

fessionalità dai propri stessi rappresentanti di categoria, con

conseguenti processi di demotivazione.

Come sarebbe diverso, invece, un mercato nel quale si pro-

teggessero nei loro diritti fondamentali tutti i lavori,

nessuno escluso, nessuno privilegiato; e nel quale poi la con-

trattazione, pur dentro la cornice di uno Statuto dei lavori,

dipendesse maggiormente dalle parti sociali direttamente

interessate, lasciando ampi margini anche alla contrattazione

personalizzata.

Molte attuali rigidità sarebbero senz’altro superate ed

attori oggi deboli, come le donne, diventerebbero subito più

forti, in grado di mettere insieme lavoro e progetto di vita.

Certo non è mai troppo tardi per cominciare nuovi cammini

e per tracciare sentieri che possono aiutare a dominare me-

glio il futuro. Ma resta il fatto che il tempo perduto non si

può più recuperare. E soprattutto che chi ha contribuito a

farlo perdere con i suoi pregiudizi non è credibile quando

si candida a guida, magari anche rumorosa, della nuova avan-

guardia.

Giuseppe Bertagna

Marco Biagi, assassinato da terroristi delle Nuove Brigate Rosse il 19 marzo 2002.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI

21

Pubblico/privatoIl referendum di BolognaFulvio De Giorgi

DAL PUNTO DI VISTA COSTITUZIONALE, È UN VERO BENE PER LA SCUOLA STATALE CHE CI SIA UNA SCUOLA NON

STATALE (GARANZIA DI LIBERTÀ EDUCATIVA), MA È ANCHE IMPORTANTE PER LA SCUOLA NON STATALE CHE ESISTA UNA

SCUOLA STATALE (GARANZIA DI GIUSTIZIA EDUCATIVA, CIOÈ DI ISTRUZIONE PER TUTTI).

Il referendum di Bologna sulle scuole del-

l’infanzia, tenutosi il 26 maggio, ha quasi

riacceso una polemica tra guelfi e ghibel-

lini e proprio in prossimità del 90° anniver-

sario (27 maggio) della nascita di don

Milani. Molte le voci espressesi (segnalo in

particolare quella della pedagogista e par-

lamentare Milena Santerini e, in opposizione,

delle pedagogiste non parlamentari Emma

Beseghi, Mariagrazia Contini, Tiziana Pironi).

Vorrei richiamare una posizione che direi ap-

punto milaniana o, se si vuole, guelfa di parte

bianca. La Costituzione della Repubblica pre-

vede un sistema “misto”: accanto alla scuola

statale, enti (come il Comune) e privati

(singoli o Comunità, anche religiose) hanno

il diritto di istituire scuole e istituti di edu-

cazione (art. 33). Questa formulazione fu pro-

posta dal democristiano Dossetti e dal co-

munista Marchesi. Com’è noto, l’indipenden-

te liberale Epicarmio Corbino propose

l’emendamento «senza oneri per lo Stato»:

davanti alle proteste del democristiano

Gronchi, Corbino spiegò che quella formu-

lazione negava il diritto di ottenere il finan-

ziamento pubblico (per le scuole private),

ma non la possibilità. In sostanza lo Stato non

era obbligato, ma se voleva poteva finanzia-

re. L’emendamento fu approvato. E finan-

ziamenti alle scuole non statali ci sono

sempre stati, ma insieme ci sono state po-

lemiche sulla corretta esegesi dell’articolo.

Proposta guelfa di parte bianca: tra le revi-

sioni costituzionali di cui si parla, andrebbe

ben chiarito questo aspetto. In ogni caso, dal

punto di vista costituzionale, a garanzia della

libertà educativa e a garanzia della giustizia

educativa (cioè dell’istruzione per tutti),

non conviene ai ghibellini che ci sia la sola

scuola statale, né ai guelfi che ci sia la sola

scuola confessionale: la maggior parte, pe-

raltro, degli studenti cattolici e dei docenti

cattolici è oggi, in Italia, nella scuola statale.

Con la legge Berlinguer siamo ormai in un

sistema scolastico pubblico integrato di

scuole statali e scuole non statali. Questo tra

l’altro significa che tutta l’offerta formativa

che si voglia definire pubblica (compresa

dunque quella delle scuole autonome pa-

ritarie) deve ispirarsi ai principi della Costi-

tuzione: di uguaglianza, libertà, dialogo,

tolleranza, ecc. Si possono aggiungere

profili più caratterizzanti (per esempio in sen-

so religioso: cattolico, valdese, ebraico, isla-

mico, ecc.), ma appunto in modo aggiuntivo

non sostitutivo (altrimenti si sta fuori dal si-

stema pubblico). Ciò significa, tra l’altro,

che tutto il sistema pubblico di istruzione

deve formare coscienze che, ispirandosi al

solidarismo costituzionale, non accettino de-

naro, mercato e profitto come valori assoluti.

Considerazione guelfa di parte bianca: se la

parità e l’integrazione si dovessero giocare

invece su un’opzione asolidale, cioè su un

profilo neoliberale e anticostituzionale, me-

glio star fuori del tutto: «Una volta c’era la

scuola confessionale. Quella un fine l’aveva

e degno d’essere cercato. Ma non serviva gli

atei. Tutti aspettavano che la sostituiste

con qualcosa di grandioso. Poi avete parto-

rito il topolino: la scuola per il tornaconto in-

dividuale. Ora la scuola confessionale non

esiste più. I preti hanno chiesto la parifica-

zione e danno voti e diplomi come voi. An-

che loro propongono ai ragazzi il Dio

Quattrino» (Don Milani, Lettera a una pro-

fessoressa). E, in ogni caso, deve essere ga-

rantita la libertà. Considerazione guelfa di

parte bianca: nessuna motivazione di tipo

amministrativo può obbligare una famiglia

a iscrivere i propri figli a scuole con profilo

religiosamente caratterizzato (si può obbli-

gare un cattolico a mandare i propri figli ad

una scuola ispirata all’islamismo?). Ma,

infine, la considerazione più importante di

tutte è un’altra e si fonda sul secondo

comma dell’art. 3 della Costituzione. Questo

vuol dire, in generale, dare maggiori risorse

all’istruzione per un «pieno sviluppo della

persona umana». Nello specifico, però,

porta pure alla regola d’oro, almeno da un

punto di vista guelfo di parte bianca: le mi-

gliori risorse (non solo in termini quantitativi

ed economici, ma anche in termini quali-

tativi e pedagogici: i migliori docenti, la mi-

gliore didattica, le migliori strutture, edifici,

materiali laboratoriali) vanno date ai poveri,

ai figli di famiglie con redditi più bassi, che

hanno problemi – di diverso tipo – di inte-

grazione e di inclusione. Distribuire le

risorse prescindendo dalla “ricchezza” delle

famiglie che usufruiscono del servizio (sta-

tale o non statale che sia) è un’ingiustizia

anticostituzionale, un furto ai poveri e – per

chi è cristiano – un peccato così grande che

grida vendetta al cospetto di Dio.

Fulvio de GiorgiUniversità di Modena e Reggio Emilia

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PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI

22 Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

I genitori difendono i loro figli, talora in

modo eccessivo, contro gli insegnanti,

prendendo per buono ciò che i figli rac-

contano loro di quello che accade a

scuola. È un fatto certamente nuovo e ri-

voluzionario, con il quale, piuttosto che

promuovere campagne di mobilitazione

collettiva e paranoide, occorrerebbe fare

seriamente i conti. È un fatto: le famiglie,

in larga parte, sono cambiate. Merito o de-

merito di un’atmosfera sociale molto di-

versa, di una “società educante” allargata,

di una cultura psicologica più diffusa, di

un codice materno che sta lentamente

soppiantando quello patriarcale.

Ora, sembra che ciò sconvolga molto chi

ha sempre creduto che scuola e famiglia

dovessero stringere un patto di solidarietà

contro i ragazzi, un patto disciplinare e nor-

mativo, quello che ha dominato per anni

e in virtù del quale i ragazzi cercavano di

tenere nascoste eventuali “monellerie”

compiute a scuola o giudizi negativi

degli insegnanti. Quel patto che spesso

raddoppiava le umiliazioni patite a scuola

con quelle patite a casa, dove il cattivo

voto diventava punizione (spesso fisica).

Un mondo che riteneva i ragazzi alla

mercé del mondo adulto, che poteva di-

sporne a piacimento, essendo inteso che

i ragazzi non hanno titolo ad esercitare al-

cuna decisione in proprio (almeno fino alla

maggiore età) e che tutto ciò che viene

fatto viene fatto sempre per il loro bene.

Sappiamo come funzionava.

Si trattava di un sistema repressivo, violen-

to, che forse (e sottolineo il forse) conse-

guiva alcuni obiettivi formativi per altro as-

sai discutibili (una certa disponibilità all’ob-

bedienza, alla dipendenza e alla sottomis-

sione), ma indubbiamente favoriva nevrosi

e complessi di ogni genere. Oggi le fami-

glie, in larga misura, sono cambiate. Abbia-

mo assistito al germoglio della famiglia “af-

fettiva”, che vezzeggia i suoi virgulti, li

ascolta, li difende, li assolve persino.

A prima vista non mi pare tanto male, se

è così. Credo che una famiglia del genere

non sia da considerarsi poi tanto strana se

tenda a prendere le difese di un figlio che

si lamenta di essere stato maltrattato da

un adulto in altra sede, sia esso insegnante,

prete o allenatore (ricordiamoci che molti

ragazzi e ragazze per secoli non hanno

avuto il coraggio di denunciare gli abusi

di cui sono stati vittime, in famiglia o al di

fuori di essa, anche in virtù di un atteggia-

mento di sottomissione e di mancanza di

interlocutori adulti validi). Certo questo

può produrre qualche inconveniente: i ra-

gazzi, che non amano un adulto possono

calunniarlo o farlo perseguitare per scioc-

chezze. Ma questo è un dato ormai ineli-

minabile e che, a mio giudizio, dovrebbe

indurre la scuola e gli insegnanti alla

massima accortezza riguardo ai metodi

normativi. Occorre che ogni sanzione sia

sempre ben giustificata e giustificata in pri-

mis ai ragazzi stessi, che ormai hanno im-

parato a difendersi e anche a offendere, fa-

cendo leva sulla protezione che i genitori

di oggi sono disposti a fornire loro. È

finita l’epoca in cui l’insegnante e il geni-

tore impugnavano insieme la bacchetta

e la cinghia per raddrizzare le schiene

poco docili e addomesticarle. Oggi i siste-

mi punitivi sono caduti in grande discre-

dito. E di ciò ritengo che non ci si dovreb-

be lamentare. Non c’è alcun bisogno di

punire. C’è bisogno di accordarsi, di spie-

gare, di negoziare, con il linguaggio e le

forme adeguate alla comprensione di

bambini e ragazzi. Sequestrare un cellulare

può sembrare un fatto ovvio. Ma è davve-

ro così? Il vero problema non sarà che

spesso gli insegnanti non riescono a su-

scitare l’interesse necessario a rendere non

necessariamente preferibile distrarsi con

il cellulare? Mi rendo conto che non sia fa-

cile, ma indubbiamente oggi il problema

è questo. Stare a scuola non è più un fatto

così pacificamente accettato. Né dagli

allievi né dai genitori. Occorre che la

scuola conquisti una sua autorevolezza

fondata sui fatti, non sulla disciplina. E che

impari a persuadere i suoi allievi, obbligati

a frequentarla, e sottolineo obbligati, che

vale la pena essere lì. Che vale la pena per-

sino spegnere o silenziare il proprio cel-

lulare. Mi pare onesto.

Se io dovessi essere obbligato a trascor-

rere ore e ore in un luogo tutt’altro che at-

traente, in compagnia di adulti spesso

tutt’altro che interessanti, a fare cose che

reputo tutt’altro che di mio gusto, dubito

che sarei contento se mi sequestrassero

una finestra sul mondo come il cellulare

o simili.

Credo che occorra finirla con una cultura

che ha dato per scontate molte cose,

anche che essere a scuola sia un fatto di

Genitori permissivie insegnanti “perseguitati“PAOLO MOTTANA PROPONE ALLA RIFLESSIONE DEI LETTORI IL TEMA DELLA PERMISSIVITÀ DEI GENITORI E DEL

SOSTEGNO INCONDIZIONATO CHE ESSI ACCORDANO AI FIGLI, IN DICHIARATA CONTRAPPOSIZIONE CON GLI INSEGNANTI.ABBIAMO CHIESTO UN PARERE A TRE ESPERTI.

La “provocazione“

Paolo Mottana

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PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI

23Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

per sé educativo in quanto obbligatorio

o in quanto normato da un sistema disci-

plinare spesso violento e incurante della

sensibilità di bambini e ragazzi. È una cul-

tura di cui occorrerebbe vergognarsi più

che avvertirne la nostalgia. Forse oggi i ge-

nitori, anche per compensare alle loro

manchevolezze, alla loro mancanza di

tempo, alla loro distrazione, sentono la ne-

cessità di riconquistare l’amore dei figli an-

che con un eccesso di protezione. Può dar-

si, come può darsi che questo indebolisca

i ragazzi e li renda più fragili.

Queste spiegazioni, queste diagnosi non

mi convincono fino in fondo. I ragazzi di

un tempo erano spesso molto vili, molto

dipendenti, molto incapaci di farsi valere

di fronte all’autorità. Oggi questi ragazzi

non amano farsi mortificare e hanno im-

parato a reagire. Credo sia un buon segno.

Un segno di cui forse, molto presto, ci si ac-

corgerà in molti contesti sociali e politici.

È colpa della famiglia affettiva, della

società permissiva, della caduta dei “valori”,

quelli dell’obbedienza, della norma e del

dovere? Beh, se è così ben venga.

Ben venga la fine di un sistema di oppres-

sione da cui ritengo che la gran parte dei

bambini e dei ragazzi di questo mondo ab-

biano il diritto di essere definitivamente

esonerati. Questo non significa assolverli

sempre e comunque ma, come per gli adul-

ti, ritenerli persone con diritti: ogni gesto,

ogni imposizione, ogni ogni richiesta che

li riguardi deve essere spiegata, legittimata,

concordata. Altro che scuola della frustra-

zione, del sacrificio e della punizione!

Paolo MottanaUniversità di Milano Bicocca

Intervento 1. Permissivismo e libertà

Giuliano Minichiello

Il rapporto che stringe in un unico ab-

braccio famiglie e scuola è uno dei più di-

scussi problemi della storia della peda-

gogia e dell’educazione. Il suo periodico

ripresentarsi nei momenti cruciali del-

l’evoluzione della società italiana segnala

una sofferenza di fondo del sistema

educativo, una “cattiva coscienza” che di-

scende dal confronto non sereno tra

due esigenze complementari e tuttavia

tendenzialmente conflittuali: da un lato,

la necessità, per il sistema, di integrarsi

nelle trasformazioni storiche di una so-

cietà in divenire perenne; dall’altro lato,

la necessità che tale integrazione non ri-

sulti distruttiva della stessa identità e della

funzione assegnate, ab origine, alla scuola

nella sua essenza.

Alcuni esempi di un confronto che talvol-

ta diventa scontro: il ’68, la rivoluzione cul-

turale degli anni Sessanta e Settanta

(con la degenerazione degli anni di piom-

bo), gli anni Ottanta, con gli slogan che,

dopo la crisi, riabilitavano l’edonismo

come forma di vita etica, la nascita e lo svi-

luppo delle tecnologie informatiche, tra-

sformative non solo della comunicazione

ma della stessa relazione educativa.

Si tratta di momenti che hanno segnato

in maniera irreversibile la stessa sostanza

della scuola, sempre più dipendente dal

sistema sociale, di cui, come sostiene Giu-

seppe Acone, rispecchia in maniera pa-

tologica la complessità; la scuola riflette

al suo interno tutti i sottosistemi della so-

cietà (da quello dell’informazione a

quello dell’economia, da quello giuridico

a quello dell’intrattenimento, e così di se-

guito), non organizzandoli però (e come

potrebbe?) in una unità dotata di senso.

Il confronto tra scuola e famiglia va inqua-

drato, perciò, nell’alveo di un fiume che tra-

scina con sé istanze derivanti da differenti

ambiti del suo mondo/ambiente: la scuola

diventa riproduzione di un sapere che

troppe volte risulta solo attuale, di un’eco-

nomia che la spinge ad avere il mercato

come suo primario interlocutore, di un’idea

dei diritti individuali che viene vissuta

come escludente la complementare ne-

cessità di doveri verso sé non meno che

verso il prossimo, di una visione del mar-

xiano «tempo liberato» che diventa facil-

mente tempo smisurato, cioè privo di

ogni ragionevole misura.

È nel letto di tale fiume che si ripropone,

oggi, la questione che, chiaramente arti-

colata, suonerebbe così: fino a che punto

deve valere l’opinione secondo cui i gio-

vani «hanno il diritto di sbagliare»?

La risposta, anche qui, va collocata nella

situazione che di volta in volta si determi-

na. Nella situazione attuale l’impressione

che si ricava è che il problema non riguardi

più il confronto tra un’ideologia permissiva

e una alla quale si conviene di dare il nome

di autoritarismo. Il problema vero è che la

prima (il permissivismo) ha da tempo

mosso all’attacco non solo del suo avver-

sario gemello (l’autoritarismo), ma so-

prattutto e direttamente dell’autorità e in-

direttamente della libertà, che di quest’ul-

tima è il nocciolo essenziale.

Sbagliare è un diritto nella misura in cui

il comportamento espressivo di una liber-

tà si confronta con il suo potenziale e com-

plementare falsificatore (l’autorità, ap-

punto). Quando questo viene, di diritto e

di fatto, a mancare, nemmeno la libertà è

garantita e la relazione verità/errore si tra-

sforma in un’altra, che mette di fronte, gli

uni contro gli altri, coloro che sono protetti

da coloro che non lo sono.

Il diritto di sbagliare dei giovani diventa

il dovere di cercare protezioni e protettori,

a cominciare dalla famiglia per finire alla

scuola e alla società in generale.

Giuliano MinichielloUniversità di Salerno

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI24

PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI

L’intervento di Paolo Mottana mi suggeri-

sce riflessioni che vanno nella sua stessa di-

rezione. Innanzitutto, il fatto. Stanno venen-

do avanti dei nuovi tipi di “adulti”: sono i

bambini/ragazzi di questi anni.

Ciò che si nota è l’anticipazione progressiva

del tempo della conquista della coscienza

di sé che i bambini manifestano. Chi ha edu-

cato i figli negli anni ’70 e ora si trova di fron-

te i loro figli avverte la novità: una coscienza

di sé, che si esprime nella richiesta rivolta

a qualsiasi figura adulta di dare ragione di

esortazioni, divieti, punizioni.

La famiglia “affettiva” ha incominciato a dare

le ragioni. E, come scriveva Comenius, «le

ragioni sono come i chiodi: tengono insie-

me il tutto». Si è condensato un nuovo bi-

nomio libertà/responsabilità, che ha sosti-

tuito quello vecchio autorità/dipendenza.

Non che la dimensione dell’autorità possa

scomparire. I “nuovi adulti” soffrono strut-

turalmente di uno squilibrio: sono cogni-

tivamente sempre più forti, ma emotiva-

mente, a volte, più fragili dei bambini

della mia generazione. Perciò continuano

ad aver bisogno di un punto di appoggio.

Non basta il paradigma affettivo materno

per la crescita equilibrata della dimensione

emozionale e affettiva. I ragazzi hanno bi-

sogno di maestri e di padri.

Ora, mentre la famiglia si sta piegando al-

l’insorgenza dei nuovi ragazzi-adulti, le isti-

tuzioni del sistema educativo nazionale,

cioè le scuole, hanno lo sguardo rivolto al-

l’indietro. Il modello organizzativo resta

quello dell’800 hegelo-napoleonico: fram-

mentazione del sapere, compartimentazio-

ne rigida delle discipline quanto ai tempi

e ai contenuti, uso ed abuso dell’imbuto di

Norimberga.

Le scuole non sono più «la città sulla col-

lina», stanno diventando fabbriche di noia,

di solitudine, di comportamenti anomici.

Quanto al sapere, la corrente si è invertita:

il sapere non va dalla scuola ai ragazzi, sono

i ragazzi che lo portano o lo possano por-

tare a scuola, avendolo drenato dalla Rete.

Toccherebbe alla scuola elaborarlo, filtrarlo,

restituirlo. Non sta accadendo, perciò il tem-

po di apprendimento non è vissuto come

tempo di vita. È tempo percepito come per-

duto. Gli insegnanti oscillano tra conati di

“severismo” nostalgico della scuola degli

anni ’50 e tendenza al “facilismo”, come se

i ragazzi non continuassero ad avere biso-

gno di una sponda di autorità.

Di qui il conflitto destinato ad aggravarsi

tra genitori, spesso aggressivi ed invasivi,

e insegnanti, esposti ai venti di un muta-

mento per il quale non sono mai stati at-

trezzati.

Giovanni CominelliEsperto di sistemi educativi

L’educazione è un processo costitutiva-

mente violento? Probabilmente sì, in quanto,

al suo interno, vi è l’intenzionalità, almeno

parziale, di modificare la forma di un essere

umano per renderlo capace di vivere pie-

namente la sua esistenza. Ne consegue che

l’educazione si identifica con i dispositivi di

alcune tipologie di insegnamento basate

sull’obbligo e la repressione? Sicuramente

no, se con il termine educazione intendiamo

un percorso che tende a valorizzare l’inte-

gralità, la libertà e l’autonomia della persona

in formazione. Se la dipendenza e la sotto-

missione non possono essere considerate,

come ricorda Mottana nel suo intervento,

valori educativi da raggiungere, non è però

possibile, nemmeno, ridurre l’importanza

dell’asimmetria nel rapporto tra maestro e

allievo. Il maestro, l’educatore e il genitore,

se vogliono mantenere una funzione edu-

cativa, devono portare il giovane a ricono-

scere ciò che è buono, vero e bello per lui

e per la comunità in cui vive e non negoziare

con lui ciò che può essere conveniente o uti-

le in una determinata situazione. Come ri-

cordava già Rousseau nell’Émile, il gouver-

neur ha il difficile compito di spingere il suo

allievo a intuire la propria bontà originaria

e a manifestarla, superando i limiti e i con-

dizionamenti delle convenzioni sociali. Il

compito può essere realizzato solo se chi

educa ha vissuto, su di sé, un processo for-

mativo e se è in grado di accettare, libera-

mente, la responsabilità delle proprie pro-

poste. La relazione educativa, per essere tale,

prevede al suo interno una differenza ori-

ginaria tra chi educa e chi è educato.

Una differenza, generata dal vissuto perso-

nale, dalle capacità o dalle conoscenze di chi

si assume il compito di educare, che non può

essere annullata o ridotta a un aspetto

marginale.

Una differenza che non si deve, necessaria-

mente, trasformare in esercizio di potere o

nella giustificazione del proprio ruolo, ma

che può manifestarsi come tensione positiva

che porta l’allievo a superare i propri limiti,

a riconoscere la propria libertà e autonomia

e a valorizzare le proprie potenzialità. In que-

sto modo, il genitore o il maestro non

educa solo proteggendo o accordandosi, ma

stimolando il soggetto in formazione e

spingendolo, a volte anche con forza, a co-

noscere se stesso e a mostrare, in situazioni

concrete, le sue capacità. L’affermazione della

tensione trasformativa interna ai percorsi

educativi non riduce l’importanza del dia-

logo e delle spiegazioni. Infatti maestri e ge-

nitori competenti riescono a trovare le mo-

dalità adeguate per costruire relazioni edu-

cative non autoritarie, capaci di non offen-

dere l’allievo e di farlo sentire al centro di un

processo condiviso, senza rinunciare alla pro-

pria autorevolezza.

Andrea PotestioUniversità di Bergamo

Intervento 2. Autorità e autorevolezza

Andrea Potestio

Intervento 3. Le fabbriche della noia

Giovanni Cominelli

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PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI

25Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

Hannah Arendt scriveva che la

crisi della scuola rappresenta un

elemento su cui riflettere ap-

profonditamente; nel momento in cui tale

istituzione mostra delle problematicità

viene minata la possibilità stessa del di-

venire dell’uomo e del mondo. L’essere

umano costituisce infatti l’unico vivente

caratterizzato dall’educabilità, in grado di

darsi forma nell’elaborazione continua di

«un dover-essere che non abbandona mai

il proprio essere effettuale»1. La scuola, nel-

la sua azione in parte conservatrice (tra-

smette quanto costruito nel passato) e in

parte rivoluzionaria (incentiva l’azione in-

novativa di ogni persona), ha dunque il

compito di guidare opportunamente

l’essere umano all’interno della tradizione

culturale consolidatasi per dare modo a

ogni persona di realizzarsi e di immettervi

nuove risorse. Lo scopo che tale istituzione

si pone è quello di inserire l’individuo nel

mondo non solo per permettergli fisica-

mente di crescere, ma anche per «stimo-

lare il libero sviluppo di qualità e talenti

peculiari. È questa l’unicità che distingue

ciascun essere umano da tutti gli altri, in

virtù della quale un uomo non è solo uno

straniero nel mondo, ma qualcosa che

non c’è mai stato prima d’ora»2 . Le affer-

mazioni di H. Arendt appaiono in linea con

i principi della pedagogia personalistica,

che riconosce l’importanza della «scuola

educativa finalizzata a custodire e a pro-

muovere l’umanità di ciascun allievo»3,

della centratura di ogni azione educativa

sull’allievo come persona singolare e ori-

ginale. La professione educativa richiede

di conseguenza educatori che si assuma-

no la responsabilità di coadiuvare tale

crescita umana, che operino una media-

zione tra passato e futuro esercitando l’au-

torevolezza che compete loro. Chi non è

in grado o non vuole impegnarsi nell’edu-

care all’apprendistato umano, per la piena

realizzazione dell’educando quale persona

umana capace - come rileva Bertagna - di

actus humani, cioè esclusivi dell’uomo4,

non può fare l’educatore, afferma Arendt.

Ed è palese che oggi ci si trova di fronte

a una abdicazione di responsabilità, da

parte degli adulti in generale e di genitori

e di docenti in particolare. Le motivazioni,

si sa, sono molteplici: dallo scontento

verso il mondo in cui ci troviamo, con la

sua provvisorietà, la caduta delle certezze,

la sfiducia in ciò che sarà. Il risultato è rap-

presentato dall’espandersi del processo

di individualizzazione anomica e di estra-

neamento dal mondo in cui viviamo e dal-

la difficoltà da parte dell’istituzione sco-

lastica di individuare la propria specificità.

Competenze pedagogiche eprofessione docenteLe competenze attribuibili al docente

per l’esercizio della sua professione non

sono ancora ben connotate, e non solo per

la difficoltà di definire il concetto stesso di

competenza5. Il ripiegamento verso il ri-

conoscimento di competenze di tipo

tecnico-funzionalistico costituisce forse

anche la modalità con cui si tenta di sop-

perire a quella che si può definire l’eclissi

dell’umano, che diviene, in prospettiva

educativa, crisi di autorevolezza nell’assun-

zione di responsabilità verso le nuove vite

di cui l’insegnante dovrebbe prendersi

cura. Nel tentativo di farsi riconoscere il

proprio operato il docente ha dovuto for-

se reificarsi tramite l’assunzione di com-

petenze legate alla gestione delle risorse,

alle tecniche di progettazione, ai saperi di-

sciplinari, alle norme di sicurezza, di

qualità o ambientali e anche alle stesse

didattiche specifiche. Elementi sicura-

mente indispensabili per l’identificazione

della professionalità docente, ma non suf-

ficienti se non vengono ricondotti alla

competenza pedagogica per favorire la

crescita globale dell’alunno.

Tale competenza fondamentale appare

ancora poco visibile, o meglio poco agìta,

mentre dovrebbe caratterizzare in manie-

ra precipua l’operato del professionista

Le competenze pedagogiche per l’identità della professione docenteMirca Benetton

LA PROFESSIONALITÀ DOCENTE SI COSTITUISCE SULLA CHIARA CONSAPEVOLEZZA DELLA MATRICE ETICA, PERSONALE E

PEDAGOGICA CHE CONNOTA, SPECIFICA E VALORIZZA LE AZIONI DIDATTICHE, ATTRAVERSO UN PERCORSO FORMATIVO

FONDATO SOPRATTUTTO SULLA AUTO-RIFLESSIONE E SUL DIALOGO SVOLTI ALL’INTERNO DI COMUNITÀ DI PRATICHE.

1. G. Vico, Alla ricerca della pedagogia perduta, La Scuola,Brescia 2000, p. 13.2. H. Arendt, Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 1991, p.246.3. A. Chionna, Pedagogia della responsabilità. Educazionee contesti sociali, La Scuola, Brescia 2001, p. 234.4. G. Bertagna, Dall’educazione alla pedagogia, La Scuola,Brescia 2010, p. 259 ss.5. C. Xodo, M. Benetton (a cura di), Che cos’è la compe-tenza? Costrutti epistemologici, pedagogici e deontologici,Pensa Multimedia, Lecce 2010; E. Damiano, L’eroe roman-tico. Le competenze come strumento euristico?, «NS RI-CERCA», n.5 (gennaio 2013), pp. 11-20.

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6. Il CCNL 2006-2009, quindi all’interno della richiesta for-male di competenze della professione docente, all’art. 27recita: «Il profilo professionale dei docenti è costituito dacompetenze disciplinari, psicopedagogiche, metodolo-gico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, do-cumentazione e valutazione tra loro correlate edinteragenti, che si sviluppano col maturare dell'espe-

26 Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

educativo6. Al docente vengono infatti at-

tribuiti numerosi compiti e diverse funzio-

ni, ma non sempre l’accento viene posto

sulla sua capacità di collaborare alla cre-

scita e al cambiamento direzionato della

persona, sull’essere insomma un operatore

morale di fatto7, come invece ben argo-

menta il pedagogista Damiano.

Ma in che cosa consistono allora le com-

petenze pedagogiche del docente? Esse

possono forse sembrare non così facil-

mente individuabili in quanto nella loro

dimensione pratica non si identificano con

l’applicazione generalizzabile e indistinta

di un insieme di materie, metodologie e

tecniche, ma includono la responsabilità

soggettiva, l’intuito e il tatto educativo del

docente nel saper orchestrare, piegare e

declinare il tutto per la crescita autonoma

e originale dell’educando, che rappresenta

la «novità» di cui parla Arendt. Tali compe-

tenze consentono cioè, anche mediante

un fertile lavoro interdisciplinare, di tra-

sformare gli oggetti disciplinari, organiz-

zativi, psicologici e sociali, utilizzati dal do-

cente nel percorso di insegnamento, in

processi di apprendimento formativo

per lo sviluppo di ciascuno studente te-

nendo conto delle sue caratteristiche

generali (fase della vita attraversata in un

determinato contesto spazio-temporale)

e specifiche (identità singolare). Implicano

da parte del docente un’azione di revisio-

ne e di ripensamento continui del proprio

agire in quanto ogni studente costituisce

un "caso particolare". Dunque, né una con-

siderazione indistinta, conformista e ge-

nerica per il gruppo studenti - la classe, i

bravi, i meno bravi -, né un’attenzione uni-

direzionale verso i singoli casi eccezionali.

Ogni alunno ha diritto ad essere guidato

dal docente nella "singolare-normalità"

che esprime. Ancora Arendt ci ricorda che

«il vero, la vera umanità, non può mai stare

nell’eccezione, neppure in quella del per-

seguitato, ma solo in quella che è o do-

vrebbe essere la regola»8.

L’insegnamento veicola quindi il sapere

scolastico e ne dà una connotazione

esclusiva. Non si tratta di un sapere scien-

tifico dimezzato, neppure solo di un

sapere scientificamente vero; esso deve

invece costituire anche una credenza,

cioè essere fatto proprio dall’educando

per supportare il modo di essere perso-

nale e di agire originale9.

Tale sapere non richiede allora il possesso

esclusivo da parte del docente della com-

petenza disciplinare e comunicativa ade-

guata nel proporre determinati contenuti

scolastici, ma anche e soprattutto di

un’interazione sui generis tra educatore ed

educando, mediante la quale il secondo

partecipa attivamente all’acquisizione

dello stesso sapere, in cui emozioni, sen-

timento e razionalità si fondono10.

Le competenze pedagogiche comporta-

no quindi un continuo negoziato (etico)

del docente col discente; necessariamente

implicano l’abilità dell’insegnante di tene-

re tale interazione sul giusto binario del-

l’onestà (e non della convenienza), della

lealtà (e non dell’ipocrisia), del rispetto per

la libertà dello studente. Tale cammino pe-

dagogico diviene pertanto necessaria-

mente morale; rientra «nel senso etico in-

dividuale, ma anche collettivo; privato ma

anche pubblico»11.

Le competenze pedagogiche permettono

inoltre di operare una continua riflessione

sul significato della professione docente.

Forse più di ogni altra «la scelta della pro-

fessione insegnante costituisce un proble-

ma fondamentale della vita umana, per-

ché collegata al proprio progetto di vita.

[…]. La scelta professionale è una decisio-

rienza didattica, l'attività di studio e di sistematizzazionedella pratica didattica».7. E. Damiano, L’insegnante etico, Cittadella editrice, Assisi2007, p. 18.8. H. Arendt, Il futuro alle spalle, il Mulino, Bologna 1995, p.19.9. E. Damiano, L’insegnante etico, cit., pp. 253-254.

Hannah Arendt (1906-1975).

10. A.R. Damasio, L’errore di Cartesio, Adelphi, Milano 1995,p. 19.11. C. Xodo, Deontologia delle professioni educative, in C.Xodo (a cura di), Deontologia e qualificazione delle profes-sioni educative, Pensa MultiMedia, Lecce 2004, p. 93.

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PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI

27Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

ne esistenziale: un libero atto che pone

l’individuo di fronte a se stesso e alla so-

cietà per individuare come la sua persona

possa oggettivarsi mediante un’attività so-

ciale, dando a se stesso ed alla società l’ap-

porto originale della sua individualità.

La professionalità insegnante, quindi, co-

stituisce una "categoria della personalità"

ed ha come matrice "l’attitudine pedago-

gica della personalità’"12. Il professionista

educativo diviene allora colui che si im-

pegna in «una attività di ricerca sulla pro-

pria pratica», mettendo così in moto «un

processo continuo di autoeducazione»13,

in cui la riflessività gli offre l’opportunità

di creare «la connessione effettiva»14 con

lo studente per un apprendimento-arric-

chimento reciproco.

La semantica dellecompetenze pedagogicheMediante le competenze pedagogiche il

docente assume una visione antropolo-

gico-educativa, e non meramente econo-

mica o politica, del servizio scolastico agito,

utile a reinterpretare le competenze per-

sonali-soggettive e quelle “più tecniche”

necessarie allo svolgimento della sua

professione. La competenza pedagogica

si regge dunque sul discernimento degli

aspetti teleologici e assiologici, fondativi

e trasversali alle diverse attività didattico-

formative che il docente mette in atto.

In estrema sintesi, le competenze peda-

gogiche si potrebbero così categorizzare:

favorire lo sviluppo dell’identità dello

studente valorizzando le differenze per-

sonali; promuovere autonomia svilup-

pando la consapevolezza personale e lo

spirito critico, coltivare le potenzialità

personali mediante la cultura; incentivare

la progettualità esistenziale con l’orienta-

mento del percorso scolastico e professio-

nale (v. tabella riassuntiva). La competenza

pedagogica non può che essere trasver-

sale a quella disciplinare, didattica e orga-

nizzativa, così come a quella personale e

relazionale-comunicativa e, ancor più, a

quella etico-deontologica. Essa permette

di cogliere e non perdere mai di vista

l’educazione integrale della persona dello

studente15, di non offuscarla o porla in se-

condo piano rispetto alle esigenze di

trasmissione contenutistica del sapere.

Il cammino di crescita della professionalità

del docente e la sua stessa emancipazione

dal generico ruolo di impiegato della pub-

blica amministrazione non può che pas-

sare attraverso una chiara consapevolezza

della matrice etica, personale e pedago-

gica che connota, specifica e valorizza le

azioni dell’insegnante. Essa va incremen-

Competenze pedagogiche del docente Descrizione

Favorire lo sviluppo dell’identità personaleCreare un relazione educativa basata su unità, continuità e coerenza chesia motivante, renda lo studente consapevole e co-partecipativo all’azionemessa in atto nel contesto educativo.

Promuovere autonomia e progettualità esistenziale(orientamento)

Aiutare lo studente nel suo percorso specifico di umanizzazione, renden-dolo sempre più autonomo e responsabile nell’attraversamento di situa-zioni, anche contraddittorie e problematiche, tipiche dell’adolescenza.Operare in sinergia con i diversi attori educativi per attuare il percorso dilifelong education nell’ottica di un cambiamento direzionato.

Valorizzare le differenze personali sviluppando lepotenzialità mediante il sapere

Riflettere e riesaminare creativamente e in maniera personalizzata il pro-cesso di trasmissione e di socializzazione della cultura comunitaria, inmodo tale che ogni studente sia protagonista attivo nello sviluppo massi-mo delle proprie potenzialità.

Incentivare lo sviluppo della consapevolezza personalee dello spirito critico

Favorire il passaggio da una didattica trasmissiva a una didattica attiva;promuovere nello studente la capacità di esercitare gradualmente il con-trollo sul sapere, incentivando la ricerca di nuove conoscenze e abilità e lascelta critica di ciò che è più rispondente ai propri bisogni e desideri.

12. C. Costa, La motivazione dell’insegnante, «Il nodo.Scuole in rete», n. 42 (dicembre 2012), p. 45.13. D.A. Schön, Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari 1993,

p. 304.14. Ibi, p. 305.15. L. Clarizia, M.G. Lombardi, F. Quatrano, L’offerta infor-

male di competenze nell’autopercezione degli insegnanti, inG. Bertagna e C. Xodo (a cura di), Le competenze dell’inse-gnare, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011, p. 224.

tata anche con un adeguato percorso for-

mativo fondato soprattutto sulla riflessione

e sul dialogo circa le prassi, da svolgersi

preferibilmente all’interno di comunità di

pratiche. In caso contrario tale dimensione

pedagogica rischia, rimanendo celata, di

avallare estemporanee scelte educative "di

comodo" (l’eliminazione dei dilemmi

umani) o di emergere solo come aspetto

personale-caratteriale (la vocazione del sin-

golo insegnante), o come utopismo decla-

ratorio (la vaghezza della retorica docen-

te).

Mirca BenettonUniversità di Padova

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Stu

diST

UD

I Costantinoe l’Editto di Milanoa cura di Cinzia Bearzot

La figura di Costantino è stata, già nel mondo antico e a maggior ragione in quello moderno e

contemporaneo, al centro di un vivace dibattito e di ricostruzioni talora non immuni da forti risvolti

ideologici, da una parte apologetiche, dall’altra ipercritiche: l’immagine dell’imperatore ne è uscita ora

quasi santificata, ora ridotta a quella di uno spregiudicato opportunista. In occasione dell’anniversario

del cosiddetto “editto di Milano” (313-2013), questo dossier vuole riproporre una riflessione complessiva

su Costantino, considerando tre aspetti: prima di tutto l’opera, non sempre adeguatamente valutata, di

riformatore politico (U. Roberto); in secondo luogo, gli interventi, non riducibili a formule interpretative

univoche, sulla questione religiosa (A. Barzanò); infine la “fortuna”, attraverso la storia della celebre

“donazione di Costantino” e della sua utilizzazione nella storia delle relazioni tra papato e impero

(M.P. Alberzoni).

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Stu

diST

UD

IConstantine’s figure was, already in the ancient world and even more in the modern

and contemporary one, in the middle of a bustling debate and of reconstructions

sometimes not immune from strong ideological implications, on the one hand apologetic,

on the other hypercritical: the image of the emperor came out now almost sanctified,

now reduced to that of an unscrupulous opportunist.

On the anniversary of the so-called “Edict of Milan” (313-2013), this research aims

to propose an overall reflection about Constantine, considering three aspects:

first of all his work, not always adequately assessed, as political reformer (U. Roberto);

secondly, his interventions, not reducible to unequivocal interpretations, on the religious

question (A. Barzanò); finally his “fortune”, through the history of the famous

“Constantine’s donation” and its use in the history of the relations between papacy

and empire (M.P. Alberzoni).

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Costantino riformatore politicoUmberto Roberto

La sfida alla tetrarchiaNon lontano da Nicomedia, il primo maggio del 305,

l’anziano imperatore Diocleziano depose il potere – fatto inau-

dito nella storia dell’impero – e abdicò in favore di Galerio

Cesare; in piena sincronia, a Milano, il suo collega Massimiano

procedeva allo stesso modo, investendo del rango di Augusto

Costanzo Cloro. La tetrarchia, istituita nel 293, giungeva così

alla prova suprema. Fin dall’inizio del suo regno, Diocleziano

aveva deciso di affrontare i gravi problemi che affliggevano

l’impero condividendo con un collega le fatiche e gli oneri

del potere; dal 285 aveva quindi elevato al rango di Augusto

Massimiano e gli aveva affidato l’Occidente. Nel 293 la diarchia

si era trasformata in tetrarchia. Ai due Augusti si affiancarono

due Cesari, che Diocleziano e Massimiano cooptarono tra gli

uomini più validi dell’esercito. Costanzo Cloro fu Cesare per

l’Occidente; Galerio Cesare per l’Oriente.

Oltre a garantire un’efficace amministrazione dell’impero, la

tetrarchia puntava alla conservazione dell’ordine. Il mecca-

nismo era facile: in caso di morte di uno dei due Augusti, il

Cesare sarebbe subentrato al suo posto come nuovo Augusto.

La tetrarchia nasceva dunque come strumento per evitare le

usurpazioni che avevano trasformato la stagione di crisi del

terzo secolo in anarchia militare. Diocleziano, inoltre, aveva

fondato la concordia tra i tetrarchi su saldi vincoli familiari,

che sembravano restringere la scelta dei nuovi principi a coloro

che a questa famiglia appartenevano.

Il giovane Flavio Valerio Costantino, figlio di Costanzo

Cloro, era cresciuto alla corte di Diocleziano e godeva della

sua confidenza. Quando Diocleziano abdicò e annunciò che

i nuovi Cesari, destinati ad affiancare Galerio e Costanzo pro-

mossi Augusti, erano lo sconosciuto ufficiale Severo e il nipote

di Galerio, Massimino Daia, Costantino abbandonò deluso

la corte d’Oriente. Raggiunse quindi il padre Costanzo che

si preparava a combattere i Pitti nel Nord della Britannia. Du-

rante la campagna, Costanzo si ammalò gravemente e riparò

nel palazzo di Eburacum (York). Costantino, rimasto al co-

mando, sottomise i Pitti e guadagnò la stima dell’esercito; ma

al suo ritorno a Eburacum trovò Costanzo in agonia. L’Au-

gusto spirò il 25 luglio 306. Subito, l’esercito e i dignitari pro-

clamarono suo successore Costantino. Era l’inizio di un nuovo

regno e, come ricordò anni dopo lo stesso Costantino,

l’inizio di una nuova era; ma, dal punto di vista della

tetrarchia, era una violazione delle regole: il rango di

Augusto, infatti, spettava al Cesare d’Occidente, l’ufficiale Se-

vero. Accettando la proclamazione ad Augusto, Costantino

lanciava una sfida all’intero collegio tetrarchico. Era un usur-

patore, e una pericolosa minaccia a un ordine politico costrui-

to con spietata determinazione.

Contro tutti i tiranniIl regno di Costantino iniziò dunque con una sfida coraggiosa.

L’Augusto d’Oriente Galerio reagì con prudenza; impose che

la tetrarchia seguisse il suo corso: il Cesare Severo fu dunque

confermato al rango di Augusto d’Occidente; ma consentì a

Costantino di rimanere nel rango di tetrarca come Cesare

d’Occidente, subordinato a Severo, nei territori che erano stati

del padre: Britannia, Gallie, Spagna. Fin dall’inizio della sua

stagione politica, Costantino si mostrò capace di attuare la

sua rivoluzione con moderazione e prudenza. Ma la conclu-

sione felice della sua usurpazione incoraggiò un altro perso-

naggio deluso dalle decisioni del maggio 305. Massenzio, figlio

dell’Augusto d’Occidente Massimiano, estromesso dalla

successione, si proclamò principe a Roma, e assunse il con-

trollo dell’Italia.

La tetrarchia ripiombò in una difficile crisi. Fu dichiarata una

guerra senza quartiere a Massenzio. E fu Costantino a

vincerla. Dopo aver battuto l’esercito di Massenzio nella Pia-

nura Padana, Costantino scese verso Roma. Lo scontro de-

cisivo avvenne il 28 ottobre 312 a poche miglia da Ponte Mil-

vio. Massenzio fu sconfitto e annegò nel Tevere. Il giorno dopo,

Costantino entrò trionfante a Roma. Poi raggiunse in fretta

il suo collega Licinio, anche lui Augusto, a Milano. Fu

stabilita un’alleanza, sancita dal matrimonio tra Licinio e Co-

stanza, sorella di Costantino; e per comune decisione, dopo

anni di persecuzione venne garantita tolleranza alla religione

dei cristiani. Costantino aveva vinto la battaglia al Ponte Milvio

ponendo se stesso, il suo esercito, le sue insegne sotto la pro-

tezione del Dio dei cristiani (Lattanzio, Sulla morte dei per-

Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI30

STUDI

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 31

secutori 44, 5; Eusebio, Vita di Costantino I 28-29). A Milano

diede un chiaro segno della sua gratitudine e della sua fede

in questo Dio. Con il suo aiuto preparava il consolidamento

del potere.

Rivoluzione costantiniana e impero carismaticoLa battaglia di Ponte Milvio e gli accordi di Milano sancirono

la fine della tetrarchia. Per alcuni anni, Licinio e Costantino

regnarono in concordia. Ma Costantino ambiva a divenire uni-

co signore dell’impero. Già la sua campagna contro Massenzio

era stata presentata come lotta per l’affermazione di un nuovo

modello di governo imperiale contro la tirannide. Anche Li-

cinio fu considerato alla stregua di un tiranno, quando si arrivò

alla resa dei conti. Fu sbaragliato dopo una dura campagna

e deposto nel 324.

Dopo aver eliminato la tetrarchia, e tutti i suoi rivali nel go-

verno dell’impero, Costantino affermò la radice carismatica

della sua autorità (Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino II

28-29). Per Costantino il potere era un dono esclusivo e per-

sonale della divinità.

I trionfi contro i nemici dal 306 al 324 confermavano la spe-

ciale protezione della divinità verso le sue imprese. E questo

dono si poteva trasmettere ai membri del suo gruppo

familiare (Panegirici Latini VII [6] 3, 1). Dopo la parentesi della

tetrarchia, era un ritorno al principio dinastico, ammantato

da una legittimazione divina che faceva degli imperatori per-

sone sacre, mediatori tra Dio e gli uomini, protagonisti del-

l’ordine cosmico.

Le nuove forme dell’impero Invasioni di barbari, epidemie, tensioni centrifughe, anarchia

militare, contrapposizione tra modelli culturali e religiosi in-

conciliabili: questi e altri fattori di crisi avevano dimostrato

tra il 235 e il 284 l’inadeguatezza del governo imperiale. Fu

la reazione energica di alcuni imperatori-soldati che salvò il

mondo romano, sull’orlo del collasso a metà del terzo

secolo. Dopo le grandi battaglie per la sopravvivenza, il suo

equilibrio e il suo ordine vennero sottoposti a un radicale cam-

biamento. Nei venti anni del suo regno, Diocleziano avviò una

serie di riforme dell’impero e del suo funzionamento. Come

abbiamo visto, la riforma politica per evitare l’anarchia venne

superata dalla visione carismatica costantiniana. Sotto altri

aspetti, tuttavia, Costantino approvò le riforme di Diocleziano

e le portò a ulteriore perfezionamento. Risultato finale fu la

costruzione di un assetto dioclezianeo-costantiniano dell’im-

pero che caratterizza l’età tardoantica: in Occidente fino alla

caduta dell’impero nel 476; in Oriente fino all’epoca di Eraclio

(610-641).

Pochi, ma fondamentali presupposti caratterizzano il rifor-

mismo di Costantino, in continuità con l’esperienza diocle-

zianea. In primo luogo, l’unità dell’impero, e un controllo au-

toritario e capillare da parte dell’imperatore. Dal punto di vista

amministrativo, l’impero di Diocleziano e Costantino ha un

assetto che riflette, da una parte, la visione drasticamente cen-

tralizzata del potere che i due principi condividevano; dal-

l’altra, l’esigenza di far eseguire gli ordini nei più remoti angoli

dell’impero, evitando ogni deriva centrifuga. A tal fine,

Diocleziano aveva suddiviso la gestione dell’impero con gli

Piero della Francesca, La battaglia di Ponte Milvio, dettaglio dal ciclo di affreschi della Leggenda della santa Crocenel coro della Basilica di San Francesco ad Arezzo (ca. 1452-66).

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altri tetrarchi. Anche Costantino mantenne il sistema dei Ce-

sari; ma in osservanza del criterio dinastico furono nominati

Cesari i suoi figli, ancora bambini. Fu probabilmente dopo

la vittoria su Licinio nel settembre 324 che ai principi

bambini vennero affiancati nuovi prefetti al pretorio, per ren-

dere omogenea l’azione di governo nelle diverse parti dell’im-

pero.

Con la creazione dei nuovi prefetti venne ulteriormente con-

fermata la divaricazione tra poteri civili e poteri militari, altro

presupposto del nuovo assetto. I prefetti al pretorio costan-

tiniani, infatti, non hanno incarichi militari. Sono invece re-

sponsabili del funzionamento dell’impero, attraverso l’appli-

cazione delle leggi nelle province. Ai prefetti al pretorio fanno

capo tutti gli altri rappresentanti dell’imperatore. Sotto

questo punto di vista, Costantino non portò innovazioni ri-

spetto alla tetrarchia. Diocleziano aveva drasticamente rive-

duto l’ordinamento provinciale, procedendo ad una massiccia

frammentazione delle grandi province augustee. Ne derivò

una moltiplicazione di governatori e uffici burocratici sul ter-

ritorio, che corrispondeva alla complessiva crescita della bu-

rocrazia imperiale (Lattanzio, La morte dei persecutori 7, 3-

4). In questo modo, Diocleziano voleva evitare le tensioni cen-

trifughe che durante l’anarchia militare avevano favorito lo

sviluppo di usurpazioni nelle grandi province dell’impero.

Frammentazione significava, infatti, possibilità di maggiore

controllo di autorità periferiche più deboli rispetto al

governo centrale. Per facilitare il funzionamento del sistema,

Diocleziano aveva anche stabilito dei raggruppamenti di pro-

vince, le diocesi, affidandone il controllo ai vicarii. Costantino

confermò questa organizzazione. Al centro di questo sistema

fortemente burocratizzato c’era l’imperatore che circondato

dai suoi collaboratori del consistorium inviava ordini in tutto

l’impero.

Come già i tetrarchi – e prima ancora gli imperatori-soldati

– pure Costantino cambiò spesso residenza durante il suo re-

gno. Anche sotto questo aspetto, il 324 rappresenta un periodo

di profonda cesura. In quest’anno, infatti, iniziarono i lavori

per una nuova capitale dell’impero, Costantinopoli. La città

sorse sul sito dell’antica Bisanzio, che fu ricostruita per essere

trasformata in residenza imperiale. La sua posizione era felice:

si trovava al centro delle vie di passaggio tra Oriente e Oc-

cidente dell’impero; rappresentava, inoltre, la porta di

accesso all’area del Mar Nero. Dal punto di vista culturale era

il luogo di incontro tra cultura latina ed Ellenismo. Nei progetti

di Costantino, la città che portava il suo nome doveva rap-

presentare la rinnovata unità e potenza dell’impero sotto un

unico Augusto. Costantinopoli fu solennemente inaugurata

l’undici maggio 330.

Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI32

STUDI

Piero della Francesca, Il sogno di Costantino, dettagliodal ciclo di affreschi della Leggenda della santa Croce.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 33

STUDI

Il costo della pace e del nuovo ordineLa rivoluzione costantiniana rappresentò una svolta epocale

per l’impero. Il riformismo costantiniano, che completò in

parte i progetti di Diocleziano, garantì ancora per decenni pace

e ordine. Ma il prezzo da pagare fu altissimo. La separazione

tra potere militare e potere civile venne accentuata dalle ri-

forme di Costantino. L’esercito garantiva la difesa delle

frontiere e il mantenimento dell’ordine. Ma non solo. Le di-

namiche politiche di terzo secolo avevano confermato la na-

tura coercitiva e dispotica del potere imperiale. Anche Co-

stantino era un principe soldato e, come Diocleziano, decise

di mantenere in servizio una quantità enorme di soldati, quasi

in misura doppia rispetto all’età del principato. Ma l’orga-

nizzazione del suo esercito rispondeva a una visione nuova.

Sulle frontiere dell’impero e nelle province più turbolente era

presente una forza militare che controllava il territorio, i co-

siddetti Limitanei posti al comando di duces. La loro missione

era quella di tamponare le emergenze e resistere fino

all’arrivo dell’esercito di manovra, formato dai Comitatenses.

Erano queste le truppe scelte dell’impero, al comando

diretto dell’imperatore o dei suoi migliori generali (magistri

e comites). Il loro compito era intervenire rapidamente per

risolvere le emergenze sulle frontiere o nelle aree interne del-

l’impero. Con un’innovazione rivoluzionaria, l’imperatore de-

cise di dislocare le unità dell’esercito mobile nelle principali

città dell’impero. Inoltre, Costantino eliminò la guardia pre-

toriana, sostituendola con le scholae palatinae: nuovi reparti

a cavallo destinati alla custodia dell’imperatore, che accolsero

molti barbari nei loro ranghi (Zosimo, Storia nuova II 33-34).

La presenza di un esercito tanto imponente e di una

burocrazia tanto ramificata aveva ovviamente costi altissimi.

La copertura di queste spese esigeva un sistema fiscale di gran-

de efficienza, tanto nel calcolo delle imposte, quanto nella ri-

scossione. Oltre a creare nuove tasse, Costantino si impegnò

a migliorare il sistema fiscale già riformato da Diocleziano.

In particolare, lo Stato calcolava le imposte secondo il

sistema della capitatio-iugatio, che si basava sul rapporto tra

produttività dei terreni (iuga) e numero dei lavoratori in essi

impegnati (capita).

Sul versante economico, la rivoluzione costantiniana sancì la

fine della tradizionale difesa della moneta d’argento e della

moneta divisionale nel suo cambio con l’oro. Diocleziano fu

l’ultimo, disperato difensore della moneta utilizzata dalle masse

dei sudditi per i loro commerci. L’editto che fissò i prezzi mas-

simi delle merci e dei salari, rappresenta un estremo tentativo

dirigista di piegare le leggi economiche alle necessità di ordine

politico e sociale dello Stato. Costantino abbandonò questa

politica che durava dall’epoca di Nerone.

Decise di rivoluzionare l’economia romana, agganciandola

all’oro. Fece coniare il solidus, una moneta d’oro che divenne

strumento di pagamento per transazioni, stipendi, imposte.

L’effetto sulla società dell’impero fu disastroso. Ricorda un

anonimo trattatista De rebus bellicis al riguardo (2, 1-5):

«Fu ai tempi di Costantino che la smodata largizione di de-

naro assegnò ai piccoli commerci l’oro al posto del rame,

che prima era considerato di grande valore. [...] Questa ab-

bondanza d’oro riempì le dimore dei potenti, che diventa-

rono sempre più belle a danno dei poveri, essendo i meno

abbienti oppressi con la violenza. Ma i poveri, spinti dalle

loro afflizioni a commettere vari atti scellerati, non avendo

davanti agli occhi alcun rispetto per la legge né sentimenti

di pietà affidarono le loro rivendicazioni al crimine».

Già nel giudizio degli antichi, la rivoluzione costantiniana ap-

pare segnata da grandi contraddizioni. Con Costantino

iniziò una nuova epoca di trasformazioni culturali e religiose;

ma fu epoca gravata dall’aumento spaventoso della povertà

e da un senso profondo di disagio sociale causato dai

metodi coercitivi di una monarchia centralistica e autorita-

ria.

Umberto RobertoUniversità Europea di Roma

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

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Sull’inizio della cristianizzazione A. Fraschetti, La conversione, Roma-Bari 1999

Sulla fondazione di CostantinopoliS. Calderone, Costantinopoli: la «seconda Roma», in Storia diRoma, 3, 1, Torino 1993, pp. 723-749

Sull’amministrazione F. Grelle, La forma dell’impero, in Storia di Roma, 3, 1, Torino 1993,pp. 69-82

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI34

STUDI

Costantino cristianizzatore dell’impero: mito o realtà? È una convinzione del tutto infondata (ma non per questo

meno diffusa, anche perché così si insegna ancora oggi in buo-

na parte delle scuole) che la storia del rapporto tra impero

romano e Cristianesimo, per i primi tre secoli della nostra era,

possa essere fatta coincidere, sostanzialmente, con quella delle

persecuzioni.

Da questo presupposto erroneo, deriva come logica conse-

guenza l’idea che la diffusione del Cristianesimo sia rimasta

molto limitata fino a Costantino e che proprio a lui, che ad

un certo punto avrebbe ritenuto conveniente strumentalizzare

la religione cristiana a fini politici, si debba la cristianizzazione

rapida e sistematica dell’impero, condotta innanzitutto attra-

verso un’intensa attività legislativa ad hoc, ma più in generale

anche con tutti quegli strumenti di coercizione che l’autorità

imperiale poteva avere a disposizione.

In realtà, se è innegabile che per gli anni successivi alla vittoria

di Ponte Milvio (28 ottobre 313) e ancor più per il periodo

successivo al 324 (quando Costantino riuscì a sbarazzarsi fi-

nalmente del collega Licinio, rimanendo unico padrone

dell’impero) la quantità dei documenti che si possono

riferire con ragionevole certezza a persone di religione

cristiana aumenta esponenzialmente, questo non è necessa-

riamente indizio – come invece pretenderebbero alcuni stu-

diosi moderni – dell’avvio di conversioni forzate di massa. Il

fenomeno si spiega invece molto semplicemente con l’instau-

razione di un clima di pace religiosa che appariva tanto stabile,

generalizzato e duraturo (al contrario della continua

alternanza tra pace religiosa e persecuzioni che aveva carat-

terizzato il III secolo) da convincere i Cristiani che potevano

finalmente correre il rischio di manifestare apertamente il pro-

prio credo. In effetti, a partire da questi stessi anni diminuisce

in proporzione anche l’uso di tutte quelle formule ambivalenti

largamente attestate invece nei secoli precedenti, che gli studiosi

moderni sono in genere concordi nel ritenere fossero

adoperate dai Cristiani, in tempi di persecuzione o di pace re-

ligiosa incerta, per affermare, ma dissimulare al tempo

stesso, il proprio credo.

I caratteri della politica religiosa di CostantinoUn grande studioso del Cristianesimo antico come Paolo Si-

niscalco sottolinea quindi, a ragione, che bisognerebbe

cessare, una volta per tutte, di «fissare l’attenzione su Costan-

tino quale artefice esclusivo della svolta che conduce l’impero

romano dalla politica di persecuzione a quella di tolleranza

prima e di privilegio poi» e di ricordare «per significare tutto

ciò una data, quella del 313», perché così facendo si corre il

rischio, «se non di falsare, di impoverire la realtà», come è ine-

vitabile che succeda allorché «una figura, un atto, un

momento sono assunti a simboleggiare eventi ben più com-

plessi».

Con ciò non si «vuole affatto negare il rilievo straordinario

di Costantino… ma si vuol dire che egli, pur essendo un pro-

tagonista, si inserisce in un quadro ampio».

Ed è solo tenendo ben presente tutto il «quadro ampio» che

si constata come l’avvento al potere di Costantino, se indub-

biamente favorì e accelerò da allora in poi l’opera di evan-

gelizzazione nelle diverse parti dell’impero (soprattutto di quel-

le più periferiche dell’Occidente, dove il messaggio cristiano

fin ad allora aveva effettivamente avuto scarsa diffusione), non

abbia affatto segnato un’improvvisa cesura nella politica re-

ligiosa dell’impero.

La politica religiosa di Costantino, pur se caratterizzata da evi-

denti tratti di originalità, è, al contrario, la deliberata e logica

continuazione di quella tendenza verso l’affidamento dell’im-

pero alla tutela di una divinità principale (anche se poi le scelte

erano state più innovative – come nel caso del dio Sole con

Aureliano – o più tradizionali – come il ritorno al culto di Gio-

ve Ottimo Massimo da parte di Diocleziano).

Non per nulla la storica Marta Sordi sottolinea che «la visione

di Costantino e la sua scelta si pongono chiaramente sulla linea

della concezione romana della pax deorum e dell’alleanza con

la divinità: si è parlato – e io credo giustamente – di una con-

versione pagana al cristianesimo, non perché la scelta di Co-

stantino sia stata suggerita da calcolo politico, ma perché è

la scelta del Dio più forte, quello a cui si può affidare l’im-

pero».

Costantino e la questione religiosaAlberto Barzanò

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 35

Il cosiddetto «editto di Milano»:innovazione nella continuitàIl cosiddetto «editto di Milano» è effettivamente chiara espres-

sione di quella «politica verso la divinità» che affonda le pro-

prie radici nella più antica e autentica tradizione romana, an-

che se ne propone poi un’interpretazione concreta del tutto

innovativa. I due presupposti sui quali il provvedimento si

fonda sono infatti da un lato la riaffermazione del principio

secondo cui i problemi riguardanti la politica religiosa sono

da considerarsi «problemi riguardanti il bene e la sicurezza

della collettività» e dall’altro la convinzione che, al fine di ga-

rantire «il bene e la sicurezza della collettività», sia necessario

assicurarsi che ogni divinità (in primis il Dio dei Cristiani)

sia debitamente soddisfatta rendendole il culto più appropria-

to.

Ciò che è realmente innovativo, nell’«editto di Milano», è in-

vece il modo specifico con cui in esso si dispone che da allora

in avanti si realizzino concretamente questi due tradizionali

principi nella prassi quotidiana. Lo Stato cessa infatti di essere

il soggetto responsabile (e quindi anche il decisore ultimo)

di ogni e qualsiasi relazione con il soprannaturale e questa

responsabilità viene trasferita ai singoli. Il motivo di questa

decisione è presto detto. Quando, vincitore su Massenzio nella

battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre 312), Costantino si era

convinto che il merito del suo successo andava attribuito alla

superiore potenza del Dio dei Cristiani, che gli aveva mani-

festato il proprio favore con il prodigio avvenuto alla

presenza di tutto l’esercito nel pomeriggio della vigilia e con

il sogno seguito nella notte stessa, aveva decido di orientare

di conseguenza la sua politica in favore di questo Dio, che gli

appariva quello maggiormente in grado di garantire pace e

prosperità all’impero.

Una formula «creativa» per superare i vincoli di contestoNel fare questo, però, egli si trovava a dover affrontare due

diverse difficoltà.

La prima era costituita dalla presenza, al suo fianco, di un col-

lega, Licinio, del cui sostegno in quel momento aveva stretta

necessità e che, però, non aveva motivi particolari per con-

dividere la scelta in favore del Dio dei Cristiani. Poiché dunque

sul terreno della politica religiosa vi era il rischio concreto che

potessero emergere con lui divergenze sostanziali, Costantino

doveva fare di tutto per evitare di mettere proprio la politica

religiosa al centro della sua azione di governo. D’altro canto,

egli aveva anche dovuto prendere atto che, a differenza di quan-

do era sempre avvenuto fino ad allora in Roma (dato che la

cura del culto divino era considerata di importanza strategica

per la sicurezza dello Stato), il Cristianesimo rifiutava radi-

calmente ogni possibile sovrapposizione tra esercizio dell’au-

torità politica e dell’autorità religiosa.

L’«editto di Milano», in cui lo Stato, pur continuando ad af-

fermare la rilevanza strategica della «politica verso la divinità»,

rinuncia ai propri poteri decisionali e li trasferisce ai singoli,

combina dunque in una formula creativa il desiderio di Co-

stantino di compiere un passo significativo per dimostrare la

propria gratitudine e la propria devozione verso il Dio dei Cri-

stiani con l’esigenza di tener conto di queste due diverse realtà

che suggerivano un «alleggerimento» del ruolo istituzionale

dello Stato nello specifico ambito della politica religiosa.

Se l’intima convinzione – religiosa, non politica – di Costantino

che mettere se stesso e l’impero sotto la protezione del Dio dei

Mosaico della Basilica di S. Sofia a Costantinopoli.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI36

Cristiani fosse la scelta più saggia costituisce uno dei capisaldi

sui quali si fonda la sua azione politica dopo il 312, è chiaro

che essa non poteva comunque non assumere almeno entro

certi limiti una valenza pubblica. L’«editto di Milano» è espres-

sione di questa esigenza e l’occasione dell’incontro con Licinio,

a Milano, nel febbraio 313, per suggellare l’alleanza con le noz-

ze della sorella di Costantino con il collega, era senza

dubbio l’occasione più favorevole per soddisfarla con un prov-

vedimento di compromesso, tradotto in un complesso di di-

sposizioni emanate congiuntamente dai due Augusti e che,

se comunemente sono note sotto il nome convenzionale di

«editto di Milano», a noi sono giunte in realtà solo nella forma

di un rescritto emanato da Licinio a Nicomedia il 13 giugno

di quel medesimo anno 313 per estendere la validità di quelle

disposizioni anche ai territori che fino ad allora erano stati

sottoposti a Massimino Daia (il cui suicidio, nel settembre

del 313, rappresenta idealmente il definitivo passaggio a questa

nuova fase di rapporti fra l'impero e i Cristiani).

Cristianizzazione dell’impero o romanizzazione del Cristianesimo?È bene comunque sottolineare che né la promulgazione del

cosiddetto «editto di Milano», né la successiva eliminazione

di Licinio da parte di Costantino (324) furono veramente de-

terminanti per la definitiva cristianizzazione dell’impero e

l’abolizione del culto degli dei tradizionali. L’imperatore in

primis (che, pur dichiarandosi più volte in pubblico fedele

del Dio dei Cristiani, solo in punto di morte si convinse a la-

sciarsi battezzare: è sempre opportuno tenerlo presente) si

guardò bene dall’abbandonare il titolo e la funzione di pon-

tefice massimo, dall’interrompere le celebrazioni del culto

pubblico e dal rinunciare ad avvalersi, anche se in privato,

della tradizionale collaborazione degli aruspici per interpretare

il significato dei fulmini che di volta in volta cadevano sul pa-

lazzo imperiale o nelle immediate vicinanze. Per il resto, nello

specifico ambito della politica religiosa, Costantino fu molto

prudente, tanto mentre Licinio era ancora vivente e regnante

(si limitò, nel 318, ad attribuire ai vescovi una giurisdizione

autonoma, e nel 321 ad istituire la domenica festiva e a rico-

noscere validità agli effetti civili agli atti di emancipazione degli

schiavi compiuti nelle chiese, senza altri testimone che un sa-

cerdote) quanto dopo essere rimasto unico imperatore.

L’avvio, con il 324, di un’intensa opera di legislazione che a

diverso titolo coinvolgeva la Chiesa e il Cristianesimo (si con-

tano poco meno di cento atti normativi promulgati tra il 313

e il 337, anno della morte dell’imperatore), è molto spesso a

torto interpretato come prova della volontà di Costantino di

cristianizzare l’impero in fretta e, se necessario, a forza. In re-

altà, è vero l’opposto: a fronte di un numero veramente mi-

nimo di provvedimenti legislativi classificabili di chiara ed

esclusiva ispirazione cristiana, la legislazione costantiniana

riguardante più o meno direttamente la Chiesa e la religione

cristiana, come è stato ampiamente dimostrato, non è

mirata nel suo insieme tanto alla cristianizzazione dell’impero,

quando alla romanizzazione del Cristianesimo, al fine di in-

quadrarlo (operazione questa sì portata a termine rapidamente

e con successo) in maniera organica nel contesto giuridico-

istituzionale e socio-culturale dell’impero.

Alberto BarzanòUniversità Cattolica, sede di Brescia

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

A. Barzanò, Il Cristianesimo nelle leggi di Roma imperiale, Paoline,Cinisello Balsamo 1996A. Barzanò, Il Cristianesimo nell’impero romano da Tiberio a Co-stantino, Lindau, Torino 2013M. Bona Castellotti, Da Costantino a san Paolo: la nascita dellabasilica cristiana, Fondazione Meeting, Rimini 2009L. De Giovanni, L’imperatore Costantino e il mondo pagano, D’Auria, Napoli 2003H. Horst, Costantino il Grande, Laterza, Bari-Roma 2000G. Lombardi, L’editto di Milano del 313 e la laicità dello Stato, Laterza, in «Studia et Documenta Historiae et Iuris» 50 (1984), pp. 1-98A. Marcone, Costantino il Grande, Laterza, Bari-Roma 2000.A. Marcone, Pagano e cristiano: vita e mito di Costantino, Laterza,Bari-Roma 2002M. Pavan (ed.), Mondo classico e Cristianesimo, Istituto dell’Enci-clopedia Italiana, Roma 1982P. Siniscalco, Il cammino di Cristo nell’impero romano, Laterza,Bari-Roma 1983M. Sordi, I Cristiani e l'impero romano [1984], Jaca Book, Milano20042

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 37

La cosiddetta Donazione di Costantino o Constitutum

Constantini è sicuramente il più noto falso prodotto in

età medievale, ma il suo significato va ben oltre l’età di

mezzo e occupa un posto di rilievo non solo nella storia dei

rapporti tra Chiesa e impero, ma anche nella storia costitu-

zionale dell’Occidente. Esso fu confezionato poco dopo la metà

dell’VIII secolo – secondo la ricostruzione proposta da Ge-

rolamo Arnaldi durante il pontificato di Paolo I (757-767) –

probabilmente negli ambienti del Laterano, dove allora era

la residenza papale. Il documento non si è conservato in ori-

ginale; i più antichi manoscritti che lo tramandano risalgono

al IX secolo e provengono da abbazie e da centri di cultura

dell’impero carolingio. A partire da queste costatazioni, in tem-

pi recenti Johannes Fried ha proposto di posticipare di circa

un secolo la data della produzione del falso, che pertanto sa-

rebbe stato composto nel regno dei Franchi nel IX secolo inol-

trato. Tale posizione non trova però oggi unanime consenso

e ha ricevuto critiche di un certo peso, così che un puntuale

contributo di Germana Gandino, avvalendosi di osservazioni

relative alla lingua e alle caratteristiche del testo, ha corroborato

l’ipotesi che l’idea e la redazione del testo siano maturate in

ambienti papali dell’VIII secolo.

Se mai esistette la donazione in forma di documento, essa non

dovette circolare, almeno per un certo tempo. Citazioni da que-

sto testo si trovano nella documentazione papale solo a partire

dal pontificato di Leone IX (1049-1054); i riferimenti alla do-

nazione registrano un significativo aumento nei momenti di

difficoltà per la sede apostolica, segnatamente nei momenti

di attrito tra papato e impero. A questo proposito accenno solo

a due esempi. Il primo è offerto dal Dictatus papae, il noto scrit-

to composto da 27 proposizioni relative alle prerogative del

papa, probabilmente dettato da Gregorio VII e inserito nel

suo Registro tra due lettere del febbraio-marzo 1075, nel quale

alla proposizione 8 si afferma «Quod solus [papa] possit uti

imperialibus insignis» («Solo il papa può fare uso delle insegne

imperiali») e alla 9: «Quos solius pape pedes omnes principes

deosculentur» («Che tutti i principi bacino i piedi al solo

papa»), con evidente riferimento alla donazione di Costantino.

Il secondo esempio è offerto dal ciclo pittorico dell’Oratorio

di S. Silvestro presso il monastero dei Santi Quattro Coronati

a Roma: in un altro difficile momento nei rapporti tra le due

autorità universali, precisamente durante lo scontro tra In-

nocenzo IV (1243-1254) e Federico II (1194-1250), il

cardinale Stefano Conti, allora vicario del papa a Roma – il

papa era infatti fuggito a Lione – commissionò l’intero ciclo

di affreschi con scene dagli Actus Silvestri e, soprattutto, con

la rappresentazione visiva della donazione: in essa risultano

prepotentemente sottolineate le prerogative papali nei con-

fronti dell’Impero. In una scena Costantino offre a Silvestro

i simboli del potere imperiale, in particolare la tiara di seta

bianca, l’ombrellino giallo-rosso e il cavallo bianco; in quella

successiva, Costantino svolge addirittura il compito di strator

(palafreniere) e, camminando a piedi, conduce il cavallo bianco

sul quale il papa incede benedicendo.

Nei due secoli che intercorsero tra le prime menzioni del Con-

stitutum da parte dei papi (metà secolo XI) e gli anni dello

scontro con Federico II, l’uso delle affermazioni contenute

nel falso documento fu dunque funzionale all’affermazione

delle prerogative del vescovo di Roma, soprattutto quando

queste erano messe in discussione nei momenti di scontro con

l’impero. Ciò favorì sia un netto rafforzamento dell’autoco-

scienza dei papi sia una sostanziale affermazione della loro

superiorità sull’impero.

Perché fu concepito e messo per iscritto il falso documento?

Bisogna innanzi tutto precisare che le frequenti falsificazioni

medievali non erano necessariamente fatte per ingannare il

prossimo o per stravolgere la verità. Nel medioevo era

piuttosto frequente la perdita di documenti pure importanti,

solitamente a causa di calamità naturali – incendi e alluvioni

– come pure in occasione di eventi bellici, anche limitati a pic-

cole rappresaglie locali. In questo caso era consuetudine ot-

tenere da un’autorità rilevante (papa, re o imperatore) un ‘du-

plicato’ del documento perduto, peraltro confezionato sulla

base delle indicazioni fornite dalla parte interessata e da te-

stimoni da essa addotti. Ma soprattutto si ricorreva alla re-

dazione di documenti ad hoc (quindi per noi filologicamente

falsi) nel caso un ente o una persona fossero convinti di pos-

sedere un diritto e di averlo detenuto per un certo tempo, pur

La Donazione di CostantinoMaria Pia Alberzoni

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STUDI

non essendo più in possesso di un documento che potesse at-

testare ciò. Non si trattava dunque di un documento falso, nel

senso che noi intendiamo, perché mirava semplicemente a cor-

roborare una convinzione comprovata dall’uso.

Qualcosa di analogo è alla base della redazione della

cosiddetta donazione di Costantino: fin dai primi decenni

dell’VIII secolo i contatti dei vescovi di Roma con l’impero

di Costantinopoli, entro il cui territorio si trovavano Roma

e il Lazio, si erano assai allentati; non solo i Longobardi ave-

vano occupato la Pentapoli e l’Esarcato con Ravenna, ma mi-

ravano ad unire il regno con capitale Pavia con i ducati del-

l’Italia centro-meridionale (Spoleto e Benevento). I papi rea-

girono con forza all’ipotesi che la sede apostolica fosse inglo-

bata nei territori longobardi, così dopo aver costatato che l’im-

peratore d’Oriente, impegnato anche nella lotta dell’icono-

clasmo, non aveva più alcun interesse a conservare i territori

italici, cominciarono a guardare ai Franchi come possibili al-

leati per contrastare i Longobardi. Al tempo stesso si andò chia-

rendo il progetto della sede apostolica di presentare Roma

come la legittima erede dell’impero romano in Occidente e,

quindi, il papa, in quanto vescovo di Roma, come detentore

di una particolare autorità. D’altra parte i papi nel recente pas-

sato avevano svolto anche funzioni amministrative tout-court

sulla città.

Se il papato era convinto del suo indissolubile legame con

Roma e, per questo, con la dignità imperiale, gli mancava però

un documento che attestasse tale prerogativa, anche in vista

di una ‘rifondazione’ dell’impero in Occidente. Era infatti ne-

cessario che il papa esercitasse un ruolo per così dire di in-

termediario tra l’impero romano e il nuovo impero (sempre

romano, si badi!) al fine di realizzare quella translatio imperii

che avrebbe consacrato il ruolo egemone dei Franchi. La mes-

sa per iscritto della presunta donazione fatta da Costantino

a Silvestro I era proprio volta a legittimare l’autorità

imperiale del papa in Occidente, un’autorità che a partire dal

pontificato di papa Zaccaria (741-752) si manifestò nell’un-

zione regia e nella incoronazione di Pipino il Breve, il padre

di Carlo Magno.

L’unzione fu ripetuta nel 754 dal papa Stefano II (752-757)

e in quell’occasione il papa, che si era recato nel regno dei Fran-

chi per chiedere l’aiuto di Pipino, gli conferì il titolo di patricius

Romanorum, vale a dire di difensore di Roma e del papa, un

titolo che fino ad allora solo gli imperatori potevano

conferire. Stefano II era fratello di Paolo I (757-767), che gli

succedette sul soglio petrino, e proprio durante il pontificato

di Paolo I sarebbe stato confezionato il famoso falso.

Grazie a questo falso documento i papi potevano asserire di

aver ricevuto da Costantino stesso, nel momento in cui egli

trasferiva la sua sede e la sua corte a Costantinopoli, la dignità

imperiale in Occidente. In primo piano nella donazione, in-

fatti, non erano tanto le terre date in dominio a Silvestro e

ai suoi successori, ma la dignità imperiale significata nei suoi

simboli: la tiara, gli ornamenti imperiali, in particolare il manto

rosso, e il cavallo bianco. Solo in un secondo tempo, preci-

samente quando a partire da Innocenzo III (1198-1216) i papi

si adoperarono per costruire uno Stato pontificio, la

donazione fu intesa come conferma di una sovranità su Roma

e su altri territori dell’Occidente. A corroborare l’autocoscienza

del papato espressa nella donazione di Costantino, il papa

Adriano I (772-795) si adoperò perché gli imponenti edifici

Giulio Romano, Battaglia di Ponte Milvio,1520-1524. Roma, Palazzi Vaticani, Sala di Costantino.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013- Anno XXXI

STUDI

dell’età imperiale si conservassero e non fossero demoliti per

farne pezzi di reimpiego. Che cosa poteva convincere Carlo

Magno, o un altro re germanico, della dignità imperiale della

città di Roma più dei monumenti che testimoniavano il suo

glorioso passato e che confermavano la permanenza della di-

gnità imperiale nella Città eterna?

La non genuinità della donazione di Costantino era stata de-

nunciata già all’inizio dell’XI secolo, quando l’imperatore Ot-

tone III (980-1002), in accordo con il papa Silvestro II (999-

1003), aveva denunciato come falso e addirittura assurdo il

contenuto della donazione; lo stesso giudizio espressero i giu-

risti bolognesi nel XIII secolo, ma solo nel XV secolo si ebbero

le prime fondate indagini filologiche. Tra di esse si segnala

quella del cardinale Niccolòda Cusa (1401-1464), o Cusano,

che nel suo De concordantia catholica, presentato al concilio

di Basilea il 7 novembre 1433, fornì in modo inequivocabile

le prove (egli era anche un espero giurista) del carattere fittizio

del documento. La definitiva (e più famosa) dimostrazione

della falsità dello stesso risale a Lorenzo Valla (1440): a dif-

ferenza di quella del Cusano, quella del Valla si fondò esclu-

sivamente su argomenti filologici, ma risultò assai incisiva per

il tono decisamente mordace. Nonostante ciò la donazione

fu ancora evocata dagli ambienti papali, laddove si intendeva

ribadire il diritto all’esistenza dello Stato pontificio, vale a dire

di un territorio soggetto alla diretta giurisdizione del Vicario

di Cristo.

Del resto non era difficile stabilire la non genuinità del do-

cumento anche solo sulla base di elementi formali, giacché

la donazione non ha le caratteristiche di un diploma

imperiale, ma nella prima parte accoglie il credo niceno-co-

stantinopolitano, solennemente proclamato da Costantino,

e, soprattutto, ampi stralci degli Actus Silvestri, un elemento

pleonastico in un atto giuridico. Inoltre. Perché era così im-

portante per la curia romana dell’VIII secolo amplificare in

tal modo la figura e l’opera di Silvestro I, il papa contempo-

raneo di Costantino, peraltro dal profilo biografico scialbo

e ben lontano dall’immagine che ne emerge dagli Actus? Va

peraltro notato che proprio all’epoca dei pontificati di

Stefano II e di Paolo I si ebbe un vigoroso risveglio del culto

di papa Silvestro. Ciò si spiega anche in considerazione di una

necessità evidenziata da Giovanni Maria Vian: gli ambienti

papali sentivano viva l’esigenza di ricondurre la memoria di

Costantino, il primo imperatore cristiano, a tutti gli effetti en-

tro l’ambito della Chiesa di Roma. L’imperatore, infatti, che,

pur essendo ancora solo un catecumeno, aveva addirittura

convocato e presieduto il concilio di Nicea (325) dove era stata

sancitala condanna delle dottrine di Ario, si era poi avvicinato

agli ambienti ariani, tanto che in punto di morte (maggio 337)

si era fatto battezzare dal vescovo ariano Eusebio di Nicomedia.

Di fronte a un esito imprevisto e improponibile nella

biografia del primo imperatore cristiano, la precoce elabo-

razione della leggenda di Silvestro – il cui pontificato (314-

335) in effetti coincise in buona parte con il regno di Costan-

tino – mirava innanzi tutto a riportare l’imperatore entro l’al-

veo dell’ortodossia cattolica. In secondo luogo, collegando la

sua conversione alla miracolosa guarigione dalla lebbra, ot-

tenuta per l’intercessione di Silvestro, si intendeva corroborare

l’immagine di un imperatore per così dire ‘salvato’ dal papa

e, di conseguenza, collocare l’autorità della sede apostolica al

di sopra della dignità imperiale.

Come ho sopra accennato, lo scopo eminente della donazione

di Costantino era quello di fornire una base autorevole alle

prerogative imperiali rivendicate dalla sede romana, un ele-

mento indispensabile per procedere all’operazione di ‘roma-

nizzazione’ dei Franchi e di rifondazione dell’impero in Oc-

cidente. Per questo motivo la donazione insiste ripetutamente

sul passaggio dei simboli imperiali da Costantino a Silvestro,

mentre liquida con una breve frase finale la cessione a lui di

Costantino condanna al rogo i libri degli ariani. Manoscrittodell’Archivio capitolare di Vercelli (IX secolo).

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI40

STUDI

Roma e delle terre dell’Occidente. Quest’ultimo aspetto, ben

lungi dall’essere centrale nella donazione, è solo accessorio

alla cessione della dignità imperiale e dei suoi più significativi

simboli; si tratta di un’aggiunta volta a corroborare la

dignità trasmessa, non certo a fondarla.

Una conferma di tale interpretazione viene dalle esortazioni

che alla metà del XII secolo S. Bernardo di Clairvaux rivolse

al neoeletto papa Eugenio III (1145-1153), già monaco cister-

ciense e suo discepolo.

Nel De consideratione ad Eugenium papam, infatti, Bernardo

per ricordare al papa che la responsabilità a lui affidata è so-

prattutto di carattere spirituale usa queste parole:

«O ti rinneghi come pastore di questo popolo, oppure devi

dimostrarti tale. Ma non ti rinnegherai di certo, se non vuoi

essere sconfessato come erede da colui al quale sei succe-

duto. È Pietro costui, e non risulta davvero che si sia mai

presentato in pubblico bardato di gemme o in cappe di seta,

o coperto d’oro, o montando un bianco cavallo o scortato

da soldatesche o assiepato da un corteo vociante di

ministri. Eppure anche senza codesto apparato, egli

ritenne di poter attuare quel mandato di salvezza: “Se mi

ami, pasci le mie pecore”. Sotto questo aspetto, tu non sei

il successore di Pietro, ma di Costantino. (...) Piuttosto ti

invito caldamente ad assolvere quegli impegni ai quali sei

obbligato. Anche se sei vestito di porpora, e cammini co-

perto d’oro, non c’è nessuna ragione perché tu, che sei erede

del Pastore, abbia fastidio del ministero pastorale» (San

Bernardo, Trattati, Milano 1984 [Opere di san Bernardo,

1], p. 869).

Alla metà del XII secolo, dunque la donazione di Costantino

era ancora intesa come giustificazione simbolica dell’autorità

temporale del papa.

Quando invece, a distanza di un secolo e mezzo, Dante nella

Divina commedia ricorda Costantino (Inferno, canto XIX, 115-

117 e Paradiso, canto XX, 5-60), denuncia l’esito a suo giudizio

nefasto dell’iniziativa dell’imperatore che «Sotto buona in-

tenzion fe’ mal frutto».

È evidente che Dante condanna soprattutto le pretese di so-

vranità temporale avanzate dai papi e fondate sulla rivendi-

cazione del dominio sulle terre donate da Costantino a Sil-

vestro, almeno della regione più prossima a Roma. Ma agli

inizi del XIV secolo lo Stato della Chiesa si stava sempre più

organizzando e i papi fondavano proprio sulla donazione il

loro dominio temporale e le conseguenti azioni politiche. Fu

questo un aspetto esecrato da Dante, che, in seguito agli in-

terventi papali a Firenze, che favorirono l’ingresso in città di

Carlo d’Angiò, fu esiliato e non vi poté più fare ritorno.

Maria Pia AlberzoniUniversità Cattolica, sede di Milano

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

L’edizione critica del Constitutum è: Das Constitutum Constantini (Konstantinische Schenkung). Text, hrsg. von H. Fuhrmann, Hannover 1968(Monumenta Germaniae Historica, Fontes Iuris Germanici antiqui in usum scholarum separatum editi, 10) disponibile anche all’indirizzo:http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000665_meta:titlePage.html?sortIndex=020:080:0010:010:00:00

Un’ottima ricostruzione della genesi della Donazione, con particolare attenzione agli sviluppi e alle ripercussioni nel campo della cultura edella storia dei rapporti tra Chiesa e potere politico fino al XX secolo, è in G.M. Vian, La donazione di Costantino, Bologna, Il Mulino 2004(Storia paperbacks, 69): questo volume consente anche al lettore non specialista di accedere in modo esauriente alla problematica.

Circa il contesto di produzione e di diffusione del testo: G. Arnaldi, Alle origini del potere temporale dei papi: riferimenti dottrinari, contestiideologici e pratiche politiche, in La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. Chittolini - G. Miccoli, Einaudi, To-rino 1986 (Storia d’Italia. Annali, 9), pp. 45-71; J. Fried, Donation of Constantine and Constitutum Costantini. TheMisinterpretation of a Fictionand its Original Meaning, Berlin-New York 2007; infine la messa a punto di G. Gandino, Falsari romani o franchi? Ipotesi sul Constitutum Con-stantini, in «Reti Medievali Rivista», 10 (2009), disponibile all’indirizzo:http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/article/view/urn%3Anbn%3Ait%3Aunina-3090/289

Un’attenta analisi dei rapporti tra il papato e l’impero in età medievale, con interessanti riferimenti all’uso della donazione nei testi di dirittocanonico, è offerta da O. Hageneder, Il sole e la luna. Papato, impero e regni nella teoria e nella prassi dei secoli XII e XIII, a cura di M.P. Alberzoni,Milano, Vita e Pensiero 2000.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 41

PROGRAMMAZIONE

Per le classi del primo biennio si

propone un percorso didattico

che culmini con un’attività lu-

dica (un gioco di ruolo), nella quale i

ragazzi potranno esercitare le proprie

competenze1.

Metodi e contenuti Nelle prime lezioni verranno presen-

tati tre principi di giustizia: la vendetta

privata, la legge dello Stato e la legge

evangelica del perdono. Consiglio di

partire da un caso concreto che illustri

plasticamente uno dei tre principi.

Il docente può, ad esempio, raccontare

la vicenda di Luca Massari, un tassista

ammazzato per avere investito un

cane2.

Il fatto fu riportato da tutti i media

nazionali: Massari transitava con il suo

taxi in una via periferica di Milano,

quando un cocker gli tagliò improvvi-

samente la strada. Non potendo fre-

nare in tempo, l’uomo investì il cane

uccidendolo. Nonostante le sue scuse,

il fratello e il fidanzato della proprieta-

ria del cane, nel frattempo accorsi sul

posto, decisero di picchiare il tassista

fino ad ucciderlo.

Dagli interrogatori emerse che gli ag-

gressori non intendevano commettere

un’ingiustizia, volevano soltanto pu-

nire Massari applicando la legge del

taglione: chi aveva fatto soffrire la ra-

gazza uccidendole il cane, doveva sof-

frire altrettanto (occhio per occhio,

dente per dente). In quel caso, però, la

punizione inflitta al povero tassista su-

però di gran lunga la sua presunta

colpa.

Si può dire, allora, che la legge del ta-

glione, pur essendo in astratto una

legge equa (al torto subito corrisponde

una pena identica), quando viene ap-

Insegnamento della religione cattolicaPaolo Bertuletti

Itinerari di lavoro

plicata privatamente dai singoli, na-

sconde il germe di una degenerazione

ingiusta. Infatti, se colui che infligge la

pena è lo stesso che ha subito il torto,

per ovvie ragioni l’azione punitiva non

può essere imparziale e la legge del ta-

glione diventa la legge del più forte. In-

fatti, chi ha subito un torto, accecato

dalla rabbia3, lo restituisce accrescendo

il danno. A sua volta chi è stato punito

per primo, per pareggiare il conto, ri-

sponde allo stesso modo.

Si entra così in una spirale perversa di

violenza che si conclude soltanto

quando il più debole soccombe e il più

forte prevale. A questo punto il docente

chiederà ai ragazzi di raccontare per

iscritto una vicenda a loro nota, in cui

qualcuno si è fatto giustizia da solo ap-

plicando la legge del taglione. Poi, com-

menterà in classe i temi corretti a casa.

La riflessione proseguirà considerando

1. Questa programmazione nasce dall’osservazione diuna classe di Istituto Tecnico, composta da adolescentiinfluenzati da una cultura ambiente sempre più indul-gente verso atteggiamenti prepotenti e diffidente neiconfronti di qualunque discorso serio che non rispondaai criteri della razionalità scientifica. Il suo scopo è far

Primo biennio

La legge evangelica del perdono

crescere nei ragazzi un’autentica capacità di giudizio,fondata sulle conoscenze e le abilità acquisite durante lelezioni di IRC. Pensata per le classi di un Istituto Tecnico,si potrà adattare anche ad altri percorsi di studio.2. L’aggressione avvenne l’11 ottobre 2010. Il tassistamorì in ospedale un mese dopo. Per i dettagli si può

consultare l’archivio storico del «Corriere della Sera On-line» (http://archiviostorico.corriere.it/).3. È quanto successo all’assassino di Luca Massari, ilquale in tribunale si è giustificato dicendo: «Mi è partitol’embolo».

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI42

PROGRAMMAZIONEPROGRAMMAZIONE

il secondo principio di giustizia enun-

ciato: la legge dello Stato4.

Per impedire l’uso della vendetta pri-

vata, lo Stato istituisce tribunali impar-

ziali i quali, accertata la responsabilità

dei delitti (si poteva evitare l’incidente?

a che velocità viaggiava il taxi di Mas-

sari, sopra o sotto il limite consentito?),

stabiliscono la giusta pena in base a

leggi condivise da tutti. Le leggi non

considerano soltanto il danno sogget-

tivo subito dalla vittima (il dolore per la

morte del proprio cane), ma anche il

danno oggettivo arrecato (si tratta di

un animale e non di una persona), le in-

tenzioni di chi ha commesso il torto

(Massari non voleva investire il cane,

anzi ha cercato di frenare) e le circo-

stanze (il cane non aveva il guinzaglio).

Alla luce di questo ragionamento, gli

alunni dovranno scrivere che cosa

avrebbero fatto nei panni della proprie-

taria del cane, se avessero scelto di affi-

darsi alla legge dello Stato (ad es.: chia-

mare la polizia e denunciare il tassista).

I temi verranno commentati in classe

dopo la correzione.

Accanto alla giustizia dello Stato, anti-

tetica rispetto alla vendetta privata, esi-

ste poi un terzo principio di giustizia: la

legge evangelica del perdono.

Paradossalmente, fornisce lo spunto

per riflettere su questa terza legge un

uomo che ha fatto della vendetta pri-

vata il principio fondamentale della

propria condotta. Ci si riferisce a Lu-

ciano Liggio, capo mafia negli anni ‘60-

’70, intervistato in carcere da Enzo

Biagi5.

Si consiglia di commentare con gli

alunni l’ intervista soffermandosi su al-

cune affermazioni significative.

Liggio motiva il suo rifiuto di diventare

collaboratore di giustizia, dicendo che

l’uomo onesto deve fare i fatti suoi.

Palese misconoscimento della giustizia

dello Stato. Più avanti, alla domanda del

giornalista che gli chiede se ritiene di

aver commesso qualche peccato in vita

sua, il mafioso risponde: «Non ho mai

detto di essere un santo! È solo che, se

qualcuno mi pesta i piedi, io gli pesto i

suoi». Chiara enunciazione della legge

del taglione.

Poi aggiunge: «Cosa dovrei fare io, quello

che dice Gesù Cristo: “Se qualcuno ti tira

uno schiaffo, porgi l’altra guancia”?»

Ecco il famoso e sconcertante detto di

Gesù sul perdono (cfr. Mt 5,38 ss. e Lc

6,27 ss.). Evidentemente, non si tratta di

un invito masochistico a subire la vio-

lenza altrui. Nessuno ha il diritto di per-

cuotermi senza motivo o di rubarmi il

mantello. Se ciò accade, la giustizia

(quella dello Stato, secondo la nostra di-

stinzione) deve fare il suo corso. Ma se il

danno subito non è risarcibile (per es. un

tradimento), l’unico modo per ricucire la

relazione che l’altro, facendomi torto, ha

lacerato, è perdonarlo.

Se io mi vendico, la nostra amicizia non

è più possibile. Se perdono, invece, gli

offro l’opportunità di ricominciare una

relazione buona con me. Questo mi

espone certo al rischio di un altro torto e

cioè di un altro schiaffo. Ecco perché per-

donare è come porgere l’altra guancia.

Il perdono – è vero – non è sempre pra-

ticabile: talvolta la punizione dice una

verità che non si può tacere.

Nei rapporti interpersonali, però, condi-

zione di possibilità per una buona rela-

zione è proprio la disponibilità a perdo-

nare.

Chiariti i tre principi di giustizia, per fa-

vorire lo sviluppo di una vera e propria

competenza, il docente proporrà alla

4. Per semplicità eviterei di considerare il caso di societàarcaiche, in cui la legge dello Stato coincide con quelladel taglione.5. L’intervista è inhttp://www.youtube.com/watch?v=zjc57OMcxWE.

CosimoRosselli, Ildiscorso dellamontagna(1481-82),CappellaSistina.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 43

PROGRAMMAZIONE

classe un gioco di ruolo ambientato

sulla scena dell’aggressione subita da

Luca Massari. La classe si dividerà in

gruppi di tre, ciascuno dei quali rappre-

senterà un personaggio della vicenda.

Ogni personaggio dovrà comportarsi

secondo uno dei tre principi illustrati

(la ragazza, il suo fidanzato e suo fra-

tello cercheranno la vendetta privata,

gli agenti di polizia agiranno invece se-

guendo la legge dello Stato, i passanti

secondo la legge evangelica del perdono

ecc.). A turno ogni gruppo avrà a di-

sposizione una mossa che, in base al

lancio di un dado, potrà essere:

un’azione, un discorso o uno sposta-

mento nello spazio. L’insegnante sarà il

“game master”, descriverà cioè lo scena-

rio del gioco e determinerà i risultati

delle azioni dei giocatori. Egli farà in

modo che riescano solo quelle azioni

che rispecchiano il principio di giustizia

attribuito al personaggio che le compie

ed assegnerà un punto per ogni azione

riuscita. Alla fine della partita, che ter-

mina con la morte di Massari o quando

lo decide il game master, chi ha colle-

zionato più punti, sarà dichiarato vin-

citore. Serviranno tre o quattro partite

prima che gli alunni imparino a giocare

seriamente, calandosi nel personaggio e

nel suo modello di giustizia.

A conclusione del percorso, gli alunni

scriveranno due temi rispondendo alle

seguenti tracce.

(1) Di notte un uomo cerca di entrare in

casa tua. Allarmato dalle tue grida,

scappa, ma rimane intrappolato nel ga-

rage. Nel frattempo, tuo fratello maggiore

si è alzato e ti chiede che cosa succede.

Cosa faresti, se seguissi (a) il principio

della vendetta privata, (b) la legge dello

Stato? Nel caso b esiste un modo per punire

giustamente il ladro realizzando quanto

cerca la legge evangelica del perdono?

(2) Un amico ti prende in giro di fronte

ai tuoi compagni, per risultare simpatico

agli occhi di una ragazza appena entrata

nella compagnia. Qualche tempo dopo

ti chiede aiuto per avvicinare la stessa

ragazza. Che cosa faresti, se seguissi (a) il

principio della vendetta privata, (b) la

legge evangelica del perdono? Il tuo

amico, una volta perdonato, capisce di

aver agito male. Che cosa potrebbe fare

per riparare alla brutta figura che ti ha

causato?

Competenze attese6

Gli alunni impareranno a giudicare le

proprie azioni, riconoscendo il princi-

pio di giustizia che le ispira. Avendo

compreso la funzione della giustizia

dello Stato e confrontandosi con il mes-

saggio evangelico sul perdono, saranno

in grado di fondare consapevolmente le

proprie scelte.

Conoscenze e abilitàGli alunni conosceranno i due brani

evangelici commentati in classe. Il pro-

fessore potrà fornire anche informa-

zioni sul loro contesto letterario (il di-

scorso della montagna).

I ragazzi diverranno poi abili nel di-

stinguere applicazioni tipiche dei tre

principi di giustizia spiegati.

Verifica e valutazioneDurante il gioco di ruolo dovrebbero

già manifestarsi le competenze attese.

Per la natura dispersiva di questa atti-

vità, si consiglia tuttavia di rimandare

la loro valutazione puntuale al mo-

mento della correzione dell’ultimo

compito.

I compiti intermedi, invece, consenti-

ranno di verificare le abilità. Al tal fine

si potranno somministrare anche que-

stionari a risposta multipla con do-

mande del tipo: nella vicenda X, quale

principio di giustizia è stato applicato?

(a) Vendetta privata; (b) legge dello

Stato; (c) perdono evangelico.

Wenzel Peter (1745 - 1829), Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, Musei Vaticani.

6. Nel delineare competenze, abilità e conoscenzeseguo le Indicazioni Didattiche per l’insegnamento dellaReligione Cattolica nel secondo ciclo di istruzione e forma-zione contenute nel Dpr n. 176 del 2012.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI44

PROGRAMMAZIONE

Per le classi del triennio propongo

un percorso didattico finalizzato

alla realizzazione di uno o più

cortometraggi, basati su racconti mitici

scritti dagli alunni7.

Ambiente e strumenti di lavoroDopo alcune lezioni teoriche svolte in

classe, gli alunni realizzeranno i corto-

metraggi. Per questa attività servirà

un’aula spaziosa senza banchi, che funga

da studio per le riprese, e il laboratorio

d’informatica per il montaggio dei video

su computer. Nell’aula-studio è consi-

gliabile montare un fondale di telo

verde. Su quello sfondo, infatti, sarà pos-

sibile creare con il computer effetti di fo-

tomontaggio (effetto chroma key). La tec-

nica consentirà di variare l’ambientazio-

ne della scena, senza costruire scenogra-

fie o spostare il luogo delle riprese. I pc

del laboratorio informatico dovranno es-

sere abbastanza potenti per supportare

un software di video-editing. Natural-

mente, occorrerà procurarsi una vi-

deocamera, possibilmente con un buon

microfono, e un treppiede.

Metodi e contenutiLe prime lezioni serviranno a chiarire

la differenza tra linguaggio mitico e lin-

guaggio scientifico. Nel corso di una

prima lezione dialogata la classe risalirà

al senso originario della parola mito,

partendo dai suoi significati nella lin-

gua corrente8.

Poi l’insegnante indicherà la funzione

del mito, inteso nel suo primo signifi-

cato di racconto.

Mito è tutto ciò che racconta in manie-

ra favolosa l’origine delle cose, per

spiegare come mai oggi esse sono

quelle che sono.

A questo punto ci si chiederà se non

spetti alla scienza spiegare il perché delle

cose e se il mito quindi non debba con-

siderarsi una forma di sapienza ormai

superata, considerato il suo carattere

fantasioso ed approssimativo.

La seconda lezione partirà proprio da

questa domanda per mostrare come la

scienza, in realtà, non sostituisca il mito.

A ben guardare, infatti, mito e scienza

svolgono funzioni differenti: il perché

indagato dalla scienza non è quello cer-

cato dal mito.

Più precisamente, quando la scienza

chiarisce i fenomeni, essa descrive il

loro decorso secondo nessi causa-effet-

to, interpretati come variazioni quan-

titative empiricamente constatabili. In

altre parole, essa ci dice come avvengo-

no le cose.

Al contrario, il mito non cerca il come,

ma il senso delle cose, così come si ma-

nifesta agli occhi dell’uomo.

È pur vero che il mito, spiegando il per-

ché delle cose, racconta anche come

sono andate in origine, ma esso lo fa in

maniera consapevolmente favolosa,

avendo di mira il senso, senza quella

pretesa di esattezza che possiede la de-

scrizione scientifica. In conclusione,

l’uomo non può rinunciare a nessuno

dei due perché. Egli deve chiarirsi il

come, ma anche spiegarsi il senso delle

cose. Mito e scienza sono dunque

complementari.

Al termine di questa esposizione piut-

tosto astratta sarebbe bene illustrare la

differenza tra mito e scienza con una

esemplificazione9. Successivamente

l’insegnante potrà leggere un mito bi-

blico (per es. Genesi 2-3), distinguendo

il significato mitico dagli elementi

simbolici10.

La terza lezione sarà dedicata alla let-

tura approfondita di un altro mito

scelto dal docente10. Gli alunni svolge-

ranno anche alcuni esercizi di analisi

del testo, finalizzati alla comprensione

della dinamica narrativa propria del

mito (il finale corrisponde al presente

che l’autore vuole spiegare, la trama è

lo sviluppo di questa spiegazione).

7. La proposta è pensata per un gruppo di quindicialunni al massimo: l’attività di recitazione prevista risul-terebbe ingestibile con classi troppo numerose.8. Quando si dice per es.: «il mito del Progresso», oppure«sei un mito!»9. Si prenderà un fatto (ad es.: una valanga che travolgealcuni sciatori) e se ne daranno due spiegazioni: unascientifica e una mitica. La scienza spiegherebbe il fe-nomeno descrivendo il processo attraverso il quale la

Secondo biennio e ultimo anno

Riscoprire il linguaggio del mito

valanga si forma. Alcuni sciatori, non curanti dei divieti,decidono di sciare fuori pista e, tagliando orizzontal-mente il manto di neve fresca, provocano la slavina chesuccessivamente li travolge. Il mito, invece, racconte-rebbe la storia del dio che abita sulla montagna, il quale,irritato dai discorsi fatui di alcuni sciatori, avrebbe de-ciso di punire quegli uomini travolgendoli con una va-langa. Ora, tutti capiscono che la storia del dio dellamontagna è inventata e che egli non è all’origine della

sciagura. Eppure, questo non significa che il raccontomitico sia completamente falso. La verità del mito è pre-cisamente questa: l’incoscienza e la stoltezza degli scia-tori è stata causa dello loro stessa rovina. 10. In realtà, il simbolo non è separabile dal messaggioche veicola. Su questo aspetto io preferisco però non in-dugiare, concentrando l’attenzione sul dispositivo nar-rativo più che sulla natura simbolica del mito.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

A questo punto, verrà assegnato un pri-

mo compito di scrittura.

Ciascuno dovrà inventare un mito

sull’origine della scuola. Gli alunni non

dovranno scrivere semplicemente un

racconto di fantasia, ma un mito vero

e proprio, e cioè un racconto che spie-

ghi il senso della scuola, così come ap-

pare ai loro occhi (noia, divertimento,

stress, luogo per apprendere, ecc),

narrando il come (favoloso) della sua

origine.

Dopo aver corretto e valutato i compiti,

l’insegnante ne sceglierà uno e chiederà

agli alunni di scrivere a partire da

quello la sceneggiatura per un corto-

metraggio da realizzare a scuola.

Su una scheda di lavoro predisposta dal

docente, essi dovranno specificare per

ogni scena: azioni, inquadrature, dia-

loghi e sonoro.

Sulla base della sceneggiatura ritenuta

migliore la classe potrà dedicarsi final-

mente alle riprese. Il docente sarà il re-

gista, gli alunni attori, cameraman e

addetti agli arredi di scena.

Concluse le riprese, i video registrati

verranno trasferiti sui pc del laborato-

rio d’informatica.

Dopo una lezione propedeutica sul-

l’utilizzo di Windows Movie Maker,

ogni alunno realizzerà un cortometrag-

gio servendosi del software per selezio-

nare i video, tagliarli, metterli in se-

quenza, aggiun-

gere la colonna

sonora, gli effetti

speciali e quelli

di transizione. Le

riprese e il lavoro

di montaggio ri-

chiederanno al-

meno dieci ore

per singolo cor-

tometraggio.

Competenze atteseAvendo acquisito nuovi strumenti teo-

rici per la comprensione del linguaggio

mitico, alla fine del percorso gli alunni

sapranno riconoscere la specificità

della visione religiosa del mondo. Que-

sto arricchirà la riserva di opzioni epi-

stemologiche a loro disposizione per

interpretare la realtà, normalmente li-

mitata alla visione scientifica.

Conoscenze e abilitàI ragazzi impareranno alcuni contenuti

della tradizione religiosa (i miti propo-

sti dall’insegnante) e le caratteristiche

del genere letterario mito.

Diventeranno inoltre più abili nel di-

stinguere tra approccio scientifico e ap-

proccio mitico alla realtà.

Verifica e valutazioneFonti per la valutazione delle competen-

ze saranno i racconti mitici e le sceneg-

giature scritti dagli alunni, nonché i cor-

tometraggi realizzati a computer.

Si potranno anche somministrare test

con domande aperte per verificare le co-

noscenze (dinamica narrativa del mito

e contenuti dei miti letti in classe).

Paolo Bertuletti

Istituto “O. Mozzali” - Treviglio

Fotogramma tratto dal mito sull'origine della scuolarealizzato dai ragazzi dell’Istituto Mozzali (IV Ae). In questa scena i generali di un popolo mitico decidono di adottare il metodo del lavaggio del cervello, usato consuccesso sui prigionieri di guerra, anche in patria peraddestrare i giovani all'obbedienza. Nasce così la scuola.

Gustave Doré, Il diluvio universale(1866), Frontespizio perl’edizione illustrata della Bibbia.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

PROGRAMMAZIONE

L’articolo si rivolge ai colleghi che

insegnano materie letterarie nel

primo biennio della secondaria di

secondo grado, cui si prospetta il com-

pito di preparare la programmazione per

l’anno scolastico. Le riflessioni sull’inse-

gnamento di lingua e letteratura italiana

qui proposte sono il frutto di una espe-

rienza prolungata nel biennio delle

scuole superiori, sia nei licei sia negli isti-

tuti tecnici. Come è noto, nei programmi

ministeriali, se si esclude un riferimento

alla coscienza della dimensione storica

di lingua e letteratura, che in quei testi

sembra riguardare solo i licei, le abilità

da perseguire per gli alunni nel comples-

so si equivalgono: il fine ultimo può rias-

sumersi nel saper interpretare e produrre

testi scritti e orali. Entrambe le funzioni

implicano e presuppongono, per dirla in

modo semplice e riassuntivo, lo sviluppo,

a livelli di buona funzionalità, della ca-

pacità di leggere e scrivere, il che, come è

ovvio, richiede un perfezionamento in-

tellettuale in costante riferimento cogni-

tivo e operativo a un modello di realtà

sempre più culturalmente evoluto.

Quali sono i modi in cui la scuola può

raggiungere, nel primo biennio superio-

re, tale obbiettivo e quale può essere, in

proposito, la funzionalità di una educa-

zione letteraria? Lo studio della lettera-

tura, anzi, per essere più precisi e dissi-

pare ogni eventuale sospetto di studio

manualistico, la pratica della lettura di

testi d’autore e la conseguente riflessione

su contenuti e forme della scrittura,

può avere una funzione dalle potenzialità

quasi incalcolabili nello sviluppo dell’in-

telligenza della realtà, in tutta la ricchezza

delle sue espressioni. Naturalmente,

dovrebbe trattarsi, almeno nelle ore

scolastiche, di una lettura guidata, assi-

stita, quando necessario orientata e sti-

molata da parte del docente. Una lettura

fatta insieme risulterebbe, in tempi di vi-

deogiochi ed esplorazioni del web non

esenti talora da pericoli di derive auti-

stiche, particolarmente formativa da

molti punti di vista.

Quindi, primo, leggere: che cosa? 1. Estratti dai grandi poemi epici (Iliade,

Odissea) e dalla Bibbia, i cosiddetti testi

primari ovvero, in conformità con le

istruzioni ministeriali, opere che sono

alla base della formazione della civiltà

occidentale. Ma anche testi che hanno

formato la nostra sensibilità diegetica e

da cui si sono sviluppate tutte le succes-

sive forme narrative e gran parte dei va-

lori a cui la civiltà occidentale s’ispira.

Non a caso un grande filologo come

Erich Auerbach pone insieme l’Odissea

e la Bibbia nel primo capitolo del suo

Mimesis. Il realismo nella letteratura oc-

cidentale, come fondamenti di due di-

verse percezioni del tempo, e quindi di

due modi di narrare, da cui evolverà tut-

ta la produzione romanzesca successiva

fino al Novecento. Più realistica, basata

sull’incrociarsi e connettersi dei parti-

colari, eletti spesso a indizi, quella che

fa capo all’Odissea; più basata sulla di-

zione nomenclatoria del linguaggio,

Lingua e letteratura italianaPrimo biennioPatrizia Bartoli

quella che risale, oltre che alla Bibbia, an-

che, ad esempio, alla Teogonia di Esiodo,

e che innerva la tradizione propriamente

novecentesca, espressa soprattutto nel-

l’Ulisse di Joyce e nelle opere ad esso col-

legate.

Quindi si dovrebbe operare una scelta

significativa di racconti e passi di roman-

zi, italiani e stranieri: I promessi sposi, te-

sto basilare, anche perché crea letteral-

mente, dopo secoli di latitanza, il roman-

zo italiano moderno; Le confessioni di un

italiano, un grande capolavoro misco-

nosciuto, che è un po’ il nostro Guerra

e pace; il Don Chisciotte, a cui Elsa Mo-

rante riconosceva la qualifica di modello

di tutto ciò che segue e, in particolare,

del suo Menzogna e sortilegio; Dickens

e Balzac, Maupassant, Verga. Per quel che

riguarda l’età contemporanea, di cui noi

stessi facciamo parte, ma che ha tempe-

rature artistiche e letterarie in qualche

caso non particolarmente adatte, o ad-

dirittura proibitive, per l’età degli alunni,

si possono proficuamente utilizzare

testi narrativi, soprattutto racconti, di Pi-

randello, Cechov, Singer, il Joyce dei Du-

blinesi, quindi l’Hemingway di Addio alle

armi, il Kafka della Metamorfosi, il Buz-

zati novelliere. Il secondo Novecento po-

trebbe essere ben rappresentato da Cal-

vino, soprattutto la trilogia dei Nostri an-

tenati, il Primo Levi di Se questo è un

uomo e dei Sommersi e salvati, in cui l’or-

rore della morte nei campi di sterminio

si riproduce come morte dell’anima

nel rimorso dei sopravvissuti. E ancora

Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi,

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI

libro di altissima valenza antropologica,

storica e letteraria, qualche racconto

da Il mare non bagna Napoli della Ortese

e soprattutto quelli incentrati sulla con-

dizione femminile dell’Anna Banti di Le

donne muoiono, qualche passo tratto

dall’Isola di Arturo di Elsa Morante, so-

prattutto quelli in cui si rappresenta la

particolare percezione del mondo che ca-

ratterizza l’età adolescenziale.

Il vero problema che si pone quando si

leggono a scuola testi narrativi è la limi-

tata capacità di concentrazione che me-

diamente caratterizza gli studenti dell’età

evolutiva. A problema si può ovviare con

una sorta di “lettura creativa”. Si scelga

un racconto caratterizzato da una strut-

tura diegetica in cui ha grande impor-

tanza la connessione e l’esito dell’intrec-

cio, ad esempio La parure di Maupassant

o Povero bambino! di Buzzati, i cui finali

sono coerenti con la storia, ma tendono

a cogliere di sorpresa il lettore, che dif-

ficilmente può immaginarseli, soprattut-

to per quel che riguarda la conclusione,

peraltro bellissima, scelta da Buzzati. Si

legga il racconto, cercando di sottolineare

con le pause, l’intonazione e qualche ri-

chiamo esplicito gli snodi del testo, ar-

restandosi prima del finale e chiedendo

ai ragazzi di riscrivere il racconto fino al

punto in cui la lettura dell’insegnante è

stata interrotta. Gli alunni poi devono

dare un finale alla storia, che sia con-

gruente con quello che essi stessi hanno

ricostruito. Lo scopo didattico, come è

facile arguire, è: 1) indurli a un ascolto

attento; 2) stimolare la loro capacità di

comprensione, sintesi e connessione lo-

gica; 3) incoraggiare a esprimere la loro

creatività che spesso nel delicato passag-

gio dei primi due anni della secondaria

del biennio appare come frenata, timo-

rosa di rivelarsi.

L’esercizio risulta molto proficuo e gli

obbiettivi proposti vengono in gran

parte raggiunti: con il tempo, tende a di-

venire, significativamente, meno im-

portante, sebbene sempre molto gradito

alle scolaresche, che nel complesso affi-

nano notevolmente le capacità di com-

prensione piena d’un testo letterario in

prosa, fino a raggiungere, nel caso di al-

cuni alunni, livelli eccellenti.

Queste letture hanno, ovviamente, anche

un’implicazione linguistica, che produce,

sul corpo vivo del testo letterario e

quindi sotto molti aspetti di immediata

esemplarità, la presa di coscienza piena-

mente operativa delle cognizioni di lin-

guistica italiana assimilate nel corso

della scuola primaria elementare e me-

dia. Per gli alunni diventa facilmente

comprensibile la percezione della frase

come unità fondamentale significante

della espressione linguistica.

Questo comporta una immediata capa-

cità di riconoscimento delle varie com-

ponenti grammaticali e sintattiche nella

loro connessione strutturale interna

alla frase stessa, con facile estensione alla

organicità sintattica del periodo. In

conclusione, l’educazione linguistica

viene inverata, piuttosto che su esempi

di maniera, su tranches di prosa dei più

grandi scrittori italiani, prescelti per

queste operazioni in quanto consentono

un approccio di primo livello, non me-

diato dalla traduzione.

2. Testi in versi, italiani e stranieri. La pri-

ma difficoltà con questo materiale, che

costituisce un’ingente porzione della

produzione artistica mondiale, è quella

di entrare nella sua specificità. Non è fa-

cile introdurre gli alunni alla coscienza

che il linguaggio in versi non è un’op-

tional rispetto a quello in prosa e che la

stessa cosa possa essere detta in un

Tiziano, Il sacrificio di Isacco (1542-1544), Venezia, Sagrestia di Santa Maria della Salute.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI48

PROGRAMMAZIONE

modo o nell’altro. Jakobson, come è

noto, ha individuato un’essenza metafo-

rica, che caratterizzerebbe soprattutto il

linguaggio della poesia lirica, e una me-

tonimica, che sarebbe tipica della prosa

narrativa. Esiste quindi un’espressività

propria della poesia, i cui veicoli sono

l’intensificazione della percezione e

della connotatività delle parole attraverso

mezzi specifici, quali la disposizione in

strofe, il ritmo, la rima, il fonosimboli-

smo, le pause all’interno del testo come

le cesure e le sospensioni create tra un

verso e l’altro dagli enjembement.

Un ottimo esercizio per iniziare gli stu-

denti al linguaggio poetico è la lettura

espressiva del testo, che dovrebbe essere

fatta, almeno le prime volte, dall’inse-

gnante, seguita da una interpretazione

didattica: cogliere l’emozione o le emo-

zioni che si esprimono nella poesia e in-

dividuarne i vettori tecnici. Ad esempio,

nel caso del primo verso dell’Infinito leo-

pardiano, l’orchestrazione di nessi in na-

sale o liquida e vocale di «sempre»

(SEMpre caro MI fu quest’erMO colle),

l’avverbio temporale che apre la poesia,

si dilata fino a riempire tutto il verso e

sembra sonorizzare la percezione d’un

tempo illimitato, prima accezione del-

l’Infinito.

Quanto ai poeti da leggere, considerato

che una determinazione storica dello

svolgimento della poesia italiana avverrà

nel triennio successivo, limiterei i testi

prescelti nel biennio all’Ottocento e al

Novecento. Quindi Foscolo, Leopardi,

Pascoli, il D’Annunzio del Poema para-

disiaco e di qualche testo dell’Alcyone. Più

copiosa la scelta novecentesca, conside-

rato che la vastità del programma trien-

nale normalmente riserva uno spazio

minore proprio alla contemporaneità.

Quindi, testi scelti dall’opera di Saba, il

Gozzano della Signorina Felicita, qualche

poesia dell’Ungaretti dell’Allegria, alcuni

dei testi più pervi delle prime tre raccolte

di Montale, Caproni, il Pasolini delle Ce-

neri di Gramsci, qualcuno dei testi più

belli di Penna, e, soprattutto, il Mondo

salvato dai ragazzini, di Elsa Morante,

un’opera che in dosi bilanciate e orien-

tate secondo l’età degli studenti, dovreb-

be entrare in tutte le scuole italiane.

Fra i poeti stranieri, alcuni fra quelli che

hanno influenzato la poesia italiana

moderna: Baudelaire, Verlaine, qualche

poesia di Rimbaud, Machado, Auden,

Eliot.

Naturalmente, il lavoro proposto implica

anche la partecipazione attiva degli stu-

denti, che sono prima guidati, poi inco-

raggiati a sviluppare in autonomia la let-

tura dei testi, a porre per iscritto l’inter-

pretazione delle opere, a fare ricerche in

biblioteca e in rete per individuare svi-

luppi in altri autori dei temi che li

hanno più impressionati.

Lo scopo finale è quello di indurre

l’abitudine alla lettura e quindi alla ri-

flessione su un’immagine del reale che

continuamente s’incrementa, appro-

fondisce, rilancia entro di noi. Saper leg-

gere, un’arte antica che per millenni le

élites intellettuali, in tutte le articolazioni,

dalle più semplici dei maestri di scuola

alle più complesse, si sono tramandate,

può voler significare, in parte assai co-

spicua, saper vivere.

La valutazione È questo il momento più delicato, e tut-

tavia essenziale, di ogni percorso scola-

stico. È l’atto finale, in cui vengono ri-

capitolati, e messi in relazione con le ca-

ratteristiche intellettuali dello studente,

al fine di valorizzarne la potenzialità, e

quindi l’originalità evolutiva, gli sviluppi

dell’apprendimento.

Per quel che riguarda la linguistica e la

letteratura italiana nel biennio, si è già

sottolineato come le due attività dovreb-

bero essere viste e praticate in stretta re-

lazione di reciprocità. Quel che si chiede

allo studente in questa fase, sotto molti

aspetti determinante, è l’acquisizione di

un patrimonio linguistico e della piena

capacità di usarlo per esprimere atti co-

gnitivi complessi: l’esercizio della lettura

e della scrittura sono attività che cresco-

no su se stesse, in perfetta e continua

connessione.

È in questa fase dello sviluppo intellet-

tuale che si pongono le premesse per

tutti i progressi successivi, dal triennio

seguente al periodo universitario, fino

al pieno esercizio delle proprie capacità

di elaborazione culturale dei messaggi

che provengono dai diversi luoghi del-

l’establishment sociale.

In altre parole, stiamo formando, con lo

sviluppo degli strumenti di comunica-

zione, anche il futuro del cittadino ita-

liano. I dispositivi di controllo, purché

intesi nel senso più creativo possibile,

possono anche essere quelli tradizionali:

le vecchie interrogazioni, sviluppate il

più possibile in forma di colloquio col

docente, con la partecipazione del grup-

po classe; elaborati scritti, fra cui un ruo-

lo importante dovrebbe essere riservato

al riassunto e a dissertazioni a espansione

controllata, un po’ sul modello del mi-

gliore giornalismo, ovvero schede di cin-

quanta, sessanta, cento righe al massimo

in cui svolgere temi che implichino la ri-

flessione su aspetti di rilievo del proprio

vissuto culturale. Possono essere anche

efficaci test a risposta aperta o, quand’è

il caso, chiusa.

Si ritiene, sulla base dell’esperienza,

che anche il delicato, indispensabile

momento della valutazione debba rite-

nersi un work in progress commisurato

sulla personalità individuale dello stu-

dente, in modo da evitare ogni genera-

lizzazione, che potrebbe produrre un ef-

fetto di ingabbiamento entro schemi

precostituiti.

Patrizia Bartolidocente nei licei e negli istituti tecnici - Roma

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 49

PROGRAMMAZIONE

Ad inizio di anno scolastico la

consuetudine didattica suggeri-

sce la somministrazione di prove

di ingresso utili a saggiare le abilità ac-

quisite in precedenza dagli alunni, in re-

lazione alle quali progettare, poi, i recu-

peri e i rinforzi delle eventuali carenze

e pianificare le mete cognitive e le stra-

tegie di insegnamento e apprendimento.

Nel caso dell’insegnamento di Lingua e

letteratura italiana nel secondo biennio

e nell’ultimo anno, le competenze di ri-

ferimento, imprescindibili per il raggiun-

gimento dei traguardi didattico-educa-

tivi, sono quelle indicate negli Assi cul-

turali, allegati al D.M. 139 del 22 agosto

2007 «Regolamento recante norme in

materia di adempimento dell’obbligo di

istruzione».

In particolare, per l’Asse dei linguaggi

(«padronanza della lingua italiana»), le

competenze che ciascun alunno deve rag-

giungere al termine dell’obbligo di istru-

zione sono le seguenti:

• padroneggiare gli strumenti espressivi

ed argomentativi indispensabili per ge-

stire l’interazione comunicativa verbale

in vari contesti;

• leggere, comprendere e interpretare te-

sti scritti di vario tipo;

• produrre testi di vario tipo in relazione

ai differenti scopi comunicativi.

La necessità di «porre la persona al

centro dell’azione educativa… al fine di

ottenere la partecipazione consapevole e

più ampia al progetto educativo» (Indi-

cazioni per il curricolo allegate al D.M.

31.7.2007) deve indurre ad accompagna-

re lo studente in questa attività di verifica,

situandola all’interno di un clima acco-

gliente e significativo, privilegiando,

dunque, due momenti imprescindibili

dell’azione didattico-educativa: l’acco-

glienza e la motivazione.

Troppo spesso, infatti, il test di ingresso

è percepito dagli alunni come attività

traumatica e priva di senso. Vissuta

come altra rispetto al normale organico

processo di apprendimento. La missione

è quella di aiutare gli studenti a filtrare

e assimilare questa esperienza iniziale che,

se lasciata a se stessa, risulterebbe fram-

mentaria e incomprensibile.

In questa ottica, si suggerisce di inserire

le prove iniziali all’interno di un Modulo

Zero di ingresso, che si svolgerà nelle pri-

me due settimane di lezione e che coin-

volgerà empaticamente la classe sul tema

Perché leggere? Che cos’è la letteratura?

A tal proposito, possono tornare utili,

perché ricche di un comprovato forte im-

patto emotivo sugli alunni, alcune pagine

di Italo Calvino sulla lettura come atto

creativo, disteso, gratuito.

Del tutto sganciata da utilità e ritorni im-

mediati: «Mentre veniva preparata la ci-

cuta, Socrate stava imparando un’aria sul

flauto. A cosa ti servirà? gli fu chiesto. A

sapere quest’aria prima di morire»1.

Altre pagine dello stesso Calvino tratte da

Leggerezza in Lezioni Americane possono

servire a riflettere sulla letteratura come

funzione esistenziale, come reazione al

peso di vivere, come leggerezza pensosa,

contrapposta a certa leggerezza frivola,

non aliena ai nostri giovani. Risulta di un

certo fascino il racconto di Boccaccio del

salto atletico «sì come colui che leggeris-

simo era» dell’austero e pensoso uomo

di lettere Guido Cavalcanti, che, in

questo modo, si solleva sulla pesantezza

dell’allegra brigata di messer Betto2.

Per sensibilizzare gli alunni alla comples-

sità dell’approccio al testo letterario, si

suggerisce di fare riferimento alle essen-

ziali, lucide riflessioni di Cesare Segre

sulla natura di comunicazione sui generis

della letteratura3.

Da queste premesse possono scaturire

approfondimenti che, senza la dannosa

e letale pretesa di esaurire subitamente

la complessità delle problematiche legate

alla natura dello specifico letterario e del-

l’educazione letteraria, toccano alcune

nozioni elementari di teoria della lette-

ratura (elaborazione dell’immaginario

letterario, testo e contesto, autore e let-

tore).

Si indicano, qui di seguito, alcuni esempi,

non esaustivi, di prove che possono es-

sere proposte agli alunni, per saggiarne

le abilità fondamentali di lettura, comu-

nicazione e scrittura.

Volutamente si propongono prove non

strutturate, al fine di consentire una mi-

gliore rilevazione delle informazioni

qualitative sui processi di apprendi-

mento.

Lingua e letteratura italianaSecondo biennio e ultimo annoDomenico Corcella

1. I. Calvino, Perché leggere i classici, Mondadori, Milano1995, p.13.2. Boccaccio, Decameron VI, 9.3. C. Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Ei-naudi, Torino 1985, pp. 5-8.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI50

Abilità di lettura

Affidare agli alunni la lettura di qualcuno

dei testi proposti, chiedendo di:

• identificare l’idea principale del testo;

• individuare gli argomenti proposti

per lo sviluppo dell’idea chiave;

• individuare le connessioni sintatti-

che;

• strutturare il testo in sequenze minori

o paragrafi.

Abilità di comunicazione

Oltre alla proprietà espressiva e alla

coerenza degli interventi che il docente

raccoglie, attraverso osservazioni siste-

matiche, durante il dialogo iniziale con

la classe, si può chiedere di:

• organizzare un dibattito sulla risonan-

za della lezione;

• rielaborare oralmente gli argomenti

trattati.

Abilità di scrittura

La prova di scrittura può prevedere:

• la redazione di appunti o di una map-

pa concettuale sui contenuti della le-

zione;

• redazione di un breve testo sulle per-

sonali esperienze di lettura;

• redazione di un breve testo sulla riso-

nanza che la lezione ha avuto.

Principi ispiratoridell’insegnamento della letteraturaImportante non è la testa ben piena di

nozioni, cioè tre anni di studio durante

i quali gli alunni imparino tutto, ma la

testa ben fatta, cioè l’acquisizione di

competenze e di un habitus mentis ne-

cessari a supportare un percorso di let-

ture che può durare per la vita.

Abbandonata l’idea di uno studio enci-

clopedico, la prospettiva è quella di una

formazione aperta ad acquisizioni suc-

cessive, nella quale la qualità metodolo-

gica è più importante della quantità di

conoscenze. A questo risponde la propo-

sta di approcci plurimi allo studio della

letteratura che, evitando appiattimenti

su prospettive egemoni, offre paradigmi

di studio articolati: semiotica della cul-

tura, sociologia della letteratura, analisi

dei contenuti e dei temi visti nella loro

rilevanza simbolica per l’immaginario

collettivo delle diverse epoche, prospet-

tiva ermeneutica, analisi formale del

testo e delle sue caratteristiche strutturali,

prospettiva della storia delle forme.

Il sottofondo di questo paradigma di la-

voro rimane la prospettiva storica dell’in-

segnamento letterario, cioè la necessità

di preservare un disegno storico-crono-

logico che dia l’idea di uno sviluppo della

letteratura in rapporto al contesto sociale

e culturale in cui le opere sono nate e ai

loro effetti. Tale coscienza storica dello

sviluppo letterario contribuisce a dare

prospettiva civile e comunitaria alla in-

dividualità dei nostri giovani.

Il piano di lavoro prospettato, inoltre, in-

tende incidere sul canone letterario, in-

nanzitutto, nella prospettiva multicultu-

rale di educazione letteraria intesa come

«educazione ai linguaggi», considerando,

in particolar modo, la contaminazione

tra linguaggio musicale e linguaggio

letterario. Aprire lo studio della lettera-

tura a una simile prospettiva di appro-

fondimento dei contatti tra musica e let-

teratura, considerata la forte domanda di

musica dei nostri ragazzi, può avere

una indubbia valenza pedagogica.

Il legame lingua-musica, inoltre, è par-

ticolarmente interessante per il fatto

che le due discipline hanno rappresentato

un binomio importante per la cultura

italiana, contribuendo in modo rilevante

a determinare l’identità nazionale italia-

na.Un’ulteriore riflessione riguarda la ne-

cessità di collocare lo studio della lette-

ratura italiana in un orizzonte più ampio,

che è quello europeo e mondiale.

La proposta, in particolare nell'ultimo

anno, di procedere per moduli concepiti

sulla base dell'integrazione fra letteratura

italiana e scrittori europei induce a riflet-

tere sulla necessità di dare rilievo, nello

studio e nella fruizione letteraria, alla più

ampia dimensione europea, considerata

la particolare e stretta relazione tra let-

teratura europea e letteratura italiana: in

alcuni periodi è, infatti, impossibile

comprendere la letteratura italiana senza

conoscere le opere della letteratura stra-

niera che ne costituiscono il presupposto.

Ciò, inoltre, nella convinzione che la fi-

nanza e i mercati siano insufficienti a dar

vita all’Europa dei popoli e che sia

giunto il tempo di affrontare, nella for-

Paolo De Matteis (1662-1728), Clorindo chiede la libertà di Olindo e Sofronia.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 51

mazione dei giovani europei, questioni

di identità e di storia più stringenti.

La letteratura quale campo delle emo-

zioni, degli ideali e della critica, appare

uno dei terreni più significativi per

contribuire alla formazione di una cit-

tadinanza europea sul piano culturale e

politico.

In ultimo, la letteratura nasce anche dal

continuo dialogo tra autori di epoche di-

verse: l’anticipo di autori e brani del No-

vecento, valorizzando le connessioni

tematiche, esprime l’esigenza di non re-

legare la letteratura del Novecento alla

fine del corso, sensibilizzando gli alunni

durante tutto il triennio ai temi della

contemporaneità.

Per ciò che concerne la Divina Comme-

dia, pur nel rispetto della specificità

delle singole cantiche, si propone di in-

sistere sulla omogeneità complessiva

dell’opera, alla ricerca di fili narrativi tra-

sversali, quanto più prossimali alle scelte

dei singoli moduli. Esemplificando: per

il primo anno la scelta tematica de

«L’amore nella comedìa dantesca» si

aggancia al modulo II «La lirica d’amore

tra Duecento e Trecento»; per il secondo

anno, la scelta tematica de «La politica

nella comedìa dantesca» converge con il

disegno di prospettare la funzione intel-

lettuale in rapporto al potere (modulo

II «Galilei e la scienza moderna» e mo-

dulo IV «Letteratura e impegno politico

tra ‘700 e ‘800»); per l’ultimo anno, la te-

matica de «Le scelte poetiche della come-

dìa dantesca» risulta coerente con il per-

corso sulla poesia (modulo I «La poesia

di Leopardi», Modulo V «Dalla metrica

tradizionale al verso libero e oltre») e ap-

profondisce il contributo di Dante (plu-

rilinguismo, sperimentazione, invenzio-

ne lessicale, musicalità, presenza strut-

turante del processo conoscitivo, profe-

zia) alla formazione di una koinè poe-

tica.

Sarà la sensibilità del singolo docente a

guidare la scelta dei canti o le parti di

canti adatti a dettagliare i percorsi. Ri-

mane ancora molto utile l’Enciclopedia

dantesca Treccani, che propone un vasto

repertorio di lemmi introduttivi alle di-

verse tematiche proposte da Dante nella

Divina Commedia.

Modulo I: Il Medioevo

Contenuti1 le problematiche2 storia e società3 idee e cultura

Approfondimenti R. Pernoud, Medioevo un secolare pregiudizio (1977), tr.it. M. Bianchi, Bompiani, Milano 1983

ConoscenzeIl contesto storico e culturaledel Medioevo

AbilitàCollocare nel tempo e nello spaziogli eventi letterari

Cogliere l’influsso che il contestoesercita sugli autori e sulle opere

VerificheColloquio orale

ModuliSecondo biennio, primo anno

Modulo II: La lirica d’amore tra Duecento e Trecento

Contenuti1 la lirica provenzale2 la scuola siciliana3 i toscani e lo stilnovo4 Petrarca e il Canzoniere

TestiB. de Ventadorn, Rudel, Iacopo da Lentini, Guinizelli,Cavalcanti, Dante Alighieri, Petrarca

Approfondimenti L’amore nella Canzone d’autoreG. Antonelli, Ma cosa vuoi che sia una canzone, Il Mulino,Bologna 2010, pp. 89-120

ConoscenzeEvoluzione della tematicaamorosa e della lode nella liricamedievale

AbilitàSvolgere l’analisi linguistica,stilistica, retorica del testopoetico

VerificheAnalisi del testo

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PROGRAMMAZIONE

Modulo IV: Il Rinascimento

Contenuti1 le problematiche2 storia e società3 idee e cultura

Approfondimenti E. Garin, La Cultura del Rinascimento, Il Saggiatore,Milano 1988

ConoscenzeIl contesto storico e culturaledel Rinascimento

AbilitàCollocare nel tempo e nello spaziogli eventi letterari

Cogliere l’influsso che il contestoesercita sugli autori e sulle opere

VerificheColloquio orale

Modulo III: La commedia umanaMolteplicità e variabilità dell’umano nella Comedìa dantesca e nel Decameron di Boccaccio

Contenuti1 la Divina Commedia2 il Decameron

Testi Dante, Divina CommediaBoccaccio, Decameron

ConoscenzeContenuti e caratteri formalidella Comedìa e del Decameron

AbilitàAnalizzare testi sotto il profilotematico e formale

Cogliere il rapporto tra operaletteraria e contesto storico-culturale

VerificheRelazione di studio

Modulo V: La nuova figura dell'intellettuale nella società signorile

Contenuti1 i cambiamenti istituzionali e l'umanesimo2 la nuova figura dell'intellettuale cortigiano3 i luoghi della cultura e i generi letterari

Testi Pico della Mirandola, Castiglione, Bembo, Machiavelli, Guicciardini

ConoscenzeIl passaggio dalla crisi delmodello comunale alle nuoverealtà territoriali regionali

I nuovi centri di produzione e lanuova funzione intellettuale

AbilitàSaper focalizzare e selezionare leinformazioni centrali di un testo

Cogliere il rapporto tra operaletteraria e contesto storico-culturale

VerificheSaggio breve

Modulo VI: Fortuna e tramonto dell’epica

Contenuti1 i modelli medievali2 il poema epico-cavalleresco3 nascita e tramonto del poema eroico

Testi Boiardo, Ariosto, Tasso, Tassoni

Approfondimenti Il mondo epico e cavalleresco nella narrativa del‘900 (Calvino, Tolkien)

ConoscenzeEvoluzione del poema epicotra ‘400 e ‘500

AbilitàSaper individuare analogie edifferenze tra il poema epico ealcune forme “epiche” del ‘900

VerifichePresentazione multimediale

Secondo biennio, secondo anno

Modulo I: L’età barocca

Contenuti1 le problematiche2 storia e società3 idee e cultura

ConoscenzeIl contesto storico e culturaledel ‘600

AbilitàCollocare nel tempo e nello spaziogli eventi letterari

Cogliere l’influsso che il contestoesercita sugli autori e sulle opere

VerificheColloquio orale

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 53

PROGRAMMAZIONE

Modulo II: Galilei e la scienza moderna

Contenuti1 il metodo sperimentale, l’autonomia della scienza, il linguaggioscientifico2 la questione intellettuale tra consenso e dissenso

Testi G. Galileo, Lettera a B. Castelli, Sidereus Nuncius, Dialogo sopra i duemassimi sistemiB. Brecht, Vita di Galileo (1955), tr. it. E. Castellani, Einaudi, Torino 1963L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, Adelphi, Milano 2004

Approfondimenti Calvino, Il rapporto con la luna, in Una pietra sopra, Mondadori, Milano1995, pp.220-222Calvino, Due interviste su scienza e letteratura in Una pietra sopra,Mondadori, Milano 1995, pp. 223-231

ConoscenzeIl rapporto tra scienza eletteratura nel ‘600

Il rapporto intellettuale-potere nella letteratura delNovecento

AbilitàSaper cogliere elementi diattualità nelle tematicheproposte Rapporto letteratura escienza; intellettuali epotere

VerificheSaggio breve

Modulo III: La riforma del teatro tra Seicento e Settecento

Contenuti1 il teatro elisabettiano2 il siglo de oro3 Molière4 la riforma del teatro in musica

Testi Shakespeare, Calderon de la Barca, Molière, Metastasio, Goldoni,Lorenzo Da Ponte

Approfondimenti D. Corcella, La rivoluzione del teatro di Mozart e Da Ponte in «NuovaSecondaria», n. 9 (2001), pp.75-78D. Corcella, La riforma goldoniana e il teatro di Mozart e Da Ponte in«Nuova Secondaria», n. 8 (2003), pp.47-62

ConoscenzeLo specifico letterario e lecaratteristiche dellacomunicazione teatrale

Gli aspetti fondamentalidel teatro del ‘600 e del‘700

La riforma delmelodramma

AbilitàConfrontare fra loro testidiversi per individuareanalogie o differenze

VerificheAnalisi del testo

Presentazionemultimediale

Modulo IV: Letteratura e impegno politico tra ‘700 e ‘800

Contenuti1 il legame tra intellettuale e società civile come tratto tipico dellacultura illuministica e oltre2 la prevalenza dei generi di interesse civile (giornalismo, saggistica)3 Parini4 Foscolo

Testi P. Verri, Beccaria, Parini, Foscolo

ConoscenzeIl vario configurarsi, tra‘700 e ‘800, del rapportotra intellettuali, potere esocietà

AbilitàSaper individuare analogiee differenze nellatrattazione del tema inopere di autori diversi

VerificheArticolo digiornale

Modulo V: L’Ottocento

Contenuti1 i problemi2 storia e società3 idee e cultura

ConoscenzeIl contesto storico eculturale dell’Ottocento

AbilitàCollocare nel tempo enello spazio gli eventiletterari

Cogliere l’influsso che ilcontesto esercita sugliautori e sulle opere

VerificheColloquio

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI54

PROGRAMMAZIONE

Modulo VI: Romanticismo italiano e Romanticismo europeo

Contenuti1 origini e sviluppo del movimento romantico in Europa2 la polemica classici-romantici3 Manzoni scrittore europeo4 Verdi e il Romanticismo europeo

Testi W.A. von Schlegel, F. von Schlegel, M.me de Staël, P. Giordani, L. Breme,G. Berchet, W. Scott, A. Manzoni

Approfondimenti E. Raimondi, Romanticismo italiano e romanticismo europeo,Mondadori, Milano 2000D. Corcella, Verdi e il Romanticismo europeo in «Nuova Secondaria » n. 7(2005), pp. 65-69Lettori di Manzoni nel ‘900: L. Sciascia, La strega e il capitano, Adelphi,Milano 1999 S. Vassalli, La Chimera, Einaudi, Torino 1992

ConoscenzeCaratteristichefondamentali delromanticismo italiano edeuropeo

Gli aspetti innovatividell’opera di Manzoni, conparticolare riferimento alromanzo storico

La matrice letterariaeuropea dell’ispirazioneverdiana

AbilitàSaper individuareanalogie e differenze traopere di autori diversi, inepoche differenti

VerificheAnalisi del testo

Presentazionemultimediale

Ultimo anno

Modulo I: La poesia di Leopardi e l’influenza sui poeti del ‘900

Contenuti1 la vita e il pensiero2 la poetica del vago e indefinito3 contenuti e caratteri dei Canti4 lettori di Leopardi nel ‘900

Testi G. Leopardi, CantiI. Calvino, Lezioni Americane, Mondadori, Milano 1993C. Rebora, Per un Leopardi mal noto, a cura di L. Barile, LibriScheiwiller, Milano 1992A. Zanzotto, Divagazioni su temi leopardiani in Scritti sulla letteratura,vol.2, Mondadori, Milano 2001

ConoscenzeLa poetica di Leopardi

L’influenza della poesialeopardiana su alcuniscrittori del Novecento

AbilitàAnalizzare testi sotto ilprofilo tematico e formale

Usare correttamente ilconcetto di poetica

VerificheAnalisi del testo

Modulo II: Giovanni Verga e l’antropologia dei vinti

Contenuti1 il naturalismo2 la poetica verista e il ciclo dei Vinti

Testi Vita dei campi, Novelle rusticane, I Malavoglia

ConoscenzeGli aspetti fondamentali(strutturali, tematici,stilistici) dell’opera diVerga

AbilitàCapacità di focalizzare larelazione testo-contesto

VerificheTrattazionesintetica

Modulo III: Il Novecento

Contenuti1 i problemi2 storia e società3 idee e cultura

ConoscenzeIl contesto storico eculturale del Novecento

AbilitàCollocare nel tempo enello spazio gli eventiletterari

Cogliere l’influsso che ilcontesto esercita sugliautori e sulle opere

VerificheColloquio

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 55

PROGRAMMAZIONE

Modulo IV: Le forme della narrazione

Contenuti1 i personaggi (il dandy, l’inetto, il malato, l’escluso)2 stili e forme3 i romanzi di Svevo4 i romanzi di Pirandello

Testi Tozzi, Kafka, Mann, Joyce, Proust, Woolf, Svevo, Pirandello

Approfondimenti Il romanzo tra centro e periferia (Calvino, Molteplicità, in LezioniAmericane, Mondadori, Milano 1993, pp.111-135)Musica e letteratura nell’opera di A. Schnitzler e T. Mann (D. Corcella,Doctor Faustus: scrittura e musica in «Nuova Secondaria», n. 9, 2000,pp.67-69D. Corcella, Arthur Schnitzler e la crisi della cultura musicale in «NuovaSecondaria», n. 3, 2004, pp.75-77)

ConoscenzeLe relazioni intercorse tranarrativa e contestosocio-culturale

Gli elementi costitutivi delromanzo del primoNovecento

Il rapporto tra musica eletteratura nel romanzodel Novecento

AbilitàRiconoscere analogie edifferenze fra testi sullabase di categoriestilistiche o tematiche

Mettere in relazione testie autori con altri sistemiculturali del contestostorico

VerifichePresentazionemultimediale

Domenico CorcellaLiceo Scientifico "A. Einstein" di Cerignola

(FG)

Modulo V: Dalla metrica tradizionale al verso libero e oltre

Contenuti1 Baudelaire e la lezione francese2 l’Avanguardia in Italia3 le novità di Myricae e Alcyone4 la lirica tra le due guerre

Testi Baudelaire, Verlaine, Mallarmè, Rimbaud, Pascoli, D’Annunzio,Gozzano, Corazzini, Saba, Ungaretti, Montale, Quasimodo

ConoscenzeLe linee di sviluppo dellalirica tra secondoOttocento e anni trenta-quaranta del Novecento

AbilitàSaper focalizzare livelli elinguaggi del testopoetico

Essere capaci diconfrontare tra loro testipoetici

VerificheAnalisi del testo

Modulo VI : Cinema e narrativa italiana del secondo dopoguerra

Contenuti1 il neorealismo2 il cinema neorealista3 la recente storia italiana nella narrativa neorealista

Testi Pavese, Fenoglio, Vittorini, P. Levi, C. Levi, Pasolini, E. Morante

ConoscenzeIl Neorealismo

La narrativa italiana delsecondo dopoguerra

AbilitàCogliere l’influsso che ilcontesto esercita sugliautori e sulle opere

Cogliere la relazione traletteratura e linguaggiocinematografico

VerificheRecensione

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 57

Circa quarant’anni fa, due docenti

universitari sentirono l’esigenza

di pubblicare un manuale inti-

tolato Propedeutica al latino universita-

rio1. Il titolo nasceva, credo, da un du-

plice proposito: da un lato, far capire agli

studenti universitari che soltanto da lì in

poi avrebbero cominciato davvero a

conoscere il latino; dall’altro, chiarire ai

futuri insegnanti che non sarebbe stato

sufficiente conoscere il cosa e il come: bi-

sognava conoscere, e spiegare, anche i

perché della lingua che avrebbero inse-

gnato. Una scelta metodologica che in-

vitava i docenti a superare il grammati-

calismo imparando e insegnando qual-

cosa di più rispetto a prima. Il drastico

ridimensionamento che il latino nel

Liceo Scientifico ha subito dopo l’ultima

“riforma”, invece, richiede in modo

esplicito ai docenti di farsi il più possibile

da parte: mai come oggi, insegnare

latino al Liceo Scientifico significa lavo-

rare in un ambiente ostile. È un circolo

vizioso: meno latino si insegna, meno

uno studente potrà comprenderne l’uti-

lità. Bisogna rassegnarsi?

I corni del dilemmaLe Indicazioni Nazionali non sono di al-

cun aiuto. Da un lato si afferma che

l’obiettivo è la conoscenza della gram-

matica («conosce la morfologia ... la sin-

tassi ... il lessico di base»), ma si racco-

manda anche di «evitare l’astrattezza

grammaticale»; poi si invita a privile-

giare «gli elementi linguistici chiave per

la comprensione dei testi», ma, nel

contempo, da questo approccio grosso-

lano dovrebbe scaturire «un metodo ri-

goroso e solido per l’acquisizione delle

competenze traduttive» (per farne cosa,

non è dato sapere). Come uscire digni-

tosamente da questo pasticcio?

Il docente si trova di fronte a una do-

lorosa scelta: privilegiare la riflessione

metalinguistica, anche se ridotta ai

minimi termini in ampiezza e profon-

dità2 ; o puntare tutto sull’acquisizione

di un patrimonio lessicale che consenta

una comprensione generale (ma quanto

profonda?) dei testi, privilegiando in

questo caso l’aspetto culturale rispetto

a quello strettamente linguistico?

La sostanziale riduzione dell’orario

rende difficile trovare un punto di

equilibrio che salvaguardi entrambe le

esigenze, e anche colui che adottasse con

pieno entusiasmo il “metodo natura”

potrebbe trovarsi a dover operare scelte,

cambiamenti, rinunce.

Diventerebbe allora interessante valu-

tare la praticabilità di ciò che chiamerei

un “Ørberg minor”3, frutto sicuramente

imperfetto di un empirismo didattico

che spero mi sarà perdonato.

L’esperienza è nata da due premesse.

Il latino è stato sempre accusato di es-

sere lingua del potere, strumento di

esclusione sociale e culturale, ecc.

Oggi la matematica, la fisica, le scienze

sono le nuove lingue del potere, ma nes-

suno pensa, ovviamente, di abolirne o

ridimensionarne l’insegnamento, che

viene anzi potenziato: anche le Indica-

zioni Nazionali, pur proponendo la

strada della didattica per competenze4,

non possono nascondere che tali disci-

pline richiedono una notevole capacità

di astrazione. Insomma, i quattordicen-

ni non sarebbero adatti all’astrattezza

della grammatica latina (“fatta di regole

da apprendere mnemonicamente e di

immancabili eccezioni”), ma sono abili

e arruolati per quella della matematica

e della fisica. Si tratta perciò di un’accusa

pretestuosa. Anche perché tra l’astrattez-

za della matematica e quella della gram-

matica c’è la fondamentale differenza co-

stituita dalla natura del segno linguistico,

che permette alla “parola” di acquisire un

senso soltanto all’interno di un contesto:

in questo il “metodo Ørberg” dimostra

LatinoLiceo scientifico, linguistico, delle scienze umaneCostantino Moro

1. A. Traina - G. Bernardi Perini, Propedeutica al latino uni-versitario, Patron, Bologna 1971 (vol. 1); 1972 (vol. 2).L’opera è attualmente giunta alla sesta edizione (2007,a cura di C. Marangoni).2. Non sarebbe un male, in un Liceo Scientifico, sottoli-neare che esiste uno studio scientifico del fenomenolinguistico. Non si tratta del luogo comune che vuole illatino “lingua della logica”: la riflessione sugli elementidi un sistema linguistico, sul loro funzionamento e sulleloro differenze rispetto ad altri sistemi potenzia la ca-

pacità di codificare e decodificare contenuti, non sol-tanto strutture, ed esercita a formulare e verificare ipo-tesi, esattamente come avviene in ogni ricercascientifica.3. Per quanto sono riuscito a sapere, il panoramaodierno dell’offerta editoriale scolastica conduce a iden-tificare il cosiddetto “metodo natura” con l’opera di HansØrberg, formalizzata nei testi scolastici intitolati Familiaromana e Roma aeterna, pubblicati in Italia grazie allacura di L. Miraglia e T. F. Bórri (si veda L. Miraglia, Nova

via. Latine doceo, Accademia Vivarium Novum, Montella2009. Il volume è però antecedente alla riduzione del-l’orario nel Liceo Scientifico). Anche in Italia, negli anniSettanta, furono prodotte iniziative editoriali volte a rin-novare in questo senso l’insegnamento del latino, madi esse non rimane che qualche labilissima traccia.4. Strada che peraltro suscita perplessità autorevoli. Atitolo di esempio, si veda, a proposito della matematica,G. Israel, Vade retro test («Il Foglio», 23 aprile 2011).

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI58

la sua efficacia, perché il contesto permet-

te una facile memorizzazione del signi-

ficato assunto in quel contesto dal signi-

ficante. La centralità del contatto con i

testi si dimostra così il solo nucleo teo-

rico irrinunciabile nella didattica del la-

tino. Ma il medesimo significante può

ovviamente assumere, in contesti diversi,

una pluralità di significati che sarebbe

improponibile pensare di acquisire

esclusivamente attraverso il metodo

sintetico. Per questo motivo non credo

che il vocabolario debba essere demoniz-

zato, e nemmeno considerato un sem-

plice supporto pratico: frugando nei

recessi dei lemmi lo studente impara a

scoprire la ricchezza e la profondità

della lingua, impara a pesare, prima an-

cora che a usare, le parole. Lo stesso vale

per la grammatica. Ne consegue, seconda

premessa, una scelta metodologica: nel

momento in cui diventa ancora più

difficile dare un senso all’insegnamento

del latino nel Liceo Scientifico, si può

tentare di utilizzare il “metodo Ørberg”

conservandone gli indubitabili vantaggi

e rinunciando in parte ad alcuni aspetti

estremi della sua applicazione, a favore

di approfondimenti sistematici nell’am-

bito grammaticale e storico-linguistico.

Capisco che rinunciare parzialmente

all’uso attivo della lingua possa sembrare

un depotenziamento, se non addirittura

un fraintendimento, del metodo. Ho po-

tuto però constatare che i principali ef-

fetti positivi di esso non vengono meno.

Ugualmente, penso che trovare il tempo

di spiegare, per esempio, perché il perio-

do ipotetico del primo tipo sia “dell’og-

gettività” e non “della realtà”, o perché

sia sbagliato parlare di “genitivo locativo”

non sia una concessione all’“astrattezza

grammaticale” o alla fatua erudizione,

ma filologia nel senso etimologico di

“amore per la parola”.

L’insegnamento del latino ha bisogno

che l’immersione nei testi sia accompa-

gnata da un costante lavoro di sistema-

tizzazione delle conoscenze: gli studenti

per primi lo esigono, soprattutto nel

biennio, quando la capacità di lavorare

in autonomia non è ancora pienamente

sviluppata. Ancor più è necessario, nei

limiti del tempo a disposizione, cercare

di spiegare i perché della lingua: credo

sia anche un segno di rispetto per l’in-

telligenza dei nostri alunni.

Obiettivi, esperienze,proposte: il biennioDetto questo, immaginiamo di dover af-

frontare un biennio di Liceo Scientifico

adottando i testi di Ørberg.

L’attuale quadro orario del Liceo scien-

tifico permette di arrivare, nell’arco del

biennio, a completare la lettura e la spie-

gazione di Familia Romana.

Nel programmare, bisognerà tenere

conto che la scansione degli argomenti

è molto diversa da quella che si incontra

ordinariamente nelle grammatiche ana-

litiche: ciò può causare qualche proble-

ma a livello di programmazione di Di-

partimento, se, come è probabile, nella

medesima scuola convivono insegnanti

di orientamento diverso. All’atto pratico

si tratta però di una facilitazione: il do-

cente incontra i vari argomenti di gram-

matica a mano a mano che procede con

la lettura del testo, e può decidere, in base

alla risposta della classe, in quale mo-

Mosaico romano del III secolo d.C. che rappresenta Virgilio con in mano l'Eneide, tra le Muse Clio e Melpomene. Tunisi, Museo del Bardo.

5. Nel volume Latine disco è presente l’Enchiridion Di-scipulorum, una trattazione sistematica (in italiano)degli argomenti grammaticali nell’ordine in cui si pre-sentano nel testo. Oltre a ciò, lo studente dispone anchedi un capitolo sulla fonetica (in italiano), di tavole rias-

suntive della morfologia (in latino, come le indicazionigrammaticali presenti alla fine dei capitoli in Familia Ro-mana), e di una trattazione della sintassi (sempre in ita-liano). Il mio consiglio, tuttavia, è che il docente spieghii fenomeni grammaticali e ne offra una personale siste-

matizzazione: gli studenti, durante queste spiegazioni,creeranno ciascuno il proprio Enchiridion: una riflessioneattiva sui fenomeni grammaticali faciliterà la compren-sione degli stessi.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 59

PROGRAMMAZIONE

mento e in quale misura fermarsi, siste-

matizzare, riassumere5.

È importante non dimenticare che più

si procede e più i capitoli diventano lun-

ghi e/o complessi, in particolare dal ca-

pitolo XXI in poi.

È perciò consigliabile arrivare a svolgere

nel primo anno almeno venti capitoli,

che permettono di introdurre le cinque

declinazioni, il presente, l’imperfetto e

il futuro indicativo attivo e passivo, al-

cuni pronomi e alcune strutture della su-

bordinazione (proposizione temporale,

causale, ablativo assoluto). Nel secondo

anno si completerà la morfologia verba-

le, si prenderà confidenza con le strut-

ture più complesse della subordinazione,

si potranno spiegare le nozioni fonda-

mentali della metrica e si comincerà ad

affrontare qualche semplice brano poe-

tico d’autore (Catullo, Marziale, Ovi-

dio)6. I Colloquia personarum contenuti

in Latine Disco costituiscono un valido

complemento, ma non sarà possibile uti-

lizzarli sistematicamente nel lavoro in

classe: gli studenti potranno però affron-

tarli anche da soli, a casa, come esercizio,

o potranno essere utilizzati come base

di partenza per verifiche orali.

Per quanto riguarda appunto la valuta-

zione, l’applicazione “totale” del metodo

presenterebbe il vantaggio di ampliare

le modalità di verifica7. Qualora avessi-

mo intrapreso la strada del “metodo ri-

dotto”, nulla vieta di utilizzare le tradi-

zionali interrogazioni orali e prove

scritte di traduzione, anche se la ridu-

zione di orario e il numero probabil-

mente elevato di studenti nelle classi pri-

me rendono difficilmente praticabili

interrogazioni lunghe e approfondite.

Qui potrebbero sorgere alcune difficoltà,

dovute anche, a mio giudizio, a qualche

limite intrinseco del “pacchetto” (non del

“metodo”) Ørberg (Familia Romana +

Latine Disco).

Fingiamo di dimenticare che tutto il ma-

teriale di esercizio è da tempo facilmente

reperibile nella rete. La difficoltà nasce

dal fatto che i pensa di Familia Romana

e gli esercizi di Latine Disco sono a

volte così meccanici da poter essere

eseguiti correttamente senza aver davve-

ro compreso il significato e la struttura

delle frasi che li costituiscono. È neces-

sario che in questi casi l’insegnante in-

tervenga verificando che ci sia un ap-

prendimento effettivamente consapevo-

le; può farlo stimolando l’uso attivo della

lingua latina, come prevede il metodo,

ma nel Liceo Scientifico, con il poco tem-

po a disposizione, capiterà spesso di do-

ver usare le maniere spicce: “che costru-

zione è questa?”; “perché qui è usato il

caso tale?” e via dicendo.

Per quanto riguarda i pensa di tipo C e

gli esercizi corrispondenti in Latine

Disco (domande e risposte in latino), ho

provato a tralasciarli per tutto il primo

anno, per recuperarli nel secondo anno,

quando lo studente si trova ad affrontare

strutture un po’ più complesse. All’inizio,

infatti, gli esercizi risultano talmente fa-

cili e intuitivi da generare nello studente

la falsa convinzione che il latino possa es-

sere affrontato senza uno studio attivo

e costante; quando però le cose comin-

ciano a complicarsi (cioè, all’incirca,

dopo i primi venti capitoli), essi possono

rappresentare una sfida interessante per

l’abilità degli alunni e costituire un ef-

ficace strumento di interiorizzazione del-

le strutture linguistiche.

Il vero punto dolente, tuttavia, è la

prova scritta di traduzione. Inutile na-

scondersi che tutte le prove di verifica

proposte nei volumi intitolati Latine do-

ceo e Nova via - Latine doceo sono

ormai disponibili, tradotte, su Internet,

e quindi inutilizzabili come strumento

di verifica. Si potrà supplire ricorrendo

a testi più vecchi e meno diffusi8, oppure

divertendosi (a me è sembrato diverten-

te...) a creare nuove storie partendo

dalle vicende e dal lessico di Familia Ro-

mana. Queste nuove fabulae potranno

facilmente essere modificate ogni anno

secondo la necessità. Una terza possibi-

lità, soprattutto nella parte finale del

biennio, consiste nel proporre brani

d’autore intervenendo sulle strutture o

sul lessico non conosciuti dagli alunni

con piccole modifiche o note di spiega-

zione (in latino, secondo l’uso proprio

del Metodo).

Secondo biennio e quinto annoIl principale problema che l’insegnante

si trova ad affrontare superato il biennio

è se e come utilizzare il secondo volume,

Roma Aeterna. Con il precedente quadro

orario, infatti, era possibile leggerne

già nel secondo anno almeno i primi sei

capitoli (che presentavano, per parlare

in termini analitici, la sistematizzazione

della sintassi dei casi e i primi veri e pro-

pri brani d’autore anche in prosa, per

quanto nonnullis mutatis et praetermis-

sis): in questo modo l’insegnante del

triennio poteva partire fin dall’inizio con

le letture d’autore presentate nei capitoli

successivi. Nel suo complesso, però, la

scelta di testi offerta da Roma Aeterna è

tendenzialmente monocorde (sover-

chiante l’argomento storico). La riduzio-

ne di orario rende quindi necessaria una

scelta: mantenere l’uso di Roma Aeterna

come principale o esclusiva raccolta di

testi d’autore da affiancare alla spiega-

zione della storia letteraria, tenendo

conto che difficilmente si potrà leggere

6. A proposito della polemica relativa al “latino artifi-ciale” proposto in Familia romana, personalmentecredo che non vi sia sostanziale differenza tra l’utilizzareun testo composto appositamente e utilizzare testi

estratti, spesso sottoponendoli a modifiche arbitrarie, daautori esteticamente insignificanti come Valerio Mas-simo, Cornelio Nepote o Eutropio.

7. Miraglia, Nova via, cit., pp. 125-166.8. Utili riferimenti bibliografici in Miraglia, Nova via, cit.,pp. 279-287.

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altro; scegliere all’interno di esso un per-

corso (Livio, Cicerone e Ovidio sono gli

autori più rappresentati) ed eventual-

mente affiancare a esso opere d’autore

pubblicate nella stessa collana (Cesare,

Virgilio, Plauto); sostituire il volume con

una scelta di testi operata dall’insegnante.

Quest’ultima opzione risulterebbe facil-

mente realizzabile grazie ai testi scarica-

bili dalla Rete (per i testi poetici sono di-

sponibili vere e proprie edizioni elettro-

niche). La pratica che a questo punto

l’insegnante e gli alunni avranno acqui-

sito con la metodologia Ørberg permet-

terebbe di costruire, a partire dai testi

scelti, esercizi impostati come gli Exer-

citia latina II e i pensa di Roma Aeterna.

Le verifiche di traduzione potranno es-

sere svolte utilizzando testi d’autore,

avendo sempre l’accortezza di nonnulla

mutare et praetermittere, per i motivi già

menzionati sopra.

A tutt’oggi gli esperimenti sono ancora

in corso, dato che soltanto a partire dal-

l’anno scolastico 2012-2013 le classi

terze seguono il nuovo quadro orario.

Liceo delle Scienze UmaneSia le “Linee generali e competenze”, sia

gli “Obiettivi specifici di apprendimento”

riproducono parola per parola quelli del

Liceo Scientifico, come se il passaggio da

tre a due ore settimanali nel secondo

biennio e nel quinto anno fosse inin-

fluente. Quello che già nella seconda par-

te del quinquennio Scientifico si confi-

gurava come un libro dei sogni diventa

nel Liceo delle Scienze Umane un elenco

di impossibilia. In questo caso, più che

di “ Ørberg minor” bisognerà parlare di

“Ørberg minimus”. Completata la lettura

di Familia Romana nel primo biennio,

svolgendo lo stesso tipo di lavoro visto

per il Liceo Scientifico, nel secondo

biennio sarà forse necessario abbando-

nare ogni velleità di affrontare in lingua

originale autori complessi (per esempio

Lucrezio o Livio), puntando esclusiva-

mente su letture in traduzione. Alla spie-

gazione della storia letteraria potranno

essere accompagnate brevi letture in lin-

gua originale come quelle contenute nel

libro Sermones Romani di H. Ørberg, che

presenta brani brevi ma significativi an-

che dal punto di vista storico e culturale.

In alternativa, l’insegnante potrà sceglie-

re brani dai testi di Plauto, Cesare, Vir-

gilio presentati nella medesima collana,

o crearsi da solo una scelta antologica.

Naturalmente, la possibilità di fare tutto

ciò è condizionata dal numero di alunni

per classe e dalla necessità di impiegare

in prove di valutazione parte del poco

tempo disponibile. Sarà forse opportuno,

a questo punto, rinunciare alla traduzio-

ne come strumento valutativo, e sosti-

tuirla con brevi test di comprensione o

con esercizi (che l’insegnante dovrà

preparare personalmente) strutturati

come i pensa di Familia Romana.

Liceo LinguisticoDue ore alla settimana per i primi due

anni: è lo spazio che il Liceo Linguistico

riserva al latino. In questa situazione

l’impostazione analitica è una scelta

obbligata, anche in relazione alle Linee

Generali, che parlano esplicitamente

di riflessione metalinguistica. In queste

condizioni è assolutamente inutile porsi

come obiettivo un apprendimento anche

minimo del latino che consenta un

“precoce accostamento ai testi”: meglio

quindi utilizzare queste ore per organiz-

zare lo studio del latino come un corso

di preistoria e protostoria della lingua

italiana.

Costantino MoroLiceo scientifico “Copernico”, Brescia

Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI60

La costruzione di Cartagine (Eneide, Libro I).Miniatura del codice Vat. Lat. 3225, Biblioteca Apostolica Vaticana.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 61

Premesso che nelle sue linee d’ispi-

razione generale la programma-

zione di latino e greco può essere

descritta in modo unitario, sembra in-

nanzitutto opportuno segnalare una

difficoltà: la riduzione delle ore di lettere

nel primo biennio, il cosiddetto ginnasio,

ha comportato la mancata coincidenza

tra le ore di cattedra (18) e quelle di in-

segnamento della classe A052 (16); que-

sto comporta, a sua volta, una frammen-

tazione della composizione delle catte-

dre: si verifica spesso la necessità di at-

tribuire l’insegnamento delle discipline

di ginnasio (italiano, latino, greco, geo-

storia) talvolta addirittura a tre docenti,

una soluzione spesso nociva, che tende

a riflettersi anche sull’organizzazione del-

le cattedre del secondo biennio e dell’ul-

timo anno: anche in questo caso talvolta

tre insegnanti ricoprono l’insegnamento

di italiano, latino, greco. A questo si ag-

giunge la riduzione di un’ora dell’inse-

gnamento di italiano nel primo biennio:

è vero che la quota settimanale di 4 ore

è una considerevole porzione dell’orario,

ma l’insegnante deve sempre più fare i

conti con discenti che utilizzano la loro

lingua madre in modo, per così dire,

“istintivo”, con scarsa consapevolezza del-

le strutture linguistiche, sulle quali va a

inserirsi lo studio delle lingue antiche.

Competenze attese o attesa delle competenze?L’interazione delle conoscenze e delle

competenze, dunque, risulta tanto più

difficoltosa quando siano diverse le

figure dell’insegnante di italiano e di

quello(i) di latino e greco: la consapevo-

lezza linguistica si acquisisce (e si recu-

pera) nello scambio tra le lingue, reso

estremamente difficoltoso dalle condi-

zioni descritte. D’altra parte, l’interazione

tra le lingue antiche e quelle moderne (la

lingua madre e le lingue straniere) è

esplicitamente prevista dalle Indicazioni

nazionali, che prevedono, a proposito del

profilo dello studente al termine del

quinquennio, « la capacità di confrontare

linguisticamente, con particolare atten-

zione al lessico e alla semantica, il latino

con l’italiano e con altre lingue straniere

moderne». È indubitabile, quindi, che

una meta dell’intero percorso di studi sia

la consapevolezza linguistica maturata

attraverso uno studio in un certo senso

comparativo delle discipline, che ne in-

dividui le forme analoghe, ma anche

quelle divergenti.

La stessa meta è additata sul fronte

della traduzione, esercizio per eccellenza

riflessivo, che deve essere finalizzata

non al riconoscimento di semplici nor-

me morfosintattiche, ma alla compren-

sione di modi espressivi di civiltà diverse,

indagate e rese nella loro complessità, se-

condo la bella definizione di Meillet1. Si

impone, tuttavia, un’osservazione non di

poco momento: l’habitus degli adole-

scenti, da una decina d’anni a questa par-

te, si è sempre più allontanato dall’atti-

tudine alla riflessione: gli strumenti

che, semplificando, possiamo definire di-

gitali, forniscono risposte immediate

ed abituano a soluzioni rapide dei pro-

blemi: la riflessione su un testo, l’indi-

viduazione di strutture sintattiche, la

scelta di vocaboli con operosa consulta-

zione del dizionario devono essere riscat-

tate dalla patina di estraneità con cui i

giovani guardano ad esse: la loro utilità

e il loro valore intesi nella direzione del-

l’approfondimento e della conquista di

un metodo di lavoro devono essere ri-

motivati e sostenuti con originalità.

Nell’ambito della letteratura, le compe-

tenze attese riguardano soprattutto «i te-

sti fondamentali del patrimonio lettera-

rio classico, considerato nel suo formarsi

storico e nelle sue relazioni con le lette-

rature europee»: un obiettivo che riva-

luta, superandolo, il concetto di modello

e invita ad affrontare in modo “aperto”

la tradizione culturale, forse l’unico

modo per consentire una vitalità reale

e significativa in un mondo ormai sem-

pre più “altro”.

In questa prospettiva, l’affermazione

che lo studente alla fine del percorso sa

«cogliere il valore fondante della classi-

cità [latina e] greca per la tradizione eu-

ropea in termini di generi, figure dell’im-

maginario, auctoritatis ...», assume

valore soprattutto nella prospettiva del-

l’interazione tra le culture letterarie che

affronta nel corso del quinquennio e, più

specificamente, del triennio.

1. A. Meillet, Lineamenti di storia della lingua greca, To-rino, Einaudi, 1976, p. 7.

Latino e greco Liceo classicoMaria Belponer

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PROGRAMMAZIONE

D’altra parte, questa competenza si ac-

quisisce soprattutto grazie alla lettura in-

tegrale di opere, affiancata da parti in tra-

duzione, e ciò renderà più agevole l’ac-

quisizione di strumenti di indagine lin-

guistica, stilistica e retorica e la valuta-

zione di alcuni elementi fondativi della

letteratura antica, dal genere letterario

alla dimensione della mimesis, canoni che

si acquisiscono in modo esauriente pro-

prio dalla lettura di testi complessi e dalla

loro collocazione nei contesti storico-let-

terari. Da questo punto di vista, sembra

opportuno un superamento della tradi-

zionale distinzione tra lo studio degli au-

tori e quella della letteratura, distinzione

che comporta una divaricazione del

tutto artificiosa delle conoscenze e che

non vale ad incrementare le competenze

soprattutto in prospettiva della traduzio-

ne, nonostante l’obiettivo dello sviluppo

parallelo di autori e storia letteraria

ponga alcune difficoltà dal punto di vista

didattico, come si vedrà.

Gli obiettivi: una “cassetta” di strumentiGli obiettivi specifici di apprendimento

sono, a loro volta, in gran parte comuni

alle due discipline: l’acquisizione delle

«competenze linguistiche funzionali alla

comprensione e alla traduzione di testi

d’autore» (lettura scorrevole; conoscenza

delle strutture morfosintattiche, ecc.;

funzioni dei casi nella frase e delle frasi

nel periodo; formazione delle parole; co-

noscenza del lessico) costituiscono la cas-

setta degli attrezzi preliminare ad ogni

passo ulteriore. Il problema è, semmai,

individuare le modalità di costituzione

di questa strumentazione.

Il suggerimento del testo ministeriale,

che invita a privilegiare la verbo-dipen-

denza, è senz’altro prezioso: invita a fo-

calizzare l’attenzione sul verbo, in quanto

elemento ricco di significato e chiave di

decodifica di particolare efficacia; il

verbo, inteso come cardine della frase, di-

viene il punto di partenza per l’acquisi-

zione delle conoscenze fondamentali, in-

torno alle quali si articola l’espressione

e si costruisce via via un testo più com-

plesso. Una volta definito il sistema

della flessione e operata la distinzione tra

flessione nominale e flessione verbale,

quest’ultima diviene il centro di atten-

zione per l’individuazione dei comple-

menti, meglio definiti in ragione di

reggenze del verbo, quindi delle propo-

sizioni subordinate2.

Giova a questo punto una riflessione sui

tempi e sulle modalità di acquisizione di

questi ulteriori elementi: se è vero, per

esempio, che lo studio del congiuntivo

comporta quasi “naturalmente” quello

delle proposizioni espresse con tale

modo, è altrettanto vero che l’introdu-

zione di esse non dovrà essere “automa-

tica”, ma dovrà essere preceduta da una

approfondita riflessione sulle subordina-

te corrispondenti in italiano: il sistema

delle anticipazioni di tipo sintattico,

molto diffuso nei manuali in uso, ha il

vantaggio di consentire l’accesso a testi

più complessi e quindi più interessanti

per i discenti, ma non si deve ignorare

la scarsità di strumenti linguistici dei no-

stri giovani.

A proposito delle metodiche innovative

che è possibile utilizzare, il testo delle In-

dicazioni allude al metodo Ørberg, pur

non nominandolo esplicitamente.

La questione meriterebbe ulteriore ap-

profondimento, rispetto allo spazio che

vi si può dedicare in questa sede: certo

è che lo studio del lessico, favorito da

questo metodo come cardine delle cono-

scenze, è un obiettivo importante in ge-

nerale, e la lettura di testi fin dai primi

passi dell’apprendimento costituisce

uno stimolo allo studio; le perplessità ri-

guardano la scelta stessa dei testi, artifi-

ciali, in un certo senso, del tutto estranei

alla tradizione letteraria che costituisce

comunque il fine dello studio morfosin-

tattico delle lingue antiche, e l’organiz-

zazione delle conoscenze, che, ove non

siano “sistemate” in modo rigoroso in

funzioni grammaticali, rischiano di de-

stare confusione nei discenti, fenomeno

che si è più volte riscontrato.

Una buona mediazione può essere rap-

presentata dalla lettura, sin dall’inizio, di

testi d’autore, corredati da note morfo-

sintattiche e di contestualizzazione,

come del resto è consigliato dalle Indi-

cazioni, ferma restando la necessità

della massima gradualità dei testi e la fi-

nalità dell’acquisizione di un lessico, oltre

che dei lineamenti morfosintattici.

La scelta degli autori potrà comprendere

testi dei Vangeli, di Nepote, alcuni passi

cesariani, soprattutto dal Bellum Galli-

cum, alcune favole di Fedro (che spesso

è, tuttavia, autore non così lineare) o al-

cuni epigrammi di Marziale: certo è che

testi così diversi, selezionati in ragione

della maggior leggibilità, pongono no-

tevoli problemi di contestualizzazione,

o meglio, la necessità di riferimenti ad

ambiti di genere (cui si dovrà almeno ac-

cennare, per evitare conoscenze troppo

sommarie) e cronologici molto diversi.

Contenuti. Latino Nell’ambito dei contenuti dello studio

del latino, il primo problema si pone in

rapporto alla trattazione della storia

letteraria (la «cultura» descritta nelle In-

dicazioni): se è indubbio che l’età arcaica

deve comportare una robusta scelta di

testi di Plauto e Terenzio, è altrettanto

vero che la lettura in lingua originale è

poco proponibile in Iª liceo, e si potrà ri-

solvere con una lettura in gran parte af-

fiancata dalla traduzione; quindi, nella

prima parte dell’anno, si potrà optare per

un consolidamento delle competenze

2. Mi sembra ormai tramontato l’utilizzo di un testo, A.Ghiselli, G. Concialini, Il nuovo libro di Latino, Laterza, cheaveva come asse portante proprio la verbo-dipendenzae costituiva un percorso sintetico e di grande efficacianella costruzione delle conoscenze/competenze lingui-stiche.

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che poggi sui testi cesariani, che rientra-

no tra le letture d’autore previste durante

l’anno; da questo punto di vista, la let-

tura integrale di un Commentario, parte

in lingua originale, parte in traduzione

con confronto del testo originale, costi-

tuisce un buon approfondimento della

lingua, oltre che un’importante esperien-

za di lettura di un testo nella sua com-

plessità, al di là delle scelte antologiche,

necessariamente riduttive.

Per il resto, dal punto di vista dei con-

tenuti, le Indicazioni non presentano si-

gnificative novità rispetto alla consue-

tudine: vero è che l’elenco degli autori

destinati al III anno, «Cesare, Sallustio,

Cicerone, Catullo, Lucrezio» sembra

assai nutrito e poco realistico: la ripro-

posta di Cicerone per il IV anno induce

a pensare alla tradizionale suddivisione

tra Cicerone retore al III anno e Cicerone

filosofo al IV: certo è che la lettura di

un’ampia selezione dalle orazioni (Ca-

tilinarie, ma anche Verrine, Pro Murena,

Pro Archia) risponde bene alle esigenze

di consolidamento delle competenze lin-

guistiche, oltre che all’approfondimento

della temperie culturale e delle condizio-

ni storico-politiche dell’età cesariana.

Analogamente, la riforma dei costumi

propugnata nel De officiis, oltre alla di-

samina condotta nelle Tusculane, è un

interessante termine di paragone con

l’epicureismo lucreziano: resta il dubbio

che tanta mole di testi, e complessità di

orizzonti culturali, possa essere af-

frontata in un anno, il III, ovvero l’an-

tica Iª liceo, pur sempre segnato dal

passaggio ad uno studio di notevole

complessità.

Bisogna inoltre tener conto, come la pra-

tica quotidiana dimostra, che spesso

non si è completato lo studio delle

strutture morfosintattiche: se è vero

che tale “consolidamento” può essere

svolto attraverso la lettura degli autori,

è altrettanto vero che richiede tempi ed

energie supplementari.

Sembra invece condivisibile la scelta di

affrontare la lettura di Virgilio in IIª liceo:

nonostante la carenza di conoscenze

dal punto di vista letterario, cioè del-

l’orizzonte della letteratura ellenistica, al-

meno dal punto di vista storico il passag-

gio all’età augustea, e la parabola lette-

raria ad essa conseguente, è ben delinea-

bile dalle opere di Virgilio, almeno da Ge-

orgiche ed Eneide, mentre la lettura delle

Bucoliche presenta comunque livelli di

complessità tali da sconsigliarla nel pri-

mo anno del secondo biennio. Quanto

alle scelte indicate per l’ultimo anno

(«Seneca, Petronio, Quintiliano, Tacito,

Apuleio»), sarebbe auspicabile integrarle

e completarle con la lettura in originale

di qualche passo di un autore della Cri-

stianità, per esempio Agostino, grazie al

quale si può avviare un efficace confron-

to con la lingua latina classica e il mo-

dello ciceroniano, al quale Agostino si ri-

chiama, nella prospettiva di verificare le

linee di sviluppo della lingua e della cul-

tura latina negli immediati prosecuto-

ri.

La modalità descritta, di stampo pretta-

mente diacronico, risponde all’esigenza

di collocare sull’asse del tempo e dello

spazio l’esperienza letteraria, esigenza

profondamente sentita in ragione anche

della oggettiva riduzione delle ore di sto-

ria nel primo biennio e della diversa mo-

dalità di trattazione della materia. Ciò

non esclude l’attenzione al genere lette-

rario, da verificarsi soprattutto nei pro-

cessi di interazione (per esempio tra ora-

toria e storiografia, tra poesia epica, poe-

ma didascalico, elegia), e allo sviluppo

delle tematiche: va da sé che il grande

tema della crisi della res publica emergerà

in parallelo sia dalla lettura di Sallustio

Fidia, statue del frontone est del Partenone, Londra, British Museum.

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che da quella di Cesare e di Cicerone,

tanto per addurre un esempio lampante:

quindi la “sistemazione” sull’asse diacro-

nico non esclude la possibilità di appro-

fondimenti di diversa natura.

Contenuti. Greco A proposito dei contenuti indicati per

il secondo biennio e l’ultimo anno di

greco, si nota la novità inerente la

lettura del testo filosofico “spostata”

all’ultimo anno: si tratta di una scelta

condivisibile, soprattutto perché consen-

te di aprire alla filosofia ellenistica,

non solo ad Epicuro, ma anche alla scrit-

tura e alla riflessione di Epitteto e di

Marco Aurelio, un bell’esempio di glo-

balizzazione tra mondo greco e mondo

latino imperiale. Detto ciò, le conside-

razioni svolte intorno ai contenuti del-

l’insegnamento del latino investono,

in linea generale, anche quelli inerenti

lo studio del greco.

A partire dal secondo anno si potrà av-

viare la lettura antologica di testi d’au-

tore, secondo percorsi tematici o di

genere, allo scopo di potenziare le com-

petenze linguistiche e introdurre gra-

dualmente alla lettura diretta dei classici.

Analogamente, la lettura degli oratori in

IIª liceo consente l’approfondimento del

contesto storico-politico anche dal pun-

to di vista oratorio, e, ancora una volta,

l’importante valore dell’interazione tra

oratoria e storiografia nell’opera di Tu-

cidide e degli storici in generale. Tuttavia,

anche nell’ambito dei contenuti del

programma di greco, si presenta in Iª li-

ceo un problema analogo a quello se-

gnalato per i contenuti di latino: il

testo omerico deve necessariamente

essere affrontato in originale, ma costi-

tuisce un esercizio arduo, in una lingua

che, pur istituendo un linguaggio lette-

rario di fondamentale importanza, non

“corrisponde” al greco della koiné, sul

quale gli studenti hanno fondato i loro

studi. Di fatto, la lingua omerica non co-

stituisce una “palestra” adeguata per

maturare ulteriori competenze linguisti-

che, se non in modalità contrastiva,

prospettiva ardua e spesso faticosa per

i discenti. Sarà perciò inevitabile affian-

care questa lettura con delle traduzioni

tratte da passi d’autori diversi, ovvero i

testi narrativi o storici consigliati dalle

Indicazioni, fermo restando che lo stesso

Erodoto presuppone la conoscenza del

linguaggio omerico, o almeno si avvan-

taggia molto di essa, e non si può

pensare al testo originale erodoteo come

punto di partenza per il consolidamento

delle competenze linguistiche. In ogni

caso, nella prospettiva di una acquisizio-

ne di contenuti di grande rilevanza cul-

turale, si può affrontare la lettura di al-

cuni libri dell’opera erodotea, se non del-

l’intera opera, in traduzione, affiancata

dal testo originale: si tratta di un’opera-

zione che consente l’acquisizione di un

lessico ampio, che pone le fondamenta

della terminologia politica, del lessico

militare, spesso anche filosofico, in rap-

porto ai diversi libri scelti.

Inoltre la conoscenza di ampie parti di

un’opera si pone come un contributo

importante ad alcune modalità fonda-

mentali del pensiero greco, quali la de-

finizione del sé in rapporto all’altro da

sé, l’alternanza mythos/logos, la riflessione

sulle modalità evolutive delle strutture

politiche, ecc. Analogo discorso può

essere svolto riguardo agli altri autori in-

dicati come fondamentali: in ogni cir-

costanza, la lettura di un’opera completa,

supportata dalla traduzione, cui si affian-

ca la lettura approfondita (intesa come

rilevamento di fenomeni sintattici, co-

struzione di un lessico specifico, costru-

zione del contesto storico-letterario)

di passi in lingua originale, è una tappa

fondamentale per il superamento della

dimensione antologica, importante ma

limitativa della comprensione dei testi

nella loro organica complessità.

Come e quando si verifica?Un’ultima considerazione riguarda i

modi e i tempi della verifica, anche

questa divenuta più problematica che in

passato, per diverse ragioni. Innanzitutto

la composizione delle classi, spesso nu-

merose, quindi la frammentazione del-

l’anno scolastico, dovuta alla necessità,

sempre più frequente, di prevedere atti-

vità di recupero, previste per legge, ma

gravate da ristrettezze di spesa, che, li-

mando i fondi destinati ai cosiddetti “cor-

si di recupero”, inducono a recuperi in iti-

nere, utili ai fini prefissi, ma quasi

sempre realizzati a scapito della program-

mazione e quindi anche della valutazio-

ne. Infine, la scansione della valutazione

orale lungo lo svolgimento degli argo-

menti sarebbe raccomandabile per evi-

tare una tendenza che va affermandosi

negli adolescenti, ovvero l’abitudine a de-

dicarsi allo studio delle discipline nell’im-

minenza delle verifiche, trascurandone

la preparazione quotidiana: una tendenza

dettata, anche questa, soprattutto dalla

necessità di ricorrere a test scritti, risposta

inadeguata ma inevitabile al numero de-

gli allievi per classe.

Maria BelponerLiceo classico “Arnaldo”, Brescia

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 65

PROGRAMMAZIONE

Questo contributo è pensato spe-

cialmente per gli istituti profes-

sionali, poiché è proprio in

tali indirizzi che più si rileva l’urgenza,

per ogni materia, di fornire un apporto

alla migliore preparazione degli studenti

in termini di competenze.

In una congiuntura negativa – per usare

le parole dell’ISFOL – «massimizzare

l’offerta di skills nella forza lavoro ed ot-

timizzare il loro pieno utilizzo è la

chiave di volta anche per la crescita eco-

nomica e occupazionale e per promuo-

vere l’inclusione sociale delle persone»,

mentre di contro l’assenza (o l’inadegua-

tezza) di competenze aumenta il rischio

degli individui di scivolare ai margini

della società1.

Non a caso gli istituti professionali, nel

passaggio al nuovo ordinamento disci-

plinato con D.P.R. n. 87/2010, si confi-

gurano come scuole capaci d’integrarsi

nell’assetto economico e produttivo del

territorio, fornendo agli studenti una

professionalità sostenuta da conoscenze

disciplinari, abilità operative e capacità

d’interagire in funzione di obiettivi co-

muni, oltre a una cultura generale

orientata verso progresso tecnologico e

sviluppo.

La valorizzazione degli indirizzi profes-

sionali impone quindi un impegno ai

docenti e alle istituzioni scolastiche per

rispondere agli orizzonti formativi pra-

tici degli studenti, dando un senso con-

creto allo studio di ciascuna disciplina,

e fa del biennio il luogo cruciale in cui

costruire un modello di successo forma-

tivo.

Competenze atteseLe competenze indicano la «comprovata

capacità di usare conoscenze, abilità e ca-

pacità personali, sociali e/o metodolo-

giche, in situazioni di lavoro o di studio

e nello sviluppo professionale e perso-

nale»; nel Quadro europeo delle quali-

fiche, sono descritte in termini di respon-

sabilità e autonomia2.

Esse quindi riguardano non soltanto l’in-

sieme dei saperi e delle abilità (ovvero le

conoscenze e le tecniche) ma anche il

soggetto con le sue caratteristiche indi-

viduali, nel contesto lavorativo in cui è

inserito e nell’esperienza concreta della

sua esistenza professionale, dove assumo-

no particolare valore i comportamenti,

le soluzioni esperite di fronte a un pro-

blema, nonché la capacità di adeguarsi

ed evolversi in relazione ai mutamenti

intervenuti.

Perciò un curricolo professionale pone

al centro proprio lo sviluppo di compe-

tenze, da quelle di base (individuate

come requisiti minimi per l’occupa-

zione), a quelle tecnico-professionali

(riferite a determinati processi lavorativi)

e trasversali (quelle – aspecifiche – di re-

lazione, diagnosi, azione, assunzione

di responsabilità e risoluzione di proble-

mi ecc.).

Le Linee guida per il passaggio al nuovo

ordinamento fissano per la disciplina di

Storia due competenze di base attese alla

conclusione dell’obbligo d’istruzione:

«1) comprendere il cambiamento e la di-

versità dei tempi storici in una dimen-

sione diacronica attraverso il confronto

fra epoche e in una dimensione sincro-

StoriaPrimo biennio Alessandro Ferioli

nica attraverso il confronto fra aree

geografiche e culturali;

2) collocare l’esperienza personale in un

sistema di regole fondato sul reciproco

riconoscimento dei diritti garantiti dalla

Costituzione, a tutela della persona,

della collettività e dell’ambiente».

L’insegnamento si rivolge qui a studenti

che non si serviranno della storia pro-

fessionalmente; pertanto lo studio è si-

gnificativo se sa concorrere – nell’ambito

dell’asse culturale di afferenza – allo svi-

luppo di competenze che siano trasfe-

ribili anche in altri contesti e situazioni,

legate a pratiche progettuali e che favo-

riscano tanto l’apprendimento della

materia quanto la formazione della

persona, andando a costituire le basi di

una perizia che, ove valutata, incide

sugli sviluppi di carriera.

Muovendo da competenze generali, si

possono individuare competenze speci-

fiche per la disciplina in termini di co-

municazione, selezione, lettura, genera-

lizzazione, strutturazione e progettazio-

ne, gradualmente declinate nel curricolo

verticale3.

1. Rapporto ISFOL 2012. Le competenze per l’occupazionee la crescita, ISFOL, Roma 2012, p. 15.2. Raccomandazione del Parlamento Europeo e delConsiglio del 23.04.2008 sulla costituzione del Quadroeuropeo delle qualifiche per l’apprendimento perma-nente (2008/C 111/01).3. P. Biancardi – E. Rosso – M. Sarti, La didattica per com-petenze nell’insegnamento della storia, in P. Bernardi (acura di), Insegnare storia. Guida alla didattica del labora-torio storico, UTET, Torino 2006, pp. 39-57. Cfr. inoltre icontributi sulle competenze in «Il Bollettino di Clio», 1(2013), XIII.

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PROGRAMMAZIONE

Obiettivi di apprendimentoNel primo biennio, gli obiettivi di ap-

prendimento di storia sono da inquadra-

re nell’area d’istruzione generale, inte-

ragiscono con le discipline di indirizzo

e sono in linea di continuità con gli assi

culturali (dei linguaggi, matematico,

scientifico-tecnologico e storico-sociale)

dell’obbligo d’istruzione.

La scansione annuale generalmente pre-

vede nel primo anno lo studio della

Preistoria (non menzionata ma ineludi-

bile) e del periodo dalle civiltà del vicino

Oriente sino all’espansione di Roma

nella penisola italica nel III sec. a.C. e alla

fine del mondo classico, mentre nel se-

condo anno si tratta il periodo dal III sec.

a.C. all’anno Mille. È un programma

complesso, specialmente riguardo alla sto-

ria antica che è pressoché assente dalla se-

condaria di 1° grado in conseguenza della

scansione introdotta con D. Lgs. n.

59/2004; si pone quindi il duplice proble-

ma di conferire una preparazione di

base sicura e coerente a studenti il cui rap-

porto con la storia antica risale alla pri-

maria e, al contempo, di operare una se-

lezione di contenuti essenziali, sostenen-

dosi di necessità con sintesi compensative

(sappiamo che ogni velleitarismo di

completezza dà risultati sterili).

Premesso che il biennio è il momento di

trasmissione di procedure e metodi di-

sciplinari, intesi soprattutto nel loro

aspetto pratico, gli obiettivi specifici

d’apprendimento tengono conto sia di

quanto riguarda le metodologie ermeneu-

tiche e investigative della disciplina in sé

sia di quanto attiene al raccordo con la

specificità d’indirizzo, che colloca la co-

noscenza storica in un curricolo determi-

nato. Sul primo aspetto è importante de-

finire la tradizionale periodizzazione fi-

nalizzata a scandire partizioni corrispon-

denti ad altrettante epoche distinguibili

tra loro per caratteri omogenei e duraturi.

Un rilievo particolare deve essere dato poi

alle basi metodologiche essenziali della di-

sciplina, ovvero alle operazioni di indivi-

duazione, critica, selezione, confronto e

impiego delle fonti come momento per

la costruzione della conoscenza storica:

fonti letterarie e giuridiche, dati geografici

e paesaggistici, fonti figurate (dipinte e

scolpite), epigrafia, papirologia, numisma-

tica, fatte interagire in una situazione la-

boratoriale piuttosto che spiegate in

astratta teoria. L’esame delle fonti, che at-

tiva quell’«atteggiamento razionale, critico

e responsabile» previsto dai risultati

d’apprendimento, tiene conto della loro

diversità in relazione ai periodi, per evi-

denziare, dietro l’apparente uniformità

della narrazione del manuale, le profonde

diversità epistemologiche che pertengono

ai periodi studiati (si pensi al divario tra

preistoria e storia greca per qualità delle

testimonianze e possibilità di conoscenza

e narrazione).

È inoltre da sottolineare l’invito, conte-

nuto nelle indicazioni, a uscire dall’ottica

eurocentrica per fare «riferimenti signi-

ficativi a coeve civiltà diverse da quelle

occidentali»; il che autorizza a compa-

razioni tra civiltà ma soprattutto a far ri-

saltare le interdipendenze coeve, co-

gliendo relazioni politiche, sociali e cul-

turali di civiltà non susseguenti al pari

dei capitoli del manuale nel loro evolversi

in un territorio dato e nelle interazioni

con le realtà circostanti.

Scontro tra falangioplitiche. Anfora a figurenere (ca. 560 a.C.),Monaco di Baviera,StaatlicheAntikensammlungen.

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PROGRAMMAZIONE

In tal caso anche la periodizzazione è al-

ternativa, riducendosi a quell’essenziale

indicato da C. M. Cipolla (il periodo pre-

cedente la domesticazione, la rivoluzione

neolitica e quella industriale)4, che pe-

raltro presenta il vantaggio di prestarsi

a una più conveniente trattazione sugli

sviluppi di tecnologie e tecniche.

Uscendo dalla trattazione cronologica –

ma senza abbandonare un solido aggan-

cio alla cronologia – è possibile ricostrui-

re, anche con l’ausilio dei concetti e della

capacità attualizzante della geografia

umana, un quadro di civiltà muovendo

dalle città e dal nodo di potere, funzioni

e cultura che esse rappresentarono al

loro apogeo, illuminandone altresì lo svi-

luppo come risultato del loro dinami-

smo nella tecnologia e nell’economia:

Babilonia, Alessandria, Roma, Costan-

tinopoli, Ch’ang-an, La Mecca, Cordova,

Parigi sono altrettanti esempi per i

quali possono essere individuate strut-

ture e permanenze in un’unità didattica

integrata di storia, geografia e cittadinan-

za5.

A tale visione globale si accompagna la

necessità di un approdo al territorio su

cui i futuri lavoratori si dovranno mi-

surare: è il momento della dimensione

locale della storia, che inserendosi in una

prospettiva glocale ponga l’attenzione al

rapporto fra centri e periferie dello svi-

luppo, abituando lo studente alla lettura

di una realtà produttiva e sociale, come

quella odierna, dove i fattori connessi a

diverse scale si modificano e ridefinisco-

no in un’interazione reciproca.

Metodi e contenutiÈ consigliabile l’impiego di strumenti

metodologici diversi, non tanto per su-

scitare attenzione quanto per ragionare

su specifici linguaggi e tecniche di comu-

nicazione: il manuale di storia, per l’in-

quadramento del periodo studiato e

l’incremento delle abilità di lettura,

comprensione della narrazione storica,

riconoscimento dei nodi essenziali e

sintesi concettuale; uso di carte geogra-

fiche storiche, anche da completare per

disporre gli eventi nello spazio, rilevare

spostamenti/espansioni di popolazioni,

distanze, fenomeni relativi a diverse

scale; riviste specialistiche, per lo svilup-

po di casi di studio locali; musei, con i

criteri espositivi dei reperti; cinema,

allo scopo di riflettere sui condiziona-

menti del film a soggetto storico sull’im-

maginario collettivo o sull’uso politico

della storia; immagini, sia quali strumen-

ti di facilitazione della comunicazione di-

dattica che come fonti da analizzare, con-

frontare e interpretare; documentari,

come esempio di comunicazione storica

di massa, per evidenziarne le modalità

di trasposizione della scientificità disci-

plinare nella divulgazione; siti internet,

J.-L. David, Leonida alle Termopili(1814), Parigi, Museo del Louvre.

4. C. M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Mi-lano 1977.5. A. Toynbee (a cura di), Le città del destino, ERIS, Roma1969; E. Jones, Metropoli, Donzelli, Roma 1993.

per definire criteri e luoghi di ricerca

d’informazioni storiche attendibili.

Molte delle attività anzidette trovano di-

spiego nel laboratorio di storia, utile

per una comunicazione collaborativa e

per avviare gli studenti alla comprensio-

ne della qualità del ragionamento storio-

grafico e della natura della pratica sto-

riografica, attivandone gli operatori co-

gnitivi nello sviluppo di competenze cri-

tiche e interpretative, pur conservando

la consapevolezza che l’operazione di cri-

tica delle fonti, che è alla base dell’im-

piego delle stesse, richiede una complessa

metodologia che resta fuori dalla portata

della didattica scolastica. L’episodio di

Leonida alle Termopili può essere propo-

sto – secondo un’ottica di educazione

alla pace, solidamente ancorata alla Co-

stituzione – in un percorso che muova

tra storia, storiografia e suo uso pubblico.

Attraverso il fumetto di F. Miller, 300, e

il film omonimo diretto da Zack Snyder,

che da esso è tratto, si rileva l’uso pub-

blico della storia nella costruzione di un

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI68

PROGRAMMAZIONE

immaginario comune; il dipinto di J.-L.

David, Leonida alle Termopili (1814), in-

troduce all’uso politico che giunge sino

alle più recenti polemiche, scaturite

proprio dal film, intorno al ruolo degli

USA nella difesa dall’islamismo intran-

sigente6; il monumento a Leonida come

esempio di memoria sociale (Hal-

bwachs). Il Libro VII delle Storie di

Erodoto costituisce la narrazione della

storiografia antica (valida quindi come

fonte), mentre l’interpretazione comples-

siva degli eventi è assicurata da mono-

grafie su istituzioni e società spartane,

con la possibilità di una comparazione

fra città greche nel campo dell’educazio-

ne dei giovani.

Ma la programmazione deve anche ade-

rire al curricolo d’indirizzo. Gli orienta-

menti per l’organizzazione del curricolo

insistono sul fatto che «l’asse storico-so-

ciale contribuisce alla comprensione

critica della dimensione culturale del-

l’evoluzione scientifico-tecnologica e

sviluppa il rapporto fra discipline tecni-

che e l’insegnamento della storia», dove

l’elemento qualificante è l’interazione tra

scienza, tecnologia e cultura umanistica:

la programmazione di storia assume

quindi una coloratura coerente con la

specificità professionalizzante dell’isti-

tuto, per consentire una riflessione sulla

natura del lavoro, sulle conseguenze

sociali e ambientali che da esso derivano

e su possibili evoluzioni creative.

Al proposito si prevede lo studio di

«elementi di storia economica, delle

tecniche, del lavoro e sociale in dimen-

sione generale, locale e settoriale con ri-

ferimento al periodo studiato», da intrec-

ciare con i temi fondamentali di Citta-

dinanza e Costituzione.

Indichiamo di seguito alcune possibili

colorature:

- per i Servizi per l’agricoltura e lo

sviluppo rurale: il legame fra produzio-

ne, ambiente, insediamenti e loro

conseguenze sugli assetti territoriali,

per promuovere una cultura di piani-

ficazione e gestione del territorio se-

condo principi di conservazione della

natura (disboscamenti e produzione

nell’Italia romana);

- per i Servizi socio-sanitari: la storia della

malattia (anche nelle ricadute socio-

culturali) e della medicina, illustrando

l’arte di curare come un insieme di

scienza, tecnica e rapporto di relazione,

nonché i modi di ospitalità e assisten-

za;

- per i Servizi per l’enogastronomia e

l’ospitalità alberghiera: la storia dell’ali-

mentazione e delle tradizioni alimen-

tari, cogliendo il legame fra risorse, ter-

ritori e culture per valorizzare il patri-

monio ambientale, artistico e culturale

locale;

- per i Servizi commerciali: le interrela-

zioni tra commerci e comunicazioni

con il progresso delle civiltà;

- per Produzioni industriali e artigianali:

rispettivamente la storia della tecno-

logia come fattore di evoluzione delle

civiltà e gli artigianati locali come

espressione di tradizioni, tecniche e

creatività, per trarre dal passato uno

slancio creativo per il made in Italy;

- Per Manutenzione e assistenza tecnica:

il rapporto fra la tecnologia e l’ambien-

te.

È però la pedagogia del progetto che

meglio mobilita le risorse cognitive allo

scopo di esercitare la pratica e la perizia

d’azione, sfidando la complessità e con-

ferendo alle competenze da acquisire una

valenza concreta e sociale: l’elemento

qualificante della competenza – anche di

cittadinanza – diviene quindi la natura

originale della risposta, che esprime «il

sicuro possesso di abilità non semplice-

mente ripetitive riferite ad un compito»7.

Ciò trova esplicazione nella progettazio-

ne di percorsi didattici pluridisciplinari

finalizzati all’acquisizione di competenze

mediante la realizzazione di obiettivi

concreti, anche servendosi della quota

oraria prevista dall’autonomia, in coe-

renza con il piano dell’offerta formativa,

così da dare luogo a un sistema virtuoso

tra metodologia laboratoriale, specificità

produttiva locale e domanda di profes-

sionalità da parte della realtà d’impresa

territoriale. Può trattarsi, a seconda del

settore, dell’allestimento di un evento

enogastronomico o della realizzazione

di una scatola d’imballaggio o di un tem-

peramatite: ciò che conta è la sua signi-

ficatività nell’acquisizione di perizie

tecnico-professionali e sociali.

Verifica e valutazioneLa verifica delle attività – svolte dal sin-

golo docente o nell’ambito dell’asse – av-

viene secondo modalità diversificate

allo scopo di variare le modalità delle

prove e valutare differenti abilità, oltre

che per contrastare i meccanismi routi-

nari. Posto che il colloquio è il momento

principe della valutazione, tra gli esercizi

ritengo abbiano senso i seguenti: la di-

sposizione di eventi significativi secondo

un ordine cronologico; esercizi “vero/fal-

so” o item a scelta multipla accompagna-

ti dalla relativa motivazione; quesiti a ri-

sposta singola; esercizi su carte geogra-

fiche o tematiche, anche mute; compren-

sione e confronto di testi storiografici

con tesi divergenti; trattazioni sintetiche

su fenomeni di lunga durata, tali da de-

strutturare il continuum della narrazione

proposta dal manuale.

Il tema storico, troppo spesso evitato da

studenti con carenze, dovrebbe essere

imposto a tutti obbligatoriamente alme-

no due volte per anno, garantendo la

scelta fra tracce diverse della medesima

tipologia C.

È però il prodotto reale che meglio

consente la valutazione delle competenze

dell’asse.

6. M. Cieply, That Film’s Real Message? It Could Be: “Buy aTicket”, «New or Times», 5 marzo 2007. 7. M. Laeng, Competenza, in Enciclopedia pedagogica, dir.da M. Laeng, Vol. VII, La Scuola, Brescia 2003.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 69

Non dimentichiamo infatti che questa

è connessa alla relativa certificazione, che

al termine del biennio marca l’assolvi-

mento dell’obbligo d’istruzione e, per-

tanto, costituisce la prima carta d’identità

professionale del lavoratore attestandone

saperi acquisiti, grado di autonomia e re-

sponsabilità. La finalità della certificazio-

ne, che trova senso nell’oggettività e si-

gnificatività delle prove cui lo studente

viene sottoposto, oltre che nell’adegua-

tezza delle motivazioni che la validano,

dev’essere la rispondenza concreta alle

domande delle aziende in relazione alle

competenze per asse e trasversali, sì da

poter far parte utilmente del libretto for-

mativo e rappresentare un forte aggancio

alla realtà del territorio.

Fanno parte integrante dell’attività

anche gli interventi di recupero delle ca-

renze.

È innegabile che i tagli ai fondi d’istituto

rendano sempre più difficile il sostegno

extracurricolare durante l’anno, dopo gli

scrutini intermedi, incoraggiando quin-

di modalità in orario curricolare per

non disperdere le risorse necessarie per

i corsi da tenere dopo il termine delle le-

zioni: ciò impone un’oculata program-

mazione degli interventi in itinere, poi-

ché nei professionali il rischio che allo

scrutinio finale il mancato recupero in

extremis di più discipline dia luogo alla

non promozione è molto concreto8,

con ciò che ne consegue in termini di

abbandono.

Il successo formativo nella disciplina

deve quindi essere perseguito con con-

vinzione – anche apprezzando le com-

petenze trasversali di natura sociale – fa-

cendone l’elemento qualificante di una

scuola che, in piena attuazione dell’art.

3 della Costituzione e del d.P.R. n.

275/1999, valorizza la persona attraverso

la qualità dell’insegnamento/apprendi-

mento.

Alessandro FerioliITCS “G. Salvemini”, Casalecchio di Reno

(BO)

Il fumetto 300 di J. Miller.

8. 20,8% di non ammessi nell’a.s. 2010/11; 19,3% di nonammessi nell’a.s. 2011/12 (Comunicato MIUR 10.7.2012.URL: http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/mini-stero/cs100712bis).

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI70

PROGRAMMAZIONE

La recente legge sul riordino dei ci-

cli scolastici ha diviso il vecchio

triennio della scuola secondaria

superiore in un secondo biennio seguito

da un quinto anno conclusivo. L’opera-

zione ha in sé una natura di pura archi-

tettura istituzionale perché non corre-

data dal suo logico seguito: la

valutazione dello studente al termine di

ciascun ciclo e non annualmente, come

tuttora continua ad avvenire. In ogni

caso, è in rapporto a questa articolazione

che va declinata la programmazione

della disciplina.

Competenze e obiettivi di apprendimentoI documenti della riforma sono ricchi di

indicazioni in proposito, di carattere

tanto generale quanto specifico, taluni

ovvi nella loro enunciazione – chi non

sarebbe d’accordo sul possesso, da parte

dell’alunno, di un «metodo di studio

autonomo e flessibile»? – altri invece

meno scontati.

Nella prospettiva di un raccordo tra

competenze da acquisire e obiettivi di

apprendimento da raggiungere mi pare

meriti attenzione, in primo luogo, il ver-

sante cognitivo. La storia è, infatti, costi-

tuita da eventi, che devono essere ben

padroneggiati dal discente, ma questi

fatti si collocano in un quadro geogra-

fico e cronologico preciso, soltanto in

riferimento al quale acquisiscono il loro

significato. Ora, chi ha esperienza diretta

di insegnamento ha chiaramente pre-

sente quanto il dominio dello spazio e

del tempo sia alquanto precario presso

gli alunni, pertanto è questo il primo

aspetto sul quale converrà insistere.

Un secondo elemento importante si col-

loca a livello lessicale. L’impiego corretto

e financo rigoroso del linguaggio storico

non è un vezzo nozionistico ma corre-

lato alla sostanza delle cose: per esempli-

ficare, un re non è un imperatore, al-

meno in certi secoli, né una bolla va

confusa con un editto. Solo su questa

precisione si può fondare una compe-

tenza argomentativa, nelle sue espres-

sioni sia logiche sia critiche, declinata

tanto in forma orale quanto scritta,

aspetto quest’ultimo a lungo negletto

per la storia nella nostra tradizione sco-

lastica – fin troppo incline a dare parti-

colare valore alle qualità retoriche – ma

essenziale in una disciplina la cui natura

da sempre è di essere… scritta! Questo

lavoro sul lessico, oltretutto, è assoluta-

mente indispensabile se si considerano

le difficoltà generali in proposito empi-

ricamente riscontrabili in un numero

sempre più elevato di alunni tra quelli

che accedono al biennio superiore.

Un terzo fattore indispensabile è la let-

tura e la riflessione condotta sulle fonti.

Non si tratta di un obiettivo semplice da

raggiungere perché una fonte storica è

un oggetto complesso da interpretare e

molto mutevole nella sua natura. Pure in

tale caso deve essere chiaro all’alunno

che, per esempio, un documento non è

una narrazione e, più in generale, che

variando la tipologia delle fonti mutano

altresì le informazioni da esse deducibili.

Su questa base si deve parallelamente

installare quel lavoro interdisciplinare

StoriaSecondo biennio e ultimo annoRoberto Bellini

largamente auspicato dalla letteratura

ministeriale e pedagogica ma difficile da

realizzare per le rigidezze dell’istituzione

implacabilmente riconfermate a ogni ri-

forma (orari, curricola, gruppo classe e

così via), per la pigrizia – confessiamolo!

– dei docenti, per l’abitudine degli

alunni a concepire il sapere ‘a pacchetti’

di materie ben separati tra loro. Proprio

la varietà delle fonti costituisce tuttavia

al riguardo un aiuto, potendo codeste

essere testi letterari o scientifici o icono-

grafici, scritte in lingua latina o in inglese

o francese, traducibili in grafici econo-

mici o demografici e via dicendo.

Infine, va sottolineata un’ultima racco-

mandazione delle Indicazioni nazionali:

lo studente deve essere in grado, si legge,

di impiegare le conoscenze e le abilità ac-

quisite per la comprensione critica del

presente. Si è molto insistito, a questo ri-

guardo, sulla necessità di ampliare nel-

l’insegnamento della storia la parte dedi-

cata al Novecento mentre si tratta

semmai, a mio giudizio, di un richiamo

a intrecciare il più possibile, senza erro-

nee forzature o anacronismi, lo studio

degli eventi storici con le tematiche del-

l’educazione civica, una disciplina che,

presentata direttamente, usualmente ri-

scuote ben poco interesse negli studenti.

Sta qui, penso, la verità del noto assunto

crociano circa il carattere sempre con-

temporaneo di ogni storia del sia pur

più remoto passato, nella sua capacità

cioè di collegarsi ai problemi del presente

sollevando spunti di riflessione e di di-

battito in classe.

È dunque in relazione a tale obiettivo

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 71

che va collocata, a mio giudizio, la for-

mazione alla cittadinanza, italiana ed

europea, considerata giustamente dai

documenti ministeriali quale compe-

tenza indispensabile per un licenziato

della secondaria superiore. Agire, infatti,

in un contesto intessuto di diritti e di do-

veri presuppone necessariamente la loro

conoscenza, che però non avrà un ca-

rattere puramente astratto e formale

solo se ne saranno note le origini e

dunque i fattori storici che li hanno

determinati. Da ciò emergerà inoltre la

loro almeno parziale relatività, che li

rende bisognosi di riflessione, di conti-

nuo ripensamento/ampliamento, di

confronto con altri sistemi di valori

pure essi oggetto di trattazione all’in-

terno del programma, aspetto quest’ul-

timo essenziale in una società sempre

più multiculturale come l’attuale.

Metodi e contenutiÈ inutile presentare in dettaglio gli argo-

menti del programma, sui quali le Indi-

cazioni nazionali sono assolutamente

chiare. Correttamente esse individuano

una serie di snodi storici fondamentali

che, per il secondo biennio, si svolgono

dalla rinascita successiva al Mille fino

alla conclusione dell’Ottocento, riser-

vando all’ultimo anno di corso lo studio

del Novecento. Una prima indicazione

metodologica è di riservare, nell’analisi

di queste problematiche, un adeguato

spazio alla discussione storiografica, al-

meno attorno alle questioni di maggiore

rilievo: solo a titolo di esempio, per il

biennio si possono indicare la riforma

‘gregoriana’, le eresie, i concetti di Ri-

forma cattolica e di Controriforma, il

Risorgimento italiano, l’età dell’impe-

rialismo; per il quinto anno la periodiz-

zazione dell’età contemporanea, il con-

cetto di totalitarismo e, in modo più

specifico, il dibattito sul fascismo e sulla

Resistenza. Duplice l’obiettivo che si in-

tende così perseguire: da un lato, mo-

strare il carattere problematico e perciò

scientifico del sapere storico, sempre

aperto alla discussione/revisione delle

sue conclusioni in rapporto al procedere

degli studi; dall’altro, differenziare la sto-

ria insegnata nella secondaria superiore

da quella della scuola media, non sol-

tanto da un punto di vista quantitativo

ma soprattutto qualitativo.

Sempre in tale prospettiva, è opportuno

creare momenti di attività laboratoriale,

coinvolgendo così direttamente gli

alunni nella costruzione e nello svolgi-

mento del programma. Certo, ciò pre-

supporrebbe l’esistenza, nel plesso scola-

stico, almeno di due strumenti non di

rado invece assenti, o presenti in aspetti

precari: una biblioteca non soltanto for-

nita di una dotazione bibliografica sod-

disfacente ma anche strutturata in spazi

che permettano la consultazione e l’or-

ganizzazione di gruppi di lavoro ope-

ranti sotto la guida dell’insegnante; e

l’informatizzazione della medesima o

quanto meno dell’aula in cui gli alunni

di norma risiedono, sia perché molti

materiali sono ormai disponibili on-line

e, per i tempi più recenti, sono in buona

parte costituiti da fonti audiovisive, sia in

vista della loro elaborazione. Esito finale,

infatti, deve essere un testo, scritto e/o in

forma multimediale, per la quale ultima

sono tra l’altro oggi disponibili, accanto

al tradizionale PowerPoint, ulteriori pro-

grammi a libero accesso in rete, più dut-

tili e con potenzialità superiori, ad esem-

pio per l’inserimento di immagini, di

cartine e grafici e così via.

Riguardo a questi ultimi due, è poi indi-

spensabile un loro impiego sistematico,

soprattutto alla luce di quanto sopra si

diceva circa il difficile rapporto tra stu-

denti e cronologia/topografia, senza ac-

contentarsi quindi della pur buona, di so-

lito, dotazione offerta dal manuale ma

integrandola sempre attraverso la diretta

produzione degli alunni. Identici obiettivi

e competenze si raggiungono mediante la

costruzione, ad esempio, di linee del

tempo entro le quali collocare i dati, la

qual cosa oltretutto permette di allargare

le prospettive di insegnamento e di ap-

prendimento della storia grazie al coinvol-

gimento dei colleghi delle altre discipline

e degli argomenti propri di quest’ultime,

rafforzando così negli alunni una consa-

pevolezza unitaria del sapere essa pure, si

osservava, in loro alquanto carente.

Queste proposte metodologiche non si

intendono sostitutive in toto della tradi-

J. van Eyck, I soldati di Cristo(1430), Ghent, Cattedrale diS. Bavo.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI72

zionale lezione frontale, in tempi recenti

fin troppo criticata e invece a mio parere

ancora strumento insostituibile di istru-

zione/educazione dell’alunno. L’obiettivo

semmai è di renderla la più interattiva

possibile: proprio i mezzi multimediali

offrono in proposito ampie possibilità, in

armonia altresì con un pensiero/memo-

ria dei giovani di carattere oggi più visivo

che concettuale.

Uguale coinvolgimento si raggiunge at-

traverso il lavoro sul manuale adottato

– anch’esso del resto ora dotato di cor-

redo on-line – che non va, dunque, ri-

servato solo allo studio personale do-

mestico ma già avviato in classe, ad

esempio leggendo e commentando i

paragrafi di contenuto più complesso,

esaminando e discutendo assieme car-

tine, grafici, documenti e brani storio-

grafici riportati dal testo, assegnando

in anticipo ai discenti codesti materiali

affinché li espongano al momento op-

portuno in lezioni da loro stessi orga-

nizzate e gestite.

Verifiche e valutazioneIn particolare le attività di laboratorio

vanno strettamente intersecate con le

prove di verifica e con la valutazione

della preparazione raggiunta. L’ideale

sarebbe anzi di poter disporre di un

sito web o di un’aula virtuale della

classe, in cui conservare i materiali via

via utilizzati – resi in tale maniera di-

sponibili, in un processo di continuo

ampliamento, per la didattica degli anni

successivi – e il risultato del lavoro di la-

boratorio. Quest’ultimo deve essere va-

lutato in tutti i suoi aspetti, formali,

contenutistici e metodologici, ma al-

tresì nelle procedure che hanno presie-

duto alla sua produzione: come il sin-

golo alunno ha lavorato, il livello di

collaborazione prestato, gli apporti ori-

ginali offerti al gruppo e così via, tutti

indicatori importanti sul versante delle

competenze.

Altro aspetto della valutazione può es-

sere costituito dall’esposizione in classe

del lavoro stesso, la qual cosa, tra l’altro,

consente di unire in un’unica attività

verifica e svolgimento del programma,

oltre a costituire un utile esercizio di

oralità in aggiunta all’interrogazione

tradizionale. A essa mi sembra comun-

que indispensabile, come sopra si diceva,

affiancare le prove scritte, variandone il

più possibile la tipologia: a titolo di

esempio, può trattarsi di compiti brevi e

puntuali dedicati all’accertamento della

padronanza del lessico e della cronolo-

gia/topografia; di prove di più ampio

respiro, con quesiti a risposta aperta atti

a valutare la capacità di rielaborazione e

sintesi; di prove chiuse a risposta multi-

pla prevalentemente finalizzate alla veri-

fica delle conoscenze.

In particolare per gli argomenti dell’ul-

timo anno si può ricorrere alla visione di

un documentario seguita dalla sommi-

nistrazione di un questionario, proce-

dura impiegabile pure sul programma

del secondo biennio se si reperisce un

buon film storico, ossia sufficientemente

fedele alla vicenda narrata. Si tratta di ti-

pologie per lo più anche combinabili tra

loro, insistendo soprattutto, nel quinto

anno, su quelle individuate dal consiglio

di classe quali privilegiate per la terza

prova scritta dell’esame di Stato.

Un ultimo aspetto, infine, mi sembra

particolarmente importante. Uno degli

scopi, certo non l’unico ma comunque

essenziale della valutazione – spesso

purtroppo dimenticato dagli insegnanti

– è di far comprendere allo studente li-

miti e lacune della sua preparazione,

affinché possa porvi rimedio e acquisire

quelle conoscenze e competenze meto-

dologiche indispensabili alla sua for-

mazione. Ridurre, infatti, la valutazione

alla sua dimensione meramente nume-

rica equivale, a mio giudizio, a identifi-

care la scuola ‘seria’ con quella che boc-

cia, cioè con una scuola che, in realtà,

fallisce il suo compito primario, ossia

insegnare ai giovani.

Al discente devono perciò essere chiare

le ragioni che hanno portato all’attribu-

zione di un determinato voto e questo

si ottiene, in primo luogo, esplicitando

in sede di programmazione quali sono

le componenti che saranno prese in

considerazione e quale peso si attri-

buirà a ciascuna di esse (esemplifi-

cando, la correttezza lessicale sarà meno

rilevante all’inizio del secondo biennio

rispetto all’ultimo anno di corso); in

secondo luogo, accompagnando ogni

singola valutazione numerica, scritta e

orale, con adeguate spiegazioni, per

esempio mediante l’utilizzo di una gri-

glia, semplice ed essenziale, articolata

nelle diverse voci sopra accennate (tipi-

camente: conoscenze – lessico – colle-

gamenti, ma si tratta solo di una possi-

bilità) la quale, pure eventualmente

illustrata dal docente, oltre a motivare

il risultato fornirà all’alunno già indica-

zioni per l’attività di recupero.

Roberto Bellini

Liceo scientifico e linguistico “G. Bruno”, Melzo

J. Trumbull, La dichiarazioned’indipendenzadegli Stati Unitid’America (1819).

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 73

PROGRAMMAZIONE

Erica Guilane-Nachez, Filosofo greco con discepoli.

La normativa introdotta con le In-

dicazioni nazionali1 ha in qualche

modo sancito quella che da anni

era divenuta una prassi consolidata: la ne-

cessità di rinunciare allo svolgimento del

programma in un’ottica di pura “storia

della filosofia” e il bisogno di una selezio-

ne di autori e movimenti, allo scopo di

garantire una visione d’insieme rap-

presentativa. Da almeno un decennio, di-

fatti, lo scarto tra il costante numero di

ore d’insegnamento e la crescente atten-

zione rivolta allo studente e al suo ap-

prendimento – nelle forme dell’insegna-

mento differenziato, dei recuperi in iti-

nere, delle pause didattiche ecc. – oltre che

alle incombenze burocratiche, aveva co-

stretto professori e istituti a calibrare il

programma sui bisogni della classe e dei

singoli studenti, molto più di quello che

potesse apparire. Questo, nello specifico,

ha condotto a una drastica riduzione del

tempo a disposizione per il cosiddetto

svolgimento dei programmi e alla necessità

di individuare «nuclei fondanti e conte-

nuti imprescindibili» della disciplina,

con l’effetto di «favorire la sperimentazio-

ne», facendo appello alla «libertà del

docente»2. In altre parole, gli insegnanti

hanno dovuto fare di necessità virtù, di-

Filosofia (digitale)Tra teoria e didattica

Oreste Tolone

venendo i veri pilastri dell’innovazione di-

dattica sul campo e della salvaguardia di

programmi comunque solidi e coerenti.

Conoscenze e competenze: Hegel e KantQuella che è sembrata una necessità in

qualche modo subita porta con sé una se-

rie di opportunità da cogliere. In termini

positivi ciò implica la definitiva abolizione

della schiavitù al programma – che in

molti di noi persisteva sotto forma di re-

mora – e l’opportunità (obbligo?), di spa-

ziare nei secoli con maggiore libertà.

Fermo restando quello «zoccolo di saperi

e competenze»3 imprescindibili, validi per

qualsiasi liceo in cui s’insegni, il docente

è ora posto nella condizione di variare

ogni anno il corso che propone ai propri

studenti, andando così incontro alle par-

ticolari curiosità della classe che ha di

fronte, alle abilità sviluppate nel frattempo

dal professore, alla specificità dell’istituto

in cui quell’anno si è chiamati a insegnare

(tecnologico, artistico, classico, ecc.), al ter-

ritorio in cui è inserita la scuola e, non ul-

timo, evitando il rischio del programma

copia/incolla, che alla distanza rende sì il

professore più tranquillo, ma anche

meno stimolato. Ovviamente l’apertura

al territorio non significa affatto caduta

nel provincialismo delle filosofie “locali”4.

L’apertura, infatti, alla dimensione storica

1. Indicazioni nazionali poi confluite nel Decreto Inter-ministeriale 211 del 7 ottobre 2010.2. Sono queste le espressioni usate nella Nota introdut-tiva alle Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi spe-cifici di apprendimento, Decreto Interministeriale 211del 7 ottobre 2010. Vedi Allegato A, p. 7.3. Ibi, p. 4.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI74

e contestuale non deve farci dimenticare

la funzione universalizzante propria della

filosofia, che è tale in quanto è in grado

di proporre un pensiero universale,

valido per “gli uomini”, capace cioè di es-

sere ascoltato e accolto, in linea di prin-

cipio, da tutti e dunque, per questo, un

“grande pensiero”.

Nonostante resti centrale l’attenzione per

il contesto storico, le Indicazioni nazionali

rendono meno problematico il compito

di chi predilige un approccio di tipo te-

matico. L’insegnante, in linea di principio,

ha la possibilità di procedere per temi, per

problemi (la questione della felicità,

l’esistenza del male, l’origine metafisica

del tutto, la convivenza democratica

ecc.). Il potenziamento di questa diret-

trice ha il grande merito di rendere gli

studenti immediatamente partecipi, pro-

tagonisti attivi del ragionamento filosofico;

lo studente è coinvolto da problemi che

sente anche suoi e, non essendo chiamato

in prima battuta a riferire la soluzione

proposta da altri (i filosofi), espone libe-

ramente le sue idee, riferisce le sue im-

pressioni, procede a tentoni, sperimenta

soluzioni sotto la guida discreta del do-

cente. In altre parole, si procede per ten-

tativi ed errori (by trial and error), solle-

vando i problemi e poi lasciando che sia-

no gli studenti a proporre soluzioni.

L’altro lato della medaglia è il rischio “vel-

leitarismo”, che spinge gli studenti ad as-

serire più che ad argomentare, a riferire,

più che a riflettere. Questo soprattutto se

non si è ancora in possesso di un metodo,

né di quell’umiltà che nasce dalla cogni-

zione della complessità del reale e della

storia della filosofia, con le sue soluzioni.

È vero, tuttavia, che la storia, con la sua

mole di conoscenze, può inibire e para-

lizzare il pensiero (soprattutto degli

adolescenti), determinando una torsione

verso il passato, che può assorbire nel pas-

sato e disincentivare la creatività verso so-

luzioni future (anche quando le soluzioni

non dovessero venire).

L’insegnamento di Nietzsche, che distin-

gue tra storia monumentale, antiquaria

e storia critica5 è significativo e coglie a

questo proposito nel segno, rappresen-

tando il giusto correttivo allo storicismo.

L’approccio tematico-problematico e

quello storico, rappresentano, perciò,

due possibilità che è bene tenere insieme,

dal momento che pongono l’accento su

lati dell’apprendimento diversi e comple-

mentari. In qualche modo si ripropone

la famosa differenza di fondo tra la filo-

sofia di Hegel e quella «zetetica» di

Kant6. Il ragionar per temi è certo più vi-

cino all’impostazione kantiana; filosofia

vuol dire prima di tutto filosofare, cioè in-

segnare a ragionare e a procedere critica-

mente nei confronti di qualsiasi tema,

problema, circostanza, sviluppando una

personalità libera e autonoma. Non

dunque trasmissione di saperi, ma svi-

luppo di competenze (saper sostenere

una tesi, ecc.) e acquisizione di un me-

todo di studio. L’approccio storico-filo-

sofico, più tradizionale, invece, è più vi-

cino a Hegel e all’idea che la filosofia porti

con sé un nucleo di verità selezionate dal

tempo (democrazia, libertà, tolleranza,

ecc.); verità che pur essendo falsificabili

rappresentano, in qualche modo, l’appro-

do di un’umanità raziocinante, costretta

a fare i conti con i turbamenti della storia.

Dunque, un giusto equilibrio tra filosofare

e storia della filosofia, tra competenze e

conoscenze, tra sguardo al futuro e sguar-

do al passato: tra Kant e Hegel.

Obiettivi di apprendimentoQuesto doppio binario consente alla fi-

losofia di essere, in linea con quanto so-

stiene da anni Dario Antiseri, l’avamposto

della ricerca scientifica all’interno della

scuola7. Nulla, infatti, è più affine al me-

todo scientifico – basato sulla falsificabilità

di principio di ogni assunto, sul rifiuto di

leggi inamovibili, sulla centralità del

problema, sulla formulazione di ipotesi,

procedendo per tentativi ed errori – di

quanto non lo sia il procedere critico della

filosofia (spesso più delle discipline scien-

tifiche, assillate dal bisogno di apparire

scientifiche e dunque impegnate a tra-

smettere assiomi). Uno dei principali

obiettivi di apprendimento della filosofia

non è, quindi, la semplice trasmissione di

conoscenze, ma l’esame delle questioni

aperte secondo un metodo critico.

Il bisogno di individuare nuclei centrali e

trasversali che accomunino “i licei” – nelle

loro varie specificità – esalta, poi, l’unicità

della filosofia; essa, infatti, è per sua

natura interdisciplinare, in costante e

strutturale dialogo con l’arte, la politica,

l’economia, la scienza, la religione, l’epi-

stemologia, la biologia, ecc. Nessun’altra

materia, quanto la filosofia, chiama per sua

vocazione al costante confronto con i sa-

peri altri, favorendo negli studenti il dia-

logo fra le diverse discipline e lo sviluppo

di un sapere coerente e unitario dei pro-

cessi culturali8. Essa mira, pertanto, alla

formazione di un habitus mentale, capace

di cogliere la «diversità dei metodi utilizzati

dai diversi ambiti disciplinari», la loro di-

versa efficacia e affidabilità, e di «compiere

le necessarie interconnessioni tra i metodi

e i contenuti delle singole discipline»9.

Per quanto riguarda competenze e abilità,

ci è noto, ormai, il quadro di ciò che ci au-

4. Nulla vieta, naturalmente, che filosofi e pensatori “lo-cali” (ad esempio neokantiani o neohegeliani, attivi neisecoli scorsi in tutta la penisola) possano essere d’aiutoper introdurre filosofi e filosofie canoniche.5. Cfr. F. Nietzsche, Sull’utilità e il danno della storia per lavita, Adelphi, Milano 1974. 6. Cfr. I. Kant, Risposta alla domanda: che cos’è l’Illumini-

smo? in Scritti sul criticismo, a cura di G. De Flaviis, Laterza,Roma-Bari 1991, pp. 5-6 e in Notizia dell’indirizzo delle le-zioni nel semestre invernale 1765-1766, in V. Scalera, L’inse-gnamento della filosofia dall’Unità alla riforma Gentile, LaNuova Italia, Firenze 1990, documento 9, sezione 53. Vedi,inoltre, F.W.F. Hegel, La scuola e l’educazione. Discorsi e re-lazioni, Norimberga 1808-1816, a cura di L. Sichirollo-A.

Burgio, FrancoAngeli, Milano 1985, pp. 105-112.7. D. Antiseri, Come si ragiona in filosofia, La Scuola, Bre-scia 2011.8. Cfr. Nota introduttiva alle Indicazioni nazionali riguar-danti gli obiettivi specifici di apprendimento, Decreto Inter-ministeriale 211 del 7 ottobre 2010. Vedi Allegato A, p. 7.9. Ibi, nota 9, p. 5.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 75

il ruolo della biografia11, intesa non solo

come pagina introduttiva, di facile lettura,

ma come mezzo di accesso privilegiato al

pensiero dell’autore.

Una riflessione particolare meritano gli

strumenti multimediali12, i quali allo

stesso tempo sono un mezzo di apprendi-

mento, che espande i contenuti accessibili,

e un metodo di studio e di insegnamento.

Il dibattito che si è aperto è cruciale ed è

destinato a proseguire negli anni. Evitando

posizioni manichee e contrapposizioni ad

escludendum tra cartaceo e digitale, tenterei

anche in questo caso di cogliere le oppor-

tunità di tali innovazioni, con un occhio

ai rischi di ubriacatura che, in casi del ge-

nere, sono dietro l’angolo. Di certo gli stru-

menti multimediali (includendo in essi i

manuali digitali, i siti filosofici, il web, ecc.)

rappresentano un supporto fondamentale

allo studio e all’indagine filosofica: lo san-

no bene i professori che per anni sono an-

dati nelle biblioteche alla ricerca di volumi

da fotocopiare o di bibliografie da com-

pilare. Naturalmente, occorre discernere

i campi in cui l’applicazione è più proficua

da quelli in cui è almeno inessenziale:

a. Di certo l’uso del multimediale appli-

cato all’apprendimento è visto in

modo molto più naturale dagli studen-

ti che dai docenti.

b. I formati digitali garantiscono un

grande supporto d’immagini, informa-

zioni, strumenti visivi e concettuali, ca-

paci di catturare l’attenzione degli

studenti rispetto ad argomenti altri-

menti ostici, a volte lontani dalle prio-

rità della loro età. Come i film in un

spichiamo gli studenti sappiano, sappiano

fare e sappiano essere al termine dell’ul-

timo triennio. Non mi voglio soffermare,

pertanto, su di esso, ma su alcuni obiettivi

specifici di apprendimento, preliminari,

metacognitivi, relazionali10, che a volte, a

torto, vengono dati per scontati. Vale la

pena dedicare un discreto numero di ore,

all’inizio dell’anno scolastico, all’accerta-

mento e al consolidamento di alcuni re-

quisiti indispensabili, la cui assenza è

spesso sottostimata. Prima di passare alla

Critica della ragion pura occorre che i ra-

gazzi siano in grado di leggere e compren-

dere correttamente quanto leggono; che

sappiano ascoltare colui che parla, coglien-

do il senso delle affermazioni; che sappiano

rispettare i tempi della discussione; che siano

in grado di esprimere in un italiano cor-

retto, prima che con un lessico appropriato,

le proprie obiezioni, idee, ragionamenti.

Ricordiamoci che senza un linguaggio

complesso non è possibile nessun ragiona-

mento complesso. E poi, saper distinguere

tra asserire qualcosa (io penso, secondo

me...) e argomentare, fornire spiegazioni,

dare fondamento a quanto si sostiene. Non

ultimo, è bene recuperare nello studio

quell’atteggiamento di umiltà che nasce –

senza necessariamente scomodare Socrate

– dalla consapevolezza della propria igno-

ranza, ma anche della complessità della re-

altà, della molteplicità di ipotesi e soluzioni

fornite dal pensiero umano nel corso dei

millenni. In quest’ottica è fondamentale

stimolare la curiosità per il già-pensato,

non tanto perché venga preso per buono,

ma perché agisca come correttivo all’esu-

beranza di una mente giovane e ignara.

Metodologie e strumenti didatticiNel quadro di riforma attuale, attento ai

profili storici dei grandi autori, tra le me-

todologie e gli strumenti didattici che pos-

sono aiutare il docente nel proprio com-

pito di insegnamento, si può richiamare

l’attenzione sul bisogno di riconsiderare

recente passato, i supporti digitali

sono in grado di accattivare, coinvol-

gere, interessare; dunque possono es-

sere un ottimo mezzo per immergere

gli studenti “nella questione”, autore o

epoca che sia.

c. Rendono molto più agevole la ricerca

di materiali e documenti, altrimenti di

difficile reperimento.

d. È vero che il testo cartaceo alimenta un

certo rispetto dell’autorità; il manuale

che si ha di fronte assume inevitabil-

mente l’aspetto (anche visivamente) di

un’unità coerente, codificata e standar-

dizzata, difficile da scalzare, e al cui co-

spetto l’atteggiamento critico e creativo

ne risente. A differenza del libro,

invece, il sito che si va a consultare è per

sua natura un luogo aperto al continuo

aggiornamento, di facile consultazione,

che trasmette l’idea della complessità

dei saperi, della molteplicità delle po-

sizioni possibili, che sprona a cercare

“da qualche parte” l’idea o l’autore che

possa falsificare quanto appena asse-

rito. Mai come in questo caso è evi-

10. Ibi, p. 6.11. Cfr. http://emsf.rai.it/biografie/12. Tra i tanti saggi a riguardo, mi limito a indicare D. La-nari – G. Stelli, Strumenti informatici e multimediali per ladidattica di filosofia, storia ed educazione civica, «Inse-gnare Filosofia», 2 (1998); P. D’Alessandro – I. Domanin,Filosofia dell’ipertesto. Esperienza di pensiero, scritturaelettronica, sperimentazione didattica, Apogeo, Milano2005; L. Floridi, Filosofia & Informatica, Atti del I incontroitaliano sulle applicazioni informatiche e multimedialinelle discipline filosofiche, SFI, Paravia, Milano 1996; F.Manara, Le nuove Tecnologie dell’Informazione e della Co-municazione e la Filosofia, in «Comunicazione Filosofica»,14 (2005); R. Sirello, La nuova didattica del laboratorio fi-losofico e la rete, «Comunicazione Filosofica», 8 (2001).

Erica Guilane-Nachez,Filosofi greci.

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PROGRAMMAZIONE

struire il pensiero del filosofo, fino a

saggiarne la fondatezza.

f. Inoltre, nel proliferare di dati, notizie,

immagini, rimandi – un circolo di ri-

mandi potenzialmente infinito – in-

siste il rischio di scambiare le infor-

mazioni per conoscenze. Ma l’infor-

mazione (che esiste di per sé) dà ori-

gine a una conoscenza solo quando

acquisita, cioè in presenza di un’intel-

ligenza che sappia farla propria, com-

prenderla, rielaborarla, utilizzarla ed

eventualmente correggerla o rifiutarla.

Il libro, in virtù del rapporto esclusivo

che instaura con chi lo legge, favorisce

la conoscenza, più che l’informazione

(sebbene, in questo, il ruolo principale

continui a svolgerlo il docente).

g. L’innovazione digitale porta con sé an-

che una trasformazione del metodo

d’insegnamento e di apprendimento.

L’acquisizione di competenze che le

tecnologie digitali richiedono, favo-

risce sempre più la dimensione coope-

rativa e collettiva dell’apprendimento;

esso si presenta sempre meno come

un fatto individuale e sempre più

dente che il mezzo non è neutro

(McLuhan)13; internet e il mondo di-

gitale portano con sé la consapevolez-

za della complessità, l’idea di poter

passare da una schermata a un’altra:

che da qualche parte esista la pagina

web che possa aiutarci a sostenere una

tesi, che dica cose simili o che le con-

futi. La tolleranza della pluralità è,

dunque, un valore aggiunto, così

come la libertà di esprimersi e fare

ipotesi. Di siti sacri (diversamente dai

libri) dubito che ce ne possano mai es-

sere: sarebbero aggiornati, desueti, nel

giro di poche ore.

e. D’altro canto, però, la facilità di con-

sultazione, l’accesso dei dati, può fa-

vorire la dispersione, l’equivalenza

delle informazioni, cosicché il pericolo

di “elencazione” è sempre in agguato.

Al contrario il testo cartaceo costringe

alla concentrazione e all’approfondi-

mento, richiama l’attenzione sui nessi

logici, sul valore e la coerenza argo-

mentativa del brano. Immerge il let-

tore in un mondo dai propri codici

(anche linguistici) e induce a rico-

come un’esperienza di gruppo, nella

quale il contributo del singolo contri-

buisce all’avanzamento della classe, fa-

vorendo uno spirito collaborativo e

di sana competizione. La lezione

frontale classica va in qualche modo

ripensata.

Per concludere, i supporti multimediali,

le banche dati internet o semplicemente

i siti filosofici, il manuale in versione di-

gitale, sono strumenti importanti, che

travalicano lo statuto di semplice mezzo

al servizio della comprensione, poiché,

come abbiamo visto, possiedono un

loro contenuto conoscitivo. Essi, tuttavia,

non sembrano alternativi al testo tradi-

zionale. Più che altro favoriscono la di-

sposizione alla ricerca. Tra i contenuti

curriculari che meglio lasciano intrave-

dere il contenuto implicito dei mezzi

multimediali, vanno annoverati l’er-

meneutica, il pensiero debole, il postmo-

derno.

13. Cfr. M. McLuhan, La galassia Gutenberg. Nascitadell’uomo tipografico, Armando, Roma 1991.

Erica Guilane-Nachez,Socrate.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 77

Verifica e valutazionePer quanto la verifica scritta costringa

alla chiarezza espositiva e alla sintesi più

di quella orale, ritengo che le verifiche

orali, soprattutto se intese nella loro di-

mensione dialogica, consentano di va-

lutare al meglio i progressi compiuti in

termini di capacità argomentativa, strin-

genza del discorso, pensiero critico,

originalità nell’apporto personale, capa-

cità di confronto e di collegamento. Inol-

tre, per quanto detto finora, si considera

essenziale l’analisi di testi filosofici,

anche brevi; nel confronto con essi il

professore è in grado di valutare se lo

studente sa leggere il brano, comprende

ciò che legge, identificare i problemi e

le principali tesi esposte, interpretare cri-

ticamente quanto letto, se possiede la pa-

dronanza del lessico.

Dunque, oltre ai test di preparazione agli

esami di stato, penso sia importante che

la verifica orale contempli, al suo inter-

no, lettura e commento di un classico

della filosofia. Con l’introduzione del

manuale on-line, infine, lo studente

sarà posto anche nelle condizioni di

compiere l’autoverifica su testi ed eser-

cizi.

Una traccia per la programmazioneAll’interno del quadro appena accenna-

to, si potrebbe pensare una programma-

zione di quinto anno che ponga al cen-

tro il valore conoscitivo dell’ermeneutica

– intesa come interpretazione dei testi

(inclusi quelli informatici) – nei suoi ri-

svolti epistemologici, cioè valutandone

la validità di conoscenza, fino agli estre-

mi esiti del decostruzionismo.

Tenendo conto del contributo di autori

come Bacone, Schleiermacher, ecc., per

quanto riguarda l’ultimo anno si potreb-

be concentrare l’attenzione sullo stori-

cismo tedesco, Dilthey, Heidegger, Ga-

damer, Habermas, Ricoeur, Popper – e

le analogie del suo metodo con quello

ermeneutico – concludendo con il pen-

siero debole e postmoderno.

Per quanto riguarda il secondo anno del

secondo biennio, potrebbero essere pri-

vilegiati quegli autori e movimenti filo-

sofici che, in modo implicito o esplicito,

hanno posto al centro della loro riflessio-

ne l’ermeneutica, come dottrina filosofica

del comprendere. In particolar modo

Francesco Bacone e la sua teoria del pre-

giudizio (idola), vicina e antitetica, per

certi versi, alla posizione di Gadamer; Ga-

lilei, Spinoza e l’esegesi del documento

biblico; l’Illuminismo, con la sua atten-

zione al linguaggio (in special modo Ha-

mann e Herder); e soprattutto Schleier-

macher, ritenuto il fondatore della filo-

sofia ermeneutica moderna e primo

teorizzatore di quello che sarà definito cir-

colo ermeneutico.

Rispetto al primo anno del secondo

biennio, infine, potrebbe essere interes-

sante chiarire, preliminarmente, il pas-

saggio dall’oralità alla scrittura, soffer-

mandosi su Socrate e l’istanza ermeneu-

tica svolta dalla domanda nel contesto

dialogico; su Platone, con la sua condan-

na dell’ermeneutica intesa come pura tec-

nica di interpretazione o di traduzione,

più che come comprensione della verità.

Avrebbe senso, infine, ripercorrere il

tragitto che dall’ermeneutica alessandrina

(il Museo, la Biblioteca), la Bibbia dei Set-

tanta, Agostino, la Vulgata di Gerolamo,

conduce all’esegesi medievale, allo svilup-

po del canone dei quattro sensi della

Scrittura (Tommaso, Bonaventura), fino

al grande dibattito rinascimentale legato

al recupero dei manoscritti (Valla).

Oreste ToloneUniversità "G. D'Annunzio", Chieti-Pescara

Erica Guilane-Nachez, Aristotele.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI78

PROGRAMMAZIONE

Presentiamo di seguito un’ipotesi

di programmazione per il quin-

quennio del Liceo delle Scienze

Umane1, con alcuni chiarimenti prelimi-

nari. I docenti sono chiamati a promuo-

vere la persona dello studente, ripensan-

do la propria attività nella logica della

competenza: il concetto ha una storia

composita, che non possiamo ricostruire

qui2, ma si tratta sostanzialmente dell’in-

terazione efficace del soggetto col reale,

una capacità di risposta complessa/ori-

ginale a un problema che attiva risorse

interne e usa consapevolmente quelle

esterne3. I contenuti culturali/disciplinari

sono quindi concepiti come “oggetto me-

diale”4: degni in sé di esser tramandati e

insegnati (pertanto inseriti nei curricoli

scolastici), sono riconosciuti come por-

tatori di intrinseco potenziale formativo

e veicolo di competenze. Rispetto alla va-

lenza formativa delle Scienze umane,

inoltre, trovo didatticamente irrinuncia-

bile la consapevolezza dell’orizzonte sto-

rico-teoretico da cui sorgono: non è

possibile insegnarle astoricamente, “fuori

dallo sviluppo della cultura occidentale

globalmente considerata, fuori quindi dai

loro rapporti con la riflessione filosofica”5,

se non negando le loro stesse premesse

teoretiche. Tale consapevolezza è criterio-

guida anche rispetto alla programmazio-

ne qui esposta.

Profilo e competenze atteseSecondo il Regolamento (art. 9, c.1) il Li-

ceo delle Scienze umane, che spiega i «fe-

nomeni collegati alla costruzione del-

l’identità personale e delle relazioni uma-

ne e sociali», conduce a «cogliere la com-

plessità e la specificità dei processi forma-

tivi» e assicura padronanza di «linguaggi,

metodologie e tecniche di indagine nel

campo delle scienze umane».

Secondo il Profilo, poi, il percorso mira a

fornire la conoscenza dei campi di inda-

gine delle singole scienze umane mediante

apporti «specifici e interdisciplinari» di

ciascuna di esse, e, tramite lettura diretta

di classici/autori contemporanei, la cono-

scenza delle «tipologie educative, relazio-

nali e sociali della cultura occidentale e il

ruolo da esse svolto nella costruzione della

civiltà europea»; promuove la capacità di

identificare «modelli teorici e politici di

convivenza», le loro ragioni storico-filo-

sofiche, i rapporti che generano sul piano

etico-civile/pedagogico-educativo; di

confrontare approcci di spiegazione della

realtà sociale, con particolare rilevanza «ai

Scienze UmaneGiorgia Pinelli

fenomeni educativi e ai processi formativi,

ai luoghi e alle pratiche dell’educazione

formale e non formale, ai servizi alla per-

sona, al mondo del lavoro, ai fenomeni in-

terculturali»; di utilizzare consapevolmen-

te «metodologie relazionali e comunica-

tive».

Nelle Indicazioni la Pedagogia è l’asse por-

tante del contenitore disciplinare “Scienze

umane”: accompagna gli studenti lungo

l’intero percorso, mentre le altre discipline

subiscono progressive introduzioni/elimi-

nazioni (al II biennio si esaurisce Psico-

logia e si avviano Antropologia e Socio-

logia)6. Inoltre l’impianto complessivo, as-

sieme storico-pedagogico e teoretico,

pone al centro la questione educativa in

prospettiva multidisciplinare: le Linee

generali e competenze (Allegato G alle In-

dicazioni, pp. 393-394) puntano sulle

«molteplici dimensioni attraverso le quali

l’uomo si costituisce in quanto persona

e come soggetto di reciprocità e di rela-

zioni: l’esperienza di sé e dell’altro, le re-

lazioni interpersonali, le relazioni educa-

tive, le forme di vita sociale e di cura per

il bene comune, le forme istituzionali in

ambito socio-educativo, le relazioni con

il mondo dell’idealità e dei valori». L’in-

segnamento pluridisciplinare delle scienze

1. Il Regolamento (firmato il 15/3/10) su «Revisione del-l’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico deilicei ai sensi dell’art. 64, c. 4, del D. L. 25/6/2008, n. 112,convertito dalla legge 6/8/2008, n. 133» enuclea i risul-tati attesi del percorso liceale, che deve introdurre lostudente alla realtà stimolando un «atteggiamento ra-zionale, creativo, progettuale e critico» di fronte ai pro-blemi, e dotandolo di conoscenze, abilità e competenze«coerenti con le capacità e le scelte personali» e ade-guate al proseguimento degli studi e/o all’inserimentonel mondo del lavoro (cfr. art. 2, c. 2).2. Nella legislazione italiana la “competenza” compare

con Berlinguer (l. 30, 10/2/2000); mantenuta dalla “ri-forma Moratti” (l. delega 53, 28/3/20003) e dalla succes-siva ipotesi di curricolo del ministro Fioroni (2007),confluisce nella legge attuale (D. P. R. 87, 88 e 89,15/3/2010). La letteratura sul tema è ricchissima e dob-biamo limitarci a un sintetico accenno: G. Bertagna, Va-lutare tutti valutare ciascuno. Una prospettiva pedagogica,La Scuola, Brescia 2004; M. Pellerey, Competenze. Il ruolodelle competenze nei processi educativi scolastici e forma-tivi, Tecnodid, Napoli 2010.3. Cfr. Allegato a Raccomandazione del Parlamento Eu-ropeo e del Consiglio del 18/12/2006.

4. Cfr. E. Damiano, L’azione didattica, La Scuola, Brescia1993.5. M. T. Moscato, Scienze Umane, Scienze Sociali, Scienzedell’Educazione: la denominazione come scelta di campo,pp. 9-21, in Id. (a cura di), Insegnare scienze umane,CLUEB, Bologna 2007, pp. 20-21.6. La diversa denominazione “Scienze dell’educa-zione”/“Scienze sociali”/“Scienze umane” non è ca-suale, ma sottende un ri-orientamento complessivo diparadigma e un diverso statuto delle singole disci-pline: cfr. M. T. Moscato (a cura di), Insegnare scienzeumane, cit.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 79

umane, intrecciato a filosofia, storia e let-

teratura, consente di padroneggiare le «ti-

pologie educative, relazionali e sociali

proprie della cultura occidentale e il

ruolo da esse svolto nella costruzione del-

la civiltà europea»; di «comprendere le di-

namiche proprie della realtà sociale, con

particolare attenzione ai fenomeni edu-

cativi e ai processi formativi formali e

non, ai servizi alla persona, al mondo del

lavoro, ai fenomeni interculturali e ai con-

testi della convivenza e della costruzione

della cittadinanza»; di comprendere le

«dinamiche degli affetti».

Pertanto la presente programmazione

(calibrata sugli OSA) è costruita in modo

interdisciplinare all’interno delle Scienze

umane, e strutturata in nuclei tematici ag-

gregati principalmente attorno al fil rouge

dell’educazione. Accompagna i contenuti

l’individuazione di abilità, funzionali

alla promozione delle competenze.

Scansione degli argomenti

PRIMO BIENNIO7

1) Epistemologia delle Scienze umane I

Il paradigma “Scienze umane”. Statuto,

evoluzione storico-epistemologica, ogget-

to teorico e concetti-chiave di Pedagogia

e Psicologia.

• Distinguere, all’interno del paradigma,

oggetto teorico e forma scientifica

delle singole discipline.

2) Educazione e insegnamento/appren-

dimento tra Pedagogia e Psicologia

La relazione educativa e l’insegnamento/

apprendimento nell’interpretazione pe-

dagogica e psicologi-

ca. Metodo di studio

tra riflessione teorica

e analisi dell’esperien-

za dello studente.

• Definire “educa-

zione”, “società”,

“famiglia”, “cultu-

ra”, “apprendimen-

to” dal punto di vi-

sta di Pedagogia e

Psicologia, indivi-

duando intersezio-

ni e specificità.

3) Fenomenologia dell’esperienza edu-

cativa/forme della riflessione sull’edu-

cazione I

Educazione e scuola tra concretizzazioni

storiche e teorizzazioni (scuola del tem-

pio/della foresta; esperienza educativa

delle civiltà antiche; paideia greco-elle-

nistica, humanitas latina; ideale educa-

tivo cristiano, monachesimo; educazio-

ne feudale-cavalleresca). Autori e temi

(poemi omerici, tragedia greca; Bibbia;

Platone, Isocrate, Aristotele, Cicerone,

Quintiliano, Seneca, Agostino, Benedet-

to da Norcia).

• Mediante ricognizione di forme/carat-

teri dell’esperienza educativa nella

storia delle civiltà e di fonti letterarie/

critiche, riconoscere le costanti feno-

menologiche dell’educazione.

SECONDO BIENNIO8

1) Epistemologia delle Scienze umane II

(intersezione: Filosofia, Storia)

Rapporti e derivazioni tra Pedagogia, Fi-

losofia, Psicologia e Sociologia. Statuto,

evoluzione storico-epistemologica, ogget-

to specifico e concetti chiave di Antropo-

logia e Sociologia. Metodi e strumenti

d’indagine delle Scienze umane.

• Ricostruire l’evoluzione storico-episte-

mologica di Antropologia e Sociologia,

individuandone i rispettivi oggetti

7. Nel I biennio lo studente comprende il rapporto tra«evoluzione delle forme storiche della civiltà e i modellieducativi, familiari, scolastici e sociali, messi in atto tral’età antica e il Medioevo», per «rappresentare i luoghi ele relazioni attraverso le quali nelle età antiche si è com-piuto l’evento educativo» (Pedagogia, p. 394). Inoltre, neiquattro anni di studio della Psicologia, l’allievo ne com-prende la specificità disciplinare «e conosce gli aspettiprincipali del funzionamento mentale» in se stesso e nelsuo risvolto evolutivo e sociale, e «coglie la differenzatra la psicologia scientifica e quella del senso comune,

sottolineando le esigenze di verificabilità empirica e disistematicità teorica cui la prima cerca di adeguarsi»(Psicologia, p. 396).8. «A partire dai grandi movimenti da cui prende originela civiltà europea – la civiltà monastica, gli ordini reli-giosi, le città e la civiltà comunale», lo studente accosta«il sapere pedagogico come sapere specifico dell’edu-cazione, comprende le ragioni del manifestarsi dopo ilXV – XVI secolo di diversi modelli educativi e dei lororapporti con la politica, la vita economica e quella reli-giosa, del rafforzarsi del diritto all’educazione anche da

parte dei ceti popolari, della graduale scoperta dellaspecificità dell’età infantile ed infine del consolidarsi traSette e Ottocento della scolarizzazione come aspettospecifico della modernità» (Pedagogia, p. 395). Rispettoall’Antropologia, nei tre anni lo studente «acquisisce lenozioni fondamentali relative al significato che la cul-tura riveste per l’uomo, comprende le diversità culturalie le ragioni che le hanno determinate anche in collega-mento con il loro disporsi nello spazio geografico» (An-tropologia, p. 394).

G. Moreau (1826-1898), L’educazionedi Achille,Collezione privata.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI80

PROGRAMMAZIONE

teorici; definire, dal punto di vista

delle singole discipline, “educazione”,

“scuola”, “cultura”, “società”, “famiglia”.

2) Fenomenologia dell’esperienza edu-

cativa/forme della riflessione sull’educa-

zione II (intersezione: Filosofia, Lettera-

tura italiana e straniera, Storia, Storia

dell’arte)

a) Dal Medioevo all’Illuminismo. Storia

delle forme educative e teorie pedagogiche

(“rinascita del Mille”, Università/Scolasti-

ca, ideale educativo umanistico-rinasci-

mentale). Educazione tra Riforma e

Controriforma. Educazione del borghese

e scuola popolare. Illuminismo, educazio-

ne della ragione, diritto all’istruzione. Au-

tori e correnti (Tommaso, Pico, Montai-

gne, Erasmo, Vittorino da Feltre, Silvio

Antoniano, Comenio, Locke, Rousseau,

Pestalozzi).

b) L’Ottocento: educazione, cultura e socie-

tà. Cultura ed economia nell’Ottocento.

La “scoperta” dell’infanzia. Uomo, edu-

cazione e società tra romanticismo e

positivismo. Autori e correnti (Froebel,

Aporti, Rosmini, Durkheim, Gabelli;

Comte, Marx, Durkheim, Weber, Pareto,

Parsons, Levi-Strauss.

• Attraverso i testi, e con ausilio di fonti

iconografiche, riconoscere il percorso

storico di forme educative/teorie peda-

gogiche e il modificarsi dell’ideale

d’uomo e di educazione; individuare

temi ricorrenti e slittamenti semantici

dei nodi concettuali fondamentali.

• Ricostruire la cultura ottocentesca e

l’ideale di umanità/società connesso.

Apprezzare differenze di impostazione

rispetto a medesime tematiche. Indivi-

duare caratteri/forme dell’educazione

a partire da fonti letterarie/critiche.

• A partire da testi, ricostruire teorie pe-

dagogiche e socio-antropologiche e i

modelli filosofici sottesi.

3) Le teorie dello sviluppo

Teorie dello sviluppo della persona: pre-

supposti filosofici, modelli epistemologici,

ricadute pedagogiche. Autori e modelli (Al-

lport, Bruner, Erickson, Freud, Lewin,

Piaget, Vygotskij).

• A partire dai testi, ricostruire/confrontare

le teorie dello sviluppo della persona.

QUINTO ANNO9

1) Autori, temi e questioni della pedagogia

del Novecento

Linee, scuole, correnti e autori della pe-

dagogia del Novecento (attivismo, “scuole

nuove”, attualismo, personalismo; Clapa-

rede, Dewey, Montessori, Freinet, Gentile,

Maritain).

• Partendo dai testi, riconoscere indirizzi

teorico-pedagogici e teorie della mente,

dell’educazione, dell’agire. Contestua-

lizzare storicamente la genesi di modelli

interpretativi diversi rispetto alle mede-

sime tematiche, riconoscere i paradigmi

filosofici sottostanti.

2)Educazione/formazione, cittadinanza/

comunicazione/socializzazione, inclusione

e società: le sfide della contemporaneità

(intersezione: Filosofia, Storia, Cittadinan-

za e Costituzione)

Sistemi scolastici e politiche dell’istruzione:

dai diritti dei minori al lifelong learning.

Cittadinanza, diritti umani, inclusione e

integrazione. Formazione adulta, cura

alla persona. Comunicazione, media e so-

cietà di massa. Multicultura, globalizzazio-

ne ed educazione.

• A partire dall’esame di testi di legge in-

ternazionali/italiani, individuare i punti

nodali del dibattito su educazione/for-

mazione/cittadinanza. In ottica multi-

disciplinare, definire “istituzione”, “so-

cializzazione”, “devianza”, “mobilità so-

ciale”, “welfare”. Individuare connessioni

tra “educazione”, “istruzione”, “cittadi-

nanza”, “diritti umani”, “cura alla perso-

na”, distinguendo interpretazioni e ma-

trici teoriche a partire dai testi. Ricostrui-

re sviluppo storico/caratteri della peda-

gogia speciale e interculturale. A partire

da testi di legge, ricostruire le tappe del-

l’integrazione dei disabili nella scuola ita-

liana e i modelli pedagogici sottesi. A

partire dai testi, e in prospettiva pluri-

disciplinare, definire “cultura”, “intercul-

tura”, “multicultura”, “globalizzazione”.

Riconoscere, analizzare, comparare le

matrici teoriche di modelli interpretativi

e proposte pratico-normative.

Nell’intero quinquennio si promuoverà

la competenza di lettura/analisi testuale,

condensata nella capacità di distinguere

fonti documentarie/storiografiche, con-

testualizzare la fonte/documento (luogo,

epoca, tipologia), ricostruirne la struttura

espositiva/argomentativa. Attraverso i

testi si promuoverà inoltre la capacità di

distinguere le teorizzazioni dal racconto/

descrizione/traccia di un’esperienza edu-

cativa e di identificare modelli teorico-po-

litici di convivenza e rapporti educativi

connessi.

B. Gozzoli, La scuola diTagaste, S. Gimignano,Cappella di S. Agostino.

9. Per il V anno le Indicazioni di Pedagogia raccoman-dano l’intersezione con le altre scienze umane e unosguardo «multidisciplinare» sui «principali temi del con-fronto educativo contemporaneo» (p. 395).

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PROGRAMMAZIONE

MetodologieLa promozione di competenze esige l’at-

tivazione degli studenti, perché i loro ap-

prendimenti siano significativi e non

semplicemente funzionali al superamento

di prove. Lezioni sistematico-deduttive sa-

ranno quindi alternate a momenti indut-

tivo-attivi. Lo scopo è far sì che ogni ap-

prendimento si integri nella struttura co-

gnitiva dell’allievo, modificandola in

senso auto-espansivo; ciò implica che pre-

comprensioni, convinzioni ingenue, im-

pliciti che vivono nella mente dei discenti

(come del docente), siano portati alla luce

e messi in discussione, per evitare resisten-

ze cognitive più o meno consapevoli e per

consentire anche al docente una continua

revisione/valutazione del proprio opera-

to10. In questo senso, considero un ottimo

punto di avvio l’approccio diretto ai

testi di qualsiasi tipo: “classici” disciplinari

in lettura integrale o antologizzata, testi

di legge, articoli di giornale, testi

poetici/letterari, ma anche immagini o

film; testi, quindi, intesi non come “or-

namenti” o complementi, ma come luo-

ghi di incontro con un autore, una posi-

zione, una teoria, un modello.

Partire dai testi permette di affiancare al-

l’analisi/schedatura anche momenti di

brainstorming, per far emergere suggestio-

ni, collegamenti, pre-comprensioni. Ciò

consentirà un successivo lavoro di con-

testualizzazione del tema, dell’autore,

del suo paradigma di riferimento, ma

supporterà anche un’attività di compa-

razione con altri autori/prospettive, e di

individuazione dei modelli teorici che

presiedono le analisi e le proposte prati-

co-normative.

Ritengo inoltre utile il coinvolgimento dei

ragazzi in attività (individuali o a gruppi)

finalizzate alla costruzione di un prodotto

“concreto”, che possa eventualmente

esser messo a disposizione dell’intera co-

munità scolastica: mostre/percorsi tema-

tici, classificazioni ragionate di siti inter-

net, bibliografie tematiche, “dialoghi”

tra diversi autori, drammatizzazioni,

ecc.

Infine, è possibile proporre agli studenti

esperimenti o attività di indagine/raccolta

dati: stante la non-rappresentatività di ri-

cerche siffatte, la loro realizzazione con-

sentirebbe comunque agli alunni di fo-

calizzare le problematiche che investono

la ricerca nelle Scienze umane (framework

teorico, costituzione del campione, scel-

ta/predisposizione degli strumenti per la

raccolta dei dati, lettura e interpretazione

dei risultati).

Verifica e valutazioneUn percorso così articolato garantisce la

possibilità di molteplici occasioni di va-

lutazione, ampiamente differenziate; i

materiali ottenuti con le attività esposte

alla sezione “Metodologia”, ad esempio,

possono configurarsi anche come oggetto

di valutazione. Accanto alla stesura del

“tema”, che ad oggi costituisce la seconda

prova dell’Esame di Stato (e che ritengo

consigliabile proporre fin dal primo

biennio), si può pensare ad analisi e/o

comparazione di testi per l’individuazione

di nuclei tematici, orizzonte teoretico di

riferimento, struttura argomentativa;

dibattiti/scritti volti ad analizzare, classi-

ficare, interpretare e confrontare modelli

interpretativi e concetti-chiave. Le inter-

rogazioni (così come la prova scritta) pos-

sono essere condotte anche sulla base di

“interviste multiple” o “incontri impos-

sibili”, affidando a ciascun alunno una tesi,

una prospettiva teorica, un modello/au-

tore da interpretare e “difendere” in di-

scussioni a tema. Gli elementi sui quali in-

centrare la valutazione saranno desunti

direttamente dalle competenze/abilità

attivate nel lavoro didattico oggetto della

verifica.

Giorgia PinelliLiceo Liceo "Maria Immacolata",

Palagano (Modena)

J.-B.-S. Chardin, L’istitutrice (1740).

10. Cfr. M. T. Moscato, Diventare insegnanti, La Scuola,Brescia 2008.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI82

PROGRAMMAZIONE

Scambi virtuali e in presenza,

visite e soggiorni di studio anche

individuali, stage formativi in

Italia o all’estero (in realtà culturali, so-

ciali, produttive, professionali) potranno

essere integrati nel percorso liceale»1.

Questa è la frase conclusiva della sezione

«Linee generali e competenze» delle In-

dicazioni Nazionali, in cui vengono for-

nite le medesime indicazioni sia per la lin-

gua e cultura straniera relativa alla prima

lingua straniera nel liceo linguistico,

che per la lingua e cultura straniera re-

lativa all’unica lingua straniera negli

altri licei. Il presente contributo propone

la programmazione di uno scambio

scolastico per una classe seconda liceo,

non necessariamente da effettuarsi con

il paese di cui si studia la lingua, e

mostra come lo scambio possa essere uti-

lizzato come strumento per perseguire

obiettivi linguistici e interculturali. Ide-

almente, le attività sono da proporre in

uno scambio in presenza, con soggiorno

presso le famiglie degli studenti partner.

Tuttavia, molte attività possono essere

adattate per l’utilizzo in uno scambio vir-

tuale, in cui gli studenti lavorano a distan-

za, scambiandosi testi e materiali per po-

sta tradizionale e/o elettronica, oppure

in occasione di visite, soggiorni di studio

o stage.

Al fine di cogliere appieno la natura delle

competenze culturali ed interculturali

previste nelle Indicazioni Nazionali, in re-

lazione alla lingua straniera, si propone

in questa sezione una breve analisi delle

competenze in uscita in esse previste, con

riferimento Common European Frame-

work of Reference for Languages 2. È innan-

zitutto opportuno delineare che già la de-

nominazione della disciplina utilizzata

nelle Indicazioni Nazionali – Lingua e Cul-

tura Straniera – indica chiaramente la pari

dignità attribuita alla dimensione lingui-

stica e alla dimensione culturale. Tuttavia,

quest’ultima risulta spesso trascurata

nella pratica didattica, se si eccettua lo stu-

dio della letteratura del paese di cui si stu-

dia la lingua, forse anche perché altri

aspetti culturali vengono concepiti come

appendici dell’insegnamento linguistico.

In realtà, nella sezione «General compe-

tences» del Common European Frame-

work of Reference for Languages, che «de-

scrive in modo esaustivo ciò che gli ap-

prendenti di una lingua straniera devono

imparare a fare per utilizzare la lingua per

la comunicazione e quali conoscenze e

abilità devono sviluppare per agire in

modo efficace», si specifica che «la descri-

zione comprende anche il contesto cul-

turale»3. Infatti, vengono menzionate

diverse conoscenze (sapere), abilità (saper

fare) e atteggiamenti (saper essere) che

possono essere considerati culturali o in-

terculturali. Si va dalla conoscenza di fatti

relativi al paese e o ai paesi in cui si parla

la lingua studiata (caratteristiche geogra-

fiche, ambientali, demografiche, econo-

Lingua e cultura ingleseCostanza Cucchi

miche e politiche), alla conoscenza socio-

culturale relativa alla/e comunità in cui

si parla la lingua studiata, che comprende

la conoscenza delle abitudini di vita (ad

esempio cibi, vacanze, pratiche lavorative,

attività nel tempo libero), delle relazioni

interpersonali (in famiglia, al lavoro, tra

generazioni, nei confronti dell’autorità),

dei valori, credenze e atteggiamenti in re-

lazione a molteplici aspetti (ad esempio

classi sociali, istituzioni, minoranze etni-

che, identità nazionale, paesi stranieri, re-

ligione), delle convenzioni sociali vigenti

(ad esempio relative all’ospitalità), dei

comportamenti rituali (associati alla

pratica religiosa, ad eventi quali nascita,

matrimonio e morte, alle feste e alle

danze). Altro tipo di conoscenza è la con-

sapevolezza interculturale, che consiste

nella comprensione delle differenze tra il

‘modo di origine’ e ‘il mondo della comu-

nità di arrivo’ e include la consapevolezza

di come ciascuna comunità appare dalla

prospettiva dell’altra, spesso in forma di

stereotipo. Le abilità, invece, vanno dalla

capacità di agire secondo le convenzioni

socioculturali vigenti nella/e comunità in

cui si parla la lingua studiata, alle abilità

interculturali, che comprendono, ad

esempio, l’abilità di mettere in relazione

la cultura di origine con quella straniera,

la sensibilità culturale e la capacità di usare

strategie per stabilire un contatto con

esponenti di altre culture. Per quanto ri-

guarda gli atteggiamenti, si va dall’aper-

«

1. “Schema di regolamento recante le Indicazioni nazio-nali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimentoconcernenti le attività e gli insegnamenti compresi neipiani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui all’ar-ticolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Re-

pubblica 15 marzo 2010, n. 89, in relazione all’articolo 2,commi 1 e 3, del medesimo regolamento, p. 107”. Il do-cumento è disponibile on-line all’indirizzohttp://www.indire.it/lucabas/lkmw_file/licei2010///de-creto_Indicazioni_nazionali%20_26_05.pdf.

2. Il documento è disponibile on-line all’indirizzo:http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/Source/Frame-work_en.pdf. 3. Common European Framework of Reference for Lan-guages, p. 1.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 83

PROGRAMMAZIONE

tura verso nuove persone, società e cul-

ture, alla disponibilità a relativizzare la

prospettiva della propria cultura4.

Paragonando le Indicazioni Nazionali

con quanto esposto nel Common Europe-

an Framework of Reference for Languages,

si nota che nella frase di apertura la di-

mensione culturale sembrerebbe riguar-

dare solo la sfera del sapere e solo le co-

noscenze relative ai paesi di cui si studia

la lingua. Si afferma infatti che «lo studio

della lingua e della cultura straniera deve

procedere lungo due assi fondamentali tra

loro interrelati: lo sviluppo di competenze

linguistico-comunicative e lo sviluppo di

conoscenze relative all’universo culturale

legato alla lingua di riferimento».

Nel seguito del testo la dimensione cul-

turale, però, si dilata, estendendosi anche

alla sfera del ‘saper fare’. Si richiede infatti

agli allievi la capacità «di interazione nella

lingua straniera in maniera adeguata sia

agli interlocutori sia al contesto», una ca-

pacità che presuppone, oltre naturalmente

ad un’adeguata conoscenza linguistica, an-

che conoscenze socioculturali. Agli stu-

denti sono, inoltre, richieste capacità «di

analisi e interpretazione di aspetti relativi

alla cultura dei paesi di cui si parla la lin-

gua» e «di riflessione sui fenomeni cultu-

rali». Come per la sfera delle conoscenze,

anche il ‘saper fare’ è dunque circoscritto

ai paesi di cui si studia la lingua. Almeno

nel caso della lingua inglese, parrebbe in-

vece opportuno tenere presente che essa

è spesso utilizzata come lingua franca in

paesi non anglofoni e, dunque, la capacità

degli allievi di cogliere gli elementi del

contesto, in particolare del contesto cul-

turale, e di analizzare e interpretare la cul-

tura con cui entrano in contatto attraverso

la lingua inglese acquista particolare im-

portanza.

Proseguendo nella lettura delle Indicazioni

Nazionali, si afferma che «l’utilizzo costan-

te della lingua straniera […] consentirà

agli studenti di fare esperienze condivise

sia di comunicazione linguistica sia di

comprensione della cultura straniera in

un’ottica interculturale». La lingua stra-

niera viene qui indicata come strumento

per la comprensione della cultura, sem-

pre con esclusivo riferimento al paese di

cui si studia la lingua, ma la menzione

dell’ottica interculturale rimanda alla di-

mensione del confronto. La frase succes-

siva chiarisce il mezzo per lo sviluppo di

un’ottica interculturale: «fondamentale

è perciò lo sviluppo della consapevolezza

di analogie e differenze culturali, indi-

spensabile nel contatto con culture altre,

anche all’interno del nostro paese».

È da notare qui che lo sviluppo della con-

sapevolezza di analogie e differenze cul-

turali non appare più esplicitamente li-

mitato all’universo culturale del paese

straniero di cui si studia la lingua, come

emerge dalla menzione di «culture altre».

La sezione si chiude con il riferimento

alla possibilità di integrare nel percorso

scambi, visite e stage in Italia e all’estero,

come già riportato all’inizio della presen-

te sezione.

Nelle sezioni seguenti del presente con-

tributo, si intende mostrare come gli

scambi scolastici – ma anche visite, sog-

giorni di studio e stage – possano costi-

tuire il metodo per lo «sviluppo della

consapevolezza di analogie e differenze

culturali, indispensabile nel contatto

con culture altre». Per sviluppare la ca-

pacità di confronto e di analisi dei feno-

meni culturali, potranno essere realizzati

scambi sia con allievi anglofoni, sia con

allievi di paesi dove l’inglese viene stu-

diato come lingua straniera. In questo

caso, gli studenti coinvolti nello scambio

– o nella visita – si troveranno in situa-

zione di parità dal punto di vista lingui-

stico, in quanto dovranno servirsi di una

lingua della quale nessuno di loro è par-

lante nativo. Inoltre, la lingua inglese di-

verrà lo strumento per il contatto con

una cultura altra, spesso ignota, proprio

come avviene frequentemente nelle situa-

zioni di contatto interculturale.

4. Ibi, pp.101-105.

W. Turner, Interno dellaCattedrale di Salisbury,(1805).

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PROGRAMMAZIONE

Competenze atteseSi intendono sviluppare le seguenti

competenze, desunte dalle Indicazioni

Nazionali:

- fare esperienze condivise sia di comu-

nicazione linguistica sia di comprensio-

ne della cultura straniera in un’ottica

interculturale;

- acquisire capacità di analisi e interpre-

tazione di aspetti culturali;

- acquisire capacità di riflessione sui fe-

nomeni culturali;

- acquisire consapevolezza di analogie e

differenze culturali;

- acquisire capacità di interazione nella

lingua straniera in maniera adeguata sia

agli interlocutori sia al contesto.

Se è vero che, nel caso di scambio con stu-

denti di un paese non anglofono, gli stu-

denti non acquisiranno contenuti cultu-

rali relativi al paese di cui si studia la lin-

gua, è vero anche che svilupperanno le di-

verse componenti della competenza in-

terculturale, come descritta da Byram5:

- atteggiamenti interculturali di curiosità

ed apertura, di sospensione dell’incre-

dulità nei confronti delle altre culture

e di sospensione delle certezze a propo-

sito della propria cultura;

- conoscenza dei gruppi e delle pratiche

sociali nella propria cultura ed in

quella dell’interlocutore;

- capacità di interpretare documenti

ed eventi dal punto di vista di un’altra

cultura e di metterli in relazione con

documenti ed eventi della propria

cultura;

- abilità di acquisire conoscenze su una

cultura;

- abilità di valutare prospettive, pratiche

e prodotti culturali, sia nella propria

cultura che in culture altre.

Obiettivi di apprendimento Gli studenti raggiungeranno le competen-

ze delineate nella sezione precedente at-

traverso i seguenti obiettivi di apprendi-

mento, specificamente linguistici, desunti

dalle Indicazioni Nazionali:

- comprendere in modo globale, selettivo

e dettagliato testi orali/scritti prodotti

dagli studenti della classe partner;

- produrre testi orali e scritti strutturati

e coesi per riferire fatti, descrivere fe-

nomeni e situazioni, sostenere opinioni

con le opportune argomentazioni;

- partecipare a conversazioni e interagire

nella discussione in maniera adeguata

sia agli interlocutori sia al contesto;

- elaborare testi orali/scritti, di diverse ti-

pologie e generi.

Metodi e contenutiSarà opportuno suddividere le attività in

tre fasi: prima, durante e dopo lo scam-

bio.

PRIMA DELLO SCAMBIO

Sviluppo della competenza discorsiva,

finalizzata all’acquisizione strategie per

gestire l’interazione con i partner stra-

nieri:

- per segnalare all’interlocutore che si sta

seguendo e si approva: ‘Is that so’, ‘I see’,

‘You’re right there’, ‘fair enough’, ‘quite’,

‘mm’, ‘uhu’, ‘yes’, ‘that’s right/true’, ‘oh’,

‘good heavens/lord/god/grief’, ‘oh dear’,

‘never’;

- per prendere il turno: le espressioni so-

pra indicate, ripetere quanto è stato ap-

pena detto, ‘well’;

- per cedere il turno: question-tags, ‘OK?’,

‘How do you feel about this?’;

- per mantenere il turno: ‘let me see’, ‘the

point/thing is’, ‘actually’, ‘to tell you the

truth’, ‘as I was saying’, ‘er, erm...’, ‘you

know’, ‘I mean’, ‘you see’, ‘how shall I

put it’;

- per chiudere l’interazione: ‘OK’, ‘fine’,

‘well’, ‘right’; riassumere l’interazione

precedente ed assicurarsi che l’interlo-

cutore sia d’accordo; esprimere interesse

per la salute: ‘all the best’, ‘hope your

cold will improve’, ‘do drive carefully’,

‘be good, take care’.

Per aumentare la consapevolezza di

queste strategie, si potrà, ad esempio, chie-

dere agli studenti di prendere nota di

quelle utilizzate in filmati e/o registrazio-

ni.

Sviluppo della competenza strategica, fi-

nalizzata all’acquisizione di strategie

compensatorie che possano sopperire ad

eventuali lacune lessicali e grammaticali,

utili nella gestione dell’interazione con

i partner stranieri:

- nomi generici di oggetti e forme,

espressioni di tempo e luogo, nomi ge-

nerici di fiori e animali, come ‘box’, ‘fra-

me’, ‘top’, ‘square’, ‘oblong’, ‘object’,

‘bird’, ‘animal mammal’, ‘flower’, ‘shrub’,

‘tree’, ‘bush’, ‘vehicle’; formule come ‘you

find it in...’, ‘it’s at the top/bottom ...’,

‘it is to be seen in’, ‘it is used for ...’, ‘you

can ride/sit/stand on it’, ‘it looks like ...’,

‘it resembles’, ‘it’s just like ...’, ‘it’s the way

you feel when ...’; formule per chiedere

aiuto, come ‘is that correct?’, ‘do you

know what I mean?’; formule per con-

trollare la comprensione, come ‘I am

right thinking that ...?’, ‘Are you sa-

ying...?’.

Per esercitare l’uso di queste espressioni

si possono dare agli allievi delle immagini

di oggetti e chiedere loro di descriverle.

I compagni devono indovinare l’oggetto.

Produzione di una presentazione che il-

lustri alla classe partner le proprie per-

cezioni della cultura straniera6.

Ad esempio, gruppi di 4/5 studenti scri-

vono su un foglio il numero maggiore di

caratteristiche che associano alla cultura

del paese con cui effettueranno lo scam-

bio. Esempi di aspetti che si possono

5. M. Byram - B. Gribkova - H. Starkey, Developing the In-tercultural Dimension in Language Teaching. A PracticalIntroduction for Teachers, Language Policy Division, Di-rectorate of School, Out-of-School and Higher Educa-tion, DGIV, Council of Europe, Strasbourg 2002, pp.11-13. Il documento è disponibile on-line all’indirizzohttp://www.coe.int/t/dg4/linguistic/source/guide_di-mintercult_en.pdf.6. Questa attività e le seguenti sono adattate sulla basedi quelle proposte in alcune scuole milanesi, presentatein C. Cucchi, Scambi scolastici: dal progetto alla valuta-zione, I.S.U. Università Cattolica, Milano.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 85

PROGRAMMAZIONE

prendere in considerazione sono: natura

e carattere delle persone, abiti, ricchezza/

povertà, credenze e religione, cibi e bevan-

de, sistema scolastico, clima e paesaggio,

criminalità, film/gruppi musicali/mani-

festazioni artistiche famose. Ogni gruppo

relaziona alla classe. Si prepara un cartel-

lone, da appendere in classe, che riassuma

le idee degli studenti relativamente agli

aspetti della cultura straniera. Sulla base

del cartellone, viene preparata una pre-

sentazione da inviare alla classe partner.

Produzione di testi orali o scritti che il-

lustrino alla classe partner aspetti salienti

della propria cultura.

Sulla base della presentazione ricevuta

dalla classe partner, gli studenti di ciascun

paese producono, a gruppi, testi orali o

scritti riguardanti gli aspetti menzionati

nella presentazione, ma dal loro punto di

vista. I generi testuali, ad esempio articolo

di giornale, trasmissione televisiva, guida

turistica, vengono scelti dagli studenti.

Preparazione della visita guidata alla cit-

tà.

Gli studenti selezionano i luoghi da mo-

strare agli studenti stranieri, partendo da

quelli per loro più significativi e, in

gruppi, preparano la presentazione dei

luoghi.

Preparazione della visita alla scuola e

spiegazione del sistema scolastico.

Aspetti da considerare nella visita della

scuola sono, ad esempio: luoghi di lavoro

di cui gli allievi dispongono al di fuori del-

la classe; luoghi in cui gli allievi si incon-

trano e parlano fra di loro; luoghi in cui

mangiano e bevono; eventuali spazi per

gli allievi all’esterno della scuola.

Aspetti da considerare nella spiegazione

del sistema scolastico sono, ad esempio:

materie studiate, orario giornaliero, tipo-

logia delle prove di valutazione, calenda-

rio scolastico, età di inizio dell’obbligo

scolastico, età di scelta del corso di studi

che interessa.

DURANTE LO SCAMBIO

Presentazione dei testi orali o scritti

che illustrino alla classe partner aspetti

salienti della propria cultura.

Visita della città guidata dagli studenti.

Visita della scuola e del sistema scolastico

a cura degli allievi.

Osservazione delle lezioni.

Gruppi di 2/3 studenti assistono a lezioni

che si svolgono come di consueto, nel

ruolo di osservatori.

Gli studenti prendono nota, ad esempio,

di: arredamento e oggetti che si trovano

in classe; attività che si svolgono in classe

(lettura, esercizi, lavori a gruppi, ecc.);

quanto tempo parla il professore e quanto

tempo parlano gli allievi; come sono i

rapporti tra allievi e professori; come sono

i rapporti tra gli allievi.

Visita e interviste presso istituzioni lo-

cali.

A coppie comprendenti allievi italiani e

stranieri, gli studenti visitano un’istitu-

zione del paese straniero, ad esempio la

biblioteca comunale, associazioni per il

tempo libero e di volontariato. Prima del-

la visita gli studenti esaminano la traccia

fornita per la relazione che dovranno pre-

parare in gruppo dopo la visita e prepa-

rano alcune domande da porre durante

la visita.

Un esempio della relazione da stendere

è:

- nome e ubicazione del luogo in cui siete

stati; persona di contatto; tipo di isti-

tuzione;

- aspettative, specialmente quando sono

diverse tra i membri del gruppo;

- sintesi delle informazioni ricevute;

- impressioni dopo la visita ed eventuali

cambiamenti di opinione.

Compilazione di schede di osservazione

su aspetti della vita quotidiana (la fami-

glia ospitante non dovrà cambiare le pro-

prie abitudini, per consentire di perce-

pire, per quanto possibile durante un

breve soggiorno, la realtà del paese stra-

niero).

La famiglia:

- Quali altre persone, oltre ai figli ed ai

genitori, vivono nella famiglia ospitan-

te?

- Ci sono membri della famiglia che rien-

trano per il pasto di mezzogiorno?

- C’è una suddivisione dei compiti tra i

diversi membri della famiglia?

- Ci sono delle regole da rispettare in fa-

miglia? Quali?

- Ci sono degli orari per il rientro a casa

al pomeriggio e alla sera?

- Quali trasgressioni considerano lievi?

Quali gravi?

Quali sono secondo te le differenze fon-

damentali con lo stile di vita della tua fa-

miglia?

L’abitare:

- Quale tipo di abitazione ha la tua fa-

miglia ospitante: singola, appartamen-

to, ecc. E gli altri che hai potuto cono-

scere?

- Quali ambienti ci sono nella casa?

- Ci sono oggetti che di solito non si tro-

vano nelle case italiane?

- Mancano oggetti che di solito si trovano

nelle case italiane?

Cerca di individuare le differenze rispetto

a casa tua e a quella degli altri Italiani.

Chiedi alla tua famiglia ospitante il per-

messo di fotografare le differenze.

Il mangiare:

- Quanti pasti consumano al giorno gli

studenti che hai incontrato?

- Dove si consuma il pasto?

- Tutta la famiglia insieme o separata-

mente?

- Come si serve a tavola? Chi lo fa?

- Quali sono le portate di un pasto e in

quale ordine sono presentate?

- A tavola si mangia in silenzio, si chiac-

chiera, si guarda la televisione?

- Di quali argomenti si parla?

- Chi sparecchia e riordina?

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI86

Quali sono secondo te le differenze fon-

damentali con lo stile di casa tua?

L’incontrarsi:

- I giovani si incontrano durante il

giorno per ragioni diverse dal lavoro o

dallo studio?

- Dove si incontrano (luoghi all’aperto,

bar, club, ritrovi, scuola, ecc.)?

Fotografa alcuni dei luoghi in cui i

giovani si incontrano. Quali sono secondo

te le differenze con quanto avviene nella

tua città?

La città:

- Osserva la struttura del centro, i mate-

riali con cui sono costruiti gli edifici.

- Gli edifici sono recenti o antichi?

- La città è pulita? Ci sono spazi verdi?

- Che tipo di negozi ci sono?

- Quali mezzi di trasporto ci sono?

Sono ben tenuti?

Fotografa ciò che in città ti ha colpito in

particolarmente e che ti sembra diverso

dalla realtà italiana.

La gente:

- Hai notato la presenza di molti stranieri

nelle strade? Di che nazionalità?

- Hai visto la presenza di poveri per le

strade? Ti sembrano numerosi?

- Informati presso la tua famiglia ospitan-

te sul problema della disoccupazione.

DOPO LO SCAMBIO

Relazioni individuali

Ciascuno studente stende una relazione

in cui confronta le percezioni del paese

straniero prima della partenza con quanto

appreso durante la visita.

Presentazione di testi orali o scritti su

aspetti della realtà straniera e confronto

con la realtà locale.

Gli studenti in gruppi preparano presen-

tazioni corredate da documentazione

fotografica e visiva, sui diversi aspetti della

realtà straniera, mettendola a confronto

con quella italiana, per altre classi della

scuola e per i genitori.

Verifica e valutazionePrima dello scambio si valuterà:

- apporto dei singoli studenti ai lavori di

gruppo.

Durante lo scambio si valuterà:

- chiarezza, efficacia, correttezza dei

testi scritti e orali rivolti agli allievi

stranieri (presentazione dei caratteri

salienti della propria cultura, presen-

tazione della scuola, visita alla città);

- chiarezza e correttezza della relazione

sulla visita alle istituzioni stesa con gli

allievi stranieri;

- apporto dei singoli studenti ai lavori

di gruppo.

Dopo lo scambio si valuterà:

- chiarezza, livello di analisi delle diffe-

renze culturali, correttezza delle rela-

zioni individuali;

- chiarezza, efficacia, correttezza delle

presentazioni rivolte ad allievi di altre

classi ed ai genitori;

- apporto dei singoli studenti ai lavori

di gruppo.

Costanza CucchiUniversità Cattolica, sede di Milano

W. Turner (1775-1851), Old LondonBridge, London,Tate Gallery.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 87

PROGRAMMAZIONE

La natura e il valore della Matema-

tica non consistono nell’appren-

dimento mnemonico di formule,

né nelle tecniche di risoluzione dei

problemi, bensì in quell’atteggiamento

della mente che si ottiene educando i

giovani ad occuparsi di questa discipli-

na.

La Matematica è la chiave di lettura della

realtà: con essa infatti si riescono ad

astrarre concetti chiari ed univoci con

l’uso di termini esatti e con descrizioni

obbiettive, basate su deduzioni rigorose.

Per questo si cercherà di sottolineare il

passaggio dalla Matematica come scienza

dei contenuti a scienza dei sistemi formali.

Mettendo in evidenza i tre aspetti fon-

damentali:

• l’astrazione;

• la generalizzazione;

• la formalizzazione.

Si scoprirà così la Matematica come si-

stema fondato su assiomi fondamentali

dai quali si deduce tutta la teoria mate-

matica: la Matematica procedurale, un

insieme di tecniche non prive di un’in-

terpretazione reale e la Matematica

come linguaggio convenzionale atto a

descrivere in modo sintetico e rigoroso

la realtà e a prevederla.

Non si mancherà, durante le lezioni, di

sottolineare come tale schema ipoteti-

co-deduttivo sia tipico di ogni Scienza.

Si evidenzierà in particolare che la co-

struzione di un modello in genere avvie-

ne in modo dinamico in tappe succes-

sive:

In relazione al nuovo contesto socio-am-

bientale in cui le generazioni attuali si tro-

vano immerse, considerate le recenti in-

novazioni tecnologie connesse alle infor-

matizzazione di ogni settore della cono-

scenza, delle relazioni umane, della vita

lavorativa e dei rapporti con gli enti

pubblici e privati, si porrà particolare at-

tenzione alla modellizzazione matematica,

anche attraverso l’utilizzo degli strumenti

multimediali.

Metodi e contenutiLa matematica, parte rilevante del pen-

siero umano ed elemento motore dello

stesso pensiero filosofico, ha in ogni

tempo operato su due fronti:

- da una parte si è rivolta a risolvere pro-

blemi ed a rispondere ai grandi interro-

gativi che via via l’uomo si poneva sul si-

gnificato della realtà che lo circonda;

- dall’altra, sviluppandosi autonoma-

mente, ha posto affascinanti interrogativi

sulla portata, il significato e la consistenza

delle sue stesse costruzioni culturali.

Matematica Liceo scientifico, opzione scienze applicate. Secondo biennio e ultimo annoa cura di Laura Caruzzo

«La…causa perché li nostri antiqui volevanoche le mathematice discipline fusseno le pri-me imparate è questa, perché alla intelligen-tia di quelle non vi occorre alcuna altra scien-tia. La causa è che per sé medesime si sosten-tano, per sé medesime si verificano, per sé me-desime si approvano, et non per autorità overopinione de uomini, come fanno le altrescienze, ma per dimostrazione» (NicolòTartaglia)

Oggi queste due attività si sono ancor più

accentuate e caratterizzate. La prima per

la maggiore capacità d’interpretazione e

di previsione che la matematica ha acqui-

stato nei riguardi dei fenomeni non solo

naturali, ma anche economici e della vita

sociale in genere, e che l’ha portata ad ac-

cogliere e valorizzare, accanto ai tradizio-

nali processi deduttivi, anche i processi in-

duttivi. La seconda per lo sviluppo del

processo di formalizzazione che ha tro-

vato nella logica e nell’informatica un ri-

scontro significativo.

Sono due spinte divergenti, ma che deter-

minano, con il loro mutuo influenzarsi,

il progresso del pensiero matematico.

Coerentemente con questo processo,

l’insegnamento della matematica si è

sempre orientato, e continua ad orientarsi,

in due distinte direzioni:

- da una parte leggere il libro della natura

e matematizzare la realtà esterna;

- dall’altra simboleggiare e formalizzare

i propri strumenti di lettura attraverso la

costruzione di modelli interpretativi.

Queste due direzioni confluiscono, intrec-

ciandosi ed integrandosi con reciproco

vantaggio, in un unico risultato: la forma-

Analisi di un problema

CODIFICA

CALCOLO

DECODIFICA

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI88

zione e la crescita dell’intelligenza dei gio-

vani.

Al termine del percorso del liceo scienti-

fico lo studente conoscerà i concetti e i

metodi elementari della matematica, sia

interni alla disciplina in sé considerata, sia

rilevanti per la descrizione e la previsione

di fenomeni, in particolare del mondo fi-

sico. Egli saprà inquadrare le varie teorie

matematiche studiate nel contesto storico

entro cui si sono sviluppate e ne compren-

derà il significato concettuale. Lo studente

avrà acquisito una visione storico-critica

dei rapporti tra le tematiche principali del

pensiero matematico e il contesto filoso-

fico, scientifico e tecnologico. In partico-

lare, avrà acquisito il senso e la portata dei

tre principali momenti che caratterizzano

la formazione del pensiero matematico:

la matematica nella civiltà greca, il calcolo

infinitesimale che nasce con la rivoluzione

scientifica del Seicento e che porta alla ma-

tematizzazione del mondo fisico, la svolta

che prende le mosse dal razionalismo il-

luministico e che conduce alla formazione

della matematica moderna e a un nuovo

processo di matematizzazione che investe

nuovi campi (tecnologia, scienze sociali,

economiche, biologiche) e che ha cambia-

to il volto della conoscenza scientifica. Le

finalità indicate sopra concorrono, in

armonia con l’insegnamento di altre di-

scipline, alla promozione culturale ed alla

formazione umana di tutti i giovani.

L’articolazione di temi e di approcci co-

stituirà la base per istituire collegamenti

e confronti concettuali e di metodo con

altre discipline come la fisica, le scienze

naturali, sociali ed economiche, la filoso-

fia, la storia e per approfondire il ruolo

della matematica nella tecnologia.

Al termine del percorso didattico lo stu-

dente avrà approfondito i procedimenti

caratteristici del pensiero matematico (de-

finizioni, dimostrazioni, generalizzazioni,

formalizzazioni), conoscerà le metodo-

logie di base per la costruzione di un mo-

dello matematico di un insieme di feno-

meni, saprà applicare quanto appreso per

la soluzione di problemi, anche utilizzan-

do strumenti informatici di rappresen-

tazione geometrica e di calcolo. Tali ca-

pacità saranno più accentuate nel percor-

so del liceo scientifico (opzione scienze ap-

plicate), con particolare riguardo per la

padronanza del calcolo infinitesimale, del

calcolo della probabilità, degli elementi

della ricerca operativa, dei concetti e

delle tecniche dell’ottimizzazione. Inoltre,

lo studente avrà sviluppato una specifica

conoscenza del ruolo della matematica

nella tecnologia e nelle scienze dell’inge-

gneria.

Gli strumenti informatici oggi disponibili

offrono contesti idonei per rappresentare

e manipolare oggetti matematici. L'inse-

gnamento della matematica offre nume-

rose occasioni per acquisire familiarità

con tali strumenti e per comprenderne il

valore metodologico. Il percorso favorirà

l’uso di questi strumenti, anche in vista

del loro uso per il trattamento dei dati nel-

le altre discipline scientifiche. L’uso degli

strumenti informatici è una risorsa di par-

ticolare importanza. Essa sarà comunque

introdotta in modo critico, senza creare

l’illusione che sia un mezzo automatico

di risoluzione di problemi e senza com-

promettere la necessaria acquisizione di

capacità di calcolo mentale.

L’ampio spettro dei contenuti che saranno

affrontati dallo studente richiederà un

buon impiego del tempo disponibile. Fer-

ma restando l’importanza dell’acquisizio-

ne delle tecniche, verranno evitate disper-

sioni in tecnicismi ripetitivi o casistiche

sterili che non contribuiscono in modo

significativo alla comprensione dei pro-

blemi. L'approfondimento degli aspetti

tecnologici e ingegneristici non perderà

mai di vista l’obiettivo della compren-

sione in profondità degli aspetti concet-

tuali della disciplina. L’indicazione prin-

cipale è: pochi concetti e metodi fonda-

mentali, acquisiti in profondità.

In termini più concreti:

Alle spiegazioni dirette dell’insegnante si

alterneranno presentazioni di situazioni

problematiche, stimolando gli allievi a fare

riflessioni e proporre soluzioni, inducen-

doli a sfruttare al massimo le conoscenze

e le abilità già acquisite. Sarà comunque

cura dell’insegnante aiutare gli alunni ad

avere sempre anche una visione globale

delle problematiche, nonché approfondire

gli aspetti teorici dei vari argomenti.

Si insisterà su un linguaggio preciso e ri-

goroso e sull'uso appropriato dei termini,

mostrando concretamente alla classe

l’equivocità di certe espressioni verbali o

scritte.

Inoltre si porrà particolare attenzione al

metodo di studio, aiutando gli alunni a

perfezionarlo.

Verrà favorita la collaborazione fra gli

alunni impegnandoli in lavori in coppie

o piccoli gruppi di volta in volta oppor-

tunamente costituiti dall’insegnante.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 89

PROGRAMMAZIONE

Competenze del secondobiennioLINEE GENERALI E COMPETENZE

Nel corso del secondo biennio del

liceo scientifico lo studente dovrà ap-

profondire e ampliare i concetti e i me-

todi elementari della matematica, sia

interni alla disciplina in sé considerata,

sia per la descrizione e la previsione di

fenomeni, in particolare del mondo fi-

sico, ma anche afferenti la cultura

scientifico-tecnologica in generale, con

riferimento quindi anche alla chimica,

alla biologia, all’informatica e alle loro

applicazioni.

Dovrà consolidare abilità operative,

analizzare con maggior senso critico le

situazioni problematiche che incontrerà

o che gli verranno sottoposte, operare

una sempre più adeguata riflessione

metodologica sulle procedure da segui-

re per favorire la ricerca di strategie ri-

solutive e/o di scoperta, perfezionare,

a tale scopo, l’utilizzo di strumenti

informatici e multimediali.

Nel contempo lo studente avrà occasio-

ne di ampliare anche la visione stori-

co-critica dei rapporti tra le tematiche

principali del pensiero matematico e il

contesto filosofico, scientifico e tecno-

logico. In particolare, dovrà acquisire il

senso e la portata dei tre principali mo-

menti che caratterizzano la formazione

del pensiero matematico: la matematica

nella civiltà greca, il calcolo infinitesi-

male che nasce con la rivoluzione scien-

tifica del Seicento e che porta alla ma-

tematizzazione del mondo fisico, la

svolta che prende le mosse dal raziona-

lismo illuministico e che conduce alla

formazione della matematica moderna

e a un nuovo processo di matematizza-

zione che investe nuovi campi (tecno-

logia, scienze sociali, economiche, bio-

logiche) e che ha cambiato il volto

della conoscenza scientifica.

Di qui i gruppi di concetti e metodi che

saranno obiettivo dello studio:

1) gli elementi della geometria euclidea

del piano e dello spazio entro cui

prendono forma i procedimenti ca-

ratteristici del pensiero matematico

(definizioni, dimostrazioni, genera-

lizzazioni, assiomatizzazioni);

2) gli elementi del calcolo algebrico, gli

elementi della geometria analitica

cartesiana, una buona conoscenza

delle funzioni elementari dell’analisi,

le nozioni elementari del calcolo dif-

ferenziale e integrale;

3) gli strumenti matematici di base per

lo studio dei fenomeni fisici, con

particolare riguardo al calcolo vetto-

riale e alle equazioni differenziali, in

particolare l’equazione di Newton e

le sue applicazioni elementari;

4) la conoscenza elementare di alcuni

sviluppi della matematica moderna,

in particolare degli elementi del cal-

colo delle probabilità, dell’analisi sta-

tistica e della ricerca operativa;

5) il concetto di modello matematico e

un’idea chiara della differenza tra la

visione della matematizzazione carat-

teristica della fisica classica (corri-

spondenza univoca tra matematica e

natura) e quello della modellistica

(possibilità di rappresentare la stessa

classe di fenomeni mediante differenti

approcci);

6) costruzione e analisi di semplici

Conoscenze Abilità Competenze

RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente - allegato 1 Definizioni

«conoscenze»:risultato dell'assimilazione di informazioniattraverso l'apprendimento. Le conoscenzesono un insieme di fatti, principi, teorie epratiche relative ad un settore di lavoro o distudio.Nel contesto del Quadro europeo dellequalifiche le conoscenze sono descrittecome teoriche e/o pratiche.

«abilità»:indicano le capacità di applicare conoscenzee di utilizzare know-how per portare a ter-mine compiti e risolvere problemi.Nel contesto del Quadro europeo dellequalifiche le abilità sono descritte comecognitive (comprendenti l'uso del pensierologico, intuitivo e creativo) o pratiche(comprendenti l'abilità manuale e l'uso dimetodi, materiali, strumenti);

«competenze»:comprovata capacità di utilizzare cono-scenze,abilità e capacità personali, sociali e/ometodologiche, in situazioni di lavoro o distudio e nello sviluppo professionale e per-sonale.Nel contesto del Quadro europeo dellequalifiche le competenze sono descritte intermini di responsabilità e autonomia.

Contenuti di programmazione del secondo biennio e ultimo annoI programmi sono articolati in termini di:

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI90

PROGRAMMAZIONE

modelli matematici di classi di feno-

meni, anche utilizzando strumenti

informatici per la descrizione e il cal-

colo;

7) una chiara visione delle caratteristi-

che dell’approccio assiomatico nella

sua forma moderna e delle sue spe-

cificità rispetto all’approccio assioma-

tico della geometria euclidea classi-

ca;

8) una conoscenza del principio di

induzione matematica e la capacita

di saperlo applicare, avendo inoltre

un’idea chiara del significato filoso-

fico di questo principio (invarianza

delle leggi del pensiero), della sua di-

versità con l’induzione fisica (inva-

rianza delle leggi dei fenomeni) e di

come esso costituisca un esempio ele-

mentare del carattere non stretta-

mente deduttivo del ragionamento

matematico.

Competenze dell’ultimo annoLINEE GENERALI

E COMPETENZE

Al termine del percorso del liceo scien-

tifico lo studente conoscerà i concetti

e i metodi elementari della matematica,

sia interni alla disciplina in se conside-

rata, sia rilevanti per la descrizione e la

previsione di fenomeni, in particolare

del mondo fisico. Egli saprà inquadrare

le varie teorie matematiche studiate nel

contesto storico entro cui si sono svi-

luppate e ne comprenderà il significato

concettuale.

Lo studente avrà acquisito una visione

storico-critica dei rapporti tra le tema-

tiche principali del pensiero matema-

tico e il contesto filosofico, scientifico

e tecnologico. In particolare, avrà acqui-

sito il senso e la portata dei tre princi-

pali momenti che caratterizzano la

formazione del pensiero matematico:

la matematica nella civiltà greca, il

calcolo infinitesimale che nasce con la

rivoluzione scientifica del Seicento e che

porta alla matematizzazione del mondo

fisico, la svolta che prende le mosse dal

razionalismo illuministico e che con-

duce alla formazione della matematica

moderna e a un nuovo processo di ma-

tematizzazione che investe nuovi campi

(tecnologia, scienze sociali, economi-

che, biologiche) e che ha cambiato il

volto della conoscenza scientifica.

L’articolazione di temi e di approcci co-

stituirà la base per istituire collegamenti

e confronti concettuali e di metodo con

altre discipline come la fisica, le scienze

naturali, sociali ed economiche, la filo-

sofia, la storia e per approfondire il ruo-

lo della matematica nella tecnologia.

Al termine del percorso didattico lo stu-

dente avrà approfondito i procedimenti

caratteristici del pensiero matematico

(definizioni, dimostrazioni, generaliz-

zazioni, formalizzazioni), conoscerà

le metodologie di base per la costruzio-

ne di un modello matematico di un in-

sieme di fenomeni, saprà applicare

quanto appreso per la soluzione di

problemi, anche utilizzando strumenti

informatici di rappresentazione geome-

trica e di calcolo, con particolare riguar-

do per la padronanza del calcolo infi-

nitesimale, del calcolo della probabilità,

degli elementi della ricerca operativa,

dei concetti e delle tecniche dell’otti-

mizzazione.

Inoltre, lo studente avrà sviluppato

una specifica conoscenza del ruolo

della matematica nella tecnologia e

nelle scienze dell’ingegneria.

Obiettivi educativi edisciplinariFINALITÀ DEL 2° BIENNIO

e ULTIMO ANNO

In questa fase della vita scolastica e dello

sviluppo cognitivo dei discenti, lo stu-

dio della matematica ha in particolare

le seguenti finalità:

• acquisire conoscenze con livelli più

elevati di astrazione e di formalizza-

zione;

• cogliere i caratteri distintivi dei vari

linguaggi (algebrici, logico-formali);

• utilizzare metodi, strumenti e modelli

matematici in situazioni diverse;

• acquisire l’attitudine a riesaminare cri-

ticamente e a sistemare logicamente

le conoscenze via via apprese;

• sviluppare un maggior interesse verso

gli sviluppi storico-filosofici del pen-

siero matematico.

Queste finalità si integrano con quelle

proprie delle altre discipline di modo

che l’insegnamento della matematica,

pur conservando la propria autonomia

epistemologico-metodologica, concorra

in forma interdisciplinare alla forma-

zione culturale degli allievi.

OBIETTIVI DIDATTICI DEL 2°

BIENNIO e ULTIMO ANNO

Lo studente deve essere in grado di:

• sviluppare dimostrazioni all’interno

di sistemi assiomatici;

• operare consapevolmente con il sim-

bolismo matematico;

• affrontare situazioni problematiche di

varia natura, avvalendosi di modelli

matematici atti alla loro rappresen-

tazione;

• risolvere problemi geometrici per via

sintetica o per via analitica;

• argomentare applicando le regole

della logica;

• utilizzare consapevolmente elementi

di calcolo differenziale e integrale;

• inquadrare storicamente l’evoluzione

delle idee matematiche fondamenta-

li;

• individuare strutture fondamentali e

cogliere analogie strutturali.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 91

PROGRAMMAZIONE

Conoscenze Abilità Competenze

Termini del linguaggio specifico Esprimersi con precisione ed operarecorrettamente con il simbolismospecifico

Argomentare coerentemente

Contenuti affrontati nel curricolo Scomporre una situazioneproblematica nelle componentisignificative in funzione del compitoassegnato

Ristrutturare e riorganizzarequestioni diverse in un medesimoschema logico

Correlare situazioni concrete adastratte e viceversa

Esaminare criticamente una situazione pro-blematica inquadrandola in un contesto piùgenerale

Sistemare logicamente e riorganizzare leproprie conoscenze alla luce delle nuove in-formazioni acquisite

Comprendere la funzione di unmodello e i suoi limiti di validità

Rilievo storico ed eventi fondamentali di cia-scuna disciplina; importanza del loro ruolonello sviluppo della società moderna

Inquadrare storicamente l'evoluzionedelle conoscenze portanti di ciascunadisciplina

Acquisire consapevolezza delprocesso storico nel quale si sonoaffermate ipotesi e teorie

ARITMETICA E ALGEBRA

Conoscenze Abilità

1. Insiemi numerici

• L’insieme N dei numeri naturali

• L’insieme Z dei numeri interi

• L’insieme Q dei numeri razionali

• L’insieme R dei numeri reali

• L’insieme C dei numeri complessi

• Utilizzare le proprietà degli insiemi indicati nelle conoscenze edelle operazioni in essi

2. Equazioni e disequazioni

• Equazioni irrazionali

• Disequazioni intere, fratte, razionali, irrazionali, con modulo

• Sistemi di equazioni e di disequazioni

• Risolvere equazioni, disequazioni e sistemi indicati nelleconoscenze

3. Il calcolo approssimato

• Approssimazione di un numero

• Soluzione approssimata di un’equazione

• Soluzione approssimata di un sistema

• Approssimazione di una funzione

• Determinare il valore approssimato di un numero reale

• Determinare la soluzione approssimata di una equazione

• Determinare la soluzione approssimata di un sistema diequazioni

Programmazione classe terza/quarta/quinta

In particolare, le conoscenze e le competenze vengono declinate per temi come segue:

Classe terza

COMMENTOIl calcolo approssimato troverà naturale collegamento con le applicazioni relativi ai concetti di deviazione standard, dipendenza,correlazione, regressione, e di campione.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI92

PROGRAMMAZIONE

GEOMETRIA

Conoscenze Abilità

1. Ciclometria

• Classi contigue di grandezze

• Lunghezza della circonferenza e di un arco, area del cerchio e di un settore circolare

• Individuare classi contigue di grandezze

• Argomentare sulla determinazione della lunghezza dellacirconferenza e dell’area del cerchio

• Determinare la lunghezza di una circonferenza e di un arco dicirconferenza, l’area di un cerchio e di un settore circolare

2. Goniometria e trigonometria

• L’arco radiante e l’angolo radiante

• Circonferenza goniometrica e funzioni goniometriche

• Valore delle funzioni goniometriche di particolari angoli

• Risoluzione di triangoli rettangoli

• Il teorema di Carnot

• Il teorema dei seni

• Risoluzione di triangoli qualsiasi

• Esprimere la misura di un angolo sia in gradi sessagesimali siain radianti

• Definire la circonferenza goniometrica e le principali funzionigoniometriche

• Determinare e applicare le relazioni fondamentali tra lefunzioni goniometriche

• Determinare l’ampiezza di un angolo nota una delle suefunzioni goniometriche

• Risolvere triangoli rettangoli

• Dimostrare e applicare i teoremi di Carnot e dei seni

• Risolvere triangoli qualsiasi

3. La retta

• Risoluzione grafica di equazioni e disequazioni lineari con moduli

• Determinare l’equazione dell’asse di un segmento e dellabisettrice di un angolo

• Risolvere problemi nel piano cartesiano

• Risolvere graficamente equazioni e disequazioni lineari con moduli

4. Introduzione alle coniche

• Concetto di luogo di punti

• Definizione generale di conica, cenni storici

• Ordine di una curva ed equazione generale di una conica

• Determinare l’equazione di un luogo di punti

• Riconoscere l’equazione di una conica

• Risolvere problemi sulle proprietà geometrichedelle coniche

• Risolvere problemi che utilizzino le coniche come modelli matematici

5. Le equazioni canoniche delle coniche

• Definizione ed equazione cartesiana di circonferenza, parabola, ellisse, iperbole

• Iperbole equilatera riferita ai propri assi ed ai propri asintoti

• Iperbole traslata e funzione omografica

• Posizioni reciproche tra una retta e una conica

• Posizioni reciproche tra due coniche

• Fasci di circonferenze e di parabole.

• Determinare l’equazione canonica delle coniche• Rappresentare graficamente una conica con riga e compasso• Rappresentare graficamente una conica di assegnata

equazione• Determinare l’equazione della retta tangente ad una conica• Rappresentare curve deducibili dalle coniche e risolvere

graficamente equazioni e disequazioni con moduli eirrazionali

6. Trasformazioni geometriche

• Traslazione

• Simmetria centrale e simmetria assiale

• Rotazione

• Dilatazione

• Omotetia

• Individuare le caratteristiche delle trasformazioni indicatenelle conoscenze

• Applicare le trasformazioni indicate nelle conoscenze alleconiche ed alle funzioni studiate nel corso degli anni.

• Determinare la trasformazione applicata note le equazioni didue curve corrispondenti

COMMENTOSaranno completati i contenuti relativi a Ciclometria, Goniometria e trigonometria, retta eventualmente non terminati nelprimo biennio.

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PROGRAMMAZIONE

RELAZIONI E FUNZIONI

Conoscenze Abilità

1. Funzioni

• Funzioni reali a variabile reale

• Dominio e codominio

• Funzioni composte e funzioni inverse

• Funzione crescente e decrescente.

• Determinare il dominio di funzioni

• Riconoscere le caratteristiche di una funzione

2. Funzioni particolari

• Funzioni polinomiali: definizione, grafici

• Successioni numeriche

• Funzioni ricorsive

• Rappresentare graficamente le funzioni polinomiali

• Determinare il numero delle soluzioni reali di una equazionepolinomiale

• Rappresentare graficamente le funzioni composte deducibilidalle funzioni indicate nelle conoscenze

• Studiare una successione, riconoscere le progressioniaritmetiche e geometriche

• Determinare il termine n-esimo e la somma dei primi ntermini di una progressione aritmetica e geometrica

3. Funzione esponenziale

• Generalità sulle potenze ad esponente intero, razionale,reale

• Potenze a base reale positiva e ad esponente reale; operazioni relative

• Funzioni esponenziale e proprietà grafiche

• Rappresentare grafici deducibili dalle funzioni esponenziali

• Costruire semplici modelli di crescita o decrescitaesponenziale

4. Funzione logaritmica

• Logaritmi e proprietà

• Operazioni con i logaritmi

• Cambiamento di base; logaritmi decimali e neperiani

• Funzione logaritmica e proprietà grafiche

• Calcolare semplici logaritmi

• Operare con i logaritmi applicandone le proprietà

• Rappresentare grafici deducibili dalle funzionilogaritmiche

DATI E PREVISIONI

Conoscenze Abilità

1. Calcolo combinatorio e probabilità

• Disposizioni semplici e con ripetizione

• Permutazioni semplici e con ripetizione

• Combinazioni semplici e con ripetizione

• Calcolare i raggruppamenti indicati nelle conoscenze

• Utilizzare il calcolo combinatorio in contesti diversi, inparticolare nel calcolo delle probabilità

2. Statistica

• Interpolazione

• Dipendenza, regressione, correlazione• Determinare campo di variazione, scarto semplice medio,

deviazione standard di un insieme di numeri

• Riconoscere, determinare, rappresentare la gaussiana

• Operare un’interpolazione lineare su dati noti e calcolarel’indice di scostamento

• Elaborare e interpretare dati statisticamente

COMMENTOSi avrà cura di collegarsi alle altre discipline, dalle quali si potranno raccogliere direttamente i dati per compiere studi efar uso delle distribuzioni doppie condizionate e marginali, dei concetti di deviazione standard, dipendenza, correlazio-ne, regressione, e di campione. Verrà approfondito il concetto di modello.

Le proprietà degli insiemi numerici e delle operazioni in essi verranno riviste in termini più generali. I problemi sulle coniche avranno lo scopo di far emergere le proprietà geometriche di tali curve, che potranno anche esserepoi dimostrate analiticamente.

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI94

PROGRAMMAZIONE

Livello minimo di conoscenze e abilità classe terza (livello valutazione 6)

Indicazioni per il recupero conseguente alla sospensione del giudizioDisciplina: MATEMATICA (barrare le voci che lo studente deve recuperare)

Contenuti Abilità

1. ALGEBRAEquazioni e disequazioni di vario tipo Risolvere equazioni, disequazioni e sistemi con particolare attenzione

a quelle irrazionali e all’uso del modulo.

2. TRIGONOMETRIAa. Elementi base di goniometria e trigonometria

mirati alla risoluzione di triangolib. Teorema della cordac. Teorema dei senid. Teorema di Carnot

Risolvere triangoliRisolvere problemi con l’uso dei teoremi indicati nei contenuti

3. GEOMETRIA ANALITICA1. La retta e i fasci di rette2. La circonferenza e i fasci di circonferenze3. La parabola e i fasci di parabole4. L’ellisse 5. L’iperbole e la funzione omografica6. Sintesi sulle coniche

• Risolvere nel piano cartesiano problemi che richiedono l’utilizzo di:

• rette e fasci di rette

• circonferenze, fasci di circonferenze

• parabole, fasci di parabole anche come metodo risolutivo

• ellissi anche traslate

• iperboli, funzioni

• omografiche

• Riconoscere una conica a partire dall’equazione eventualmente para-metrica.

• Costruire grafici di funzioni deducibili y = f(x) dalle curve note ancheper risolvere graficamente equazioni e disequazioni

4. FUNZIONIa. Funzioni polinomialib. Successionic. Funzioni ricorsived. Funzione esponenziale e. Funzione logaritmica f. Funzioni composte

• Determinare il dominio e le caratteristiche delle funzioni indicatenelle conoscenze e rappresentarle graficamente

• Riconoscere dal grafico le funzioni indicate nelle conoscenze

• Operare con i logaritmi applicandone le proprietà

5. PROBABILITA’Calcolo combinatorio e calcolo delle probabilità Risolvere problemi in particolare sul concetto di probabilità classica

6. STATISTICAa. Interpolazioneb. Dipendenza, regressione, correlazione

• Determinare campo di variazione, scarto semplice medio,deviazione standard di un insieme di numeri

• Operare un’interpolazione lineare

• Elaborare e interpretare dati statisticamente

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PROGRAMMAZIONE

ARITMETICA E ALGEBRA

Conoscenze Abilità

1. Insiemi numerici

• L’insieme dei numeri reali e la sua completezza

• Assioma di Dedekind della continuità della retta

• Numeri reali trascendenti

• Numeri complessi e loro rappresentazione grafica

• Radici ennesime dell’unità

• Risoluzione di una equazione algebrica in C e teorema fondamentale dell’algebra

• Definire un numero complesso

• Esprimere un numero complesso in forma algebrica,geometrica, trigonometrica

• Rappresentare graficamente un numero complesso

• Dimostrare il teorema fondamentale dell’algebra

• Risolvere un’equazione algebrica in C

Classe quarta

COMMENTOLo studio della circonferenza e del cerchio, del numero p e di contesti in cui compaiono crescite esponenziali con il nu-mero e, permetteranno di approfondire la conoscenza dei numeri reali, con riguardo alla tematica dei numeri trascen-denti. La formalizzazione dei numeri reali costituirà un’ ulteriore occasione per approfondire la problematica dell’infi-nito matematico e le sue connessioni con il pensiero filosofico.

GEOMETRIA

Conoscenze Abilità

1. Geometria sintetica dello spazio

• La determinazione della lunghezza della circonferenza e dell’area del cerchio

• Dalla geometria del piano alla geometria dello spazio: l’assiomatica di Hilbert

• Rette e piani nello spazio

• Incidenza, parallelismo, ortogonalità nello spazio

• Angoli di rette e piani, angoli diedri

• Triedri e angoloidi

• Poliedri e poliedri regolari: definizioni e principali caratteristiche

• Solidi di rotazione: definizioni e principali caratteristiche

• Sviluppo della superficie di un solido

• Misura della superficie di un solido

• Equivalenza tra solidi e principio di Cavalieri

• Misura del volume dei solidi notevoli

• Dimostrare le formule per il calcolo della lunghezza dellacirconferenza e dell’area del cerchio

• Individuare la posizione reciproca tra rette e piani

• Dimostrare i primi teoremi della geometria nello spazio fino alTeorema delle tre perpendicolari;

• Dimostrare il Teorema di Talete nello spazio

• Dimostrare che i poliedri regolari sono solo cinque

• Applicare il principio di Cavalieri

• Calcolare la misura della superficie e del volume dei solidiprincipali

• Applicare tutti gli assiomi e i teoremi introdotti per risolverequesiti nello spazio

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI96

PROGRAMMAZIONE

RELAZIONI E FUNZIONI

Conoscenze Abilità

1. Goniometria

• Funzioni goniometriche: definizioni, grafici, periodicità

• Funzioni inverse delle funzioni goniometriche

• Archi associati (riduzione al primo quadrante)

• Formule goniometriche

• Identità goniometriche

• Equazioni e disequazioni goniometriche elementari ericonducibili ad esse

• Equazioni e disequazioni goniometriche

• Sistemi di equazioni e di disequazioni goniometriche

• Rappresentare graficamente le funzioni goniometriche:elementari, non elementari mediate le trasformazionigeometriche, con moduli

• Dimostrare le formule goniometriche indicate nelleconoscenze

• Applicare le relazioni fondamentali della goniometria, leformule relative agli archi associati, le formule goniometriche

• Risolvere equazioni, disequazioni e sistemi goniometrici

• Risolvere problemi utilizzando la goniometria

• Costruire semplici modelli con andamenti periodici

2. Funzione esponenziale

• Generalità sulle potenze ad esponente intero, razionale,reale;

• Potenze a base reale positiva e ad esponente reale;operazioni relative

• Funzioni esponenziale e proprietà grafiche

• Equazioni e disequazioni esponenziali

• Rappresentare grafici deducibili dalle funzioni esponenziali

• Risolvere equazioni e disequazioni esponenziali

• Costruire semplici modelli di crescita o decrescitaesponenziale

3. Funzione logaritmica

• Logaritmi e proprietà

• Operazioni con i logaritmi

• Cambiamento di base ; logaritmi decimali e neperiani

• Funzione logaritmica e proprietà grafiche

• Equazioni e disequazioni logaritmiche

• Calcolare semplici logaritmi

• Operare con i logaritmi applicandone le proprietà

• Rappresentare grafici deducibili dalle funzioni logaritmiche

• Risolvere equazioni e disequazioni logaritmiche

4. Funzioni in generale

• Funzioni inverse

• Funzioni composte

• Velocità di variazione di un processo

• Determinare e rappresentare graficamente la funzione inversadi una funzione data

• Comporre funzione

• Rappresentare graficamente funzioni composte

• Rappresentare mediante una funzione la variazione di velocitàdi un processo

COMMENTOSi completerà la trattazione delle funzioni esponenziali e logaritmiche eventualmente non conclusa nel corso della classe terza.

COMMENTOSi completerà la trattazione del calcolo combinatorio eventualmente non conclusa nel corso della classe terza.

DATI E PREVISIONI

Conoscenze Abilità

1. Calcolo combinatorio e probabilità

• Disposizioni semplici e con ripetizione

• Permutazioni semplici e con ripetizione

• Combinazioni semplici e con ripetizione

• Probabilità condizionata e composta

• Teorema di Bayes

• Calcolare i raggruppamenti indicati nelle conoscenze

• Utilizzare il calcolo combinatorio in contesti diversi, inparticolare nel calcolo delle probabilità

• Dimostrare il Teorema di Bayes

• Risolvere problemi di probabilità condizionata e composta

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 97

PROGRAMMAZIONE

Livello minimo di conoscenze e abilità classe quarta (livello valutazione 6)

Indicazioni per il recupero conseguente alla sospensione del giudizioDisciplina: MATEMATICA (barrare le voci che lo studente deve recuperare)

Contenuti Abilità

1. ALGEBRAInsiemi numerici Numeri complessi e loro rappresentazione graficaRadici ennesime dell’unitàTeorema fondamentale dell’algebra

Risolvere equazioni nel campo complesso

2. FUNZIONIa. Funzione esponenzialeFunzioni esponenziale e proprietà Equazioni e disequazioni esponenzialib. Funzione logaritmicaFunzione logaritmica e proprietà Equazioni e disequazioni logaritmichec. FunzioniFunzioni inverseFunzioni composte

• Risolvere equazioni e disequazioni esponenziali

• Risolvere equazioni e disequazioni logaritmiche

• Rappresentare grafici di funzioni riconducibili alla funzioneesponenziale e alla funzione logaritmica

• Determinare e rappresentare graficamente la funzione inversa diuna funzione data

• Rappresentare graficamente funzioni composte

3. GONIOMETRIA E TRIGONOMETRIAGoniometriaFunzioni goniometriche e loro inverse, grafici, periodicitàEquazioni e disequazioni goniometriche:

- elementari e riconducibili ad esse, - risolvibili con incognita ausiliaria, - lineari in sen x e cos x, - di 2° grado in sen x e cos x omogenee e non - risolvibili applicando le formule goniometriche

TrigonometriaTriangoli rettangoli e triangoli qualunque: teoremadella corda, teorema dei seni e teorema del coseno(Carnot)Area di un triangolo.

• Risolvere equazioni e disequazioni goniometriche

• Risolvere problemi utilizzando le formule goniometriche

• Risolvere problemi che riguardano triangoli rettangoli e triangoliqualunque utilizzando la trigonometria

• Risolvere semplici problemi con incognita, discutere i limiti diaccettabilità, rappresentare la funzione finale ottenuta usando anche ilmetodo dell’angolo aggiunto

• Rappresentare grafici di funzioni riconducibili a funzionigoniometriche

4. GEOMETRIA NELLO SPAZIOTeorema delle tre perpendicolariAngoli di rette e piani, angoli diedriPoliedri e poliedri regolari: definizioni e principalicaratteristicheSolidi di rotazione: definizioni e principali caratteristicheSviluppo della superficie di un solidoMisura della superficie di solidi notevoliEquivalenza fra solidi e principio di CavalieriMisura del volume di solidi notevoli

• Dimostrare i primi teoremi della geometria nello spazio fino alTeorema delle tre perpendicolari;

• Dimostrare che i poliedri regolari sono solo cinque

• Applicare il principio di Cavalieri

• Calcolare la misura della superficie e del volume dei solidi principali

• Applicare tutti gli assiomi e i teoremi introdotti per risolvere quesitinello spazio

• Risolvere semplici problemi di geometria nello spazio perdeterminare la misura di superfici e volumi

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PROGRAMMAZIONE

ARITMETICA E ALGEBRA

Conoscenze Abilità

1. SUCCESSIONI

• Successioni numeriche

• Funzioni ricorsive

• Studiare una successione, riconoscere le progressioniaritmetiche e geometriche

• Determinare il termine n-esimo di una progressionearitmetica e geometrica

• Determinare la somma dei primi n termini di unaprogressione aritmetica e geometrica

2. IL CALCOLO APPROSSIMATO

• Approssimazione di un numero

• Soluzione approssimata di un’equazione: metodo dibisezione

• Soluzione approssimata di un’equazione: tangenti di Newton

• Soluzione approssimata di un sistema

• Approssimazione di una funzione

• Determinare il valore approssimato di un numero reale

• Determinare la soluzione approssimata di una equazione

• Determinare la soluzione approssimata di un sistema diequazioni

Classe quinta

GEOMETRIA

Conoscenze Abilità

1. Geometria sintetica dello spazio

• Distanza tra due punti

• Punto medio di un segmento

• Baricentro di un triangolo e di un tetraedro

• Condizione di complanarità

• Intersezione fra piano e retta, fra retta e retta, fra piano e piano

• Parallelismo e perpendicolarità tra rette e piani

• Fasci di piani

• Sfera

• Determinare la distanza tra due punti ed il punto medio di unsegmento in un riferimento cartesiano ortogonaletridimensionale

• Determinare l’equazione di un piano

• Determinare l’equazione di una retta

• Determinate l’equazione di una sfera

• Risolvere problemi di geometria analitica nello spazio conrette, piani e sfere

RELAZIONI E FUNZIONI

Conoscenze Abilità

1. Elementi di topologia della retta reale:

• Insiemi di numeri o di punti

• Estremo superiore e inferiore, massimo e minimo di un insieme

• Insiemi limitati e illimitati

• Intorni ed intervalli

• Punti di accumulazione, punti isolati

• Determinate estremo superiore e inferiore, massimo e minimodi un insieme

• Classificare punti isolati e di accumulazione per un insieme

2. Funzioni reali

• Concetto di funzione

• Dominio e codominio di una funzione

• Funzione suriettiva e iniettiva, funzione biunivoca, funzione composta, funzione inversa

• Riconoscere e classificare una funzione

• Rappresentare graficamente funzioni elementari e deducibili daquelle elementari al fine di costruirne il grafico approssimativo

• Determinare dominio, codominio, segno di una funzione eindividuare le regioni di piano in cui si colloca il grafico dellafunzione

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 99

PROGRAMMAZIONE

3. Funzioni continue e limiti

• Nozione di limite di una funzione, definizione di limite nei vari casi

• Teorema dell'unicità del limite, teorema della permanenza delsegno, teorema del confronto

• Operazioni sui limiti e forme indeterminate

• Definizione di funzione continua in un punto e in unintervallo

• Punti di discontinuità e loro classificazione

• Limiti notevoli

• Teoremi relativi alle funzioni continue in un intervallo chiuso e limitato: Teorema di Weierstrass, Teorema di Darboux, Teorema di esistenza degli zeri

• Stabilire la continuità delle funzioni elementari nel lorodominio

• Calcolare limiti notevoli

• Applicare i teoremi relativi alle funzioni continue

• Dimostrare i teoremi elencati nelle conoscenze

• Calcolare limiti di funzioni che si presentano in formeindeterminate

4. Derivata di una funzione

• Rapporto incrementale di una funzione nell'intorno di un suopunto

• Definizione di derivata di una funzione in un suo punto

• Significato geometrico e fisico della derivata

• Derivate delle funzioni elementari

• Teoremi relativi al calcolo delle derivate

• Teorema della continuità delle funzioni derivabili

• Differenziale di una funzione

• Stabilire la derivabilità di una funzione

• Calcolare la derivata di una funzione applicando la definizione

• Calcolare la derivata di una funzione applicando i teoremi

• Dimostrare le derivate delle funzioni elementari

• Dimostrare i teoremi relativi al calcolo delle derivate

• Dimostrare il teorema della continuità delle funzioni derivabili

• Determinare la retta tangente in un punto ad una curva

• Risolvere problemi con applicazione delle derivate

5. Massimi e minimi di una funzione

• Massimi e minimi

• Teorema di Rolle, Teorema di Lagrange, Teorema di Cauchy eloro applicazioni

• Forme indeterminate e Teorema di De L'Hospital

• Funzioni crescenti e decrescenti

• Estremanti di una funzione

• Concavità e convessità di una funzione

• Punti di flesso

• Studio dell'andamento di una funzione

• Problemi di minimo e massimo

• Dimostrare e applicare i teoremi di Rolle, Lagrange e Cauchy

• Applicare il teorema di De L’Hospital al calcolo dei limiti di alcuneforme

• Determinare gli intervalli di crescenza e decrescenza di unafunzione

• Determinare massimi e minimi relativi e assoluti di una funzione

• Determinare la concavità di una funzione ed eventuali punti diflesso

• Rappresentare il grafico di una funzione

• Risolvere problemi di massimo e minimo

6. Calcolo integrale

• L'integrale definito ed indefinito

• Funzione primitiva

• Teorema della media

• Teorema di Torricelli-Barrow,

• Metodi d'integrazione: integrazione mediante scomposizioneo semplice trasformazione della funzione integranda,integrazione delle funzioni razionali, integrazione persostituzione, integrazione per parti,

• Applicazioni al calcolo di aree di regioni piane, di volumi disolidi di rotazione, di lunghezze di archi di curve

• Integrali impropri

• Calcolo di integrali indefiniti

• Dimostrare il Teorema della media

• Dimostrare il Teorema di Torricelli-Barrow

• Calcolare aree di regioni piane

• Calcolare volumi di solidi di rotazione

• Calcolare lunghezze di archi di curve

• Calcolare integrali impropri

7. Equazioni differenziali

• Equazioni lineari del primo ordine

• Equazioni a variabili separabili

• Il problema di Cauchy

• Equazioni differenziali del secondo ordine

• Risolvere semplici equazioni differenziali

COMMENTOLo studente dovrà comprendere il ruolo del calcolo infinitesimale, differenziale ed integrale in quanto strumenti concet-tuali fondamentali nella descrizione e nella modellizzazione di fenomeni fisici o di altra natura; acquisirà familiarità conl’idea generale di ottimizzazione e con le sue applicazioni in numerosi ambiti e dovrà essere in grado di affrontare pro-blemi complessi e di risolverli con le tecniche dell'analisi

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI100

PROGRAMMAZIONE

Obiettivi delle verificheIl momento della valutazione è un mo-

mento necessario in un processo di for-

mazione e permette il controllo sia del gra-

do di apprendimento dell'alunno che

dell’efficacia dell’azione didattica dell'in-

segnante. Il problema è strettamente

legato a quello della programmazione

educativa e didattica delle singole discipli-

ne, del Consiglio di classe e del Collegio

Docenti. Seguendo alcune delle fasi in cui

si articola il processo valutativo occorre

chiarire:

• che cosa si valuta;

• come si raccolgono le informazioni;

• come si interpretano le informazioni

raccolte.

Per il primo punto si può dire che si valuta

il raggiungimento degli obiettivi didattici

specifici e il grado di interiorizzazione e

assimilazione degli stessi.

Si tratta in Matematica di verificare:

a) la conoscenza di termini, definizioni,

proprietà;

b) la comprensione di concetti, relazioni

e procedure;

c) l'applicazione delle tecniche nelle

diverse situazioni;

d) le capacità di analisi, di sintesi, intuitive

e critiche.

Mentre per i primi tre punti, che costitui-

scono gli apprendimenti elementari, è ab-

bastanza facile definire le abilità in termini

operativi controllabili, per quanto riguarda

le capacità logiche è più difficile formulare

quesiti, perché occorre aver chiaro che cosa

l'alunno deve saper fare per dimostrare il

possesso di queste capacità. Nelle tappe

della risoluzione di un problema (inter-

pretazione del testo e codifica in termini

matematici, ricerca di una strategia riso-

lutiva, deduzione dei dati, lettura ed in-

terpretazione dei risultati) è necessario il

possesso di capacità di analisi, di intuizio-

ne, di sintesi e di valutazione critica.

Questo giustifica in parte la difficoltà che

gli alunni , anche nel secondo biennio, tro-

vano nella risoluzione di problemi che non

utilizzino schemi risolutivi già noti e

considerati standard. Le valutazioni rac-

colte, unitamente alle verifiche degli

obiettivi educativi, concorreranno alla

proposta di un voto unico al termine di

ciascun quadrimestre. Dal confronto tra

la situazione iniziale, quella finale e gli

obiettivi minimi concordati sarà possibile

individuare la crescita culturale, i progressi

raggiunti e le conoscenze specifiche di ogni

singolo alunno e della stessa classe.

TipologiaLe informazioni valutative si possono

raccogliere attraverso:

a) un'osservazione attenta e sistematica dei

comportamenti della classe e dei singoli

alunni;

b) un puntuale controllo degli interventi

nel momento in cui la lezione prevede

un coinvolgimento attivo

c) prove di diverso tipo: interrogazioni, test

a scelta multipla a una o più risposte

esatte; prove del tipo vero o falso; quesiti

a risposta aperta; prove scritte sulla ri-

soluzione di problemi ed esercizi.

I dati così raccolti devono essere interpretati

sia in itinere sia al termine di ogni quadri-

mestre. La loro attenta osservazione durante

e dopo ogni unità didattica permette di ri-

levare eventuali difficoltà e organizzare

un’immediata azione di recupero; fornisce

inoltre uno strumento di valutazione della

propria strategia didattica e, in generale, del-

la propria programmazione che andrà ri-

meditata e adeguata alle esigenze emerse.

Numero minimo di verifiche annualiNel corso dell’anno scolastico saranno

somministrate agli allievi almeno 4 prove

scritte e 2 orali. (Voto unico)

ValutazioneCriteri di valutazioneSono strettamente connessi ai contenuti,

ma in generale:

• le interrogazioni orali, oltre ad indivi-

duare il grado di approfondimento la

consapevolezza delle conoscenze acqui-

site, permetteranno di rilevare il modo

di argomentare dello studente e all’or-

ganicità della esposizione.

• negli elaborati scritti invece verrà valu-

DATI E PREVISIONI

Conoscenze Abilità

1. Distribuzioni di probabilità

• Variabili casuali discrete

• La distribuzione di Bernoulli

• La distribuzione binomiale

• Varabili casuali continue

• La distribuzione normale

• Definire e applicare la variabile di Bernoulli

• Calcolare valore medio e varianza di una variabile casualediscreta.

• Standardizzare una variabile casuale

COMMENTOSi approfondirà il concetto di modello matematico sviluppando la capacità di costruirne e analizzarne esempi in parti-colare nell’ambito delle scienze applicate, tecnologiche e ingegneristiche.

Verifica e valutazione

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 101

tata soprattutto la capacità di applicare

le conoscenze per risolvere quesiti di

vario genere attraverso l’uso di tecni-

che, metodi e procedure specifiche

nonché abilità logiche e soprattutto

l’eventuale abilità nell’individuare

strategie risolutive non usuali.

• La continuità e il grado di partecipa-

zione e impegno, scolastici e domestici,

costituiranno elementi fondamentali

soprattutto per la valutazione di fine

anno.

Fasce di livelloSi possono individuare, secondo le in-

dicazioni del Collegio dei Docenti, cin-

que fasce di livello corrispondenti alle va-

lutazioni qui a lato indicate:

PROGRAMMAZIONE

fascia voti

Eccellente

Buono

Sufficiente

Insufficiente

Gravemente insufficiente

Assolutamente insufficiente

10-9

8-7

6

5

4-3

2-1

Criteri di corrispondenza tra voti decimali, obiettivi generali ed obiettivi di apprendimento della disciplinaSi assume la seguente scala di valutazione, nel rispetto delle indicazioni del Collegio dei Docenti, definendo i livelli di cor-

rispondenza rispetto alla valutazione in decimi. Il livello di sufficienza corrisponde al raggiungimento degli obiettivi minimi

di ciascun anno.

Voto Conoscenze Linguaggio specifico Abilità

1 – 2Assolutamenteinsufficiente

Assoluta mancanza di elementi divalutazione e/o assoluta incapacitàdi affrontare qualsiasi questioneproposta. Non conosce gli argomen-ti propri delle discipline.

Ignora il linguaggio specifico equello formale.

Non comprende le richieste

3 – 4Gravementeinsufficiente

Gravi carenze sostanziali nei concet-ti: non sa individuare le relazioni e iprocedimenti; non comprende i pro-blemi proposti.

Non comprende il linguaggiospecifico.Utilizza i simboli in modoimproprio.

Non applica procedimenti risolutivi.Non individua strategie risolutive.

5Insufficiente

Conosce in modo parziale gliargomenti proposti.

Non usa correttamente illinguaggio specifico. Fa errorinell’uso dei simboli.

Ha insicurezze concettuali edoperative. Sa individuare alcunerelazioni e procedimenti risolutivi insemplici contesti ma non sempreperviene ad adeguate soluzioni.

6Sufficiente

Conosce in modo essenziale gliargomenti proposti.

Utilizza correttamente illinguaggio specifico e formale insemplici contesti.

Individua e a volte applica relazioni eprocedimenti. Identifica e compren-de semplici problemi, risolvendoli.

7 – 8Buono

Conosce in modo completo gliargomenti proposti.

Comprende e usa correttamente illinguaggio specifico e formale incontesti diversi.

Usa appropriatamente gli strumentiin suo possesso; identifica e affrontai problemi proposti con precisione.

9 – 10Eccellente

Conosce in modo completo e appro-fondito gli argomenti proposti.

Comprende e usa appropriata-mente il linguaggio specifico e for-male in contesti complessi e nuovi.

Individua diversi percorsi risolutivinei problemi proposti e li applica cri-ticamente. Rielabora in modo origi-nale, individuando relazioni intra edextra disciplinari.

Programmazione del dipartimento di matematica del Liceo Leonardo di Brescia

a cura di Laura Caruzzo

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI102

PROGRAMMAZIONE

FisicaLiceo classicoBarbara Chierichetti

Le Indicazioni Nazionali, descri-

vendo le competenze attese al ter-

mine del percorso dell'insegna-

mento della fisica al liceo classico, reci-

tano:

«Al termine del percorso liceale lo stu-

dente avrà appreso i concetti fondamen-

tali della fisica, acquisendo consapevo-

lezza del valore culturale della disciplina

e della sua evoluzione storica ed episte-

mologica. In particolare, lo studente

avrà acquisito le seguenti competenze:

osservare e identificare fenomeni; affron-

tare e risolvere semplici problemi di fisica

usando gli strumenti matematici adegua-

ti al suo percorso didattico; avere con-

sapevolezza dei vari aspetti del metodo

sperimentale, dove l’esperimento è inteso

come interrogazione ragionata dei feno-

meni naturali, analisi critica dei dati e

dell'affidabilità di un processo di misura,

costruzione e/o validazione di modelli;

comprendere e valutare le scelte scien-

tifiche e tecnologiche che interessano la

società in cui vive.»1

In coerenza con il Profilo educativo cul-

turale dello studente ricordato proprio nel

testo richiamato - concordemente con le

Raccomandazioni di Lisbona per l’ap-

prendimento permanente e il Regola-

mento sull’obbligo di istruzione - alla

formazione di tale profilo concorrono

«tutti gli aspetti del lavoro scolastico: lo

studio delle discipline in una prospettiva

sistematica, storica e critica; la pratica dei

metodi di indagine propri dei diversi

ambiti disciplinari; l’esercizio di lettura,

analisi, traduzione di testi letterari, filo-

sofici, storici, scientifici, saggistici e di in-

terpretazione di opere d’arte; l’uso co-

stante del laboratorio per l’insegnamento

delle discipline scientifiche; la pratica del-

l’argomentazione e del confronto; la

cura di una modalità espositiva scritta

ed orale corretta, pertinente, efficace e

personale; l‘uso degli strumenti multi-

mediali a supporto dello studio e della

ricerca».2

In queste affermazioni si può leggere la

giusta preoccupazione del legislatore

che l'insegnamento della fisica e in ge-

nerale delle scienze sia l'occasione per gli

studenti di incontrare il corrispondente

metodo di indagine nella sua integralità,

in un contesto ricco di significato e di

unitarietà con le altre attività umane.

Tutto questo sembra però in contraddi-

zione con lo spazio dedicato alle materie

scientifiche nel curricolo di uno studente

del liceo classico, descritto dalla tabella

1, da cui risulta che l'insegnamento

della fisica si svolge solo negli anni del

secondo biennio e nel quinto anno,

con due ore settimanali.

Sicuramente questa riforma, nella con-

siderazione delle materie scientifiche,

compie un passo avanti rispetto alla si-

tuazione precedente, dove l'insegna-

mento della fisica era relegato agli ultimi

due anni, quarto (due ore) e quinto (tre

ore). Tuttavia ritengo lecito porre la do-

manda su come sia possibile, in questa

situazione, realizzare, senza ridurre, gli

obiettivi proposti dai redattori delle In-

dicazioni Nazionali.

La prima perplessità nasce dalla richiesta,

con un quadro orario così ridotto, di

dare spazio all'approccio sperimentale.

La seconda nasce dalla difficoltà di

creare un percorso organico e di tenere

il filo del discorso con continuità. È noto

a chiunque abbia fatto esperienza di in-

segnamento, che con due ore settimanali,

magari non disposte in modo felice

durante la settimana, questo è molto dif-

ficile.

1. MIUR, Schema di regolamento recante Indicazioninazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendi-mento concernenti le attività e gli insegnamenti com-presi nei piani degli studi previsti per i percorsi licealidi cui all’art. 10,comma 3, del d.P.R. 15 marzo 2010. p.2192. Ibi, p. 9

Orario settimanale

Matematica 3 3 2 2 2

Fisica 2 2 2

Scienze naturali 2 2 2 2 2

1° biennio

1° anno 2° anno

2° biennio

1° anno 2° anno5° anno

Tabella 1

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 103

PROGRAMMAZIONE

Metodi e contenutiPer cercare di non tradire la dimensione

integrale dell'attività scientifica, pur te-

nendo conto delle condizioni non sem-

pre facilitanti in cui si deve operare, ri-

tengo che sia importante che l'insegnante

sia consapevole del valore e della portata

culturale del suo insegnamento e che

sappia trasmettere questa consapevolezza

anche agli studenti. Questo vale più di

tutti gli escamotage e di tutti i supporti

didattici che, come gadget, stanno inva-

dendo le nostre scuole. La varietà degli

obiettivi e la loro ricchezza, rendono ne-

cessaria una riflessione su come impo-

stare la programmazione. A tal fine,

per minimizzare i danni legati alla di-

scontinuità in cui si è costretti spesso a

lavorare, sarà utile creare dei percorsi or-

ganici ed essenziali, incentrati su nodi

concettuali o su domande guida intorno

alle quali sviluppare il discorso in cui i

vari argomenti trattati acquistino il loro

peso e significato.Questa impostazione

inevitabilmente impone la necessità di

fare delle scelte che possono anche com-

portare l'esclusione di alcuni argomenti

proposti nelle Indicazioni Nazionali, e

questo in vista di una prova finale comu-

ne, a livello nazionale, nel quinto anno,

potrebbe comportare dei rischi. Tuttavia

gli O.S.A., in più punti, stigmatizzano la

necessità che l'insegnante operi delle scel-

te in base alla situazione e al contesto in

cui si trova.3

Non ultima va ricordata l'importanza di

creare una trama di rapporti all'interno

della scuola che renda possibile la colla-

borazione e il confronto con gli inse-

gnanti di scienze e di matematica e di sa-

per scegliere, nel vasto mondo editoriale,

testi che siano impostati secondo i criteri

suggeriti dagli O.S.A. Il percorso che pre-

sento vuole quindi essere una esempli-

ficazione nella consapevolezza della sua

parzialità e del fatto che esso nasce all'in-

terno del contesto in cui attualmente la-

voro e che non è detto sia valido in altre

situazioni. In una visione integrale e sin-

tetica dell'attività scientifica del percorso

che propongo, tengo presente in parti-

colare nel primo anno la dimensione spe-

rimentale, nel secondo la dimensione

storica e nel terzo, che rappresenta il pun-

to di sintesi degli studi liceali, la costru-

zione concettuale.

Primo anno del secondo biennioAll'inizio del percorso può essere utile ri-

cordare che gli studenti hanno già incon-

trato nello studio delle scienze nel primo

biennio il concetto di grandezza e di mi-

sura, il Sistema Internazionale e la nota-

zione scientifica, tali concetti andranno

sicuramente richiamati e ripresi. In par-

ticolare, mi sembra importante ribadire

il concetto di misura facendo eseguire agli

studenti una misura diretta che può es-

sere per esempio quella del periodo del

pendolo, o del tempo di soluzione delle

zollette di zucchero in acqua.

In questo modo verranno ripresi concetti

di valore medio e di incertezza che

erano già stati incontrati nel primo

biennio con lo studio della statistica.

Per introdurre le grandezze vettoriali si

farà uso dei vettori spostamento e forza.

A questo proposito, l'esecuzione di prove

di verifica della legge del parallelogram-

ma con un sistema di corde, carrucole e

pesetti offrirà un utile spunto per far ri-

flettere gli studenti sulla differenza tra le

leggi di composizione tra grandezze

scalari e quelle tra grandezze vettoriali.

3. «Alla professionalità del docente si deve intendereaffidata la responsabilità di declinare in modo coe-

Ai fini del raggiungimento della competenza «avere consapevolezza dei vari aspetti del metodo sperimentale» [O.S.A., p. 219] èimportante che l'attività svolta in laboratorio miri ad introdurre gli studenti nella dimensione sperimentale. A tale scopo, prima di eseguire un esperimento, è necessario presentarne il contesto teorico, descrivere il procedimento di misura e l'apparatosperimentale.Dopo l'esecuzione dell'esperimento da parte degli studenti suddivisi in gruppi o dall'insegnante, gli studenti dovranno stilare una relazioneche deve essere personale, anche se il lavoro è stato svolto in gruppo. Questa non viene costruita a partire da schede prestampate, ma apartire da una scaletta di domande guida con cui gli studenti sono invitati a riflettere sulle misure eseguite, su quanto osservato, ecc. In seguitoqueste relazioni vengono discusse in classe. La verifica, in questo caso, mira all'accertamento dell'avvenuta comprensione da parte dellostudente del proprio operato e contiene quindi domande sull'apparato sperimentale e sulla modalità con cui è stato eseguitol'esperimento; serie di dati che lo studente è chiamato a elaborare mostrando di padroneggiare gli strumenti propri del linguaggio di cuisi serve la fisica: tabelle, grafici, funzioni ecc.; domande sul contenuto teorico oggetto di studio e quindi anche semplici problemi. Questa modalità di lavoro può essere utilizzata nel primo anno per lo studio dei moti rettilinei affrontati sia da un punto di vista cinematico,con cui si introduce il concetto di misura indiretta, e il legame tra le grandezze posizione/spazio percorso, velocità, e accelerazione, sia daun punto di vista dinamico, per esempio con l'esperimento di Fletcher, per verificare le leggi della dinamica e approfondire il concetto dimassa inerziale.Infine con lo studio degli urti, con l'esperimento dell'urto elastico di due carrelli su una rotaia orizzontale, è possibile approfondire il significatodi sistema dinamicamente isolato.

Impostazione del lavoro sperimentale del primo anno

rente alla tipologia del Liceo in cui opera, i percorsi dicui si sono indicate le tappe concettuali essenziali.»

Documento del MIUR (cfr nota 1), p. 219

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Secondo anno del secondo biennioPer il secondo anno, i temi sono la con-

servazione dell'energia e i fenomeni on-

dulatori, quest’ultimo propedeutico al

tema della natura della luce.

Conservazione dell'energiaLa parola energia è utilizzata molto fre-

quentemente nel linguaggio comune, ma

rappresenta una grandezza fisica piutto-

sto astratta che ha subito nel corso della

storia, per essere definita con chiarezza,

una evoluzione lenta e non sempre linea-

re. Pertanto ritengo conveniente intro-

durre questo concetto gradualmente,

creando un percorso che nel suo sviluppo

ne arricchisca il significato.

Tale percorso prende l'abbrivio dalla ri-

presa dei risultati ottenuti l'anno prece-

dente nello studio della meccanica, e dal-

l'introduzione dei concetti di lavoro e po-

tenza che portano all'enunciato della

conservazione dell'energia meccanica

di cui si evidenzia l'ambito di validità.

Dalla constatazione della presenza di ca-

lore, in corrispondenza dell'azione di for-

ze d'attrito, si introduce l'ipotesi dell'esi-

stenza di una energia termica e di una for-

ma più generale del principio di conser-

vazione dell'energia. Le domande guida

saranno, in questa fase, quelle sulla

natura della temperatura e del calore. A

queste si risponderà partendo da consi-

derazioni che nascono dall'esperienza

macroscopica, fino a giungere alla inter-

pretazione di queste due grandezze me-

diante il modello microscopico del gas

ideale di Clausius. Una volta chiariti

questi due concetti, è possibile, descriven-

do l'esperimento storico di Joule, giungere

all'equivalenza tra la caloria e il Joule e

quindi scrivere il primo principio della

termodinamica che viene letto come la

generalizzazione del principio di conser-

vazione dell'energia. Dall'osservazione che

in tale bilancio energetico, nella realtà non

si possono sostituire valori qualsiasi del

calore e del lavoro, si passa al problema

della conversione del calore in lavoro.

Questo argomento viene sviluppato a par-

tire dalla presentazione delle prime mac-

chine termiche e, attraverso la riflessione

di Carnot sul loro funzionamento, si ar-

riva a formulare gli enunciati del secondo

principio della termodinamica. Il concetto

di degradazione di energia infine può es-

sere introdotto per arrivare alla definizio-

ne dell'entropia.

Al termine di questo percorso può essere

utile far costruire agli studenti una tavola

cronologica in cui siano presenti gli av-

venimenti più significativi negli ambiti

teorico, tecnologico e sperimentale. Infatti

è interessante osservare che per sintetiz-

zare il concetto di energia così come oggi

lo conosciamo, è stato necessario l'inter-

vento di tanti studiosi che hanno fornito

un loro contributo, inseguendo un obiet-

tivo particolare sul comportamento di un

gas piuttosto che di una macchina termica

o perfezionando un modello teorico.

Questo quadro cronologico può inoltre

offrire lo spunto per riflettere sul rapporto

tra scienza e tecnologia.

Gli esperimenti che possono essere ese-

guiti sono: misure di raffreddamento di

un bicchiere di acqua calda a temperatura

ambiente, misura del calore specifico di

Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI104

PROGRAMMAZIONE

per esempio lo studio da un punto di vista

dinamico e cinematico del moto di un

carrello su un piano inclinato. L'uso del

laboratorio per svolgere gli esperimenti

non va confuso con la generica espressio-

ne attività laboratoriale che include anche

l'utilizzo di filmati o di simulazioni didat-

tiche; questi sono sicuramente strumenti

utili per la comprensione delle leggi, ma

Non tutti gli argomenti vanno proposti

per via sperimentale e penso che questo

non sia neanche necessario oltre che

non sempre possibile, ma ritengo che al-

meno un esperimento per quadrimestre

possa essere utilmente presentato. In

questo caso sarà opportuno scegliere un

esperimento sintetico che coinvolga di-

verse parti toccate nel programma, come

certamente non portano lo studente ad

«avere consapevolezza dei vari aspetti del

metodo sperimentale»4. Nei filmati per

esempio si può osservare un esperimento,

ma nulla viene detto di come l'apparato

sperimentale è stato pensato o di come si

sia isolato il fenomeno che si vuole osser-

vare e nelle simulazioni sono presenti solo

i fattori introdotti dal programmatore.

Per quanto riguarda l'organizzazione del percorso relativo allo studio della meccanica, fatta salva la parte introduttiva sui concetti di misurae di grandezze scalari e vettoriali, gli argomenti sono scelti in vista dell'obiettivo finale, coronamento di tutto lo sforzo teorico e concettualedella meccanica, cioè del problema cosmologico e della legge della gravitazione universale e sono i seguenti:

• concetti fondamentali per la descrizione del moto e moti rettilinei

• introduzione al concetto di forza e descrizione dinamica dei moti rettilinei

• ripresa del principio di inerzia e principio di composizione dei movimenti

• ripresa della terza legge della dinamica, urti e principio di conservazione della quantità di moto

• moto circolare da un punto di vista cinematico e dinamico

• problema cosmologico e legge della gravitazione universale.

In sintesi

4. Ibi, p. 219

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 105

PROGRAMMAZIONE

Per ciascun tema, gli argomenti sono affrontati in modo più o meno approfondito in vista dei contenuti che si affrontano l’ultimo anno.ENERGIA

• principio della conservazione della energia meccanica

• calore e temperatura

• conservazione e conversione dell'energiaFENOMENI ONDULATORI - LUCE

• il moto armonico

• le onde meccaniche

• fenomeni ottici e modello ondulatorio della luce

In sintesi

un solido con il calorimetro delle mesco-

lanze, pressione e volume dell'aria in una

siringa di plastica.

Fenomeni ondulatoriIn questo caso il punto di raccordo è il

concetto di modello che si presta a descri-

vere più fenomeni presenti in natura. Il

percorso parte dallo studio del moto ar-

monico considerato dal punto di vista ci-

nematico, dinamico ed energetico: lo stu-

dio del moto di una massa appesa a una

molla tramite un sistema di acquisizione

e la discussione in classe dei risultati è un

modo molto efficace per affrontare que-

sto argomento. Il concetto di onda può

essere introdotto da una riflessione sul-

l'osservazione della propagazione di im-

pulsi in corde e molle; questi fenomeni,

per quanto semplici, per essere descritti

richiedono la conoscenza delle grandezze

fisiche coinvolte nel fenomeno e l'acqui-

sizione di un linguaggio matematico

appropriato. Per trattare i fenomeni ca-

ratteristici delle onde un valido aiuto può

essere fornito dall'ondoscopio con cui è

possibile visualizzare i fenomeni di rifles-

sione, rifrazione, interferenza e diffrazione

nel caso di onde superficiali.

La conoscenza del comportamento delle

onde può essere utilizzata per spiegare al-

cuni fenomeni come la produzione di

onde stazionarie su corde vibranti o fe-

nomeni caratteristici del suono come i

battimenti o la risonanza, che sono facil-

mente realizzabili con dei diapason.

La natura della luceQuesto tema si presta bene per sviluppare

un percorso che si basi sull'osservazione

dei fenomeni e può essere trattato secon-

do un taglio storico che segua l'evoluzione

del dibattito che si aprì nel 1600 sulla na-

tura della luce. Partendo dalla descrizione

e/o l'osservazione dei fenomeni di propa-

gazione, riflessione e rifrazione della

luce mediante il modello del raggio lumi-

noso, si confrontano le due ipotesi sulla

sua natura: corpuscolare e ondulatoria. In

seguito, con la presentazione e/o l'osser-

vazione dei fenomeni dell'interferenza e

della diffrazione della luce, si arriva all'af-

fermazione del modello ondulatorio e si

introduce la domanda di quale tipo di

onda sia la luce e quindi si pone il proble-

ma del mezzo di propagazione. Per le di-

mensioni delle grandezze in gioco, e la na-

tura dell'esperimento, potrebbe essere si-

gnificativo eseguire la misura della lun-

ghezza d'onda.

Ultimo annoPer il quinto anno gli O.S.A, chiedono

di affrontare il tema dell'elettromagne-

tismo e auspicano si realizzino uno o più

percorsi di fisica del XX secolo.

ElettromagnetismoIl nodo concettuale intorno al quale svi-

luppare questo tema è la crisi della vi-

sione meccanica della realtà, ovvero

l'insufficienza del modello dell'azione a

distanza per la descrizione dei fenomeni

elettromagnetici e l'introduzione del

concetto di campo.

Il percorso inizia in laboratorio con la

presentazione dei fenomeni di elettriz-

zazione, di cui si fornisce una spiegazio-

ne a partire dalla struttura atomica

della materia, e con la introduzione della

legge di Coulomb per la descrizione del-

l'interazione tra le cariche.

Ritengo importante dedicare del tempo

alla riflessione sulle difficoltà che Cou-

lomb ha dovuto affrontare per ottenere

sperimentalmente dei risultati, che di

fatto si sono rivelati poco attendibili, per

confermare la legge dell'inverso del

quadrato della distanza, e dare ragione

del perché comunque si utilizzi questa

legge. Questa è un’utile occasione per ac-

crescere negli studenti la consapevolezza

del valore delle formule che utilizzano

e li aiuti ad assumere un atteggiamento

meno dogmatico rispetto ad esse. Dal

problema di come due oggetti inanimati

possano interagire tra loro in assenza di

un contatto diretto, si introduce il con-

cetto di campo e lo si paragona a quello

dell'azione a distanza.

Dopo aver studiato il campo elettrico da

un punto di vista dinamico ed energe-

tico e dopo averne dato le caratteristiche

formali, si passa alla definizione di

corrente elettrica dandone l'interpreta-

zione microscopica nel caso dei condut-

tori solidi. Questo argomento viene

trattato in funzione del percorso legato

al raggiungimento della sintesi formale

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI106

dell'elettromagnetismo, per cui il cam-

po di applicazione di questo concetto

sarà limitato al caso dei conduttori me-

tallici e verranno presi in considerazio-

ne solo semplici circuiti che richiedono,

per essere risolti, l'utilizzo delle leggi di

Ohm. Il magnetismo viene introdotto

con una lezione di taglio storico, svolta

in laboratorio, in cui si mostrano i primi

effetti magnetici, evidenziandone le

differenze e le analogie con quelli elet-

trici, e in cui si esegue l'esperimento sto-

rico di Oersted, sottolineandone l'im-

portanza e descrivendo il dibattito che

ne seguì per la sua interpretazione.

Nello studio del campo magnetico,

che, come il campo elettrico, viene af-

frontato nel vuoto, si descrivono i

campi magnetici generati da alcuni

tipici elementi circuitali per mostrare

l'equivalenza tra magnete e carica in

moto, secondo l'ipotesi di Ampère.

Dopo aver paragonato i due campi elet-

trico e magnetico a partire dalle loro ca-

Gli argomenti vengono affrontati in modo più o meno approfondito in vista della sintesi formale dell'elettromagnetismo; contenuti e nodiconcettuali vengono sinteticamente elencati di seguito.

• Dal modello newtoniano di interazione a distanza che si instaura istantaneamente al modello di campo

• campo elettrostatico dal punto di vista statico e dinamico

• interazione carica-campo elettrostatico dal punto di vista statico e dinamico

• ineluttabilità del modello di campo per l’interpretazione del fenomeno magnetico; la realtà del campo

• esperimento di Oersted e esperimenti di Faraday come prime evidenze significative, equivalenza magnete-corrente carica in moto

• campo di induzione magnetica uniforme e interazione campo di induzione magnetica – carica in moto

• campo magnetico variabile nel tempo e campo elettrico variabile nel tempo, genesi delle onde elettromagnetiche nel vuoto

In sintesi

Per quanto riguarda la possibilità di insegnare la fisica nella lingua straniera studiata dagli studenti, (progetto CLIL), ritengo che il suo utilizzorappresenti un ostacolo a una adeguata comprensione degli strumenti concettuali propri di questa disciplina; in particolare, nella fase conclusivain cui gli studenti dovrebbero raggiungere la competenza logico-argomentativa, il problema si fa ancor più delicato.In questo senso, faccio mie le considerazioni di Giovanni Gobber, Docente di Linguistica generale nell'Università Cattolica di Milano, che seguono: «È lecito ritenere che la comunicazione didattica e l’organizzazione del sapere vengano pregiudicate dall’uso di una lingua che non sia pienamentedominata sia dal mittente sia dal destinatario. Può risentirne anche l’interazione docente-allievo. Nella fase di immagazzinamento delle conoscenze,i concetti e le proposizioni del sapere scientifico sono appresi e fatti propri come contenuti organizzati grazie alla lingua (la scienza è discorsoche esprime i contenuti della scienza). L’organizzazione cognitiva e le operazioni cognitive essenziali per fissare i contenuti hanno bisognodi una lingua dominata in modo adeguato da chi apprende, tanto più che, nella scuola, gli allievi imparano anche a imparare. In una fase cosìdelicata per l’elaborazione e lo sviluppo anche delle metodologie di apprendimento, può una lingua straniera (una L2, dicono gli esperti) conosciutain modo superficiale o incompleto servire per organizzare cognitivamente il sapere, per interrogarsi e porre domande, per trovare soluzioni?È lecito nutrire qualche riserva»Giovanni Gobber, Riflessioni sul progetto CLIL, Content and Language Integrated Learning, Emmeciquadro N° 48,Url:http://www.ilsussidiario.net/News/emmeciquadro/Emmeciquadro-n-48/2013/3/4/SCIENZAINATTO A queste riflessioni va aggiunto il fatto che gli O.S.A. non fanno alcuna menzione di questo progetto che, per le problematiche che introducesulle dinamiche dell'apprendimento e sulla costruzione dei concetti, sembrerebbe se non in controtendenza, perlomeno giustapposto alleintenzioni formative dichiarate. A mio avviso, l'idea di inserire l'uso della seconda lingua può essere efficace e arricchire il curriculum degli studentiin una seconda fase del lavoro, quando cioè gli studenti hanno già acquisito con chiarezza e sicurezza gli argomenti trattati. In quel momentopotrà essere utile. proporre letture in lingua originale di scienziati o chiedere agli studenti di costruire in lingua una mappa concettuale riassuntivadel lavoro svolto.

Progetto CLIL

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 107

PROGRAMMAZIONE

ratteristiche formali, si passa, tramite lo

studio del moto di una particella carica

in un campo magnetico, alla descrizio-

ne dell'azione dinamica del campo

magnetico sui circuiti.

Della legge di Lorentz, può essere signi-

ficativo evidenziare alcune sue applica-

zioni, come la spiegazione del fenome-

no dell'aurora boreale, la scoperta degli

isotopi in natura, la deduzione della de-

finizione operativa dell'Ampère e com-

pletare l'analogia magneti-correnti.

Anche il fenomeno dell'induzione ma-

gnetica può essere introdotto con una

lezione di taglio storico svolta in labo-

ratorio, in cui, utilizzando qualche

passo tratto da una memoria storica di

Faraday, si descrivono ed eseguono al-

cuni suoi esperimenti, come per esem-

pio quello dell'anello di ferro dolce, evi-

denziando quali sono le grandezze fi-

siche coinvolte. e in che modo.

Il percorso termina con la presentazione

del paradosso di Maxwell, con la sintesi

formale dell'elettromagnetismo me-

diante le equazioni di Maxwell scritte

con un formalismo adeguato alle cono-

scenze matematiche degli studenti e con

la scoperta dell'esistenza della radiazio-

ne elettromagnetica.

Fisica del XX secoloPer sviluppare quest'ultima parte, un

ottimo spunto è l'analisi delle proble-

matiche che restano aperte a partire

dalla sintesi maxwelliana dell’elettroma-

gnetismo e dalle divergenze tra risultati

sperimentali e previsioni teoriche nel

contesto della fisica classica.

Un tema da approfondire può essere

quello della fisica quantistica che per-

mette di chiudere il percorso relativo

alla natura della luce, oppure si può de-

cidere di lasciare spazio alla presenta-

zione della relatività per risignificare i

concetti di spazio e di tempo, di massa

e di energia. Tutto evidentemente di-

pende dal tempo a disposizione e dal

tipo di percorso svolto in precedenza.

Un'altra modalità potrebbe essere quel-

la di proporre questi temi come appro-

fondimenti, suddividendo la classe

per gruppi di interesse.

Verifica e valutazioneIn coerenza alla scelta degli obiettivi

prefissati, si mirerà a verificare l'acqui-

sizione di un linguaggio appropriato,

la comprensione dei fenomeni e delle

leggi che li descrivono e la consapevo-

lezza del quadro teorico concettuale in

cui questi sono inseriti.

Strumenti per la valutazione saranno:

• interrogazioni, viste come momento

di dialogo scientifico

• semplici problemi e non solo esercizi

che richiedano la semplice applica-

zione delle formule

• test che mettono in luce sia la cono-

scenza di contenuti specifici sia la

competenza linguistica

• verifiche dei contenuti e delle proce-

dure relative agli esperimenti svolti

in laboratorio

ConclusioniVorrei terminare con le parole di Pavel

Florenskij che esprimono meglio di

tante altre quello che ho cercato di co-

municare con questo articolo:

«[..] la lezione non è un tragitto su un

tram che ti trascina avanti inesorabil-

mente su binari fissi e ti porta alla

meta per la via più breve [..]. Per chi pas-

seggia è importante camminare e non

solo arrivare [..]. A volte si guarda indie-

tro ammirando il paesaggio oppure ri-

torna sui suoi passi, ricordando di non

aver osservato per bene qualcosa di

istruttivo [..]. In una parola, una passeg-

giata per respirare un po' d'aria pura e

darsi alla contemplazione e non per rag-

giungere più in fretta possibile la fine sta-

bilita del viaggio, trafelato e coperto di

polvere.».5

Barbara ChierichettiDocente di Matematica e Fisica al Liceo

Classico “G. Berchet” di Milano

5. Pavel Florenskij, lezione e Lectio, 1917 -Url: http://www.ilsussidiario.net/News/emmeciqua-dro/Emmeciquadro-n-40/2010/12/16/SCIENZAi-nATTO-Lezione-e-Lectio

BIBLIOGRAFIAP. Marazzini - M.E. Bergamaschini - L. Mazzoni, FISICA. IPOTESI TEORIE ESPERIMENTI, testo per il secondo biennio e il quinto annodei Licei umanistici, MINERVA SCUOLA, Milano 2012Arnold B. Arons, Guida all'insegnamento della Fisica, Zanichelli, Bologna 1992 (Prima edizione)AA.VV. La cultura scientifica nella scuola (a cura di Mario Gargantini) , Marietti 1820, Genova-Milano 2006Evandro Agazzi, Le rivoluzioni scientifiche e il mondo moderno, Fondazione Achille e Giulia Boroli, Novara 2008

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI108

PROGRAMMAZIONE

Nell’intraprendere il non facile

compito della propria program-

mazione annuale di Chimica il

docente di Scienze Naturali deve fare ri-

ferimento in primo luogo alle più recenti

indicazioni normative, ovvero il docu-

mento unito al D.M. n. 139 del

22/08/2007, Regolamento recante norme

in materia di adempimento dell’obbligo di

istruzione e i documenti che accompagna-

no il processo di riordino dell’istruzione

secondaria superiore, cioè il Regolamento

del 15 marzo 2010 sulla revisione dell’as-

setto ordina mentale, organizzativo e

didattico dei Licei, e l’allegato Profilo

culturale, educativo e professionale dei

Licei. Inoltre, non può prescindere dal

considerare, accanto alle competenze

degli assi culturali, in particolare quelle

dell’asse scientifico-tecnologico, le com-

petenze chiave di cittadinanza da acquisire

al termine dell’istruzione obbligatoria e

il quadro di riferimento per la valutazione

delle competenze scientifiche dell’inda-

gine OCSE- PISA.

Anche se alcuni di questi documenti si ri-

feriscono a conoscenze ed abilità da con-

seguire al termine del biennio, è auspica-

bile che lo stile della programmazione del

docente, cioè le scelte didattiche e meto-

dologiche attuate e lo sfondo culturale

sotteso a queste, rimanga lo stesso anche

in seguito, soprattutto perché, come ve-

dremo, nel corso del triennio la naviga-

zione diventa un po’ a vista, senza costel-

lazioni nitide nel cielo a fare da guida o

luminosi fari all’orizzonte.

E’ quindi ancor più necessario che il no-

stro docente-navigatore consolidi le pro-

prie competenze progettuali proprio nel-

l’elaborazione della programmazione

del primo biennio, delineando con i col-

leghi del proprio Dipartimento la rotta

più appropriata.

Un’ulteriore sfida che viene proposta è la

ricerca nella programmazione di un’uni-

tarietà tra le tre discipline (Biologia,

Chimica e Scienza della Terra) delle quali

si raccomanda di individuare aspetti

metodologici e nodi concettuali comuni,

per superare la frammentazione del

sapere in rigidi ambiti disciplinari, in

un’ottica di sinergia ed armonico coor-

dinamento. Insomma, il nostro ammira-

glio deve condurre in porto non una, ma

tre caravelle, a volte affiancate nell’affron-

tare i marosi del sapere, a volte in fila in-

diana, ognuna procedendo sulla via sta-

bilita,ma ogni tanto tentata da un refolo

di vento ad incrociare il passo delle altre.

Viene qui proposta una programmazione

di Chimica per il primo biennio che può

essere adottata in tutti i Licei in cui la di-

sciplina è insegnata per 2 ore settimanali;

nel Liceo scientifico opzione scienze ap-

plicate il numero maggiore di ore (3 ore

settimanali il primo anno e 4 ore settima-

nali il secondo anno) potrà essere impie-

gato per approfondire alcune conoscenze,

ma soprattutto ampliare ulteriormente la

dimensione sperimentale, dedicando

più tempo all’attività di laboratorio ed alla

seguente discussione e riflessione dei ri-

sultati.

Metodi e contenuti

Competenze ed obiettivispecifici di apprendimentoper il primo biennioNelle Nuove Indicazioni, è evidenziata la

centralità dell’aspetto operativo e fun-

zionale della competenza, il cui sviluppo

può essere favorito dalla progettazione di

attività didattiche centrate sul compito

che comportino l’applicazione di cono-

scenze e abilità nella ricerca di soluzioni

a situazioni problematiche, in cui l’allievo

mostra di aver appreso, a diversi livelli, il

metodo di indagine sperimentale proprio

delle scienze.

Nel Profilo culturale, educativo e professio-

nale dei Licei, tra le competenze attese per

l’Area scientifica, matematica e tecnolo-

gica, una fa riferimento in particolare alle

Scienze:«Possedere i contenuti fondamen-

tali delle scienze fisiche e delle scienze na-

turali, padroneggiandone le procedure

e i metodi di indagine propri, anche per

ChimicaPrimo biennioChiara Schettini

Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificialee riconoscere nelle varie forme il concetto di sistema e complessità

Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energiaa partire dall’esperienza

Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto culturale esociale in cui vengono applicate

Tabella 1. Le competenze di base dell’asse scientifico-tecnologico

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 109

PROGRAMMAZIONE

potersi orientare nel campo delle scienze

applicate». A questa, associamo per il pri-

mo biennio le competenze di base dell’as-

se scientifico-tecnologico (tabella 1).

E teniamo presente il quadro di riferimen-

to (framework) per le competenze scien-

tifiche dell’indagine PISA (figura 1).

Quali sono gli elementi e gli spunti di pro-

grammazione più immediati ed interes-

santi che possiamo trarre dal framework

di PISA? Sicuramente, l’attenzione che qui

viene posta sulle competenze scientifiche

e tecnologiche che la società moderna ri-

chiede e che dovrebbero rimanere utili e

utilizzabili a lungo termine, diversamente

dalla memorizzazione di conoscenze e

concetti che, se non rinforzati, rimangono

disponibili solo a breve termine.

Inoltre, il framework ci invita a scegliere

in primo luogo un contesto, un problema

da affrontare, intorno al quale esercitare

conoscenze e competenze, stimolando

allo stesso tempo l’interesse per l’argo-

mento e la volontà di approfondirlo.

Alcuni dei contesti abitualmente utilizzati

nelle prove PISA sono la salute, le risorse

naturali, l’ambiente, le frontiere della

scienza e della tecnologia, in ogni caso il

più possibile legati a situazioni reali che

possono interessare lo studente sia a

livello personale, sia sociale, sia globale.

Un’altra caratteristica del framework è l’in-

troduzione delle categorie di conoscenza

sulla scienza. Queste categorie non cor-

rispondono però a nozioni astratte sul

metodo scientifico come spesso si trovano

nelle prime pagine dei libri di testo, ma

a reale comprensione del senso delle

vale un approccio fenomenologico ed os-

servativo- descrittivo (tabella 2).

E’ evidente che si propone di muovere dal-

lo studio delle proprietà macroscopiche

della materia per approcciarsi a quelle mi-

croscopiche, invitando il docente all’uti-

lizzo non più episodico , ma centrale, del

laboratorio o per lo meno di quella di-

mensione laboratoriale che viene consi-

gliata nelle linee generali e che, in alter-

nativa allo spazio laboratoriale in senso

stretto, con l’utilizzo di filmati, simulazioni,

esperimenti virtuali, promuove nello stu-

dente un atteggiamento di indagine, di

problem posing e problem solving.

Nuclei fondanti della ChimicaL’ultimo elemento che manca per pro-

grammare la nostra rotta, una volta sta-

bilita la meta ed in parte armata la nave,

è la necessaria riflessione epistemologica

sulla disciplina e l’individuazione dei

nuclei fondanti, cioè quei concetti fon-

damentali che ricorrono in vari punti del-

lo sviluppo della disciplina e hanno

perciò valore strutturante e generativo di

conoscenze. Una programmazione non

strutturata per nuclei fondanti rischia in-

fatti di divenire un elenco di conoscenze

che segue unicamente una logica lineare

e non ricorsiva, in cui allo studente non

viene data l’opportunità di ritornare

sugli stessi concetti per approfondirli

misure, degli esperimenti, della coerenza

tra i dati e quello che si cerca di dimostra-

re. Esempi di domande che corrispondo-

no a queste categorie sono contenute nelle

prove Effetto serra e Filtri solari che, non

a caso, sono risultate le peggiori per gli

studenti italiani nell’indagine PISA 2006,

dimostrando una scarsa familiarità con

il lavoro di tipo sperimentale e difficoltà

nella spiegazione e nell’interpretazione dei

dati a disposizione.

Un ulteriore spunto per la programma-

zione e la valutazione delle competenze

può venire dalla descrizione dei livelli di

rendimento che riprende sia le competen-

ze dimostrate, sia la padronanza di abilità

e conoscenze e che può servire da traccia

per la stesura delle rubriche valutative.

Consideriamo ora gli obiettivi specifici

di apprendimento relativi allo studio del-

la Chimica per il primo biennio, ricordan-

do che, in continuità con quanto previsto

dalle Nuove Indicazioni per il I ciclo, pre-

Lo studio della chimica comprende l’osservazione e la descrizione di fenomeni e direazioni semplici (il loro riconoscimento e la loro rappresentazione) con riferimenti anchead esempi tratti dalla vita quotidiana; gli stati di aggregazione della materia e le relative tra-sformazioni; il modello particellare della materia; la classificazione della materia (miscugliomogenei ed eterogenei, sostanze semplici e composte) e le relative definizioni operative;le leggi fondamentali e il modello atomico di Dalton, la formula chimica e i suoi significati,una prima classificazione degli elementi (sistema periodico di Mendeleev).

Tabella 2. Obiettivi specifici di apprendimento di Chimica per il Liceo Scientifico

Figura 1

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI110

PROGRAMMAZIONE

ed ampliarli e generare così una conoscen-

za significativa. La definizione dei nuclei

fondanti della chimica rappresenta un

compito delicato e tuttora in fase di di-

scussione. Si riportano di seguito a titolo

provvisorio i nuclei fondanti dell’ap-

prendimento su cui si registra il più

ampio consenso, così come individuati

dalla Commissione Curricoli della Divi-

sione di Didattica della Società Chimica

Italiana (tabella 3).

I nuclei fondanti dell’apprendimento

verranno affrontati gradualmente e

avranno varie articolazioni a seconda dei

diversi livelli scolari: solo a livello termi-

nale della scuola secondaria tali nuclei

rappresentano quanto è significativo e

proponibile della Chimica nell’ambito

dell’intero curricolo verticale.

Dai nuclei fondanti allaprogrammazione di chimicaper il primo biennioSi riporta di seguito una proposta di pro-

grammazione per il primo biennio in cui

sono riassunte le principali conoscenze ed

abilità da conseguire, in aggiunta alle

competenze già descritte, con il suggeri-

mento di alcune esperienze di laboratorio

significative. E’ opportuno far precedere

questa programmazione da un modulo

iniziale (interdisciplinare con la Fisica se

presente nel curricolo) in cui lo studente

impari ad utilizzare in vari contesti, spe-

• natura dei corpi materiali

• trasformazioni della materia

• massa e trasformazioni della materia

• composizione delle sostanze

• atomi e molecole

• relazione tra proprietà e struttura delle molecole

• energia nelle sostanze e nelle reazioni

• tempo e reazioni

Tabella 3. Nuclei fondanti della Chimica

Tabella 4. Programmazione di Chimica per il primo biennio

Conoscenze Abilità Laboratorio

Primo anno

• Gli stati fisici della materia• Sistemi omogenei e sistemi eterogenei• I passaggi di stato• La separazione dei componenti

di una miscela• Proprietà e trasformazioni fisiche e chimiche• Le sostanze pure• Elementi e composti• Gli elementi chimici e i loro simboli• I composti chimici e le loro formule• La struttura particellare della materia:

atomi e molecole

• Utilizzare il modello particellare nell’interpretazione delle proprietà e delle trasformazioni della materia

• Riconoscere sostanze pure, miscugli omogenei ed eterogenei

• Identificare gli utilizzi delle tecniche di separazione dei miscugli

• Distinguere tra trasformazioni fisiche e chimiche, riconoscendo in entrambe variabili e invarianti attraverso la misura di alcune grandezze

• Distinguere tra elementi e composti, tra atomi e molecole

• Distinguere tra simboli e formule

• Determinazione della densità di un corpo solido ed un corpo liquido

• Preparazione di miscugli omogenei ed eterogenei

• Distillazione • Cromatografia su carta e su silice• Passaggi di stato: riscaldamento

e raffreddamento di un solido• Aspetti generali delle reazioni chimiche• Reazione di decomposizione: composti

ed elementi

Secondo anno

• Lavoisier e la legge di conservazione della massa

• La legge di conservazione dell’energia• La legge di Proust e la legge di Dalton• La teoria atomica di Dalton• La legge di Gay-Lussac e il principio

di Avogadro• Massa atomica relativa degli elementi• La Tavola Periodica di Mendeleev

• Comprendere che le leggi di Proust e Daltoncostituiscono il fondamento sperimentale della teoria atomica

• Impiegare la teoria atomica di Dalton per interpretare la natura particellare di elementi e composti e le leggi ponderali della chimica

• Comprendere che le reazioni chimiche coinvolgono sempre scambi di energia con l’ambiente (ceduta o acquistata)

• Individuare nella tavola periodica gli elementi rappresentativi, gli elementi di transizione e di transizione interna

• Verifica sperimentale della legge di conservazione della massa

• Reazioni esotermiche ed endotermiche• Determinazione sperimentale della formula

empirica di un composto

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 111

PROGRAMMAZIONE

rimentali e di calcolo, grandezze fonda-

mentali e derivate con le opportune

unità di misura (ad esempio massa, vo-

lume, temperatura, densità). Il concetto

di incertezza della misura e di precisione

degli strumenti, così come l’individuazio-

ne delle cifre significative di un numero,

saranno più utilmente affrontati in labo-

ratorio durante l’esecuzione delle misure

stesse. Il percorso che viene proposto nel

primo anno tende a chiarire i concetti di

sistema omogeneo ed eterogeneo e dei

vari passaggi di stato della materia come

premessa necessaria per affrontare la se-

parazione dei componenti di una miscu-

glio e giungere a definire il concetto di so-

stanza pura, caratterizzandola attraverso

l’invarianza delle sue proprietà. Le distin-

zioni tra miscuglio e composto e tra ele-

mento e composto costituiscono un

punto di partenza significativo per una

prima classificazione della materia.

Nel secondo anno, il percorso parte da La-

voisier, la cui opera consentì di superare

la teoria del flogisto e comprendere il ruo-

lo dell’ossigeno nei processi di combustio-

ne e respirazione e procede con l’interpre-

tazione delle leggi ponderali da parte della

teoria atomica di Dalton, approdando in-

fine, dopo l’introduzione del concetto di

molecola e la determinazione corretta dei

pesi atomici di Cannizzaro, alla tavola pe-

riodica di Mendeleev. Per rendere più mo-

tivante il percorso storico, è necessario far

comprendere agli allievi come furono rea-

lizzate alcune scoperte e come, attraverso

gli esperimenti, si possa giungere all’

enunciazione di leggi e principi. Anche

i riferimenti alla vita e all’opera dei

singoli scienziati, evidenziando il ruolo

che hanno avuto nella conduzione e

nell’interpretazione dei dati sperimentali,

appaiono di notevole interesse.

Verifica e valutazione

La valutazione delle attività di laboratorioNella comune prassi didattica, il labora-

torio viene utilizzato dal docente per

esperimenti illustrativi che aiutino il

rinforzo, la conoscenza e la comprensione

di quanto appreso in aula. Infatti, come

sostiene H.F. Davison: «L'occhio è rapido

a percepire ciò che il cervello elabora con

lentezza, ma, proprio per questo, le rap-

presentazioni mentali create dagli occhi

dureranno per anni».

Nell'accingersi alla formulazione degli

obiettivi generali dell'attività pratica di la-

boratorio, tuttavia, si riscontrano non po-

che difficoltà, perché per questa attività

non sono disponibili specifiche tassono-

mie; infatti l'attività sperimentale è con-

nessa al raggiungimento di tre tipi di

obiettivi: cognitivi (sapere), psicomotori

(saper fare) ed affettivi (saper essere), per

cui il riferimento ad uno solo di questi

aspetti porta ad indicazioni parziali e for-

temente criticabili. Ne riportiamo alcuni

a titolo di esempio:

• Far prendere coscienza dei meccanismi

della ricerca scientifica

• Incentivare la fiducia degli allievi nelle

proprie intuizioni

• Esercitare un'azione orientativa

• Svolgere attività che sensibilizzino ai pro-

blemi ambientali

• Sperimentare differenti modalità di ap-

prendimento

• Socializzare il lavoro intellettuale

Nella progettazione, e conseguente valu-

tazione, delle attività di laboratorio da

parte del docente, risulta più utile l'iden-

tificazione di obiettivi specifici e quindi

più facilmente verificabili. In questi anni,

vari studiosi hanno prodotto esempi

più o meno elaborati di analisi dei com-

piti o di abilità connesse all'attività spe-

rimentale. In sintesi, le categorie di obiet-

tivi da sottoporre a verifica più frequen-

temente indicate sono le seguenti:

• abilità di progettare un esperimento

• abilità di eseguire un esperimento

• abilità di analizzare i dati

A queste fasce di obiettivi ne viene in

qualche caso premessa un'altra dove,

tuttavia, può essere presente in modo no-

tevole l'intervento dell'insegnante e, che

inoltre, non è di agevole verifica; si tratta

dell’abilità di problematizzare le osserva-

zioni e di formulare ipotesi di lavoro su

cui impostare esperimenti.

Riportiamo come esempio uno schema

sintetico delle abilità richieste per l'attività

pratica da cui dedurre obiettivi specifici

(tabella 5).

Da queste schematiche indicazioni ogni do-

cente potrà poi trarre la propria personale

griglia che sarà utile illustrare e commentare

con gli alunni, per renderli consapevoli della

modalità di valutazione delle attività labo-

ratoriali e della loro valenza formativa, per-

ché non sia più vero quanto affermato anni

fa dal fisico Giulio Cortini: «In Italia abbia-

mo una scuola senza laboratori che forma

uomini senza mani»

BIBLIOGRAFIAE. Aquilini, F. Carasso, C. Duranti, M.V. Massidda, F. Olmi, Proposta di sviluppo del curricolo chimico segmento del bienniosecondario superiore di fine obbligo, «CnS- La Chimica nella scuola», XXII, (2000),2,58A. Bargellini, Chimica in azione, Carlo Signorelli Editore, Milano 2003Cervellati, Perugini, Guida alla didattica della Chimica nella scuola secondaria superiore, Zanichelli, Bologna 1991G. Cortini e altri, Le trame concettuali delle discipline scientifiche, La Nuova Italia Editrice, Scandicci (Firenze) 1987

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Nelle Nuove Indicazioni, le Linee

generali per la disciplina Scienze

Naturali indicano per il passag-

gio al secondo biennio e all’ultimo

anno del Liceo scientifico un approccio

attento maggiormente alle leggi, ai mo-

delli, alla formalizzazione, al consolida-

mento e all’ampliamento dei contenuti

disciplinari e all’acquisizione di quegli

strumenti culturali e metodologici ne-

cessari per una comprensione approfon-

dita della realtà. Soprattutto nell’ultimo

anno, le discipline convergono in temi

multi e pluridisciplinari e il docente af-

fronta anche la sfida dell’orientamento

degli studenti verso le facoltà scientifiche,

sfida non poco onerosa considerato il li-

mitato numero di ore a disposizione.

A conclusione del percorso di studio del

Liceo scientifico, inoltre, si richiede

allo studente di comprendere i nessi tra

la cultura linguistico-storico-filosofica

e quella scientifica, sia a livello di

metodi di indagine che di sviluppo

storico, ma anche di saper cogliere con

spirito critico la potenzialità delle appli-

cazioni dei risultati scientifici nella vita

quotidiana.

Il docente che si appresta a stendere il

proprio piano di lavoro per le Scienze

Naturali deve quindi, come già eviden-

ziato per il primo biennio, tener conto

di più istanze formative, integrando il

più possibile le tre discipline del curri-

colo (Biologia, Chimica e Scienze della

Terra) e progettando attività didattiche

centrate sul compito che favoriscano lo

sviluppo delle competenze.

Competenze ed obiettivispecifici di apprendimentoper il secondo biennio e l’ultimo annoQueste le competenze attese al termine

del percorso formativo, comuni a tutti

i Licei in cui le Scienze Naturali sono

studiate nell’arco dei cinque anni, ma

che trovano la loro completa realizza-

zione nel Liceo scientifico e ancor più

nel Liceo Scientifico con opzione Scienze

Applicate (tabella 1).

Per quanto riguarda gli obiettivi specifici

di apprendimento per la Chimica, il se-

condo biennio è riservato allo studio

della chimica generale ed inorganica con

alcuni cenni di chimica organica, men-

tre nell’ultimo anno si completa e ap-

profondisce lo studio della chimica or-

ganica, introducendo la struttura e la

funzione delle principali biomolecole.

Interessante, ma difficilmente praticabile

per il numero insufficiente di ore, l’at-

tenzione da riservare ai processi biolo-

gici/biochimici di attualità, in particolare

legati all’ingegneria genetica e ai suoi

ambiti applicativi (tabella 2).

In questa seconda parte del percorso for-

mativo liceale, il novero dei contenuti

previsti per la Chimica è notevole con-

siderato il tempo limitato a disposizione

e la coabitazione con le altre due disci-

pline, di cui parimenti si richiedono co-

noscenze estese e complesse.

Inoltre, gli obiettivi previsti sono grosso

modo gli stessi sia nei Licei come i clas-

sici in cui le Scienze Naturali hanno a

disposizione solo 2 ore settimanali nel

secondo biennio che nel Liceo Scientifico

ad opzione scienze applicate in cui le ore

settimanali sono cinque, rendendo dif-

ficile focalizzare le competenze discipli-

nari finali da conseguire. Infine, le Indi-

cazioni ci suggeriscono di fornire ade-

guato spazio ai calcoli e alle applicazioni,

nonché ovviamente alla pratica labora-

toriale: un’impresa non da poco che ri-

chiede ancor più al docente chiarezza di

intenti e una ferma volontà di non la-

sciarsi tentare dai molti approfondimenti

proposti dai libri di testo.

Per individuare le competenze discipli-

nari riproponiamo nella tabella 3 i

nuclei fondanti della Chimica su cui si

Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI112

PROGRAMMAZIONE

ChimicaSecondo biennio e ultimo annoChiara Schettini

• Saper effettuare connessioni logiche• Saper riconoscere o stabilire relazioni• Saper classificare• Saper formulare ipotesi in base ai dati forniti• Saper trarre conclusioni basate sui risultati ottenuti e sulle ipotesi verificate• Saper risolvere situazioni problematiche utilizzando linguaggi specifici• Saper applicare le conoscenze acquisite a situazioni della vita reale• Saper porsi in modo critico e consapevole di fronte ai temi di carattere scientifico

e tecnologico della società attuale

Tabella 1. Competenze in Scienze Naturali al termine del Liceo Scientifico

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 113

PROGRAMMAZIONE

registra il più ampio consenso, così

come individuati dalla Commissione

Curricoli della Divisione di Didattica del-

la Società Chimica Italiana (tabella 3).

Nella Tabella 4, proponiamo una sintesi

delle competenze disciplinari da conse-

guire al termine del percorso formativo

del Liceo scientifico (tabella 4).

Metodi e contenuti

Programmazione di Chimicaper il secondo biennio e l’ultimo annoSi propone una programmazione indica-

tiva per il secondo biennio e il quinto

anno, lasciando alla piena autonomia del

docente lo sviluppo del percorso forma-

tivo e l’operazione di eventuale assottiglia-

mento o ampliamento di quanto propo-

sto. Lo studio della chimica organica viene

qui proposto al quinto anno, consideran-

dolo più adeguato ai tempi di svolgimento

della programmazione.

Un approccio diverso al laboratorio di chimica: il problem solvingAlle usuali modalità di verifica e valuta-

zione delle attività di laboratorio, è utile

affiancare la metodologia del problem sol-

ving il cui approccio dà maggiore impor-

tanza alla fase progettuale dell'esperi-

mento piuttosto che a quella operativa

ed ha il vantaggio di sviluppare la crea-

tività ed il senso critico e logico , aspetti

fondamentali della conoscenza

La tecnica del problem solving in labora-

torio prevede cinque fasi operative:

1. identificare il problema da risolvere

2. individuare tutti i prerequisiti concet-

tuali correlati al problema

3.pianificare le fasi operative dell'espe-

rimento

4.osservare i fenomeni e raccogliere i

dati in tabelle e grafici

5. trarre le conclusioni e dare la soluzione

al problema posto

Secondo biennioSi riprende la classificazione dei principali composti inorganici e la relativa nomenclatura. Siintroduce lo studio della struttura della materia e i fondamenti della relazione tra strutturae proprietà, gli aspetti quantitativi delle trasformazioni (stechiometria), la struttura atomicae i modelli atomici, il sistema periodico, le proprietà periodiche e i legami chimici. Siintroducono i concetti basilari della chimica organica (caratteristiche dell’atomo di carbonio,legami, catene, gruppi funzionali e classi di composti ecc.). Si studiano inoltre gli scambi energeticiassociati alle trasformazioni chimiche e se ne introducono i fondamenti degli aspetti termo-dinamici e cinetici, insieme agli equilibri, anche in soluzione (reazione acido-base e ossido-riduzioni) e a cenni di elettrochimica. Adeguato spazio si darà agli aspetti quantitativi e quindiai calcoli e alle applicazioni.

Quinto annoNel quinto anno è previsto l’approfondimento della chimica organica. Il percorso di chimicae quello di biologia si intrecciano poi nella biochimica e nei biomateriali, relativamente allastruttura e alla funzione di molecole di interesse biologico, ponendo l’accento sui processibiologici/biochimici nelle situazioni della realtà odierna e in relazione a temi di attualità, inparticolare quelli legati all’ingegneria genetica e alle sue applicazioni

Tabella 2. Obiettivi specifici di apprendimento di Chimica per il secondo biennio e il quinto anno

• natura dei corpi materiali• trasformazioni della materia• massa e trasformazioni della materia• composizione delle sostanze• atomi e molecole• relazione tra proprietà e struttura delle molecole• energia nelle sostanze e nelle reazioni• tempo e reazioni

Tabella 3. Nuclei fondanti della Chimica

• Saper passare agevolmente dall’approccio macroscopico delle sostanze a quello submicro-scopico delle loro molecole e atomi• Saper collegare proprietà e struttura delle molecole nell’affrontare problemi o quesiti ad esserelative• Saper utilizzare la nomenclatura IUPAC comprendendone la funzionalità• Essere consapevole delle diverse informazioni fornite dai vari modelli atomici, padroneggiandoliin funzione esplicativa• Interpretare la classificazione degli elementi sulla base della periodicità delle proprietà fisichee chimiche• Individuare quali legami chimici esistono tra gli atomi di una sostanza e l’influenza del tipodi legame sulle caratteristiche fisiche della sostanza• Descrivere in termini di equazioni bilanciate le reazioni chimiche ed eseguire semplici calcolistechiometrici, utilizzando il concetto di mole • Riconoscere lo stato di equilibrio in un sistema chimico in base ai dati di composizione e allecondizioni sperimentali e prevedere gli effetti del cambiamento di quest’ultime• Prevedere come varierà la velocità di una reazione intervenendo sui fattori che la influenzano• Saper affrontare e risolvere problemi relativi agli aspetti quantitativi tipici delle reazioniacido/base e redox e quelli relativi alla previsione della geometria di semplici molecole facendouso almeno della teoria VSEPR• Saper dedurre dalla formula di struttura dei composti organici più comuni le caratteristichefisiche e la possibile reattività chimica• Conoscere le funzioni delle principali molecole biologiche e saper applicare le più comunitipologie di reazioni organiche per individuarne la reattività

Tabella 4. Competenze in Chimica al termine del Liceo Scientifico

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PROGRAMMAZIONE

Tabella 5. Programmazione di Chimica per il secondo biennio e l’ultimo anno

Conoscenze Abilità Laboratorio

Secondo biennio

• La quantità chimica: la mole• Reazioni ed equazioni chimiche:

bilanciamento di una reazione chimica• Semplici problemi stechiometrici• La nomenclatura dei composti chimici

inorganici• La natura elettrica della materia e le particelle

subatomiche• Dal modello atomico di Thomson al modello

di Bohr• Configurazione elettronica degli elementi

e periodicità delle loro proprietà• I legami chimici intramolecolari

e intermolecolari• La geometria molecolare• Scambi energetici nelle reazioni chimiche:

reazioni esotermiche e endotermiche• Il primo principio della termodinamica• L’entalpia e la legge di Hess• Energia libera e trasformazioni chimiche• Gli stati fisici della materia e le loro

proprietà• Le soluzioni e le loro proprietà• La velocità delle reazioni chimiche• Equilibrio chimico: concetti generali• Reazioni acido-base• Reazioni di ossidoriduzione ed

elettrochimica

• Utilizzare il concetto di mole per evidenziare le relazionitra trasformazioni chimiche ed equazioni che le rappre-sentano, risolvendo semplici problemi stechiometrici

• Utilizzare la nomenclatura IUPAC per contraddistinguerele principali categorie di composti inorganici

• Descrivere la struttura atomica in termini di protoni, neu-troni ed elettroni, distinguendo le particelle subatomichein base alle loro caratteristiche ed alla posizione all’internodell’atomo

• Saper scrivere la configurazione elettronica degli elementie prevederne la posizione nella tavola periodica

• Saper spiegare gli andamenti delle proprietà periodichedegli elementi nei gruppi e nei periodi

• Descrivere le interazioni tra atomi in termini di legami forti(covalente, covalente polare, ionico e metallico) e tra mo-lecole in termini di legami deboli (legami idrogeno,forze di Van der Waals)

• Saper descrivere la geometria di semplici molecole uti-lizzando il modello VSEPR

• Conoscere le leggi che regolano gli scambi di energia traun sistema e l’altro e tra un sistema e l’ambiente

• Prevedere la spontaneità di una reazione attraverso la va-riazione di energia libera di un sistema

• Prevedere il comportamento delle sostanze pure indiversi stati di aggregazione al variare della temperaturae per i gas anche della pressione

• Conoscere i vari modi di esprimere la concentrazione dellesoluzioni

• Comprendere le proprietà colligative delle soluzioni• Riconoscere che una trasformazione chimica è caratteriz-

zata dalla comparsa e simultanea scomparsa di sostanzeed avviene a differenti velocità

• Correlare la velocità di una reazione chimica con le variabiliche la influenzano

• Saper prevedere gli effetti prodotti su un sistema all’equi-librio da un aumento/diminuzione di reagente/prodotto,da una variazione di volume (reazioni gassose) e da una

variazione di temperatura• Classificare correttamente una sostanza come acido/base di Arrhenius, Brönsted-Lowry, Lewis

• Individuare il pH di una soluzione• Bilanciare le equazioni redox col metodo della variazione

del n.o. e con il metodo ionico-elettronico• Stabilire confronti tra le celle galvaniche e quelle elettrolitiche

• Determinazione sperimentale dellaformula empirica di un composto(CuS)

• Reazione di un metallo con ossigenoe poi con acqua

• Reazioni di formazione di sali di argen-to

• Saggi alla fiamma• Confronto della conducibilità di so-

stanze di diversa natura chimica (po-larità)

• Interazione delle sostanze di diversanatura chimica con campi elettrici

• Trasformazioni esotermiche e endo-termiche

• Dimostrazione della legge di Boyle• L’osmosi• Cinetica della riduzione del perman-

ganato di potassio• L’equilibrio chimico: ionizzazione del-

l’acido acetico• Misure di pH mediante utilizzo di in-

dicatori• Titolazione di acidi e basi• Misura della d.d.p. di una pila

Quinto anno

• Introduzione alla chimica organica• La caratteristica del carbonio e la geometria delle

molecole organiche• Gli idrocarburi• Le principali classi di composti organici• I polimeri• Le biomolecole

• Correlare le caratteristiche dell’atomo di carbonio con la varietàe il numero dei composti organici, definendo le strutture ele principali isomerie secondo il metodo VSEPR

• Riconoscere che i diversi comportamenti chimici deicomposti organici sono imputabili alla presenza di gruppifunzionali caratteristici

• Mettere in relazione la struttura delle biomolecole con la lorofunzione biologica

• Riconoscimento dei doppi legami in unamolecola organica

• Saggio di Tollens• Preparazione di un sapone• Riconoscimento dell’amido e degli

zuccheri riducenti• Riconoscimento delle proteine con il

biureto• Estrazione del DNA da una banana

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 115

PROGRAMMAZIONE

Riportiamo a titolo di esempio alcuni

problem solving correlati al percorso

formativo di Chimica del secondo bien-

nio:

PS1: Devi separare i due componenti di

un miscuglio in fase solida costituito da

CuSO4 e I2.

PS2: Il sale da cucina, lo zucchero e la

naftalina sono tre solidi bianchi che ti

vengono consegnati in tre distinti vetrini

di orologio. Prova a identificarli utiliz-

zando acqua, etere di petrolio ed un sem-

plice sistema di rivelazione della condu-

cibilità.

PS3: Utilizzando la scala dei potenziali

normali di riduzione, progetta un sem-

plice metodo per ottenere rame metallico

da una soluzione dei suoi ioni.

L’attività di soluzione dei problemi può

essere schematizzata attraverso il dia-

gramma a V di Gowin, costituito da una

griglia che serve a organizzare le 5 fasi

elencate e che, attraverso una riflessione

metacognitiva, aiuta lo studente ad in-

terpretare quanto osservato nell’attività

sperimentale e ad acquisire gli atteggia-

menti e la mentalità tipici dell’indagine

scientifica che, come più volte sottolinea-

to, sono tra le la finalità ultime di un per-

corso formativo di ambito scientifico.

Chiara SchettiniLiceo Statale “G. Mazzini”- Napoli

BIBLIOGRAFIAA. Bargellini, Chimica in azione, Carlo Signorelli Editore, Milano 2003E. Aquilini, F. Carasso, C. Duranti, M.V. Massidda, F. Olmi, Proposta di sviluppo del curricolo chimico segmento del trienniosecondario superiore, «CnS- La Chimica nella scuola», XXII, (2000), 2, 65G. Valitutti, M. Marinozzi, A. Tifi, La tecnica del problem solving per il laboratorio di fisica e chimica, Quaderni di “Innovazione escuola”- IRRSAE Marche

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SPAZIO SCUOLAa cura di Francesco Magni

http://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it(sezione Panorama)

La rubrica, suddivisa in tre sezioni (Notizie e com-menti dalla stampa, Legislazione, Rassegna giuri-sprudenziale), si propone come spazio rivolto adocenti e dirigenti scolastici con una serie di notizie einformazioni che possono risultare utili per il loro la-voro quotidiano nella scuola.È possibile contribuire inviando domande, notizie esegnalazioni all’indirizzo email [email protected].

Stati Uniti: le scuole falsificano i test per fare “bella figura”

Alcuni insegnanti della scuola di Glen Cove, un villaggio della

costa nord di Long Island, sono indagati per aver aiutato gli

alunni delle elementari a superare gli esami. E quello di New

York sembra non essere un caso isolato. Ad Atlanta, in Georgia, è

scoppiato un caso ancor più grave di falsificazione dei registri

degli esami nei licei. In questo caso l’indagine non è solo

amministrativa, ma anche penale. I professori sarebbero accusati

di truffa per aver alterato (aumentandoli) i voti dei loro studenti

al fine di ottenere incrementi retributivi, concessi solo se migliora

la performance scolastica degli allievi. Come rilevato da

Massimo Gaggi in un suo articolo pubblicato la scorsa primavera

su «Corriere Sette», questi sarebbero alcuni effetti collaterali del

tentativo di migliorare il rendimento scolastico con un sistema di

test federali e non sarebbero riconducibili semplicemente ad

alcuni casi isolati: infatti «si sta diffondendo la sensazione che, se

si indagasse ovunque, i casi si moltiplicherebbero. A partire da

Washington, la capitale, dove è finita sotto indagine la gestione

della ex sovrintendente del sistema scolastico, Michelle Rhee,

accusata di aver chiuso gli occhi davanti al locale scandalo degli

esami truccati: gli implicati sono 191 insegnanti di 70 istituti

scolastici pubblici, e pare che vada avanti addirittura dal 2008».

Finirà così anche nel nostro Paese?

(fm) USA, Washington D.C., US Department of Education

Cina: gli insegnanti non parlino di libertà

Peggio dell’Austria che, secondo Napoleone, era sempre in

ritardo di un’idea, di un’annata e di un’armata.

Peggio dell’Austria perché se le idee che si leggeranno sotto

fossero adesso condivise dagli amici di partito di chi le ha

scritte e, soprattutto, fossero state condivise solo dieci anni fa

dalla contraddittoria galassia che compone la sinistra la storia

recente d’Italia sarebbe stata ben diversa e, forse, avremmo una

crisi economica meno imbarazzante di quella che subiamo.

Non ci resta che sperare, dunque. Sperare in una maturazione

che porti tutti a condividere il fatto che «il lavoro lo fa

l’impresa» e «quanto prima la sinistra si libererà dai vecchi

pregiudizi e smetterà di pensare che chi intraprende è un

padrone, meglio sarà».

«Chi rischia di suo, chi inventa una idea produttiva, chi dà

occupazione è un eroe del lavoro. E vorrei non lo scoprissimo

solo quando un imprenditore si suicida pur di non licenziare i

suoi operai». «Vorrei che capissimo una volta per tutte che tra

il lavoratore disperato perché sta perdendo il suo posto e con

esso la propria dignità e il piccolo o medio imprenditore che

non sa come pagare il mutuo della banca che gli chiede di

rientrare, c’è una comunità di destino. Sono tutti e due pilastri

dell’economia e della società. Solo chi non è mai stato in una

azienda italiana può pensare che la soluzione per questo tempo

di recessione sia ripartire dal conflitto tra padroni e operai».

Per questo, «la contrattazione decentrata non è un cedimento

al nemico di classe ma un modo per dare corpo a questa

comunità di relazione di destino». Sono citazioni tratte da

Walter Veltroni, E se noi domani, Rizzoli, Milano 2013.

(fm)

Asterischi di Kappa

Asterischi di Kappa

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dello spazio residenziale, le for-

me di segregazione sociale, gli

assetti mutevoli fra centro e pe-

riferia.

Il saggio ha come tema ricor-

rente la gentrification del centro,

vocabolo inglese che indica il

processo per il quale «gli appar-

tenenti a un nuovo ceto, colto e

agiato, sono andati a vivere in

zone prima abitate da famiglie

operaie, sostituendole o provo-

cando il loro spostamento in al-

tre aree urbane o extraurbane».

«Un avvicinamento nato dal de-

siderio di distinguersi», di affer-

mare il proprio status.

Il libro ha come filo conduttore

la ricerca delle tracce lasciate

dai cambiamenti nei rapporti

sociali.

P.C. Bori

Dall’immagine

alla somiglianza

Marietti 1820, Milano 2013,

pagg. 222, € 22

Al tema dell’origine nessuno

sfugge. È una domanda che at-

traversa ogni generazione e da

ciascuna arrivano risposte,

dubbi, inquietudini. L’uomo è la

sua origine. Nell’istante genera-

tivo inizia un’esistenza che, da

subito, si presenta come narra-

zione: lo è in senso anagrafico

e temporale con l’immissione

nella piccola e grande storia, lo

è in senso geografico e in quel-

lo genealogico.

Ogni persona si iscrive in una

discendenza e va ad aggiunge-

re un ramo a un albero più o

meno secolare.

M. Barbagli - M. Pisati

Dentro e fuori le mura

il Mulino, Bologna 2012,

pagg. 444, € 32

Ci sono vocaboli come «ghetto»,

«segregazione», «enclave» che

appartengono a un linguaggio

se non bellicoso, certo segnato

da una storia che evoca più la

violenza sull’uomo o sulle comu-

nità umane, che un processo di

organizzazione della città su

principi di giustizia, di equità, di

libertà, di qualità della vita.

Sono parole che ricorrono spes-

so nel saggio di Marzio Barbagli

e Maurizio Pisati, Dentro e fuori le

mura. Già il titolo contiene la

“pietra dello scandalo” – mura –

a cui ritorna continuamente il di-

scorso che i due sociologi italiani

svolgono su undici città italiane,

seguendone i mutamenti dal XV

secolo a oggi. Mura, quelle del

centro antico, che separavano

per ragioni economiche ma an-

che difensive la città dal resto

del territorio; e muri, quelli visibi-

li e invisibili, giuridici o materiali,

che oggi portano nel cuore delle

città l’inimicizia fra classi e grup-

pi sociali, fra etnie e comunità

culturali e religiose.

Il libro esamina i cambiamenti

socio demografici all’interno dei

centri urbani di Milano, Torino,

Genova, Venezia, Bologna, Firen-

ze, Roma, Napoli, Bari, Palermo e

Catania ripercorrendo le trasfor-

mazioni economiche, le disegua-

glianze e le polarizzazioni sociali,

i comportamenti delle classi e

dei ceti sociali, l’organizzazione

Origine e inizio diventano cu-

stodia di un futuro di eventi e

si presentano come matrici di

scavo per leggere la memoria,

il profondo, per decifrare l’indi-

stinto e per affacciarsi alle fine-

stre del mistero.

La Bibbia nel libro della Genesi

pone un’affermazione: «E Dio

disse: “Facciamo l’uomo a no-

stra immagine, a nostra somi-

glianza, e domini sui pesci del

mare e sugli uccelli del cielo,

sul bestiame, su tutte le bestie

selvatiche e su tutti i rettili che

strisciano sulla terra”».

Sul doppio concetto di «imma-

gine» e «somiglianza» Pier Ce-

sare Bori ha raccolto una ampia

antologia di testi curata da

Martino Patti in cui si concen-

tra sull’umano come progetto

nella tradizione cristiana. Cen-

toventi autori dalla Genesi a

San Paolo, da Agostino a Mai-

monide, da Tommaso d’Aquino

a Pico della Mirandola fino a

Manzoni, Mazzini, Berdajev, de

Lubac fino alla Costituzione pa-

storale Gaudium et Spes del 7

dicembre 1965.

Gli snodi concettuali hanno a

fondamento l’idea di creazione;

la singolarità dell’uomo rispet-

to al resto del creato; l’umano

che si carica della specificità di

rappresentare Dio sulla terra in

qualità del suo essere immagi-

ne e somiglianza dell’Eterno;

l’uomo in quanto imago Dei in-

troduce la libertà, l’uguaglianza

e l’equità perché tutti sono

creature senza distinzione di

colore e di razza.

Se per “immagine” la Bibbia in-

tende sottolineare la presenza

fisica e vivente di Dio nella per-

sona, la “somiglianza” rimanda

alla trasmissione nel tempo di

questa prerogativa umana.

Entrambe le peculiarità sono

entrate nella dimensione stori-

co-politica dopo aver a lungo

dominato quella teologico-spi-

rituale.

S. Casarino - A. A. Raschieri

Figure e autori del romanzo

Aracne, Roma 2013,

pagg. 197, € 13

Attraverso la storia del romanzo

e dei termini che lo designano, il

volume ripercorre aspetti della

storia delle rappresentazioni del

mondo implicite in ogni atto

narrativo. È l’idea centrale attor-

no alla quale, l’11-12 aprile 2012

a Mondovì, si è svolto il conve-

gno Forme e autori del romanzo,

di cui ora S. Casarino e A. A. Ra-

schieri pubblicano gli atti.

I contributi raccolti nel volume -

a firma di G.F. Gianotti, A.A. Ra-

schieri, L.R. Cresci, F. Vazzoler, S.

Casarino, S. Nasi, G. Amoretti, S.

Giuliani, G.S. Lenta, P. Lamberti -

offrono prospettive di lettura su

romanzi latini, bizantini, baroc-

chi, sugli esiti otto e novecente-

schi (Tolstoj, Dostoevskij, Piran-

dello, Morante, Eco) e sul formar-

si di un genere, come nel caso

delle narrazioni spettrali. L’inten-

to comune degli autori è di co-

stituire un punto d’intersezione

fra gli interessi di ricercatori uni-

versitari e di docenti di seconda-

ria di secondo grado, seguendo

il filo rosso dell’individuazione, a

vari livelli di approfondimento,

di un buon motivo per leggere

opere di pregio.

I saggi propongono, in tal senso,

diversi modelli di approccio al

testo.

Ad esempio, l’analisi di una pagi-

na di romanzo considerata per il

suo valore metonimico e per la

sua fertile predisposizione a una

lettura esistenziale, oltre che ar-

tistica.

La storia nelle parole

Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 117

LIBRI a cura di Luigi Tonoli e Lucia Degiovanni

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI118

LIBRI a cura di Luigi Tonoli e Lucia Degiovanni

Come nel saggio di S. Casarino,

La quercia e le frittelle: Guerra e

Pace e I fratelli Karamazov.

Un secondo modello è costituito

dalla lettura di opere letterarie

seguendo l’associazione tra con-

cetti apparentemente distanti,

che coinvolgono nella ricerca

delle uguaglianze e delle diffe-

renze. Nel saggio di S. Nasi, «Vi-

viamo in un’atmosfera di Banche e

d’Imprese industriali». Il denaro nel

romanzo francese e italiano fra

Otto e Novecento sono considera-

ti in parallelo i temi del denaro e

della letteratura, come forme del-

lo scambio tra gli uomini.

Oppure, terzo modello, la costru-

zione di glossari che sintetizza-

no i punti chiave della ricerca in-

terpretativa e che costituiscono

dotazione metodologica e stru-

mentale per future letture, ad

uso anche degli studenti. Come

nel saggio di G.S. Lenta, «…

mentre canuto senesco come il

mondo…» Declinazioni del po-

stmoderno nel rimanzo di Umber-

to Eco.

Un’opera, dunque, che si presta

facilmente all’uso creativo del

lettore.

(lt)

D. de Rougemont

Pensare con le mani

Transeuropa ed., Milano 2012,

pagg. 224, € 19,90

Erano gli anni Trenta. Lo spettro

della crisi si aggirava per l’Euro-

pa. Gli intellettuali non se la

passavano bene. Denis de Rou-

gemont (1906-1985), per esem-

pio. Nel 1931 dirigeva Je Sers,

una piccola casa edtrice parigi-

na che ebbe un ruolo rilevante

nel costituirsi del movimento

personalista. Due anni più tardi

Je Sers era costretta a dichiarare

fallimento e il geniale Denis de-

cideva di trasferirsi per qualche

tempo a Ré, un’isola al largo di

La Rochelle dove lavorò senza

sosta a una vasta serie di opere.

Qui prese forma, in particolare,

il dittico del 1936-1937, compo-

sto da Diario di un intellettuale

disoccupato e Pensare con le

mani, tradotto ora da Nunzio

Bombaci per Transeuropa ed.

Come ricorda il curatore Damia-

no Bondi nella prefazione, il

saggio sulle «radici culturali

della crisi europea» era già sta-

to abbozzato nel 1932 a Fran-

coforte, nel cuore di quella Ger-

mania che De Rougemont co-

nosceva e amava (fu, tra l’altro,

traduttore di Karl Barth), ma

che pure stava per consegnarsi

a Hitler, nel tentativo fallimen-

tare con cui un’Europa alla deri-

va vorrebbe ritrovare se stessa.

Ma, come scrive De Rougemont

in uno dei passaggi cruciali del

suo ragionamento, «ogni fine

che non abbraccia tutto l’uomo,

e che tuttavia vuole che tutto

l’uomo si subordini ad esso, è

una menzogna, uno strumento

di divisione». E l’uomo, «tutto

l’uomo», non è soltanto razio-

nalità: l’altro suo carattere di-

stintivo è la mano, secondo

quanto già testimoniato da

Tommaso d’Aquino nella Sum-

ma Theologiae.

Il libro non solo denuncia una

situazione ormai insostenibile

(l’irrilevanza di una cultura ri-

dotta a mero espediente retori-

co), ma si pone anche alla ricer-

ca di una nuova «misura comu-

ne».

La proposta di De Rougemont

è sintetizzata in un gioco di pa-

role: «mostrare che lo spirito è

reale e merita che ce ne preoc-

cupiamo solo quando si abbassa

al livello degli uomini concreti,

degli operai (ouvriers) nel senso

elementare del termine: quelli

che hanno presa sulle cose e

che “stringono la realtà rugosa”,

come dice Rimbaud, quelli che

operano (oeuvrent); e quelli che

aprono (ouvrent)». L’apertura

operosa è, per l’appunto, il com-

pito della mano resa strumento

del pensiero e quindi detentrice

delle virtù alle quali è demanda-

ta l’impresa di costituire una rin-

novata «morale del pensiero».

M. Buber

Religione come presenza

Morcelliana, Brescia 2012,

pagg. 192, € 16

Soprattutto conosciuto come

teorico del principio dialogico, il

filosofo Martin Buber fu sin da

giovanissimo un instancabile

educatore, quando nella Germa-

nia dei primi del Novecento ade-

rì con entusiasmo al progetto

dell’amico Franz Rosenzweig di

rinnovare gli studi ebraici con la

fondazione di una nuova scuola,

la Freies Jüdisches Lehrhaus.

Il testo di quelle lezioni, tenute a

Francoforte nel 1922, è pubbli-

cato da Morcelliana, con il titolo

Religione come presenza.

La tesi generale è che esiste

un’intima correlazione fra pen-

siero e azione, tra teoria ed

esperienza di vita. Questo, per

Buber, il portato più importante

dell’ebraismo tradizionale, oltre

che lezione imprescindibile per

restituire nuova linfa alla filoso-

fia occidentale, estenuata dal-

l’astrattezza e dal formalismo.

Per il filosofo ebreo la religione è

elemento portante della nuova

proposta speculativa. Bisognava

chiarire – è questo l’obiettivo

delle lezioni – non tanto l’essen-

za della religione, quanto la sua

autonomia, la sua specificità, che

andava difesa dalla minaccia dei

molti riduzionismi. Da qui la ne-

cessità di distinguerla dalla cul-

tura, ad esempio, o dalle scienze

umane, la psicologia in primo

luogo. Né d’altro canto la religio-

ne poteva essere compresa nel

suo apparato dogmatico e nor-

mativo, se prima non ne veniva

colta la sua «assolutezza», quella

che la restituisce all’esperienza

della relazione personale.

Meglio parlare in tal caso di «re-

ligiosità», quale realtà di fede,

vissuta nell’orientamento verso

l’Assoluto, il Tu eterno, percepito

come «Colui che sta di fronte»,

senza il quale nemmeno l’io può

vedere garantita la propria con-

sistenza.

Convinto che «Io sono io solo

quando sono di fronte a un tu»,

Buber andava elaborando la sua

originale concezione del tempo,

là dove il presente costituiva

l’unico possibile scenario della

rivelazione religiosa, l’attimo es-

senziale, entro cui il Tu eterno si

manifesta al tu di colui che a lui

si affida.

Da qui la sua concezione della

«religione come presenza», da

intendersi nel duplice senso di

una presenza viva che si comu-

nica e accende la relazione e, in

quanto presenza, si presentifica

nell’attimo, nel tempo cioè in cui

accade, in cui Dio si rivela nel

contatto personale con il cre-

dente.

Sfuggendo sia alla psicologizza-

zione di Dio, sia alla burocratiz-

zazione del culto e dell’obbligo

normativo, la religione per Bu-

ber è un evento relazionale che

continua dentro la storia.

Il pensiero e l’azione

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 119

ITALIANO BIENNIO

Castagna Clara, Rota Rosanna, La coesione del testo- Come analizzare un testo narrativo- Come analizzare una poesia- Come fare il commento di una poe-

sia- Come fare una descrizione - Come prendere appunti da testi

scritti- Come realizzare una ricerca- Come riassumere- Come scrivere un articolo di cronaca - Come scrivere un testo espositivo- La cronaca- La descrizione in letteratura - Diventare spettatori consapevoli al

cinema- L’importanza del lessico- La punteggiatura- Scrivere un testo narrativo- L’uso del verboFantoli Maria Giovanna, Aspetti me-todologici per studiare bene- Diventar poeti… di verso in verso- La fiaba- In scena: la parola e la scrittura nel

teatro- Leggere i Promessi Sposi e commen-

tarli- La libertà nei Promessi Sposi- Resoconto, recensione, riassunto- Romanzi del Settecento- La TelemachiaLamagna Paolo, La lettura “integra-le” dell’EneideZanetti Franca, Drammaturgia greca- Letteratura e storia- Il linguaggio pubblicitario- Metrica e poesia- Miti delle origini- La punteggiatura- Il testo argomentativo

ITALIANO TRIENNIO

Merlante Riccardo, Acqua - un para-digma letterario- Automi: storia letteraria- Il Canzoniere di Francesco Petrarca- Danza e letteratura- Il Decadentismo- La Divina Commedia: Inferno – per-

corso iconografico- La Divina Commedia: coordinate del

viaggio- La Divina Commedia nei secoli- Il doppio- Montale- La figura del poeta- Giardini e letteratura- Labirinti- Libro e letteratura- Pirandello: le Novelle per un anno- La luna- Luoghi immaginari: Utopia- La malinconia- Dal manierismo al Barocco- Metamorfosi - Il mito di Faust- Montagna: ascensioni letterarie- Oltre il confine: viaggi nell’oltretom-

ba prima della Divina Commedia- Il rinnovamento poetico del ‘900- Il romanticismo- Il romanzo gotico- Sfide artistiche- Il sogno- Sport e letteratura- Treni e letteratura- L’UmanesimoMerlante Riccardo, Malfatto Elisa, Laraffigurazione della luce nella DivinaCommediaaMerlante Riccardo, Montasi Andrea,La grande guerra

FILOSOFIA

Grotti Anselmo, Moriani Fausto, L’ar-te della memoria nel Rinascimento- Asimmetrie ( I parte) - Asimmetrie ( II parte)- Bergson- Il concetto di paternità nel pensiero

filosofico moderno e contempora-neo

- Descartes: il fondamento di unascienza meravigliosa

- La disputa medievale sugli universali- Fede e ragione in Agostino- Filosofia e rivoluzione in Marx- Il giusnaturalismo moderno- La grande instaurazione: Francis Ba-

con e le origini della scienza moder-na

- Husserl: la filosofia come scienza ri-gorosa

- Informazione e comunicazione (pri-ma parte)

- Informazione e comunicazione (se-conda parte)

- Introduzione all’etica- Kant- Macchine per pensare? - Nietzsche- La paternità nel mondo arcaico e gre-

co- Plotino- Il riso nel pensiero antico: il riso dei fi-

losofi- Il ruolo delle immagini secondo il

pensiero filosofico- Schopenhauer (1788 – 1860)- La scuola di Epicuro- Socrate- Spinoza – biografia e pensiero- Stoa – introduzione alla filosofia stoi-

ca- La strutturazione del sapere in Ari-

stotele - Tempo e ragione in Hegel- La teoria critica nella Scuola di Fran-

coforte- Vedere il mondo secondo ragione –

origini della filosofia occidentale- Vico: la filosofia della storia

STORIA BIENNIO

Tuci A. Paolo, Alle origini della civiltàgreca: le civiltà minoica e micenea- Alle origini della civiltà greca: l’età

oscura e l’alto arcaismo

LEZIONI CON SLIDE DISPONIBILI SUL SITO DI NUOVA SECONDARIAhttp://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it/

Indice tematico al 31 agosto 2013Da settembre nuove proposte

- Aspetti dell’età ellenistica- Atene dal 413 al 403- L’Atene di Solone e Pisistrato- Le Civiltà del Vicino Oriente – Gli As-

siri- Clistene - Costantino - Diocleziano - L’egemonia di Sparta- L’età delle conquiste: 264-129 a.C.- La fine della Repubblica: 44-23 a.C.- I Flavi- Le forme di Stato in Grecia - Giustiniano- La giustizia ad Atene- I Gracchi- Le guerre persiane: uno scontro di

civiltà- L’invenzione della scrittura - La Lega Delio-Attica- La Macedonia di Filippo e Alessan-

dro- Mario e Silla: Roma nel trentennio

tra 111 e 78- Pericle- Il periodo monarchico di Roma- Il periodo post-costantiniano e Teo-

dosio (337-395)- Popoli e famiglie linguistiche: la fa-

miglia indoeuropea e la famigliasemitica

- La prima fase della guerra del Pelo-ponneso

- Roma: una Repubblica oligarchica- Roma e l’Oriente: il problema del-

l’Imperialismo- Il senato romano- Sparta - Tiberio - Gli ultimi Giulio-Claudi: Claudio e

Nerone - Voci critiche sulla democrazia: un

confronto tra le fonti

STORIA TRIENNIO

Zappoli Stefano, Il 1870 e la storiaeuropea- Il Bonapartismo- La controriforma- L’Inghilterra nell’Ottocento- L’Illuminismo- L’Italia Postunitaria- Il liberalismo- La riforma protestante- La rinascita cittadina- La rivoluzione industriale - Rivoluzione industriale e società di

massa- La seconda guerra mondiale Rossi Anna, L’Ancien Régime- L’avvento del fascismo in Italia- Cina ed Europa- L’Europa delle Nazioni e l’Imperiali-

smo- Imperialismo e primato europeo- Prima e dopo Napoleone: l’ascesa

della borghesia - La prima prova scritta- La questione religiosa del Cinque-

cento- Le questioni religiose del XVI secolo- La Rivoluzione francese

- La Rivoluzione russa- Il Seicento e il Colonialismo- L’Umanesimo

LATINO E GRECO

Degiovanni Lucia, Il greco, il latino ele lingue europee:- La famiglia delle lingue indoeuropee- Le origini della lingua greca- Alfabeto greco e alfabeto latino a confronto- La formazione delle parole in greco e in latino- Il patrimonio lessicale comuneMedea: - Il mito di Medea nella letteratura greca- Il

mito di Medea nella letteratura latina- I mo-derni e il mito di Medea- Il mito di Medeanel cinema

Balbo Andrea, L’accusativo- Gli aggettivi della II classe- Il calendario- I congiuntivi indipendenti- Congiunzioni coordinanti ed elementi

coesivi nel testo- La consecutio temporum- L’evoluzione della lingua latina - Il genitivo nei verbi- Gerundio e gerundivo latini- Infectum – perfectum: la formazione

dei tempi verbali- Introduzione al lessico latino - Lessico e cultura per parole chiave (I)- Lessico e cultura per parole chiave (II)- Il nominativo e l’infinito- I numerali- L’ordine delle parole- Particolarità del verbo latino- Pronomi determinativi- Proposizioni completive- La proposizione infinitiva- La terza declinazione- L’uso dei verbi nella frase latina- L’uso dell’ablativo - L’uso di Cum- L’uso di Ut- I verbi deponenti

LINGUE STRANIERE

Anselmi Simona, Re-using transla-tion to teach languageAnselmo Anna, Romantic Exiles inItalyBonadonna Maria Francesca, La ter-minologia dello sviluppo sostenibileBonolo Anna, Elementi per un primoapproccio alle lingue e alle culture slave

Centro di linguistica dell’UniversitàCattolica, Aspetti didattici del rappor-to tra lingue e culture:

Bonola Anna, Aspetti didattici del rapportotra lingue e culture: lingua e cultura russaMolinari Chiara, La "Base de données lexi-cographiques panfrancophone": lingue eculture francofone a confrontoOdicino Raffaella, Panorama linguisticodella Spagna e dell'America LatinaNardon-Schmid Erika, Cipriano Sabrina, 9.November 1989: WIR SIND DAS VOLK ...WIRSIND EIN VOLK! Fall der Mauer (Deutsch alsFremdsprache für die 5. Klasse eines Gymna-siums für Fremdsprachen)

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Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI120

Centro di linguistica dell’UniversitàCattolica, L’esame di stato 2011 di lin-gua straniera:

Bosisio Cristina, Lingua francese, compren-sione e produzione in lingua straniera, Testoletterario e testo d’attualità- Lingua francese, Dalla composizione all’ana-lisi del testoCucchi Costanza, Lingua inglese. La prova diattualitàVallaro Cristina, Lingua inglese. Testo lette-rario: Virginia Woolf, To the lighthouseTenchini Maria Paola, Lingua tedesca. Pro-posta di attività didattica sul tema «Arbeit», apartire da M. Suter, Bäumiers Terminkollision

Centro di linguistica dell’UniversitàCattolica, Food & ethnicity: a Journeyin search of identity:

Ungari Elena, Food & ethnicity: a journey insearch of identity Lombardi Ivan, Nutrire il Pianeta, Energiaper la LinguaMauri Patrizia, Come veicolare il métissageculinaire nella classe di franceseVago Davide, La gastronomia nelle guide tu-ristiche francesi: quali rappresentazioni?Lindemann Beate, Scenari di vita urbana so-stenibile. Freiburg im Breisgau

Centro di linguistica dell’UniversitàCattolica, La langue verte: quésako?- The Great Irish Famine- La terre est Bleue comme une oran-

geCigada Sara, Strumenti per l’analisilinguistica del testo letterario: le strate-gie del coinvolgimento emotivo Costa Francesca, Colours in scienceFerrari Marta, On the road- The personal journey of Oscar WildeForchini Pierfranca, Teachingthrough corporaGabrinetti Marelia, Mauri Patrizia, Ilivelli di competenza linguistico-comu-nicativaGobber Giovanni, Scoprire la gram-matica dal testo. Un esempio con l’in-glese Lombardi Ivan, Sul videogioco nellaclasse di lingueMauri Patrizia, Esami di Stato 2009: laprova di lingua stranieraMolinari Chiara, La geopolitica dellafroncofoniaMorgana Valentina, Technology andthe language classroomMurphy Amanda, Collocation in lan-guage learningMurphy Amanda,Teaching Englishthrough literature Nardon-Schmid Erika, Cipriano Sa-brina, Il riso: ponte di collegamentotra Italia e CinaOdicino Raffaella, Letteratura e arteculinaria Pedrazzini Maria Cristina, Le themede la nourriture dans Madame BovaryPenzo Angela, The Romantic Age- From The Waste Land to The Rock –

T.S. Eliot’s spiritual journeyPiccinini Chiara, Omofonia nella cul-tura alimentare cinesePiergallini Franca, Creative WritingPiotti Sonia, Sports and gamesPireddu Silvia, The language of televi-sionPuricelli Maria Cristina, Globi stelltsich vor – Globi si presentaSartirana Luisa, L’autoapprendimen-to della lingua stranieraVallaro Cristina, Language throughLiterature, a sample lesson- The Armada Portrait. Analysis of a

Pictorial Text- A passage to India

MATEMATICA BIENNIO

Scaglia Michele, Divisione tra polino-mi- La Regola di Ruffini ei teoremi del

Resto e di Ruffini- Il teorema di TaleteMarzocchi Alfredo, Algebra astratta- Angoli- Assiomi, definizioni, teoremi- Le basi matematiche dell’informati-

ca- Disequazioni di II grado - Divisioni tra polinomi- Le equazioni di I grado - Le equazioni di II grado- Equazioni di grado superiore al II- Modelli matematici di biologia- I numeri irrazionali- I poligoni- I polinomi- I problemi classici della geometria- Problemi di primo grado a una inco-

gnita- Punti notevoli di un triangolo - Relazioni e Funzioni- Scomposizione dei polinomi- La sezione aurea - Similitudine tra triangoli- Sistemi di I grado- Sistemi simmetrici - Tautologie e regole logiche- Teoremi sulla circonferenza - Uguaglianza e proprietà logiche

MATEMATICA TRIENNIO

Lussardi Luca, Il calcolo differenzialein Newton e Leibniz- Definizione e concetto di limite- Integrali impropri - Logica e algebrizzazione booleana - I teoremi delle funzioni continue- Volumi dei solidi e principio di Cava-

lieriMusesti Alessandro, Il binomio diNewton- Circonferenza goniometrica- L’ellisse- Equazioni differenziali- Le equazione goniometriche- La funzione esponenziale e logaritmi-

ca- Funzioni trigonometriche - Integrale di funzioni razionali- Gli integrali- Introduzione ai frattali - I limiti- La mappa logistica- Massimo e minimo - Numeri complessi e trigonometria- Operazioni sui numeri complessi- La Parabola- Il piano proiettivo- La probabilità- Problemi risolubili con la trigonome-

tria- Progressioni aritmetiche e geometri-

che- Punti, rette e piani: geometria analiti-

ca tridimensionale- Rapporto incrementale e derivate- Rette e fasci di rette- Le serie geometriche- Successioni e numeri di Fibonacci- I teoremi di Rolle, Lagrange e Cauchy- La teoria di Cantor sugli insiemi infi-

niti

- Trigonometria e triangoli- Tangenti a una conica

FISICA

Stefanini Ledo, Aberrazione stellare- Attività didattiche introduttive- Caratteristiche fisiche del Sole- Cinematica solare - Circuiti oscillanti- Condensatori - Costanti fondamentali- Dilatazione relativistica dei tempi- L’entropia- Figure di Moiré- Fisica della candela - La forma dei cavi sospesi - Galileo, Newton e le maree- Grandezze fondamentali- Gli induttori- Mariotte: la legge e la bottiglia - La massa complessiva dell’aria- La massa in relatività- La meccanica della melassa- Pollicino- Problemi di cinematica- Similitudine fisica- La similitudine geometrica- Sistemi di riferimento- La temperatura- Temperature- Il tempo di Newton- Trasporto elettrico dell’energia- Velocità delle onde elettromagneti-

che

CHIMICA

Conte Ersilia, Acidi e basi - Acqua: la depurazione delle acque- Le argille- Aspetti cinetici delle reazioni chimi-

che - Aspetti energetici delle reazioni chi-

miche- Atomo e dintorni- Biochimica - Le Biotecnologie- Dal Carbonio agli Idrocarburi- Chimica analitica e i metodi spettro-

fotometrici- Chimica dei materiali da costruzione:

le calci e i gessi- La chimica nucleare. Aspetti energe-

tici e strutturali- Composti chimici e nomenclatura- La corrosione dei materiali - L’equilibrio chimico- Gas, liquidi e solidi: gli stati fisici della

materia- Dai gruppi funzionali ai polimeri - Indagini sullo stato gassoso - Introduzione all’ipotesi atomico mo-

lecolare- Introduzione alla chimica organica- Legami chimici (I)- Legami chimici (II)- La materia e le sue trasformazioni- Miscele - I passaggi di stato- Petroli e derivati- La qualità chimica: massa atomica,

molle, costante di Avogadro, massamolare

- Reazioni chimiche - Redox – Reazione di ossido riduzio-

ne: bilanciamento - Soluzioni - Stechiometria - La struttura delle molecole - La tavola periodica degli elementi

- Le trasformazioni chimiche della ma-teria

BIOLOGIA

Bruno Anna Maria, Mazzocchi Ceci-lia, Le BiomolecoleCastiglioni Giuseppina, MazzocchiCecilia, I geni di MendelMazzocchi Cecilia, La cellula nell’am-biente- Le membrane cellulari- Gli ormoni- Il sangue- Il trasporto di membrana Mazzoldi Paolo, L’evoluzione dell’uo-mo - Genetica delle popolazioni- La speciazione Mazzoldi Paolo, Mazzocchi Cecilia,L’evoluzione- La classificazioneParazzi Claudia, Mazzocchi Cecilia,La biodiversità Savì Loredana, Gli enzimiSpampinato Maria Carmela, Maz-zocchi Cecilia, La fotosintesi - … E la vita continuaZammarchi Franco, Mazzocchi Ceci-lia, Cicli biogeochimici

SCIENZE DELLA TERRA

Genzo Carlo, Le acque dolci e il lorouso- Clima e vegetazione- Coordinate geografiche e orienta-

mento- Correnti marine- I corsi d’acqua- L’età della Terra- I fenomeni carsici- La fisica dell’atmosfera- Le frane e la difesa del territorio- I laghi- La luna e i suoi movimenti - Le maree- I movimenti della crosta terrestre- I movimenti della Terra e la misura

del tempo- Onde e morfologia costiera- Le rocce- Il sistema solare- Le stelle, le galassie e l’universo- I terremoti- Il vento e la morfologia glaciale- I VulcaniAbbona Francesco, Cristallochimica- La cristallografia- Cristallografia fisica- Cristallografia reticolare- Cristallografia roengtenografica- Mineralogia generale- Mineralogia speciale- Silicati (1)- Silicati (2)Mezzetti Marco, Acqua- L’Atmosfera- Il cosmo- Le età della Terra- La mappatura del Globo- Rocce e minerali- Il sistema solare- La tettonica a zolle- Il vulcanismo

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Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. L'autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull'uso che potrà essere fatto delle informazi-oni in essa contenute.

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