novi ligure · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. ma...

40

Upload: others

Post on 30-Sep-2020

1 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che
Page 2: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che
Page 3: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Finito di stampare nel mese di febbraio 2011 da:DUEESSE S.R.L. - Novi Ligure

Tutti i diritti sono di proprietà degli autori

N O V I L I G U R EMuseo dei Campionissimi18 febbraio | 1 maggio 2011

Città di Novi Ligure

SindacoLorenzo Robbiano

Assessore alla Cultura e al TurismoSimone Tedeschi

Vice Segretario GeneraleDirigente Settore TurismoRoberta Nobile

Comitato scientificoMarisa VescovoChiara Vignola

Testi Marisa VescovoBruno BarsantiGiorgia BarzettiAlessandro CarrerPaola Massone

Mostra a cura diMarisa Vescovo

w w w . c o m u n e . n o v i l i g u r e . a l . i t

Responsabile Museo Chiara Vignola Progetto graficoIrene Parodi

Ufficio Stampa Michele Carrozzi

Comunicazione WebDaniela Piano

BrokerFrancesco Palenzona, Rela Broker Srl

AssicurazioniS.I.A.T. Assicurazioni, Genova

Referenze fotografichePaolo Avanzi

Loris Barbano Enzo BrunoMassimo Tamiazzo

Coordinamento dell’accoglienzaInnovando, Soc. Coop. Servizi per il Turismo, Novi Ligure

Si ringraziano:Bussetti & MazzaComune di Alessandria, Biblioteca CivicaGiuseppina e Gabriele Caccia DominioniMario CanepaCristiana Coppi(in memoria) sig. FranchiniSandra e Marco GastiFrancesco NegroPlug-inIudi e Antonio SantopietroMilo Stabilini

Page 4: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

“A due a due” non è solo il titolo della nuova mostra allestita nelle sale espositive del Museo dei Campionissimi, ma un progetto di ampio respiro con l’obiettivo di approfondire il legame tra arte contemporanea e territorio.Il tema era già stato affrontato due anni fa con “‘900. Cento anni di Creatività in Piemonte”, retrospettiva sulla vasta produzione della no-stra regione negli ultimi cento anni.L’intenzione è quella di avviare un processo sull’argomento sviluppandolo, attraverso un percorso che si ripeterà negli anni, per aprire gli spazi del Museo novese alla poetica degli artisti che vivono ed esprimono la loro creatività nella provincia alessandrina.Vito Boggeri, Mario Fallini, Mirco Marchelli e Marco Porta sono i quattro artisti chiamati ad inaugurare questa prima “tappa” espositiva che, come tradisce il titolo, presenta una dupli-ce e compenetrante chiave di lettura.L’allestimento si “diverte a giocare” con il con-cetto del dualismo: una parte è caratterizzata da un percorso storico ed espone opere, instal-lazioni e sculture di ciascuno dei quattro arti-sti; più specifica la sezione “Specularità”, dove sono messi a confronto due lavori di ciascun artista, un’opera prima ed una recente com-mentate da un critico affermato e da quattro emergenti. La specularità, quindi, non riguarda solamente la poetica degli artisti, ma anche i linguaggi che la raccontano. In questo modo si offre la possibilità a giovani esperti del settore di esprimere le proprie idee e di farsi conoscere.

Siamo convinti che l’arte, la cultura in generale, rappresenti un investimento e possa contribui-re, in maniera concreta, a valorizzare le risorse locali ed a rilanciare l’immagine del territorio. Pensiamo che il compito fondamentale dell’En-te Locale sia quello di creare le condizioni mi-gliori per mettere a sistema tutte le energie che gravitano attorno all’universo artistico attraver-so progetti strutturati, di sostanza, in grado di far presa sul pubblico.L’esperienza di “A due a due” segue proprio questa direzione. Un ringraziamento va a tut-ti coloro che hanno creduto nell’iniziativa e ci hanno aiutato a realizzarla, in particolare, per la curatela del percorso storico e dei testi in catalogo, a Marisa Vescovo, già curatrice della mostra sul ‘900 piemontese.

Lorenzo RobbianoSindaco di Novi Ligure

Simone TedeschiAssessore al Turismo

Page 5: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Sommario

adueadue a cura di Marisa Vescovo

Catalogo delle opere13 Vito Boggeri23 Mario Fallini33 Mirco Marchelli45 Marco Porta

specularità

58 Boggeri 1972 | 201062 Fallini 1968 | 201066 Marchelli 1997 | 201070 Porta 1993 | 2005

Page 6: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

adueaduea cura di Marisa Vescovo

Page 7: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Vito Boggerinel tempo e nella storia

L’arte degli anni Ottanta parlava del buonumo-re collettivo, ma anche delle disperazioni indi-viduali. Le asprezze polemiche contro il concet-tualismo avevano fatto il loro tempo. Anche se la pittura neo-espressionista era definitiva-mente finita, pure aveva liberato il campo da qualsiasi tabù di tipo tecnico e dalla condanna all’estetismo. Anche Boggeri negli anni Ottanta considera il linguaggio come uno strumento di transizione, di passaggio da un’opera all’altra, da uno stile all’altro. Questo ha voluto dire la ripresa della figurazione, guardando le cose da ogni lato, pertanto la liberazione da qualsiasi certezza. Boggeri non è stato uno di quegli artisti che mascherato dietro la spiritualità del dipingere, esaltando la tecnica del pennello, non parteci-pa del momento storico, rifacendosi non solo al presente, ma si sofferma anche a guardare alle immagini del passato, riconoscibili dal pubbli-co. Troviamo infatti citazioni dal passato, uno sguardo ironico alla sua iconografia stratifica-ta, patrimonio inesauribile di temi, metafore, racconti, a cui attingere: Picasso, Velasquez, l’Espressionismo, il Surrealismo, Chagall, Bacon, Sironi, Carrà, Dubuffet, Paladino, Penk, Haring, Basquiat e altri, una ibridazione delle icone, che rimanda a una sostanziale liquefazione della storia. I fantasmi gli animali (tanti uccelli), le cose, appartengono ai sensi di una cultura me-diterranea, che si impasta con gli urli muti della tristezza nordica, che si mutano in autobiogra-fia. Sono ricordi d’infanzia e memorie di ricordi

familiari, in cui i personaggi del quotidiano si mescolano con quelli di una memoria onirica. Quanto ne risulta è quindi un’aspirazione a con-templare il presente e il passato, con radici che affondano in un territorio magico e carico di simboli, che allontana dalla vita comune.In tutti i lavori che conosciamo di Boggeri il co-lore, sempre solare o infistolito di veleni e om-bre incombenti - non senza una goccia di sano kitsch - viene prima, o sta in mezzo al movi-mento e alla forma, è un medium che comun-que si oppone allo sfolgorio delle luci artificiali della vita, non viene dopo la forma, ne è un “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che non è naturalmente vacuamente ottimista, ma sottolinea comicamente l’effetto che ci vie-ne dai beffati e dagli ingannati nelle pochades. L’artista porta sulla tela immagini implacabili, ma anche cariche di tenerezza, pertanto l’ironia è solo un mezzo per fare uno sgambetto a ciò che per tutti è “bello” per antonomasia.Si tratta dunque di fare un “viaggio” fra gli archetipi che incontriamo ogni giorno, men-tre alla tecnologia dominante Boggeri oppone il suo linguaggio aspro ma poetico, capace di suggerire sia le paure di un passato ancestrale, sia le apparizioni incomparabili di un mondo in metamorfosi.

Paesaggio in movimento, 2010 Acrilico su cartone, 150 x 200 cm

13

Page 8: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Comunicazione, 2010Acrilico su cartone, 200 x 350 cm

Galli, 2010 Acrilico su cartone, 100 x 70 cm

1514

Page 9: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

La miniera, 2010 Acrilico su cartone, 170 x 150 cm

La cera sul tavolo, 2010 Acrilico su cartone, 200 x 350 cm

1716

Page 10: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Paesaggio suicidato, 2010 Acrilico su cartone, 80 x 200 cm

Due passi nel paesaggio, 2010Acrilico su cartone, 200 x 150 cm

1918

Page 11: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Ho iniziato a dipingere per solitudine a 15 anni, lavoravogiorno e dipingevo di notte.Da allora ho fatto molte mosh

Autobiografia

Ho iniziato a dipingere per solitudine a 15 anni, lavoravo di giorno e dipingevo di notte.Da allora ho fatto molte mostre, ho conosciuto e perduto persone care e interessanti nel mondo dell’arte che mi hanno aiutato e insegnato.Ora ho nuovamente incontrato Marisa e sono a Novi, qui a 2 a 2 spero non sia una decimazione, visto che a 2 a 2 abbiamo fatto l’armistizio.

Vito Boggeri

La violenza della luce, 2010 Acrilico su cartone, 200 x 350 cm

2120

Page 12: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Mario Fallininel tempo e nella storia

Mario Fallini sa bene che non ci sono più cul-ture locali, consuetudini del posto, l’onda delle trasmissioni a distanza ha trasportato lontano i grandi valori umani, letterari, artistici, con la rapidità di un torrente in piena. Ma la voce diffusa, oltre ad abolire la voce segreta, quella intima, quella della comunicazione, sostituita dalla voce dell’informazione, ha messo in an-golo le parole di preghiera, d’amore, d’amicizia, parole umane. È sullo sfondo di questo scena-rio generale della crisi della parola, che Mario Fallini radicalizza una intuizione nietzschiana, la decostruzione della corrispondenza tra parola e mondo, nella retorica della comunicazione diretta, o indiretta, tra scrittori e lettori, c’è un inganno non sempre dichiarato: un elemento di innocenza o di furbizia politico-estetica. L’arti-sta quindi deve elaborare la sua creazione come un’affermazione contrapposta al mondo. In questo mare di chiacchiere “alte” o “basse”, o di vuoto indaffarato, che causa un silenzio pas-sivo intorno all’attività creatrice, sono proprio il poeta, l’artista, lo scrittore, che possono ridare, con un colpo di reni, un nuovo “senso”, farla tornare potente, fecondare la parola. Fallini ri-scrivendo manualmente e interamente i testi “Il nome della rosa” di Umberto Eco (copiato su un supporto cartaceo), o “il Milione” di Marco Polo, dettato a Rustichello da Pisa, una striscia di diciassette metri di scrittura che accompagna il percorso della via della seta, con tre pannelli con scene di viaggio in forma di calligrammi o le “Mille e una notte” trascritto su lenzuolo, fa,

come scrive Andrea Calzolari: “la pura e sempli-ce ripetizione del significante, qual è quella cui si dedica un copista”. Le opere si presentano perciò come un tutto autonomo, quindi dotato di un senso segreto, che diventa magari, nella sua ossessiva e destabilizzante ripetizione, un enigma alludente a qualcosa d’altro da sé, qual-cosa come una seconda visione sconosciuta na-scosta dentro la prima. Il carattere enigmatico di queste opere non dipende dalla loro distanza dal mondo, ma proprio dal fatto che l’essen-za della realtà è enigmatica. Il secondo nucleo tematico-concettuale - avviene attraverso la tecnica pirografica - parte da un’iconografia rinascimentale artistica intesa come rappresen-tazione dell’inconscio mitico, da leggere anche come potenza generatrice di una visione alche-mica dell’arte e del suo contenuto di senso, in un mondo in cui tutto è pura merce.

I racconti di Mamma Oca, 2009(particolare)

23

Page 13: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Aula, 1968Acrilici su tela e perspex satinato, 60 x 80

Il nome della rosa (Ecografia), 1988/1989Manoscritto, inchiostro su carta, 86,5 x 289,5 cm

I racconti di Mamma Oca (I Promessi Sposi di H.C. Andersen), 2009Manoscritto, inchiostro su carta trasferito in serigrafia su polietilene, 67,5 x 52 cm

A destra, particolare

2524

Page 14: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Il nano Dotto sulle spalle del Gigante, 2007Inchiostro su carta, telo mimetico, 77 x 111 cm

Saturno|Crono, 2005Inchiostro su carta, caratteri tipografici in piombo, matita, 100 x 150 cm

Sopra, particolare

2726

Page 15: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Procuste, 1998/99Chiodi, legno e vetro sabbiato,120 x 180 x 140 cm

Le mille e una notte, 1991/1993Penna a sfera su lenzuolo, recto/verso,237 x 345 cm

A destra, particolare

2928

Page 16: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Sono nato ad Alessandria nelInteressato al rapporto parolimmagine, adatto tecniche e ma

La sposa messa a nudo, 1996/2009Manoscritto, inchiostro su carta, 56,5 x 100 cm max apertura 114 cm

Autobiografia

Nato in Alessandria nel 1947. Sono interessato al rapporto parola e immagine e adatto tecniche e materiali ai suggerimenti che mi derivano da varie discipline (iconologia, mnemotecnica, critica warburghiana); li traduco con procedimento analogico e metaforico in opere che il titolo integra in modo sostanziale. Da tempo mi dedico alla realizzazione del Teatro della memoria sulla base del testo L’idea del theatro di Giulio Camillo (1550).

Mario Fallini

3130

Page 17: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Mirco Marchellinel tempo e nella storia

Tutto il lavoro di ricerca di Marchelli di questi ultimi venti anni esalta il potere del dipinto nella sua fisicità stratificata, e dell’oggetto re-inven-tato, che deve provenire dalla fucina dell’inter-no per arrivare all’esterno, e non il contrario. Non si tratta solo di immagini, ma sono imma-gini con un corpo e questo corpo deve essere sottilmente autoreferenziale. L’opera di Marchelli, un vero outsider, ha at-traversato questi due decenni mantenendosi fedele a se stessa e ai propri poetici principi di partenza, ma rivelandosi nel contempo capace di rinnovarsi costantemente.La superficie della tela, che ha lo spessore di una scatola o di un libro, vibra di segni, di stri-sce, di piccoli cerchi o bolli, vibra, pulsa, si illumi-na, facendo in modo che le profondità spaziali, emozionali, spirituali del dipinto o dell’oggetto, emergano con piglio deciso. Il montaggio di di-versi elementi sul piano della tela, l’incastro di parti diverse, in cui il ritmo e l’orientamento del pennello cambia a seconda di ciò che l’artista vuole ottenere, la giustapposizione dei vari li-velli che aprono alla terza dimensione dello spa-zio circostante, fanno delle opere di Marchelli un unicum nel panorama italiano, decisamente capaci di conferire umanità ed un’espressività assorta al linguaggio astratto. Ci sembra che questo modo di procedere dell’autore si possa leggere come un itinera-rio privilegiato verso la restituzione alle cose di quei significati che sono stati erosi, dall’usura dell’omologazione, dall’allentamento della me-

moria storica e dalla pratica delle generaliz-zazioni scientifiche. Marchelli è convinto che proprio l’arte ci introduca a quanto ci sta più a cuore, a uno speciale tipo di pragma, ossia all’inesauribile nucleo di senso delle cose, da cui emergono, a partire dall’individualità di cia-scuna opera, il lavoro, l’intelligenza, e la creati-vità umane, che vi sono racchiusi.Ogni momento di questa sensibile ricerca si tra-sferisce, dal sapere scientifico che ci circonda, all’arte e dall’oggettività alla sfera della mera soggettività. In questo caso arte e pensiero, combattono la desemantizzazione cui il nostro mondo quotidiano, ridotto a “deserto del rea-le”, è stato sottoposto, e invitano, nello stes-so tempo, a rinvenire nelle cose quell’aura che ce le avvicina, pur mantenendole a distanza. È quindi possibile comprendere questo territorio della fantasia artistica di Marchelli come ato-pia, luogo inclassificabile, irriducibile allo spazio della cosa pubblica, che non appartiene né al dominio della realtà assoluta, né a quello - che ne è l’opposto speculare - dell’utopia del non esistente per definizione. Siamo introdotti così in uno spazio simbolico, dell’avventura dell’ani-ma, in cui non siamo mai stati, ma che ci sem-bra di conoscere da sempre.

Giovinastro/Stato, Participio passato, Pueril Giovinastro, 2010(particolare)

33

Page 18: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Stato, Participio Passato, 2010Legno, acrilico e cera, 66 x 126 cm, 10 x 23 cm

A destra, particolare

Nina Pinta e Santamaria, 2000Filtri e plexiglass, 86 x 88 cm

3534

Page 19: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Bombardino, 1998Installazione, (a parete) 57 x 105 cm, (a terra) 112 x 73 cm

In alto, particolare

Giardino religioso, 2010Stoffa, acrilico, cera, 182 x 152 x 5 cm

37

Page 20: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Ritratto di famiglia, 2010Legno, acrilico e cera, 28 x 37 cm

A destra, vista prospettica

Ambone, 2004Installazione, (a parete) 42 x 34 cm,(a terra) h 120 cmCollezione privata

38

Page 21: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Lapis, 1998Installazione, legno, acrilico e cera,da sinistra 96 x 192 cm, 84 x 200 cm, 102 x 102 cm

Serenata, 2009Legno, colla e cera d’api, 45 x 40 cm

In alto, particolare

40

Page 22: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Quasi quasi mi adatto da autodidatta alle sofferenze di chi è da sempre consider-

Autobiografia

Barlumi o nebbie forate

Quasi quasi mi adatto da autodidatta alle sofferenze di chi è da sempre considerato pittor dai musici e musico per i pittori anche se ancor mi piace scrivere ma non lo faccio che sta di fatto che forse il vero è il tutto o quanto a basta di parte di queste cose sconsiderate al punto che di un rendiconto trattasi ma non lo dico che forse penso non sia poi adatto parlar di me in quanto tale ma del mio gatto che passo passo son tredici anni che lei mi accoglie data portante novanta sette in quei giacigli sparsi per casa dove si sfrutta ozio e salti in banchi di nebbia forata qua e là da tipo quella cosa tenuta sempre accesa atta a non far morir memorie da traghettar fin qui duemila e dieci storie di acque e di terra terra in stati passati a raccontarle tutte tra astri giardini trombe clarini e genis con po’ di spagna amata e ratafià.

Mirco Marchelli

Giardino religioso, 2010(particolare)

43

Page 23: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Marco Portanel tempo e nella storia

Marco Porta nella sua ventennale carriera ar-tistica è passato attraverso diversi linguaggi: dalla pittura in cui pullulavano mosche, imma-gini pittoriche geometriche, composizioni nelle quali l’icona umana usata graficamente compo-neva girandole-labirinto, installazioni insediate dentro delle risaie, sculture in resina e polvere di marmo, ceramiche smaltate, sculture con cri-stallo, acqua, gesso e sale, terrecotte, acqua-relli, e un gran numero di opere quasi sempre strutturate in serie, ognuna delle quali con pic-cole differenze. Ma le sculture-installazioni più note dell’artista girano attorno al corpo uma-no, che si affaccia come una presenza miste-riosa e silenziosa nel mondo, e non una povera esistenza che vive solo una dimensione d’esse-re, senza più poter osare e intraprendere. Con un nutrito gruppo di lavori basati sull’immagine della mano l’autore ci fa capire molte cose in-torno ai significati simbolici, concettuali, meta-forici. Queste sculture di Porta sono costruite con gruppi di mani e braccia che si intrecciano in mille figure: formano palle, esagoni, quadra-ti; esse esprimono un’idea di forza come di po-tenza e di dominio. Potremmo vedere in queste mani rigide come arti artificiali, che costituisco-no reti di memoria architettonica, microcosmi che sfuggono al condizionamento spazio-tem-porale. La posizione delle mani, come in altre sculture dell’arista, è simbolo di atteggiamenti interiori - come si vede nei principali “mudra” buddisti - concentrazione meditativa, dialettica, donazione , carità, pacificazione, illuminazione,

trasferimento di energia. Tutte le civiltà, con maggiore o minore sottigliezza, hanno usato, e usano, il linguaggio delle mani, ma la mano è talvolta paragonata all’occhio: essa vede. In fondo la mano, con la quale è molto difficile “mentire”, è una sintesi esclusivamente umana del femminile e del maschile: è passiva quando contiene, attiva quando tiene, serve da arma e da strumento. Le mani-architettura di Porta rivelano movimenti forti, possiedono pathos e, talora, enfasi, infatti il gesto, a seconda come è strutturato, diventa espressione di un sen-timento vivo, entusiasta, o furente, capace di intimidire. Queste sculture mostrano un preciso interesse per la leggerezza, caratterizzata dalla semplificazione delle forme, dalla distribuzione costante degli spazi felicemente reinterpretati, tanto da alludere a una smaterializzazione delle cose, capace di vincere la stasi e il peso.

Le parole come parole, 2005Bronzo, ø 105 cm

45

Page 24: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Mani immobili sfiorano, 2005Olio su tela, 200 x 200 cm

46

Page 25: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

I cercatori di quiete, 2003Cristallo, resina, acqua, sale, 147 x 40 x 40 cm

Mani immobili sfiorano, 2005Olio su tela, 200 x 200 cm

48

Page 26: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Ascoltare senza orecchi, 2003Olio su tela, bronzo, spago, 225 x 227 cm

In una parola, sono già tre parole, 2007Bronzo, 280 x 250 x 30 cm

50

Page 27: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Fare silenzi, 2010Bronzo, 30 x 200 x 190 cm

Non penso che una biografia decontenere date e elencazioni dcadiménti ed eventi - quanttosto persone e parole di persoci riportano e dicono.La biografia raccolga rappres

Autobiografia

Non penso che una biografia debba contenere date e elencazioni di accadiménti ed eventi - quanto piuttosto persone e parole di persone che ci riportano e dicono.La biografia raccolga rappresentazioni, raffigurazioni, giudizi e congetture, racconti, i segni e gli oblii, da coloro che ci sono stati estranei e compagni di percorso e trascorso. Un inanellarsi di opachi ricordi, approssimati gli uni agli altri, delimiti la porzione dello spazio e del tempo che contiene la nostra vita così come uno stampo è insieme impronta e matrice della sua scultura.Quanto più il ricordo attorno a noi si fa sfumato, approssimativo, rielaborato tanto più la nostra vita trascorsa si dilata e viene

ad assumere i connotati dell’eventuale e del possibile, perdendo quelli di una pretestuosa e falsa oggettività.E poi i nostri ricordi: disarticolati anch’essi in questo perpetuo e interminabile lavoro che ognuno di noi continua a praticare incessantemente, il lavoro di raccontare di noi a noi stessi per costruire quell’immagine identitaria che ci consente di distinguere e differenziare l’io dal non io. Ed è un raccontarci lo stesso passato, ogni volta più distante ed evanescente, sempre in modo mutato e rinnovato. Senza illusorie pretese fotografiche ma con reali e fondate nuove verità. Mi piace contrapporre alla cultura dell’individualità e della storia la concretezza e sensibilità dell’inidentità e dell’evanescenza. Alla certezza sostituire la possibilità della rappresentazione. Le opere stanno nella mia testa, irrisolte, confuse, spezzate, ossessive, e si mischiano ad altre opere e ad altre ancora. Poi dopo giorni mesi o anni, in un attimo, le parti magicamente si riconoscono, si danno la mano e mi danzano davanti agli occhi. Sono il privilegiato che ha visto per primo. É l’unico motivo valido per scegliere questo mestiere.A questo punto viene il lavoro che rende manifesto e visibile il pensiero rivestendolo di materia.

Marco Porta

53

Page 28: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che
Page 29: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Un’opera prima ed un’opera recente messe una di fronte all’altra, si specchieranno sulle pagi-ne di questo catalogo e si specchieranno, sulle pareti di uno spazio chiuso e intimista lungo il percorso espositivo.Ognuno dei quattro avrà il suo spazio di con-fronto con se stesso e il visitatore potrà percepi-re l’evoluzione in alcuni casi macroscopica, ma non del tutto profonda, mentre in altri, micro-scopica, ma di grande portata. Il percorso di ogni artista, attraverso la forma e la sostanza, la scelta dei materiali, di linguaggi differenti, dalla pittura alla scultura, dall’instal-lazione al disegno accademico, porta a risultati, che non sono mai un obiettivo finale, ma sem-pre un ulteriore punto di partenza.Questa sezione, intitolata appunto “Speculari-tà”, mette a confronto il linguaggio di Boggeri, Fallini, Marchelli e Porta, mette uno specchio invisibile tra “ieri” e “oggi”, costringendo l’ar-tista a guardare nel suo “cassetto della memo-ria”, forse caro, forse ricusato.Nello stesso tempo abbiamo il confronto dei linguaggi della critica: Marisa Vescovo, critica affermata e profonda conoscitrice degli arti-sti, ci racconta le opere prime e quattro criti-ci emergenti (Bruno Barsanti, Giorgia Barzetti, Alessandro Carrer e Paola Massone) ci accom-pagnano alla scoperta delle quattro opere ulti-me. L’incrocio è un primo esperimento di dia-logo dell’artista con se stesso, della critica di oggi e di ieri con il percorso della mostra, uno specchio tra artista e artista.

57

Page 30: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Questa opera è tipica di una serie di opere in cui Vito Boggeri lavora soprattutto sul materiale “sabbia”, per focalizzarsi mag-giormente sull’utilizzo di materiali comuni, una ricerca che ha come precedente una memoria di pop art vista in termini pret-tamente italiani, cioè non legati solamente all’invasione dell’immagine massificata ma anche alla sua opportuna associazione a un modello di immagine artistica forte e lega-ta al nostro passato. Occorre sottolineare che nel “fare” di Boggeri, a proposito delle opere di sabbia degli anni Settanta vi è una sottile e concettuale svalutazione dell’og-getto d’arte a favore dell’azione, del gusto tautologico, e di un assoluto mentalismo che affonda le radici nella negazione del lavoro artistico inteso come “produzione”, rispetto alla cosidetta “arte da museo”, che dissolve le categorie estetiche del pas-sato e prospetta a molti la possibilità di realizzarsi in un atto creativo. Il quadro che prendiamo ora in considerazione : “Sab-bia appesa”, 1972, presenta due strisce di tessuto coperto di sabbia che terminano in due sacche, variamente stampigliate in nero, le quali contengono ciascuna 5 kg di sabbia, il tutto appoggiato su un pannello in legno il cui colore e le arabescature della materia ricordano un deserto. Non dimen-tichiamo che il simbolismo della sabbia

Boggeri 1972 Marisa Vescovo

Sabbia appesa, 1972Sabbia, colla, legno, 100 x 100 cm

deriva dalla moltitudine dei suoi granelli, e quindi dell’abbondanza, ma è anche fa-cile da penetrare, è plastica, aderisce alle forme che si modellano dentro di lei, come ricerca di riposo, di sicurezza, di rigenera-zione. Boggeri quindi ricorre all’icona per rivolgersi contro il mito della trascendenza concettuale, e per ottenere un risultato ef-fettivo fa si che l’immagine non sia diversa dalle cose che siamo abituati a vedere, che possiedono ancora una loro vitalità che viola l’omologazione di quanto ci circondaIn quasi tutte le opere di questo decennio, vogliamo sottolineare l’idea di un’arte di-sponibile a tutte le idee e a diversi media, un’arte che non crede nella ripetizione e nella struttura rigida, ma fa della volontà individuale uno strumento di incoerenza operativa, capace di far uscire la comuni-cazione artistica dal rigorismo dei mezzi e delle procedure. La differenza più eviden-te con la corrispondente esperienza artisti-ca americana è il carattere schiettamente “oggettuale”, e l’impiego di procedimenti automatici ed elementari, legati alla con-tingenza e all’astorico, con la concezione antropologica, l’intenzione di gettare alle ortiche ogni discorso “univoco” e coeren-te, ogni storia e ogni passato, per possede-re il ”reale” dominio del nostro esserci. La poesia di quest’opera deriva dal fatto che

gli oggetti presentati non dialogano con le cose, ma parla attraverso le cose, espone il carattere e la vita del suo autore attraverso le scelte, che egli opera in un numero limi-tato di possibili eventi e idee. L’accento si sposta così dall’esserci dell’oggetto all’es-serci dell’uomo.

5958

Page 31: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Una semplicità carica di significati, è questa la prima impressione che si intuisce e che scaturisce dal confronto con un’ opera di Vito Boggeri. La semplicità nasce dai sog-getti riconoscibili e quotidiani, ma non per questo banali, che si affacciano nei cartoni e nelle tavole dipinte di colori pieni e tratti densi, robusti. Una pittura che, come ricor-da l’artista stesso, nasce da una viva neces-sità dell’esprimersi. Ma anche una pittura a cui l’artista giunge portando appresso un variegato e vasto bagaglio di esperienze e conoscenze artistiche, che lasciano una traccia indelebile e spesso evidente nelle sue opere. Un cammino che, percorso negli anni attraverso medium e forme espressi-ve diverse, pittura ma anche fotografia e performances, arricchisce la realtà di sen-sibilità, di visioni e di messaggi da sempre mediati dall’ironia.Così la riflessione sull’opera “Paesaggio” crea terreno fertile per un discorso artico-lato. C’è una casa al centro del dipinto, un soggetto che diviene personaggio centrale della composizione, reso vivo, organico e biomorfico, con quell’accenno di coda che Boggeri concepisce come uno dei possibili attributi propri dell’abitazione. Simili case appaiono, pur caricate di ulteriori elemen-ti allusivi, nella “Sfinge”, opera di anni recenti, mentre altri suoi dipinti vengono

2010

animati da edifici provvisti di denti, zam-pe o di orecchie, come per l’appunto “La casa con le orecchie” del 2003. Ogni attri-buto si connette a un pensiero, un concet-to che crea significati nuovi, più o meno palesi, a volte sfuggenti. Immagini e idee che dall’interiorità dell’artista prendono forma nella pittura e si connotano in un loro lessico riconoscibile e personale. Per-ché nell’opera di Boggeri non è raro che gli stessi personaggi e simboli si rincorrano da un quadro all’altro, presentati nelle loro caratteristiche e possibilità evocative. Così il lavoro dell’artista si articola come un lun-go discorso, o ancora meglio, un racconto che non si racchiude nel singolo quadro ma abbraccia anni di produzione artistica. La dimensione del racconto, da sempre presente nel lavoro artistico di Boggeri, una narrazione dell’intimo e venata di sur-reale, si ritrova in quest’opera e nei suoi protagonisti. La casa, certamente, ma an-che il paesaggio stesso, elemento nodale nella poetica dell’artista. I colori forti che lo compongono compenetrano la figura, in un dialogo, in un raffronto, fra la natura e la casa, l’interno e l’esterno, l’esteriorità vitale e invasiva del paesaggio e l’interiori-tà nascosta e carica di mistero che si apre come la porta sul nero interno.

Boggeri

Paesaggio, 2010 Acrilico su cartone, 120 x 120 cm

Paola Massone

6160

Page 32: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

I temi del lungo excursus artistico di Mario Fallini sono sempre impegnativi e riguar-dano: lo spazio, il tempo, la scrittura. Il lato interessante è che queste astrazioni riesco-no a diventare icone, riescono a trovare un autore. Vengono alla ribalta in forme geometriche, isole di colore e ritmo, che non ignorano la luce. L’immagine rimane immersa in un limbo, la favola della scuo-la è solo allusivamente concreta, le letture particolari sostituiscono il tutto.Si tratta di un lavoro che aderisce al mon-do di Husserl per la sua tipica “ambiguità”, dove non è ancora distinto il dato empiri-co dal discorso logico, dove non c’è barrie-ra tra l’oggetto e il soggetto, e si nota il senso nuovo della “relazione” tra le cose. Certo è da chiarire il rapporto di Fallini con la realtà, è da chiarire la sua indagine nel mondo psicologico del profondo. Così si arriva a capire che il particolare racconto dell’artista diventa la proposta per riunire finalmente forma e “recherche du temps perdu”, e viceversa.Queste forme - una predella, una cattedra, una sedia, una carta geografica dell’Italia, una croce, tutto rigorosamente rosso - ci fanno pensare ad un tipo di Pop Art, che potremmo definire domestico, che non vuole essere satira, e non vuole caricarsi di ironia, infatti non è negazione ma parte-

cipazione. L’autore prende sul serio il suo “piccolo mondo d’infanzia”, lo ama (con qualche riserva) proprio perché lo vive e non si limita a ricalcarlo freddamente. Se la Pop dice no e si, Fallini dice “forse”, e la “possibilità” è una via aperta per chi vuole raccontare, come in sogno, l’accumulazio-ne di episodi vissuti.Notiamo in questo lavoro una volontaria purezza che non sa e non vuole rinuncia-re a nessuna sollecitazione umana, è una metafisica della forma più che metafisica delle idee. In fondo ciò che percepiamo tra nero secco e rosso luminoso è un doppio gioco tra fondo e forma, tra geometria e cose, tra enigma e soluzione, tra segnale-tica e purismo, tra ricordare e ricostruire.Fallini nel momento di appoggiare gli og-getti sul piano ritrova la superstizione del “fascinum” popolare. Ma questa definizio-ne che non si può definire “defixio ima-ginis” si arricchisce, e diventa “defixio me-moriae”. Gli oggetti sono il tempo perduto, il ricordo di una infanzia autobiografica e insieme sociale. Un’infanzia che in questo caso si chiama Alessandria.Questo lavoro diventa un modo di sgom-brare l’occhio da cose inutili, per mettergli davanti un mondo “ridotto”, di sensazioni sdrammatizzate, di spazi sezionati, di og-getti scarniti. E siamo di nuovo ad un’idea

Fallini 1968

pura, non progettata e poi costruita, bensì sognata ed evocata in una lontananza, una sensazione che ci aiuta a ritrovare il plexi-glass posto davanti al quadro.

Aula, 1968Acrilici su tela e perspex satinato, 60 x 80 cm

Marisa Vescovo

6362

Page 33: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Sul finire degli anni Ottanta Mario Falli-ni avvia la sua personale ricerca relativa alle potenzialità della scrittura. Dopo aver sperimentato diverse tecniche e differen-ti materie, inizia ad elaborare opere non solo per immagini, ma anche per testi. La sua sperimentazione artistico-narrativa passando dalla scrittura manuale (Il nome della rosa, Le mille e una notte), attraver-so l’uso materico dei caratteri da stampa e l’utilizzo della tecnica del calligramma, ar-riva infine alla riproduzione serigrafica di un font che imita la grafia dell’artista (La Bibbia), alta, stretta e leggermente inclina-ta verso destra: un carattere creato negli anni Novanta per la realizzazione di tavo-lette di ceramica su cui venne trascritta la Bibbia. Il Cavallo di Troia è l’ultima opera di questo filone sperimentale e assomma in sé, oltre alla scrittura, molti altri elemen-ti della ricerca artistica dell’autore, dall’at-tenzione all’aspetto materico dell’opera ai i temi della memoria, del ricordo, del tem-po e dell’imitazione.Una grande clessidra in perspex sorregge un cannocchiale con il quale il visitatore può osservare in modo attento e preciso la complessità del Cavallo di Troia, anch’esso realizzato in perspex: l’insieme creato dai tre elementi articola lo spazio creando uno speciale rapporto con il visitatore, invitan-

2010 Fallini

dolo ad accostare l’occhio al cannocchiale: non basta infatti uno sguardo veloce per gustare l’operato dell’artista, è necessario soffermarsi, “prendere tempo” e “legge-re” l’opera con tutta calma. Solo così sarà possibile scoprire che l’intera sagoma è ri-coperta di caratteri alfabetici colorati che imitano la cromia del legno, la materia vi-brante con cui il cavallo venne costruito, e che tentano, provocatoriamente, con le loro sfumature, di ingannare l’occhio del visitatore distratto o frettoloso. Osser-vando l’opera attraverso il cannocchiale appaiono poi ben chiari gli splendidi ver-si dell’Iliade, il mito di Achille e la guerra tra Greci e Troiani, serigrafati attraverso il “font-Fallini” e sapientemente suddi-visi con calcoli precisi sulla superficie del cavallo e della base. Mentre leggiamo, la memoria ci riporta lontano nel tempo, ai ricordi delle aule scolastiche, all’inganno del cavallo di Troia, alla cultura classica. Trasportati dal ricordo ci accorgiamo, for-se, anche dell’inganno giocatoci dalla me-moria stessa e dall’artista: non nell’Iliade sono narrate le vicende legate al cavallo bensì nell’Odissea e nell’Eneide. L’ingan-no quindi continua a ripetersi nel tempo, inesorabile così come continua a ripetersi il breve frame tratto dal film Elena di Troia del 1955: all’interno di un piccolo schermo,

collocato nella pancia del cavallo, un video ripropone in loop la scena dei soldati greci che a notte fonda fuoriescono dal ventre ligneo del cavallo per sferrare l’attacco agli ignari Troiani. La pellicola di Robert Wise è per Fallini elemento catalizzatore in grado di riportare al tempo presente un mondo privato di ricordi legati alla sua giovinezza e ad una dimensione intima e domestica. L’opera assume così una doppia valenza, collettiva ed individuale, richiamando dal passato una dimensione condivisa e delle sensazioni assolutamente private e perso-nali. L’utilizzo del video si distingue poi, dal punto di vista strettamente tecnico, come una novità. Sebbene Fallini abbia spesso utilizzato materiali assolutamente diversi a partire da quelli industriali come il perspex, i neon e i led sino a quelli più naturali come la farina o il cioccolato, non aveva mai sin’ora utilizzato un frame cinematografico all’interno delle sue opere. L’uso del video diventa quindi indice della costante ricerca di mezzi, materie e tecniche propria del-la sperimentazione dell’artista, finalizzati all’espressione più completa del proprio sentire. L’utilizzo della scrittura è invece l’ultima evoluzione della ricerca di Fallini su questo mezzo: non più un calligramma, ma una superficie piena modulata attraverso il ripetersi del testo stesso; non più scrit-

Il Cavallo di Troia, 2010 Serigrafia digitalizzata UV su acrilico/schermo, 154 x 252 cm (opera realizzata nei laboratori Bussetti & Mazza e Plug-in)

tura manuale, ma scrittura informatica at-traverso il “font-Fallini”. Questo carattere riproduce attraverso uno specifico softwa-re la grafia unica e personale dell’artista, ingannando lo sguardo dell’osservatore e creando una sorta di falso manoscritto, unico nel suo genere, ma in realtà assolu-tamente riproducibile. In tal modo Fallini si riappropria dell’opera letteraria da cui trae ispirazione e la rivitalizza permetten-done una “lettura” dinamica e interattiva. L’opera non si riduce quindi a mera copia del poema omerico ma si presenta come vera e propria traduzione in immagine del testo. Il poema infatti non risulta imme-diatamente leggibile e l’osservatore può cogliere l’essenza dell’opera attraverso la forma del cavallo e attraverso le sequenze che scorrono nel piccolo schermo. Una tra-duzione però in parte ingannevole, come abbiamo visto, a cui l’artista pone rimedio attraverso il cannocchiale, montato sulla clessidra, che permette una fruizione com-pleta, seppur frammentata dell’opera: una visione possibile solo a distanza e nel tem-po lungo della lettura.

Giorgia Barzetti

6564

Page 34: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Guardando questa opera del 1997, Senza titolo ritroviamo totalmente il clima della casa di Mirco Marchelli, una serie di oggetti (sgabelli, pile di carta, libri, pacchetti anti-chi mai aperti, piccole tele con o senza cor-nici, sbocconcellate, trovati su bancarelle) cercati la domenica mattina nei mercatini della zona e poi sparsi per le stanze-wun-dercammer un po’ romantico-decadenti- con un ordine definibile solo dall’autore. Ciò che però ci colpisce subito e che ciò che vediamo non ha nulla da spartire col ready made classico, infatti sentiamo che le cose che vediamo hanno subito una meta-morfosi nel tempo, magari per contagio, o perché Marchelli ogni tanto aggiunge loro qualcosa che gli pare necessario per ren-derle proprie, per dare loro un’aura di po-esia, la quale non ha nulla da dividere col clima concettuale in cui sono nate alcune di queste installazioni negli anni Novanta. La forza creativa dell’artista ovadese (musici-sta di talento) insita in ogni artista implica un rapporto intenso, intimo col mondo che gli fa da mantello protettivo, persino l’atto di avviluppare in un po’ di cera a un’opera aggiunge espressività ai linguaggi, di so-lito congelati nei loro assetti formali, che invece hanno un grande bisogno di flussi, capaci di spostarsi da un elemento all’altro, instaurando una dinamica di liberazione

Marchelli 1997

Senza titolo, 1997Installazione Collezione privata

dall’omologazione.Ciò che il nostro non ha mai rinunciato, no-nostante che il linguaggio pittorico risulti ai più ormai obsoleto, rispetto all’invasio-ne nell’arte dei media, è l’uso della pittura, una pittura fatta di spazi quadrati colorati con colori decisi, ma percorsi da pennel-late di tonalità diverse, superfici coperte di cerchi più o meno fitti, che ci danno la sensazione della lievitazione verso l’alto, un’astrazione sporca, che si somma ad og-getti, totem, con coronamenti di piccole biglie, o magari pietre, il tutto tessuto da trame misteriose e segrete, che, come un racconto, ci guidano nei territori magici dell’immaginazione e del ricordo.In questa installazione, in cui le cose sono disposte in modo casuale sulla parete, an-che lo sgabello consunto su cui sta una pila di carte, che denunciano attraverso la polvere (un altro allevamento di polvere) il peso del tempo, diventa un elemento che concorre a dare, oltre alla terza dimensio-ne, un senso di libertà e spontaneità senza limiti. Tutto questo ci ricorda anche i ceri-moniali giapponesi, che usavano esclusiva-mente oggetti caratterizzati dalla qualità wabi sabi che indica povertà ed essenziali-tà, ma anche la capacità di esprimere il tem-po passato e vissuto. Come per gli orienta-li Machelli si accosta a un atteggiamento

di sereno abbandono, di rilassato fluire di pensieri e sensazioni, uno stato d’animo propizio all’emergere di un rapporto con le cose non limitato all’essere a portata di mano, ma di ricerca di una riservata e inti-ma bellezza.

Marisa Vescovo

6766

Page 35: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

La piramide e la sfingeChi parte cercando l’armonia fa operazioni decorative, chi invece cerca di arricchire il processo di pensiero, il processo tra sé e le cose, arriva all’armonia e non sarà mai estetizzante o decorativo..Sarà un punta, sotto cui sta una piramide di cose.

Luciano Fabro

Ho conosciuto il lavoro di Mirco Marchel-li, ma Mirco Marchelli non l’ho mai incon-trato. Tocca dirlo per ammissione di colpa (ma si fa per dire) e per produrre una dif-ferenza, una differenza forte, lampante, immediata non appena mi metto a legge-re i testi critici sull’artista raccolti in diversi cataloghi: non sono mai stato a casa sua, a Ovada, un luogo abitativo che diventa “mi-tico” più o meno alla quinta riga di ogni pezzo scritto sul suo lavoro. È in quello spa-zio denso di oggetti, di atmosfera, di me-moria che tutto sembra prendere forma: le innumerevoli cose acquistate nei mercati-ni, la musica, il pianoforte, la cucina, sono magma e materia, il caos in attesa del suo demiurgo, l’aleph attraverso cui vedere il mondo dell’artista.Sono tentato, potrei chiamarlo e scambian-do quattro chiacchiere domandare se pos-siamo incontrarci da lui per parlare delle sue opere, della musica, degli autori che ama di più, delle influenze; ma poi penso che la più parte del pubblico che visiterà

2010Marchelli

la mostra non andrà a casa di Marchel-li, non ne ascolterà l’odore e gli accordi, non percepirà quel favoloso universo. Così mi accontento di sapere, di immaginare quel luogo che sarà origine ma non è cer-to fine, e di partire dal lavoro, dall’opera, che tutto contiene, muovendo da ciò che è immediatamente evidente per procede-re a ritroso, come tutti; e poi è necessaria una certa distanza, perché l’opera vive an-che e soprattutto al di là dell’artista e del suo studio, è del pubblico e per il pubblico. Infine, non si deve esagerare nella “follia interpretativa”, perché, come sostiene Eco, ogni buon lavoro è un’opera aperta, col-mo di associazioni, rimandi, pensiero, ma mai conclusivo. Osservo con attenzione il trittico e leggo il titolo – Giovinastro – Sta-to, Participio passato – Pueril Giovinastro: immediatamente emerge una relazione forte tra gli elementi che compongono le immagini e le parole, entrambe “strumenti linguistici, grammaticali, attraverso i quali viene sviluppato il lavoro” (S. Le Witt); pa-role forti e leggere insieme, per combinare con ironia riflessioni profonde sul senso dei simboli – la stella, la bandiera, lo Stato – e il gioco, solo apparentemente puerile: come un enigmistico che sale a ritroso lungo la linea del tempo, per ridiventare enigma-tico, Marchelli trasforma banali giochi lin-

guistici in piccoli oggetti magici, “tenendo divaricate due linee di senso, in modo che l’evidenza dell’una celi il segreto dell’altra” (S. Bartezzaghi). Nel colore, sulla superficie profonda del lavoro, inietta tempo, memo-ria, nel bianco che non è più bianco, nello sbiadimento dei toni, sul piano che sembra graffiato dagli anni, rivelando un altro da sé, per dare vita ad un luogo in cui passato, presente e futuro si mescolano irrevocabil-mente. Non senza consapevolezza però, come se un oggetto svuotato di senso non procedesse verso l’oblio ma in direzione contraria, a cercare un nuovo e diverso si-gnificato, come linea che muta in cerchio, perché il tempo è sì una dimensione fonda-mentale dell’essere, ma non certo un greve e perenne memento mori. La composizio-ne comincia così ad articolarsi, le battute si fanno spartito, gli elementi danzano in-sieme, trovano ordine e vita: ”un motivo musicale, una relazione, la conoscenza che viene quando sei note ne fanno prevedere una settima, quando tre note battono una contro l’altra e definiscono un modo mu-sicale, o una melodia definisce una scala, perché la musica è il puro linguaggio della relazione temporale e co-temporale e lui sa ogni cosa di tutto questo” (S. Delany).

Giovinastro/Stato, Participio passato, Pueril Giovinastro, 2010Installazione, 124 x 178 cm, 35 x 50 cm

Sopra, particolare

Alessandro Carrer

6968

Page 36: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

L’opera d’arte figurativa o astratta sembra destinata, con tutta evidenza, a rivolgersi alla vista, è qualcosa che si guarda. Que-sta opera di Marco Porta rivela che l’artista cerca un mondo in progressione: una im-magine che imprigiona il movimento, uno spazio misurabile, matematico, un ritmo sfuggente e elegante. Il gioco di incastri dei materiali: acciaio, rame, cristallo, ac-qua, resta in bilico tra realtà ed emblema, tra inconscio, immagine, racconto, tra pre-sentazione e rappresentazione, tra parte-cipazione ed ironia, tra “l’école du regard” e il minimalismo americano - senza la sua perentorietà monumentale da struttura primaria, tra geometria pura e miraggio - che ci fa rammemorare il fantasma di una sfinge. Nello stesso tempo questo è un casellario rigoroso di segni che diventano “segnali”: metallo e trasparenza, rigidità e libertà, scansione e fluidità, energia e fles-sibilità.Porta vive un momento di trapasso e di so-spensione dalle immagini rigide e ripetute alle materie libere, che con la forza della loro tautologia visiva affermano un campo energetico di figure e di forme. I significati simbolici dell’acqua (che si trovano in molte opere di Porta) sono innumerevoli: sorgen-te di vita, mezzo di purificazione, centro di rigenerazione, perché origine e veicolo di

Porta 1993

Fo-fo-fontana, 1993Acciaio inossidabile, cristallo, rame, acqua,137 x 126 x 162 cmCollezione Negro

ogni forma di vita, soffio vitale, madre e matrice, fonte di tutte le cose, essa rappre-senta il trascendente, la manifestazione del sacro.L’idea è quindi di “cristallizzare” l’estrema fragilità di un paesaggio per farne un coa-gulo di staticità e di elasticità, rappresenta-ti dall’acciaio, dal rame e dall’acqua. Si pro-fila quindi una tensione tra irrigidimento e ricchezza energetica delle materie, quasi vi fosse un trapasso continuo, dove il cristal-lo - simbolo di limpidezza e di purezza e di spirito lucido - crea un equilibrio quasi in procinto di spezzarsi, come se il flusso delle energie oscillasse tra i poli del liquido e del duro, anzi l’uno colasse nell’altro.Comunque quest’opera col suo gran-de triangolo di cristallo è uno dei più bei esempi di unione di contrari: il cristallo, per quanto sia materia, è trasparente come se non lo fosse e rappresenta il piano inter-medio tra visibile invisibile; è il simbolo del-la divinazione, della saggezza e dei poteri misteriosi accordati all’uomo. Con questo lavoro Porta immobilizza il percorso di un peso e introduce il possibile congiungi-mento degli opposti: il maschile e il femmi-nile, il fisso e il volatile, il duro e il fluido. I materiali autogenerano le immagini che costituiscono il discorso di una sfida all’ar-tificialità e alla staticità.

Marisa Vescovo

7170

Page 37: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

La complicità del silenzio fa parte di una serie di lavori in cui Porta, artista laureato in matematica, esplora la relazione tra Spi-rito e Materia, Arte e Natura, attraverso la creazione di ambienti ‘metafisici’ racchiusi in strutture elementari e funzionali, ricon-ducibili tanto a manufatti industriali quan-to alle espressioni della Minimal Art. La superficie quadrata di un tavolo-gabbia in acciaio è qui trasformata da potenziale piano d’appoggio in un meta-spazio auto-nomo e autodeterminato, un micro-cosmo liquido in cui bianche figure sono immer-se in uno stato contemplativo. In tal modo Porta affronta un processo creativo mul-tiplo che investe sia il piano del reale che quello ontologico: egli agisce allo stesso tempo come un designer e come un de-miurgo, realizzando un oggetto-scultura che se da un lato può relazionarsi allo spa-zio circostante secondo criteri funzionali e/o estetico-decorativi, dall’altro diventa il medium, il supporto che rende possibile la creazione di un mondo parallelo e l’appro-do ad una dimensione ‘altra’. L’artista affianca a materiali artificiali, qua-li acciaio e resina, elementi naturali come il cristallo e l’acqua, quest’ultima sostanza primordiale del nuovo ‘mondo’. E proprio la presenza geometricamente delimita-ta dell’acqua, ricorrente in molti lavori

dell’artista, riporta alla mente le atmosfe-re sospese dei bains mysterieux di Giorgio De Chirico, in cui l’elemento liquido fluisce in canali tortuosi che collegano le cabine di una strana spiaggia senza mare. Diver-samente da ciò che accade nelle illustra-zioni dechirichiane, dove i bagnanti sono contemplati da uomini vestiti che assolvo-no al ruolo di spettatori, seppure interni al dipinto, nella sua installazione Porta tende a negare la presenza dello spettatore. Ci-tando un testo di Michael Fried, “la figura scolpita pare assorbita da ciò che fa, pensa o sente, al punto che sembra dimenticare tutto il resto, in particolare lo spettatore che sta in piedi e la osserva (...) l’esistenza dello spettatore è di fatto ignorata, o an-cora più radicalmente negata, i personaggi sembrano soli al mondo”. In questo modo lo spazio della rappresentazione risulta “autosufficiente, autonomo (...) come un sistema chiuso, indipendente dall’universo dell’osservatore”. Tra spettatore e opera, come tra Arte e Natura, una cesura sembra marcare delle spazialità distinte.

2005 Porta

La complicità del silenzio, 2005Cristallo, acciaio inossidabile, resina, acqua,155.5 x 195 x 131 cm

Sopra, particolare

Bruno Barsanti

7372

Page 38: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Personali e collettive

1953 Bologna, Biennale Antoniana1957 Torino, Promotrice delle Belle Arti1960 Alessandria, Galleria Alexandria 1965 Milano, Arte Centro1968 Torino, Quadriennale Nazionale Arti Figurative1969 Torino, Quadriennale Nazionale Arti Figurative; Tortona, Salone Commercianti1972 Alessandria, Galleria La Maggiorna; Pavia, Galleria La Ribalta; Casale Monferrato, Galleria La Lanterna1971 Genova, Galleria Il Vicolo1973 Alessandria, Studio Pace; Alessandria, Sala Comunale “Uno Spazio Per Quattro”1976 Alessandria, Sala Comunale; Milano, Arte Centro1977 Torino, Teatro Gobi III: Fotografia Come Analisi; Milano, Vive Versa; Novi Ligure, Teatro Marenco; Casale Monferrato, Palazzo Langosco1978 New York (Stati Uniti), Franklin Fournace1980 Torino, Galleria La Bussola1981 Multimedia “L’anello Di Moebius”1982 Alessandria, Galleria Stringer; Acqui Terme Palazzo Robellini1983 Torino, Studio Caruso; Ovada, La Loggia di San Sebastiano; Serravalle Scrivia, Biblioteca Civica1984 Novi Ligure, Dopolavoro Ferroviario1985 Ovada, La Loggia di San Sebastiano; Valenza, Prima Biennale Città Di Valenza1986 Alessandria, Palazzo Cuttica; Cassano Spinola, Arte nel Capannone1987 Serravalle Scrivia, Sala d’arte Contemporanea

1988 Alessandria, Galleria La Maggiolina; Stazzano, Refettorio Del Seminario Leon XIII1989 Genova, Centro Lavoratori Italimpianti1990 Acqui Terme, Galleria Il Chiostro1991 Alessandria, Studio Tacchella1993 Alessandria, Palazzo Comunale1994 ALessandria, Gallerie Nuvole; Alessandria, Cappelverde; Genova, Galleria Orti Sauli; Genova, Galleria Orti Sauli “Segmenti”1995 Alessandria, Gellaria Segnali1996 Gavi, Spazio Arte Zerbo; Alessandria, O.L.V.A.; Alessandria, Arte Senza Tempo1997 Alessandria, Studio Vigato; Alessandria, Triangolo Nero1997 Alessandria, Loft Art Tacchella; Sanremo, Biblioteca Civica2002 Bordighera, Centro Storico Bordighera, Arte In Piazza; Ovada, Galleria Il Vicolo “41 Vedute del Monte Tobbio”2003 Gavi, Spazio Arte; Ovada, Spazio Architettando2004 Ovada, Loggia di S. Sebastiano e Galleria, La Forma del Tempo; Voltaggio, Galleria Il Castello; Gavi, Spazio Arte Zerbo2005 Alessandria, Museo Etnografico; Pietrasanta, Galleria Proposte d’arte Contemporanea; Cassine, Chiesa Di San Francesco; Vilafranca Piemonte, ex Chiesa della Beata Vergine; Ovada, Galleria Scalinata Sligge; Pozzolo Formigaro, Le Cantine del Castello Medievale2006 Casale Monferrato, Galleria Costanzo; Casale Monferrato, Arte in Fiera

2007 Capua, Museo Campano; Genova, Studio Ghiglione; Recco, Sala Polivalente2008 Galerie Claudine Hohl, Zurich; Savona, Fortezza del Priamar2009 Alessandria, “900. Cento anni di creatività in Piemonte”2010 Serravalle S. Palazzo Grillo, “Di tutto è di più”; Alessandria, Studio Vigato, Incontri; Albisola

Elenco delle mostre

Vito Boggeri

75

Page 39: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Personali

1994 Gavi, Galleria Corte Zerbo1995 Alessandria, Galleria Triangolo Nero1996 Genova, Galleria Cesarea1997 Verona, Studio la città, La casa di Mirco1998 Verona, Studio la città, Pause popolari; Amburgo, Galerie Sfeir Semler1999 Reggio Emilia, Galleria Ferrara; Todi Art Festival, Asino chi legge2000 Verona, Studio la città, Orizzontale quasi verticale2001 Regensbrug, Galerie Baumber, C’era una volta il re2002 Milano, Galleria San Fedele, Via Crucis2003 Verona, Studio la città, Acqua calda acqua fredda2004 Venezia, Galleria Il Traghetto, Quindici Diciotto2005 Sarzana, Cardelli e Fontana, Cime, segni e specchi d’acqua; Barcellona, Galleria Miguel Alzueta2006 Villafranca Piemonte, Ex Chiesa Della Beata Vergine Delle Grazie, Via Crucis2007 Roma, Galleria Il Traghetto, Bella cera; Milano, Spirale Arte, Trombe clarini e genis; Torino, Eventinove Artecontemporanea, Ma c’è un ma2008 Girona, Casavells, Galeria Miguel Alzueta; Sarzana, Galleria Cardelli e Fontana, Amata o Tic Tac; Pietrasanta, Spirale Artecontemporanea, Ma c’è un ma2009 Roma, Rosso 20sette Artecontemporanea, Otium; Acqui Terme, Globart Agallery, Aristocratica; Barcellona, Galleria Miguel Alzueta, Aristocratica2010 Monza, Marco Rossi Arte Contemporanea, Parole povere; Verona, Marco Rossi Arte Contemporanea, Piano pianissimo; Madrid, Galleria Miguel Alzueta

Collettive

1997 Bologna, Arte Fiera, 10 stanze per 10 artisti1999 Verona, Studio la città, Morbida quiete e la notte2000 Parigi, Galerie Lucien Durand Le Gaillard, Carte blanche à Helene de Franchis2001 Savona, Galleria di Castelbianco, Storie storte di vite parallele2002 Verona, Studio lacittà, Il respiro nascosto delle cose2004 Teramo, Isola del Gran Sasso, Museo Stauros, Biennale Di Arte Sacra2005 Venezia, Galleria Il Traghetto; Zurigo, Ute Barth, Galleria Art Forum; Verona, Studio la Città, Je ne regrette rien2006 Milano, Galleria San Fedele, Sentire con gli occhi2008 Milano, Galleria Marco Rossi Spiralearte, Blu; Milano, Miart; Karlsruhe, Art Karlsruhe; Bologna, Arte Fiera, Sconfinamenti; Alessandria, Palazzo Del Monferrato, 100 anni di creatività in Piemonte2009 Bologna, Arte Fiera Art First, Materia e sogno; Borgomanero, Eventinove Artecontemporanea, Imago; Alessandria, Studio Di Archietttura Gatti, 8 artisti 4 mura; Vicenza, Sedi Varie, Ad linrandum; Milano, Galleria San Fedele, Favole d’artisti di ieri e di oggi; Milano, Marco Rossi Artecontemporanea, L’oro nero2010 Cerrina, La leggerezza della scultura; Serravalle Scrivia, Palazzo Grillo, Ab/Erranti; Borgomanero, Clicking on the future; Pietrasanta, Marco Rossi Artecontemporanea, Contemporanea Castelceriolo, Studio Vigato Arte Contemporanea, Vertigini; Milano, Galleria San Fedele, Nel segno della croce

Personali

1978 Alessandria, Studio Fossati, Pirografie1979 Alessandria, Studio Fossati, Interno1981 Carpi, Castello Dei Pio, Flatus Vocis; Alessandria, Galleria Nuova 13 Vigato, Flatus Vocis1982 Serravalle Scrivia, Sala Comunale D’arte, Puzzle1983 Torino, Unione Culturale Antonicelli, Liaison1984 Chiavari, Cristina Busi, Sogno, Visione, Caduta; Genova, Galleria Chisel, Rondò1985 Alessandria, Graziano Vigato, La Fissazione dell’incorreggibile Mercurio 1987 Parma, L’infinito, Allegorie del Post-Moderno1988 Alessandria, Triangolo Nero, Allegorie del Post-Moderno1990 Alessandria, Studio Repetto, Vetri1991 Alessandria, Sala Comunale D’arte, …Imitazione dal 19771993 Alessandria, Studio Vigato, In nome dell’amore1995 Alessandria, Il Mulino, Critica del Gusto1997 Alessandria, Triangolo Nero, Grafica; Berlino, Pizza Tec1998 Torino, Fratelli La Cozza, Critica del Gusto1999 Alessandria, Loft Art Tacchella, Gola e lussuria; Torino, Over Studio, Gola e lussuria2000 Torino, Ludoteca Comunale, Solve et coagula2001 Parma, Ente Fiere, Cibus Tec2002 Alessandria, Studio Vigato, Le due età2004 Bogliasco, Fondazione Bogliasco, La Carta della memoria2005 Nizza Monferrato, Sugar House, Dolce & Salato2006 Ovada, Spazio due sotto l’ombrello, Un castello di immagini; Ovada, Loggia di San Sebastiano, Il Passo di Saturno2007 Alessandria, Chiesa San Rocco, Prepese d’autore2008 Genova, Palazzo San Giorgio, Il Milione

Collettive e a tema

1981 Barcellona, Metronom Libro d’artista; Parigi, Centre G. Pompidou Libro d’artista1982 Genova, Villa Imperiale Libro d’artista; Alessandria, Graziano Vigato, La verità della nostalgia1983 Rimini, Meeting 83, Uomini, scimmie e robot; Alessandria, Vigato Artisti della memoria1984 Valenza, Centro Comunale Di Cultura, La persistenza del mito; Sestri Levante, Cala Fieschi, L’occhio sull’immagine; Ortona, Palazzo Farnese, Linee di scambio; Genova, Galleria Unimedia, Arte Italiana Contemporanea; Roma, Pio Monti L’unicorno1985 Macerata, Expo Bari Francesca Monti, Arte Fiera; Alessandria, Graziano Vigato Chartae; Meisterschwaden, Seetal Internazionale Kunstbiennale1987 Biella, 10° Premio Internazionale per l’incisione; Alessandria, Triangolo Nero, Sebastiano o dell’ambiguità1988 Zagabria, Galleria Studentskog Centra, Avamposti; Belgrado, Istituo Italiano di Cultura, Avamposti1991 Castello di Belgioioso, Carta dell’artista; Savona, Fortezza del Priamar La Fortezza di Vetro; Alessandria, Vigato Le Gioie dell’occhio1992 Castello di Belgioioso, Ornamenta; Milano, Via Farini, Different Opionion; Genova, Galleria Unimedia, Il Mercato della crisi1993 Firenze, Fortezza da Basso, Attualissima; Senigallia, Museo dell’informazione, Libro e Segnalibro1995 Alessandria, Graziano Vigato, Arte Fiera Bologna; Imola, Cooperativa Ceramica Natività1996 Trevi, Flash Art Museum, Ai confini della terra1997 Area di Servizio Cerrano Est, Arte in autostrada; Alessandria, Graziano Vigato, La Verità della nostalgia1998 Riolo Terme, Rocca Trecentesca, Arte Industria1999 Torino, Over Studio, Pit Stop

Milano, Chiostri dell’Umanitaria, Arte da mangiare mangiare arte; Roma, Pio Monti, Finchè c’è morte c’è speranza; Torino, Galleria d’arte Moderna, Libri d’artista; Trevi, Flash Art Museum Finchè c’è morte c’è speranza2003 Milano, Bianca Maria Rizzi, Food Art; Torino, Over Studio, Food Art; Torino, On Off, Food Design; Castello Barolo, Il Sogno di Aleramo2004 Torino, Over Studio, Ars Locus Solus; Pisa, Biblioteca dell ‘Università, Con parola brieve e con figura; Pisa, Scuola Normale Superiore di Pisa, Un concettismo2005 Milano, Stand Bussetti e Mazza, Macef; Alessandria, Sale espositive del Comune, I torchi gli inchiostri le carte2007 Rozzano, Cascina Grande, Il nostro canto libero2008 Celle Ligure, Ceramica in Celle; Alessandria, Palazzo Cuttica, ‘900. Cento anni di creatività in Piemonte Novi Ligure, Museo Dei Campionissimi, ‘900. Cento anni di creatività in Piemonte2009 Ovada, Due sotto l’ombrello, Ex Carte; Alessandria, Palazzo Monferrato, Storia di essenze; Casale Monferrato, Museo dei lumi, Channuka2010 Colonia, Passagen, Istituto Italiano Di Cultura, Luci e ombre; Alessandria, Il Gelso, Alchimia del volo; Cerrina, Parco dell’arte, La leggerezza della scultura; Serravalle Scrivia, Palazzo Grillo, Gli Ab/Erranti

Mario Fallini Mirco Marchelli

7776

Page 40: NOVI LIGURE · “effetto”, ma si distanzia da una “cromofobia” tipica di questi anni. Ma l’altra faccia del lavoro di Boggeri che non possiamo ignorare è l’ironia, che

Personali

1992 Torino, Regione Piemonte Palazzo IRV, Proposte VIII 1993 Varese, Osmate, Galleria Cascina Stal Vitale1994 Genova, Galleria La Polena, Z001995 Casale Monferrato, Galleria Rino Costa, Terra d’acqua 1998 Pinerolo, En Plein Air Arte Contemporanea, Soprattutto2001 Pavia, Monopoli Arte Contemporanea, Profeti 2002 Milano, Galleria Gonda, L’acqua per il re 2003 Valenza, Rino Costa Arte Contemporanea, Ascoltare senza orecchie; Lisboa, Museu da Água, De fragor de silêncio 2004 Pont-en-Royans, Musée de l’eau, L’eau pour le roi; Varallo Pombia, Pinacoteca Comunale, La complicità del silenzio 2005 Casale Monferrato, Chiesa della Misericordia, Gas Gallery, Le parole disperse; Biella, Silvy Bassanese Arte Contemporanea, Scegliere l’acqua sopra cui camminare;2006 Milano, Costantini Arte Galleria Il Torchio, Le parole come parole; Margherita di Savoia, Edificio Nervi e saline, Rumori suonano parole 2007 Lugano, UBS, Ice2007 Torino, Galleria Carlina, In una parola, sono già tre parole 2008 Lucca, Baluardo San Regolo, Pensare cerchi d’acqua 2010 Casale Monferrato, Il Labirinto, Orme in attesa di un passo

Collettive

1993 Genova, Galleria Unimedia, Violenze carnali; Milano, Galleria Diecidue Casale Monferrato, Galleria Rino Costa; Parma, Galleria Centro Steccata;

San Gimignano, Galleria Continua, Violenze carnali; Maglione, MACAM, Museo arte contemporanea all’aperto 1994 Parma, Palazzetto Eucherio Sancitale; Trento, Sala Malaga, Notizie1995 Cusano Milanino, Galleria Care Off, Eden; Paris, Salon Jeune Peinture; Ortona, Gelo e disgelo; Torino, Promotrice delle Belle Arti, Arslab, I sensi del virtuale1996 Cellore d’Illasi, Villa Anselmi-Barcanovich; , , Verona, Galleria Ponte Pietra; Eppan, Gandegg Schloss, La dimora degli dei - Wo die Gotter weilen; Paris, CIES, L’eau et l’art 1997 Geelong, Geelong Art Gallery; Melbourne, The Gabriel Gallery, Encounter Confrontation; Cerrina Monferrato, Percorsi; Taipei, Fine Arts Museum, The 8th International Biennial Print & Drawing 1998 Trnava, Jàn Koniarek Galerie, Medzimesto intercity Casale Monferrato, Rino Costa Arte Contemporanea, Atchugarry Farina Porta; Casale Monferrato, Museo d’arte e storia antica ebraica, Chanukkà Festa dei lumi;1999 Caraglio, Convento dei Cappuccini, Spazi dell’anima Tortolì, Museo d’arte contemporanea, Su logu de s’siscultura, Appunti per un’altra storia; Milano, b & d studio contemporanea, Percezione 3000; Pinerolo, En Plein Air Arte Contemporanea, Bereshit I° “La piccola porta”2000 Milano, Cartiere Vannucci, Trapassato futuro; Val Varaita, Rifugio Melezè, Poems on the rocks2001 Castello di Camino, RisAlto2002 Lisboa, Sociedade Nacional de Belas Artes, Interni italiani; Bologna, Futurshow 3002, L’oggetto inesistente; Torino, Galleria One Off, A rompere il silenzio;

Casale Monferrato, Il tempo della profezia 2003 Torino, San Pietro in Vincoli, Cosmogonie, le armonie del caos; Berlin, Kunsthaus Tacheles, Interni Italiani 2004 Bosco Marengo, Complesso Monumentale di Santa Croce, Il rumore del mondo; Molfetta, Ospedale dei Crociati, Di un solo mare di tanti mari; Dijon, Le Consortium, Projet Biome 2005 Montebelluna, Villa Correr Pisani, Anima Animale; Spoleto, Galleria Arte Moderna, Stemperando; Casale Marittimo, Strade bianche; Alta Langa, Vari luoghi romanici, Via del sale; Viterbo, Università della Tuscia, Prodotti di terra 2006 Como, Caserma De Cristoforis, Allarmi; Bergamo, Galleria del Tasso, Sculture da viaggio 2007 Genova, Unimedia Modern, Dining out 2008 Genova, Museo di Palazzo Bianco, Rolli contemporanei; Novara, Romagnano Sesia, Sette vizi capitali sulla terra; Fiume Stura di Demonte, Tracce d’acqua; Borgo Valsugana, Arte Sella, Spaventapasseri; Novi Ligure, Museo dei Campionissimi; Alessandria, Palazzo del Monferrato, ‘900 cento anni di creatività in Piemonte2009 Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, L’arte contemporanea incontra la dimora storica; Finalborgo Marina, Convento di Santa Caterina, Vegetando; Meran, Kunst Meran, Sammellust 2010 Manosque, Fondation Carzou, Giletta, Porta, Vezzoli; Torino, Centro d’arte contemporanea Velan, Versus; Paris, Musée d’art et d’histoire du Judaïsme, Lampes d’artistes pour Hanouca

Marco Porta

78