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Notiziario CAI Lecco n. 1/2016

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Page 1: Notiziario 1/2016

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE

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6DESIDERIO DI

INFINITO 32

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LA “MONTAGNA

IMPOSSIBILE”

SABBIA

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54TRENTATRE

ANNI INSIEME64NELLA PANCIA

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LE ALPI

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BIANCO

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI

Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifi-chino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali.I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richie-dendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza.Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Mon-tagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1874”.Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relati-vo al 2016, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro.Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dal-la sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede.Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI.

IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:

In sede:Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00.Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 con pagamento in con-tanti, con assegno o con BancomatIn alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo:a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco.b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, Codice IBAN IT07J0569622902000002154X06.c) DEUTSCHE BANK, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, IBAN IT74I0310422901000000024150.d) Modello MAV che verrà inviato ai soci ritardatari dalla BANCA POPOLARE DI SONDRIO

Ricordiamo che il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-com-pilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera.

CALENDARIO CHIUSURA SEDE

La sede rimarrà chiusa dal 1 al 25 agosto

INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO

78Informazioni

QUOTE SOCIALI 2016

Riportiamo qui di seguito le quote sociali per il 2016.

Socio Ordinario € 46,00Socio Ordinario* € 24,00(nati dal 1990 al 1998)Socio Familiare € 24,00Socio Giovane** € 16,00(nati nel 1999 e anni seguenti)Socio Vitalizio € 20,00Tessera per i nuovi Soci € 5,00Duplicato Tessera € 2,00

*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario.

**Socio giovane: a partire dal secondo figlio giova-ne in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio or-dinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.

DIMISSIONI E MOROSITA’

Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto im-mediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata.

Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riac-quistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative an-nuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.

LUTTI

CONVENZIONI

Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano

N° 1/2016

Redazione:Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto

Direttore responsabile:Angelo Faccinetto

Impaginazione e Grafica:BitVark - Pavia

Tipografia:A.G.BellaviteMissaglia - Lecco

Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin”Sede:via Papa Giovanni XXIII, 1123900 LeccoTel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it [email protected]

Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96

Tiratura 2500 copieChiuso in redazione 30/04/2016

Matteo Della Bordella sulla headwall del Cerro Torre durante la salita dello spigolo Sud-est per la via del Compressore, ef-fettuata insieme a Silvan Schupbach a fine gennaio 2016. Foto di Silvan Schupbach.

IN QUESTO NUMERO

EDITORIALE

4 UN FUTURO DA VOLONTARI La nuova presidenza e le trasformazioni (in discussione) nel sodalizio

di Alberto Pirovano, presidente CAI Lecco SENTIERI E PAROLE

6 DESIDERIO DI INFINITO La passione per la montagna nel diario alpinistico di padre Augusto Gianola

di Angelo Faccinetto

14 STREGATO DAL BIANCO La cresta sud dell’Aiguille Noire col Det, il Bigio e la “comptesse”

di Gigi Alippi

18 MONTAGNA IN LUTTO PER GIGI ALIPPI E’ stato uno dei Ragni che hanno fatto la storia dell’alpinismo lecchese

di Renato Frigerio

20 CAVALCATA NELL’ARTE Alla scoperta del “museo naturale” della Val Sella

di Sergio Poli

23 CENTRALE MOTO GUZZI Archeologia industriale tra lago e Valsassina

di Annibale Rota L’INTERVISTA

26 QUARANTA VOLTE QUATTROMILA Giancarlo Valsecchi, una vita tra vie nuove sulle Alpi e l’impegno al

CAI Leccodi Matteo Manente

ALPINISMO e ARRAMPICATA

32 LA “MONTAGNA IMPOSSIBILE” Scalare il Cerro Torre resta una sfida pura tra l’uomo e una delle

più belle vette della Terradi Matteo Della Bordella

37 SABBIA VERTICALE Quattro nuove vie in Etiopia, terra dalle buone potenzialità

alpinistichedi Matteo Colico

ESCURSIONISMO

40 ATTRAVERSO LE ALPI A piedi in 80 giorni da Muggia a Montecarlo, andando per

passi e non per vettedi Ivan Peri

45 HIMALAYA IN MOUNTAINBIKE Su fino a 5600 m, la gara a tappe più “alta” al mondo

di Stefania Valsecchi

49 A PASSO DI BIMBO Il Family CAI si rinnova e vara il programma per il 2016

di Alberto Pirovano e Andrea Spreafico

51 OBIETTIVO PALLA BIANCA Sulle Alpi Venoste la gita sociale 2016 con meta alpinistica

di Andrea Spreafico

52 CAMMINARE INSIEME I dodici appuntamenti con le gite sociali

di Giuseppe Ferrario SCI DI FONDO

54 TRENTATRE ANNI INSIEME L’inverno 2015-2016 del Gruppo sci di fondo escursionismo

di Stefano Vimercati

58 ALLA RICERCA DELLA NEVE PERDUTA Dalla Val Mustair a Lavazè inseguendo il manto bianco

di Franco Defilippi

59 LA NEVE, FINALMENTE A fine febbraio la tre giorni in Alto Adige

di Giusi Negri GEO

62 QUATTRO GIORNI SULL’ALTIPIANO La mancanza di neve non ha scoraggiato il Gruppo Età d’Oro

in gita ad Asiagodi Claudio Santoro

SPELEOLOGIA

64 NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE/2 Alla ricerca della congiunzione tra Sulpan e Male-ho

di Gigi Casati APPUNTAMENTI

70 ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA Club Alpino Italiano Sezione di Lecco “Riccardo Cassin”

73 SEI ANNI IN VETTA La relazione del presidente uscente all’assemblea del 18 marzo

di Emilio Aldeghi

75 L’ALPINISMO E’ QUI L’appuntamento di maggio con “Monti Sorgenti”

76 RECENSIONI

78 INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA

SABBIA

VERTICALE

Stampato secondo la filosofia GreenPrinting® volta

alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre, carta, inchiostri

e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile

e automezzi a metano.

ZeroEmissionProduct®.A.G. Bellavite ha azzerato totalmente

le emissioni di Gas a effetto Serra prodotte direttamente o indirettamenteper la realizzazione di questo prodotto.

Finito di stampare nel mese di maggio 2016

GreenPrinting®

A.G.BELLAVITE srl, Missaglia (Lc)

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

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GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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L’ANELLO INTORNO AL NANGA PARBAT

di Adriana Baruffini

Nanga Parbat, ”la montagna nuda” o Diamir, “la regina delle montagne”, sono i due nomi con i quali le popolazioni locali di lingua urdu chiamano questo imponen-te ottomila, situato interamente in territorio pakistano al limite occidentale della catena himalayana. Le sue tre grandi pareti, Rupal, Diamir e Rakhiot, sono tra le più imponenti del mondo, superando i 3000 metri di sviluppo che diventano 4500 nel caso del Rupal.

Paola Favero, alpinista appassionata, scrittrice di montagna e forestale, ha percorso un trekking che, unico tra tanti,”gira attorno al Nanga Parbat quasi chiudendo un cerchio, passando sotto le grandi pareti che ne hanno raccontato la storia alpinisti-ca, ma incontrando anche villaggi, foreste, fiumi, ghiacciai, campi … e poi alberi, fiori, occhi di bambini, canti, fuochi, leggende…”.

Il libro è una narrazione di questo viaggio, condotta su un registro essenzialmente poetico, dove a parlare sono soprattutto le immagini, con solo brevi commenti per comunicare impressioni, sensazioni, sentimenti, elementi appartenenti alla sfera del sogno. Ci sono fotografie che alternano visioni di pareti, ghiacciai, passi, villaggi, ambienti naturali ricchi di fiori e di alberi, a ritratti di persone e soprattutto di volti.

E poi ci sono i disegni realizzati con mine e matite nere e colorate dalla mano sapiente di Luisa Rota Sperti, qualche volta in con-nubio con le fotografie. Nella prefazione scritta da Kurt Diemberger si legge in proposito: I disegni e le pitture di Luisa Rota Sperti svelano un mondo non classificabile ed è questo che rende così affascinante il mondo del Nanga Parbat…Leggendo e osservando pagina dopo pagina del libro si capisce che il Nanga Parbat non è semplicemente “la montagna nuda” limata dalle valanghe oppure “il re delle montagne”- ma che nel significato della parola “Diamir” ci sono anche gli spiriti e le fate del monte.

Nell’ultima parte del libro trovano spazio la storia alpinistica della montagna, a cura di Carlo Caccia e le interviste ad alcuni per-sonaggi le cui vicende di vita sono indissolubilmente legate al Nanga Parbat (Eugenie Buhl, Reinhold Messner, Nives Meroi, Silke Unterkircher, Simone Moro)

Paola FaveroDiamir. La montagna delle fateDisegni di Luisa Rota SpertiPresentazione di Kurt DiembergerEdizioni DBS, gennaio 2016

LA FLORA DEL MONTE BARRO

di Adriana Baruffini

La ricchezza floristica del Monte Barro è stata oggetto di numerose pubblicazioni specialistiche

(ricordiamo fra queste il volume di Giovanni Fornaciari pubblicato nel 1986 e giunto alla terza edi-zione nel 1994), che ne hanno illustrato le specie endemiche, i relitti glaciali, l’eccezionale biodiversità e tutte le caratteristiche grazie alle quali il parco del Monte Barro è stato incluso dall’Unione Europea fra i Siti di importanza comunitaria per le emergenze botaniche.

L’ultimo lavoro sull’argomento è questo libretto che si distingue per il suo carattere divulgativo, pur non rinunciando al rigore scientifico, con il pregio di poter essere portato nello zaino durante le escursioni e utilizzato come guida al sentiero botanico “Giovanni Fornaciari” al quale è dedicato un capitolo.

Dopo alcune pagine introduttive di inquadramento territoriale, la parte più corposa del libro è costituita dalle schede delle specie classificate in base all’ambiente che ciascuna di esse predilige: vegetazioni rupestri, prati, arbusteti, boschi. A ciascun ambiente è associato un colore. Le schede, corredate da fotografie, sono organizzate in ordine alfabetico, secondo il nome scientifico della

specie, e informano su famiglia di appartenenza, distribuzione, periodo di fioritura, forma della pianta. La corrispondenza fra nome scientifico e nome volgare è reperibile in un elenco alfabetico esaustivo che occupa le ultime pagine del libro, appena prima di una ricca bibliografia di approfondimento.

Federico Bonifacio, Guido Brusa, Mauro VillaAlla scoperta della flora del Monte Barro. Un parco da vivere

A.G. Bellavite editore, Missaglia, dicembre 2015

77Appuntamenti

Cari soci, vi ringrazio per l’o-

nore di avermi voluto consi-

gliere e ringrazio i consiglieri

per l’importante carica a cui mi hanno

chiamato. Sedere al tavolo che fu di

Cermenati e Cassin alla guida di un

sodalizio così prestigioso come la no-

stra sezione del CAI è un impegno

non da poco, ma da cui, sono certo,

potranno venire grandi soddisfazioni.

All’inizio del mandato mi dicono che

dovrei tracciare la rotta verso cui gui-

derò l’associazione. Cosa non semplice

vista la quantità di iniziative già avvia-

te dal mio predecessore, Emilio, a cui

va un sentito ringraziamento anche a

nome di tutta la sezione.

Già continuare quanto in essere

rappresenterà una bella sfida eppure,

sono convinto, c’è spazio per molto

altro ancora. Non voglio tediarvi da

subito con progetti e proposte. Le ve-

dremo insieme mano a mano, e spero,

soprattutto di ricevere da voi proposte

e desideri da condividere.

Il Club Alpino Italiano è ad una

svolta, forse più imposta che volu-

ta, e le prossime assemblee nazionali

disegneranno un nuova associazio-

ne (forse). Il CAI Lecco vuole essere

protagonista di queste mutazioni, ma

soprattutto vuole che sia comunque

mantenuta quella base forte e, per me,

imprescindibile chiamata volontariato.

Sappiamo come ci siano spinte ver-

so una professionalizzazione dei ruoli

apicali con l’intendimento, non dichia-

rato seppur lampante, di trasformare

il nostro CAI in una società di servizi.

Non è questo lo spirito che mosse i

fondatori oltre 150 anni fa, né quello

dei padri nobili della sezione lecchese.

Sono convinto che la forza e il pre-

stigio di un’associazione non siano la

somma algebrica del contributo dei

singoli. Se così fosse basterebbero un

presidente autorevole e pochi ele-

menti di spicco. La forza ed il prestigio

del nostro club stanno nella misura di

quanto ognuno di noi soci è disposto

a condividere mettendoci del proprio.

Tempo, idee, passioni: ognuno è

chiamato a dare il proprio apporto

secondo le proprie capacità ed i propri

interessi. Non svuotiamo il CAI della

propria natura volontaristica volta ad

impegnare le persone accomunate

dall’amore per la montagna in tutte

le declinazioni possibili, insomma non

trasformiamo le nostre passioni in un

secondo lavoro, ma piuttosto mante-

niamo la leggerezza nella vita sociale

(che non significa far venir meno la

serietà negli impegni presi) dando il

giusto peso ad un’attività da tempo

libero.

Questo è l’auspicio che rivolgo ai

soci. Un CAI Lecco sede comune del-

le diverse passioni accomunate dalla

montagna e tenuto vivo dall’apporto

di tutti. Dai più piccoli del Family CAI

ai Seniores del GEO.

Da parte mia vi è la certezza di un

impegno costante e condiviso con i

consiglieri e con chiunque vorrà im-

pegnarsi con me per realizzare quelle

idee, quei progetti e quelle sfide che ci

verranno sottoposte.

Buon lavoro.

*Presidente CAI Lecco

di Alberto Pirovano*

UN FUTURO DA VOLONTARILa nuova presidenza e le trasformazioni (in discussione) nel sodalizio

4Editoriale

Il neoeletto consiglio direttivo alla prima convocazione

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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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RIENTRI: SI NO

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RECENSIONI

76Recensioni

LA CREATIVITA’ DELLA GENTE DELLA VALSASSINA

di Renato Frigerio

È di conforto in questi tempi prendere atto dello sforzo editoriale dell’editrice A.G. Bellavite di Missaglia, che è riuscita a portare a termine brillantemente un progetto grandioso e ambizioso, nell’intento di riportare alla memoria, soprattutto per le ultime generazioni, le origini dell’inventiva e dell’attitudine manifatturiera della gente che ha creato i presupposti del benessere riscontrabile nel territorio lecchese. Questo progetto, coordinato da Giacomo Camozzini, è stato realizzato attraverso la produzione di una corposa quadrilogia che, per poter offrire un quadro completo del tema così come è stato concepito, dovrebbe essere presa in considerazione nel suo insieme, anche se ogni singolo volume dell’opera può riuscire a soddisfare pienamente chi è invece in-

teressato semplicemente all’approfondimento di uno specifico argomento. Quattro volumi annunciati come “un itinerario delle mani, della mente, del cuore, con immagini inedite e storie antiche”, redatti, a cura di autori particolarmente competenti e appassionati negli specifici settori, con il medesimo impegno di offrire ai lettori i sorprendenti risultati di un’approfondita ricerca storica, che si è spinta fino al punto dove le diverse vicende sono state colte nella valida documentazione cui si fa riferimento, e che viene accreditata dalla ricchezza delle immagini riprodotte a corredo.

Angelo Sala, Giacomo Camozzini, Domenico Flavio RonzoniCento anni di sci in Valsassina – Quando la Lombardia ha messo gli ski

Pierfranco Invernizzi, Matteo Lambrugo, Marco TizzoniMemorie dal sottosuolo – Per una storia mineraria valsassinese

Pietro Buzzoni, Giacomo Camozzini, Ruggero MelesAlpinismo pioneristico – Tra Lecco e Valsassina

Pietro Buzzoni, Giacomo Camozzini, Michele CortiArte casearia e zootecnica – Tradizioni da leggenda in Valsassina

A.G. Bellavite, Missaglia, dicembre 2015-2016

RICORDANDO MARCO ANGHILERI

di Renato Frigerio

L’autore, un giornalista che, oltre a saper tutto dell’alpinismo, se ne è anche follemente innamorato, traccia il cammino alpinistico del giovane lecchese che ha perso recentemente la vita precipitando da una parete del Monte Bianco, proprio quando si trovava a poche bracciate dal raggiungere la presti-giosa conquista della prima solitaria invernale della via “Bardill” al Pilone Centrale del Freney, che aveva lungamente sognato.

È forse indispensabile, prima di accingersi alla lettura del suo corposo volume, percepire qualcosa dello scrittore e dello stesso protagonista, dedicando un po’ di tempo alla consultazione riflessiva del capitolo conclusivo. Anzi, è proprio necessario partire da lì, dove viene espressa magnificamente la concezione profonda che alberga nel cuore e nella mente di Giorgio Spreafico riguardo all’alpinismo e alla montagna, e dove viene pure messa a fuoco la reale personalità di Marco Anghileri. Fatto questo, si potrà chiaramente comprendere come l’avvincente particolarità che prende risalto nel lungo racconto abbia origine in gran parte dall’armonioso rapporto di amicizia che ha legato entrambi i personaggi.

L’autore ha ritenuto importante e decisivo anche inquadrare la storia del quarantunenne alpinista, dal tratto giovanile sia nel suo aspetto fisico come nelle sue espressioni caratteriali, nell’ambito dell’ec-

cezionale tradizione alpinistica dell’ambiente dove è nato e cresciuto, tanto nel riferimento familiare che in quello notoriamente im-portante del territorio lecchese. Sono tutti elementi che vengono trattati con rara competenza e con una partecipazione che risulta palpabile ad ogni pagina, grazie ai quali il volume riesce a catturare l’interesse del lettore lungo un percorso esistenziale costituito da episodi avvincenti, spesso emozionanti e toccanti, pur nella semplicità di un ragazzo straordinario che non si dava mai nessuna importanza.

Ognuno dei cinquanta capitoli prosegue con una logica continuità biografica, ma nello stesso tempo risulta esaustivamente completo in se stesso, quasi fosse un articolo che può venire letto indipendentemente dal resto. Potrebbe sembrare un indovinato accorgimento per alleggerire una lettura di ben cinquecento pagine, consentendo di farle scorrere a più riprese: a condizione di non esserne stati prima contagiati, al punto tanto coinvolgente da non resistere al fascino di continuare a seguire immediatamente le vicende che si susseguono.

Giorgio SpreaficoLa scala dei sogniTeka Edizioni, Lecco, 2015

Il neoeletto consiglio direttivo alla prima convocazione

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

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75

regista lecchese Nicoletta Favaron e

prodotta dal Cai Lecco.

In tema di storia dell’alpinismo non

poteva mancare l’ormai tradiziona-

le mostra itinerante che questa volta,

curata da Matteo Manente, racconta

l’amicizia fra Esposito, Tizzoni e Cas-

sin attraverso le loro scalate più si-

gnificative e importanti, mentre stralci

delle mostre storiche realizzate per le

precedenti edizioni di Monti Sorgenti

sono ospitate da alcuni bar del centro,

nell’ambito dell’iniziativa “Aperitivo on

the rocks”.

Riproposti per il secondo anno i due

concorsi nazionali “Grignetta d’Oro”,

riservato ai migliori protagonisti del

panorama verticale italiano, e “Lec-

co eXtra-Corti Contest”, dedicato ai

nuovi linguaggi cinematografici che

caratterizzano il mondo del web.

Da ricordare anche il convegno su

attualità e prospettive dei rifugi alpi-

ni e il momento letterario dedicato

al libro Montecristo-Dentro i segreti

della natura selvaggia di Marco Albino

Ferrari.

In chiusura, la giornata riservata ai

più giovani sulle pendici del Resegone,

nei pressi della baita del gruppo se-

zionale di Alpinismo Giovanile.

Un cenno infine alla musica che

accompagna alcuni eventi: l’orche-

stra del liceo musicale G.Grassi, per la

proiezione del film “Prima il dovere”, la

musica dal vivo del pianista jazz Mar-

co Detto al Teatro della Società, e il

duo Luca Pedeferri – Lello Colombo

che, come da tradizione, ravviva l’i-

naugurazione della mostra storica.

www.montisorgenti.it

“Monti Sorgenti” è una

rassegna nazionale de-

dicata alla montagna

organizzata dal Club Alpino Italiano,

sezione di Lecco, e dalla Fondazione

Riccardo Cassin. Ogni anno propone in

città una settimana di eventi, mostre,

serate e incontri.

Il tema innovativo del 2016 è la

creatività, interpretata da atleti e clim-

ber (fra questi il trail runner spagno-

lo Pablo Criado Toca e l’esploratore

Danilo Callegari), protagonisti a livello

internazionale, le cui imprese al limite

dell’estremo hanno saputo coniugare

l’alpinismo con altre discipline o decli-

narlo in ambienti inusuali.

Ma creatività anche nell’arte della

fotografia, con gli emozionanti ritratti

di alpinisti del celebre fotografo Giu-

lio Malfer, e dei film con la storia di

Dino Piazza, protagonista di un’inedita

pellicola, “Prima il dovere”, firmata dalla

L’ALPINISMO E’ QUIL’appuntamento di maggio con “Monti Sorgenti”

Il Fitz Roy di Bruno Biffi

23 febbraio 1976: Casimiro Ferrari e Vittorio Meles raggiungono

la vetta del Pilastro Est del Fitz Roy, in Patagonia. Al confine fra

Cile e Argentina. Gli altri componenti della spedizione sono Floria-

no Castelnuovo, Gianluigi Lanfranchi, Guerrino Cariboni, Gianni

Stefanon, Amabile Valsecchi, Franco Baravalle, Giacomo Pattarini

e Giovanni Arrigoni. Una scalata di 1500 metri su roccia granitica

che “per Casimiro è la salita più bella, la più difficile”(CAI LECCO,

120 anni).

A quarant’anni di distanza, il 19 gennaio 2016, i Ragni Matteo del-

la Bordella e David Bacci effettuano la prima ripetizione.

Alla via dei Ragni al Fitz Roy, Bruno Biffi dedica l’incisione rea-

lizzata per la sesta edizione di Monti Sorgenti e stampata in un

numero limitato di copie.

L’artista conferma con questo lavoro il suo impegno a favore di

Monti Sorgenti, iniziato già con la prima edizione della rassegna.

Anno dopo anno, le sue montagne incise, riprodotte sulla copertina

della brochure, sono diventate una sorta di simbolo, di icona della

manifestazione.

Il Fitz Roy nell’incisione realizzata da Bruno Biffi per Monti Sorgenti 2016

DESIDERIO DI INFINITOLa passione per la montagna nel diario alpinistico di padre Augusto Gianola

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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“I ricordi sono tristi perché non

appartengono alla vita, ma alla

morte. E’ per questo che, per

continuare a vivere, stiamo già cer-

cando nel futuro”. Scrive così, nell’ul-

tima pagina del suo diario di alpinista,

padre Augusto Gianola. Due frasi brevi,

il senso di una vita.

La sua vita, in quei mesi, sta cam-

biando. Di lì a poco, giovane curato

di Angelo Faccinetto

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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padre Augusto. La montagna è ricerca,

è sacrificio. E’ dedizione, tentazione,

liberazione, leggerezza, avventura. E’

timore. A volte è paura. E’ metafora,

insieme, dell’infinito e della vita.

“Essa divide alla base: l’appunta-

mento è quindi lassù, ognuno con la

sua lunga cordata di anime” – ebbe

a dire, in partenza per la missione, ai

confratelli del Pime. Mentre in cuor

suo, anziché in Brasile, aveva sperato

di essere inviato in Birmania, per le sue

favolose montagne tutte da scoprire.

Ma la montagna non la si abbandona,

anche se la vita ti porta in Amazzonia

(anzi, vice), avrebbe lasciato gli spazi

stretti della parrocchia e preso la via

delle missioni. Per trent’anni ai suoi

occhi e al suo cuore si sarebbero

schiusi orizzonti inimmaginati. Nuove

esperienze straordinarie lo avrebbero

rinsaldato e fatto vacillare. Ma quell’in-

quietudine vitale di chi cerca lascian-

dosi cercare, di chi, la notte, scruta in

solitudine la via sulla montagna tra le

ombre incerte disegnate dalla luna,

non l’avrebbe mai persa. Non avrebbe

mai perso il desiderio di infinito.

E’ forte il nesso tra passione per la

montagna e desiderio di infinito, in

con il piatto orizzonte dell’immenso

fiume davanti agli occhi. La monta-

gna la si porta dentro, sempre. E lui

l’avrebbe portata con sé fino alla mor-

te, il 24 luglio 1990, sopraggiunta nella

casa del fratello a Laorca, sotto la pro-

tezione materna del Medale. La “sua”

parete.

“Quanto andare!”

E’ il 30 giugno 1962 quando padre

Augusto decide di smettere di arram-

picare. Scrive nel suo diario: “Con la

scalata della via Comici al Corno del

Nibbio, ai Piani Resinelli (percorsa in

Sentieri e Parole8

vo viene inviato come vice parroco a

Locate Varesino.

Fin dalla prima giovinezza inizia a

coltivare la passione per la montagna,

passione che continuerà durante gli

anni varesini quando fonderà il grup-

po alpinistico dei Centpè. Nel 1948 si

iscrive alla sezione di Lecco del CAI,

tessera n. 184094. Inanella una serie

impressionante di ascensioni su tutto

l’arco alpino: alla fine, nel giugno 1962,

le scalate saranno 180, di ogni genere

e difficoltà.

Augusto Gianola nasce a Laorca

di Lecco, il 5 novembre 1930. E’ “un

bambino sveglio, allegro e buono”. Ma

anche determinato. Frequenta il gin-

nasio quando, a quindici anni, annun-

cia di voler entrare in seminario. Due

anni dopo, nel 1947, vinte le resistenze

del padre, entra a Venegono. Ne uscirà

nel 1953, sacerdote. L’anno successi-

Nel 1961 viene nominato vice par-

roco a Verano Brianza. Ci resta meno

di un anno: il 15 settembre 1963 riceve

il crocefisso di “missionario partente”

e il 5 novembre parte per l’Amazzonia.

Dopo aver detto definitivamente ad-

dio alla montagna.

In Amazzonia ci resterà, salvo brevi

periodi di vacanza in Italia, per il resto

della vita. Qui tra l’altro, accanto all’e-

ducazione religiosa, darà vita a colo-

nie agricole affiancate da una Scuola

per l’agricoltura, attraverso le quali i

DON AUGUSTO, TESSERA CAI N. 184094

Padre Augusto con Enzo BiagiIn cima al Medale padre Augusto con il suo gruppo alpinistico

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un’ora e quindici minuti, ndr) ho com-

piuto la 123° ascensione con i Centpè.

In tutto ho compiuto 180 scalate di

ogni livello e difficoltà. Qui finisce la

mia attività alpinistica, ma non il mio

amore per la montagna. Lasciare lei è

uno dei sacrifici più grandi che im-

pongo al mio cuore. Grazie, monta-

gna”.

Sono stati anni intensi quelli vissuti

su e giù per i monti. Il diario d’alpinista

di “Gianola don Augusto”, classe 1930,

di Laorca, tessera CAI n. 184094 se-

zione di Lecco, anno 1948, è fitto di

date, di pareti, di considerazioni, di vie.

Dalla Grigna al Bianco, dal Cervino al

Bernina, dal Brenta a Lavaredo al Badi-

le. Ci sono tutte le Alpi che contano lì

dentro: diario da grande accademico.

Soprattutto, però, è un diario ricco

di “relazioni” che poco hanno a che

vedere con i rapporti di carattere tec-

nico cui siamo abituati. Sono rifles-

sioni, emozioni, racconti di incontri e

di scherzi giocati ai compagni (e ai

superiori), momenti di meditazione,

gioie, delusioni, allegria. Momenti di

vita. Sfogliamolo.

Ecco. Racconti di volate in due, in

sella al Galletto sotto un diluvio senza

fine, per essere a Misurina in tempo

per la via Comici alla Cima Grande di

Lavaredo - che il “don” (sotto ogni

relazione si firma così) considererà

poi l’impresa più importante tra quelle

fino ad allora portate a termine - e

tornare subito la notte a Locate Va-

resino, ancora sotto il diluvio, perché il

mattino dopo c’è da esser pronti per

la prima messa e il “capo” (il parroco)

non fa sconti. (Da Locate Varesino a

Misurina in Galletto, andata e ritorno,

nell’arco di 30 ore o poco più: Cima

Grande a parte, non è un impresa an-

che questa?) “Quanto andare!” – an-

nota lui nel diario.

Racconti di un incontro inquietante,

9Sentieri e Parole

caboclos, il popolo del fiume affidato

alle sue cure, scontrandosi con l’ostili-

tà dei fazendeiros, si affrancherà dalla

dipendenza dalla foresta e dalla pesca

ed entrerà in una dimensione econo-

mica moderna.

In questi anni supererà quella che

definisce “una tentazione sentimen-

tale”, intraprenderà un viaggio verso

l’Italia discendendo da solo in canoa

il Rio delle Amazzoni per 1.400 km e

vivrà un periodo di isolamento di tre

anni nell’eremo di Paratucù, nel cuore

della foresta. Qui, nella più completa

solitudine, vive quella che definisce

“l’avventura più bella: quella di ama-

re Dio e di rispondere con amore a

un Dio che da 56 anni mi chiama con

amore”.

La fama di padre Augusto si dif-

fonde e viene raggiunto da numerose

persone, specie dall’Italia e dal Nord

Europa, affascinate e incuriosite dal-

la sua esperienza di vita. Proprio da

questa esperienza di profonda solitu-

dine matura una nuova consapevo-

lezza dell’importanza del contatto con

la gente. Durante una celebre intervi-

sta a Enzo Biagi, andata in onda il 27

novembre 1989, spiegherà: “A un cer-

to momento ho deciso di uscire dalla

foresta perché mi mancava il prossimo,

questo mio prossimo che si è imposto

come un amore nuovo, come la nuova

avventura della mia vita”.

Il 24 marzo 1990, malato di can-

cro al cervello, farà rientro in Italia per

sottoporsi alle cure. Morirà a Laorca, in

casa del fratello Alberto, il 24 luglio di

quello stesso anno. Sotto lo sguardo

del Medale.

(Informazioni tratte da: La più bella delle avventure, Padre Augusto Gianola, missio-nario del PIME in Amazzonia)

Tessera di iscrizione al CAI LeccoPadre Augusto pescatore in Amazzonia

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dalle parti di Auronzo, con una “suora

fetadura”, “scandalosamente enorme”

che, armata di un gran coltello, affetta

(di qui - scoprirà in seguito - il so-

prannome di fetadura) e domina la

cucina di un albergo dove altre suore

fanno saltare bistecche dalle dimen-

sioni mai viste. Non sarà un incontro

glorioso. Nonostante la fame pode-

rosa, Don ne uscirà digiuno per una

questione di dignità. Si aspettava una

cortese e ferma insistenza prima di

accettare l’agognato cibo. Ma l’insi-

stenza non c’è stata: avrebbe dovuto

accontentarsi dell’offerta. Così torna

a insellarsi affamato sul Galletto, rim-

brottato dal compagno di incursione.

A secco anche lui.

O racconti di una scappata a Cam-

piglio in un ritaglio di fine settimana,

con un amico e “il Guzzi del Bure-

la”, dove arrivano fradici di pioggia,

dopo aver sbagliato parecchie strade,

per fare lo spigolo nord al Crozzon di

Brenta. Il racconto prosegue con l’in-

contro al rifugio con il burbero Detas-

sis e “la sua barba da brigante”, con un

tempo da paura e con il “furto invo-

lontario” di due tazze di tè fumante,

trovate su un tavolo alle tre del matti-

no, che costerà ai legittimi destinatari

la possibilità dell’ascensione (vedendo

le tazze vuote, le ragazze del rifugio

li credono già partiti e non salgono in

camera a svegliarli: quelli apriranno gli

occhi, in modo spontaneo, alle undi-

ci passate e ciao). E poi il racconto

dell’attacco, avvenuto “di malavoglia

alle 4.30”. Della strizza alla Cima Tosa

inghiottita dalla nebbia.

“Ho paura. Veramente paura – scri-

ve nel diario -. Ma non mi faccio ac-

corgere. Credo che avrò detto qualche

preghiera. Nella nebbia non si vede

nulla, gli ometti scompaiono. Anche

Luciano ha paura, ma non parla: sia-

mo associati dal terrore; le montagne

sono deserte, siamo soli e sperduti, su

precipizi di roccia e di ghiaccio. Una

folata di vento ci libera la Cima della

Tosa e vediamo tre puntini sulla cima

bianca. Chiamiamo, ma inutilmente;

i tre puntini scompaiono, scendo-

no dal versante opposto. Ringhiottiti

dalla nebbia procediamo senza sosta.

Luciano si sente male, ma finalmente

dopo un’ora e mezza ci accorgiamo

di essere in cima. La discesa è una

passeggiata (…) Al Brentei ci sorbiamo

gli elogi di Detassis e un pranzetto”.

Subito dopo Augusto e Luciano, coi

loro zaini pesantissimi, si insellano di

nuovo sulla Guzzi del Burela e par-

tono per Locate. “Rispetto all’anda-

ta, più sonno più sbagli più acqua”. E

anche un bel “dritto” sulla strada del

lago d’Idro, dove vengono salvati da

un provvidenziale parapetto. “Si ripara

la moto, si riassestano le ossa e via”.

Il resto è noia - avrebbe cantato poi

qualcuno.

Padre Augusto accompagna un numeroso gruppo di escursionisti. A fianco: due pagine del diario

10Sentieri e Parole

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dimensioni di una decina di metri di

diametro per tre-quattro metri di al-

tezza. L’acqua trasparente dopo una

settantina di metri inizia a intorbidir-

si. Le due gallerie potrebbero essere

comunicanti ma al momento non tro-

vo il passaggio. Torno. Uscendo dalla

grotta, di comune accordo, a parte le

bombole che vanno ricaricate, lascia-

mo tutto il resto.

Tentativi

Il giorno seguente, la pioggia tor-

renziale mi fa temere per le attrez-

zature lasciate al sifone: un’eventua-

le piena significherebbe perderle. La

pioggia che ci bagna però ci aiuta a

sopportare meglio la calura del sole,

mentre le gocce d’acqua scorrono

mescolandosi alle gocce di sudore.

Verificato che non ci sono forti cor-

renti, per l’immersione stavolta uso il

filo d’Arianna, ma la sacca con la corda

la porto ugualmente. Dopo 200 metri

totali di galleria, alla profondità massi-

ma -13 m, non trovo né un passaggio

che risale in superficie né il collega-

mento fra le due gallerie.

I giorni rimasti sono pochi e il de-

siderio di non lasciare nulla in sospeso

mi spinge a provare tutto il possibile,

così, con l’aria che ancora mi è rimasta

nelle bombole, faccio una prova nel si-

fone del lago nero. Ingresso non facile

ma con l’aiuto degli amici, possibile.

Una sessantina di metri di percorren-

za e un’uscita poi in una sala aerea,

non quella che cerco che chissà dove

si trova. Continuo ancora un po’ in un

secondo sifone ma stavolta l’aria delle

bombole al limite della ragionevolez-

za e la corda che finisce chiudono il

capitolo esplorativo. Con sacche che

pesano non meno di 15 kg e in fret-

ta e furia usciamo dalla grotta dove

alla luce del giorno, i portatori che ci

aspettavano ci offrono noci di cocco

per dissetarci.

Le grotte, i sifoni, il fango, le piogge

fanno parte dell’essenza della natu-

ra che può apparire ostile ma rimane

neutra nella sostanza, anche se a noi,

che vogliamo sfidarla per conoscerla

meglio, a volte può apparire nemica.

Diverso è per la condizione umana

che non perde occasione per dimo-

strare crudeltà in molte occasioni.

Nella piccolissima barangay Camo-

noan sorta vicino all’ingresso della

grotta, dove riposiamo prima di ri-

prendere il cammino verso la “civiltà”,

sentiamo degli spari. Verremo a sa-

pere che un ragazzo è stato preso a

fucilate e poi finito a colpi di machete

perché ritenuto spia dell’esercito.

Il viaggio del ritorno per raggiun-

gere il volo Manila-Milano è pieno

d’inconvenienti provocati dai mezzi di

trasporto scalcinati o inesistenti che

fanno temere di non riuscire a rien-

trare nei giorni previsti, ma tutto perde

d’importanza davanti al dramma an-

goscioso di vedere un bimbo, sul lato

opposto della carreggiata che stiamo

percorrendo, investito da un’auto, con

il fratellino sopra di lui che cerca di

proteggerlo, nell’indifferenza totale.

Quando siamo a casa rimane l’or-

goglio delle esplorazioni impegnative

compiute, accompagnato dai ricordi

dell’amicizia fra noi compagni di av-

ventura, delle proficue esperienze nate

incontrando persone nuove e dalle

emozioni che ci hanno ora esaltato

ora turbato e che, speriamo, ci diano

una marcia in più per crescere.70

Speleologia

Sentiero in direzione di Camonoan. . Foto di Matteo Rivadossi Lago nero al fondo di Male-ho. Foto di Matteo Rivadossi

Le gioie di chi sa osare

Sognava fin da bambino di scalare le

montagne, padre Augusto. Lo sogna-

va quando ancora non sapeva che per

farlo ci volevano dei compagni e de-

gli attrezzi. E sognava di farlo da solo.

Voleva salire il Medale anzitutto. La

parete che sovrastava casa, che aveva

sempre negli occhi e che gli proteg-

geva le spalle. E che dopo un tempo-

rale “era come un quadro di Picasso”.

Quella Medale “gioia, tristezza, slancio

del mattino, raccoglimento della sera,

trionfo di luce, sogno delle notti chia-

re, tormento … era mia, era qualcosa di

mio, qualcosa di me”.

Quel sogno di salir le montagne

ha cominciato a realizzarlo presto. E’

ancora liceale quando con un amico

apre una nuova via al Pizzo dei Tre

Signori. La via viene ufficialmente ri-

conosciuta; il grande Cassin dedicherà

all’impresa un articolo su il Resegone.

E’ il la che dà il via a una ricca car-

riera alpinistica e dà una nuova forma

al suo eterno cercare.

E’ difficile scegliere tra le pagine del

diario.

Il 23 aprile ’57 è in parete con un

paio di amici. Non è un’ascensione

qualunque. E’ una notturna su quel

Medale che è già stato e sarà meta di

innumerevoli altre ascensioni. L’inten-

zione è di passare la notte in parete,

provare e far provare l’emozione del

bivacco e intanto riflettere. Osserva-

re le luci di Lecco che lottano contro

l’oscurità e intanto pregare. “La me-

raviglia di una città – annota nel dia-

rio – adagiata sotto di noi con quelle

migliaia di luci che si rincorrono, si

scontrano, si raggruppano è qualcosa

che ripaga i nostri disagi. Non a tutti

è concesso di gustare certe gioie, ma

solo a chi sa osare”.

Ci tornerà altre volte

in notturna. Anche da

solo. Per lui è un ri-

trovarsi. “Un giorno –

scrive – vi portai su la

Madonnina. Con questo

gesto mi parve di aver

posto un’ipoteca sulla

parete. Era mia, mia più

che di altri. Un giorno,

se fossi diventato una

persona importante, si

sarebbe detto: la pare-

te di …, come si diceva

la parete di Comici, di

Cassin”.

Il 3 luglio di quello

stesso 1957 don Au-

gusto compie in Gri-

gnetta quella che de-

finisce “l’impresa delle

10 cime”. Scrive: “Già

da tempo era maturata

in me un’idea: passare

come un dominatore

sui sentieri e sulle vette

più importanti della mia

montagna, la Grigna.

Passare solo, come l’u-

nico dominatore. Go-

dermi una giornata da

leone. Sentire, ascoltare

quanto quella mon-

tagna madre diceva

a me solo, senza che

nessuno interrompesse

il colloquio. Così io ho

parlato alla mia mon-

tagna, l’ho accarezzata,

l’ho sentita mia, tutta

mia e solo mia, perché

quel giorno Ella si era

riservata solo per me.

(…) Io piccolo uomo

che scompariva ne-

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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

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che perdere il contatto con la parete

alla mia destra, ho la strana sensazio-

ne di essere trasportato dalla corrente.

Non sono in grado di capire in qua-

le direzione questo fluido fangoso e

buio che mi circonda stia scorrendo

perciò la saggezza della rinuncia e la

percezione alta del pericolo, m’impon-

gono il dietro front.

Per realizzare la tanto agognata

giunzione delle due grotte non resta

altro che cambiare strategia esplora-

tiva, abbandonando i più “sicuri” sifoni

a monte di Sulpan e saggiare quelli a

valle di Male-ho.

I giorni passano e ormai ne man-

cano solo tre per completare il nostro

sogno.

Per raggiungere l’ingresso di Male-

ho, il sentiero nella giungla è lungo il

doppio, circa un paio di ore di tempo

per arrivare. La pioggia ha trasformato

il fango che ricopre tutto il terreno in

una patina ghiacciata e noi, non es-

sendo attrezzati con ramponi, siamo

in difficoltà non solo a camminare ma

anche a rimanere fermi in piedi. La

grotta di Male-ho, termina al fondo

con tre sifoni: uno attivo nel quale non

si può accedere perché una notevole

massa d’acqua vi penetra con corren-

te in favore, un secondo più a valle che

inizia sul fondo di un lago nero, e un

terzo, ancora più a valle che chiude

definitivamente i passaggi aerei.

Scelgo l’ultimo, ma adotto per pre-

cauzione, contro una eventuale cor-

rente in favore, una tecnica diversa

rispetto alle altre immersioni. Utilizzo,

al posto del filo d’Arianna da 2 mm,

una corda speleo da 8 mm, lunga 100

m e sopra la muta aggiungo la mia

imbracatura con gli attrezzi di risalita

della speleologia: nel caso mi trovas-

si trascinato via dalla corrente, avrei

la possibilità di contrastarla risalendo

sulla corda con la maniglia autobloc-

cante. Entro in acqua e non credo ai

miei occhi: la visibilità è finalmente

buona, 7-8 m. Scendo il pozzetto ini-

ziale verticale fino a -7 m poi, a un

bivio, scelgo ovviamente la galleria più

ampia; finalmente posso vedere dove

dirigermi e la galleria che percorro, è

per dimensioni, degna di tutte quel-

le aeree che ho percorso prima, cioè

larga oltre dieci metri e alta almeno

cinque. Niente corrente e mentre i

miei 100 metri di corda terminano, la

galleria continua. Nasce il dilemma se

andare avanti usando il filo d’Arianna,

o tornare. Calcolando il gas residuo

nelle bombole, è più sicuro rientrare.

Non sono del tutto solo: mi fanno

compagnia alcuni pesci bianchi depig-

mentati e una grossa anguilla. All’im-

bocco della galleria più piccola non

resisto alla voglia e mi ci infilo: dopo

un breve tratto anche lei si allarga alle

Laghetto iniziale a Sulpan . Foto di Matteo RivadossiGallerie a valle di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi

gli anfratti della roccia

per ricomparire a testa

alta più su, sempre più

in alto, in cima, vinci-

tore per 10 volte”. Poi

aggiunge: ”No, non vale

nulla un sesto grado

che non ti lascia fia-

to per cantare, non ti

lascia mani per acca-

rezzare ma solo per

afferrare, non ti lascia

occhi per spaziare ma

solo per scrutare, non

ti lascia ali al cuore, ma

te lo opprime in uno

sforzo teso come un

incubo. (…) La monta-

gna è bella per chi la sa

godere, ma per goderla

ci vuole molta umiltà

e delicatezza più che

forza e prepotenza”.

Parole di un domina-

tore certo, visto che le

10 cime – dalla Lancia

al Fungo, dal Campani-

letto alla Segantini - se

le è messe tutte in fila

dietro le spalle, ma un

dominatore gentile.

D’altra parte è questo

il senso del suo andare

in montagna. Scriverà

qualche tempo dopo,

rivolgendosi ai suoi

Centpé in occasione

di un periodo di ferie

in Dolomiti: “Ci adden-

treremo sempre più in

questo campo alpini-

stico non con pretese e

presunzioni, ma col solo

scopo di coltivare una

veranda di sole accanto

al grigiore della nostra vita giornalie-

ra. (…) Questa nostra attività alpinistica

deve essere qualcosa di vitale per noi:

deve essere come qualcosa di am-

pio e di immenso e inondato di luce”.

Perché l’obiettivo in fondo è uno: fare

in modo che “tutto il nostro essere

trovi ogni tanto, nel logorante lavoro

di sempre, la sua posizione eretta al

cospetto di questi abissi della natura”.

Un concetto semplice, ma a pensarci,

non è poco.

Il dominatore gentile

E’ un elenco importante quello delle

ascensioni di padre Augusto Gianola.

Ancor più se rapportato all’epoca e al

tempo, inteso come tempo a dispo-

sizione. Le sue relazioni sono spesso

il racconto di una corsa. In Galletto o

sulla Guzzi del Burela o col Leoncino,

quando si tratta di portare in monta-

gna Centpè e simpatizzanti al comple-

to. E dentro l’elenco ci sono racconti

di grandi imprese scritti con modestia.

Ci sono le solitarie al Medale e su

quasi tutte le guglie della Grigna e c’è

la solitaria al Cervino. E’ il 28 agosto

del ’58. “Una specie di vendetta” –

spiega. La montagna lo aveva respinto

tre anni prima, nel corso di un tenta-

tivo di scalata in compagnia dell’amico

Luciano. Ora “l’avrei vinto da solo” -

scrive. E più o meno ce la fa. Nono-

stante la gran neve inaspettata (vista

la stagione), e una gran bufera che si

scatena “quando ormai la vetta è as-

sicurata”.

“Sono solo, non sono pratico e ho

paura – annota nel diario -. Vorrei

salire di corsa per raggiungere le cor-

date in vetta arrivate dalla Svizzera,

ma proprio in quel momento le cor-

date dalla cima, prese alla sprovvista,

iniziano urlando la discesa sulle corde

La benedizione al termine di una messa per i morti in GrignettaSotto: Padre Augusto con un gruppo di giovani alpinisti

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PIEGA A: 16°

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un po’ di apprensione per il rientro c’è

sempre, e rimango vigile a ogni sen-

sazione finché riemergo finalmente

dal lago dove tutto è iniziato. La de-

scrizione del salone con la cascata si

conclude con la decisione di mandare

il giorno dopo una squadra al fondo

di Male-ho per vedere se c’è traccia

del mio filo.

Gallerie e dietro front

I chilometri esplorati e topografati

aumentano: ogni sera, a tavolino ag-

giungiamo i nuovi risultati. La grot-

ta di Sulpan supera i 13 km e quella

di Male-ho raggiunge i 10 km: una

giunzione porterebbe questo sistema

al secondo posto tra le grotte più lun-

ghe delle Filippine.

Purtroppo la squadra incaricata della

verifica, constata che la sala finale da

me raggiunta, non è quella del fon-

do di Male-ho: dobbiamo provare la

congiunzione in altri punti. Se Simon

fosse ancora con me, insieme avrem-

mo potuto affrontare la cascata, ma in

solitaria, il rischio è troppo alto.

Dopo avere attentamente osservato

la cartina topografica, con la relativa

idrografia, concludiamo che l’opzione

più promettente sia entrare nel sifo-

ne a monte di Sulpan. La galleria che

s’inoltra in direzione, è agevole solo

nel tratto iniziale poi, oltre una serie

di laghetti, il cammino diventa note-

volmente fangoso e l’ambiente tetro.

Al sifone non c’è un posticino dove

appoggiare gli erogatori, le bombole

e il resto dell’attrezzatura che non sia

disastrosamente coperto da una mas-

sa fangosa, per cui metto al riparo per

quanto possibile il tutto appoggiando

le cose sui sacchi speleo del trasporto.

Quando mi avvicino all’acqua, spro-

fondo nella fanghiglia fin oltre il gi-

nocchio e, appena posso, mi allungo

cautamente nello specchio d’acqua.

Appena la testa è sotto la superficie

non vedo più niente: cinquanta centi-

metri di visibilità sono utopia. Procedo

in avanti tenendomi come consuetu-

dine, vicino a una parete molto liscia

e la sensazione di girare in tondo mi

preoccupa: non essendoci appigli sui

quali fissare il filo, la condizione è al

limite. Dopo avere svolto il filo dallo

svolgi sagola per una quarantina di

metri, raggiungo un posto dove, oltre

68Speleologia

Laghetto iniziale a Sulpan . Foto di Matteo RivadossiGallerie a valle di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi

e io non posso salire. Allora decido di

scendere di corsa. E’ l’unica. Ce l’ho

fatta”. A Cervinia perde il pullman e si

fa la strada a piedi fino a Valtournen-

che. Chiosa sul diario: “Il Cervino non

è una scalata; è una vetta. Devo quindi

dire di non aver fatto il Cervino perché

non ne ho toccato la vetta. Il Cervino

non è una difficoltà, è una paura”.

C’è l’assalto alla Torre Venezia al Ci-

vetta, raggiunta per la via Andrich –

Faè, durante la settimana di ferie dei

Centpè. E poi alla torre delle torri, la

Torre Trieste. Da fare senza bivacco,

perché così aveva detto giù al rifugio.

E’ un bel resoconto, ricco di humor più

che di pathos. Come sempre. Alle 6

Don e l’amico Caruso sono all’attacco.

Caruso invoca la pioggia. Don cerca

una scusa più leale per non andare. Ma

tutti e due finiscono delusi. Di scuse

non ce n’è, inutile invocarle e si deve

attaccare. Sbagliano strada, devono

scendere a corda doppia alle 7 del

mattino, riattaccano la via giusta e il

cielo è sempre sereno. A mezzogior-

no sono in cima, nonostante un masso

abbia tranciato la loro corda più bella.

Così la tragedia diventa la discesa. Le

12 doppie della Torre vengono affron-

tate con una corda sola. Nella nebbia.

Sei ore. Ma quando alle 9 della sera

tornano al rifugio sono accolti con

ammirazione. Avevano mantenuto la

promessa: senza bivacco. Anche l’a-

sciutto Da Roit sorride. “E’ stato il pre-

mio più ambito”.

Lo scalatore e la Nordest del Badile

E c’è la Nordest del Badile, per noi

lecchesi forse la più classica delle

classiche (difficili). La via Cassin. E’ in

cordata con Lucio, 95 kg d’uomo. Le

prime acrobazie, nel rispetto della tra-

dizione, le fanno per salire in Topolino

(proprietà della parrocchia) in cima

alla Val Bondasca, ma il resoconto del-

la scalata è un saggio di psicologia

dell’alpinismo. Qualche passo.

“Puntiamo la sveglia alle tre. Inizia il

lungo e strano periodo che solo chi

si è impegnato in grandi scalate ha

provato: la notte”. Appena gettati sui

pagliericci del rifugio del Sass Furà ar-

rivano due tedeschi, Augusto e Lucio

fingono di non sentirli. “Così passano

le ore più tormentate della scalata. Sì,

della scalata, perché la scalata si inizia

molto prima dell’attacco. La parete ci

impegna dal primo momento che ci

ha tentati, quando è ancora solo una

tentazione. E’ all’inizio una piccola idea

che sorge come velleità e rimane tale

finché non accade qualcosa che ti ri-

vela una possibilità di riuscita: una re-

lazione che si legge, un confronto con

altre scalate, la riuscita di qualcuno che

è sul nostro stesso piano (…). Allora si

comincia a studiarla, si fanno progetti,

ci si prepara: tutto il nostro spirito è

preso dalla parete, ci si pensa di giorno

e di notte, è iniziato il tormento della

scalata. Spesso i passaggi più duri, an-

che se non hanno grado, si trovano in

questa fase di preparazione”.

“Dapprima è un desiderio soltanto

– continua – una compiacenza senza

paura e senza entusiasmi. Quando l’i-

dea comincia a prender corpo sorgono

la paura e l’entusiasmo: ma il secondo

ha la parte maggiore. In fase di studio

l’entusiasmo e la paura fanno l’altale-

na, ma alla fine l’entusiasmo respinge a

gomitate la paura, ha la meglio e allora

si parte”. Poi c’è la fase di approccio,

“la più varia”. Per i due sentimenti –

paura ed entusiasmo – è un tour de

force. “L’entusiasmo sembra diventato

così debole da non saper rintuzzare

la paura. Se non fosse una questione

d’onore e perché ormai si è già fatto il

viaggio, la scalata certamente non la si

attaccherebbe mai …”

E così la si attacca. Anzi, si comincia

con un approccio soft, consolatorio:

cominciamo ad andare a vedere. Ma

ormai è fatta. Sei lì. Arriva “l’ora livi-

da”, l’ora dell’alba in cui tutto è gri-

gio e dove l’aggettivo livido, più che

lo sfondo, esprime il sentimento della

paura senza entusiasmo. Ma alla fine

si attacca e di colpo la paura scom-

pare. “Ci si immerge nell’azione e c’è

posto solo per quella”. Quel mattino al

Badile padre Augusto in partenza sba-

glia strada. Così torna sui suoi passi,

riparte. Con Luciano affronta “diedri e

traversi formidabili”. Quando giungono

al nevaio pensile, dà uno sguardo alle

difficoltà che ancora li attendono poi

schiaccia un pisolino. Una mezzoretta

per recuperare. E recupera. Superata la

chiave della salita torna l’entusiasmo.

E’ il momento più bello, “si sente odor

di vittoria”. Hanno attaccato la via

giusta alle 8.30, sono in vetta alle 19,

poco prima del buio. Scrive: “Bisogna

precipitarsi giù; non scriviamo neppu-

re il nostro nome sul libro della vetta.

E’ in questa discesa che subentra di

nuovo lo sgomento; la salvezza non

sta quasi mai in cima, ma ai piedi della

montagna”.

E ai piedi della montagna alla fine

ci arrivano. La scalata, anche questa

scalata, comincia a diventare un ri-

cordo. E i ricordi sono tristi. Si deve

ricominciare a cercare il futuro.

Questo ricordo di Padre Augusto alpinista è stato reso possibile dalla famiglia Gianola che ci ha messo a disposizione copia del diario e le fotografie qui pubblicate.

13Sentieri e Parole

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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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Page 14: Notiziario 1/2016

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questa terrificante idea; sulla sinistra,

trovo un fiume largo cinque metri e

alto più o meno cinquanta centimetri

che scorre impetuoso su una rapida

fino a ritorcersi verso il sifone da dove

arrivo. Fortuna vuole che quest’anno

le piogge siano state scarse e il regi-

me di secca, ha lasciato che arrivassi

fino a qui senza dovere lottare contro

una corrente impetuosa e vogliosa di

ghermirmi. Guadato il fiume e risalito

qualche metro di dislivello, raggiungo

un secondo sifone. Tornerò a prende-

re le attrezzature per continuare. La

galleria asciutta è di circa 50 metri di

sviluppo e, in breve, sono pronto per la

seconda immersione.

Compagna solitudine

La solitudine è una compagna silen-

ziosa che mi aiuta a osservare den-

tro e fuori di me senza distrazioni, mi

aiuta a guidare i pensieri e le paure

infondendomi la tranquillità di avere

solo me stesso cui badare, consape-

vole dei limiti.

Sott’acqua mi tengo vicino alla pa-

rete di destra e, avanzando, arrivo

dove la corrente è molto forte: sem-

bra fuoriuscire da fessure; spostan-

domi a sinistra senza vedere oltre i

50 centimetri perdo la sensazione

della corrente, per cui non posso es-

sere nella direzione giusta. Torno un

po’ indietro, risolvendomi a passare in

quella che sembra la fessura più gran-

de. La corrente, veramente forte, vuo-

le respingere il mio attacco ma, con

cocciutaggine, tirandomi appigliato

alla roccia viva, vinco l’uscita dalla fes-

sura. Facendo attenzione di non es-

sere aspirato in altri più angusti pas-

saggi, mantenendomi contro corrente,

proseguo fino a percepire un rumore

di cascata, che significa vicina la fine

del sifone.

Riemergo, non senza difficoltà ma

con sollievo, alla base di una casca-

ta alta un paio di metri, che versa

un’impressionante massa d’acqua: il

filo d’Arianna che fisso sulla parete, mi

dice che ho percorso 90 metri. Nel la-

ghetto dove sono giunto, non ci sono

né spiaggette né massi dove accomo-

dare le bombole per provare ad ar-

rampicarmi sulle pareti scoscese. Per-

dere l’attrezzatura o parte di essa qui

significherebbe, se va bene, aspettare

non meno di dieci giorni che qualcu-

no si organizzi per venirmi a cercare,

con i rischi altissimi, nell’attesa, di piene

causate dalle piogge. Dunque rinuncio

a proseguire e, allungando il collo, in-

travedo, sopra la cascata, un cono de-

tritico e un salone che mi piacerebbe

credere siano il posto descrittomi dal

Pota.

Sistemo lo svolgi sagola e vedo la

mia pinna galleggiare per un attimo

in preda al movimento della corrente,

la afferro al volo e mi accorgo che il

lacciolo si è rotto: la terrò in mano al-

meno fino alla galleria asciutta dove in

tutta comodità potrò sistemarla. Testa

sott’acqua seguo con molta attenzio-

ne il mio benedetto filo, alle fessure mi

attacco alla lama di roccia che divide

il mio passaggio da non so cosa, e mi

lascio trascinare dalla corrente fino a

quando non sono dentro la galleria da

me sagolata. Seguo il filo tenendolo

in mano, perché è l’unico, solo rife-

rimento che mi può far tornare dai

miei amici in superficie. Nella zona

aerea, aggiusto il lacciolo della pinna

e riprendo il percorso nel primo sifo-

ne. Anche se all’andata non ho avuto

problemi nel contrastare la corrente,

Barangay Camanoan. Foto di Matteo Rivadossi Barruz quartier generale. Foto di Joni Bonifacio

67Speleologia

14Sentieri e Parole

di Gigi AlippiPubblichiamo uno degli ultimi testi

di Gigi Alippi. Da parecchio tempo Gigi,

che si è spento il 28 marzo, era un

collaboratore della nostra rivista sulla

quale scriveva articoli che, ripercor-

rendo le tappe della sua vita di sca-

latore, hanno contribuito a ricostruire

pezzi di storia dell’alpinismo lecchese.

Nei prossimi due numeri pubblichere-

mo gli ultimi due contributi.

Non so con quale criterio un

giovane di questi giorni, ap-

passionato di montagna,

possa ambire a sentirsi e ad essere

riconosciuto con la gratificante qua-

lifica di alpinista. Ai miei tempi, almeno

nell’ambiente sociale in cui ero cre-

sciuto, la cosa era abbastanza sem-

plice: uno si sentiva pienamente alpi-

nista non appena aveva messo piede

su una delle pareti del Monte Bianco.

Arrivare lì era l’aspirazione più forte

ed eccitante per chi aveva cominciato

ad avere una certa dimestichezza con

l’arrampicata. E dopo la prima volta

al Monte Bianco, non è che l’appetito

venisse ad affievolirsi: lì continuavano

ad alimentarsi i sogni, le ambizioni ed

il massimo del piacere per chi si era

innamorato della montagna.

E sazio non mi ritrovai mai nemme-

no io che, pur non ancora trentenne,

al Bianco c’ero già stato una decina

di volte. Si può capire perciò perché

non ci furono tentennamenti né esi-

tazioni quella sera, sul finire dell’ago-

sto del 1959, quando, considerando

che l’impegno lavorativo non era più

tanto intenso per me, come pure per

mio cugino, il “Det” Giuseppe Alippi,

che nella sua attività di contadino si

trovava in un periodo di relativo relax,

prendemmo di comune accordo una

decisione piacevolissima: “Ci pigliamo

un po’ di tempo tutto per noi e pren-

diamo il volo per la cresta Sud dell’Ai-

guille Noire?”

Sappiamo entrambi che si tratta di

una salita appetibile, che ha molto da

raccontare, perché qui è stata scrit-

ta la storia di molti alpinisti afferma-

ti. Percorrere la cresta Sud significa

affrontare una salita lunga e faticosa,

ma altrettanto stupenda e varia per le

cinque torri che incontreremo, anche

se ci limiteremo a raggiungere la vet-

ta soltanto della quarta e soprattut-

to della quinta, la più alta, che segna i

3.773 m di quota.

L’Aiguille Noire de Peuterey è la più

complessa struttura a guglie dell’intero

massiccio, e tutte le vie per arrivare

in vetta sono molto lunghe e impe-

gnative. L’aspetto di questa montagna

mi aveva colpito già al tempo in cui

ero poco più di un bambino. Qui in-

fatti nel 1939 i lecchesi Vittorio Ratti

e Gigi Vitali erano riusciti a compiere

un’impresa straordinaria sul versante

occidentale superando tutti gli osta-

coli rappresentati nella parete Nordo-

vest dell’Aiguille Noire, dove un lun-

go passaggio poté essere vinto solo

attraverso una faticosa arrampicata

artificiale.

L’importanza alpinistica costituita

dal superamento di quel passaggio

venne riconosciuta dal grande Gaston

Rébuffat, che lo battezzò “il debito

della sofferenza”, quale primo esempio

di progressione sistematica su chiodi,

su un tratto di parete strapiomban-

te in modo sensibile e non breve, nel

gruppo del Bianco. In effetti si trattava

di una tra le più dure salite delle Alpi,

e in quelle tre giornate, dal 18 al 20

agosto del 1939, i due alpinisti lecchesi

dovettero impiegare ben 50 chiodi, di

cui 12 furono lasciati in parete. L’eco

dell’impresa risuonò con comprensibile

forza in una città alpinistica per an-

tonomasia, ed anche i ragazzini come

me ne furono coinvolti per l’entusia-

smo con cui fu accolta ed enfatizzata.

Irresistibile attrattiva

A determinare la nostra scelta per

l’Aiguille Noire credo ebbe la sua im-

portanza pure il ricordo di quella lon-

tana conquista, ma devo ammettere

che a quel tempo, tutte le vie che

vantavano una storia straordinaria che

le rendevano rinomate, esercitavano

su di me un’attrattiva irresistibile. La

nostra intenzione era di percorrere

integralmente la cresta Sud, seguendo

la via tracciata dai primi salitori nell’a-

gosto del 1930, Karl Brendel e Her-

mann Schaller: anzi proprio le relazioni

e le impressioni di questi alpinisti ci

hanno resi perfettamente consapevoli

delle forti difficoltà che avremmo do-

vuto superare per arrivare in cima.

Per quanto riguardava quel poco

di organizzazione logistica di cui

avremmo avuto bisogno, non ci vol-

le granché per trovarci d’accordo.

STREGATO DAL BIANCOLa cresta sud dell’Aiguille Noire col Det, il Bigio e la “comptesse”

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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Page 15: Notiziario 1/2016

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“La facciamo da tedeschi, portiamo

la nostra tendina, e ultima spesa a

Courmayeur: da qui si va decisi verso

la cresta. Piazzeremo la nostra tendina

prima del buio e l’indomani prosegui-

remo con la nostra salita”. A proposi-

to di tendina, occorre subito precisare

di che cosa si trattava: niente a che

vedere con quelle classiche, quanto

piuttosto un budello da appendere ai

chiodi, per potercisi infilare dentro in

qualche modo.

Quante emozioni riescono a susci-

tare le semplici località che tocchiamo

una volta superato il bivio per Cogne:

Villeneuve, Arnier, Avise, le gallerie e

poi la vista del Bianco! Dopo il buio

dell’ultima galleria, i miei occhi vanno

a posarsi, ancora una volta soddisfatti,

sugli immensi contrafforti della mon-

tagna. Ancora una volta mi sentivo

più intimamente vivo, pronto a farmi

accompagnare dai sogni più belli, lon-

tano dalla routine dei giorni lavorativi.

Sentirò riemergere il mio vero carat-

tere, ingenuo e sognatore e mi rifuge-

rò nel mondo semplice, ma concreto,

che vorrei tanto avere per ritrovare

il piacere intenso di sentirmi esistere

come mi piace: con la testa tra le nu-

vole, sopra ogni cosa ed ogni essere,

avendo come compagna l’illusione di

mai più distaccarmi.

Ma adesso siamo già giunti ai 1224

m di Courmayeur e, dopo una breve

sosta, imbocchiamo sulla sinistra la

carrozzabile della Val Vèny. Passia-

mo dal Santuario di Notre Dame de

la Guèrison e superiamo La Visaille, e

nel punto in cui la strada diventa pia-

neggiante, sento strombazzare fasti-

diosamente dietro la mia Guzzi 500.

Penso che qualcuno mi chieda di ce-

dere il passo e mi sposto gentilmente

fino al ciglio della strada: ma questo

non basta a quel prepotente, che non

cessa di battere sul suo clacson. Urlo

al Det: “Prova a vedere cosa vuole

quel disgraziato, che forse ha bisogno

di una lezione”.

“Toh, è il Bigio!”. È una piacevole

sorpresa per lui e per noi: ci scam-

biamo sbrigativamente spiegazioni e

intenzioni e nell’apprendere che ab-

biamo tutti la stessa meta, è ovvio

decidere subito di effettuare l’ascen-

sione insieme. Carlo Mauri ci invita a

seguirlo nell’albergo dove aveva fis-

sato l’appuntamento con una signora

che dovrà accompagnare nella scalata

che ci attende. Ci presenta così a ma-

dame Regine, comptesse de Faleton

Sentieri e Parole15

Madame Regine con Gigi Alippi e il Det davanti al rifugio Lorenzo Borelli. Foto archivio Giuseppe Alippi

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Page 16: Notiziario 1/2016

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(1): una donna che non

potrebbe mai passare

inosservata e che ci

colpisce fino al pun-

to di farci intimidire. È

una signora sulla cin-

quantina, dotata di un

fisico bello e atletico,

solo poche tracce sul

viso hanno il difficile

compito di denunciare

la sua età. Il Det fati-

ca non poco a strin-

gere una mano tanto

delicata, che contrasta

vistosamente con le

sue martoriate dal duro

lavoro nei campi. Uno

stridente contrasto

che risulta ancora più

evidente sullo sfondo

bianco della tovaglia

apparecchiata sul tavo-

lo, dove ci siamo acco-

modati insieme per la

cena. Il suo disagio lo

costringe a usare po-

chissimo le mani, tan-

to che alla fine si alza

da tavola ancora con

una abbondante dose

di fame. Cerca di spie-

garsi con me: “Ognuno

ha le sue, ma siamo

nella stessa barca: ve-

drai che domani le mie

mani potranno servire

a madame!”

Giunti in camera però

non potrà resistere alla

voglia di aprire una

scatoletta di Simmen-

thal, prima di uscire

per chiudere la sera-

ta a casa di Roberto

Gallieni, uno dei grandi

del nostro alpinismo. Qui ci troviamo

ad affrontare una difficile scelta tra la

varietà delle bottiglie di liquore che ci

vengono offerte. Il Det propende per

l’whisky, asserendo di non averlo mai

assaggiato in vita sua. La smorfia che

gli si stampa sul viso potrebbe benis-

simo far le veci del suo brusco com-

mento: “L’è minga bun!” Come non

ridere?

Partenza prima dell’alba

Sono le prime ore del mattino a

promettere già in partenza una bella

giornata di pieno sole, e con questa

certezza ci è più facile iniziare la no-

stra fatica nel risalire la valle sul sen-

tiero che porta sopra i ghiaioni del

Fauteauil des Allemands, dove a quo-

ta 2325 m sorge il bivacco Lorenzo

Borelli, collocato sul lato destro della

grande poltrona, in un posto molto ri-

parato. Nel buio della notte sgattaio-

liamo verso il Pic Gamba, la prima delle

cinque torri, che però saliremo solo

parzialmente, abbandonandola presto

per una traversata orizzontale. Qui

Carlo Mauri interviene per dispor-

re le cordate: viene affidato a me il

compito di partire davanti: seguirà poi

lui e di seguito il Det, con l’incarico di

aiutare la contessa. La sequenza viene

però modificata già dopo poche filate

di corda, con il Bigio che così giustifica

con me questa decisione: “L’è mei che

te ste de dre te, che te parlet fran-

ces”. Mauri mi attribuisce evidente-

mente una dote che non ho, perché il

francese io lo balbetto soltanto. Sono

comunque in grado di capire intanto

quello che ci sta dicendo la signora,

con una semplicità che non mi può

lasciare indifferente: “Gigi, Det: je suis

seulement Regine, pas madame, pas

comptesse”.

Mi rendo subito conto che Regine

Aiguille Noire de Peuterey vista dalla Val Vény. Francofranco56 ope-ra propria da WikipediaSotto: Vittorio Ratti e Gigi Vitali incontrano Vittorio Varale, al cen-tro, in occasione della salita alla Ovest della Noire, ricordata all’inizio dell’articolo, 1939. Foto archivio G. Comi-Cai Lecco

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non sa arrampicare con disinvoltura,

tuttavia è molto forte e atletica: quan-

do branca una presa, non la molla più…

e Gigi fa il resto. Mi muovo infatti alle

calcagna di madame senza avverti-

re nessuna difficoltà, mentre un cielo

meravigliosamente bello mi consente

il piacere di gustare a fondo il grani-

to della Noire. L’ambiente è davvero

entusiasmante: sotto il ghiacciaio del

Freney, si scorgono l’Aiguille Croux, il

vecchio rifugio Cesare Gamba, che ora

non c’è più, la cresta dell’Innominata,

su su verso la cima del Bianco. Come

non innamorarsi di fronte a questo

spettacolo che viene generosamente

offerto dalla natura?

Siamo andati avanti abbastan-

za tranquilli fino alla base della Punta

Welzenbach, che abbiamo aggirato per

attaccare una scalata più impegnativa

sulla sua ripida guglia.

È mio cugino che continua a gui-

dare la cordata senza problemi e io lo

guardo con piacere e ammirazione,

convinto che lui sia il più forte roc-

ciatore che abbia mai avuto l’alpinismo

lecchese. Si prosegue a scalare, prima

lungo la Punta Brendel e di seguito

lungo la Punta Ottoz, che indiscutibil-

mente presenta le maggiori difficoltà

dell’intera cresta, mettendoci a dura

prova. Qui affrontiamo un bellissimo

diedro, che termina con una delicata

traversata, strapiombante, sulla destra.

Siamo così ritornati sul versante che

avevamo aggredito in partenza e ci

troviamo quasi inaspettatamente alla

base della Punta Bich.

Ci troviamo in un bel posto piano,

ideale per bivaccare, come decidiamo

di fare.

C’è anche abbondanza di neve, la

qual cosa ci fa pregustare il refrigerio

dell’acqua che tra poco scenderà nelle

nostre gole riarse. Con Det mi dedico a

piantare alcuni chiodi, dove appendia-

mo subito la nostra casa. Carlo Mauri

decide di bivaccare fuori, e io osservo

con ammirazione e invidia il glorioso

maglione che indossa, lo stesso che

ha portato quando l’anno precedente

aveva vinto con Walter Bonatti, in Ka-

rakorum, quel superlativo Gasherbrum

IV. Det ed io ci infiliamo finalmen-

te nella nostra tendina e sistemiamo

il fornello: benedetto fornello dalla

fiamma azzurrina, che consente dol-

cemente alla neve di liquefarsi nell’ac-

qua a lungo desiderata, mentre i nostri

occhi brillano e la bocca esulta. Sono

piccoli particolari che fanno parte delle

esaltanti sensazioni della montagna e

che si possono vivere solo nell’intimi-

tà, senza possibilità di essere descritti

nella loro essenza.

“Tic toc, tic toc”: sono piccoli gra-

nelli ghiacciati che cominciano a ru-

moreggiare sulla tenda. Quasi subito

sopraggiunge il Bigio a metterci il naso

e con un “Che bel calduccio!” si infi-

la dentro pure lui, per non uscirne più

fino al mattino.

Comunione di animi

Il sonno tranquillo ci ha ristorato

più ancora di quanto ci serva ora per

proseguire nella nostra ascensione.

Prendiamo di mira la Punta Bich, di cui

raggiungiamo la vetta quasi d’un fia-

to, tutto nell’ansia di raggiungere al più

presto la nostra meta finale. Arrivare

in cima all’Aiguille Noire de Peuterey,

inondati dalla luce solare che arriva da

Est, inebriandoci con il suo calore, è

stata un’ascesa gioiosa che ci ripagava

pienamente della nostra precedente

fatica e dei nostri comprensibili sforzi.

Eravamo consci che nessuno di noi

quattro avrebbe mai potuto dimen-

ticare la gioia e la commozione con

cui ci abbracciammo su questa magi-

ca vetta, come per condividere in una

inscindibile comunione degli animi la

soddisfazione che si era impossessata

di noi partendo da un’impresa picco-

la, ma che per noi aveva acquistato

una dimensione considerevole, cer-

tamente ben oltre il suo reale valore.

E a dare una significativa ragione a

questo nostro convincimento erano

evidentemente venuti in soccorso gli

immensi e impenetrabili panorami da

cui eravamo circondati e che saziava-

no la sete dei nostri occhi: dall’Aiguille

Croux che spiccava più sotto, alla cre-

sta dell’Innominata che ci rapiva verso

il cielo, come i Pilastri del Brouillard, i

Piloni del Freney, la cresta di Peutèrey,

il bacino del versante della Brenva con

le sue classiche vie e i suoi seracchi,

il Mont Maudit, il Dente del Gigante, e

perfino la sagoma del rifugio Torino al

Colle del Gigante.

Mai avrei potuto dare un addio de-

finitivo a queste incantevoli meravi-

glie. Il distacco dal mio Monte Bianco

questa volta diventava meno penoso

perché nel cuore albergava la certezza

che mi faceva sussurrare “arrivederci,

a presto”.

(1) Racconta il Det che con la “comptes-se” Regine si stabilì un vero rapporto di amicizia. Due anni dopo la salita alla Noir, venuta a sapere attraverso la stampa alpi-nistica francese che il Det, con Pierlorenzo Acquistapace e Giuseppe Lafranconi, ave-va salito la Ovest di Lavaredo, Regine si presentò a Lecco con la sua auto e portò i tre alpinisti a Lione, ospitandoli a casa pro-pria, per compiere con loro delle scalate in Francia (ndr)

17Sentieri e Parole

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di Renato Frigerio

Lecco ha perso uno dei suoi Ra-

gni, conosciuto semplicemente

come Gigi Alippi, uno dei per-

sonaggi che hanno fatto la storia alpi-

nistica e turistica del Novecento della

Grignetta, e non solo.

Gigi Alippi era nato ad Abbadia La-

riana il 26 febbraio del 1936. Dopo l’al-

pinismo ha amato tantissimo la cac-

cia. Era uno di quei montanari che si

definiscono di vecchio stampo. Che

amava prendere per mano un ragazzo

alle prime armi, spiegandogli con fin-

ta severità, con toni burberi soltanto

all’apparenza, i segreti della montagna.

Fu alpinista di spicco, con moltissime

arrampicate, ripetizioni di vie classiche,

prime salite, prime invernali, nuove vie

aperte sulle Grigne, sulle Dolomiti e

sulle Alpi, ma pure in Africa, Nord e

Sud America, Asia, ai Poli.

Condusse il rifugio di famiglia ai

Piani Resinelli e fu guida alpina per ol-

tre cinquant’anni. Per molte edizioni fu

istruttore alla scuola nazionale di roc-

cia dei Ragni, formando un’intera ge-

nerazione di alpinisti prevalentemente

lombardi.

Ha arrampicato con i nomi più si-

gnificativi tra i personaggi lecchesi,

alpinisti per eccellenza, come Riccardo

Cassin, Carlo Mauri, Casimiro Ferrari,

Giulio Bartesaghi, Cesare Giudici, An-

nibale Zucchi, Det Alippi, Giuseppe La-

franconi, Giorgio Redaelli, Jack Canali,

Romano Perego, Benvenuto Laritti, ma

anche con monzesi, milanesi e ber-

gamaschi, quali Romano Merendi, Lu-

ciano Tenderini, Walter Bonatti, Bruno

Ferrario, Gianni Arcari, Giuseppe Piro-

vano.

Notevole l’attività svolta in campo

extra-europeo.

Nel 1961 con la spedizione “Città di

Lecco” gli arride la storica conquista

della parete Sud del McKinley in Ala-

ska;

nel 1966 vince il Monte Buckland

nella Terra del Fuoco in Cile;

nel 1969 vince il Nevado Jirishanca

per il versante Ovest nella Cordillera di

Huayhaush in Perù;

nel 1972, sempre sulle Ande Peru-

viane, nella Cordillera Blanca, conqui-

sta il Nevado Huantsan Ovest (si tratta

della cima che appare nel logo della

Paramount Pictures);

nel 1974 partecipa alla storica con-

quista dell’impossibile versante Ovest

del Cerro Torre, in Argentina, la più

ambita vetta patagonica;

MONTAGNA IN LUTTO PER GIGI ALIPPIE’ stato uno dei Ragni che hanno fatto la storia dell’alpinismo lecchese

Gigi Alippi, a destra, con Giuseppe Alippi Det alla fine degli anni ‘50. Foto archivio Giuseppe Alippi

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QUATTRO GIORNI SULL’ALTIPIANOLa mancanza di neve non ha scoraggiato il Gruppo Età d’Oro in gita ad Asiago

L’Altipiano di Asiago e le sue

splendide montagne sono state

per quattro giorni, dal 27 al 30

gennaio, la meta di un gruppo di qua-

rantacinque soci del GEO (Gruppo Età

d’Oro) che coordina i Seniores della

sezione lecchese del CAI.

Non è stata certamente la caren-

za di neve, caratteristica dominante

di questo strano inverno 2015/2016,

a intimidire il gruppo capitanato dal

presidente Marcello Sellari e da Te-

renzio Castelli che, grazie anche al

valido contributo degli alpini di Asia-

go e della guida locale Massimiliano,

ha utilizzato appieno le belle giornate

per calpestare il suolo così sacro per

le vicende e il sangue versato durante

la Prima Guerra Mondiale, narrate con

maestria da Emilio Lussu nel suo ca-

polavoro Un anno sull’altipiano, non-

ché dall’asiaghese Mario Rigoni Stern.

Il primo giorno è stato dedicato alla

visita al maestoso Sacrario Militare,

situato sul colle del Leiten, nei pressi

della cittadina; si tratta di uno dei più

importanti ossari militari, inaugura-

to nel 1936 e dove riposano i resti di

oltre 54mila caduti, di cui ben 33mila

ignoti.

Sotto la guida energica degli alpini

Enzo Biasia e Amerigo Baù della lo-

cale seziona dell’ANA, in fila per tre i

soci del GEO hanno raggiunto l’altare

dove la nostra Pinuccia ha deposto un

mazzo di fiori in memoria delle gio-

vani vite stroncate dall’assurdità della

guerra e dove è stato osservato un

toccante minuto di raccoglimento e di

preghiera.

La successiva tappa è stata il Museo

delle Carceri, dove sono esposte delle

bellissime fotografie dedicate agli anni

della Prima Guerra mondiale e che il-

lustrano momenti di vita quotidiana

delle popolazioni locali, insieme a foto

militari.

Al Verena e al Manderiolo

Poi, favoriti dal bel tempo e con-

dotti dalla guida Massimiliano, sono

iniziate le scarpinate che in due di-

stinte giornate hanno avuto come

meta il Rifugio Verena (2020 m) e il

Monte Manderiolo (2070 m); la fati-

ca è stata ampiamente ripagata dagli

62GEO

di Claudio Santoro

Sul Manderiolo - foto di Claudio Santoro

Il gruppo al Sacrario - foto di Claudio Santoro

nel 1975 partecipa alla spedizione

del CAI nazionale con obiettivo l’in-

violata parete Sud del Lhotse. Il tenta-

tivo, guidato da Riccardo Cassin, si ar-

resta a 1000 metri dalla vetta a causa

di una serie di catastrofiche valanghe;

nel 1976 partecipa alla spedizione

scientifica e alpinistica, organizzata da

Renato Cepparo, nei dintorni dell’arci-

pelago delle Shetland australi;

nel 1983 partecipa alla spedizione

del CAI, sezione di Lecco, che ha per

obiettivo la Cima Est del Lhotse Shar,

respinta a circa 1200 metri dalla vetta

per le condizioni climatiche partico-

larmente avverse;

nel 1985 prende parte, con un grup-

po composto da bergamaschi e lec-

chesi, alla spedizione diretta alle Iso-

le Svalbard, nei territori artici, ai limiti

della banchisa polare;

nel 1986 ricopre il ruolo di capospe-

dizione, conseguendo un altro suc-

cesso, nella conquista del Sarmiento

Nordovest, in Terra del Fuoco, ai con-

fini con la Cordillera di Darwin.

A settembre 2014, di Gigi Alippi, è

uscito il libro “Il profumo delle mie

montagne”, edito da Alpine Studio,

dove sono pubblicati suoi brevi articoli

riguardanti la ricostruzione dei diversi

periodi storici in cui vanno inquadra-

te le sue imprese. Questi racconti ci

consentono di conservare un ricordo

di Gigi Alippi che vale un patrimonio,

un’autentica e preziosa lezione di vita.

Ammalatosi il 14 febbraio scorso, è

morto il 28 marzo all’ospedale di Lec-

co. Resta il vuoto.

Gigi ci ha lasciati, non è più con noi,

mancherà a tutti. Non è riuscito a vin-

cere la partita più dura.

Adesso vogliamo ricordare Gigi così,

nel nostro affettuoso ricordo.

Per questo lo piangiamo e lo rin-

graziamo al tempo stesso, nell’attesa

di rivivere poi con i suoi cari e i suoi

amici, quei momenti che non dimenti-

cheremo mai più e che mai più, senza

di lui, sarà possibile gustare.

Abbiamo avuto più volte Gigi Alippi

al nostro fianco. Ma ci sarà sempre.

In questo profondo e triste mo-

mento siamo vicini con un abbrac-

cio ai figli Moira e Stefano, alla sorella

Ornella. Un abbraccio da parte di tutti

quelli che hanno goduto della stima ed

amicizia di Gigi.

Sentieri e Parole19

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Page 20: Notiziario 1/2016

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serti di legno, una profusione di og-

getti di grande effetto estetico, belli,

strani, esotici, esercita sui visitatori un

impatto che nell’immediato è soprat-

tutto di tipo emotivo. La curiosità e

l’interesse storico ed antropologico

arrivano in un secondo tempo, e tro-

vano risposta fondamentalmente negli

stessi oggetti, perché l’unico supporto

didattico è costituito da scarne dida-

scalie e da piccoli pannelli esplicativi

appena visibili all’ingresso delle va-

rie sezioni, suggerimenti per conte-

stualizzare i materiali esposti, più che

spiegazioni. E tutto ciò in armonia con

l’idea che Messner pone alla base di

questa realizzazione: “Mi preme ri-

velare un’opera di insieme che nasce

dalla relazione tra il luogo storico, la

situazione geografica e i singoli re-

perti raccolti. I reperti devono comu-

nicare tra loro ed essere in grado di

trasmettere informazioni allo spetta-

tore, senza il bisogno di essere spie-

gati”.

Il percorso espositivo inizia al piano

interrato in uno spazio allestito se-

condo la tradizione della casa rurale

dell’Alto Adige. Uno spazio confina-

to, familiare, statico, lasciato il quale

il visitatore si trova proiettato nella

cultura dei nomadi delle montagne;

qui tende, accessori, manufatti dei

popoli nomadi del Tibet, del Medio

Oriente, della Mongolia vengono ac-

costati in un’associazione ideale alle

attrezzature dei pionieri dell’alpini-

smo, a modo loro anch’essi nomadi.

Le cantine del castello sono invece

il punto di partenza di un fantasti-

co viaggio che si conclude al primo

piano attraverso la cultura dei tanti

popoli residenti nelle zone montuo-

se di tutti i continenti, ciascuno con

le proprie tradizioni e i propri costumi,

documentati da una ricca collezione

di oggetti di uso quotidiano e artistici.

La religione nelle montagne è il tema

del secondo piano, e qui, accanto ai

reperti riguardanti le grandi religioni

dell’Asia e la cultura Inca del Suda-

merica, si possono visitare le stanze

dei principi vescovi, le uniche dove il

castello conserva il suo arredamento

originario.

Se, durante la visita al museo, ci si

sofferma nella sala dedicata alle espo-

sizioni temporanee e alle proiezioni, si

ha l’opportunità di leggere un breve

testo al quale Messner consegna la

propria idea di conservazione della

montagna, un sintetico contributo al

dibattito sul destino delle terre alte,

sempre in bilico fra le opposte tenta-

zioni di rifugiarsi nostalgicamente nel

passato o lanciarsi in modo acritico

verso la modernità: “Si parla spesso

oggi del carattere genuino della cul-

tura di montagna, della sua autentici-

tà e delle sue tradizioni, dalle lontane

aree urbane gli ambientalisti e i pro-

tezionisti mettono in guardia contro

la svendita delle montagne. Ma loro

stessi usano questo paesaggio cultu-

rale come fondale su cui proiettare la

loro concezione di mondo ideale.

Il “ritorno alla natura” nella “ter-

ra natia” viene paragonato alla vita

prima della rivoluzione industriale. Ai

loro occhi le regioni montuose devo-

no rimanere “vere, genuine” “come ai

vecchi tempi”.

Le regioni montuose come musei,

però, non possono sopravvivere. La

cultura di montagna può essere svi-

luppata in maniera slegata dal presen-

te, ma tenendosi solo aggrappata al

passato diventa sterile.”

Nell’incanto della Val Fiscalina Sguardo su Brunico dalla collina del castello - foto di Massimo Di Stefano L’ingresso al castello foto di Massimo Di Stefano

di Sergio PoliComplesso di inferiorità

Ammettiamolo: anche noi lom-

bardi abbiamo un complesso

di inferiorità nei confronti dei

trentini. Quando si vuole portare un

esempio di buona organizzazione, di

senso civico, di uso del territorio nel

rispetto dell’ambiente si cita sempre il

Trentino o l’Alto Adige. E qualche ra-

gione c’è.

Questa differenza rispetto al resto

del Bel Paese si nota soprattutto nelle

valli, nei paesi anche piccoli, che hanno

saputo mantenere una loro identità e

decoro pur vivendo soprattutto, se non

esclusivamente, di turismo. Com’è pos-

sibile questo? Non si tratta di reddito

più alto – la solita questione delle tasse

che rimangono in loco…; si tratta piut-

tosto di cura, di rispetto per il proprio

luogo di vita, cosa questa che c’entra

più con l’educazione che con il reddito.

Qualche anno fa era stata proposta

all’Unesco la candidatura dei vigneti

terrazzati della Valtellina (le “rupi del

vino”) come Patrimonio dell’Umanità;

quei vigneti sono un vero monumen-

to al lavoro, testimonianza tangibile

di come l’ingegno umano ha saputo

utilizzare a proprio vantaggio un am-

biente naturale aspro e difficile. Ebbene,

nonostante l’indubbio valore di quel sito

la candidatura è stata rifiutata… perché

il fondovalle era tutt’altro che preser-

vato. Insomma, sopra nulla da dire, ma

appena sotto era meglio non guardare!

Semplificando un po’, in Trentino la

montagna ha saputo invece vivere del-

le proprie risorse, favorita certo anche

da una Natura generosa – le Dolomiti

ci sono solo lì…- ma senza svendersi

completamente allo sfruttamento turi-

stico.

Una meraviglia alla portata di tutti

Un esempio tangibile di questo uso

oculato e rispettoso della montagna si

trova in una piccola valle laterale della

Valsugana che si chiama Val Sella. Vi si

giunge da Borgo Valsugana prendendo

verso sud e risalendo qualche chilo-

metro lungo una stradina a tornanti

che porta in quota. Di per sé la valle

non ha nulla di particolare, se non offri-

re una certa suggestione storico-am-

bientale: a sud incombono infatti le ri-

pide pareti dell’Ortigara, di Cima Undici,

Cima Dodici e così via, e lì dietro c’è

l’Altopiano di Asiago, tutti nomi legati

alla tragedia della Grande Guerra. Già,

sembra impossibile che quel che oggi

è un bucolico angolo di pace, un secolo

fa sia stato teatro di terribili battaglie.

Davvero, dal fondovalle non se ne ha

nessuna percezione: si vedono solo

prati, boschi e una stradina che sale

ombreggiata dai tigli.

Ma cosa c’è allora di eccezionale da

vedere, per cui vale la pena fare diverse

ore di viaggio per arrivarci? Semplice-

mente, c’è una delle più interessanti e

affascinanti mostre d’arte contempo-

ranea che sia possibile visitare in Italia.

Il percorso si divide in due parti:

prima c’è ArteNatura, a libero acces-

so (cioè gratis…) nel bosco, poi si trova

Malga Costa, a pagamento (5 euro ben

spesi!) poco più avanti. La cosa affa-

scinante è che tutte le opere sono sta-

te fatte dagli artisti con materiali natu-

rali reperiti in loco: legno anzitutto, ma

anche pietra e corde, con pochissimi

fronzoli a “disturbare” la visita. Solo un

piccolo cartellino col nome dell’opera,

dell’autore e l’anno di creazione. Ogni

anno se ne aggiunge qualcuna, mentre

qualche altra viene lasciata… “tornare

alla natura”, cioè decomporsi. Questa

è la filosofia dell’Associazione che ha

creato questa meraviglia, e che con i

suoi volontari ne assicura la sopravvi-

venza.

Lungo la stradina nel bosco , in un

paio di chilometri si trovano sparse una

ventina di opere, e a Malga Costa una

quarantina: una vera cavalcata nell’ar-

te! La maggior parte sono classiche

sculture nel legno, alcune sono geniali

composizioni create intrecciando rami

di nocciolo, altre ancora sono fatte con

elementi geometrici in cui si può anche

entrare… Insomma, un mondo a parte

ma perfettamente integrato nel bosco

in cui sono inserite.

L’opera più famosa, simbolo di Arte

Sella, è la Cattedrale vegetale, creata da

Giuliano Mauri nel 2001: un inseguir-

si di colonne verdi, giovani faggi che

negli anni andranno a sostituire le im-

palcature di legno in cui sono inseriti, e

diverranno una vera “selva”, ma con un

ordine architettonico gotico. Il geniale

Autore (lombardo: era di Lodi) ha poi

replicato questa meraviglia vicino a noi:

alle falde del Pizzo Arera, fra Val Seria-

na e Val Brembana, su un poggio che

domina Zambla e Oltre il Colle, svet-

ta questo piccolo gioiello in crescita.

CAVALCATA NELL’ARTEAlla scoperta del “museo naturale” della Val Sella

20Sentieri e Parole

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

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poco battuta, i pattinatori fanno un

po’di fatica; un gruppetto sulla via

del ritorno raggiunge il centro di

Dobbiaco percorrendo la pista cicla-

bile con un pallido sole alle spalle.

Alcuni di noi durante i tre giorni

hanno camminato su sentieri inne-

vati godendosi la vita all’aria aperta

in paesaggi incantati.

Durante il viaggio di ritorno ci

fermiamo per due soste degustando

torte e vino.

Arriviamo a Lecco alle ore 20.30.

Questa tre giorni è stata molto

bella: sciate in compagnia, luoghi

montani fantastici, le nevicate final-

mente ci hanno fatto vivere in ritar-

do un po’d’inverno.

Un ringraziamento particolare ai

nostri accompagnatori: Pina (Art Di-

rector), Giovanni, Daniele e Clorindo

che hanno organizzato alla perfe-

zione questa tre giorni, e a tutti noi

sciatori e camminatori.

Alle prossime uscite sulla neve: vi

aspettiamo numerosi.

60Sci di Fondo

lo sorse a breve distanza di tempo la

città di Brunico che al vescovo fon-

datore deve il suo nome. Nel 1825 i

locali del castello vennero ceduti alla

città e a lungo adibiti ad alloggia-

mento per le truppe e a prigione, nel

1969 incominciarono ad ospitare aule

scolastiche. Con le più recenti opere di

ristrutturazione (2009-2011) il ca-

stello è diventato un museo e ospita

attualmente il penultimo dei cinque

musei dedicati da Reinhold Messner

alla montagna.

Si tratta del Museo Ripa la cui mis-

La cittadina di Brunico, cuore della

Val Pusteria, è dominata a sud dal-

la mole imponente del castello fat-

to erigere in cima a una collina nel-

la seconda metà del XIII secolo dal

principe vescovo di Bressanone Bruno

von Kirchberg per proteggere gli ulti-

mi possedimenti della valle rimasti in

mano ai vescovi. Ai piedi del castel-

sione è sintetizzata nel nome: ri-pa

in lingua tibetana significa uomo di

montagna, e il percorso museale vuole

essere un racconto della vita e del-

la cultura dei popoli che abitano le

regioni montane più importanti del

mondo, dalle Alpi all’Himalaya, dalle

Ande all’Africa e all’Oceania.

L’allestimento sottintende una con-

cezione museale diversa da quel-

la a cui siamo abituati: all’interno di

spazi espositivi ottenuti coniugando

in modo sobrio la struttura in pietra

dell’edificio storico con moderni in-

IL CASTELLO DI BRUNICO E IL MESSNER MOUNTAIN MUSEUM RIPA

di Adriana Baruffini

Nell’incanto della Val FiscalinaSe non si ha tempo di andare fino in

Trentino può valer la pena di vedere

almeno questo.

Tornando ad Arte Sella, finita la visita

– che impegna tre ore in tutta calma

– si può tornare a piedi al punto dove

si è lasciata l’auto, chiudendo l’anello

e godendo la pace assoluta di questa

verdissima valle. Prima però c’è un’altra

piccola sorpresa: accanto ad una linda

chiesetta, un pannello ricorda che lì vi-

cino si trova la casa di vacanze di Alci-

de de Gasperi, uno dei padri della no-

stra Repubblica, che sotto il suo “Albero

della Saggezza” veniva a meditare e a

riposarsi dalle fatiche della politica. Non

si sa se davvero l’Albero lo ispirasse

alla giustizia e gli desse lungimiranza,

come suggerisce la targa, ma senz’altro

in questo ambiente così sereno ven-

gono pensieri di pace, di armonia e ci

si ricarica tornando migliori.

Fame di Arte nella Natura

Arte Sella forse è il miglior esem-

pio in Italia di questa congiunzione fra

Arte e Natura, ma anche vicino a noi

stanno fiorendo diverse iniziative simili.

Oltre alla Cattedrale vegetale dell’Are-

ra si possono visitare il Sentiero dello

Spirito del Bosco, nella Foresta regio-

nale Corni di Canzo, e il Sentiero delle

Espressioni nella Foresta regionale Valle

Intelvi, sopra Schignano, entrambi in

provincia di Como.

Il primo sentiero, creato quasi un

decennio fa, viene percorso da una

media di 15.000 visitatori l’anno, mol-

ti dei quali lasciano i loro entusiasti-

ci commenti su un libro-firme a loro

disposizione. Il tracciato è semplice e

può essere perciò percorso da fami-

glie, scuole, bambini che evidentemen-

te lo apprezzano molto; infatti non vi

sono opere concettuali ma sculture di

animali, gnomi, draghi, labirinti di legno,

passerelle, che colpiscono con imme-

diatezza la fantasia dei visitatori. Molte

La Cattedrale Verde sull’Arera

Arte Sella, La Cattedrale VegetaleArte Sella, il sole

Arte Sella - Alveare

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Anche quest’anno attendo

con impazienza la tre gior-

ni: un momento di sport,

svago, lasciando la routine quotidia-

na per vivere nuove avventure con

persone amiche in posti meravigliosi.

La partenza è alle 6 di sabato 27

febbraio, saliamo sull’autobus, autista

signor Giuseppe, ancora un po’as-

sonnati ma contenti di stare insieme,

il viaggio è lungo, dopo una sosta

arriviamo alla prima meta: Val di

Vizze - Loc. Fossa (1450 m).

Iniziamo a sciare divisi in due

gruppi: percorriamo un anello abba-

stanza innevato, il tempo è nuvoloso

ma non nevica.

Alla fine della sciata in compa-

gnia riprendiamo il nostro autobus

per raggiungere l’Hotel Kindertraum

Flotsherhof a Naz - Sciaves, nei

pressi di Bressanone.

Ognuno di noi si reca nella pro-

pria camera, nella parte principale

dell’Hotel o nella dependance, edi-

ficio attiguo recentemente ristrut-

turato.

Dopo un meritato riposino o una

veloce sauna-bagno turco prendia-

mo l’autobus che ci porta a Bres-

sanone: qui qualcuno partecipa alla

messa, altri visitano il duomo e il

chiostro o passeggiano per il bellis-

simo centro.

Alla fine di questo primo giorno ci

attende la meritata cena, tipica del

luogo: zuppa, canederli, gulasch e

frittelle di mele, buon cibo e ben gu-

stato; il dopo cena scorre fra un giro

all’esterno nel meleto, una partita a

carte e chiacchierate varie.

La mattina successiva, dopo la co-

lazione, riprendiamo l’autobus, meta

la Val Fiscalina; durante il percorso

incomincia a nevicare e capiamo

subito che il nostro secondo giorno

di sci sarà sotto la neve.

Arriviamo a Sesto, partiamo dalle

piste e a gruppetti raggiungiamo il

rifugio Fondo Valle (1548 m) in Val

Fiscalina; continua a nevicare, sia

pure in modo lieve, e così ripartia-

mo subito per raggiungere il nostro

autobus. Bella sciata in una valle stu-

penda, con un paesaggio invernale

che ci era mancato finora; a tratti

intravvediamo anche emergere dalle

nuvole qualche cima. La pista prose-

gue per S. Candido, ma la percorre-

remo un’altra volta.

Nel viaggio di ritorno ci fermiamo

a Brunico per visitare il centro e il

castello dominante la città da un’al-

tura boscosa; il tempo migliora, ha

smesso di nevicare.

Ritorniamo in hotel e ci riposiamo

nella zona sauna, questa sera anche

nella piccola vasca idromassaggio

all’esterno; la seconda cena ci at-

tende: zuppa, risotto, carne o pesce,

tanta verdura, gelato e lamponi, piatti

deliziosi e graditi.

Al mattino di lunedì 29 febbraio,

dopo una lauta colazione, preparia-

mo i bagagli e raggiungiamo l’ultima

meta: Lago di Landro.

La neve è fitta ma gli sciatori si

preparano per raggiungere il Pas-

so Cimabanche (1529 m), la pista è

59Sci di Fondo

LA NEVE, FINALMENTEA fine febbraio la tre giorni in Alto Adige

Sommersi dalla neve a Cimabanche

di Giusi Negri

delle opere sono di Sandro Cortinovis,

Maestro bergamasco che ha tenuto a

battesimo il percorso, ma anche qui

ogni anno diversi artisti lasciano opere

nuove, così che il sentiero cambia, cre-

sce e si arricchisce.

Il Sentiero delle Espressioni è sta-

to invece creato da un paio d’anni, e

sta perciò facendo i suoi primi passi.

Si sviluppa fra pascoli e boschi attor-

no all’Alpe Comana, e le sculture sono

tutte opera dei Mascherai di Schigna-

no, il paese intelvese dove si tramanda

la tradizione di scolpire le maschere in

legno. Infatti in questo piccolo borgo si

tiene il più famoso e sentito Carnevale

di tutta la Provincia, ma ora gli artisti

stanno creando qualcosa di ancor più

radicato nel proprio territorio, che ri-

mane tutto l’anno.

A quanto pare sta maturando un

nuovo modo di godere la montagna:

non solo camminandoci sopra ma…

camminandoci dentro, facendosi av-

volgere dall’ambiente e dalla sua “ma-

gia”, senza avere più solo la cima o il

rifugio come meta ma il sentiero stes-

so, il bosco, i prati.

Dai giudizi favorevoli espressi dai

visitatori sembra dunque che oggi ci

sia fame di queste cose: c’è una nuova

sensibilità nei confronti della Natura in

generale, e della Montagna in partico-

lare.

Iniziative come quelle descritte più

sopra possono offrire nuove opportu-

nità di fruizione per chi va in montagna

per turismo, e quindi anche di reddi-

to per chi in montagna ci vive. Senza

necessariamente aprire piste da sci (e

quando non nevica?) o costruire an-

cora, e ancora, e ancora, come nella

nostra Valsassina negli scorsi decenni.

E così magari ci passa il complesso

di inferiorità nei confronti dei trentini…

Sentiero delle Espressioni, una scultura - Foresta regionale Valle Intelvi.Sotto: sentiero Spirito del Bosco, la libellula - Foresta regionale Corni di Calzo

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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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Andando da Lecco verso

Sondrio, poco prima dell’u-

scita di Abbadia si vede sulla

sinistra, in margine alla superstrada, il

fabbricato tuttora conosciuto come

“la Centrale della Moto Guzzi”, anche

se qualche tempo fa tutto l’impianto

è stato ceduto ad un’altra azienda di

Mandello. La centrale è alimentata da

un invaso di raccolta realizzato all’Alpe

Campelli poco sotto i Piani Resinelli. Il

“laghetto dei Campelli”, come è soli-

tamente chiamato, è abbastanza co-

nosciuto nel lecchese, e non solo, sia

dai frequentatori abituali dei Resinelli,

che dagli escursionisti che vi salgo-

no a piedi da Abbadia Lariana o da

Mandello.

Il bacino è alimentato da un con-

dotto in cemento, che inizia ai Colon-

ghei, dove prende parte dell’acqua del

torrente Zerbo, e raggiunge i Cam-

pelli con un percorso praticamente

pianeggiante di quasi due chilometri.

Alcune piccole vallette sono supera-

te con manufatti in cemento, mentre

il profondo solco della Val dei Ratti è

attraversato con un grosso tubo so-

stenuto da una struttura metallica. Il

condotto è poi tutto coperto da un

migliaio di piastroni in cemento nu-

merati. Dall’invaso dei Campelli una

condotta forzata, completamente ri-

fatta di recente, porta l’acqua, con un

salto di circa 750 metri, al locale delle

turbine della centrale di Abbadia La-

riana.

Va poi detto che, anche se il tran-

sito sul canale è ufficialmente vietato

e appositi cartelli sono stati posti in

loco, alcuni siti su internet segnalano il

condotto come comodo e facile per-

corso escursionistico.

L’impianto di Maggio

Se l’impianto dei Resinelli, che risa-

le agli anni trenta, è abbastanza noto,

molto meno conosciuto è quello re-

alizzato, sempre dalla Moto Guzzi, nel

primo dopoguerra in Valsassina fra

Maggio e Moggio. Per sopperire alle

ridotte forniture di energia elettrica

a seguito delle distruzioni belliche, la

Moto Guzzi, per non limitare la sua

produzione in costante crescita, deci-

se di affiancare a quello dei Resinelli

un altro impianto simile, utilizzando le

acque del bacino di utenza noto come

“Pioverna Orientale”.

Per motivi logistici l’invaso di rac-

colta, più piccolo di quello dei Cam-

pelli, venne ubicato in località Tonalli

di Maggio, all’incirca al centro dei

due condotti di adduzione dell’acqua,

identici come esecuzione al condot-

to Colonghei-Campelli. Il condotto del

lato di Maggio iniziava dalla Val Don-

goli, dove raccoglieva parte dell’acqua

del torrente che scende dall’Alpe De-

sio, e correva tra radi boschi e lungo

il margine superiore di declivi prativi.

Il condotto proveniente da Moggio

iniziava dal Vallone di Artavaggio, su-

perava le valli di Bongio e di Frera e,

passando a monte delle case di Mez-

zacca, proseguiva tra boschi abba-

stanza fitti.

di Annibale Rota

CENTRALE MOTO GUZZIArcheologia industriale tra lago e Valsassina.

Stazione turbineUn particolare del condotto Colonghei-Campelli

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

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alle prese d’acqua dei condotti, mentre

il fabbricato delle turbine venne ce-

duto a una ditta locale e attualmente

ospita una segheria, che ha mantenu-

to il colore verde tipico de fabbricati

della Moto Guzzi. Della condotta for-

zata è visibile un pilone di sostegno

in muratura, sormontato da un arco di

cerchio metallico dove appoggiava il

tubo, sul lato destro della provinciale

Balisio-Barzio poco prima del Ponte

della Vittoria..

Sono tuttora esistenti le due co-

struzioni in margine al terreno dove

era ubicato il bacino di raccolta.

Facili escursioni

Decisamente differenti sono le con-

dizioni dei due rami dei condotti. Il

ramo di Maggio è in buone condizioni

e, ripulito nel 2012 da un gruppo di

volontari, è percorribile senza alcun

pericolo fino alla casetta del custode:

un’escursione facile e comoda con

belle viste sulla Grigna e sulla valle

sottostante. E’ poi possibile procedere

con qualche difficoltà per la vegeta-

zione esistente e con molta cautela,

In margine all’invaso di raccolta

vennero costruite la casetta del cu-

stode e la cabina di controllo e di re-

golazione dell’’impianto.

Dal bacino, situato a quota 836 me-

tri una condotta forzata portava l’ac-

qua con un salto di 210 metri al lo-

cale turbine situato in località “la Folla”,

poco a monte del torrente Pioverna.

L’energia elettrica prodotta veniva

portata alla Moto Guzzi da una linea

che saliva ai Piani Resinelli e quindi

scendeva a Mandello.

L’impianto, entrato in funzione nel

dicembre del 1948 dopo circa due

anni dall’inizio dei lavori, è stato poi

dismesso all’inizio degli anni settanta,

quando le forniture “ufficiali” di ener-

gia elettrica erano ritornate alla nor-

malità e risultavano più convenienti

dei costi di gestione dell’impianto val-

sassinese.

La condotta forzata e la linea elet-

trica furono smantellate, unitamente

perché la copertura del condotto è

a tratti inesistente, fino alla vecchia

strada sterrata che da Mezzacca sa-

liva alla Culmine di San Pietro. Andare

oltre è praticamente impossibile, per-

ché il bosco ha inglobato un lungo

tratto del condotto.

Coloro che fossero arrivati fino alla

sterrata, cosa decisamente sconsiglia-

bile con bambini al seguito, possono

scendere a Mezzacca e poi a Moggio,

se con mezzi pubblici, oppure, aven-

do l’auto a Maggio, prendere a sinistra

in discesa in direzione praticamen-

te opposta a quella di arrivo lungo

il condotto. Alla fine della sterrata si

prosegue per un sentiero abbastanza

evidente, che corre in mezzo ai prati

fino a raggiungere una strada asfal-

tata, con la quale si prosegue fino a

Maggio.

Il modo più semplice per raggiun-

gere l’inizio del condotto è quello di

parcheggiare l’auto nei pressi del fab-

bricato, ormai cadente, delle vecchie

“casere” e quindi proseguire lungo la

strada asfaltata, alla fine della quale,

superata una stanga, si imbocca una

sterrata che porta alla Val Dongoli

dove inizia il condotto. Dall’auto circa

20 minuti.

I tempi (comodi) di percorrenza

sono: circa mezzora fino alla casa del

custode; un’altra mezzora per rag-

giungere la sterrata e poco meno di

un’ora per ritornare alla macchina.

Segnalo, come curiosità, che una

società di Sanremo, la SEAM (Società

Energetica Alpi del Mare), ha avanza-

to domanda al Comune di Cremeno

di poter riattivare parte di questo im-

pianto. Sembra però che, almeno per il

momento, non siano previsti possibili

sviluppi.

Le foto sono di Annibale Rota

Sentieri e Parole24

Il bacino dei Campelli

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

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QUARANTA VOLTE QUATTROMILAGiancarlo Valsecchi, una vita tra vie nuove sulle Alpi e l’impegno al CAI Lecco

1967

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TRENTATRE ANNI INSIEMEL’inverno 2015-2016 del Gruppo sci di fondo escursionismo

Due

gio

rni i

n Tr

entin

o, Pa

sso

Lava

Un’intensa attività alpinistica

“Da lassù dove l’occhio si perde negli

orizzonti di Dio: pensa, ricorda e ama

i profondi ricordi incancellabili, perché

ciò sopra ogni cosa ci è caro: cercare

là in alto; non è la gloria né l’orgoglio,

ma la bellezza e la gioia”. Poche ri-

ghe, scritte di proprio pugno all’inizio

di un grande album dei ricordi, spie-

gano meglio di qualsiasi altra parola

possibile lo spirito che da sempre ha

accompagnato e contraddistinto l’ap-

proccio alla montagna di Giancarlo

Valsecchi, lecchese classe 1936, che

dall’inizio degli anni ’50 e per oltre

quarant’anni ha svolto un’intensa atti-

vità alpinistica, con innumerevoli ripe-

tizioni di itinerari classici lungo tutto

l’arco alpino e altrettante aperture di

vie nuove. Una passione, quella di Val-

secchi per la montagna, che come ha

raccontato lui stesso, arriva da mol-

to lontano: “ho iniziato ad andare in

montagna tra il 1952 e il 1953, insieme

di Matteo Manente

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE

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INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 28: Notiziario 1/2016

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esempio: la caduta di massi, alberi e/o

fulmini, frane, il mutamento delle con-

dizioni metereologiche, le condizioni

psico-fisiche personali, le cadute o

le scivolate involontarie, la presenza

di malattie e/o patologie anche non

manifeste) non sono mai completa-

mente eliminabili; neppure con una

corretta condotta dei partecipanti e/o

degli organizzatori.

Ogni iscritto alle singole iniziative

e/o escursioni è tenuto prima dell’i-

scrizione e dell’effettiva partecipazio-

ne ad una completa e corretta auto-

valutazione in merito al percorso, alla

quota prevista, alle difficoltà tecniche

e fisiche nonché alle attrezzature ed

all’abbigliamento necessari.

Coloro che intendono partecipare,

sulla base della loro preparazione fi-

sica e tecnica e degli eventuali chia-

rimenti avuti, decideranno di aderire

e di iscriversi o meno all’escursione.

I dislivelli riportati nel programma si

riferiscono alla sola salita e sono cal-

colati sulla base di rilevazioni carto-

grafiche; quindi, una volta sul terreno,

è possibile imbattersi anche in va-

riazioni sensibili. Le ore di cammino

vengono calcolate senza tener conto

delle soste; i tempi di percorrenza e

le difficoltà dichiarate nel program-

ma devono intendersi come indicativi;

gli itinerari descritti potranno essere

modificati sul momento in relazione

alle condizioni metereologiche.

Il programma di ogni escursione con

i relativi orari è esposto nell’albo so-

ciale e riportato sul sito internet della

sezione. Nel programma sono indicate

le difficoltà tecniche e l’attrezzatura

necessaria per la partecipazione all’e-

scursione; chiarimenti possono essere

chiesti ai membri del Gruppo e ai re-

sponsabili di ogni singola gita.

*Commissione Gite Sociali

Liguria: Moneglia – Deiva Marina.

Val Leventina, Ticino orientale, CH: Osco – Anzonico

Liguria: al mare in collaborazione con SEL Lecco

Raduno Sezionale sui Piani di Bobbio, presso il nostro Rifugio Lecco

Monte Baldo

Palla Bianca, 3738 metri, terza montagna più alta del Trentino Alto Adige

L’Anello dei Passit dal San Bernardino nell’alta Valle Mesolcina

Grigioni: Flüela Pass - Schwarzhorn 3146 m montagna delle Alpi dell’Abula nelle Alpi Retiche

In collaborazione con la SEL Lecco Monte Rosa Walser

Passo Lucomagno – Capanna Bovarina – Campo Blenio.

Tradizionale “Castagnata Sociale” presso la nostra Capanna Antonio Stoppani località Costa.

Appennino parmense: Itinerario interessante, in bell’ambiente boschivo.

Il calendario per la stagione 2016

ai

ad alcuni amici; all’inizio

andavamo soprattutto

sulle nostre montagne

della Valsassina, tra la

Grigna e il Resegone.

Poi abbiamo battuto

tanto la Valle Spluga,

allargandoci e stando

in giro in tutte le Alpi.

Personalmente anda-

vo soprattutto per la

passione nei confronti

della montagna e dei

minerali, che mi è sem-

pre piaciuto cercare”.

L’interesse maggiore

di Giancarlo Valsecchi

è sempre stato quello

delle salite alpinistiche

sulle principali vet-

te delle Alpi: fra i tra-

guardi più prestigiosi

raggiunti dal lecchese,

c’è quello di esser sta-

to per quaranta volte

in vetta a montagne

di altezza superiore ai

4000 metri e contare

quasi altre 400 ascen-

sioni su vette che su-

perano i 3000 metri di

altezza. Un palmares di

tutto rispetto, quello di

Valsecchi, che anno-

vera ripetizioni di vie

classiche e aperture

di nuove salite mol-

to impegnative. Tanto

per fare qualche nome,

Valsecchi, quasi sempre

in compagnia di Oscar

Crimella e altri amici

scelti di volta in volta, ha

raggiunto cime quali

Corno dei Tre Signori,

Punta Pedranzini, San Matteo, Ceve-

dale, Cima di Pejo, Monte Pasquale,

Vioz, Palon de la Mare e Monte delle

Rosole nel gruppo dei Forni; ha fatto

la Biancograt al Bernina, la Cresta delle

Rondini e quella del Coston; e ancora

la Cima della Bondasca, le Tredici Cime

sempre in Valfurva, la traversata dal-

lo Stelvio al Piccolo Zebrù, così come

tutte le punte del Monte Rosa, la Cima

di Val Fontana, il Piz Zupò e il Pizzo

d’Argento. E’ salito in vetta al Monte

Bianco e sulla Cima Busazza nel grup-

po della Presanella in occasione del

trentennale dell’U.G.E., così come tante

altre ascensioni effettuate nei gruppi

del Brenta, del Bianco e dell’Adamello.

“L’unico rimpianto – ammette Valsec-

chi – è stato non essere riuscito a fare

anche il Cervino finché ho potuto an-

dare in montagna”; un rammarico che

però scompare quasi subito di fronte

alla lunga serie di prime ascensioni ef-

fettuate lungo tutto l’arco alpino e in

special modo nel gruppo del Ghiac-

ciaio dei Forni, in Alta Valfurva.

Tutte le “prime”

“Ho girato tutte le Alpi – racconta

ancora Valsecchi, quando lo abbiamo

incontrato a casa sua – e in linea di

massima in tutte le Alpi ho fatto qua-

ranta volte delle cime sopra i 4000

metri, oltre a 360 salite oltre i 3000

metri”. La scelta di quali vette salire

per Valsecchi non avveniva assoluta-

mente in modo casuale: “prima di an-

dare a fare una cima, c’era un attento

lavoro di ricerca e poi, tempo permet-

tendo, individuato l’obiettivo andava-

mo e via”.

Tra le principali prime ascensioni

effettuate con successo da Giancarlo

Valsecchi e compagni, ecco riaffiorare

dall’album dei ricordi la parete nord-

est della Cima Busazza (28 luglio 1985),

1958-Giancarlo, al centro, sulla vedretta del Rosole, gruppo Ortles-CevedaleSotto: 1986- Sulla parete nord-est del Corno dei Tre Signori

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Page 29: Notiziario 1/2016

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I monti sono maestri muti e fanno

discepoli silenziosi (Goethe).

Lo scopo della Commissione

Gruppo Gite Sociali è creare,

mantenere la fiducia tra i soci e

valorizzare lo spirito con il quale si va

in montagna per godere, in gruppo e

in amicizia, delle meraviglie che la na-

tura ci concede, ma solo a coloro che

hanno occhi attenti e sensibili. E a noi

del gruppo escursioni la sensibilità non

manca. Dobbiamo gradualmente ri-

conquistare la frequentazione dei soci,

non tralasciando di promuovere l’in-

teresse per la pratica escursionistica

trasferendola anche a persone esterne

alla sezione.

La preoccupazione per la respon-

sabilità di accompagnare un gruppo

c’è sempre. Ma tutto svanisce in fretta

quando ti accorgi che tra gli amici con

i quali cammini c’è consenso e sod-

disfazione per l’escursione proposta.

Lo spirito di gruppo che si crea, infatti,

l’accertata disponibilità di tutti ad as-

sicurare ogni supporto eventualmen-

te necessario al capo gruppo ed agli

amici di percorso, la gioia della condi-

visione dei luoghi, il pasto consuma-

to, magari anche frugalmente, i sorrisi,

costituiscono carburante prodigioso

che sa animare e rigenerare l’animo.

Il Gruppo escursionisti intende ri-

volgersi a soci con capacità diverse,

proponendo programmi ed attività in

grado di soddisfare e coinvolgere an-

che i più esigenti. L’attenzione viene

riposta a coloro che amano macina-

re ore e ore di cammino, ma anche a

coloro che non possono camminare a

lungo; a quelli che considerano i disli-

velli primizie da divorare con avidità,

come a quelli che guardano con so-

spetto una salita o una serie di gra-

dini che inopinatamente si presenta-

no lungo la mulattiera; a coloro che

programmano arrampicate attrezza-

te e il cui obiettivo sono le vette e i

4000, come a quelli che desiderano

trascorrere una giornata all’aria aperta

percorrendo sentieri a strapiombo sul

mare attraversando vigneti nobili, uli-

veti pregiati, la macchia mediterranea.

L’intento è di soddisfare quanti più

soci possibile cercando di aderire alle

diverse esigenze di tutti, anche i meno

esperti, fornendo a tutti la possibilità di

appassionarsi alla montagna con per-

corsi alternativi e adatti anche a colo-

ro che si vogliono avvicinare gradual-

mente all’escursionismo. Lo sforzo è

teso al coinvolgimento di una diffusa

base di soci che non trova collocazio-

ne nei gruppi specialistici della sezione,

per ragioni diverse. Gruppi che obiet-

tivamente costituiscono le eccellenze

della sezione ma che anche, per la loro

specificità, richiedono risorse fisiche o

forti motivazioni proprie o comunque

peculiarità molto marcate.

Condividere l’esperienza

Non dimentichiamo che la no-

stra sezione è profondamente legata

all’escursionismo, ad una pratica della

montagna e del territorio non “indivi-

duale” ma di ambito associativo. Cam-

minare insieme non è solo un vuoto

slogan, ma è un profondo convinci-

mento. Camminare insieme significa

“condividere” un’esperienza che coin-

volge i nostri sensi profondamente e

che, proprio attraverso questa con-

divisione, assume un valore sociale e

umano di massimo livello: condividere

le fatiche, la visione di splendidi pae-

saggi, i profumi della natura e il silen-

zio delle vette!

Sono sensazioni che l’associazioni-

smo può “moltiplicare” e consolidare.

La maggior parte delle gite vie-

ne organizzata, tenendo conto dello

spirito di condivisione associativa del

CAI e della comodità logistica, con

l’utilizzo dell’autobus, con partenza dal

Piazzale Eurospin – Galli Ezio – tra Via

Caduti Lecchesi a Fossoli e Via Be-

sonda Inferiore.

Alle escursioni possono partecipare

anche non soci, previa comunicazione

dei propri dati anagrafici, ai fini della

copertura assicurativa, entro il venerdì

precedente l’effettuazione della gita.

Il ritrovo per la partenza avviene

con qualsiasi tempo, salvo comuni-

cazione contraria agli iscritti. I tra-

sferimenti verranno iniziati con un

ritardo massimo di 15 minuti rispetto

agli orari prestabiliti qualunque sia il

numero dei partecipanti presenti. Per

tutte le escursioni il pranzo è al sacco,

salva diversa comunicazione all’atto

dell’iscrizione.

La Commissione inoltre vuole ricor-

dare che:

La frequentazione dell’ambiente

montano e/o naturale è per se stes-

sa potenzialmente pericolosa. I rischi

che ne derivano, di natura oggettiva

e/o soggettiva (quali a solo titolo di 52

Escursionismo

CAMMINARE INSIEMEI dodici appuntamenti con le gite sociali

di Giuseppe Ferrario*

la parete nord-est del Corno dei Tre

Signori (28 giugno 1986), la sud-ovest

della Punta di Pejo (5 luglio 1987), la

parete ovest del San Matteo (24 lu-

glio 1988), lo spigolo est della Punta

Pedranzini (14 agosto 1988), lo spe-

rone nord-ovest del Monte Pasquale

(2 luglio 1989), la nord-ovest alla Cima

Villacorna (29 agosto 1990), la parete

nord-ovest del Monte Rosole, la via di

sinistra sulla parete nord dell’Aiguille

de Trélatete (3 luglio 1994), la nord-

ovest del Palon de la Mare (26 giu-

gno 1999) e la via diretta sulla parete

nord-ovest del Monte Sissone (17

giugno 2000). Un elenco importante

per qualità e quantità delle ascensioni

compiute, che ben riflette il carattere e

lo spirito con cui Valsecchi ha sempre

affrontato la sfida con la montagna:

“era sempre in casa – ironizza con

un sottile sorriso la moglie – soffriva

davvero a stare fermo al chiuso!”.

Scrittore di montagna

Un amore, quello per le cime, che

Valsecchi ha riversato anche nella

scrittura di parecchi articoli, pubblicati

sia sul notiziario del CAI Lecco, sia su

quello della S.E.L.: “mi è sempre pia-

ciuto scrivere, mi sentivo un po’ come

uno scrittore di montagna; la passione

per la scrittura è derivata soprattut-

to dalla lettura delle guide alpinistiche.

Quello che mi piaceva trasmettere con

la scrittura, oltre ai dati tecnici delle

varie salite, erano le sensazioni prova-

te in montagna, l’insieme delle impres-

sioni che ti lascia ogni volta la mon-

tagna”. Ecco, a testimonianza di tutto

questo, un breve passaggio scritto nel

1965 da Giancarlo Valsecchi che ben

rappresenta il suo modo di scrivere

e di vedere l’amicizia che si instaura

tra gli escursionisti: “...chi è stato una

volta amico in montagna lo resta per

sempre. In molte ascensioni percor-

se assieme, ci si conosce il cuore: le

qualità dei sentimenti di ognuno di

noi, sino alle cavità più profonde. As-

sieme si sceglie l’itinerario con l’ansia

di nuove mete; una via, un modo di

salire arrampicandosi, e a difendersi

dall’imprevisto. E tutto questo sotto

l’occhio di Dio, in una tensione di so-

lidarietà con la quale ci si crea la più

29L’intervista

1962-Sulla Piramide Vincent, gruppo del Monte Rosa

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Page 30: Notiziario 1/2016

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Torna anche per quest’anno la

gita sociale con meta alpinistica,

in collaborazione con il Corso di

Perfezionamento dell’Alpinismo Giova-

nile.

Dopo alcuni anni sulle principali vet-

te della Alpi occidentali ed una puntata

al Gruppo del Bernina, la scelta per la

gita del 2016 è caduta sulla Palla Bian-

ca (3.738 mt.), la cima più alta delle Alpi

Venoste, al confine con l’Austria. Da tutti

i suoi versanti partono immensi ghiac-

ciai e la sua forma arrotondata è all’ori-

gine del suo nome.

L’escursione si terrà il 2 ed il 3 lu-

glio, con partenza da Melago (Bz) in

Vallelunga, che i partecipanti raggiun-

geranno con le proprie auto, e per-

nottamento con trattamento di mezza

pensione presso il Rifugio Pio X (2.542

mt.). La via di salita sarà la normale dal

versante ovest per la Vedretta del Val-

lunga e la Sella della Palla Bianca, le cui

caratteristiche non presentano partico-

lari difficoltà tecniche, pur richiedendo il

possesso di capacità nella progressione

su ghiacciaio e su cresta sia nevosa che

rocciosa.

Come di consueto, l’attività sarà ri-

servata ad un numero massimo di 15

partecipanti per consentire la corretta

formazione delle cordate e sarà aper-

ta ai soci in possesso dell’attrezzatura

necessaria alla progressione su ghiac-

ciaio (imbrago, ramponi e piccozza), in

buona forma fisica e con comprovata

esperienza alpinistica su ghiacciaio.

L’iscrizione potrà essere effettuata

contattando la segreteria sezionale sino

ad esaurimento dei posti ed è sogget-

ta a conferma da parte dei responsabili

dell’attività.

OBIETTIVO PALLA BIANCASulle Alpi Venoste la gita sociale 2016 con meta alpinistica

La Palla Bianca, 3738 m, nelle Alpi Venoste

di Andrea Spreafico

passione che ho sempre avuto, ero un

incosciente cercatore di minerali, per-

ché andavo sempre in giro da solo e la

mia meta privilegiata era la Valmalen-

co. Però avevo un buon orientamen-

to e tornavo sempre integro”. Quanto

alle miniere, “sono entrato in tutte le

principali miniere del nostro territo-

rio, soprattutto quelle ai Resinelli, e ho

accompagnato dentro tutti i ragazzi

dell’alpinismo giovanile e delle scuole,

prima ancora che ci fosse l’illumina-

zione e che fossero tutte sistemate

come adesso”.

vera e degna amicizia...”.

Miniere e minerali

Esperto soprattutto di ghiaccio e

misto, anche se in caso di bisogno

era un buon arrampicatore, ha pra-

ticato per diversi anni anche lo sci-

alpinismo: “Ne ho fatto tanto di scial-

pinismo, spesso insieme a Roberto

Longhi e altri pionieri della specialità”.

Sempre in ambito montano, Giancarlo

Valsecchi si è dedicato alla ricerca dei

minerali, oltre che all’individuazione e

perlustrazione delle principali miniere

dislocate nel lecchese, specialmente in

Valsassina: “quella dei minerali è una

L’impegno in sezione

Infine, a completare il profilo di un

uomo che per tanti anni s’è dedicato

in modo profondo alla montagna, non

poteva mancare l’impegno sezionale

presso il CAI Lecco: un impegno pri-

ma come consigliere sezionale duran-

te gli anni della presidenza di Annibale

Rota, poi come responsabile delle gite

sociali tra il 1986 e il 2001: “Per se-

dici anni ho partecipato attivamente

alle gite sociali del CAI, con parec-

chie belle escursioni; ne ricordo con

piacere diverse effettuate nel gruppo

del Brenta, ma anche alla Presanella, in

Adamello o alla Pietra di Bismantova.

1961-Dal pizzo Canciano la cima di Val Fontana e il Pizzo Scalino

1959-In vetta al pizzo Bernina1963-In vetta alla Punta Zumstein, gruppo del Monte Rosa. 1997-Gita sociale all’Adamello.

1961-Sulla cresta est del pizzo Scalino

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE

PRESTAMPA

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INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 31: Notiziario 1/2016

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Il clima di quelle gite, più di duecento

in tanti anni, era molto bello e alle-

gro: anche se diluviava, ci si trovava

comunque tutti al punto di partenza,

poi si decideva cosa fare. Non bisogna

demoralizzare le persone in partenza

e infatti non siamo mai tornati indietro

una volta: al massimo, se il tempo era

troppo brutto, si finiva con le gambe

sotto al tavolo di un rifugio o di un

ristorante”. Quella delle gite sociali è

stata per Giancarlo Valsecchi un’espe-

rienza davvero importante e non è un

caso se quando ne parla gli occhi gli

si illuminano di una luce diversa: il suo

ruolo nella programmazione e nell’or-

ganizzazione di queste uscite sezio-

nali è stato particolarmente rilevante,

dal momento che ne è stato ideatore

e organizzatore per una quindicina

d’anni; anni decisivi, in cui anche Val-

secchi ha contribuito a portare questa

attività a un livello piuttosto alto per

qualità e impegno, unendo alla bellez-

za delle uscite proposte la creazione

di uno “zoccolo duro” di partecipanti

sempre presenti e disposti a seguirlo

ovunque – anche con condizioni me-

teo non eccellenti, come ha racconta-

to lui stesso – in un clima di festosa

amicizia e reciproca stima.

“Delizia dei forti e dei sognatori”

Una vita per la montagna, insomma,

che alla soglia degli ottant’anni val la

pena di ricordare e ripercorrere: l’al-

bum dei ricordi di Giancarlo Valsec-

chi è vastissimo, la copertina rossa

racchiude centinaia di fotografie che

a loro volta celano storie di uomi-

ni e montagne, emozioni riassumibili

ancora una volta con le parole che lo

stesso Giancarlo ha scritto in apertura

del proprio diario personale: “Bianchi

deserti ondulanti di neve: silenzi e so-

litudini, immenso stupore della Natura!

Delizia dei forti e dei sognatori”.

Foto Archivio Giancarlo Valsecchi

Giancarlo Valsecchi in un’immagine recente1999-Giancarlo cercatore di minerali sotto la cima di Corna Rossa

1997-Sul ghiacciaio dei Forni1997-Gita sociale all’Adamello.

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE

PRESTAMPA

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INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 32: Notiziario 1/2016

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LA “MONTAGNA IMPOSSIBILE”Scalare il Cerro Torre resta una sfida pura tra l’uomo e una delle più belle vette della Terra

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE

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INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 33: Notiziario 1/2016

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foto

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chup

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“Per un essere umano il Tor-

re può sembrare il simbolo

dell’inaccessibile, ma per

chiunque si senta in grado di affron-

tarlo rappresenta una sfida” Marco

Pedrini dal Film “Cumbre”, 1986

Avendo già parlato e scritto molto

della salita della via dei Ragni al Fitz

Roy, in questo articolo ho deciso, in

seguito alla salita del Cerro Torre per

di Matteo Della Bordella

lo spigolo Sud-Est - ovvero la via

del Compressore - insieme a Silvan

Schupbach, di raccogliere un po’ di

fatti e riflessioni personali su questa

via e su questa mitica montagna.

Il Cerro Torre è stata definita, da

molti alpinisti e appassionati, la mon-

tagna - o una delle montagne - più

difficili da salire al mondo, in quanto

non offre una via “normale” di salita

con difficoltà tecniche contenute, ma,

da qualsiasi lato la si affronti, ogni linea

di salita è difficile, spesso verticale o

strapiombante, su roccia e su ghiac-

cio e presenta difficoltà tecniche ele-

vate e continue, sempre ovviamente,

nel severo ambiente patagonico, dove

meteo e condizioni spesso mettono i

bastoni tra le ruote.

Sul Cerro Torre sono stati scritti

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE

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Page 34: Notiziario 1/2016

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innumerevoli libri, sono stati fatti pa-

recchi film, si è parlato, si è discus-

so per decine e decine di anni, tutti

conoscono la sua storia: da Maestri a

Lama, passando per i Ragni di Lecco,

Salvaterra, Orlandi, gli Sloveni, Kenne-

dy e Kruk e tanti altri ancora. “Il gri-

do di pietra”, quella che fu definita la

“montagna impossibile”.

Ma cosa significa davvero nel 2016

scalare il Cerro Torre?

Le vie del Torre non sono infinite

Un primo dato di fatto è che anche

oggi nel 2016, mentre per esempio

sul Monte Fitz Roy ci sono una qua-

rantina di vie, sul Cerro Torre le vie si

contano sulle dita di due mani, e tra

di esse quelle che arrivano in cima e

hanno avuto almeno una ripetizione si

contano sulle dita di una mano.

Questo vuol dire che effettivamen-

te, questa montagna, anche con l’at-

trezzatura odierna non offre poi mol-

te possibilità di salita, anche nel 2016

da qualunque lato la si affronti resta

senza dubbio una delle montagne più

difficili del mondo da scalare.

Ci sono fondamentalmente due vie

“preferenziali” (con possibili varianti) e

una terza via per lo più indipendente,

salita assai di rado, tutte le altre vie

non contano ripetizioni.

Fino all’anno 2012 la via preferen-

ziale di salita del Cerro Torre era per lo

spigolo Sud Est, lunga la via del Com-

pressore, aperta nel 1970 da Cesare

Maestri e completata a tutti gli effetti

fino in cima da Jim Bridwell nel 1979.

Il motivo della popolarità di questa

via era, oltre all’eleganza e alla logici-

tà della linea di salita, la gran quanti-

tà di chiodi a pressione presenti, che

permetteva di superare in artificiale i

tratti più difficili, permetteva di salire

anche con la parete in condizioni non

perfette, consentiva una progressione

veloce e una ritirata relativamente ve-

loce. Insomma, pur trovandosi in Pata-

gonia e pur trovandosi sul Cerro Torre,

le file di chiodi senza dubbio addol-

civano un poco il carattere severo di

questa montagna e semplificavano la

vita ai molti ripetitori.

In seguito alla schiodatura della

via nel 2012 da parte degli ameri-

cani Kennedy e Kruk, non sono stati

poi molti quelli che hanno provato ad

avventurarsi su questa via negli anni

a seguire: i chiodi da tirare non c’era-

no più e lo spigolo Sud-Est del Cerro

Torre tornava ad essere avvolto da

quell’alone di mistero.

L’anno successivo, nel 2013, la via

aperta dai Ragni di Lecco nel 1974,

che affronta la parete Ovest del Cer-

ro Torre, le cui ripetizioni fino a quel

momento (in quasi 40 anni) erano

decisamente sporadiche, venne salita

da circa una cinquantina di cordate

(in realtà il conteggio preciso è sta-

to perso) e si affermò a pieno titolo

come la via “preferenziale” per salire

il Cerro Torre. Un titolo che venne poi

confermato dalle numerose ripetizioni

nei quattro anni successivi.34

Alpinismo e arrampicata

Al Campo Norvegesi, Silvan Schupbach cena la sera prima della salita - foto Matteo Della Bordella

La headwall del Cerro Torre, con evidenziati gli scalatori Matteo Della Bordella e Silvan Schupbach - foto Elio Orlandi

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Page 35: Notiziario 1/2016

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Cevedale, Gran Zebrù, Piz Palù,

Monte Rosa, scandiscono le amma-

lianti sci-alpinistiche nei fine setti-

mana; chilometri e dislivelli peda-

lando su sterrati e non solo danno

ritmo al dopo lavoro in settimana:

con questo elettrizzante brio la par-

tenza per l’Himalaya arriva.

La meta è il distretto del Ladakh,

estremo nord ovest dell’India, al con-

fine con Cina, Pakistan, Kashmir, re-

gione in cui confluiscono i sogni al-

pinistici del globo terracqueo poiché

lassù la catena dell’Himalaya cede il

passo alle altezze del Karakorum. Il

30 giugno sono in volo verso l’o-

riente io sola con la mia bici impac-

chettata nella stiva, e il primo luglio,

sorvolando l’Himalaya, energia pura

attraversa corpo e mente rapita da

quell’immensità bianca sotto di me.

Atterro a Leh, capitale del Ladakh, e

siamo già a 3600 m di quota: for-

tunatamente io non ne soffro, ma tra

gli altri partecipanti all’evento c’è chi

ha subito i “balordoni” non facili da

sbaragliare.

I tre giorni successivi son d’obbli-

go per l’acclimatamento e con la bici

si sale e scende su strade che in un

amen ti portano a lambire i 5000 m:

un antipasto di quel che ci attende

che mette un appetito da coccodril-

lo, perché a farla da padrone non è

affatto la fatica, ma il particolare fa-

scino dei luoghi di cui attendo solo

di fare una grande abbuffata.

La sintonia con gli altri partecipanti

- atleti ed organizzatori - è imme-

diata, calda: chi ha obiettivi di vittoria

e chi invece se la vive light, macchina

fotografica pronta a immortalare at-

timi di infinito, ma tutti convinti della

propria fortuna sfacciata d’essere lì

dove siamo a fare ciò che facciamo.

Partita da quota 3500 m, Stefania ha finalmente raggiunto il Khardung La, il valico più alto del mondo, 5602 m, nella cronoscalata finale

Il cartello all’inizio del Khardung La avvisa che si tratta della strada carroz-zabile più alta del mondo

Incontri himalayani. Guado non pericoloso, anzi divertente

Accanto ad esse, la tanto discussa

parete Nord, con l’ipotetica via trac-

ciata da Maestri ed Egger nel 1959 e

la salita di Garibotti, Salvaterra e Bel-

trami nel 2005. Una parete ed una li-

nea ambite da molti, ma sulle quali in

pochi sono riusciti a mettere le mani

ed ancora meno sono quelli che sono

riusciti ad arrivare fino in cima al Cer-

ro Torre passando da lì.

Per me la scelta tra queste vie era

chiara: non sono un grande aman-

te del ghiaccio e salire per la pare-

te Ovest dalla via dei Ragni non mi è

mai interessato, tanto più che dopo le

numerose ripetizioni avevo visto foto,

sentito racconti, e sentito tutti parlare

di questa salita. E’ una grande via, non

fraintendiamoci, semplicemente non

era quella che volevo fare, sapevo che

personalmente fare una salita così, con

qualcuno più forte di me su ghiaccio

davanti, non mi avrebbe dato gran-

de soddisfazione e non sarebbe stata

una grande avventura. Ecco perché

quando l’anno scorso i miei compa-

gni andarono alla Ovest del Torre io

rinunciai.

La via del Compressore

Dentro di me sapevo di voler salire

questa montagna e volevo farlo se-

guendo il mio stile e la mia filosofia

di scalare le montagne, o dalla famo-

sa via del Compressore o dalla mitica

parete Nord. Dentro di me ero anche

fiducioso del fatto che prima o poi

il momento di tentare una di queste

due vie e salire il Torre sarebbe arri-

vato, dovevo solo aspettare (e ormai

la Patagonia mi ha abituato abbastanza

bene a questo).

La via del Compressore, è proprio

grazie alla schiodatura di Kennedy e

Kruk, che ha acquisito interesse per

me. Prima, non mi sarebbe mai inte-

ressato fare questa via, tirandomi su

da un chiodo all’altro. Semplicemente

non sarebbe stata una cosa naturale,

per me non è un modo naturale di

andare in montagna quello di tirare

una fila di chiodi già in posto, sarebbe

stata una sfida impari su un montagna

che seppur sempre severa e diffici-

le era stata addomesticata dall’uomo,

una cosa poco interessante. Ora, in-

vece, dopo il 2012, avevo la possibilità

di provare a scalare questa montagna

così come madre natura l’aveva creata,

una sfida ad armi pari, “by fair means”.

Si può discutere quanto si vuole sulla

schiodatura, io non voglio dire né che

sia stato giusta né sbagliata. Esiste un

giusto e uno sbagliato? Non lo so. Chi

sono io per giudicare?!

Io mi limito in questo articolo a ri-

portare i dati di fatto dicendo che per

me, mentre prima era una via total-

mente priva di interesse, ora è una

delle linee più attraenti al mondo. Altri

alpinisti sicuramente la penseranno in

modo diverso e rispetto i loro senti-

menti e le loro posizioni.

Ma cosa significa davvero nel 2016

salire questa via? Innanzi tutto biso-

gna fare la premessa, che spesso vie-

ne dimenticata o data per scontata

che comunque ogni salita in Patagonia

(anche quelle sulla carta più facili), ed

Silvan Schupbach sui primi tiri della via del Compressore - foto Matteo Della Bordella

La headwall del Cerro Torre, con evidenziati gli scalatori Matteo Della Bordella e Silvan Schupbach - foto Elio Orlandi

Della Bordella, al risveglio, dopo un comodo bivacco nella zona delle Tor-rette - foto S. Schupbach

35Alpinismo e arrampicata

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Page 36: Notiziario 1/2016

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45Escursionismo

L’amico Mimmo: “Steppina mi

è arrivata una mail dal nostro

gruppo podistico, ma parla di

una gara a tappe in mountain bike:

te la giro”.

Steppina: “Grazie Mimmo, do un

occhio!”

Himalayan Highest Mountainbike

Race: la gara a tappe in MTB più alta

al mondo

USTI! Si va. Su queste cose ho la

fortuna di poter non “sdondinare”

ma dire decisa “ci sarò” e due giorni

dopo sono iscritta. Mancano sei mesi

a questa competizione in Himalaya

che sarà a luglio, ma immediata parte

la preparazione e inizia la frizzante

avventura.

Chi mi conosce sa che sono in al-

lenamento every day, non ci sono

giornate di ozio fisico durante l’an-

no (a meno che non sia fratturata...

sigh!): bici, corsa, sci d’alpinismo e di

fondo, nuoto, un po’ di canoa, alpini-

smo. Non c’è stagione in cui modero

il movimento. Ma se nel mirino entra

una gara a tappe in MTB e se questa

si disputa sull’Himalaya fino a quota

5600, l’euforia scatta a manetta e le

pedalate partono a raffica: quando

sai bene dove andare, cammini drit-

to. Spalle larghe, polmoni aperti, ogni

sforzo convogliato in quell’unica di-

rezione e l’energia diventa atomica

polverizzando ogni dubbio.

Ho la fortuna di abitare a Lec-

co abbracciata dai monti, affacciata

sul lago quindi con un aitante “su e

giù per le montagne, di qua e di là

si sente, la bici allegramente” son già

nel cuore pulsante dell’esperienza

per allenarmi a pedalare 6 giorni alle

quote più alte del mondo per cen-

to km al giorno. E’ ancora inverno

quando mi iscrivo alla gara: niente di

meglio perché il training alla quota

non me lo faccio sulla ciclabile lun-

go-lago. Ho bisogno di altitudine e

non c’è esercizio migliore che salire

in alta montagna, pelli di foca sotto

gli sci, immersi nel silenzio, lontano

da qualunque impianto per giungere

in cima e tracciare scodinzoli polve-

rosi in cotonate discese.

Stefania felice all’arrivo della prima tappa, 108 Km lungo l’Indo a 4700 m di quota, con alle spalle le vette himalayane

HIMALAYA IN MOUNTAINBIKESu fino a 5600 m, la gara a tappe più “alta” al mondo

di Stefania Valsecchi

ancora di più sul Cerro Torre, è una

grande salita - sembra banale dirlo,

ma chi ha scalato queste montagne sa

perfettamente cosa intendo - e che le

condizioni della parete possono cam-

biare e rivoluzionare in modo drastico,

difficoltà, sensazioni e percezioni che

noi alpinisti andiamo ad affrontare.

Tra le tante vie della Patagonia, si-

curamente lo spigolo Sud Est del Tor-

re è una di quelle in cui le condizioni

giuste fanno una differenza abissa-

le. Prendiamo la Headwall: se la trovi

ghiacciata e piena di neve penso sia

semplicemente impossibile salirla, se la

trovi un po’ bagnata – come la abbia-

mo trovata noi - è impegnativa ma si

fa, se la trovi asciutta penso sia ancora

un’altra cosa.

Parliamo sempre della Headwall:

quando ci arrivi davanti ti trovi di fron-

te una piastra di roccia perfettamente

verticale, di qualità piuttosto mediocre,

piena di lame staccate e traballanti, un

oceano di roccia che non lascia tra-

pelare grandi indizi su dove sia me-

glio passare. Anche qui se sei il primo,

come Kennedy e Kruk o come Lama,

ti metti veramente in gioco, a ogni

passo non hai idea di dove andrai a

finire e se si potrà andare avanti o ti

stai infilando in un vicolo cieco; se sei

il secondo o il terzo – come noi – hai

già un enorme vantaggio: sai che “di

là si passa”, sai per lo meno che salire

“è possibile”, anche se nel nostro caso,

oltre alla relazione non avevamo tante

altre informazioni; più aumentano le

ripetizioni e più chiaramente la salita

diventa “più facile”, chi è venuto dopo

di noi non solo sapeva che era possi-

bile, ma aveva avuto da noi informa-

zioni su dove dormire, sul materiale da

usare, su dove andare nei punti più in-

gannevoli e magari aveva anche visto

qualche segno della nostra magnesite

sugli appigli…

Insomma, si potrebbe parlare per

ore delle condizioni, delle vie e della

storia di questo monolite di granito.

Ma secondo me alla fine la verità

ancora oggi, nel 2016, sta in quel-

la frase di Marco Pedrini di 30 anni

fa: “Per un essere umano il Torre può

sembrare il simbolo dell’inaccessibile,

ma per chiunque si senta in grado di

affrontarlo rappresenta una sfida”.

Una sfida che ogni alpinista può

vivere a suo modo e secondo il

suo stile. Una sfida non più al limite

dell’impossibile o ai limiti dell’alpini-

smo mondiale. Ma pur sempre una

sfida pura, tra l’uomo e una delle

montagne più belle che la madre Ter-

ra ci ha donato.

36Alpinismo e arrampicata

Silvan e Matteo in cima al Cerro Torre - foto Matteo Della Bordella

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

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Page 37: Notiziario 1/2016

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ore ed ore per 80 giorni senza pau-

se e così ha viaggiato anche la mia

mente.

Con queste righe, invece, non pos-

so far altro che confermare quello che

penso da tempo, che la vera natura

dell’uomo è quella del cammino, la sua

dimensione più consona è il cammi-

nare, l’uomo si è evoluto per cammi-

nare e il camminare ha fatto evolvere

l’uomo.

E questa dimensione del camminare

è il modo migliore, il più vero e più di-

retto per osservare, conoscere, entra-

re in contatto ed in sintonia con tutto

ciò che ci circonda.

E’ così che mi sono sentito dopo

una settimana. Non ero più solo un

osservatore, un contemplatore, ma

una parte integrante dell’ambiente in

cui ero immerso e in cui mi muovevo.

Non è possibile riassumere in bre-

ve ciò che ho visto in un’estate at-

traverso le Alpi. Un mondo magico ed

unico dal punto di vista ambientale e

paesaggistico, ma questo è risaputo,

le Alpi sono tutte belle, bellissime. Gli

scenari sempre diversi, ma con delle

caratteristiche simili ed elementi co-

muni che si possono ritrovare lungo

tutto l’arco alpino, tolgono il fiato. Im-

magini che stupiscono, emozionano.

E poi ci sarebbe ancora da rac-

contare un altro mondo, quello degli

incontri con le “genti” delle Alpi e le

esperienze, le piccole avventure, i di-

sagi, il tempo purtroppo non troppo

benevolo in quella piovosa estate e

anche qualche piccolo pericolo e le

preoccupazioni. Concludendo posso

dire che il mio cammino è cominciato

dal mare ed è terminato al mare. Un

po’ come le Alpi stesse che, originatesi

dall’acqua emergendo una novantina

di milioni di anni fa dal mar Piemon-

tese-Ligure hanno l’inevitabile destino

di finire in mare soggette alla lenta ed

inesorabile erosione.

Un cammino che, come il giorno,

nasce a oriente e finisce ad occidente,

così è stata la mia “grande avventura”,

“la mia esperienza indimenticabile”, “il

mio viaggio della vita”.

44Escursionismo

In senso orario: ghiacciai della Valle d’Aosta; suggerimenti da un locale; pernottamenti a molte stelle; uno dei 1000 laghi incontrati lungo il cammino

SABBIA VERTICALEQuattro nuove vie in Etiopia, terra dalle buone potenzialità alpinistiche

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Quando si pensa all’arrampi-

cata in Africa la prima cosa

che viene in mente sono il

Kilimanjaro, il monte Kenya oppure

i blocchi di Rocklands, di sicuro non

di Matteo Colico

sarà mai l’Etiopia. Tuttavia negli ulti-

mi anni questo paese si è creato la

reputazione di destinazione dal gran

potenziale alpinistico grazie alla pub-

blicazione della prima guida di scalata,

nonché per le recenti ascensioni fatte

da alcuni alpinisti europei.

Con qualche riserva su quanto ef-

fettivamente saremmo riusciti a sca-

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

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43Escursionismo

anzi, ma non potevo rinunciare ad un

GPS che disegnasse una linea netta e

continua che taglia l’intero arco alpino

e che mi aiuterà a ricordare per sem-

pre ogni giorno e ogni luogo di questa

avventura fantastica.

Per il viaggio ero equipaggiato con

tenda e sacco a pelo nel mio pesan-

te zaino, per poter essere sempre e

comunque autonomo. Avevo pensato

infatti di approfittare dei rifugi solo di

tanto in tanto e all’occorrenza. Oc-

correnza che si è rivelata poi essere

più che altro quella di poter mangiare

e alimentarmi in modo adeguato ri-

manendo il più possibile in quota. Era

infatti il camminare in alta montagna,

per quanto possibile, la mia preferenza.

Quello è l’ambiente che più mi piace e

in cui mi muovevo e mi sentivo più a

mio agio. Ma è stato un camminare

in quota senza cercare vette e cime.

Anzi, questo è stato il vero, diverso,

modo di camminare rispetto alle mie

abitudini. Un andare per passi e non

per vette. Passi, passi che uniscono

valli, paesi, regioni e nazioni e soprat-

tutto popoli. Passi che ogni volta non

vedevo l’ora di raggiungere, che mi fa-

cevano accelerare il passo, trattenen-

do il respiro, nonostante la stanchezza

dopo tanta salita e tanta fatica, per

vedere cosa mi aspettava al di là, quali

panorami, quali viste e quali spettacoli

e di conseguenza quali emozioni. Ma

anche e soprattutto per immagina-

re quale e come sarebbe stato il mio

cammino di lì in avanti, e quale la di-

rezione migliore da prendere.

Questo è stato sicuramente un ele-

mento fondamentale della mia avven-

tura, la scelta del percorso. Ho pas-

sato ore nella mia tenda a studiare le

carte che man mano mi compravo o

recuperavo in qualche modo lungo

la strada. Ho imparato a leggere ed

interpretare anche i dettagli, per non

avere sorprese ed imprevisti, cercare

di annullare i rischi ed avere sempre

almeno un’alternativa per l’accapar-

ramento dei viveri ed il luogo in cui

passare la notte. Muovendomi a piedi

per ore ed ore ogni giorno, i margini

di errore nelle scelte andavano neces-

sariamente ridotti al minimo. Ma an-

che la ricerca dei luoghi più belli, più

pittoreschi e con le viste panoramiche

migliori hanno avuto la loro grande

importanza: in fin dei conti doveva

essere anche un viaggio di piacere e

da godere.

Il senso del cammino

Ci vorrebbe un libro per dar con-

to di episodi, di ricordi, di emozioni,

di incontri, durante questi 80 giorni,

vissuti in uno dei luoghi secondo me

più belli e spettacolari della terra.

E probabilmente ce ne vorrebbe un

altro per descrivere i mille pensieri che

mi sono passati per la testa, dai più

banali ed infantili a quelli più profondi,

fino a quelli a sfondo religioso e fi-

losofico, passando per quelli di natura

politica ed economica. Di fatto il mio

corpo ha camminato ogni giorno per

Dall'Alpe di Siusi il Sasso Lungo e il Sasso Piatto Nel Parco della Vanoise

lare, io insieme a Luca Schiera, Mat-

teo De Zaiacomo e Andrea Migliano

decidiamo di partire per venti giorni

alla ricerca di nuove vie da aprire. Dalle

informazioni e dalle foto raccolte ab-

biamo stabilito di concentrare le no-

stre attenzioni sulla regione del Tigray.

Il paesaggio in questa zona è carat-

terizzato da torri e lunghe fasce di

arenaria alte fino a 400 metri, solcate

da fessure molto estetiche (che, come

scopriremo in seguito, sono costituite

da roccia non sempre di ottima qua-

lità).

Una roccia un po’ così

Dopo essere atterrati a Mekele,

principale città del Tigray, ci mettia-

mo subito alla ricerca di un mezzo per

girare le zone in cui pensiamo ci si-

ano le pareti più interessanti. L’unico

modo per muoversi all’interno del pa-

ese, oltre al trasporto pubblico, è no-

leggiare un minibus o jeep con autista.

Nella prima settimana abbiamo optato

per la seconda alternativa, in modo da

essere liberi di addentrarci nelle strade

sterrate e poter esaminare al meglio

tutte le possibilità.

Dopo diversi giorni passati a “sbino-

colare”, la voglia di scalare è arrivata

alle stelle, così dopo un primo tentati-

vo fallito a causa della roccia pessima,

troviamo due pareti nelle vicinanze

della città di Adwa. Le raggiungiamo

a mattina inoltrata e, per aumentare

le possibilità di successo, decidiamo

di dividerci in due cordate (io e Luca,

Matteo e Andrea). La parete scelta da

noi è composta da roccia vulcanica di

ottima qualità, grande grip e possibili-

tà di protezioni molto buone anche se

distanziate. Rallentati un po’ dalle alte

temperature, dopo sei bellissimi tiri

raggiungiamo la cima della struttura e

con le ultime luci della sera siamo di

nuovo al punto di ritrovo. Poco dopo

veniamo raggiunti dai nostri compa-

gni. Andrea e Matteo purtroppo non

sono stati fortunati come noi, la roc-

cia scagliosa e di pessima qualità ha

creato non poche difficoltà, ma grazie

alla loro bravura sono riusciti comun-

que a completare la via.

Le torri di Abuna Yemata

Dopo questa prima tappa la meta

successiva sono state le famose torri

di arenaria di Abuna Yemata. Ripar-

tiamo così alla volta di Megab, piccola

cittadina posta a circa cinque chilo-

metri dalle pareti. Vista la quantità

di roccia promettente decidiamo di

rimanere nella zona per almeno una

settimana. Facciamo base fuori dalla

Andrea Migliano su Desmoprepuziale, montagne di Adwa

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

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39Alpinismo e arrampicata

cittadina, grazie all’aiuto di un pre-

te ortodosso che gestisce le visite

guidate alle chiese scavate nelle torri

(una notte è riuscito a mettere in fuga

un gruppo di iene che si era pericolo-

samente avvicinato alle nostre tende).

Ricominciamo a “sbinocolare” e il

giorno successivo, di buon’ora, partia-

mo verso le pareti. Questa volta ac-

cade l’opposto, io e Luca siamo molto

sfortunati, finiamo col cacciarci dentro

camini sporchi e molto friabili che ci

ricacciano indietro. Al contrario, Mat-

teo e Andrea riescono ad aprire una

bellissima via totalmente in fessura.

Nei giorni successivi giriamo a pie-

di alla ricerca della roccia di migliore

qualità ma senza molta fortuna. Quella

che da lontano appare come compatta

e stabile, si rivela ogni volta pessima.

Così, dopo qualche tentativo a vuoto,

salendo al massimo 2 o 3 tiri, apriamo

qualche monotiro con difficoltà fino al

7c.

Verso la fine del nostro soggiorno

veniamo colpiti a turno da qualche

malattia, ma ciò non ci abbatte. Così,

con il tempo agli sgoccioli, decidiamo

di unire le forze per aprire un’ultima

via. Facendoci largo tra sassi instabili

e sabbia che piovono dai camini riu-

sciamo ad aprire la nostra quarta via

in Etiopia, “In dust we trust”.

Prima di tornare a casa abbiamo

anche avuto l’occasione di visitare la

depressione della Dancalia, una delle

regioni meno ospitali del pianeta con

un vulcano ancora attivo al suo in-

terno.

Sapevamo tutti che saremmo anda-

ti alla ricerca di pareti vergini e che

non sarebbe stato facile trovare roccia

di ottima qualità, ma nel complesso il

bilancio che si può trarre da questo

viaggio è positivo. Di sicuro roccia e

fessure non mancano, chissà… Magari

tra qualche anno l’Etiopia diventerà un

must per i crack addicted di tutto il

mondo.

Le foto appartengono all’archivio del Gruppo Ragni della Grignetta

Primo tentativo ad Adwa, fermati dalla pessima qualità della roccia

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

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Page 40: Notiziario 1/2016

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ATTRAVERSO LE ALPIA piedi in 80 giorni da Muggia a Montecarlo, andando per passi e non per vette

“Una grande avventura”,

“un’esperienza indimen-

ticabile”, “il viaggio della

vita”, forse sono state queste le de-

finizioni che ho usato più spesso nel

rispondere a chi mi chiedeva, incu-

riosito, notizie e impressioni del mio

cammino attraverso le Alpi.

Un cammino che ha preso il via il

12 giugno 2014 dal porto turistico

di Muggia, nei pressi di Trieste e si è

concluso il 30 di agosto a Montecarlo,

nel Principato di Monaco, “Il giro del

(mio) mondo in 80 giorni”.

Un’incredibile esperienza e un so-

gno realizzato. Uno di quei sogni nel

cassetto che ognuno di noi ha, che gli

appartiene e che conserva per anni

nell’animo e nei pensieri, magari senza

confidarlo a nessuno o solo a pochi,

e che molto, troppo spesso, è solo un

sogno e finisce per rimanere tale.

A volte però qualcosa accade e fa

in modo che questo sogno si possa

realizzare.

Per me è stata la contingenza di un

progetto che dopo tanti anni si stava

di Ivan Peri

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

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PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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Page 41: Notiziario 1/2016

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“Lo

spet

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io v

iagg

io”

realizzando, la costruzione di un al-

berghetto nel paese dove vivo, che sta

proprio in mezzo alle Alpi, Livigno.

Il pensiero, quasi un’angoscia, che

questo progetto e questa nuova at-

tività avrebbero, verosimilmente, “ru-

bato” gran parte del mio tempo e

delle mie energie future mi ha dato la

consapevolezza che era il momento

giusto. Se non avessi provato a rea-

lizzarlo prima di immergermi anima e

corpo in quel progetto, anche per me

questo folle desiderio avrebbe corso il

grosso rischio di rimanere solo e per

sempre un sogno.

Tre direttrici

E così tutto ha preso forma: dall’i-

dea sempre più concreta di questo

cammino, alla traccia di rotta seppur

ancora molto approssimativa, dalle

date alla durata, dalle modalità all’e-

quipaggiamento necessario, ed infine

è uscito anche un nome per questa

mia avventura. Ma soprattutto ha pre-

so corpo la voglia, sempre più decisa

e ferma di compiere questo viaggio.

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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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Page 42: Notiziario 1/2016

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La mia traversata delle Alpi ha se-

guito tre grandi direttrici.

Verso nord, nei primi dieci giorni, dal

mare su, attraverso la verde e ancora

selvaggia Slovenia.

Poi verso ovest, per gran parte

del viaggio, procedendo attraverso

la Carnia, in buona parte sul confine

italo-austriaco, e poi per le Dolomi-

ti e la Val Venosta; per lungo tratto

in Svizzera, passando per la bassa e

l’alta Engadina ed anche il Ticino, poi

in Val Formazza nell’Alto Piemonte ed

in seguito nuovamente in Svizzera nel

Vallese.

Infine verso sud, dopo aver aggira-

to il massiccio del Bianco sul versante

francese.

Il Monte Bianco rappresentava sul-

le mie carte e nella mia mente la boa

più importante nel disegno della mia

traccia, ma anche metaforicamente,

essendo un po’ il simbolo o uno dei

simboli più importanti delle Alpi. Era la

mia prima grande meta. Dovevo solo

capire se ci sarei arrivato dal versante

italiano perché stretto con i tempi o,

se la mia marcia fosse proseguita più

speditamente, facendo il giro largo per

circumnavigarlo sul versante france-

se. Da là mi ero immaginato che avrei

poi potuto fare qualche valutazione

sulla tempistica, sulla mia condizione

fisica e psichica e, di conseguenza,

sulle possibilità e le modalità dell’ul-

tima parte del cammino. Insomma

era il punto che avrebbe dovuto dar-

mi qualche prima certezza. In primis

sulla buona riuscita o meno della mia

avventura, per quanto possibile, dal

momento che un viaggio del genere

presenta un’infinità di variabili ed im-

previsti per cui di certo non c’è mai

nulla. Ma soprattutto sul successivo

tracciato da seguire.

Da lì, quindi, è cominciato un cam-

mino un po’ diverso, una ricerca dei

luoghi più belli e caratteristici. Un po’

più “un viaggio” e un po’ meno una

tensione verso una meta rispettando

i tempi che mi ero prefissato. La mia

traccia ha così cominciato a zigzaga-

re. Sono rientrato in Italia per la Val-

le d’Aosta fino al Parco Nazionale del

Gran Paradiso, poi in Francia per i Par-

chi della Vanoise e quello dell’Ecrins, il

Parco Naturale du Queyras e di nuovo

l’Italia in Valle Maira e Valle Stura, e poi

di nuovo in Francia nel Parco Nazio-

nale del Mercantour e di nuovo Italia

in quello delle Alpi Marittime. Infine mi

sono diretto a Sud per raggiungere il

mare del Principato di Monaco.

Per gli amanti dei numeri, dei chilo-

metri e dei dislivelli, il mio GPS, sem-

pre attivo lungo il mio cammino, ma

solo ed esclusivamente in modalità

di registrazione della traccia, alla fine

diceva: 2134 km per un dislivello po-

sitivo di 120.428 metri ed altrettanti in

negativo, di fatto quasi 27 km di me-

dia al giorno con un dislivello di circa

1500 metri di salite e 1500 di disce-

se. Anch’io mi sono stupito per que-

sti numeri. Chilometri e dislivelli non

erano certo il mio interesse principale,

42Escursionismo

Dall'Alpe di Siusi il Sasso Lungo e il Sasso Piatto

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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43Escursionismo

anzi, ma non potevo rinunciare ad un

GPS che disegnasse una linea netta e

continua che taglia l’intero arco alpino

e che mi aiuterà a ricordare per sem-

pre ogni giorno e ogni luogo di questa

avventura fantastica.

Per il viaggio ero equipaggiato con

tenda e sacco a pelo nel mio pesan-

te zaino, per poter essere sempre e

comunque autonomo. Avevo pensato

infatti di approfittare dei rifugi solo di

tanto in tanto e all’occorrenza. Oc-

correnza che si è rivelata poi essere

più che altro quella di poter mangiare

e alimentarmi in modo adeguato ri-

manendo il più possibile in quota. Era

infatti il camminare in alta montagna,

per quanto possibile, la mia preferenza.

Quello è l’ambiente che più mi piace e

in cui mi muovevo e mi sentivo più a

mio agio. Ma è stato un camminare

in quota senza cercare vette e cime.

Anzi, questo è stato il vero, diverso,

modo di camminare rispetto alle mie

abitudini. Un andare per passi e non

per vette. Passi, passi che uniscono

valli, paesi, regioni e nazioni e soprat-

tutto popoli. Passi che ogni volta non

vedevo l’ora di raggiungere, che mi fa-

cevano accelerare il passo, trattenen-

do il respiro, nonostante la stanchezza

dopo tanta salita e tanta fatica, per

vedere cosa mi aspettava al di là, quali

panorami, quali viste e quali spettacoli

e di conseguenza quali emozioni. Ma

anche e soprattutto per immagina-

re quale e come sarebbe stato il mio

cammino di lì in avanti, e quale la di-

rezione migliore da prendere.

Questo è stato sicuramente un ele-

mento fondamentale della mia avven-

tura, la scelta del percorso. Ho pas-

sato ore nella mia tenda a studiare le

carte che man mano mi compravo o

recuperavo in qualche modo lungo

la strada. Ho imparato a leggere ed

interpretare anche i dettagli, per non

avere sorprese ed imprevisti, cercare

di annullare i rischi ed avere sempre

almeno un’alternativa per l’accapar-

ramento dei viveri ed il luogo in cui

passare la notte. Muovendomi a piedi

per ore ed ore ogni giorno, i margini

di errore nelle scelte andavano neces-

sariamente ridotti al minimo. Ma an-

che la ricerca dei luoghi più belli, più

pittoreschi e con le viste panoramiche

migliori hanno avuto la loro grande

importanza: in fin dei conti doveva

essere anche un viaggio di piacere e

da godere.

Il senso del cammino

Ci vorrebbe un libro per dar con-

to di episodi, di ricordi, di emozioni,

di incontri, durante questi 80 giorni,

vissuti in uno dei luoghi secondo me

più belli e spettacolari della terra.

E probabilmente ce ne vorrebbe un

altro per descrivere i mille pensieri che

mi sono passati per la testa, dai più

banali ed infantili a quelli più profondi,

fino a quelli a sfondo religioso e fi-

losofico, passando per quelli di natura

politica ed economica. Di fatto il mio

corpo ha camminato ogni giorno per

Dall'Alpe di Siusi il Sasso Lungo e il Sasso Piatto Nel Parco della Vanoise

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

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Page 44: Notiziario 1/2016

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ore ed ore per 80 giorni senza pau-

se e così ha viaggiato anche la mia

mente.

Con queste righe, invece, non pos-

so far altro che confermare quello che

penso da tempo, che la vera natura

dell’uomo è quella del cammino, la sua

dimensione più consona è il cammi-

nare, l’uomo si è evoluto per cammi-

nare e il camminare ha fatto evolvere

l’uomo.

E questa dimensione del camminare

è il modo migliore, il più vero e più di-

retto per osservare, conoscere, entra-

re in contatto ed in sintonia con tutto

ciò che ci circonda.

E’ così che mi sono sentito dopo

una settimana. Non ero più solo un

osservatore, un contemplatore, ma

una parte integrante dell’ambiente in

cui ero immerso e in cui mi muovevo.

Non è possibile riassumere in bre-

ve ciò che ho visto in un’estate at-

traverso le Alpi. Un mondo magico ed

unico dal punto di vista ambientale e

paesaggistico, ma questo è risaputo,

le Alpi sono tutte belle, bellissime. Gli

scenari sempre diversi, ma con delle

caratteristiche simili ed elementi co-

muni che si possono ritrovare lungo

tutto l’arco alpino, tolgono il fiato. Im-

magini che stupiscono, emozionano.

E poi ci sarebbe ancora da rac-

contare un altro mondo, quello degli

incontri con le “genti” delle Alpi e le

esperienze, le piccole avventure, i di-

sagi, il tempo purtroppo non troppo

benevolo in quella piovosa estate e

anche qualche piccolo pericolo e le

preoccupazioni. Concludendo posso

dire che il mio cammino è cominciato

dal mare ed è terminato al mare. Un

po’ come le Alpi stesse che, originatesi

dall’acqua emergendo una novantina

di milioni di anni fa dal mar Piemon-

tese-Ligure hanno l’inevitabile destino

di finire in mare soggette alla lenta ed

inesorabile erosione.

Un cammino che, come il giorno,

nasce a oriente e finisce ad occidente,

così è stata la mia “grande avventura”,

“la mia esperienza indimenticabile”, “il

mio viaggio della vita”.

44Escursionismo

In senso orario: ghiacciai della Valle d’Aosta; suggerimenti da un locale; pernottamenti a molte stelle; uno dei 1000 laghi incontrati lungo il cammino

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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Page 45: Notiziario 1/2016

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45Escursionismo

L’amico Mimmo: “Steppina mi

è arrivata una mail dal nostro

gruppo podistico, ma parla di

una gara a tappe in mountain bike:

te la giro”.

Steppina: “Grazie Mimmo, do un

occhio!”

Himalayan Highest Mountainbike

Race: la gara a tappe in MTB più alta

al mondo

USTI! Si va. Su queste cose ho la

fortuna di poter non “sdondinare”

ma dire decisa “ci sarò” e due giorni

dopo sono iscritta. Mancano sei mesi

a questa competizione in Himalaya

che sarà a luglio, ma immediata parte

la preparazione e inizia la frizzante

avventura.

Chi mi conosce sa che sono in al-

lenamento every day, non ci sono

giornate di ozio fisico durante l’an-

no (a meno che non sia fratturata...

sigh!): bici, corsa, sci d’alpinismo e di

fondo, nuoto, un po’ di canoa, alpini-

smo. Non c’è stagione in cui modero

il movimento. Ma se nel mirino entra

una gara a tappe in MTB e se questa

si disputa sull’Himalaya fino a quota

5600, l’euforia scatta a manetta e le

pedalate partono a raffica: quando

sai bene dove andare, cammini drit-

to. Spalle larghe, polmoni aperti, ogni

sforzo convogliato in quell’unica di-

rezione e l’energia diventa atomica

polverizzando ogni dubbio.

Ho la fortuna di abitare a Lec-

co abbracciata dai monti, affacciata

sul lago quindi con un aitante “su e

giù per le montagne, di qua e di là

si sente, la bici allegramente” son già

nel cuore pulsante dell’esperienza

per allenarmi a pedalare 6 giorni alle

quote più alte del mondo per cen-

to km al giorno. E’ ancora inverno

quando mi iscrivo alla gara: niente di

meglio perché il training alla quota

non me lo faccio sulla ciclabile lun-

go-lago. Ho bisogno di altitudine e

non c’è esercizio migliore che salire

in alta montagna, pelli di foca sotto

gli sci, immersi nel silenzio, lontano

da qualunque impianto per giungere

in cima e tracciare scodinzoli polve-

rosi in cotonate discese.

Stefania felice all’arrivo della prima tappa, 108 Km lungo l’Indo a 4700 m di quota, con alle spalle le vette himalayane

HIMALAYA IN MOUNTAINBIKESu fino a 5600 m, la gara a tappe più “alta” al mondo

di Stefania Valsecchi

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Cevedale, Gran Zebrù, Piz Palù,

Monte Rosa, scandiscono le amma-

lianti sci-alpinistiche nei fine setti-

mana; chilometri e dislivelli peda-

lando su sterrati e non solo danno

ritmo al dopo lavoro in settimana:

con questo elettrizzante brio la par-

tenza per l’Himalaya arriva.

La meta è il distretto del Ladakh,

estremo nord ovest dell’India, al con-

fine con Cina, Pakistan, Kashmir, re-

gione in cui confluiscono i sogni al-

pinistici del globo terracqueo poiché

lassù la catena dell’Himalaya cede il

passo alle altezze del Karakorum. Il

30 giugno sono in volo verso l’o-

riente io sola con la mia bici impac-

chettata nella stiva, e il primo luglio,

sorvolando l’Himalaya, energia pura

attraversa corpo e mente rapita da

quell’immensità bianca sotto di me.

Atterro a Leh, capitale del Ladakh, e

siamo già a 3600 m di quota: for-

tunatamente io non ne soffro, ma tra

gli altri partecipanti all’evento c’è chi

ha subito i “balordoni” non facili da

sbaragliare.

I tre giorni successivi son d’obbli-

go per l’acclimatamento e con la bici

si sale e scende su strade che in un

amen ti portano a lambire i 5000 m:

un antipasto di quel che ci attende

che mette un appetito da coccodril-

lo, perché a farla da padrone non è

affatto la fatica, ma il particolare fa-

scino dei luoghi di cui attendo solo

di fare una grande abbuffata.

La sintonia con gli altri partecipanti

- atleti ed organizzatori - è imme-

diata, calda: chi ha obiettivi di vittoria

e chi invece se la vive light, macchina

fotografica pronta a immortalare at-

timi di infinito, ma tutti convinti della

propria fortuna sfacciata d’essere lì

dove siamo a fare ciò che facciamo.

Partita da quota 3500 m, Stefania ha finalmente raggiunto il Khardung La, il valico più alto del mondo, 5602 m, nella cronoscalata finale

Il cartello all’inizio del Khardung La avvisa che si tratta della strada carroz-zabile più alta del mondo

Incontri himalayani. Guado non pericoloso, anzi divertente

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Page 47: Notiziario 1/2016

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“Pronti, via!”

Sei luglio: la gara ha inizio. Sot-

to lo striscione il colpo di pistola,

ma diversamente da qualunque altra

competizione non partiamo a molla

come una fucilata. Ci aspettano 101

km tra i 3600 e i 4600 m: pren-

diamola fluida...

Le altre 5 tappe

saranno tutte tra

gli 80 e i 110 km,

ogni giorno più su

dei 5000 m.

Il primo giorno

si viaggia sempre

accanto al grande

fiume Indo che

qui scorre placi-

damente, senza

impennate e im-

peti, proprio come

la mia pedala-

ta. C’è un effetto

stranissimo di cui

tutti ci accorgia-

mo: noi viaggiamo

in senso opposto

al fluire dell’Indo;

se lui è in discesa,

noi siamo in salita,

chiaro... eppure...

Ma che strano!

Non è possibile.

Continuo a guar-

dare la strada, poi

l’Indo, poi la stra-

da e mi sembra di

essere io ad andare in discesa. Ma

non può essere, se no anche il fiume

scivolerebbe nella mia direzione e i

miei due altimetri non segnerebbe-

ro quote via via più alte. Avevo visto

un documentario che parlava di una

strada in America famosa per que-

sto effetto ottico: sembra scenda

e invece sale. Allora non riuscivo a

capire: ora ci son dentro anch’io e

capisco ancora meno.

La tappa si chiude dopo alcune ore

su un bel pianoro in cui l’Indo fun-

ge da “Terme Romane”: ci sono punti

vicini alla costa in cui l’acqua sorbolle

e noi ci facciamo bagni caldi ritem-

pranti; gli abitanti locali ci cuociono

uova e pesce.

Il bello di queste gare a tappe è

anche il momento conviviale nel

tendone in cui si cena tutti insieme:

ognuno commenta la propria tappa,

la fatica o la contentezza, lo scenario

visto, le persone incontrate, il fiatone,

la gioia; e anche il cibo nel piatto in

questi luoghi così remoti è sempre

argomento di dialogo speziato.

Vien buio intorno alle 18,30 per-

ciò si cena prestissimo e ci si ritira in

tenda altrettanto presto perché star

fuori a chiacchierare sarebbe poco

salutare: il tepore del giorno viene

scalzato imme-

diatamente dal

freddo al calar del

sole.

Il mattino si ri-

parte ed ancora

sembra che un

oceano di pervin-

che si sia aperto

sopra le nostre

teste. In sella ai

velocipedi, gambe

sforbicianti, ansi-

miamo imbalorditi

al primo passo a

5100 m.

Al di là si scen-

de sulla piana

senza confini a

4570 m di altitu-

dine dove silente

si adagia lo Thso

Khar Lake, grande

lago salato.

Intanto però

d’innanzi a noi

il cielo diventa

piombo cupo di

nubi gelate e so-

pra di noi il cielo

caldo blu cobalto ne viene travolto

e... ORCO! Proprio dove siamo noi

un vento rabbioso si alza fulmineo,

polvere sabbiosa ci investe e, peg-

gio, a pochi metri da noi si formano

CURRICULUM SPORTIVO

Valsecchi Stefania detta Steppina, 48 anni, di Lecco. Laureata in Fi-

losofia, successivo triennio in metallurgia degli acciai, insegnante

elementare per vocazione.

Istruttrice di Scialpinismo nella scuola del CAI Lecco per 12 anni.

Maestra/guida di sci per ciechi ed istruttrice delle guide per non

vedenti.

Guida di MTB.

* Nel 2010 ha iniziato a far gare vincendo in quell'anno il Mongolia

Bike Challenge (gara MTB in 10 tappe; 1400 km e 14000 m di D+ tra

il deserto del Gobi e le montagne del Khangai) classificandosi prima

assoluta donne, battendo anche le professioniste presenti.

* Nel 2011 è seconda classificata assoluta donne all'Iron Bike, di nuo-

vo in MTB: 7 tappe con 35000 m di dislivello positivo per 800 Km

sulle Alpi italo- francesi.

* Nel 2012 attraversa le Ande boliviane in bici e sale (senza bici!) in

vetta al Huayna Potosì (6088 m).

* Nel febbraio 2013 conquista il titolo mondiale di Triathlon Inver-

nale a Chamonix

e nel luglio del medesimo anno attraversa in MTB tutte le Alpi da

Trieste a Ventimiglia (2200 km e 57000 m di dislivello fuoristrada):

pare sia l'unica al mondo ad averlo fatto finora.

* Nel luglio 2015 vince la Himalayan Highest MTB Race, gara in 6

tappe di MTB in Ladakh (Himalaya Indiano) tutta sopra i 5000 m

di altitudine fino ai 5602 m del Khardung La, il valico carrozzabile

più alto al mondo.

Tante altre vittorie minori, numerosi podi.

Nel 2007 attraversa l'Himalaya da nord a sud da Lhasa (capitale del

Tibet) a Katmandu (capitale del Nepal), 1200 km in bici.

Nel 2008 attraversa le Ande in MTB e sale alcune montagne classi-

che oltre i 5300 m (Pisco, Ishinca e Urus). E sempre in quell'anno

sale in vetta al Monte Bianco dai Cosmiques-Tacul-Maudit e cir-

cumpedala il Monte Bianco in due giorni.

47Escursionismo

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Page 48: Notiziario 1/2016

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due trombette d’aria, direi dei “pifferi”

data la loro forma assai stretta e al-

lungata in verticale, che centrifugano

violentemente su se stessi e intanto

rotolano attorno qua e là agitati, si-

nuosi e senza meta: sembrano il ge-

nio che sbuca fuori dalla lampada, ma

ben poco disponibile, anzi, ”incazzo-

so”. Io, che quando c’è da mantenere

la calma la smarrisco seduta stante,

parto a tuono a far girare le gambet-

te con rotazione tale che se aves-

si una dinamo collegata illuminerei

l’intero continente asiatico. Uno dei

concorrenti più massicci, prima an-

cora di sollevare lo sguardo e capire,

si ritrova schiantato a terra stranito,

ma fortunatamente il tutto si risolve

con un dantesco racconto serale at-

torno alla tavola imbandita e le nostre

risate rompono il silenzio tutt’attorno.

Più alti di Gulliver

Ogni giornata ha il suo perché:

scandita dall’ossigeno dei circa 5400

metri del Tanglang La o del Chang La,

qualcuno non sta troppo bene... no

cioè: sta proprio male. Gote paonaz-

ze, viso congestionato, orbite a sbal-

zo, respiro corto e rantolante: ossi-

geno presto! E via in jeep col medico

veloci a perder quota. Ma anche in

questi casi per fortuna ce la raccon-

tiamo ridendo nei giorni successivi

senza conseguenze più gravi di un

persistente mal di testa.

Tutt’attorno i colori caffellatte del

deserto d’alta quota, interrotto dal

verde smeraldino e lucente delle

oasi dove un fiume viene incanala-

to, puntinate dal giallo canarino del-

le coltivazioni di colza: sembra una

coperta patchwork. Senza scordare il

contrasto bianco-amaranto dei mo-

nasteri buddisti, o l’arancione acceso

delle nostre tende contro un cielo più

turchino della fata di Pinocchio: cosa

desiderare di più dalla vita?

Spesso sento raccontare che di

fronte a scenari così immensi come

gli spazi himalayani ci si sente pic-

coli, si percepisce la propria fragilità.

Oh, a me succede l’esatto contrario.

Son su ben oltre i 5000 m, sguardo

aperto a 360 gradi, vette immacola-

te, altipiani sconfinati e io mi sento

più alta di Gulliver, più forte di Ercole,

più avventurosa di Ulisse... macché

piccolezza. Sto da leonessa e la vera

sfida sta nel riuscire a trasferire que-

sta straordinaria energia anche nel

quotidiano.

Arriva l’ultima tappa, la più attesa:

cronoscalare il passo Khardug La ap-

peso lassù a quota 5602 m, il va-

lico carrozzabile più alto al mondo.

Il Khardung La sta ai ciclisti come

l’Everest sta agli alpinisti: ragazzi è il

nostro giorno!

Partenza da 3500 m e arrivo a

5602 m in cronoscalata: 2100 m di

dislivello in una distanza di 51 km a

quelle elevatezze… mannaggialerisa-

te! Partiamo tra piante ad alto fusto,

procediamo e gli arbusti si fan più

piccini di noi, saliamo e tutto è brullo,

avanziamo e l’aria frizza assottiglian-

dosi, continuiamo e appare la neve

che, sbuffata dopo pedalata, diventa

un muraglione di tre-quattro metri

incombenti accanto a noi.

La testa ha un peso specifico mai

riscontrato prima, s’infoppa tra le

clavicole che a loro volta s’incurvano

e a momenti bacio il manubrio. Ma

vogliam dire qualcosa dei polmoni

o dei muscoli della gambe? Piombo

gli uni, ghisa le altre. La soppressata

calabrese è meno “spetasciata” ri-

spetto alla sensazione che provo io.

E dopo uno dei mille tornanti su cui

si avvoltola questa strada rampicante

facendola simile ad un intestino, ecco

apparire l’intaglio tra la neve con le

bandiere buddiste svolazzanti che

segnano il Passo del Khardung La: è

lì Ste, vai che ci sei... Abbasso la testa,

passano lunghissimi minuti, rialzo la

testa e... O CACCHIO è più distante.

Però è lì, spingo sui pedali, passa il

tempo, guardo e... ODDIAMINE è più

lontano. E queste sensazioni si ripe-

tono per un’ora quando io pensavo

mancassero cinque minuti. Fa nien-

te, l’importante è andar dritti che qui

non è mica così scontato. Continuo

a prendere di quelle imbarcate come

arrivassero onde a prua che mi vol-

tano il manubrio e son di traverso

sulla strada, boh.

Il freddo è intenso, la neve ghiac-

ciata dal cielo punge, ma finalmen-

te ecco l’attimo in cui passo sotto

lo striscione dell’arrivo: gioia pura,

braccia spalancate al cielo a mo’ di

benedizione “urbi et orbi”, sorriso fin

dietro le orecchie. Ancora una vol-

ta prima classificata donne in queste

gara in cima al mondo: bello quando

accade, no?

Ogni giorno è necessario credere

che qualcosa di straordinario possa

accadere, ma bisogna operare perché

ciò avvenga senza scoraggiarsi. Per-

ché il passo più faticoso non è nes-

suno di questi altissimi passi hima-

layani, ma abbandonare ogni indugio

e porre mano alla realizzazione dei

nostri desideri più belli.

Tutte le foto sono di Stefania Valsecchi

48Escursionismo

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INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 49: Notiziario 1/2016

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“Chi si ferma è perduto”, di-

ceva il grande Totò.

E noi del Family, anno

dopo anno, l’abbiamo preso in parola

e non ce ne siamo stati mai con le

mani in mano. Sarà forse per il conta-

gio dovuto alla frequentazione di tanti

giovani virgulti, sarà forse per l’op-

portunità concessaci dallo “scrivere”,

in prima persona, una storia in seno

al Club Alpino che – almeno per ora

– pare essere totalmente inedita ed

incontrare il favore di tante famiglie.

Insomma, anche quest’anno durante i

mesi più freddi ci siamo promessi di

mettere in cantiere qualche novità.

Ma andiamo con ordine.

Dopo il successo avuto nel 2015,

quando avevamo dovuto chiudere

le iscrizioni dopo meno di una set-

timana per aver raggiunto il numero

massimo di partecipanti, quest’anno

eravamo francamente un po’ dubbiosi

sulla possibilità di poter confermare un

simile risultato: i bambini crescono, le

famiglie mutano esigenze e progetti;

è fisiologico “perdere” degli amici nel

corso degli anni. Siamo rimasti quindi

piacevolmente sorpresi del fatto che

sia bastato un solo weekend per fare

il sold out! Tradotto in lingua italiana,

significa che tra un venerdì pomerig-

gio ed un lunedì mattina alle nostre

iniziative si sono iscritte ben 64 per-

sone, tanto da costringerci a chiudere

immediatamente le iscrizioni. Con la

gioia per il confermato successo della

nostra idea, la curiosità di conoscere i

nuovi amici, il senso di responsabilità

per dover gestire tante famiglie e tanti

bambini piccoli nonchè il rammarico

di non aver potuto accontentare tutti

coloro che avrebbero voluto accom-

pagnarci nel cammino di quest’anno.

Così ha avuto inizio il 2016 del Fa-

mily. E, come sempre, abbiamo dato

appuntamento ai genitori presso la

sede della Sezione per concordare

con tutti i partecipanti la stesura del

programma delle nostre attività. Dopo

l’esperienza ampiamente positiva del-

lo scorso anno, abbiamo confermato

anche per il 2016 questa parte della

nostra iniziativa, che permette ai ge-

nitori di confrontarsi e condividere

esperienze e proposte.

Steso il Programma del 2016, ab-

biamo scelto di coinvolgere ancor

più i partecipanti. Come? Affidando

loro l’organizzazione di alcune delle

49Escursionismo

A PASSO DI BIMBOIl Family CAI si rinnova e vara il programma per il 2016

Il gruppo numeroso della stagione 2015 al faro voltiano, Brunate.

di Alberto Pirovano eAndrea Spreafico

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

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NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE

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Page 50: Notiziario 1/2016

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escursioni. Avete letto bene: quest’an-

no saranno i genitori – sotto la nostra

supervisione – ad occuparsi dell’or-

ganizzazione preventiva e della ge-

stione esecutiva della maggior parte

delle nostre attività.

Crediamo non sia mai stato fatto

prima in ambito C.A.I. Eppure, affidare

ai genitori partecipanti questi compiti

ci è parso il modo più immediato e

concreto per consentire loro di svi-

luppare od affinare quelle capacità che

sono alla base dell’andare per mon-

ti secondo gli insegnamenti del Club

Alpino Italiano. E, certamente, è una

delle idee su cui si è fondato lo spirito

con il quale abbiamo fatto nascere ed

abbiamo sviluppato il Progetto Family

Cai: consentire ai genitori di acquisire

autonomia nella gestione personale e

dei propri figli durante le esperienze in

montagna.

Centreremo un altro traguardo? E’

presto per scriverlo: ma le premesse

ci sono tutte; ed appaiono confortanti.

Anche perché dall’incontro con i ge-

nitori non solo è nato un programma

di attività per il 2016 che possiamo

definire completo, ma si è potuta per-

cepire la voglia di tutti i partecipanti di

mettersi personalmente alla prova e di

collaborare per far vivere ai bambini

tante esperienze uniche ed indimen-

ticabili.

Il programma

Partiremo come di consueto ad

aprile, dal cittadino Ponte Vecchio, per

visitare le pendici settentrionali del

Monte Barro e la chiesa incompiuta di

San Michele. L’8 maggio ci uniremo ai

piccoli dell’Alpinismo Giovanile per vi-

sitare la Linea Cadorna sopra Corenno

Plinio e sentir raccontare parte della

storia della Grande Guerra. Il 29 mag-

gio torneremo sui monti del Triangolo

Lariano, alla scoperta di crinali ancora

selvaggi e splendide vedute del no-

stro territorio. Dopo la partecipazio-

ne al Raduno sezionale, rinnoveremo

l’uscita di due giorni in autonomia in

Val Biandino, che tanto è piaciuta lo

scorso anno a grandi e bambini. In

settembre andremo a Mantello a vi-

sitare una fattoria: per la prima volta

tutti in bici, dalle spiagge di Colico lun-

go la bella ciclabile sulle rive dell’Adda.

Il 2 ottobre saranno il Castello di Ve-

zio ed i giochi dei falconieri a riportare

grandi e bambini indietro nel tempo.

Per finire, visiteremo le pendici del

Magnodeno e ci uniremo ai Soci della

Sezione in occasione della castagnata.

E’ ora di mettersi lo zaino in spalla…

e per alcuni pure un figlio; e partire

insieme per un altro anno di emozioni

ed avventure: a passi di bimbo.50Escursionismo

Prove di arramnpicata al raduno CAI 2015 con un istruttore di prestigio, Mario Conti

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

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Page 51: Notiziario 1/2016

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Torna anche per quest’anno la

gita sociale con meta alpinistica,

in collaborazione con il Corso di

Perfezionamento dell’Alpinismo Giova-

nile.

Dopo alcuni anni sulle principali vet-

te della Alpi occidentali ed una puntata

al Gruppo del Bernina, la scelta per la

gita del 2016 è caduta sulla Palla Bian-

ca (3.738 mt.), la cima più alta delle Alpi

Venoste, al confine con l’Austria. Da tutti

i suoi versanti partono immensi ghiac-

ciai e la sua forma arrotondata è all’ori-

gine del suo nome.

L’escursione si terrà il 2 ed il 3 lu-

glio, con partenza da Melago (Bz) in

Vallelunga, che i partecipanti raggiun-

geranno con le proprie auto, e per-

nottamento con trattamento di mezza

pensione presso il Rifugio Pio X (2.542

mt.). La via di salita sarà la normale dal

versante ovest per la Vedretta del Val-

lunga e la Sella della Palla Bianca, le cui

caratteristiche non presentano partico-

lari difficoltà tecniche, pur richiedendo il

possesso di capacità nella progressione

su ghiacciaio e su cresta sia nevosa che

rocciosa.

Come di consueto, l’attività sarà ri-

servata ad un numero massimo di 15

partecipanti per consentire la corretta

formazione delle cordate e sarà aper-

ta ai soci in possesso dell’attrezzatura

necessaria alla progressione su ghiac-

ciaio (imbrago, ramponi e piccozza), in

buona forma fisica e con comprovata

esperienza alpinistica su ghiacciaio.

L’iscrizione potrà essere effettuata

contattando la segreteria sezionale sino

ad esaurimento dei posti ed è sogget-

ta a conferma da parte dei responsabili

dell’attività.

OBIETTIVO PALLA BIANCASulle Alpi Venoste la gita sociale 2016 con meta alpinistica

La Palla Bianca, 3738 m, nelle Alpi Venoste

di Andrea Spreafico

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

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Page 52: Notiziario 1/2016

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I monti sono maestri muti e fanno

discepoli silenziosi (Goethe).

Lo scopo della Commissione

Gruppo Gite Sociali è creare,

mantenere la fiducia tra i soci e

valorizzare lo spirito con il quale si va

in montagna per godere, in gruppo e

in amicizia, delle meraviglie che la na-

tura ci concede, ma solo a coloro che

hanno occhi attenti e sensibili. E a noi

del gruppo escursioni la sensibilità non

manca. Dobbiamo gradualmente ri-

conquistare la frequentazione dei soci,

non tralasciando di promuovere l’in-

teresse per la pratica escursionistica

trasferendola anche a persone esterne

alla sezione.

La preoccupazione per la respon-

sabilità di accompagnare un gruppo

c’è sempre. Ma tutto svanisce in fretta

quando ti accorgi che tra gli amici con

i quali cammini c’è consenso e sod-

disfazione per l’escursione proposta.

Lo spirito di gruppo che si crea, infatti,

l’accertata disponibilità di tutti ad as-

sicurare ogni supporto eventualmen-

te necessario al capo gruppo ed agli

amici di percorso, la gioia della condi-

visione dei luoghi, il pasto consuma-

to, magari anche frugalmente, i sorrisi,

costituiscono carburante prodigioso

che sa animare e rigenerare l’animo.

Il Gruppo escursionisti intende ri-

volgersi a soci con capacità diverse,

proponendo programmi ed attività in

grado di soddisfare e coinvolgere an-

che i più esigenti. L’attenzione viene

riposta a coloro che amano macina-

re ore e ore di cammino, ma anche a

coloro che non possono camminare a

lungo; a quelli che considerano i disli-

velli primizie da divorare con avidità,

come a quelli che guardano con so-

spetto una salita o una serie di gra-

dini che inopinatamente si presenta-

no lungo la mulattiera; a coloro che

programmano arrampicate attrezza-

te e il cui obiettivo sono le vette e i

4000, come a quelli che desiderano

trascorrere una giornata all’aria aperta

percorrendo sentieri a strapiombo sul

mare attraversando vigneti nobili, uli-

veti pregiati, la macchia mediterranea.

L’intento è di soddisfare quanti più

soci possibile cercando di aderire alle

diverse esigenze di tutti, anche i meno

esperti, fornendo a tutti la possibilità di

appassionarsi alla montagna con per-

corsi alternativi e adatti anche a colo-

ro che si vogliono avvicinare gradual-

mente all’escursionismo. Lo sforzo è

teso al coinvolgimento di una diffusa

base di soci che non trova collocazio-

ne nei gruppi specialistici della sezione,

per ragioni diverse. Gruppi che obiet-

tivamente costituiscono le eccellenze

della sezione ma che anche, per la loro

specificità, richiedono risorse fisiche o

forti motivazioni proprie o comunque

peculiarità molto marcate.

Condividere l’esperienza

Non dimentichiamo che la no-

stra sezione è profondamente legata

all’escursionismo, ad una pratica della

montagna e del territorio non “indivi-

duale” ma di ambito associativo. Cam-

minare insieme non è solo un vuoto

slogan, ma è un profondo convinci-

mento. Camminare insieme significa

“condividere” un’esperienza che coin-

volge i nostri sensi profondamente e

che, proprio attraverso questa con-

divisione, assume un valore sociale e

umano di massimo livello: condividere

le fatiche, la visione di splendidi pae-

saggi, i profumi della natura e il silen-

zio delle vette!

Sono sensazioni che l’associazioni-

smo può “moltiplicare” e consolidare.

La maggior parte delle gite vie-

ne organizzata, tenendo conto dello

spirito di condivisione associativa del

CAI e della comodità logistica, con

l’utilizzo dell’autobus, con partenza dal

Piazzale Eurospin – Galli Ezio – tra Via

Caduti Lecchesi a Fossoli e Via Be-

sonda Inferiore.

Alle escursioni possono partecipare

anche non soci, previa comunicazione

dei propri dati anagrafici, ai fini della

copertura assicurativa, entro il venerdì

precedente l’effettuazione della gita.

Il ritrovo per la partenza avviene

con qualsiasi tempo, salvo comuni-

cazione contraria agli iscritti. I tra-

sferimenti verranno iniziati con un

ritardo massimo di 15 minuti rispetto

agli orari prestabiliti qualunque sia il

numero dei partecipanti presenti. Per

tutte le escursioni il pranzo è al sacco,

salva diversa comunicazione all’atto

dell’iscrizione.

La Commissione inoltre vuole ricor-

dare che:

La frequentazione dell’ambiente

montano e/o naturale è per se stes-

sa potenzialmente pericolosa. I rischi

che ne derivano, di natura oggettiva

e/o soggettiva (quali a solo titolo di 52

Escursionismo

CAMMINARE INSIEMEI dodici appuntamenti con le gite sociali

di Giuseppe Ferrario*

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16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: BlackPLATE: CyanPLATE: MagentaPLATE: Yellow

FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE

PRESTAMPA

STAMPA

LEGATORIA

INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 53: Notiziario 1/2016

1C41M41Y470%70%CMYBCMY70%CMYBCMYCMCYCMYBCMY70%CMYBCMYMYCMYCMYBCMCMY2B42C42M42Y470%70%CMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMYCMY1B41C41M41Y470%70%CMYBCMY70%CMYBCMYCMCYCMYBCMY70%CMYBCMYMYCMYCMYBCMCMY2B42C42M42Y470%70%CMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBC

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esempio: la caduta di massi, alberi e/o

fulmini, frane, il mutamento delle con-

dizioni metereologiche, le condizioni

psico-fisiche personali, le cadute o

le scivolate involontarie, la presenza

di malattie e/o patologie anche non

manifeste) non sono mai completa-

mente eliminabili; neppure con una

corretta condotta dei partecipanti e/o

degli organizzatori.

Ogni iscritto alle singole iniziative

e/o escursioni è tenuto prima dell’i-

scrizione e dell’effettiva partecipazio-

ne ad una completa e corretta auto-

valutazione in merito al percorso, alla

quota prevista, alle difficoltà tecniche

e fisiche nonché alle attrezzature ed

all’abbigliamento necessari.

Coloro che intendono partecipare,

sulla base della loro preparazione fi-

sica e tecnica e degli eventuali chia-

rimenti avuti, decideranno di aderire

e di iscriversi o meno all’escursione.

I dislivelli riportati nel programma si

riferiscono alla sola salita e sono cal-

colati sulla base di rilevazioni carto-

grafiche; quindi, una volta sul terreno,

è possibile imbattersi anche in va-

riazioni sensibili. Le ore di cammino

vengono calcolate senza tener conto

delle soste; i tempi di percorrenza e

le difficoltà dichiarate nel program-

ma devono intendersi come indicativi;

gli itinerari descritti potranno essere

modificati sul momento in relazione

alle condizioni metereologiche.

Il programma di ogni escursione con

i relativi orari è esposto nell’albo so-

ciale e riportato sul sito internet della

sezione. Nel programma sono indicate

le difficoltà tecniche e l’attrezzatura

necessaria per la partecipazione all’e-

scursione; chiarimenti possono essere

chiesti ai membri del Gruppo e ai re-

sponsabili di ogni singola gita.

*Commissione Gite Sociali

Liguria: Moneglia – Deiva Marina.

Val Leventina, Ticino orientale, CH: Osco – Anzonico

Liguria: al mare in collaborazione con SEL Lecco

Raduno Sezionale sui Piani di Bobbio, presso il nostro Rifugio Lecco

Monte Baldo

Palla Bianca, 3738 metri, terza montagna più alta del Trentino Alto Adige

L’Anello dei Passit dal San Bernardino nell’alta Valle Mesolcina

Grigioni: Flüela Pass - Schwarzhorn 3146 m montagna delle Alpi dell’Abula nelle Alpi Retiche

In collaborazione con la SEL Lecco Monte Rosa Walser

Passo Lucomagno – Capanna Bovarina – Campo Blenio.

Tradizionale “Castagnata Sociale” presso la nostra Capanna Antonio Stoppani località Costa.

Appennino parmense: Itinerario interessante, in bell’ambiente boschivo.

Il calendario per la stagione 2016

ai

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16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]

-- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Black -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Cyan -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Magenta -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Yellow

16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: Black PLATE: Cyan PLATE: Magenta PLATE: Yellow

FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE

PRESTAMPA

STAMPA

LEGATORIA

INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 54: Notiziario 1/2016

1C4 1M4 1Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y CM CY CMY B C M Y 70% CMY B C M Y MY CMY CMY B C M CMY 2B4 2C4 2M4 2Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y CMY 1B4 1C4 1M4 1Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y CM CY CMY B C M Y 70% CMY B C M Y MY CMY CMY B C M CMY 2B4 2C4 2M4 2Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C

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TRENTATRE ANNI INSIEMEL’inverno 2015-2016 del Gruppo sci di fondo escursionismo

Due

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Lava

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-- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Black -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Cyan -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Magenta -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Yellow

16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: BlackPLATE: CyanPLATE: MagentaPLATE: Yellow

FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE

PRESTAMPA

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LEGATORIA

INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 55: Notiziario 1/2016

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Mercoledì 4 novembre 2015,

in sede CAI Lecco, è sta-

to presentato il programma

della stagione 2015-2016, 33° anno

di attività del gruppo, per quanto ri-

guarda il corso di avvicinamento allo

sci di fondo escursionismo e l’attività

amatoriale. Dopo oltre un trentennio,

pur perseverando nella scia di una

di Stefano Vimercati*

16a0550cai-rivista--FB 004-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]

-- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Black -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Cyan -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Magenta -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Yellow

16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: BlackPLATE: CyanPLATE: MagentaPLATE: Yellow

FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE

PRESTAMPA

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LEGATORIA

INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 56: Notiziario 1/2016

1C41M41Y470%70%CMYBCMY70%CMYBCMYCMCYCMYBCMY70%CMYBCMYMYCMYCMYBCMCMY2B42C42M42Y470%70%CMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMYCMY1B41C41M41Y470%70%CMYBCMY70%CMYBCMYCMCYCMYBCMY70%CMYBCMYMYCMYCMYBCMCMY2B42C42M42Y470%70%CMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBCMY70%CMYBCMYSLURCMYBC

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tradizione ben consolidata, abbiamo

pensato di offrire un tocco di cambia-

mento, rivoluzionando la veste grafica

del nostro pieghevole di presentazio-

ne.

Nella riunione del direttivo del 17

settembre 2015 sono stati confer-

mati: il rapporto già esistente con la

commissione regionale di riferimento

(CRLSASA-Sci escursionismo); gli

istruttori e gli accompagnatori, con

rispettivi incarichi e mansioni; il pro-

gramma tecnico ed economico delle

due attività.

Il programma ha previsto come ne-

gli anni scorsi una prima parte, comu-

ne a tutti, comprendente lezioni tecni-

che e teoriche in sede CAI (2 serate

che avrebbero meritato una maggior

partecipazione) e alcune uscite a sec-

co (cinque mattinate domenicali dall’8

novembre al 6 dicembre 2015, su iti-

nerari di mezza montagna e con gin-

nastica presciistica) alle quali ha par-

tecipato un buon numero degli iscritti

ai corsi.

La seconda parte del programma ha

riguardato invece le attività sulla neve

distinte nei due settori addestramento

e amatoriale.

Attività di addestramento

Svolta dalla Scuola sci di fondo

escursionismo del CAI Lecco dal 10

gennaio al 21 febbraio 2016, con un

corpo istruttori rappresentato da:

- Marco Bianchi, ISFE, direttore della

scuola e dei corsi

- Maria Giuseppina Ietto e Paola

Monti, ISFE

- Giovanni Bolis, vicedirettore dei

corsi, Salvatore Bucca e Cesare Merlini,

istruttori sezionali.

I rapporti con la Commissione re-

gionale sono stati tenuti da Maria

Giuseppina Ietto.

Sono state effettuate sei uscite do-

menicali in Engadina e un’uscita di due

giorni in Val Mustair e sull’altopiano di

Lavazè di cui si racconta più avanti in

un articolo dedicato.

Hanno partecipato 41 allievi, suddi-

visi in tre corsi: principianti, perfezio-

namento 1° livello, perfezionamento

avanzato.

Da registrare un’iniziativa sostenuta

da tutti i partecipanti con vivace en-

tusiasmo, molto ben riuscita, che ha

registrato totale apprezzamento: una

gara “in famiglia”, maschile-femminile,

che ha visto la partecipazione di 26

allievi, sulla distanza di 10 km a tecnica

classica sul percorso Surlej-Sils- Sur-

lej. La gara ha meritato la tradizionale

conclusione di queste occasioni, vale

a dire la premiazione in sede CAI se-

guita da un’allegra merenda per tutti.

Nell’uscita finale del 21 febbraio in

Engadina si è percorsa a staffetta la

Maratona Maloja-Zuoz.

Attività amatoriale

Le uscite sulla neve si sono svolte di

sabato, dal 9 gennaio al 5 marzo 2016,

56Sci di Fondo

Gruppo scuola in Engadina, il mese di gennaio

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16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]

-- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Black -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Cyan -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Magenta -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Yellow

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE

PRESTAMPA

STAMPA

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INVIATO IMPOSTAZIONE A:

Page 57: Notiziario 1/2016

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Splendida conclusione delle attività sulla neve in Val Roseg, il 12 marzo

sei in Engadina, una a Splügen e una

ad Andermatt.

L’uscita del 21 febbraio si è svolta

lungo il percorso della Skimarathon

Maloja-Zuoz.

Abbiamo avuto 32 iscritti, suddivisi

in due gruppi, i Rossi e i Gialli, rispetti-

vamente accompagnati da Domenico

Pullano e Daniele Colombo.

L’amico Clorindo Riva ha dato vo-

lontariamente un valido apporto assi-

stendo gli sciatori meno sicuri. Abbia-

mo registrato la presenza saltuaria di

un gruppo di persone che ci auguria-

mo di avere come partecipanti iscritti

all’attività amatoriale dei prossimi anni.

Una terza parte del programma, in-

fine, ha proposto agli iscritti a entrambi

i corsi alcune attività aggiuntive co-

muni.

La tradizionale gara sociale Coppa

“Paolo Piazza”, che era stata prevista

per sabato13 febbraio, è stata sospe-

sa a causa della mancata presenza

dei due cronometristi e per l’esiguo

numero dei partecipanti del gruppo

amatoriale. La manifestazione tutta-

via è stata degnamente sostituita da

quella organizzata dal gruppo scuola

con i rispettivi istruttori.

Si è invece svolta con successo alla

fine di febbraio la Tre giorni di fondo

in Alto Adige (Naz-Sciaves, Bressa-

none, Val di Vizze, Val Fiscalina, Val di

Landro).

Abbiamo scelto di ritornare in Alto

Adige, presso l’albergo di Bressanone

che già ci aveva ospitati, per visitare

in Alta Val Pusteria zone ancora sco-

nosciute, gustare di nuovo le notevole

bellezza della Val di Landro e vedere

la Val di Vizze nella zona di Vipiteno.

Abbiamo avuto la presenza di cir-

ca 50 persone con un autopullman a

nostra completa disposizione. Pubbli-

chiamo a parte resoconti e immagini.

A conclusione della stagione, come

da tradizione, il raduno del 21 mag-

gio al San Martino con un aperitivo

in sede CAI offerto dal Gruppo Sci di

fondo escursionismo e due proposte

di escursioni: la prima alla Capelletta

del San Martino, la seconda lungo il

sentiero del Vallo.

Concludo ringraziando il direttivo al

completo per l’opera svolta con spiri-

to di servizio e per la collaborazione

prestata a tutti i livelli nello svolgimen-

to delle attività e per l’impegno tenace

nella ricerca della neve, sempre tro-

vata.

A tutti l’augurio di una buona e ri-

generante stagione estiva.

*Presidente del gruppo Sci di fondo escursionismo

57Sci di Fondo

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

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Page 58: Notiziario 1/2016

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58Sci di Fondo

ALLA RICERCA DELLA NEVE PERDUTADalla Val Mustair a Lavazè inseguendo il manto bianco

Parafrasando una delle saghe di

Indiana Jones ci aspettavamo di

cercare la neve come fosse una

vera avventura. Da novembre ci erava-

mo abituati a prati verdi e cime elevate

senza neve. Ormai le iscrizioni c’erano,

l’hotel Everest a Trento era prenotato

da tempo e le piste di fondo a Folgaria

ci attendevano. Ma in quali condizioni?

L’entusiasmo non era dei migliori ma

tutti confidavamo nella buona sorte e

nell’esperienza pluriennale dei nostri

maestri accompagnatori che nei gior-

ni 30 e 31 gennaio ci avrebbero fatto

trascorrere un magico week end.

Fu così che, intrepidi, partimmo alla

volta di Trento, decidendo di passa-

re dalla vicina Svizzera per evitare la

noia dell’autostrada e poter ammirare i

paesaggi mozzafiato dell’Engadina che

nei fine settimana precedenti ci aveva

visto, noi principianti ed amatori, pro-

tagonisti assoluti nella disciplina dello

sci di fondo. Lungo il percorso, soprat-

tutto nella bassa Engadina, gli sguardi

degli sciatori con i nasi stampati sul

vetro, andavano a scrutare se vi era

la possibilità di mettere gli sci ai pie-

di, ma invano. L’erba faceva capolino

tra qualche chiazza di brina e i morali

si abbassavano. L’ottima conduzione

del bus da parte dell’autista Claudio ci

ha permesso di trascorre a bordo dei

momenti di sana allegria e spensiera-

tezza, compensando così la delusio-

ne del mancato manto bianco. Tutto

questo nell’attesa di vedere la bene-

detta neve o quanto meno una pista

di fondo. Ed eccola finalmente. Come

un miraggio, tra le località di Fuldera

e Tschierv nella bellissima Val Mustair.

Dopo una breve ricognizione sul-

le condizioni delle piste da parte de-

gli istruttori, tutti i partecipanti hanno

avuto modo di sperimentare i tracciati

del luogo, e soddisfatti dopo circa tre

ore siamo ripartiti alla volta di Trento.

Sistemazione nelle rispettive ca-

mere come da copione, e con l’ottima

cena la serata è proseguita in buona

armonia - chi raccontava barzellette,

chi declamava poesie e chi le spara-

va più grosse - insomma di tutto e di

più. Qualcuno ha pure preferito sfidare

il freddo ed incamminarsi per una vi-

sitina in centro.

Il giorno seguente confidavamo in

un peggioramento del meteo ma nulla

faceva presagire una nevicata copiosa

e quindi, con cambio di programma, si

è deciso di salire al Passo Lavazè dove

abbiamo potuto godere per la gioia di

tutti, di ottime piste innevate artificial-

mente; con un sole piacevole ci siamo

sbizzarriti nelle varie discipline.

Alla fine l’affaticamento muscolare è

stato ben compensato dalla degusta-

zione di leccornie e prelibate vivande,

dolce-salato, offerte dai partecipanti

insieme a ottime bottiglie di prosecco.

L’avventura della due giorni trenti-

na si è conclusa dopo qualche ora di

viaggio con viva soddisfazione di tutto

il gruppo e con la certezza che l’av-

ventura è stata, non nell’aver trovato

neve naturale, ma “persone naturali”

(ovvero amanti della natura, amanti

dello sci ma soprattutto amanti della

buona compagnia).

Alla prossima ragazzi, e sempre con

questo spirito.

di Franco Defilippi

Ricca merenda a Passo Lavazè

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16a0550cai-rivista--FB 003-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 003-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 003-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 003-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: Black PLATE: Cyan PLATE: Magenta PLATE: Yellow

FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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Page 59: Notiziario 1/2016

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Anche quest’anno attendo

con impazienza la tre gior-

ni: un momento di sport,

svago, lasciando la routine quotidia-

na per vivere nuove avventure con

persone amiche in posti meravigliosi.

La partenza è alle 6 di sabato 27

febbraio, saliamo sull’autobus, autista

signor Giuseppe, ancora un po’as-

sonnati ma contenti di stare insieme,

il viaggio è lungo, dopo una sosta

arriviamo alla prima meta: Val di

Vizze - Loc. Fossa (1450 m).

Iniziamo a sciare divisi in due

gruppi: percorriamo un anello abba-

stanza innevato, il tempo è nuvoloso

ma non nevica.

Alla fine della sciata in compa-

gnia riprendiamo il nostro autobus

per raggiungere l’Hotel Kindertraum

Flotsherhof a Naz - Sciaves, nei

pressi di Bressanone.

Ognuno di noi si reca nella pro-

pria camera, nella parte principale

dell’Hotel o nella dependance, edi-

ficio attiguo recentemente ristrut-

turato.

Dopo un meritato riposino o una

veloce sauna-bagno turco prendia-

mo l’autobus che ci porta a Bres-

sanone: qui qualcuno partecipa alla

messa, altri visitano il duomo e il

chiostro o passeggiano per il bellis-

simo centro.

Alla fine di questo primo giorno ci

attende la meritata cena, tipica del

luogo: zuppa, canederli, gulasch e

frittelle di mele, buon cibo e ben gu-

stato; il dopo cena scorre fra un giro

all’esterno nel meleto, una partita a

carte e chiacchierate varie.

La mattina successiva, dopo la co-

lazione, riprendiamo l’autobus, meta

la Val Fiscalina; durante il percorso

incomincia a nevicare e capiamo

subito che il nostro secondo giorno

di sci sarà sotto la neve.

Arriviamo a Sesto, partiamo dalle

piste e a gruppetti raggiungiamo il

rifugio Fondo Valle (1548 m) in Val

Fiscalina; continua a nevicare, sia

pure in modo lieve, e così ripartia-

mo subito per raggiungere il nostro

autobus. Bella sciata in una valle stu-

penda, con un paesaggio invernale

che ci era mancato finora; a tratti

intravvediamo anche emergere dalle

nuvole qualche cima. La pista prose-

gue per S. Candido, ma la percorre-

remo un’altra volta.

Nel viaggio di ritorno ci fermiamo

a Brunico per visitare il centro e il

castello dominante la città da un’al-

tura boscosa; il tempo migliora, ha

smesso di nevicare.

Ritorniamo in hotel e ci riposiamo

nella zona sauna, questa sera anche

nella piccola vasca idromassaggio

all’esterno; la seconda cena ci at-

tende: zuppa, risotto, carne o pesce,

tanta verdura, gelato e lamponi, piatti

deliziosi e graditi.

Al mattino di lunedì 29 febbraio,

dopo una lauta colazione, preparia-

mo i bagagli e raggiungiamo l’ultima

meta: Lago di Landro.

La neve è fitta ma gli sciatori si

preparano per raggiungere il Pas-

so Cimabanche (1529 m), la pista è

59Sci di Fondo

LA NEVE, FINALMENTEA fine febbraio la tre giorni in Alto Adige

Sommersi dalla neve a Cimabanche

di Giusi Negri

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16a0550cai-rivista--FB 003-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 003-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 003-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 003-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: Black PLATE: Cyan PLATE: Magenta PLATE: Yellow

FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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poco battuta, i pattinatori fanno un

po’di fatica; un gruppetto sulla via

del ritorno raggiunge il centro di

Dobbiaco percorrendo la pista cicla-

bile con un pallido sole alle spalle.

Alcuni di noi durante i tre giorni

hanno camminato su sentieri inne-

vati godendosi la vita all’aria aperta

in paesaggi incantati.

Durante il viaggio di ritorno ci

fermiamo per due soste degustando

torte e vino.

Arriviamo a Lecco alle ore 20.30.

Questa tre giorni è stata molto

bella: sciate in compagnia, luoghi

montani fantastici, le nevicate final-

mente ci hanno fatto vivere in ritar-

do un po’d’inverno.

Un ringraziamento particolare ai

nostri accompagnatori: Pina (Art Di-

rector), Giovanni, Daniele e Clorindo

che hanno organizzato alla perfe-

zione questa tre giorni, e a tutti noi

sciatori e camminatori.

Alle prossime uscite sulla neve: vi

aspettiamo numerosi.

60Sci di Fondo

lo sorse a breve distanza di tempo la

città di Brunico che al vescovo fon-

datore deve il suo nome. Nel 1825 i

locali del castello vennero ceduti alla

città e a lungo adibiti ad alloggia-

mento per le truppe e a prigione, nel

1969 incominciarono ad ospitare aule

scolastiche. Con le più recenti opere di

ristrutturazione (2009-2011) il ca-

stello è diventato un museo e ospita

attualmente il penultimo dei cinque

musei dedicati da Reinhold Messner

alla montagna.

Si tratta del Museo Ripa la cui mis-

La cittadina di Brunico, cuore della

Val Pusteria, è dominata a sud dal-

la mole imponente del castello fat-

to erigere in cima a una collina nel-

la seconda metà del XIII secolo dal

principe vescovo di Bressanone Bruno

von Kirchberg per proteggere gli ulti-

mi possedimenti della valle rimasti in

mano ai vescovi. Ai piedi del castel-

sione è sintetizzata nel nome: ri-pa

in lingua tibetana significa uomo di

montagna, e il percorso museale vuole

essere un racconto della vita e del-

la cultura dei popoli che abitano le

regioni montane più importanti del

mondo, dalle Alpi all’Himalaya, dalle

Ande all’Africa e all’Oceania.

L’allestimento sottintende una con-

cezione museale diversa da quel-

la a cui siamo abituati: all’interno di

spazi espositivi ottenuti coniugando

in modo sobrio la struttura in pietra

dell’edificio storico con moderni in-

IL CASTELLO DI BRUNICO E IL MESSNER MOUNTAIN MUSEUM RIPA

di Adriana Baruffini

Nell’incanto della Val Fiscalina

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16a0550cai-rivista--FB 003-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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Page 61: Notiziario 1/2016

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serti di legno, una profusione di og-

getti di grande effetto estetico, belli,

strani, esotici, esercita sui visitatori un

impatto che nell’immediato è soprat-

tutto di tipo emotivo. La curiosità e

l’interesse storico ed antropologico

arrivano in un secondo tempo, e tro-

vano risposta fondamentalmente negli

stessi oggetti, perché l’unico supporto

didattico è costituito da scarne dida-

scalie e da piccoli pannelli esplicativi

appena visibili all’ingresso delle va-

rie sezioni, suggerimenti per conte-

stualizzare i materiali esposti, più che

spiegazioni. E tutto ciò in armonia con

l’idea che Messner pone alla base di

questa realizzazione: “Mi preme ri-

velare un’opera di insieme che nasce

dalla relazione tra il luogo storico, la

situazione geografica e i singoli re-

perti raccolti. I reperti devono comu-

nicare tra loro ed essere in grado di

trasmettere informazioni allo spetta-

tore, senza il bisogno di essere spie-

gati”.

Il percorso espositivo inizia al piano

interrato in uno spazio allestito se-

condo la tradizione della casa rurale

dell’Alto Adige. Uno spazio confina-

to, familiare, statico, lasciato il quale

il visitatore si trova proiettato nella

cultura dei nomadi delle montagne;

qui tende, accessori, manufatti dei

popoli nomadi del Tibet, del Medio

Oriente, della Mongolia vengono ac-

costati in un’associazione ideale alle

attrezzature dei pionieri dell’alpini-

smo, a modo loro anch’essi nomadi.

Le cantine del castello sono invece

il punto di partenza di un fantasti-

co viaggio che si conclude al primo

piano attraverso la cultura dei tanti

popoli residenti nelle zone montuo-

se di tutti i continenti, ciascuno con

le proprie tradizioni e i propri costumi,

documentati da una ricca collezione

di oggetti di uso quotidiano e artistici.

La religione nelle montagne è il tema

del secondo piano, e qui, accanto ai

reperti riguardanti le grandi religioni

dell’Asia e la cultura Inca del Suda-

merica, si possono visitare le stanze

dei principi vescovi, le uniche dove il

castello conserva il suo arredamento

originario.

Se, durante la visita al museo, ci si

sofferma nella sala dedicata alle espo-

sizioni temporanee e alle proiezioni, si

ha l’opportunità di leggere un breve

testo al quale Messner consegna la

propria idea di conservazione della

montagna, un sintetico contributo al

dibattito sul destino delle terre alte,

sempre in bilico fra le opposte tenta-

zioni di rifugiarsi nostalgicamente nel

passato o lanciarsi in modo acritico

verso la modernità: “Si parla spesso

oggi del carattere genuino della cul-

tura di montagna, della sua autentici-

tà e delle sue tradizioni, dalle lontane

aree urbane gli ambientalisti e i pro-

tezionisti mettono in guardia contro

la svendita delle montagne. Ma loro

stessi usano questo paesaggio cultu-

rale come fondale su cui proiettare la

loro concezione di mondo ideale.

Il “ritorno alla natura” nella “ter-

ra natia” viene paragonato alla vita

prima della rivoluzione industriale. Ai

loro occhi le regioni montuose devo-

no rimanere “vere, genuine” “come ai

vecchi tempi”.

Le regioni montuose come musei,

però, non possono sopravvivere. La

cultura di montagna può essere svi-

luppata in maniera slegata dal presen-

te, ma tenendosi solo aggrappata al

passato diventa sterile.”

Nell’incanto della Val Fiscalina Sguardo su Brunico dalla collina del castello - foto di Massimo Di Stefano L’ingresso al castello foto di Massimo Di Stefano

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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QUATTRO GIORNI SULL’ALTIPIANOLa mancanza di neve non ha scoraggiato il Gruppo Età d’Oro in gita ad Asiago

L’Altipiano di Asiago e le sue

splendide montagne sono state

per quattro giorni, dal 27 al 30

gennaio, la meta di un gruppo di qua-

rantacinque soci del GEO (Gruppo Età

d’Oro) che coordina i Seniores della

sezione lecchese del CAI.

Non è stata certamente la caren-

za di neve, caratteristica dominante

di questo strano inverno 2015/2016,

a intimidire il gruppo capitanato dal

presidente Marcello Sellari e da Te-

renzio Castelli che, grazie anche al

valido contributo degli alpini di Asia-

go e della guida locale Massimiliano,

ha utilizzato appieno le belle giornate

per calpestare il suolo così sacro per

le vicende e il sangue versato durante

la Prima Guerra Mondiale, narrate con

maestria da Emilio Lussu nel suo ca-

polavoro Un anno sull’altipiano, non-

ché dall’asiaghese Mario Rigoni Stern.

Il primo giorno è stato dedicato alla

visita al maestoso Sacrario Militare,

situato sul colle del Leiten, nei pressi

della cittadina; si tratta di uno dei più

importanti ossari militari, inaugura-

to nel 1936 e dove riposano i resti di

oltre 54mila caduti, di cui ben 33mila

ignoti.

Sotto la guida energica degli alpini

Enzo Biasia e Amerigo Baù della lo-

cale seziona dell’ANA, in fila per tre i

soci del GEO hanno raggiunto l’altare

dove la nostra Pinuccia ha deposto un

mazzo di fiori in memoria delle gio-

vani vite stroncate dall’assurdità della

guerra e dove è stato osservato un

toccante minuto di raccoglimento e di

preghiera.

La successiva tappa è stata il Museo

delle Carceri, dove sono esposte delle

bellissime fotografie dedicate agli anni

della Prima Guerra mondiale e che il-

lustrano momenti di vita quotidiana

delle popolazioni locali, insieme a foto

militari.

Al Verena e al Manderiolo

Poi, favoriti dal bel tempo e con-

dotti dalla guida Massimiliano, sono

iniziate le scarpinate che in due di-

stinte giornate hanno avuto come

meta il Rifugio Verena (2020 m) e il

Monte Manderiolo (2070 m); la fati-

ca è stata ampiamente ripagata dagli

62GEO

di Claudio Santoro

Sul Manderiolo - foto di Claudio Santoro

Il gruppo al Sacrario - foto di Claudio Santoro

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splendidi panorami alpini e dai robu-

sti pasti consumati ai rifugi che han-

no avuto come protagonisti i “bigoli”

e, ovviamente, l’”asiago”, il famoso e

rinomato formaggio locale. Ad esso

è stata dedicata anche la visita ad un

piccolo caseificio dove, chi ha voluto,

si è sbizzarrito in acquisti, arricchi-

ti dalle dettagliate informazioni mer-

ceologiche e organolettiche fornite

da Massimiliano su quel formaggio e

sulle sue varie epoche e modalità di

stagionatura. Sempre Massimiliano ci

ha fornito interessanti indicazioni sulla

civiltà cimbra che ha segnato per lun-

go tempo la zona.

L’ultima giornata è stata infine de-

dicata alla città, che ospitava il suo

mercato settimanale, e con i simpatici

saluti del sig. Alfredo dell’Hotel Milano

la truppa ha intrapreso la via del ritor-

no, iniziando a ragionare sulla prossi-

ma uscita.

Sul Manderiolo - foto di Claudio Santoro

Il gruppo al Sacrario - foto di Claudio Santoro

La nostre materie prime sono la base della nostra qualità. EDITORE

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NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE/2Alla ricerca della congiunzione tra Sulpan e Male-ho

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

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Gal

lerie

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Riva

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iSiamo a Barruz, villaggio già

nominato, a nord est di Cat-

balogan, ai bordi della giun-

gla selvaggia. Alle feste danzanti che

si susseguono, se ne aggiunge una,

nella piazza centrale, esclusivamente

per il nostro arrivo, evento insolito nel

defilarsi dei giorni. “Lando,” che nor-

malmente si dedica alle coltivazioni di

cocco nei suoi campi, si improvvisa dj

e sfrenato animatore. Nei giorni se-

guenti, dimostrerà doti anche come

efficiente guida.

Qui, gli obiettivi esplorativi sono

molteplici ma il più importante dal

punto di vista speleo subacqueo, è la

congiunzione tra la grotta di Sulpan e

quella di Male-ho. Altri suggerimen-

ti ci vengono forniti dalle popolazioni

locali che, come spesso succede in

tutti i luoghi del mondo, con la fan-

tasia attizzata dalla novità, narrano di

gigantesche gallerie e fiumi roboanti.

Noi, analizzando le carte geografiche,

ci accorgiamo di un potenziale tra-

foro naturale idrogeologico, in zona

Matuguinao, sfuggito alla preceden-

ti osservazioni perché collocato sul

bordo della mappa. Il desiderio di pro-

varci, si risolve in un miraggio irrag-

giungibile: dissidi tra polizia, esercito

e NPA (Nuovo esercito popolare), ci

sbarrano qualsiasi occasione e a nulla

valgono molteplici incontri in diverse

circostanze, con persone in contatto

con le fazioni in causa. La richiesta di

andare a vedere il fantomatico traforo

naturale, riceve un secco no. Il moti-

vo occulto è in realtà che quel trafo-

di Gigi Casati

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ro, al momento, è utilizzato come via

di fuga o rifugio dai ribelli del NPI. Gli

amici del luogo, dal canto loro, con-

fermano il consiglio di non incammi-

narci verso questa località pericolosa

che, forse in futuro, sarà più tranquilla

e quindi accessibile.

Tra un incontro e l’altro, una noce di

cocco per merenda e del pesce sec-

co per pranzo, preparo le attrezzature

subacquee per raggiungere l’ingresso

a Sulpan dove non abbiamo nessun

impedimento politico tattico. In otto,

compreso il sottoscritto, portiamo i

materiali per un’ora sul sentiero, poi ci

dividiamo dai portatori che rimangono

ad aspettarci all’ingresso della grotta.

L’ingresso, ci accoglie con suggestivi

controluce a fasci alterni dovuti alle

irregolari erosioni della roccia. Abbia-

mo un pozzo verticale di una ventina

di metri da scendere su corda, alla cui

base, prima c’è uno scivolo argilloso

poi, un laghetto basso da attraversare,

la cui acqua, impregnandoci definiti-

vamente i vestiti, anche se calda, 25°,

ci infastidisce non poco. Tuttavia du-

rante il percorso delle gallerie, lo spi-

rito, allettato dalla morfologia fiabe-

sca delle rocce e tenuto allegro dalle

chiacchiere scherzose dei compa-

gni, nasconde il conto del tempo che

scorre: improvvisamente raggiungia-

mo il punto d’immersione. Constatan-

do il diverso livello dell’acqua rispetto

a quello che ricordiamo di avere visto

nella spedizione del 2012, siamo per-

plessi: nella galleria che vediamo ora

completamente asciutta, scorreva un

fiume con rapide, che veniva inghiot-

tito da un pauroso gorgo finale. Ana-

lizzando la situazione, deduciamo che

la galleria è un troppo pieno, cioè che,

quando aumentano abbondantemen-

te i livelli dell’acqua, questa funziona

come sfogo superiore. In effetti nel

2012 le piogge esterne furono molto

abbondanti.

Proseguendo per una cinquantina

di metri, si vede un laghetto, alla base

di un pozzetto inclinato di un paio di

metri. La superficie è liscia come l’olio,

la visibilità, meno di un metro: questo

mi preoccupa perché, presi contempo-

raneamente, i due elementi, potrebbe-

ro presentare qualche sorpresa legata

alla corrente dell’acqua. Entro in acqua

e, dopo aver indossato le bombole e

imboccato gli erogatori, sparisco sot-

to la superficie. Scendo con cautela

perché, la scarsa visibilità, impedendo

di scorgere eventuali movimenti d’ac-

qua all’interno del sifone, mi mantiene

all’erta. A -5 m, inizio a percepire una

corrente che limita la mia progressio-

ne. Mi sposto lungo la parete che ten-

go alla mia destra, per usarla sia come

riferimento, sia come eventuale punto

cui ancorarmi. Continuo per una quin-

dicina di metri e la mia parete spa-

risce all’improvviso, piegandosi in una

seconda galleria oppure un’ansa. La

visibilità ridotta m’impedisce di capire

e, dopo un attimo di esitazione, pro-

seguo sondando la forza dell’acqua,

per esser sicuro di poterla sempre

contrastare. Dopo 80 metri emergo in

una zona aerea che però non sem-

bra il salone del fondo di Male-ho, che

Pota mi ha descritto. Depongo l’at-

trezzatura e percorro la galleria. C’è un

arrivo d’acqua da una piccola fessura

larga due metri, alta cinquanta cen-

timetri, che spara un impressionante

getto in forte pressione. Se mi dovessi

trovare a monte di un tale passaggio

sarei aspirato come fossi un fuscel-

lo. Proseguo cancellandomi dalla testa

66Speleologia

Lando la guida. Foto di Matteo Rivadossi Partenza sifone a monte di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

CONTROLLO UNGHIA: SI NO

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Page 67: Notiziario 1/2016

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questa terrificante idea; sulla sinistra,

trovo un fiume largo cinque metri e

alto più o meno cinquanta centimetri

che scorre impetuoso su una rapida

fino a ritorcersi verso il sifone da dove

arrivo. Fortuna vuole che quest’anno

le piogge siano state scarse e il regi-

me di secca, ha lasciato che arrivassi

fino a qui senza dovere lottare contro

una corrente impetuosa e vogliosa di

ghermirmi. Guadato il fiume e risalito

qualche metro di dislivello, raggiungo

un secondo sifone. Tornerò a prende-

re le attrezzature per continuare. La

galleria asciutta è di circa 50 metri di

sviluppo e, in breve, sono pronto per la

seconda immersione.

Compagna solitudine

La solitudine è una compagna silen-

ziosa che mi aiuta a osservare den-

tro e fuori di me senza distrazioni, mi

aiuta a guidare i pensieri e le paure

infondendomi la tranquillità di avere

solo me stesso cui badare, consape-

vole dei limiti.

Sott’acqua mi tengo vicino alla pa-

rete di destra e, avanzando, arrivo

dove la corrente è molto forte: sem-

bra fuoriuscire da fessure; spostan-

domi a sinistra senza vedere oltre i

50 centimetri perdo la sensazione

della corrente, per cui non posso es-

sere nella direzione giusta. Torno un

po’ indietro, risolvendomi a passare in

quella che sembra la fessura più gran-

de. La corrente, veramente forte, vuo-

le respingere il mio attacco ma, con

cocciutaggine, tirandomi appigliato

alla roccia viva, vinco l’uscita dalla fes-

sura. Facendo attenzione di non es-

sere aspirato in altri più angusti pas-

saggi, mantenendomi contro corrente,

proseguo fino a percepire un rumore

di cascata, che significa vicina la fine

del sifone.

Riemergo, non senza difficoltà ma

con sollievo, alla base di una casca-

ta alta un paio di metri, che versa

un’impressionante massa d’acqua: il

filo d’Arianna che fisso sulla parete, mi

dice che ho percorso 90 metri. Nel la-

ghetto dove sono giunto, non ci sono

né spiaggette né massi dove accomo-

dare le bombole per provare ad ar-

rampicarmi sulle pareti scoscese. Per-

dere l’attrezzatura o parte di essa qui

significherebbe, se va bene, aspettare

non meno di dieci giorni che qualcu-

no si organizzi per venirmi a cercare,

con i rischi altissimi, nell’attesa, di piene

causate dalle piogge. Dunque rinuncio

a proseguire e, allungando il collo, in-

travedo, sopra la cascata, un cono de-

tritico e un salone che mi piacerebbe

credere siano il posto descrittomi dal

Pota.

Sistemo lo svolgi sagola e vedo la

mia pinna galleggiare per un attimo

in preda al movimento della corrente,

la afferro al volo e mi accorgo che il

lacciolo si è rotto: la terrò in mano al-

meno fino alla galleria asciutta dove in

tutta comodità potrò sistemarla. Testa

sott’acqua seguo con molta attenzio-

ne il mio benedetto filo, alle fessure mi

attacco alla lama di roccia che divide

il mio passaggio da non so cosa, e mi

lascio trascinare dalla corrente fino a

quando non sono dentro la galleria da

me sagolata. Seguo il filo tenendolo

in mano, perché è l’unico, solo rife-

rimento che mi può far tornare dai

miei amici in superficie. Nella zona

aerea, aggiusto il lacciolo della pinna

e riprendo il percorso nel primo sifo-

ne. Anche se all’andata non ho avuto

problemi nel contrastare la corrente,

Barangay Camanoan. Foto di Matteo Rivadossi Barruz quartier generale. Foto di Joni Bonifacio

67Speleologia

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16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: Black PLATE: Cyan PLATE: Magenta PLATE: Yellow

FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

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Page 68: Notiziario 1/2016

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un po’ di apprensione per il rientro c’è

sempre, e rimango vigile a ogni sen-

sazione finché riemergo finalmente

dal lago dove tutto è iniziato. La de-

scrizione del salone con la cascata si

conclude con la decisione di mandare

il giorno dopo una squadra al fondo

di Male-ho per vedere se c’è traccia

del mio filo.

Gallerie e dietro front

I chilometri esplorati e topografati

aumentano: ogni sera, a tavolino ag-

giungiamo i nuovi risultati. La grot-

ta di Sulpan supera i 13 km e quella

di Male-ho raggiunge i 10 km: una

giunzione porterebbe questo sistema

al secondo posto tra le grotte più lun-

ghe delle Filippine.

Purtroppo la squadra incaricata della

verifica, constata che la sala finale da

me raggiunta, non è quella del fon-

do di Male-ho: dobbiamo provare la

congiunzione in altri punti. Se Simon

fosse ancora con me, insieme avrem-

mo potuto affrontare la cascata, ma in

solitaria, il rischio è troppo alto.

Dopo avere attentamente osservato

la cartina topografica, con la relativa

idrografia, concludiamo che l’opzione

più promettente sia entrare nel sifo-

ne a monte di Sulpan. La galleria che

s’inoltra in direzione, è agevole solo

nel tratto iniziale poi, oltre una serie

di laghetti, il cammino diventa note-

volmente fangoso e l’ambiente tetro.

Al sifone non c’è un posticino dove

appoggiare gli erogatori, le bombole

e il resto dell’attrezzatura che non sia

disastrosamente coperto da una mas-

sa fangosa, per cui metto al riparo per

quanto possibile il tutto appoggiando

le cose sui sacchi speleo del trasporto.

Quando mi avvicino all’acqua, spro-

fondo nella fanghiglia fin oltre il gi-

nocchio e, appena posso, mi allungo

cautamente nello specchio d’acqua.

Appena la testa è sotto la superficie

non vedo più niente: cinquanta centi-

metri di visibilità sono utopia. Procedo

in avanti tenendomi come consuetu-

dine, vicino a una parete molto liscia

e la sensazione di girare in tondo mi

preoccupa: non essendoci appigli sui

quali fissare il filo, la condizione è al

limite. Dopo avere svolto il filo dallo

svolgi sagola per una quarantina di

metri, raggiungo un posto dove, oltre

68Speleologia

Laghetto iniziale a Sulpan . Foto di Matteo RivadossiGallerie a valle di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

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Page 69: Notiziario 1/2016

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che perdere il contatto con la parete

alla mia destra, ho la strana sensazio-

ne di essere trasportato dalla corrente.

Non sono in grado di capire in qua-

le direzione questo fluido fangoso e

buio che mi circonda stia scorrendo

perciò la saggezza della rinuncia e la

percezione alta del pericolo, m’impon-

gono il dietro front.

Per realizzare la tanto agognata

giunzione delle due grotte non resta

altro che cambiare strategia esplora-

tiva, abbandonando i più “sicuri” sifoni

a monte di Sulpan e saggiare quelli a

valle di Male-ho.

I giorni passano e ormai ne man-

cano solo tre per completare il nostro

sogno.

Per raggiungere l’ingresso di Male-

ho, il sentiero nella giungla è lungo il

doppio, circa un paio di ore di tempo

per arrivare. La pioggia ha trasformato

il fango che ricopre tutto il terreno in

una patina ghiacciata e noi, non es-

sendo attrezzati con ramponi, siamo

in difficoltà non solo a camminare ma

anche a rimanere fermi in piedi. La

grotta di Male-ho, termina al fondo

con tre sifoni: uno attivo nel quale non

si può accedere perché una notevole

massa d’acqua vi penetra con corren-

te in favore, un secondo più a valle che

inizia sul fondo di un lago nero, e un

terzo, ancora più a valle che chiude

definitivamente i passaggi aerei.

Scelgo l’ultimo, ma adotto per pre-

cauzione, contro una eventuale cor-

rente in favore, una tecnica diversa

rispetto alle altre immersioni. Utilizzo,

al posto del filo d’Arianna da 2 mm,

una corda speleo da 8 mm, lunga 100

m e sopra la muta aggiungo la mia

imbracatura con gli attrezzi di risalita

della speleologia: nel caso mi trovas-

si trascinato via dalla corrente, avrei

la possibilità di contrastarla risalendo

sulla corda con la maniglia autobloc-

cante. Entro in acqua e non credo ai

miei occhi: la visibilità è finalmente

buona, 7-8 m. Scendo il pozzetto ini-

ziale verticale fino a -7 m poi, a un

bivio, scelgo ovviamente la galleria più

ampia; finalmente posso vedere dove

dirigermi e la galleria che percorro, è

per dimensioni, degna di tutte quel-

le aeree che ho percorso prima, cioè

larga oltre dieci metri e alta almeno

cinque. Niente corrente e mentre i

miei 100 metri di corda terminano, la

galleria continua. Nasce il dilemma se

andare avanti usando il filo d’Arianna,

o tornare. Calcolando il gas residuo

nelle bombole, è più sicuro rientrare.

Non sono del tutto solo: mi fanno

compagnia alcuni pesci bianchi depig-

mentati e una grossa anguilla. All’im-

bocco della galleria più piccola non

resisto alla voglia e mi ci infilo: dopo

un breve tratto anche lei si allarga alle

Laghetto iniziale a Sulpan . Foto di Matteo RivadossiGallerie a valle di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi

16a0550cai-rivista--2/16°-""FOGLIO STAMPA FB 002""---2016-06-01T14:11:33+02:00

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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dimensioni di una decina di metri di

diametro per tre-quattro metri di al-

tezza. L’acqua trasparente dopo una

settantina di metri inizia a intorbidir-

si. Le due gallerie potrebbero essere

comunicanti ma al momento non tro-

vo il passaggio. Torno. Uscendo dalla

grotta, di comune accordo, a parte le

bombole che vanno ricaricate, lascia-

mo tutto il resto.

Tentativi

Il giorno seguente, la pioggia tor-

renziale mi fa temere per le attrez-

zature lasciate al sifone: un’eventua-

le piena significherebbe perderle. La

pioggia che ci bagna però ci aiuta a

sopportare meglio la calura del sole,

mentre le gocce d’acqua scorrono

mescolandosi alle gocce di sudore.

Verificato che non ci sono forti cor-

renti, per l’immersione stavolta uso il

filo d’Arianna, ma la sacca con la corda

la porto ugualmente. Dopo 200 metri

totali di galleria, alla profondità massi-

ma -13 m, non trovo né un passaggio

che risale in superficie né il collega-

mento fra le due gallerie.

I giorni rimasti sono pochi e il de-

siderio di non lasciare nulla in sospeso

mi spinge a provare tutto il possibile,

così, con l’aria che ancora mi è rimasta

nelle bombole, faccio una prova nel si-

fone del lago nero. Ingresso non facile

ma con l’aiuto degli amici, possibile.

Una sessantina di metri di percorren-

za e un’uscita poi in una sala aerea,

non quella che cerco che chissà dove

si trova. Continuo ancora un po’ in un

secondo sifone ma stavolta l’aria delle

bombole al limite della ragionevolez-

za e la corda che finisce chiudono il

capitolo esplorativo. Con sacche che

pesano non meno di 15 kg e in fret-

ta e furia usciamo dalla grotta dove

alla luce del giorno, i portatori che ci

aspettavano ci offrono noci di cocco

per dissetarci.

Le grotte, i sifoni, il fango, le piogge

fanno parte dell’essenza della natu-

ra che può apparire ostile ma rimane

neutra nella sostanza, anche se a noi,

che vogliamo sfidarla per conoscerla

meglio, a volte può apparire nemica.

Diverso è per la condizione umana

che non perde occasione per dimo-

strare crudeltà in molte occasioni.

Nella piccolissima barangay Camo-

noan sorta vicino all’ingresso della

grotta, dove riposiamo prima di ri-

prendere il cammino verso la “civiltà”,

sentiamo degli spari. Verremo a sa-

pere che un ragazzo è stato preso a

fucilate e poi finito a colpi di machete

perché ritenuto spia dell’esercito.

Il viaggio del ritorno per raggiun-

gere il volo Manila-Milano è pieno

d’inconvenienti provocati dai mezzi di

trasporto scalcinati o inesistenti che

fanno temere di non riuscire a rien-

trare nei giorni previsti, ma tutto perde

d’importanza davanti al dramma an-

goscioso di vedere un bimbo, sul lato

opposto della carreggiata che stiamo

percorrendo, investito da un’auto, con

il fratellino sopra di lui che cerca di

proteggerlo, nell’indifferenza totale.

Quando siamo a casa rimane l’or-

goglio delle esplorazioni impegnative

compiute, accompagnato dai ricordi

dell’amicizia fra noi compagni di av-

ventura, delle proficue esperienze nate

incontrando persone nuove e dalle

emozioni che ci hanno ora esaltato

ora turbato e che, speriamo, ci diano

una marcia in più per crescere.70

Speleologia

Sentiero in direzione di Camonoan. . Foto di Matteo Rivadossi Lago nero al fondo di Male-ho. Foto di Matteo Rivadossi

16a0550cai-rivista--FB 002-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]

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16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: BlackPLATE: CyanPLATE: MagentaPLATE: Yellow

FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

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Page 71: Notiziario 1/2016

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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Page 72: Notiziario 1/2016

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Il 18.3.2016 si è svolta a Lecco,

presso la Sede A.P.I, l’Assemblea Ge-

nerale ordinaria dei soci del CAI se-

zione di Lecco. I punti all’ordine del

giorno erano i seguenti:

1. Elezione del Presidente dell’As-

semblea e di un Segretario dell’As-

semblea, e degli scrutatori.

2. Relazione morale del Presidente

di sezione per l’anno 2015; discussio-

ne e votazione

3. Relazione finanziaria: presenta-

zione del Bilancio consuntivo 2015 e

del Bilancio preventivo 2016; relazio-

ne del Collegio dei Revisori dei Conti

per il 2015; discussione e votazione.

4. Elezione dei consiglieri e dei

Revisori dei conti e dei Delegati se-

zionali; presentazione dei candidati;

apertura votazioni.

5. Relazioni dei responsabili di set-

tore sulle attività svolte nel 2015

6. Approvazione delle quote asso-

ciative per l’anno 2016

7. Varie ed eventuali

Hanno partecipato all’assemblea 248

soci di cui 89 per delega.

Su proposta del presidente uscente

della sezione, l’assemblea ha nomi-

nato per acclamazione all’unanimità

Giuseppe Maniglia come presiden-

te dell’assemblea, Ambrogina Farina

come segretario e come componenti

della Commissione elettorale Claudio

Milani (presidente), Luigi Canzi, Giu-

seppina Corti, Lucia Manente, Marco

Pedeferri (scrutatori).

La relazione del presidente Emilio

Aldeghi è stata approvata all’unanimità.

La relazione finanziaria del tesoriere

e dei revisori dei conti è stata appro-

vata all’unanimità con un astenuto.

Le quote associative per il 2016

sono state ratificate all’unanimità.

L’assemblea e le votazioni si sono

chiuse alle 22,45.

Lo scrutinio dei voti è stato effet-

tuato il giorno 19.3.2016 presso la

sede del CAI Lecco

Votanti (di cui 89 con delega): 248

Schede valide : 243

Schede bianche o nulle: 5

Di seguito in ordine alfabetico l’e-

lenco dei soci eletti nei vari organismi:

Componenti Consiglio Direttivo

Sezionale per il triennio 2016-2018

Arrigoni Silvano

Baruffini Adriana

Cecchini Arianna

Colombo Daniele

Giudici Marco

Locatelli Giuseppe

Molteni Stefania

Pirovano Alberto

Pozzi Carla

Riva Daniele

Riva Tiziano

Santoro Claudio

Spreafico Andrea

Spreafico Matteo

Valsecchi Stefania

Componenti Collegio dei Revisori

dei Conti per il triennio 2016-2018

Buizza Mario

Lo Bue Barbara

Panzeri Mauro

Delegati alle Assemblee Nazionali e

Regionali del CAI per l’anno 2016

Aldeghi Emilio

Ciresa Giuseppe

Ferrario Giuseppe

Orlandi Giuseppe

Pirovano Alberto

Pullano Domenico

Spreafico Andrea

I verbali dell’assemblea sono con-

sultabili in toto presso la segreteria

della sezione.

ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIAClub Alpino Italiano Sezione di Lecco “Riccardo Cassin”

72Appuntamenti

Il nuovo Consiglio Direttivo del CAI Lecco, riunitosi il 30 mar-

zo 2016, ha proceduto per votazione al conferimento delle ca-

riche istituzionali.

Sono stati eletti, tutti con 14 voti e una scheda bianca:

Presidente Alberto Pirovano

Vicepresidente Tiziano Riva

Tesoriere Arianna Cecchini

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16a0550cai-rivista--FB 002-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]

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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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Page 73: Notiziario 1/2016

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la forza per tenere duro in quei mo-

menti in cui le cose si fanno difficili.

Parlavo di collaborazione all’interno

della sezione, di creazione di rapporti

sempre più stretti con le istituzioni, di

apertura verso il mondo associativo a

noi esterno, della ricerca di visibilità in

città attraverso proposte culturali ca-

paci di mettere nell’oggetto la monta-

gna e le sue peculiarità.

La partenza è stata da subito in sa-

lita; il rinnovo dei contratti di gestione

dei rifugi ed in particolare la manu-

tenzione del rifugio Lecco hanno as-

sorbito le mie prime energie ma mi

hanno fatto intravedere collaborazioni

e disponibilità di alto profilo morale e

professionale. Poi pian piano, cercando

anche di mettere a frutto mie pas-

sate esperienze, ho iniziato a fissare

dei percorsi tesi verso quella crescita

sezionale che mi ero immaginato. Na-

turalmente nel portare avanti qualsiasi

discorso occorre avere il sostegno e

l’approvazione dell’organo principa-

le del CAI che è il consiglio direttivo

sezionale. Dopo un primo periodo di

diffidenza da parte di qualche con-

sigliere, dettato soprattutto dalla non

conoscenza del sottoscritto, il dialo-

go si è fatto sempre più costruttivo,

certamente ricco, come deve essere,

di posizioni anche differenti ma im-

portanti per mantenere nella corretta

rotta la vita della sezione.

Contrariamente alla prima, la secon-

da elezione ha visto tutti i consiglieri

concordi nel darmi il sostegno per il

triennio che si sta concludendo.

Partire con questa considerazio-

ne era certamente il miglior stimolo

per poter mantenere e concretizzare

quanto avevamo iniziato a costruire.

Non posso non partire dallo sto-

rico lavoro svolto dai Gruppi e dalle

commissioni sezionali: Alpinismo Gio-

vanile, Gruppo Età D’oro, Sci di fondo

escursionismo, Sci alpinismo, Spele-

ologia, la Scuola di alpinismo, le gite

sociali, il settore cultura in generale

con particolare rifermento al museo

della montagna presso la Torre Vi-

scontea, la redazione del notiziario, la

partecipazione a un progetto interreg

Italia-Svizzera, con una serie di atti-

vità incentrate sulla figura di Antonio

Stoppani. La meticolosità organiz-

zativa, la capacità degli istruttori e la

bellezza delle proposte ci hanno con-

sentito di vedere mantenuta un’ottima

partecipazione, così come piano piano

sono aumentati i soci della sezione.

Non era così scontato in un periodo

come quello che stiamo vivendo ricco

di incognite economiche e lavorative.

Occorre ad onor del vero segnalare

anche la decisione, da parte dei di-

retti interessati, della chiusura di due

esperienze interessanti quali quelle dei

Montagnari legati a filo doppio con lo

sci alpinismo e quello del gruppo Sal-

tafoss con la proposta della mountain

bike.

Ma se ci sono state iniziative che

hanno deciso, almeno momentanea-

mente, di sospendere la propria attivi-

tà, è bello anche dare evidenza che il

gruppo autonomo dei Beck, dedito alla

73Appuntamenti

E’ certamente cosa comune per

tutti partire con un traguardo

lontano e, una volta raggiun-

to, viverlo come fosse stato un soffio

di vento. Per poter dare concretezza

al tempo trascorso occorre cercare di

ripercorrere il lavoro svolto e rivivere

gli sforzi fatti per tentare di raggiun-

gere gli obiettivi che mi ero prefissato.

Ho deciso sei anni fa di provare ad

iniziare l’avventura della presidenza

del CAI Lecco. Avevo partecipato alla

vita della sezione come consigliere e

come presidente dell’alpinismo giova-

nile. Queste esperienze mi avevano

trasmesso l’immagine di una sezione

statica, troppo appoggiata alle pur no-

tevoli ed interessanti attività e fonda-

mentalmente chiusa su se stessa.

Stavo maturando un interesse verso

la vita della sezione che andava oltre

la semplice frequentazione e volevo

avere la possibilità di ridare impulso

a questa nostra associazione che ha

rappresentato, rappresentava e rap-

presenta una grande risorsa per il

territorio lecchese. Non bastava però

essere una voce critica, occorreva

dimostrare, almeno nelle intenzioni,

che migliorare era possibile. La con-

seguenza logica di questi pensieri è

stata la discesa in campo per guidare

l’associazione. Con un pizzico di for-

tuna, per il rotto della cuffia, sono sta-

to eletto presidente per i miei primi tre

anni di mandato.

Ho presentato un programma for-

se ambizioso ma fortemente voluto

perché credo ancora che solo con

obiettivi alti e stimolanti si può avere

SEI ANNI IN VETTALa relazione del presidente uscente all’assemblea del 18 marzo

di Emilio Aldeghi*

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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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manutenzione dei sentieri e ad altre

attività di sostegno sociale, ha deci-

so di costituirsi come commissione

sentieri del CAI Lecco. Naturalmente

la commissione non è un nucleo chiu-

so ed ogni forma di partecipazione

dei soci è quanto mai gradita perché

questa è un’attività che riveste un’im-

portanza fondamentale per il territorio

e i cui intenti sposano in pieno la filo-

sofia del Club Alpino Italiano.

Fra le iniziative editoriali ricordo il

libro Un sentiero lungo 50 anni, dato

alle stampe in occasione del 50° del

gruppo di Alpinismo Giovanile, la pub-

blicazione del volume Sulle tracce di

Antonio Stoppani. Percorsi fra monta-

gna, scienza ed arte in Lombardia e

Canton Ticino, che ha accompagnato

l’omonima mostra, nonché la riedi-

zione di importanti documenti storici,

come la Guida-itinerario alle Prealpi

Bergamasche con prefazione del prof.

Antonio Stoppani, del 1888.

Non è mancata la riproposizione del

Raduno del CAI Lecco ed il notevole

sforzo per allestire, in collaborazio-

ne con la Fondazione Cassin, l’evento

Monti Sorgenti, una rassegna che sta

raccogliendo il consenso unanime del

mondo della montagna in un confine

che ha superato di gran lunga lo spa-

zio locale.

Certamente e giustamente in sordi-

na è stato il lavoro dei vari gruppi nel

sostenere momenti di solidarietà.

E’ con orgoglio che posso dire che il

CAI di Lecco è diventato interlocutore

importante sia verso le istituzioni che

nel rapporto con tante altre associa-

zioni.

La vita della sezione si è più volte

animata con piccole feste organizzate

dai vari gruppi. Forse per conoscer-

ci meglio si potrebbe provare a fare

festicciole tra i gruppi. Pensateci. Nel

frattempo abbiamo riscontrato una

discreta risposta proponendo una

volta al mese in sezione la proiezione

di film che hanno visto coinvolti an-

che autori locali. Ottimamente valu-

tati sono stati i film prodotti dal CAI

Lecco, distribuiti sul canale on demand

della Gazzetta dello sport .

Grande apprezzamento da parte di

tutti i soci è sempre stato rivolto alla

nuova versione della rivista sezionale.

Ci sono anche iniziative che stanno

germogliando e che spero possano

essere portate a frutto da parte del

nuovo Consiglio e della nuova presi-

denza del CAI Lecco. Mi riferisco al

gruppo di lavoro intersezionale che

vede attualmente unite le sezioni di

Lecco, Valmadrera, Mandello e Calol-

ziocorte. Poter discutere insieme su

temi propri dell’associazione CAI e ri-

uscire a portarli nelle sedi decisionali a

livello regionale diventerà sempre più

di imprescindibile importanza.

Nel frattempo siamo riusciti a fare

eleggere persone della nostra sezione

in ambito regionale. Al prossimo con-

siglio l’onore e l’onere di portare nostri

soci nel consiglio nazionale.

Altro piccolo seme piantato è lo

sforzo di far nascere una nuova sotto-

sezione legata al CAI Lecco. I presup-

posti ci sono ma occorrerà lavorarci

con costanza, senza fretta, attraverso

un dialogo franco e rispettoso.

Se ho lavorato bene o male sare-

te voi a valutarlo, certamente ci ho

messo passione e impegno. Ho de-

ciso di non mettermi in lista come

consigliere non perché voglio abban-

donare la barca, tutt’altro: ritengo che

nuove forze possano essere portatrici

di nuovi stimoli. Il mio supporto se ri-

chiesto non mancherà assolutamente.

In ogni caso, se eletto, porterò avanti

come delegato il rapporto istituzionale

con il CAI Regionale e Centrale.

Ringrazio le tante persone che mi

hanno aiutato; se le elencassi farei

solo un torto a qualcuno dimentican-

dolo. Diciamo che ho sentito un corpo

associativo respirare insieme.

Però non vorrei dimenticare chi in

questo momento non c’è più o sta

soffrendo. Per gli amici che abbia-

mo incontrato sulla nostra strada e ci

hanno salutato chiedo un momento di

silenzio e con questo un ultimo gran-

de grazie a tutti.

*Presidente CAI Lecco “Riccardo Cassin”

74Appuntamenti

Emilio Aldeghi

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

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regista lecchese Nicoletta Favaron e

prodotta dal Cai Lecco.

In tema di storia dell’alpinismo non

poteva mancare l’ormai tradiziona-

le mostra itinerante che questa volta,

curata da Matteo Manente, racconta

l’amicizia fra Esposito, Tizzoni e Cas-

sin attraverso le loro scalate più si-

gnificative e importanti, mentre stralci

delle mostre storiche realizzate per le

precedenti edizioni di Monti Sorgenti

sono ospitate da alcuni bar del centro,

nell’ambito dell’iniziativa “Aperitivo on

the rocks”.

Riproposti per il secondo anno i due

concorsi nazionali “Grignetta d’Oro”,

riservato ai migliori protagonisti del

panorama verticale italiano, e “Lec-

co eXtra-Corti Contest”, dedicato ai

nuovi linguaggi cinematografici che

caratterizzano il mondo del web.

Da ricordare anche il convegno su

attualità e prospettive dei rifugi alpi-

ni e il momento letterario dedicato

al libro Montecristo-Dentro i segreti

della natura selvaggia di Marco Albino

Ferrari.

In chiusura, la giornata riservata ai

più giovani sulle pendici del Resegone,

nei pressi della baita del gruppo se-

zionale di Alpinismo Giovanile.

Un cenno infine alla musica che

accompagna alcuni eventi: l’orche-

stra del liceo musicale G.Grassi, per la

proiezione del film “Prima il dovere”, la

musica dal vivo del pianista jazz Mar-

co Detto al Teatro della Società, e il

duo Luca Pedeferri – Lello Colombo

che, come da tradizione, ravviva l’i-

naugurazione della mostra storica.

www.montisorgenti.it

“Monti Sorgenti” è una

rassegna nazionale de-

dicata alla montagna

organizzata dal Club Alpino Italiano,

sezione di Lecco, e dalla Fondazione

Riccardo Cassin. Ogni anno propone in

città una settimana di eventi, mostre,

serate e incontri.

Il tema innovativo del 2016 è la

creatività, interpretata da atleti e clim-

ber (fra questi il trail runner spagno-

lo Pablo Criado Toca e l’esploratore

Danilo Callegari), protagonisti a livello

internazionale, le cui imprese al limite

dell’estremo hanno saputo coniugare

l’alpinismo con altre discipline o decli-

narlo in ambienti inusuali.

Ma creatività anche nell’arte della

fotografia, con gli emozionanti ritratti

di alpinisti del celebre fotografo Giu-

lio Malfer, e dei film con la storia di

Dino Piazza, protagonista di un’inedita

pellicola, “Prima il dovere”, firmata dalla

L’ALPINISMO E’ QUIL’appuntamento di maggio con “Monti Sorgenti”

Il Fitz Roy di Bruno Biffi

23 febbraio 1976: Casimiro Ferrari e Vittorio Meles raggiungono

la vetta del Pilastro Est del Fitz Roy, in Patagonia. Al confine fra

Cile e Argentina. Gli altri componenti della spedizione sono Floria-

no Castelnuovo, Gianluigi Lanfranchi, Guerrino Cariboni, Gianni

Stefanon, Amabile Valsecchi, Franco Baravalle, Giacomo Pattarini

e Giovanni Arrigoni. Una scalata di 1500 metri su roccia granitica

che “per Casimiro è la salita più bella, la più difficile”(CAI LECCO,

120 anni).

A quarant’anni di distanza, il 19 gennaio 2016, i Ragni Matteo del-

la Bordella e David Bacci effettuano la prima ripetizione.

Alla via dei Ragni al Fitz Roy, Bruno Biffi dedica l’incisione rea-

lizzata per la sesta edizione di Monti Sorgenti e stampata in un

numero limitato di copie.

L’artista conferma con questo lavoro il suo impegno a favore di

Monti Sorgenti, iniziato già con la prima edizione della rassegna.

Anno dopo anno, le sue montagne incise, riprodotte sulla copertina

della brochure, sono diventate una sorta di simbolo, di icona della

manifestazione.

Il Fitz Roy nell’incisione realizzata da Bruno Biffi per Monti Sorgenti 2016

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RECENSIONI

76Recensioni

LA CREATIVITA’ DELLA GENTE DELLA VALSASSINA

di Renato Frigerio

È di conforto in questi tempi prendere atto dello sforzo editoriale dell’editrice A.G. Bellavite di Missaglia, che è riuscita a portare a termine brillantemente un progetto grandioso e ambizioso, nell’intento di riportare alla memoria, soprattutto per le ultime generazioni, le origini dell’inventiva e dell’attitudine manifatturiera della gente che ha creato i presupposti del benessere riscontrabile nel territorio lecchese. Questo progetto, coordinato da Giacomo Camozzini, è stato realizzato attraverso la produzione di una corposa quadrilogia che, per poter offrire un quadro completo del tema così come è stato concepito, dovrebbe essere presa in considerazione nel suo insieme, anche se ogni singolo volume dell’opera può riuscire a soddisfare pienamente chi è invece in-

teressato semplicemente all’approfondimento di uno specifico argomento. Quattro volumi annunciati come “un itinerario delle mani, della mente, del cuore, con immagini inedite e storie antiche”, redatti, a cura di autori particolarmente competenti e appassionati negli specifici settori, con il medesimo impegno di offrire ai lettori i sorprendenti risultati di un’approfondita ricerca storica, che si è spinta fino al punto dove le diverse vicende sono state colte nella valida documentazione cui si fa riferimento, e che viene accreditata dalla ricchezza delle immagini riprodotte a corredo.

Angelo Sala, Giacomo Camozzini, Domenico Flavio RonzoniCento anni di sci in Valsassina – Quando la Lombardia ha messo gli ski

Pierfranco Invernizzi, Matteo Lambrugo, Marco TizzoniMemorie dal sottosuolo – Per una storia mineraria valsassinese

Pietro Buzzoni, Giacomo Camozzini, Ruggero MelesAlpinismo pioneristico – Tra Lecco e Valsassina

Pietro Buzzoni, Giacomo Camozzini, Michele CortiArte casearia e zootecnica – Tradizioni da leggenda in Valsassina

A.G. Bellavite, Missaglia, dicembre 2015-2016

RICORDANDO MARCO ANGHILERI

di Renato Frigerio

L’autore, un giornalista che, oltre a saper tutto dell’alpinismo, se ne è anche follemente innamorato, traccia il cammino alpinistico del giovane lecchese che ha perso recentemente la vita precipitando da una parete del Monte Bianco, proprio quando si trovava a poche bracciate dal raggiungere la presti-giosa conquista della prima solitaria invernale della via “Bardill” al Pilone Centrale del Freney, che aveva lungamente sognato.

È forse indispensabile, prima di accingersi alla lettura del suo corposo volume, percepire qualcosa dello scrittore e dello stesso protagonista, dedicando un po’ di tempo alla consultazione riflessiva del capitolo conclusivo. Anzi, è proprio necessario partire da lì, dove viene espressa magnificamente la concezione profonda che alberga nel cuore e nella mente di Giorgio Spreafico riguardo all’alpinismo e alla montagna, e dove viene pure messa a fuoco la reale personalità di Marco Anghileri. Fatto questo, si potrà chiaramente comprendere come l’avvincente particolarità che prende risalto nel lungo racconto abbia origine in gran parte dall’armonioso rapporto di amicizia che ha legato entrambi i personaggi.

L’autore ha ritenuto importante e decisivo anche inquadrare la storia del quarantunenne alpinista, dal tratto giovanile sia nel suo aspetto fisico come nelle sue espressioni caratteriali, nell’ambito dell’ec-

cezionale tradizione alpinistica dell’ambiente dove è nato e cresciuto, tanto nel riferimento familiare che in quello notoriamente im-portante del territorio lecchese. Sono tutti elementi che vengono trattati con rara competenza e con una partecipazione che risulta palpabile ad ogni pagina, grazie ai quali il volume riesce a catturare l’interesse del lettore lungo un percorso esistenziale costituito da episodi avvincenti, spesso emozionanti e toccanti, pur nella semplicità di un ragazzo straordinario che non si dava mai nessuna importanza.

Ognuno dei cinquanta capitoli prosegue con una logica continuità biografica, ma nello stesso tempo risulta esaustivamente completo in se stesso, quasi fosse un articolo che può venire letto indipendentemente dal resto. Potrebbe sembrare un indovinato accorgimento per alleggerire una lettura di ben cinquecento pagine, consentendo di farle scorrere a più riprese: a condizione di non esserne stati prima contagiati, al punto tanto coinvolgente da non resistere al fascino di continuare a seguire immediatamente le vicende che si susseguono.

Giorgio SpreaficoLa scala dei sogniTeka Edizioni, Lecco, 2015

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

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Page 77: Notiziario 1/2016

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L’ANELLO INTORNO AL NANGA PARBAT

di Adriana Baruffini

Nanga Parbat, ”la montagna nuda” o Diamir, “la regina delle montagne”, sono i due nomi con i quali le popolazioni locali di lingua urdu chiamano questo imponen-te ottomila, situato interamente in territorio pakistano al limite occidentale della catena himalayana. Le sue tre grandi pareti, Rupal, Diamir e Rakhiot, sono tra le più imponenti del mondo, superando i 3000 metri di sviluppo che diventano 4500 nel caso del Rupal.

Paola Favero, alpinista appassionata, scrittrice di montagna e forestale, ha percorso un trekking che, unico tra tanti,”gira attorno al Nanga Parbat quasi chiudendo un cerchio, passando sotto le grandi pareti che ne hanno raccontato la storia alpinisti-ca, ma incontrando anche villaggi, foreste, fiumi, ghiacciai, campi … e poi alberi, fiori, occhi di bambini, canti, fuochi, leggende…”.

Il libro è una narrazione di questo viaggio, condotta su un registro essenzialmente poetico, dove a parlare sono soprattutto le immagini, con solo brevi commenti per comunicare impressioni, sensazioni, sentimenti, elementi appartenenti alla sfera del sogno. Ci sono fotografie che alternano visioni di pareti, ghiacciai, passi, villaggi, ambienti naturali ricchi di fiori e di alberi, a ritratti di persone e soprattutto di volti.

E poi ci sono i disegni realizzati con mine e matite nere e colorate dalla mano sapiente di Luisa Rota Sperti, qualche volta in con-nubio con le fotografie. Nella prefazione scritta da Kurt Diemberger si legge in proposito: I disegni e le pitture di Luisa Rota Sperti svelano un mondo non classificabile ed è questo che rende così affascinante il mondo del Nanga Parbat…Leggendo e osservando pagina dopo pagina del libro si capisce che il Nanga Parbat non è semplicemente “la montagna nuda” limata dalle valanghe oppure “il re delle montagne”- ma che nel significato della parola “Diamir” ci sono anche gli spiriti e le fate del monte.

Nell’ultima parte del libro trovano spazio la storia alpinistica della montagna, a cura di Carlo Caccia e le interviste ad alcuni per-sonaggi le cui vicende di vita sono indissolubilmente legate al Nanga Parbat (Eugenie Buhl, Reinhold Messner, Nives Meroi, Silke Unterkircher, Simone Moro)

Paola FaveroDiamir. La montagna delle fateDisegni di Luisa Rota SpertiPresentazione di Kurt DiembergerEdizioni DBS, gennaio 2016

LA FLORA DEL MONTE BARRO

di Adriana Baruffini

La ricchezza floristica del Monte Barro è stata oggetto di numerose pubblicazioni specialistiche

(ricordiamo fra queste il volume di Giovanni Fornaciari pubblicato nel 1986 e giunto alla terza edi-zione nel 1994), che ne hanno illustrato le specie endemiche, i relitti glaciali, l’eccezionale biodiversità e tutte le caratteristiche grazie alle quali il parco del Monte Barro è stato incluso dall’Unione Europea fra i Siti di importanza comunitaria per le emergenze botaniche.

L’ultimo lavoro sull’argomento è questo libretto che si distingue per il suo carattere divulgativo, pur non rinunciando al rigore scientifico, con il pregio di poter essere portato nello zaino durante le escursioni e utilizzato come guida al sentiero botanico “Giovanni Fornaciari” al quale è dedicato un capitolo.

Dopo alcune pagine introduttive di inquadramento territoriale, la parte più corposa del libro è costituita dalle schede delle specie classificate in base all’ambiente che ciascuna di esse predilige: vegetazioni rupestri, prati, arbusteti, boschi. A ciascun ambiente è associato un colore. Le schede, corredate da fotografie, sono organizzate in ordine alfabetico, secondo il nome scientifico della

specie, e informano su famiglia di appartenenza, distribuzione, periodo di fioritura, forma della pianta. La corrispondenza fra nome scientifico e nome volgare è reperibile in un elenco alfabetico esaustivo che occupa le ultime pagine del libro, appena prima di una ricca bibliografia di approfondimento.

Federico Bonifacio, Guido Brusa, Mauro VillaAlla scoperta della flora del Monte Barro. Un parco da vivere

A.G. Bellavite editore, Missaglia, dicembre 2015

77Appuntamenti

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza

RIENTRI: SI NO

CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO

CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO

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AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI

Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifi-chino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali.I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richie-dendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza.Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Mon-tagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1874”.Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relati-vo al 2016, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro.Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dal-la sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede.Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI.

IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:

In sede:Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00.Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 con pagamento in con-tanti, con assegno o con BancomatIn alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo:a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco.b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, Codice IBAN IT07J0569622902000002154X06.c) DEUTSCHE BANK, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, IBAN IT74I0310422901000000024150.d) Modello MAV che verrà inviato ai soci ritardatari dalla BANCA POPOLARE DI SONDRIO

Ricordiamo che il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-com-pilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera.

CALENDARIO CHIUSURA SEDE

La sede rimarrà chiusa dal 1 al 25 agosto

INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO

78Informazioni

QUOTE SOCIALI 2016

Riportiamo qui di seguito le quote sociali per il 2016.

Socio Ordinario € 46,00Socio Ordinario* € 24,00(nati dal 1990 al 1998)Socio Familiare € 24,00Socio Giovane** € 16,00(nati nel 1999 e anni seguenti)Socio Vitalizio € 20,00Tessera per i nuovi Soci € 5,00Duplicato Tessera € 2,00

*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario.

**Socio giovane: a partire dal secondo figlio giova-ne in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio or-dinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.

DIMISSIONI E MOROSITA’

Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto im-mediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata.

Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riac-quistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative an-nuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.

LUTTI

CONVENZIONI

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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm

TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico

PIEGA A: 16°

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LUTTI

PALESTRA DI ARRAMPICATA - RAGNI di LECCOVia C. Mauri 1 Lecco. Per informazioni, Ragni di Lecco ASD te. 0341-363588. Internet: www.ragnilecco.comSconto del 5% sugli abbonamenti stagionali. Sconto del 10% sui corsi di arrampicata sportiva

STUDIO PROFESSIONALE DI FISIOTERAPIA/OSTEOPATIA BARUTTACorso Matteotti 9/B 23900 Lecco. Tel. 333-7291740; 333-4317764; Internet: www.studiobarutta.comSconto del 20% per servizi di fisioterapia, consulenza fisioterapica, valutazioni fisioterapiche e trattamenti osteopatici.

E-TRE srlShow-room a Olgiate Molgora, Via Como1/3 (Statale briantea )Fornitura e posa di prodotti per l’efficienza energetica, come serramenti altamente isolanti, sistemi di riscaldamento ecologici, impianti fotovoltaici, stufe e inserti a pellet, pellet austriaco di prima qualità.Ad ogni iscritto CAI sconto minimo del 10% che a discrezione del cliente potrà essere devoluto alla sezione CAI “Riccardo Cassin” di LECCO.

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STUDIO OSTEOPATICO COPPIvia Lucia 10 Lecco (LC) - tel. 393.1646699Sconto del 20% per trattamenti osteopatici.

STUDIO DI PSICOLOGIA E RISORSE UMANE - SVILUPPO E FORMAZIONESTUDIO DI PSICOLOGIA E SESSUOLOGIA - DR SILVANO SALALecco, Lungo Lario Cadorna 10 - tel. 0341 1761009 - 3478773720Incontro di consulenza gratuita e sconto del 20% sugli appuntamenti successivi

Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolar-mente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta.NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promo-zione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291.

CONVENZIONI

79Informazioni

Fra la seconda metà del 2015 e i primi mesi di quest’anno ci

hanno lasciato:

Gianpiero Selva, socio dal 2002

Sergio Ripamonti, socio dal 1999

Andrea Rupani, iscritto al CAI Lecco dal 1975, gestore del rifu-

gio Lecco ai Piani di Bobbio.

Natale Invernizzi, socio dal 1976

Vanda Mascetti, iscritta al CAI dal 2008

Matteo Palmieri, socio dal 2003

Il 28 marzo è inoltre scomparso Gigi Alippi, personaggio di

grande spicco nel panorama alpinistico lecchese. Lo ricordia-

mo pubblicando nella sezione “Sentieri e parole” il primo di tre

articoli scritti da Gigi per questa rivista, con un testo di Renato

Frigerio che ne delinea la figura di alpinista.

Ai famigliari degli scomparsi la partecipazione affettuosa di

tutta la sezione

L’EREDITA’ DI ANDREA

A metà gennaio è scomparso Andrea Rupani, il nostro “ri-

fugista” alla Lecco. Per anni è stato il punto di riferimento

per i frequentatori dei piani di Bobbio, fossero essi sciatori,

alpinisti, cacciatori o semplici turisti.

Ci lascia un vuoto enorme. Ci mancheranno i suoi sorrisi,

ma anche i rimbrotti con i quali cercava sempre di spingere

verso la perfezione. Una perfezione di cui cercava riscontro

nella soddisfazione dei clienti, una perfezione che non gli ba-

stava mai.

Andrea, figlio di capanat, come anche la moglie Eugenia,

era cresciuto alla Lecco, prima di lui gestita dal papà Piero, ed

era ormai impossibile separare il nostro rifugio dalla sua per-

sonalità esuberante, ma anche seria e professionale. Gestiva

il rifugio sentendolo proprio e mettendoci una passione ed un

amore incontenibili, con al centro, sempre, i clienti che diven-

tavano ospiti e più spesso amici. Per noi è stato un esempio

chiaro di come dovrebbe essere gestito un rifugio del CAI e ci

riempie di orgoglio averlo avuto tra noi.

Andrea ha seminato bene ed ha lasciato la propria eredità

di competenza e passione alla moglie Eugenia e ai figli Mi-

chela e Davide, che continueranno la sua opera. Noi del CAI

Lecco siamo vicini ai famigliari non solo con le dovute parole

di cordoglio, ma con la promessa di continuare a sostenerli

nelle loro scelte e nel loro lavoro. Il miglior modo per ricor-

dare Andrea.

Alberto Pirovano

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