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NOTE SULLA SINTESI DELLA FORMAChristopher AlexanderNote sulla sintesi della formaTraduzione di Sergio LasIl Saggiatore, Milano 1967 Titolo originale: Notes on the Synthesis of Form

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CHRISTOPHER: AL.EXANDER

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NOTESULLASINTESIDELLAFORMA

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IL ~AGGIATOF

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I,,

Christopher Alexander

Note sulla sintesidella formaTraduzione di Sergio Las

",rea S.B.A.Biblioteca Centrale

di Ingegneria

Il Saggiatore

Page 5: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

© President and Fellow of Harvard College 1964e Il Saggiatore, Milano 1967Titolo originale: Notes on the Synthesis 01 FormIl saggio in Appendice 3 è stato pubblicatoda « The Architectural Forum» (aprile-maggio 1965)Copertina di Anita KlinzPrima edizione: aprile 1967

Page 6: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

Sommario

Introduzione11 L'esigenza di razionalità

PARTE· PRIMA

23 Corretta rispondenza36 La base deUa corretta rispondenza53 Il processo non-autocosciente61 Il processo autpcosciente

PARTE SECONDA

79 Il programma89 L'attuazione del programma98 Le <jo>finizioni

118 La soluzione

131 Epilogo

APPENDICI

Appendice 1137 Un esempio sviluppato

Appendice 2176 Trattazione matematica della scomposizione

Appendice 3194 Una città non è un albero

223 Note

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Note sulla sintesidella forma

Alla mia carissima fan

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La prima operazione, per mezzo d'uno sguardo d'insieme, implica lacapacità d'addurre a una sola idea l'indefinita dispersa molteplicità;cosi, la singola unità specifica, esattamente definita, potrà dimostrar'chiaro l'argomento sul quale si svolge la dimostrazione.

[La seconda è] l'operazione contraria; capacità cioè di poter suddivi­dere per mezzo di specie minori, secondo i punti delle naturali arti­colazioni. E stare attenti di non spezzar malamente nessuna parte,come farebbe un cuoco inesperto. Platone, Fedro, 265 d-e

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IntroduzioneL'esigenza di razionalità

Queste note riguarda!l0 il processo della progettazione; ov­vero dell'invenzione di oggetti che rivelano un nuovo ordinefisico, una organizzazione, e una forma rispondente alla fun­zione.Oggi i problemi funzionali stanno diventando sempre menosemplici. Ma raramente il progettista è disposto a ricono­scersi impreparato a risolverli, e quando un problema nonsi presenta con la chiarezza che è necessaria perché risultievidente quale ordine esso re~lmente esiga, si tende alloraa ripiegare su qualche ordine fOrmale scelto arbitrariamente.Il problema, a causa della sua complessità, resta cOSI insoluto.Si consideri un semplice esempio di progettazione, come lascelta dei materiali da usare nella produzione in serie diqualche normale oggetto casalingo: ad esempio, un aspira4

polvere. Gli studi sui movimenti e i tempi di lavorazioneinsegnano che, quanto minore è la varietà dei materiali im­piegati, tanto l'iu efficiente è il montaggio in fabbrica. L'esi­genza di uniformità che ne consegue contrasta però con IIfatto che il futuro buon funzionamento del prodotto è indiretto rapporto con una scelta distinta dei materiali piuadatti ad ogni specifico scopo. D'altra parte, la funzionaledifferenziazione dei materiali comporta la necessità di appli­care costosi e complicati giunti fra i vari elementi, capaci dideterminare poi particolari problemi di manutenzione. Inol­tre, tutti e tre gli obiettivi indicati, semplicità, buon funzio­namento ed efficace giunzione, difficilmente riescono a co~­

ciliarsi con il proposito di contenere quanto piu è possibilel'incidenza del costo dei mareriali. Se infarri scegliamo ilmateriale piu economico per ciascuno scopo separato, nonotterremo necessariamente una sufficiente semplicità, né unoprimum di esecuzione, né materiali che possano essere uni­ti in modo preciso e soddisfacente. Scrivendo un segno« meno» di fianco ad ogni linea di conflitto ed un segno 11

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«piu» di fianco ad ogni liOi~a di accordo, vediamo che anchequesto semplice problema presenta ben cinque direzioni di

conflitto.

..l!.......~~+...~.,.. semplicità

giuntura

basso cosro

Questo è)lo tipico problema di progettazione; esso presentaesigenze çJ1e devono essere soddisfatte; e si presentano in­terazioni fra tali esigenze che le rendono piu difficili da sod­disfare. Si tratta, comunque, di un problema relativamentesemplice, dato che può rientrare entro i normali limIti d'in­tuizione di un solo uomo. Ma cosa capita con un problemapiti complicato?Si consideri il compito di progettare un ambiente completoper un milione di persone. L'equilibrio ecologico della vitaumana, animale e vegetale, deve essere regolatO con cura,sia internamente che rispetto alle condizioni fisiche esternedate. La gente deve essere posta in grado di vivere la vitaindividuale che piti dçsidera. Non debbono insorgere condi­zioni sociali che provochino una generale decadenza fisica ol'infelicità personale, o cause di delinquenza. Il consumo ci­clico di alimenti ed altri beni non deve .interferire con i rego­lari spostamenti degli abita,nti. Le forme economiche che sisviluppano non devono condurre alla speculazione ediliziache distrugge la relazione funzionale fra aree residenziali earee industriali. Il sisJ:ema dei trasporti non deve essere or­ganizzato in modo tale da intensificare la domanda fino allacongestione. La gente deve essere in qualche modo resa capa­ce di vivere in stretta cooperazione, ma al tempo stesso di·seguire la piti grande varietà di i{lteressi. Le configurazionifisiche debbono essere compatibili con i prevedibili futurisviluppi regionali. Il contrasto tra la crescita della popola-

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zione e la diminuzione delle risorse d'acqua, di energia, dizone verdi I deve essere comunque p~eso in considerazione.LJambient~, infirie, deve essere organizzato in modo che lasua propria rigenerazione e ricostruzione:;: non interrompa dicontinuo il suo sviluppo. Come nell'esempio piu semplice,già considerato, ognuna di queste funzioni interagisce cqnmolte delle altre. Ma in questo caso ognuna. rappresenta asua volta un vasto problema; 'e ne risulta qubdi uno sche­ma di interazioni enormemente complicato. La dilIerenza trai due casi ipotizzati è in realtà simile a quella che corre frail problema di sommare due piu due e quello di calcolarela radice settima di un numero di cinquanta cifre. Il primosi può risolvere mentalmente con facilità. Nel secondo sare­mo bloccati dalla complessità del problema se non troviamoun modo semplice di [[ascriverlo, che ci permetta di scin­derlo in problemi piu piccoli. -Oggi sempre di piu i problemi di progettazione vanno ap­prossimandosi a insolubili livelli di complessità. Questo èvero non solo per una base lunare, una fabbrica e una sta­zione radio, la cui complessità è intrinseca, ma anche per ilpiano di un villaggio e perfino per il disegno di un briccoda tè. Malgrado la loro apparente semplicità, anche questiproblemi .han~o una base di esigenze e di attività che stadiventando troppo ,complessa per essere afferrata intuitiva­mente.

Per affrontare la crescente complessità dei problemi, si dispo­ne di una mole sempre maggiore di informazioni e di espe­rienze specializzate. Queste informazioni SODO difficili da uti·lizzare; sono sparse, diffuse e disorganizzate.1 Per di piu nonsolo la quantità delle informazioni è al di là della portatadei singoli progettisti, ma i vari specialisti che le fornisconosono di vedute ristrette .ed estranei ai problemi specifici deicreatori di forme, cosicché non è possibile stabilire in qualmodo il progettista dovrebbe consultarle e utilizzarle,' Co-

, me risultato, anche se idealmente una forma dovrebbe riflet·tere tutti i fatti noti veramente rilevanti ai fini della suarealizzazione, di fatto il progettista si limita a cogliere qual­siasi informazione gli capiti, o a consultare di quando inquando un esperto per affrontare particolari difficoltà, e infi- I3

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ne a rivestire queste informazioni scelte arbitrariamente diforme immaginate per altra via nelJo «studio di artista,)che è la sua mente. Le difficoltà tecniche che s'.incontranonel raccogliere le informazioni effettivamente necessarie allarealizzazione di una forma, sono molto lontane dalle possi­bilità di un singolo individuo.'I problemi non solo crescono in quantità, complessità e diI·ficoltà; essi anche cambiano piu rapidamente di prima. Nuo·vi materiali si creano continuamente, le strutture sociali sialterano molto presto, la cultura stessa muta piti veloce·mente di quanto non abbia mai fatto in precedenza. Nelpassato - anche dopo il rinnovamento intellettuale del Ri­nascimento - il singolo progettista sarebbe stato in unacerta misura aiutato dal suo predecessore. E anche se ci siaspettava'<he egli prendesse le proprie decisioni in modosempre piu personale, di mano in mano che le tradizioni siandavano dissolvendo, restava tuttavia sempre qualche re­siduo di tradizione che rendeva piu facili le sue scelte. Oragli ultimi residui di tradizione gli sono stati strappati e,dato che le forze culmrali cambiano rapidamente, la lentaevoluzione della forma diventa impossibile. Sconcertato, il«creatore di forme» resta solo. Egli deve concepire conchiarezza forme nuove senza tempo per provare e sbagliare.Ora deve inventare radicalmente i limiti del suo impegno,poiché ciò che una volta proveniva da molte generazioni digraduale sviluppo, adesso deve essere compiuto da un soloindividuo.' Ma il carico di migliaia di anni pesa, sulle spalledi un solo uomo, e questo carico non è stato ancora mate­rialmente alleggerito. La soluzione intuitiva dei problemidella progettazione contemporanea si trova decisamente oltrele possibilità di una sintesi individuale.Naturalmente non vi sono limiti definiti a queste, possibi­lità (specialmente nei rari casi in cui un talento eccezionaleinfrange ogni limite). Ma se noi osserviamo la mancanzadi organizzazione e di chiarezza delle forme che ci circonda­no, è evidente che la loro progettazione ha quasi sempremesso a dura prova la capacità dei progettisti. Dopotuttonon è tanto sorprendente che le facoltà inventive dell'uomosiano limitate. In altri campi è stato ampiamente dimostrato

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che vi sono limiti alle sue possibilità conoscitive e creative.Vi sono ad esempio limiti di fronte alle difficoltà dei pro­blemi di labotatotio che egli può risolvere; 5 di fronte alnumero di conseguenze che può considerare simultaneamen·te; 6 alla complessità di una decisione che può prendere consicurezza.' Non sono, beninteso, in alcuno di questi casi limi­ti assoluti e neppure esiste una scala ideale cui possano esse­re rapportati; eppure è chiaro che in pratica certi limiti esi­stono. Analogamente il frequenti.ssimo fallimento dei pro·gettisti nel produrre forme ben organizzate, dimostra in mo­do del tutto inequivocabile che vi sono limiti alla capacitàdi progettazione individuale.

Sappiamo che limiti alla capacità individuale esistono nel­l'aritmetica. Per risolvere un intricato problema -di calcoloabbiamo bisogno di un metodo di esposizione che lo tendachiaramente esprimibile. Le ordinarie convenzioni aritmeti­che ci offrono questo metodo. Due minuti con la matita sulretro di una busta ci permettono di risolvere problemi che,affrontati mentalmente, rimarrebbero insolubi·li, anche setentassimo per cento anni. Ma per quanto riguarda i pro­blemi della progettazione non abbiamo ancora un mezzocorrispondente di semplificazione. Queste note propongonoappunto un modo di rappresentate i problemi della proget­tazione, che rende..piu facil,e la soluzione. È un modo petridurre la sproporzione fra le limitate capacità del proget­tista e la grande portata del suo compito.

La prima parte condene una relazione generale sulla naturadei problemi della progettazione. Descrive il metodo con ilquale sono stati risolti questi problemi nel passato: prima,in culture nelle quali i problemi nuovi sono tanto rari, danon richiedere veri e propri progettisti; poi, viceversa, inculture nelle quali i nuovi problemi si presentano continua­mente, per cui debbono essere risolti dai progettisti coscien­temente. Dal contrasto fra i due metodi, impareremo comerappresentare un problema di progettazione in modo taleda consentirne la soluzione.La seconda parte descrive la rappresentazione stessa, ed iltipo di analisi che la rappresentazione permette. L'appendi-

Prefigurazione logicadelle slrutlure

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ce I mostra con un esempio come il metodo funziona in pra­tica. Non esistono, si può dire, altri mezzi per analizzarechiaramente i problemi della progettazione. Vi è una buonadose di superstizione fra i progettisti riguardo ad un pre­sunto effetto letale dell'analisi sulle loro intuizioni: con l'in­felice risultato che ben pochi progettisti hanno tentato dicomprendere analitièamente il processo della progettazione.Per poter ricominciare dal principio, lasciateci innanzi tuttotentare di eliminare gli spettri che assillano i progettisti per­suadendoli che l'analisi sia in qualche modo in contrasto conil loro vero problema.Non è difficile spiegare perché l'introduzione della matema­tica nella progettazione possa irritare i progettisti. La mate­matica, nella sua accezione popolare, si occupa unicamentedi grandezze. I progettisti sanno, a loro volta. che i calcolidelle grandezze hanno una utilità limitatissima nell'inven­zione di una forma, e sono quindi piuttosto scettici circale possibilità di basare un progetto su metodi matematici.8

Essi però non si rendono conto che la matematica modernaè implicata con questioni di ordine e relazione almeno quan~

te lo è con questioni di grandezza. E benché neppure que­sto tipo di matematica possa essere considerato uno strumen­to sufficiente per la prefigurazione della natura fisica delleforme, esso tuttavia può diventare un potentissimo stru­mento, se è usato per esplorare l'ordine concettuale e lastruttura di un problema di progettazione.Anche la logica, come la matematica, è considerata con so­spetto da molti progettisti. In buona misura, questo sospet­to si fonda su determinati preconcetti circa l'autorità chepuò avere la logi.ca nei suoi pratici suggerimenti. Innanzitutto. la parola «logica» che circola fra i progettisti, è rife­rita ad un certo tipo di formalismo particolarmente sgraditoe funzionalmente inefficace.9 Per esempio, la cosiddetta logicadi Jacques François Blondel oppure del Vignola, riferitacome è alle regole secondo le quali gli elementi dello stilearchitettonico possono essere combinati. 1O Come regole essepossono dirsi logiche. Ma questo non conferisce loro alcunaparticolare validità se non esiste anche una relazione legit~

tima fra il sistema logico adottato e le esigenze e le forze

,.

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con cui ci scontriamo nel mondo reale. Inoltre, la freddavisione «logica» dello scheletro di acciaio di una costruzio­ne per uffici sembra orribilmente costretta e, se noi seria­mente la consideriamo come una manifestazione di logica,certo ci ritiriamo spaventati dai metodi analitici. li Ma inpratica nessuna forma può essere piu delle altre il risultatoesclusivo dell'uso della logica ed è un non senso attribuirealla rigidità della logica la rigidità di una forma fisica. Nonsarebbe possibile porre premesse, percorrere una sequenzadi deduzioni, e approdare infine ad una forma che sia logi­camente determinata dalle premesse, se queste non conte·nessero già in se stesse i semi di una particolare intenzioneplastica. Non vi è insomma alcun senso legittimo, secondo ilquale la logica deduttiva possa prescriverci determinate for­me fisiche.Ma parlando di logica non abbiamo bisogno affatto di trat­tare i processi di inferenza. Mentre è vero che gran partedi ciò che è generalmente noto come logica riguarda la dedu­zioneJ la logica nel senso piu ampio si riferisce a qualcosadi molto piti generale. Si riferisce alla configurazione di strut·ture astratte, e viene chiamata in causa nel momento in cuinoj, traducendo in immagini la realtà,. cerchiamo di elabo­rar~ 'queste r~ffigurazioni in modo da poter guardare piuavanti e piti profondamente entro Ia realtà stessa. È compitodella logica inventare strutture puramente artificiali di ele·menti e relazioni. Qualche volta una di queste strutture èsufficientemente vicina alla situazione reale da consentirneIa rappresentazione. E allora, è proprio il rigore raggiuntodal tracciato logico a svelarci una visione approfondita del­Ia realtà, che prima ci _era preclusaY

L'uso di strutture logiche per rappresentare i problemi del­Ia progettazione ha una conseguenza importante. Esso portacon sé la perdita dell'innocenza. Una configurazione logicaè piu assoggettabile a critiche di una immagine vaga, poichégli assunti su cui si fonda sono del tutto in evidenza. La suamaggior precisione ci dà la possibilità di affinare la nostraconcezione di ciò che implica il processo della progettazione.Ma una volta che quanto creiamo intuitivamente può essere

La perditadell'innoc·enza

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descrino e confrontato con i modi non intuitivi di operarenella stessa direzione, allora non possiamo piti continuaread accettare il metodo intuitivo innocentemente. Se deci­diamo di stare pro o contro la pura intuizione come metodo,dobbiamo farlo per delle ragioni che possano essere aperta­mente discusse.Per quanto mi riguarda, desidero dichiarare con molta fran­chezza la mia ferma convinzione circa questa perdita del­l'innocenza, perché ci sono troppi progettisti che per quantomi risulta non sono disposti ad accettare tale perdita. Insi­stono nel dire che la progettazione deve essere un processopuramente intuitivo e che è inutile tentare di coglierlo conla ragione, perché i suoi problemi sono troppo profondi. Inrealtà è già accaduto nella recente storia della progettazione.un tipic,9 caso di perdita dell'innocenza con la scoperta distrumenti meccanici sostitutivi del lavoro artigianale. Un se­colo fa William Martis, il primo uomo cosciente del cattivouso delle macchine, si ritra.sse di fronte alla perdila dellainnocenza. Invece di accettare la macchina e cercare di capi~

re le sue implicazioni nella progettazione, propugnò un ritor­no ai raffinati prodotti deU'artigianato.u Fin tanto che Gro­pius non fondò la Bauhaus, i progettisti non vennero a patticon la macchina e con la perdita dell'innocenza che ne de­rivava. 14

Ora siamo ad un altro bivio. Questa volta la perdita dellainnocenza è piu intellettuale che meccanica. Ma di nuovoc'è chi tenta di illudersi che essa non abbia mai avuto luogo.Enormi resistenze all'idea della riproduzione di processi siste­matici nella progettazione, vengono da gente che riconoscegiustamente l'importanza della intuizione ma poi la trasfor­ma in un feticcio che esclude la possibilità di porre que­stioni ragionevoli. Vale la pena forse di ricordare che laperdita della innocenz..a intellettuale è già avvenuta un'altravolta. Già nel secolo XVIII, uomini come Carlo Lodoli eFrancesco Algarotti in Italia e l'abate Laugier in Francia,non piu soddisfalti di accettare il formalismo delle accade­mie, cominciarono ad avere seri dubbi su ciò che essi face­vano e sollevarono proprio quel genere di questioni che 150anni piu tardi avrebbero condotto alle moderne idee rivo-

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luzionarie sulla forma. 15 Abbastanza stranamente, però, ben­ché questi seri dubbi fossero esplicitamente espressi e cono­sciuti da molti, l'architettura non si sviluppò nella direzioneindicata. I dubbi e le questioni furono dimenticati e nel­l'Europa del tardo secolo XVIII troviamo testimonianze ditutt'altro sviluppo: gli architetti presero a fondare le loroinvenzioni formali su regole derivate da una varietà di ma­niere e di «stili» precedenti, dando vita a fenomeni comeil neotudor, il neoclassico, il neogotico e la chinoiserie. 16 Èpossibile vedere in questo corso di eventi un tentativo clispe­rata di tener lontani i dubbi della autocoscienza, per con­servare la sicurezza dell'innocenza.Lodoli e Laugier volevano capire cosa stavano facendo come«creatori di forma ». Ma la ricerca di tale comprensionerese solo evidente la difficoltà_ dei loro problemi- Piuttostoche affrontare la responsabilità dei difficili interrogativi, iprogettisti preferirono rimettersi alla autorità degli «stili ì>

resuscitati. Le decisioni architettoniche prese entro uno stilesono al sicuro <lalle difficoltà assillanti del dubbio, per lastessa ragione per cui è piti facile prendere una decisionesotto l'influenza di tradizioni e tabu, piuttosto che sotto laprg.pria responsabilità. Non è una coincidenza, secondo lamia opinione, che mentre il Rinascimento aveva permessoricomposizioni libere di elementi classici, il neoclassico chelo sostitul si fermò il piu vicino possibile alla copia esattadella Grecia e di Roma. Appoggiandosi alla correttezza, erapossibile alleviare il peso di una indecisione. Per rendereeffettivo il distacco dalla responsabilità, la copia deve esse­re esatta. 17

Adesso pare che un secondo distacco dalle responsabilità siain atto_ Oggi non è possibile sfuggire alla responsabilità diuna azione cosciente operando entro il sicuro riparo fornitodagli stili accademici. Ma il progettista che non è all'altezzadel suo lavoro, e non vuole affrontare le difficoltà, cerca diconservare la sua innocenza in altri modi. II progettista mo­derno si affida sempre piti alla sua posizione di «artista '>,alla suggestione delle parole-chiave, agli idiomi personali eall'intuizione, perché tutto ciò lo libera dal peso della deci­sione, e rende piu facili i suoi problemi conoscitivi. Spin- 19

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to dalle sue sole risorse, incapace di adeguarsi alla comples­sità delle informazioni che dovrebbe ordinare, egli nascondela sua incompetenza in un delirio di artistica individualità.Mentre la sua capacità di inventare forme chiaramente con~

cepite ed appropriate va progressivamente esaurendosi, sonosempre piu esaltate la intuizione e la individualità. la

In questa atmosfera il dono piu grande del progettista, lasua abilità intuitiva di organizzare una forma fisica, mentresta per essere ridotto a zer0 dalla dimensione del compitoche ha davanti a sé, viene frattanto sostituito da contraf~

fatti sforzi d'« artista ». Ciò che è peggio, in un'epoca cheha estremo bisogno di progettisti capaci di inquadrare sin­teticamente l'organizzazione del mondo fisico, il vero lavorodeve essere svolto da ingegneri poco dotati, perché i pro­gettisti -Soffocano le loro capacità in una irresponsabile pre­tesa di genialità.Dobbiamo affrontare la nuova si cuazione e riconoscere chesiamo alla vigilia di un'era in cui l'uomo sarà in grado diingigantire le sue facoltà intellettuali ed inventive, propriocome nel XIX secolo egli aumentò le sue facoltà fisiche conl'uso delle macchine. 19 Ancora, come allora, la nostra inno­cenza è perduta. E ancora, naturalmente, l'innocenza unavolta perduta, non può essere riacquistata. La perdita esi­ge impegno, non rinuncia.

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Parte prima

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1 ICorretta rispondenza

Oggetto finale della progettazione è la forma.La ragione per c!-li le limature di ferro poste in un campomagnetico assumono una configurazione ~ 0, come suoI dir~

si, hanno una forma - è che il campo nel quale si trovanenon è omogeneo. Se il mondo fosse interamente regolareed omogeneo, non vi sarebbero forze, e non vi sarebberoforme. Tutto sarebbe amorfo. Ma un mondo non omogeneotenta di compensare le sue proprie irregolarità adattandosiad esse, e in tal modo prend, formaI D'Arcy Thompson ègiunto a definire la forma «diagramma delle forze», conriferimento alle irregolarità.2 Pili comunemente, si parla diqueste irregolarità come delle origini funzionali della forma.Quanto segue è basato sulrassunto che la chiarezza fisicanon può essere raggiunta, in una forma, se non è stata pri­ma ottenuta una sufficiente chiarezza programmatica nellam~nte e negli atti del progettista; e che per rendere ciòpossibile, il progettista, a sua volta, .deve prima di tuttoricondurre il problema di progettazione alle sue origini fun­zionali ed essere capace di riconoscere in esse una struttura.3

Tenterò di delineare un modo generale di esporre i proble­mi· della progettazione che pone l'accento sulle origini fun­zionali, e rende i loro schemi strutturali ragionevolmentefacili da individuare.È basato sull'idea che ogni problema di progettazione iniziacon uno sforzo per raggiungere la rispondenza fra due enti­tà: la forma in questione e il suo contesto.4 La forma è lasoluzione del problema; il contesto definisce il problema.In altre parole, quando parliamo di progettazione il verooggetto della discussione non è solamente la forma, ma l'in­sieme che cO.Q1prende la forma e il suo contesto. La correttarispondenza è una proprietà desiderabile di questo insiemeche si riferisce a qualche particolare divisione dello stessoin forma e contesto.s 23

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Vi è una grande varietà di insiemi dei quali possiamo par­lare in questo senso. L'insieme biologico formato da unorganismo naturale e dal suo ambiente fisico è il piu fami­liare: in questo caso abbiamo l'abitudine di descrivere lari;pondenza fra i due come buon ambientamento.6 Ma lostesso genere di attitudine oggettiva si può trovare in moltealtre situazioni. L'insieme formato da un abito e da una cra­vatta è un caso tipico; una cravatta s'intona perfettamentecon un certo abito, un'altra no.7 Oppure, l'insieme potreb­be essere una partita a scacchi, dove ad un certo punto delgioco determinate mosse risultano preferibili ad altre perchémeglio rispondono al contesto delle mosse precedenti.8 L'in­sieme può consistere in una composizione musicale. Anchele frasi musicali devono infatti adattarsi ai loro conteSti:pensate .alla meditata cura con cui un Mozart decide di col­locare proprio quella frase in un determinato punto di unasonata.9 Se l'insieme è un camionista piu un segnale stradale,la grafica del segnale deve rispondere alle domande che glipone l'occhio del conducente. Un oggetto comune come unapentola per bollitura deve essere adatto al contesto del suouso, e al contesto tecnico del suo ciclo di produzione. lO

Nella ricerca urbanistica, l'insieme di fronte al quale ci tro­viamo è la città e le sue consuetudini. Qui la base umanacbe determina"'la necessità di nuovi edi6.ci e l'ambiente fisicocostituito dalle aree fabbricabili disponibili, creano un con­testo chi: condiziona la forma della crescita della città. Inun caso estremo di questo genere, possiamo anche parlaredi una' cultura stessa come di un insieme nel quale le varieusanze e i diversi prodotti si sviluppano secondo un lentoe continuo adattamento a tutto il resto. ll

La esattezza della forma dipende, in ognuno di questi casi,dal grado in cui è rispondente al resto deli 'insiemeYDobbiamo anche tener presente che in nessun caso la divi­sione ,dell'insieme in forma e contesto è l'unica possibile. Larispondenza nell'ambito di tale divisione è soltanto un esem­pio fra i tanti della coerenza interna dell'insieme. Moltealtre divisioni dell'insieme saranno ugualmente significative.E veramente, nella gran maggioranza dei casi attuali, è ne­cessario che il progettista consideri tante differenti divisioni

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di un Insieme, sovrapposte una all'altra, allo stesso tempo.Consideriamo un insieme formato da un bollitore piu ognicosa, del mondo fuori del bollitore, che riguardi l'uso e laproduzione di utensili casalinghi. Di nuovo qui sembra chia­ramente riconoscibile una delimitazione fra il bollitore e ilresto dell'insieme, sempre che si avverta l'esigenza di rile­varIa: considerato che il bollitore stesso è un tipo di oggettochiaramente definito.Ma io posso facilmente operare .variazioni al contorno. Sedico che comunque il bollitore è un mezzo sbagliato perscaldare l'acqua potabile domestica posso rapidamente esse­re condotto a riprogettare tutta la casa, e poi a continuare,portando indietro il contesto a quelle cose al di fuori dellacasa che influenzano la forma della casa stessa. Oppure, ioposso invece asserire che non_è il bollitore che deve essereriprogettato, ma un certo modo di riscaldare proprio deibollitori. In questo caso il bollitore diventa parte del con­testo, mentre forse è la stufa ad assumere il carattere diforma.Sono due gli aspetti sorto i quali può prendersi eventual- Forma e contestomente in considerazione una cosiffatta tendenza a cambiare come criterila .:.e\ef1nizione del problema. Da una parte, abbiamo l'idea- di delimitazionelis~o astratto -di quei progéttisti che vogliono riprogettareintere città e completi processi di fabbricazione quando vie-ne loro richiesto di progettare semplici oggetti: molto spes-so non è che un tentativo di uscire da vincoli difficili allar-gando il limite forma-contesto.D'altra parte, questa tendenza a mutare o estendere i limitidel problema può invece riflettere la coscienza con cui ilbuon progettista tiene. sempre presenti i possibili cambia~

menti in .ogni punto dell'insieme: in questo caso è vera­mente. parte del suo compito, poiché, se sa quello che stafacendo, egli è tenuto ad essere consapevole di vari proble­mi di rispondenza simultaneamente presenti entro l'insieme.Infatti, questa capacità di operare in modo coerente in di­versi strati di delimitazione fra forma e contesto è parte in~

tegrante di ciò a cui alludiamo parlando del senso di orga­nizzazione del progettista. La coerenza interna di un insie-'me dipende da tutta una rete di tali rispondenze. In un 25

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insieme perfettamente coererHe dovremmo aspettarci che ledue metà di ogni possibile divisione siano sempre rispon-denti una all'altra. .È vero, allora, che essendo in definitiva interessati all'insie­me nella sua totalità non vi sarebbe ragione di limitarci adoperare in esso una sola fra le molte possibili suddivisioni.Dovremmo, piuttosto, progettare tenendo sempre presenteun gran numero di contorni forma-contesto inseriti uno nel­l'altro e sovtapposti. In realtà la fotma stessa si affida allasua propria organizzazione interna ed alla rispondenza in­terna fra le parti delle quali è composta pet controllare ilproprio integrale adattarsi al contesto esterno.Tuttavia, dato che non possiamo sperare di capire questo fe­nomeno altamente interrelato e complesso prima di avercomprese come raggiungere l'adattamento in un singolo con~

torno scelto arbitrariamente, dobbiamo convenire di trattareper ota solo il ptoblema piu semplice. Decidiamo che, perla durata di ogni discussione, manterremo la stessa singoladivisione di un dato insieme in forma e contesto anche seammettiamo che la divisione è probabilmente scelta a caso.E ricordiamoci pure, come corollario, che per ora non da­remo grande peso all'organizzazione interna della forma co­me tale, ma soltanto alla piu semplice premessa e al piusemplice aspetto di questa organizzazione: vale a dire, quel­la rispondenza che è residuo dell'adattamento attraversol'unico limite forma-contesto che scegliamo di esaminareYLa forma è una parte del mondo sulla quale abbiamo con·trollo e che decidiamo di plasmare mentre lasciamo il restodel mondo come è. Il contesto è quella parte del mondonella quale insorge il problema di questa forma; qualsiasiaspetto del mondo che presenti una domanda di forma, ècontesto. La rispondenza è una relazione di reciproca accet­tabilità tra i due termini. In un problema di progettazionedobbiamo tendere a soddisfare le esigenze reciproche che idue termini presentano l'uno nei confronti dell'altro, e aporre il contesto e la forma in un contatto senza sforzo oin una coesistenza senza attrito.

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Ci proponiamo ora di illustrare, nei suoi caratteri, la rispon­denza di forma e contesto. Consideriamo un semplice casospecifico.t pratica abituale, in ingegneria, se desideriamo creare unasuperficie metallica perfettamente liscia e uniforme, farlaaderire alla superficie di un blocco campione in acciaio, giàlivellata con precisione massima. Dopo avere inchiostrato lasuperficie di questo blocco campione e strofinato contro lasuperficie inchiostrata la faccia del metallo che stiamo lavo­rando, se questa non è veramente piana si macchiano diinchiostro solo i punti piu prominenti. Levighiamo alloraquesti punti macchiati, e tentiamo ancora di adattate il no~

stra pezzo contro il blocco. La facciata può infine dirsi pianaquando aderisce perfettamente al blocco in modo che nonvi siano piu punti sporgenti.Queste insieme di due superBci di metallo è tanto sempliceche non saremo distratti dalla possibilità di molteplici con­torni di forma-contesto entro di esso. Solo uno di tali limitimerita di essere discusso ad un livello macroscopico, quellofra la superficie campione (il contesto) e la superficie chestiamo tentando di livellate (la fOJma). Per di piu, poichéil comesto è fisso, e solo la forma è variabile, il compito dilivellare una superficie di metallo serve bene come para­digma del' problema di progettazione. In questo caso noipossiamo distinguere sperimentalmente la buona dalla cat­tiva rispondenza, inchiostrando il blocco «campione», met­tendo la superficie del metallo contro di esso, e controllandoi segni che sono stati trasferiti. Volendo si può anche, inquesto caso, giudicare la forma senza parla effettivamentea contatto con il suo contesto. Si può definire la levigatezzain termini matematici, come limitazione della varianza cheè permessa sulla superficie, e quindi collaudare la formastessa, senza metterla a confronto col contesto.Consideriamo ora un secondo esempio, un po' piu comples­so. Supponiamo di inventare una disposizione di limaturedi ferro che sia stabile quando è posta in una certa posi­zione in un dato campo magnetico. È chiaro che si può con·siderare questa ipotesi come un problema di progettazione.Le limature di ferro costituiscono una forma, il campo ma·

Problemi diverifica dellarispondenza

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Comprendere il campodel contesto

gnetico un contesto. Anche in questo ca::iU, possiamo giu­dicare facilmente la rispondenza deUa forma ponendo!a nelcampo magnetico, ed osservando se qualcuna delle limaturesi muove sotto la sua influenza. Se esse non si muovono,la forma è rispondente. D'altra parte, se desideriamo giu­dicare l'idoneità della forma senza ricorrere a questo espe­rimento, possiamo descrivere le linee di forza del campomagnetico in termini matematici, e calcolare la rispondenzao la mancata rispondenza. Come prima, l'opportunità divalutare la forma quando questa è separata dal suo conte­sto dipende dal fatto che noi possiamo dare una precisadescrizione mat.ematica del contesto (in questo caso le equa­zioni del campo magnetico).Sfortunatamente, in genere non possiamo dare una descri­zione adeguata del contesto con il quale abbiamo a che fare.I campi dei contesti che troviamo nel mondo reale non p,os­sono essere descritti nel modo unitario che abbiamo adot­tato per la levigatezza e per i campi magnetici. Non esistetuttora alcuna teoria di insiemi capace di fornire una descri­zione unitaria dei vari fenomeni che incontriamo nel conte­sto urbano di una abitazione, per esempio, o in una sonata,o in un ciclo di produzione.Eppur.e abbiamo certo bisogno di un mezzo per valutare larispondenza di una forma, che non si basi sull'esperimentodi sottoporre effettivamente a prova la forma, nel contestodel mondo reale. Il progettare con prova ed errore è unmetodo mirabile. Ma è proprio la prova-ed-errore del mon­do reale che noi stiamo tentando di sostituire col metodosimbolico perché la vera prova-ed-errore è un procedimentotroppo costoso e troppo lento.L'esperimento di inserire una forma prototipo nel contestostesso è il miglior criterio per verificare la rispondenza. Unacompleta descrizione unitaria delle domande poste dal con­testo sarebbe a sua volta il solo criterio non sperimpntalepienamente adeguato. Il primo è troppo costoso, il secondoè impossibile: e allora cosa faremo?

Osserviamo anzitutto, che non dovremmo veramente aspet­tarci di poter dare una descrizione unitaria del contesto per

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i casi complessi; se noi lo potessimo, non vi sarebbero pro­blemi di progettazione. Il contesto e la forma sono com­plementari. Ecco il fatto che sta dietro l'osservazione diD'Arcy Thompson che la forma è un diagramma di forze."Una volta che noi avremo tracciato il diagramma delle forzenel senso letterale (avremo, cioè, descritto il «campo» delcontesto) questo descriverà anche l'elemeqto costitutivo del·la forma in quanto diagramma complementare di forze. Unavolta, ad esempio, che avremo descritto la levigatezza delblocco di metallo, o le linee di forza del campo magnetico,non vi saranno difficoltà concettuali, ma solo difficoltà diordine tecnico nell'ottenere una forma adatta ad essi, per­ché la descrizione unitaria del contesto è in entrambi i casianche una descrizione della forma richiesta.I~ tali casi non vi è un vero ,e proprio problema di proget­tazione. Ciò che rende la progettazione un problema neicasi del mondo reale è che noi tentiamo di tracciare un dia­gramma di forze il cui campo non comprendiamoY Capireil campo del contesto e inventare una forma adatta ad essosono in realtà due aspetti dello stesso processo. Proprio per·ché il contesto è oscuro noi non possiamo dare un criteriodiretto e completamente coerente per la rispondenza chestiamo te~tando di raggiungere; ed è sempre la sua oscu­rità che rende del tutto problematico il compito di plasma­

-re una forma idoneamente rispondente. Cosa facciamo difronte a questa difficoltà nei casi quotidiani? Idonea rispon­denza significa qualcosa, dopotutto, perfino qualora non pos­siamo disporre di un criterio completamente soddisfacentecome quello di «campo ». In che modo si attua la nostracosciente esperienza di una mancata rispondenza?

Se torniamo al procedimento di far collimare le superfici dimetallo contro un blocco campione e se pensiamo al modoin cui l'adeguata e~ l'inadeguata rispondenza ci si presentano,ci accorgiamo di una proprietà piuttosto singolare: il pro·cedimento non suggerisce alcun mezzo diretto e pratico peridentificare positivamente una idonea rispondenza. Noi rico­nosciamo infatti un fenomeno di inidoneità ogni volta chevediamo un punto sporgente segnato dall'inchiostro. E in-

Solo i casidi inidoneitàsono riconoscibili

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,

vece percepiamo l'adeguata rispondenza, in. pratica, soltantoda un punto di vista negativo, come nel caso~limite in cuinon appaiono macchie.Nella vita stessa, di tutti noi, la distinzione tra la correttae la mancata attinenza ai modelli del comportamento socia­le quotidiano, presenta caratteristiche simili. Se un uomo ve­ste oggi un abito del XVIII secolo, o se porta i capelli giri6.00 alle spalle, O costruisce un castello gotico, molto pro­babilmente consideriamo strano il suo comportamento: nonsi adatta al nostro tempo. Eppure sono questi allontana­menti dalla norma che risaltano nella nostra mente, piutto­sto che la norma stessa. La loro erroneità è in un certoqual modo piu evidente che l'esattezza di comportamentimeno eccentrici, e perciò stesso è piti stimolante. In questomodo aache nella vita quotidiana il concetto di correttarispondenza, malgrado sia positivo nel suo significato, sem­bra attingere molto largamente a confronti negativi; quelliche attraggono ]a nostra attenzione, nella vita di ognuno,sono proprio gli aspetti obsoleti, incongrui o stonati.Lo stesso accade nella progettazione di una casa. Troverem­mo quasi impossibile caratterizzare una casa che si adattiperfettamente al suo contesto. Eppure è la cosa piti faciledel mondo nominare i tipi specifici di inidoneità che si op­pongono, appunto, a un'idonea rispondenza. Una cucina diffi­cile da pulire, una carenza di spazio per parcheggiare lamacchina, il bambino che gioca in un luogo dove può esse­re investito dalle automobili, l'acqua piovana che entra, ilsovraffollamemo e la mancanza di intimità, una graticola allivello degli occhi che spruzza grasso bollente, una manigliain plastica clorata che delude le mie aspettative e la portadi ingresso che non riesco a trovare, sono tutti casi di man­cata rispondenza fra la casa e le abitudini v.itali cui dovreb­be attagliarsi. Queste inidoneità sono le forze che devonoplasmarla, e non è possibile cO.Qfonderle. Per il fatto stessoche sono espresse in forma negativa sono specifiche, edabbastanza tangibili perché si possa parlarne.La stessa cosa accade nella percezione. Supponiamo che cisia dato un bottone da appaiare, fra un assortimento di bot­toni contenuto in una scatola. Come procediamo? Esaminia-

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ma i bottoni nella scatola, uno alla volta; ma non cerchia­mo immediatamente il bottone che corrisponde al primo.Quello che facciamo, realmente, è di esaminare i bottoni,scartando rutti quelli in cui notiamo qualche differenza(questo è piu grande, questo è piu scuro, questo ha troppibuchi e cosi via) finché non arriviamo ad uno per il qualenon riscontriamo alcuna differenza. Allora diciamo che neabbiamo trovato uno uguale. Notate che anche qui è moltopiu facile spiegare l'inidoneità di ogni bottone inadeguatoche giustificare la conformità di quello rispondente.Quando noi parliamo di inadeguata rispondenza ci riferiamoad una singola proprietà identificabile di un insieme, che èdi esperienza immediata e descrivi.bile. Dovunque si pre­senta un caso di inadeguatezza entro un insieme, siamo ingrado di indicare in modo spe.cifico ciò che fa difetto e didescriverlo. Si direbbe che in pratica il concetto di idonearispondenza, descrivendo solo l'assenza di tali difetti e quin­di lasciandoci senza nient'altro di concreto a cui riferireinella spiegazione, possa essere spiegato solo indirettamente;in sostanza, è come se consistesse nello scarto progressivodi tutte le possibili inidoneità.16

Ciò premesso, vorrei dunque ricordare come dovremmosempre aspettarci di vedere il processo in cui si raggiungeun buon ad~ttamento tra due entità nei termini di un pro­cesso negativo che annulla le incongruenze o le irritazioni,ovvero le forze, che determinano la non rispondenza. l7

Si obietterà che definire l'adeguata rispondenza come as­senza di certe qualità negative non è piu chiarificante cheindicarla come presenza di particolari qualità positive.18 Co­munque, sebbene i due modi siano equivalenti da un puntodi vista logico, da quello fenomenologico e pratico sonoinvece molto diversL '9 In pratica, parlare di idonea rispon­denza come soddisfazione simultanea di svariati requisiti,non sarà mai altrettanto naturale come identificarlo con ilsimultaneo non verificarsi di altrettante e corrispondentidisattitudini.Supponiamo di avere veramente tentato di elencare tuttele relazioni possibili tra la forma e il suo contesto, richieste

RispOl1denzacom.e assenzadi qualità negative

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per un'adeguata rispondenza (un elenco simile sarebbe pro­prio il tipo di elenco di requisiti che tanto spesso i peoger·tisti tentano di redigere). In teoria, noi potremmo usareogni requisito esposto nella lista come un criterio indipen­dente, ed accettare una forma come rispondente solo sesoddisfa simultaneamente tutti i criteri.Comunque, pensato a questo modo, un tale elenco di requi­siti è potenzialmente senza fine e richiede ancora una descri­zione di «campo» per essere tenuto insieme. Pensate, adesempio, di tentare di specificare tutte le proprierà che unbottone deve avere per essere appaiato con un altro. i\presèindere dai caratteri che abbiamo già menzionato - mi­sura, colore, numero di buchi, e cosi via - dovremmo anchespecificare il suo peso specifico, la sua carica e1ettrostarica,la sua.Niscosità, la sua rigidità, il fatto che dovrebbe essererotondo. che non dovrebbe essere fatto di carta, ecc. ecc.In altre parole, non dovremmo specificare solo le qualitàche lo distinguono da tutti gli altri bottoni, ma anche defi­nire tutte le caratteristiche che lo fanno essere proprio unbottone.Sfortunatamente, l'elenco delle caratteristiche distinguibiliche possiamo annotare per i bottoni è in.finita. Esso rimaneinfinito per tutti gli scopi pratici finché non scopriamo unadescrizione di campo del bottone. Senza la descrizione dicampo del bottone, non vi è modo di ridurre la lista degliattributi richiesti a termini finiti. Siamo indotti perciò adeconomizzare quando tentiamo di specificare la natura delbottone da appaiare, perché noi possiamo afferrare solo unelenco limi taro (e per di piu anche molto ridotto). Natu­ralmente, scegliamo di specificare quelle caratteristiche chepiu facilmente provocano difficoltà nella questione dell'ap­paiare, e che sono perciò piu utili nello sforzo ·di distin~

guere tra gli oggetti che possiamo incontrare nella nostraricerca di bottoni. ìvla pet fare ciò, dobbiamo fare assegna­mento sul fatto che un gran numero di oggetti non saràneanche preso in considerazione. Dopotutto si possono can~

cepire oggetti che sono bottoni da ogni punto di vista sesi eccettua il fatto che portano una carica elettrica di 1000cOlilamb, per esempio. Eppure in pratica sarebbe comple~

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tamente superfluo, come anche poco pratico, specificarequale carica elettrostatica dovrebbe avere un bottone benappaiato. Abbiamo poche probabilità di trovare un bottoneche porti proprio quella carica e perciò ne ignoriamo lapossibilità. L'unica ragione per la quale abbiamo qualchepossibilità di appaiare un oggetto con un altro è che fac­ciamo assegnamento su una grande quantità di informazionenon espressa, implicita nell'esposto del computo; e ne dia­mo senz'altro per scontata una vasta porzione.20

Nel caso di una questione di progettazione che sia vera·j mente problematica incontriamo la stessa situazione. Non

abbiamo una descrizione di campo del contesto, e perciònon abbiamo un mezzo intrinseco per ridurre a termini fini­ti l'insieme potenzialmente infinito dei requisiti. Eppure, perragioni pratiche, abbiamo bisogno di un mezzo per enuclea­re un insieme finito dall'insieme infinito degli insiemi pos­sibili. Nel caso dei requisi ti, non si dispone di. alcun mezzoragionevole per scegliere questo insieme finito. Da un puntodi vista puramente descrittivo non abbiamo alcun mezzoper sapere quali delle infinite relazioni tta la forma ed ilcontesto inductere e quali escludere.Ma se noi pensiamo ai requisiti da un punto di vista nega­tivb, come a potenziali inidoneità, vi è un mezzo s'empliceper scegliere un insieme finito. Poiché attraverso la nonrispondenza il problema si impone alla nostra attenzione.Noi consideriamo solamente quelle relazioni tra la formaed il contesto che si impongono con maggiore violenza, cherichiamano nel modo piti evidente l'attenzione, che si appa­lesano piti clamorosamente come errate. Non possiamo faremeglio di cosi,21 Se vi fosse un mezzo intrinseco per ridurrea poche voci l'elenco dei requisiti, avremmo, in sostanza, ladescrizione di campo del contesto; se cosi fosse, il problema,di creare la rispondenza diverrebbe insignificante, e usci­rebbe dall'ambito dei problemi di progettazione. Noi nonpossiamo possedere una descrizione unitaria o di campodel contesto ed avere ancora un problema di progettazioneche meriti la nostra attenzione.Nell'ipotesi di un puro problema di progettazione, persinola convinzione che esista un obiettivo quale il persegui- 33

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Uso di variabilibinarie

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mento della rispondenza, è singolarmente irrilevante e po­co sostanziale. Ciò che cerchiamo è qualche tipo di armo­nia fra due entità inafferrabili: una forma che non abbiamoancora progettato e un contesto che non possiamo descri­vere propriamente. Le uniche ragioni che possiamo avereper presumere che debba esserci qualche tipo di adattamen­to da realizzare fra queste due entità è in rapporto allanostra possibHità di percepire in esse incongruenze o fattorinegativi.In un insieme, le incongruenze sono i dati primari dell'espe­rienza. Se ammettiamo di trattare la rispondenza come l'as­senza di disatt.itudini, e di usare un elenco di quelle disatti~

tudini potenziali che piu probabilmente incontreremo, comecriterio per l'adattamento, la nostra teoria avrà almeno lastessa. natura della nostra convinzione intuitiva che vi sia unproblema da risolvere.

I risultati di questo capitolo, espreSSI 10 termini formali,sono questi. Se dividiamo un insieme in forma e contesto,la rispondenza reciproca fra di essi potrebbe essere consi­derata come una condizione ordinaria dell'insieme, soggettaperò a perturbazioni di varia natura, ognuna delle quali èuna potenziale disattitudine: ne sono esempi casi di man­cata ,rispondenza fra una casa e quelli che la usano, citatia pago 28. Possiamo" riassumere lo stato di ogni disattitu­dine potenziale per mezzo di una variabile binaria. Se sipresenta la disattitudine, diciamo che la variabile assumeil valore 1. Se essa non si presenta diciamo che la variabileassume il valore O. Ogni variabile binaria rappresenta quin­di una possibilità di mancata rispondenza tra la forma ed ilcontesto.22 Il valore che assume questa variabile, O o 1,' de­scrive uno stato di cose che non appartiene né alla solaforma né al solo contesto, ma si concreta nell'ambito di una,relazione tra i due. Lo stato di questa relazione,' rispon­denza o non-rispondenza, registra uno specifico aspetto del­l'intero insieme. Condizione necessaria per l'armonia del­l'insieme e il perfetto adattamento entro di esso è che nonvenga in pratica a verificarsi alcuno dei possibili casi dinon~rispondenza. Possiamo rappresentare questa condizio-

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ne dicendo che tutte le variabili assumono in ral casoil valore o.Il compito della progettazione non è di creare una formache soddisfi certe condizioni, ma di creare entro l'insiemeun ordine tale che tutte le variabili assumano il valore o.La forma è semplicemente quella parte dell'insieme sullaquale abbiamo controllo. È solo attraverso la forma che pos­siamo creare ordine nell'insieme.

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2[ La base dellacorretta rispondenza

Dobbiamo Ofa scoprire come dovremmo procl'c1<::re per otte·nere un'adeguata rispondenza. Dove trovarla? Quale è lacar:~uerjstica dei processi che la perseguono con successo?Si è molto spesso sostenuto (specie nell'ambiente degliarchitetti) che le abitazioni proprie di civiltà piu semplicidelle nostre sono per certi aspetti migliori delle nostre case.!Benché sovente simili affermazioni siano state esagerate, inpiu di un caso l'osservazione può dirsi sostanzialmenre giu­sta. Tenterò di mostrare come i farti che la sostengono, seinterpretati correttamente, hanno conseguen:te pratiche im­portanti per un processo di progettazione intelligentementeconcepito.Consideriamo per un momento qualcuna fra le piu famosecostruzioni moderne, dal punto di vista della loro idonearispondenza. La casa Farns\Vorth di Mies Van der Rohesebbene sia meravigliosamente chiara e 0rganizzata sottol'impulso di alcune rigorose regole formali, economicamentenon è certo un trionfo, né può dirsi tale per quanto riguardala sua resistenza alle alluvioni dell'Illinois.' Le cupole geo­detiche di Buckminster Fuller hanno risolto il grave pro­blema di coprire spazi" ma è molto difficile inserirvi delleporte. Anche la sua casa dymaxion, benché efficiente quantoa imballo, rapida distribuzione e produzione in massa, de­nuncia tuttavia una mancata considerazione di quale incon·gruenza rappresentino singole case isolate poste di fronteal tumulto acustico ed alla complessità dei servizi di unacittà moderna.3

Anche Le Corbusier nella Villa Savoie, per esempio, o negliappartamenti di Marsiglia, raggiunge la sua chiarezza di for­ma a scapito di certi servizi e comforts del tutto elementari.4

Al profano piace talvolta accusare questi progettisti di aversacrificato la funzionalità nella ricerca della chiarezza, sem­plicemente perché distaccati da questioni pratiche come queI~

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le di una massaia, preoccupati come sono unicamente diquanto loro personalmente interessa. Questa accusa è elusiva.È vero che in un programma funzionale i progettisti spessosviluppano di piu una parte a scapito di un'altra. Ma lofanno perché l'unico modo in cui sembra' loro possibile diorganizzare chiaramente una forma è quello di progettareguidati dalla forza di qualche concetto relativamente sem­

plice.D'altra parte, se i progettisri non .mirano principalmentead una chiara organizzazione, ma tentano di considerareegualmente importanti tutti i requisiti, insorge allora unacerta. anomalia all'estremo opposto. Prendiamo la casa me~

dia costruita da uno speculatore; essa è costruita tenendoconto del mercato, e perciò, in un certo modo, si adattabene al suo contesto, anche se, superficialmente. Ma in que­sto caso le varie richieste fatte sulla forma sono soddisfatteseparatamente senza nessun significato per l'organizzazioneglobale di cui la forma necessita per poter contribuire inte­gralmente al funzionamento dell'insieme.Poiché oggigiorno nell'ambiente umano ogni cosa può esse­re modificata da acquisti convenienti nei grandi magazzini,effettivamente bisogna provvedere a molto poco nell'orga­nizzazione base della casa. Invece di orientare con cura lacasa secondo il sole ed il vento, il costruttore concepiscela sua organizzazione senza curarsi dell'orientamento: allaluce, al calore e all'aereazione provvederanno ventilatori,lampade ed altri espedienti estranei. Le camere da letto nonsono separate dalle camere di soggiorno nella pianta, masono le une accanto alle altre: poi le pareti divisorie ven­gono ·imbottite di materiali per l'isolamento acustico.La protesta per la mancanza di una chiarezza macroscopicain questi èasi non e··un capriccio estetico. Mentre è veroche un problema individuale può essere .spesso adeguata­mente risolto senza riguardo all'ordine. fisico fondamentaleche esso implica, non possiamo però risolv'ere casualmentetutta una rete di tali problemi e riuscire a farlo impune­mente. È inconcepibile che si possa riuscire ad organizzareun insieme complesso come una città moderna finché nonsi abbia una veduta abbastanza chiara dei problemi piti sem- 37

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Le abitazioni deiprimitivi sonoperfettamenteidonee

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plici di progettazione con tutte le loro implicazioni nellaproduzione di case che siano fisicamente chiare come orga­nizzazioni totali.E tuttavia attualmente, nella nostra civiltà, può dirsi in pra­tica quasi sconosciuta qualsiasi forma di casa che sia orga­nizzata con chiarezza e al tempo stesso sia soddisfacente datutti i punti di vista richiesti dal contesto.Se invece guardiamo, per fare un confronto, un'abitazionedi contadini o un iglu o una capanna di fango africana,allora è frequente di ritrovare combinati il buon adattamen­to e la chiarezza.Si consideri ad esempio la capanna mousgoum, costruita dal­le tribu africane delle regioni settentrionali del Camerun.5

A parte le differenze causate da leggeri mutamenti di loca­lità e oècupazione, le capanne variano molto poco. Ancheun esame superficiale dimostra che esse sono tutte versionidello stesso unico tipo di forma e comunicano un forte sen­so della loro adeguatezza e assenza di arbitrarietà.Per coincidenza o no, la forma emisferica della capanna for­nisce la superficie piu efficace per contenere in una misuraminima il passaggio di calore, e conserva l'interno ragione­volmente ben protetto dai raggi del sole equatoriale. L'emi­sfero è sostenuto da una serie di costole verticali di irrigi­dimento. A parte il fatto che esse aiutano a sostenere lastruttura principale, queste costole agiscono anche comecanali per l'acqua piovana, e sono allo stesso tempo usatedal costruttore della capanna come appigli per arrampicarsisulla parte superiore dell'esterno durante la costruzione.6

Invece di usare impalcature asportabili (il legno è moltoscarso) egli costruisce l'impalcatura con parte della struttur;].Questa «impalcatura» è ancora là quando il proprietarioha bisogno di arrampicarsi per le prime riparazioni dellacapanna. I Mousgoum non possono permettersi, come noi,di considerare la manutenzione come una seccatura che èmeglio dimenticare finché non è il momento di chiamarel'idraulico locale. Questa funzione è affidata alle stesse manidi chi ha costruito, e le sue esigenze modellano probabil­mente la forma come quelle primarie della costruzione.Inoltre, ogni capanna si annida stupendamente negli avv:l:-

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lamenti e negli anfratti del terreno. Essa deve farlo, perchéla sua materia è debole strutturalmente come la terra sullaquale poggia, ed ogni estraneità o discontinuità causata dauna posizione errata impedirebbe alla costruzione di soprav­vivere alle tensioni dell'erosione. Le fondamenta di cemen·to armato che sfidano le condizioni atmosferiche e che per­mettono l'arbitraria posizione dei nostri edifici. sono sco­nosciute ai Mousgoum.Il raggrupparsi delle capanne riflerte l'ordinamento socialedei loro abitanti. La capanna di ogni uomo è contornatadalle capanne delle sue mogli e dei suoi dipendenti comelo richiedono le consuetudini sociali. Inoltre, in tale modoqueste capanne sussidiarie formano anche un muro attornoalla capanna del capo e con ciò proteggono questa e lorostessi dagli animali selvatici <: dagli invasori.7

Questo esempio dimostra come il sistema dell'operazionedi costruzione, il sistema di manutenzione della costruzione.i vincoli delle condizioni circostanti ed anche lo schema del­la vita quotidiana, sono fusi nella forma. La forma ha unaduplice coerenza. È coerente in relazione al suo contesto.Ed è fisicamente coerente.Questo genere di duplice coerenza è comune alle culturesemplici. Ma nella nostra cuIrura le sole forme che possonoessere paragonate a queste forme piu semplici per la chia­rezza della concezione, sono quelle che abbiamo già men­zionato, progettate sotto l'impulso di preoccupazioni moltopatticoIari. E queste forme, appunto perché derivano la lorochiarezza dalla semplificazione del problema, non riesconoa soddisfare tutte le richieste del contesto' È vero che inostri standard funzionali sono superiori a quelli delle si­tuazioni piu semplici. È vero, e importante da ricordare,che le culture semplici non affrontano problemi altrettantocomplessi quanto quelli che affrontiamo noi nella progerta­zione. Ed è vero che se esse li affrontassero probabilmentenon dimostrerebbero di essere meglio di noi.9 Quando am­miriamo le situazioni semplici per le loro buone qualità,non significa che desideriamo regredire ad esse. L'illusionedi innocenza è per noi di poco conforto; iI problema diorganizzare. la forma sOtto vincoli complessi, è nuovo e tut- 39

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to nostro. Ma nel loro proprio modo le· culture semplicisvolgono il loro compito meglio di quanto noi facciamo colnostro. lo credo che solo un attento esame del loro suc­cesso può suggerirei la prospettiva necessaria per risolvereil problema della complessità. Chiediamoci, perciò, dondevenga tale successo.Per rispondere a questa domanda tracceremo innanzi tuttouna netta e a-rbitraria divisione fra quelle culture che per con­

trasto vogliaJ1.1o chiamar~ <~ semplici» e quelle che vogliamoclassificare come « nostre ». Propongo eJi chiamare certe cul­ture «non autocoscienti» per porle in contrasto con le altre,inclusa la nostra, che propongo di chiamare « autocoscienti ».

Naturalmente, il contrasto qualitativo fra le forme prodottenei due differenti tipi di cultura non è cOSI evidente comeio dirò . .E nemmeno i due processi creativi della forma sonodistinguibili tanto nettamente quanto pretende questo testo.Ma ho deliberatamente esagerato il contrasto solo per atti­rare l'attenzione su certi fatti, che sono intrinsecamente im­portanti ed illuminanti e che perciò dobbiamo sforzarci dicapire per arrivare ad affrontare la progettazione in modonuovo. È di gran lunga piti importante la comprensione delcontrasto particolare che sto tentando di mettere in eviden­za, che non la descrizione minuziosa e dettagliata dei fatticoncernenti una data cultura. Questo non è un trattato diantropologia ed è perciò meglio pensare a quanto seguesemplicemente come ad un confronto tra due diversi ordinidi per sé eloquenti, la cultura non autocosciente e la cultu­ra autocosciente. lO

Le culture che io scelgo di chiamare «non autocoscienti»sono state chiamate, in precedenza, con molti altri nomiognuno dei quali era stato scelto per chiarire quel partico­lare aspetto del contrasto fra tipi di cultura che nel casospecifico si voleva maggiormente porre in risalto. Cosi sonostate chiamate «primitive », per distinguerle da quelle in cuila parentela agisce in modo meno determinante nella strut­tura sociale; 11 «popolari», per separarle dalle culture urba­ne,l2 «chiuse» per attirare l'attenzione sulla responsabilitàdell'individuo nella piti aperta situazione odierna; 13 «ano-

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nirne» per distinguerle dalle culture in cui esiste ad esem­pio una professione chiamata «architettura ».14La particolare distinzione che intendo adottare riguarda soloil metodo di fare oggetti ed edifici. Parlando in generale,possiamo distinguere fra la nostra propria cultura, che èautocosciente délla sua architettura, della sua arre, e dellasua ingegneria, e cerri tipi di cultura che invece sono nonautocoscienti de.lle loro corrispondenti discipline. 's I fattiprincipali che distinguono in senso architettonico le culturenon autocoscienti da quelle autocoscienti sono facili da de­scrivere superficialmente. Nella cultura non autocosciente c~

si preoccupa poco di architettura o di progettazione cometali. Vi è un modo giusto di fare edifici ed un modo sba­gliato. Ma mentre vi possono essere provvedimenti general­mente accettati per errori specifici, non vi sono principi ge­nerali confrontabili a quelli dei trattati dell'Alberti o diLe Corbusier. Poiché la divisione del lavoro è molto limi­tata, qualsiasi genere di specializzazione è rara, non vi sonoarchitetti ed ogni uomo costruisce la propria casa.16

La tecnologia della comunicazione è poco sviluppata. Nonvi sono testimonianze scritte o disegni architettonici, e loscambio culturale è minimo, Questa mancanza di testimo­nianze scri tte e di informazione sulle altre culture e situa­zioni, significa che la stessa esperienza deve essere conqui­stata e riconquistata sempre di nuovo da ogni generazione ­senza possibilità di sviluppo o di cambiamento. Senza varie­tà di esperienza, le persone non hanno la possibilità di ve·dere le proprie azioni come alternative ad altre possibilità,ed invece di diventare autocoscienti essi ripetono semplice.mente i modelli della tradizione, perché questi sono i soliche essi possono immaginare, In poche parole, le azionison? governate dal1'abitudine.17 Le decisioni di progetta­zione sono p'rese secondo le consuetudini piuttosto che se·condo le nuove idee di qualche individuo. In efletti, pocovalore è attribuito alle idee di un individuo e nessuno pa­gherebbe la sua inventiva. Il rispetto del rito e del tabuscoraggia innovazioni e autocritica. Inoltre, poiché nonvi è qualcosa di simile all'architettura o alla progettazionee nessun problema di progettazione è formulato astratta-

Caratteri sociologicidelle culturenon-autocoscienti

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Due criteri diapprendimentoradicalmente diversi

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mente, tipi di concetto necessari per l'auwcritica archi­tettonica sono troppo scarsamente sviluppati per renderepossibile l'autocritica stessa; difatti l'architettura è raramen­te concepita in modo tanto tangibile da poter venire criti­camente esaminata.

Per essere sicuri che una tale distinzione tra culture nonautocoscienti e autocoscienti sia ammissibile, occorre unadefinizione che ci dica' se dobbiamo definire non·cosciente oautocosciente una cultura sulla base dei soli fatti visibilie riferibili. Troviamo una distinzione chiaramente visibilequando osserviamo il modo con cui sono insegnate e im­parate le arti della costruzione della forma, le istituzioniper mezzo delle quali il mestiere passa da una generazionealla sUG(essiva.Poiché i modi in cui l'educazione può operare sono soltantodue, essi possono essere distinti senza difficoltà.Da una parte abbiamo un tipo di insegnamento basato sul·l'esposizione graduale del mestiete, sulla abilità del noviziodi imitare attraverso ]a pratica, sulla sua reazione alle san­zioni, alle penalità. o allo stimolo dei sorrisi e delle minac­ce. Chiaro esempio di questo modo di imparare è il bam­bino che apprende pratiche elementari. come quella di an­dare in bicicletta. All'inizio cade goffamente. ma ogni voltache fa una cosa in modo sbagliato. è riprovato; quando ac­cade che la faccia bene, il suo successo ed il fatto che que·sto sia riconosciuto rendono piu probabile una ripetizionegiusta. 18 Un esteso sistema di apprendimento di questo tipogli dà una sensibilità «totale» per la cosa imparata: si trat­ti di andare in bicicletta o di nuotare, di costruire unacasa o di tessere. La caratteristica piu importante di questotipo di sapere è che le regole non sono esplicite, ma si rive­lano, praticamente, attraverso la correzione degli errori.19

Il secondo tipo di insegnamento tenta, in qualche grado, direndere esplicite le regole. In questo caso il novizio imparamolto piti rapidamente, sulla .base· di «principi» generali.L'educazione diventa formale; fa assegnamento sull'istruzio­ne e sugli insegnanti che istruiscono i loro allievi, non 50]­

tanto indicando gli errori, ma inculcando regole positive

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ed esplicite. Un buon esempio è il salvataggio deUa vita,dove la gente ha raramente la possibilità di imparare permezzo della prova ed errore. Nella situazione non formalenon vi sono «insegnanti» I poiché gli errori del novizio sa­ranno corretti da chiunq"ue ne sappia piu di lui. Ma nellasituazione formale, dove l'imparare è un'attività specializ.zata e non avviene piu automaticamente, vi sono «inse­gnanti» specifici dai quali si impara il mestiere?)Questi insegnanti, o istruttori, devono condensare la cono­scenza che una volta era stata faticosamente acquisita dal­l'esperienza, perché senza tale condensazione il problemadell'insegnare sarebbe pesante ed intrattabile. L'insegnantenon può riferirsi esplici tamen te ad ogni singolo errore pos­sibile, poiché se anche vi fosse il tempo di fado, lo stessoelenco non potrebbe essere imparato. Un elenco necessita diuna struttura per essere ricordato.21 Cosi l'insegnante inven­ta regole che si insegnano facilmente entro le quali adattaquanto può del suo ammaestramento inconscio: un insieme

di principi stenografici.Nella cultura non autocosciente la stessa forma è ripetutasempre di nuovo; per imparare a creare forma la gente habisogno solo di imparare a ripetere un singolo modello fisi­co famigliare. Nella cultura autocosciente si presentano con­tinuamente nuovi propositi; le persone che creano formedevono costantemente trattare problemi che sono comple­tamente nuovi 0, nel caso migliore, modifìcazioni di vecchiproblemi. In queste circostanze non è sufficiente copiarevecchi modelli fisici. Petché la gente abbia la possibilità difare innovazioni e modificazioni secondo le necessità, si

devono introdurre idee sul come e sul perché le cose hannouna loro forma. L'insegnamento deve essere basato su espli­citi principi generali riferiti alla funzione, piuttosto che im­pliciti e specifici principi di model1azione.Chiamerò una cultura «non autocosciente» se la creazionedi forma è imparata senza regole, attraverso Fimitazione ela correzione. E chiamerò una cultura « autocosciente» sela creazione di forma è insegnata accademicamente, secondotegole esplicite." 43

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Ora, perché le forme, neJJa cultura autocosciente, non sonoplasmate in modo altrettanto idoneo e chiaro quanto losono quelle deIJa cultura non autocosciente? Nel primo casoil processo del creare forma lo consideriamo buono, nell'al·tro lo consideriamo cattivo. Ma cos'è che rende buono O

cattivo un processo creativo di forma?Nei tentativi di spiegare perché il processo non autocoscien­te è valido, quasi nessuno si era dato la pena, praticamentefino ad oggi, di porre in dubbio il mito del genio primitivo,presumente che l'artigiano non sofisticato sia enormementepiu dotato della sua controparre sofisticata." Il mito deldarwinismo architettonico ha ora preso il posto di quello.2~

Eppure, sebbene questo nuovo mitO sia piti accettabile, nellasua forma consueta non è realmente piu informativo del·l'ahro. '"Esso-dice, press'a.poco, che le forme primitive sono buonein quanto sono un risultato di un processo di adattamentograduale, in base al quale attraverso i secoli tali forme- sonostate gradualmente rese adeguate alle loro culture da seriedi cortezioni intermittenti ma persistenti. Ma questa spie­gazione è solo UI) vago cenno.2S Non ci dice infatti cosa im­pedisce che tali adàttamenti avvengano con successo nellacultura autocosciente, mentre invece è proprio questo chevogliamo sapere con la massima urgenza. E dopotutto, co­me spiegazione dell'adeguata rispondenza riscontrata nellacultura non autocosciente, il concetto grezzo di adattamentonon è affatto soddisfacente. Se le forme in una cultura nonautocosciente rispondono idoneamente ora, è probabile che

.10 abbiano sempre fatto. Non conosciamo nessuna diffe­renza notevole fra lo stato presente e gli stati passati delleculture non autocoscienti; e questo assunto, che l'adatta­mento delle forme in tali culture sia il risultato di 'aggiu­stamento graduale (cioè, miglioramento) attraverso il tem­po, non fa luce su quale dovrebbe essere attualmente unprocesso dinamico nel quale forma e contesto cambiano en­trambi di continuo, pur rimanendo sempre mutualmenteequilibrati. 26

Per cogliere nella sua natura il processo creativo della for­ma, non è sufficiente rimettersi a quella conCisa, monover-

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baIe, significazione del suo meccanismo che si raccoglie nel­la parola «adattamento». Dovremo invece confrontare neisuoi dettagli il funzionamento interno del processo forma­tivo non autocosciente, con quello del processo autocoscien­te, chiedendoci per qual motivo l'uno funziona e l'altro no.In prima approssimazione, dirò che il processo non auto­cosciente possiede una struttura che lo rende orneostatico(vale a dire: organizzante sé medesimo), e che esso perciòproduce, in modo coerente forme sempre idoneamente ri­spondenti, anche in presenza di qualsivoglia mutamento. Edirò che invece, nella cultura autocosciente la strutturaomeostatica del processo è infranta, di modo che la produ­zione di forme non adatte al loro contesto è non solo pos­sibile, ma addirittura probabile."

Abbiamo stabilito nel capitolo precedente che pet descri­vere la rispondenza e la non-rispondenza fra forma e conte­sto, dobbiamo compilare un elenco di variabiJi binarie, ognu­na delle quali designa una potenziale disattitudine.Nello sfondo del processo formativo, sia autocosciente chenon autocosciente, queste variabili di non-rispondenza sonocostantemente presenti: siano esse pensieri nella mente diun progettista, o siano azioni, critiche, fallimenti, dubbi.Solo il pensiero e l'esperienza di un possibile fallimento for­niscono l'impulso a creare una forma nuova.In qualsiasi momento di questo processo creativo, che laforma sia in uso, o sia invece un prototipo, o anche soltantoun abbozzo, oppure sia caduta nell'obsolescenza, per ognu­na delle variabili si verifica comunque l'alternativa dellarispondenza o quella deJla mancata rispondenza. Possiamodescrivere lo stato di tutte le variabili insieme per mezzodi una fila di uno e di zero, una per ogni variabile: peresempio, per 20 variabili, 00100110101110110000, sarebbeuno stato. Ogni possibile fila di l e di O è un possibilestato dell'insieme.Mentre procede la creazione di forma, anche il sistema dellevariabili cambia di stato. Una disattitudine è rimossa, neinterviene un'altra, e questi mutamenti a loro volta provo­cano entro il sistema reazioni che influiscono sugli stati di

Funzionamentodi un sistemadi variabili

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altre variabili. Mentre la forma e la cultura cambiano, auno stato ne segue un altro. La successione degli stati attra~

verso i quali passa il sistema è una registrazione o storiadell'adattamento fra la forma e il contesto. La storia delsistema mostra il processo formativo al lavoro. Per porrea confronto i processi non autocoscienti con quetli auto­coscienti, non abbiamo che da esaminare il genere di storhrche il sistema di variabili può presentare nei due distintitipi. Come vedremo, la storia del sistema nei processi nonautocoscienti e in quelli autocoscienti rivela profonde dif­ferenze.Forse capiremo. meglio l'idea della storia di un sistema trac­ciandone un semplice quadro.1S

(

Immaginiamo un sistema di 100 fonti luminose. Ogni fontepuò troyarsi in uno di due stati possibili. In uno stato èaccesa. Le fonti sono collegate in modo tale che qualsiasifonte ha sempre il 50 % di probabilità di spegnersi il se­condo' dopo. Nell'altro stato la 'fonte luminosa è spenta. Icollegamenti fra le fonti sono costituiti in modo che qual­siasi luce spenta ha il 50 % di probabilità di accendersi nuo­vamente nel secondo successivo, a condizione che almeno unadelle fonti alle quali è collegata, in quell'istante sia accesa.Se le fonti luminose alle quali è direttamente collegata sonospente, non ha nessuna possibilità di accendersi, e restaspenta. Se le fonti luminose sono tutte spente simultanea­mente, allora resteranno spente definitivamente, poichéquando non vi è una fonte accesa, nessuna fonte ha qualcheprobabilità di essere riattivata. Questo è uno stato di equi­librio. Prima o poi il sistema di fonti luminose raggiungeràque'sto stato di equilibrio.L'esempio delle fonti luminose ~i aiuta a capire la storiadel processo creativo della forma. Ogni fonte è una varia­bile binaria, e come tale può essere considerata come unavariabile di disattitudine. Lo ~tato dell'essere spenta equi­vale all'attitudine, o rispondenza; lo stato dell'essere accesaequivale alla non-rispondenza. Il fatto, infine, che una fonteaccesa abbia la probabilità del 50 % di spegnersi ogni se­condo, trova una sua corrispondenza nel fatto che ogniqual­volta sopravvenga una disattitudine, ci si' adopera per cor-

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reggerla. Il fatto che le fonti già spente possono essere riac·cese da fonti ad esse collegate, corrisponde al fatto che per­fino aspetti già ben adatti di una forma possono essere nuo­vamente sconvolti da mutamenti che erano iniziati per cororeggere qualche altra disattitudine, e ciò a causa dei colle­gamenti che esistono fra le variabili. Lo stato di equilibrio,quando tutte le fonti sono spente, corrisponde alla perfettarispondenza, o adattomento. È l'equilibrio nel quale tuttele variabili di non rispondenza prendono il valore O. Primao poi il sistema delle fonti luminose finirà sempre per rag~

giungere questo equilibrio. L'unica domanda che resta è:quanto tempo ci vorrà perché questo succeda? Non è diffi­cile vedere che, a parte l'incidenza del caso, la rispostadipende solamente dallo schema delle interconnessioni frale fonti.

Consideriamo due circostanze estreme.29

1. Da una parte, supponiamo che non vi sia alcuna inter­connessione fra le fonti luminose. In questo caso non vi ènulla che impedisca a qualsiasi fonte di restare spenta defi­

nitivamente, appena si spegne. La media del tempo neces­sario perché si spengano tutte le fonti è perciò solo un pocosuperiore alla media di tempo necessaria perché si spengauna fonte sola, precisamente 2' secondi ovvero 2 secondi.2. D'altra parte, immaginiamo che esistano fra le fontiinterconnessioni tanto ricche che qualsiasi fonte ancora ac­

cesa possa riattivare rapidamente tutte le altre accendendoledi nuovo. Il solo modo in cui questo sistema può raggiun­gere l'adattamento dipende dalla pura possibilità che tuttele 100 fonti si spengano, per un ca"so, allo stesso momento.

Il tempo medio che deve passare prima che questo avvengasarà dell'ordine di 2100 secondi, ovvero 1022 anni.Il secondo caso è privo di significato. L'età dell'universo è

solo di circa 1010 anni. Per qualsiasi scopo e proposito ilsistema non sarà mai adatto. Ma neanche la prima ipotesiha praticamente senso. In qualsiasi sistema reale infatti viè sempre fra le variabili qualche interconnessione che rendeimpossibile ad ogni singola variabile di adattarsi in COffi-

Interrelazionee adattamento

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pleto isolamento. Costruiamo dunque una terza ipotesi.3. Supponiamo in questo caso che vi siano di nuovo inter­connessioni fra le 100 fonti luminose, ma che sia possibilediscernere nel sistema delle interconnessioni, una decina disottosistemi principali, ognuno dei quali contiene lO fontiluminose.3D Le fonti comprese in ogni sottosistema sono col­legate cOSI strettamente che, di nuovo lO devono spegnersisimultaneamente perché restino tutte spente; eppure, allostesso tempo, i sottosistemi stessi sono reciprocamente indiw

pendenti a loro volta, in quanto entità unitarie, di modoche le fonti di un sottosistema possono essere spente senzaessere riattivate da altre accese in altri sottosistemi. Il tem­po medio che ci vorrà per spegnere tutte le 100 fonti èpress'a poco lo stesso che ci vuole per spegnere un sotto­sistema, precisamente 210 secondi, vale a dire circa un quar­to d'ora.

Naturalmente, i sistemi reali non SI comportano In modocosi semplice. Ma 15 minuti non è un tempo molto supe­riore ai 2 secondi che occorrono per adattare una variabileisolata, e l'enorme divario fra questa grandezza e i 1022 annici fornisce una lezione essenziale. Nessun sistema complessoadattabile riuscirà praticamente ad adattarsi in una quan­tità di tempo ragionevole, a meno che l'adattamento possaprocedere per sottosistemi, essendo ogni sottosistema rela­tivamente indipendente dagli altri. 31

Questa è una situazione familiare e trova analogia direttanelle scatolette puzzles dei bambini, cosi divertenti e tantoesasperanti. Il problema, in questi puz1.les, è di riuscire 3

formare certe configurazioni dentro la scatola, dando lievicolpetti al perimetro deUa scatola. Pensiamo al piu sempli­ce di questi puz1.tes dove sei palline variamente coloratedevono essere -collocate ciascuna in un foro di colore cor­rispondente.Un modo di affrontare questo problema può essete quellodi sollevare il giocattolo, dargli una energica scossa, C metter­lo giu di nuovo, con la speranza che per caso la configura­zione corretta si formi. Questo metodo del tutto-a-nientepuò essere ripetuto parecchie migliaia di volte, ma è chiaro

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che le possibilità di successo sono trascurabili. Il bambinoche non capisce quale è il migliore metodo per giocare seguein genere questa tecnica. Ma il modo di gran lunga piu faci·le - ed è infatti il modo che si adotta ragionevolmente - è'di manovrare una pallina alla volta. La pallina una voltache è nel foro vi resta inserita definitivamente, purché siperqlOta con delicatezza; allora si comincia a manovrare la-seconda e via di seguito lino ad arrivare alla configurazionefinale, passo per passo. Se trattiamo ogni pallina come unsottosistema isolabile, e trattiamo i sottosistemi in manieraindipendente, possiamo risolvere il puzzle.Se ora consideriamo il.processo creativo della forma, scor­giamo, alla luce di questi esempi, un modo semplice direndere esplicita la distinzione fra i processi che fUDzionan.oe quelli che non funzionano. Qobbiamo ricordarci in qualesenso preciso vi può essere un sistema attivo in un proces­so creativo di forma. Si tratta di un sistema puramente fit­tizio. Le sue variabili sono le condizioni che devono esseresoddisfatte da un buon adattamento fra la forma e il con­testo. Le sue interazioni sono i collegamenti causali che con·nettano le variabili una all'altra. Se in una casa non vi èabbastanza luce, si possono aggiungere altre finestre: il cam·biamento può migliorare la luce, ma può .comprometterel'intimità. Un altro modo per aumentare la luce può esserequello di allargare le finestre ma con questo si potrebbefar crollare la casa.Questi sono esempi di collegamenti intervariabili. Se rap·presentiamo questo sistema disegnando un punto per ognivariabile di non-rispondenza e un legame fra due punti perciascuno dei collegamenti causali, otteniamo una strutturache è press'a poco cOSI:

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Adesso torniamo indietro alla questione dell'adattamento. Èchiaro che le variabili di non-rispondenza, essendo intercon­nesse, non possono essere risolte indipendentemente, unaper una. D'altra parte, poiché Don tutte le variabili sonoconnesse in modo ugualmente stretto (in altre parole non visono solamente dipendenze fra le variabili, ma anche indi­pendenze) J vi saranno sempre dei sottosistemi come quellicontornati qua sotto, che possono, in linea di principio, ope­rare con una certa autonomiaY

Di conseguenza, possiamo rappresentare il processo creativodi forma come l'azione di una serie di sottosistemi, tutticoncatenati, eppure abbastanza liberi l'uno dall'altro peradattarsi indipendentemente in un periodo di tempo con­veniente. Questa funziona, perché i cicIi di correzione e diricorrezione, che avvengono durante l'adattamento, sono cir­coscritti ad un sottosistema alla volta.In modo diretto, non saremmo capaci di vedere se i pro­cessi creativi di forma, non autocoscienti e autocoscienti,operano o meno attraverso sottosistemi. Dedurremo invecei~direttamente i loro modi di operare.Il maggiore indizio della struttura interna di qualsiasi pro­cesso dinamico sta nella sua. reazione al mutamento. Unacultura, naturalmente, non passa da un mutamento al suc­cessivo con netti spostamenti. Si intessono continuamentenuovi fili, che rendòno i mutamenti continui e uniformi. Madal punto di vista del suo effetto su una forma, il muta­mento diventa significativo nel momento in cui un faIli-

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mento o una non-rispondenza raggiunge una importanzacritica: nel momento. cioè, in cui questa disattitudine è pale­semente riconoscibile e la gente sente che la forma ha qual­cosa di sbagliato in se stessa. È perciò legittimo, per il no­stro scopo. considerare una cultura come soggetta a mutareattraverso passaggi netti ed evidenti.33

Desideriamo sapere, ora. come reagisce il processo creativodella forma a un tale mutamento. Sia che sopravvenga undisadattamento nuovo, prima sconosciuto, sia che uno giànoto torni a presentarsi, in ambedue i casi, dal nostro puntodi vista, qualche singola variabile cambia valore da O a 1.Precisamente, cosa accade quando una variabile di disatti­tudine assume il valore l? Come si comporta il processosotto questo stimolo?Torniamo indietro per un mOf!lento al nostro sistema delle100 Ionti luminose. Supponiamo che il sistema sia in unostato di adattamento: che, cioè, tutte le fonti siano spente.Immaginiamo ora che ogni tanto una fonte venga accesa daun agente esterno, anche se nessuna delle altre è accesa perattivarla. Aspettando di vedere cosa avviene dopo, possiamomolto facilmente dedurre la struttura int~rna del sistema,anche se non possiamo vederla direttamente. Se la fonteluminosa lampeggia sempre una volta, e poi si spegne anco­ra e resta spenta, ne deduciamo che le fonti possono adat­tarsi indipendentemente, e perciò non vi sono interconnes­sioni fra le fonti. Se la fonte invece ne attiva qualche altraed esse lampeggiano insieme per un po', e poi si spengono,deduciamo che stanno agendo dei sottosistemi di fonti inter­connesse. Se la fonte lampeggia e poi attiva altre fonti fin­ché tutte lampeggiano, e non si assestano mai piu, ne de­duciamo che il sistema è incapace di adattarsi, sottosistemaper sottosistema, perché le interconnessioni sono tropporicche.La fonte luminosa solitaria accesa da un agente esterno è uncaso di disadattamento occasionale. La re~zione del siste­ma a questo « disturbo» corrisponde alla reazione del pro­cesso creativo della forma a quella mancata rispondenza. Senoi rileviamo la presenza attiva di sottosistemi in un pro­cesso, possiamo allora arguire (come se fosse per induzione) 51

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che questa è pienamente responsabile della buona rIspun­denza deUe forme che sono prodotte dal processo. Poichése le buone forme possono sempre essere adattate corretta­mente ogni qualvolta intervenga un lieve disadattamento,allora nessuna sequenza di mutamenti distruggerà mai ilbuon adattamento (almeno finch~ il processo mantiene que­sto carattere); e purché vi sia stato buon adattamento inqualche periodo del passato, non importa quanto remoto(il primo termine dell'induzione) esso avrà persistito, per­ché vi è una stabilità attiva in azione.3~ Se, d'altra parte, ilprocesso formativo è tale che un cambiamento minore diculwra può rovesciare il buon adattamento delle forme cheproduce, allora qualsiasi forma ben adatta che possiamo os·servare in un periodo o in un altro è solo per caso rispon.dente; e. la prossima deviazione culwrale potrebbe condur­re ancora una volta alla produzione di forme inadatte.È la natura interna del processo che conta. Il punto essen­ziale che sta alla base della discussione seguente è che nelleculrure non autocoscienti i costruttori di forma reagisconoai. piccoli cambiamenti in un mudo che permette pratica­meme ai sottosistemi del sistema di non-rispondenza di ope­rare indipendentemente; mentre, poiché la reazione autoco­sciente al cambiail lento non può avvenire sottosistema persottosistema, le forme che ne scaturiscono sono arbitrarie.

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3111 processonon autocosciente

Rivolgiamo la nostra attenzione, innanzi tutto, alle culturenon autocoscienti.Sarà prima necessario delineare le condizioni che influen­zano la produzione delle forme nelle culture non autoco­scienti. Noi sappiamo per definizione che l'esperienza co­struttiva viene acquisita senza formalità e in assenza di re­gole codificate.! Malgrado questa assenza (ma forse in real­tà, come vedremo piu tardi, proprio per quest'assenza), leregole no~ espresse sono molto complesse e restano rigo­rosamente conservate. È stabilito con precisione un mododi fare le cose, e un modo di non farle. Esiste una tradi­zione .fermamente determinata, accettata senza discussioneda tutti i costruttori di forma, e questa tradizione resistecon forza al mutamento.L'esistenza di tradizioni cosi forti e l'evidenza della lororigidità si. manifestano già ad un certo livello in quegliaspetti delle culture non autocoscienti che sono stati trat­tati. È chiaro, per esempio, che le forme non restano inal­terate per secoli senza diventare tradizione. Se le case egi­ziane del Nilo hanno oggi la stessa pianta delle case rappre­sentate nei geroglifìci,2 possiamo essere abbastanza certi chei loro costruttori agiscono nella morsa di una tradizione. Inqualsiasi luogo ave le forme sono virtualmente le stesse oggicome migUaia di anni fa, i legami devono essere estrema­mente potenti.Nell'Italia meridionale, né i trulli della Puglia, né le capan­ne dei carbonai di Anzio vicino a Roma sono cambiati daiter,ppi preistorici. 3 Lo stesso è stato accertato per le casenere delle Ebridi Esterne e per gli hogans dei Navaho'La caratteristica piti evidente della tradizione architettonicanelle culture non autocoscienti è la ricchezza di mito e dileggenda che si ritrova nell'uso del costruire. Le storie dirado si occupano esclusivamente di abitazioni, tuttavia de- 53

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scrizioni della casa, della sua forma, delle sue ortglnl, ricor­rono nei principali miti globali che si trovano proprio alleradici della ctÙtura. Tutte le volte che questo accade, nonsolo la tradizione architettonica diventa inattaccabile, ma èsicura la sua costante ripetizione. Le tende nere, usate dainomadi dalla Tunisia all'Afghanistan, ricorrono piu di unavolta nell'Antico Testamento' E i racconti popolari dellaantica Irlanda e delle Ebridi Esterne sono pieni di- riferi­menti indiretti alla forma delle càse.6 L'età di questi esempici dà un'idea di come siano forti e antiche le tradizioni cheagiscono nel modello non autocosciente delle forme di abi­tazione. Ogni volta che la casa compare in un mito, essadiventa subito parte di un ordine superiore, ineffabile, im­mutabile, che non si deve cambiare. Se certi indiani delleAmazzoni credono che dopo la morte l'anima si ritiri inuna casa posta alla sorgente di un fiume misterioso,' il solofatto che la casa sia associata ad una storia di questo gene­re elimina ogni possibiJità di critica meditata alla sua form.lstandard e pone fuori questione il problema dei limiti dellasua «esattezza ».

I riti e i tabu legati all'abitazione sono ancora piu forti. Intutta la Polinesia, la resistenza al cambiamento si fa sentirein modo assolutamente inequivocabile nel fatto che la co­struzione di una casa è una occasione di cerimonia.! Le fun4

zioni dei sacerdoti e quelle dei costruttori, malgrado presen­tino diversità da un'isola all'altra, sono sempre specificatecon chiarezza; e la rigidità dei modelli di comportamentq,ancorati a una persistenza delle tecniche, conserva le formestesse e rende estremamente difficile il cambiamento. Quan·to agli indiani navaho, essi pure fanno dei loro hogans l'Og4getto di una esecuzione fra le piu elaborate.9 Anche quil'importanza dei rituali, e la loro rigidezza, rende impossi­bile il minimo cambiamento nelle forme.La rigidità della tradizione agisce in modo ancora plU evi­dente quando i costruttori della forma sono obbligati a lavo­rare con limitazioni inequivocabili. Il samoano, se deve fareuna buona casa, deve usare il legno dell'albero dei pane. IO

Il contadino italiano che costruisce un trullo a Alberobellopuò permettersi una certa libertà di espressione personale

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solo nel blocco di stucco che corona il cono del tettoY IlWanoe ha un canto che gli prescrive minuziosamente la se~

quenza delle operazioni cui deve attenersi mentre costruiscela sua casa." Il gallese deve fare i cruks che sopportano iltetto ·seguendo precisamente lo schema della tradiiioneY Laforma dei tetti dei costruttori di Sumatra non deriva dauna esigenza strettamente strutturale, ma solo dal fatto chequello è il modo di fare i tetti a Sumatra.14

Ciascuno di questi casi è un esempio dello stesso fenomeno.Le culture non autocoscienti contengono, come caratteristi­ca dei loro sistemi di produzione della forma, una certaintrinseca fissità, dovuta ai modelli del mito, della tradizionee del tabu, resistenti ad ogni cambiamento volontaristico.I costruttori di forma si concedono la libertà di una modifi­ca soltanto in presenza di una ,forte costrizione, ave soprav­vengano disturbi tanto potenti (e palesi), a carico delleforme esistenti, da imporne la correzione.

Ora si tratta di stabilire quando insorgano tali perturba~

menti, e con quale rapidità la disattitudine della forma con­duca all'intervento che la modifica. Forse dobbiamo primaconsiderare quale sia la vicinanza dell'uomo alla terra inogni cultura non autocosciente, e pensare ai materiali cheusa quando costruisce la sua casa. L'affittuario di un pic­colo podere delle Ebridi usa pietra ed argilla e zolle di erbae paglia, perché trova questi materiali nell'ambiente circo­sta'nte.15 La tenda degli indiani era fatta con il cuoio delbisonte mangiato. '6 Il pugliese usa come pietre da costru­zione i sassi che ha tolto dalla terra per renderla coltiva­bileY Questi uomini rivelano estrema perizia nel valorizzaregli alberi, le pietre e gli animali che forniscono i mezzi per

.la loro sopravvivenza, il loro nutrimento, le loro medicine,i loro mobili, i loro attrezzi. Per il membro di una tribuafricana, i materiali disponibili non sono semplicemente og­getti, ma sono pieni di vita. 18 Li conosce completamente dalprincipio alla fine; ed essi sono sempre a portata di mano.Strettamente associato con questa immediatezza sta il fattoche il costruttore è proprietario della casa che si costruisce,che non soltanto ha creato la forro"a, ma ci vive dentro, sta-

Agevole interventoe rapido adattamento

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bilendo con essa un contatto particolarmente stretto, checonduce ad un costante riordinamento del dettaglio insod·disfacente, a un costante miglioramento. L'uomo, già re­sponsabile dell'originario configurarsi della forma, ne avver~

te costantemente ogni esigenza mentre l'abita.19 E, ovunquesi richieda una modifica, l'intervento è immediato.L'Abipon, che aveva una abitazione pitl semplice di una ten­da perché era formata da due pali e una stuoia, scavava unatrincea per eliminare la pioggia se questa gli dava fastidio?)L'eschimese reagisce costantemente a ogni cambiamento ditempetatura dentto \'iglu aptendo buchi e cbiudendoli contappi di neve. 21 L'immediatezza molto particolare di questeazioni può essere chiarita forse come segue. Pensiamo almomento in cui la neve comincia a sciogliersi e gocciola dalsoffitto ..divenendo insopportabile. L'uomo deve rimediaresubitO all'inconveniente. Un provvedimento fra i piti proba­bili ed immediati è allota quello di ptaticate un foto chelasci entrare aria fredda. L'uomo si rende conto che deveintervenire, e interviene; ma non lo fa perché ricorda unaregola generale e la applica (( quando la neve incomincia a·scioglietsi, vuoI dite che fa ttOppO caldo ndl'iglu e petciò èala di ... »): semplicemente lo fa. E anche se le patOle pos­sono accompagnare l'azione, esse non hanno un ruolo essen­ziale. Questo~.è il punto importante. La deficienza o l'ina­deguatezza della forma conduce direttamente all'azione.L'immediatezza è dunque la seconda caratteristica crucialedella produzione di forma del sistema non autocosciente.Disattitudine e rimedio procedono fianco a fianco. Non esi­ste riflessione tra il riconoscimento di una inidonehà e lareazione ad essa. 21 L'immediatezza è anche accentuata tal~

volta dal fatto che il costruire e il riparare sono fatti ditutti i giorni. L'eschimese, durante le cacce invernali, co­struisce un nuovo iglu ogni notte.23 La copertura della ten­da degli indiani dura raramente piti di una stagione.24 Lepateti di fango della capanna dei Tallensi hanno bisogno difrequemi impiastrature.25 Perfino le elaborate abitazioni co­muni delle tribti amazzoniche sono abbandonate ogni due otre anni e vengono costruite di nuovo.~ Materiali non per­manenti e modi di vivere poco stabili richiedono costanti

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ricostruzioni e riparazioni e questo fa si che il plasmare for­ma divenga un compito perennemente presente agli occhi ealle mani dell'abitante.Se una forma viene ripetuta nello stesso modo parecchievolte o addirittura lasciata semplicemente immutata, pos­siamo essere quasi certi che il suo utente ha trovato pocoda obiettare in essa. Poiché i suoi materiali sono a portatadi mano, e il loro uso è sotto la sua unica responsabilità,non esiterà certo ad agire appena insorga la necessità dicambiamenti anche lievi.Torniamo ora alla questione dell'adattamento. Il principiofondamentale dell'adattamento dipende dal semplice fattoche il processo verso l'equilibrio è irreversibile. La disatti~

tudine provoca sempre uno stimolo verso il cambiamento;l'idoneità invece non lo provoca mai. In teoria il processoè orientato verso il finale raggiungimento di ùn equilibriodi forme perfettamente rispondenti.Comunque, perché l'adattamento praticamente avvenga, de­ve essere soddisfatta una condizione essenziale. Deve av~re .il tempo di avvenire. Il processo deve essere capace di rag­giungere il suo equilibrio prima che un ulteriore cambia­mento di cultura nuovamente lo turbi. Esso deve realmenteavere tempo per raggiungere il suo equilibrio ogni qualvolta questo è perturbato; o, se consideriamo il processocome continuo piuttosto che come intermittente, l'adatta­mento delle forme deve procedere piu rapidamente dell'evo­luzione del contesto culturale. Se non si verifica questa con­dizione, il sistema non può mai produrre forme idonea­mente rispondenti, poiché altrimenti l'equilibrio dell'adat­tamento non sarà mantenuto.Come abbiamo visto nel capitolo 3, la velocità dell'adatta­mento dipende essenzialmente dal fatto che l'adattamentopossa o meno aver luogo in sottosistemi indipendenti e ri­stretti. Malgrado non sia possibile discernere realmente edirettamente questi sottosistemi nel processo non autoco­sciente, si può però dedurre la loro attività proprio dalle duecaratteristiche del processo che abbiamo discusso: l'imme­diatezza e la tradizione.La reazione immediata è la retroazione del processo.27 Se il 57

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processo deve conservare la buona risponèlenza delle formedelle abitazioni, mentte lo sviluppo della cultura segue il suocorso, esso ha bisogno di una retroazione abbastanza sensi­bile per agire nel momento in cui si manifesta una delle po­tenziali deficienze. La caratteristica essenziale della retroazio­ne è la sua immediatezza. Perché solo attraverso un'azionepronta essa può prevenire l'accumularsi di una serie di defi­cienze che richiederebbero allora correzioni simultanee: uncompito che p.otrebbe, come abbiamo visto, occupare trop­po tempo per essere assolvibile in pratica.Comunque, la sensibilità deIla retroazione non è sufficientedi per sé per condurre all'equilibrio. La retro3iione deveessere controllata, e in certo modo contenuta,28 Un similecontrollo è fornilO dalla resistenza al cambiamento che lacultura non autocosciente ha incorporato nelle sue tradizio~

ni. Forse potremmo dire, a proposito di queste tradizioni,che esse rendono viscoso il sistema. Questa viscosità atte·nua i cambiamenti fatti, e impedisce la loro estensione adaltri aspetti della forma. Ne risulta che sono permessi solocambiamenti urgenti. Una volta che una forma rispondaidoneamente non si fanno piu cambiamenti finché essa nonvenga nuovamente meno alla sua idoneità. Senza questo fre­no della tradizione, le ripercussioni di un intervento pro­vocato, inizialment~, dalla piu piccola deficienza, potrebbe­ro ampliarsi sempre piu e finirebbero con il propagarsi trOp­po rapidamente per essere corrette.Da una parte l'immediatezza della reazione alla disattitudineassicura che ogni deficienza sia corretta non appena si mani­festi, e con ciò restringe il cambiamento ad un sottosistemaalla volta. E d'altra parte la forza della tradizione, oppo­nendo resistenza ai cambiamenti inutili, mantiene ferme tut­te le. variabili estranee al sottosistema in causa, e impedisceche quei lievi disturbi fuori del sotlOsistema abbiano presa.La tradizione rigida e l'azione immediata possono sembrarecontraddittorie. Ma è proprio il contrasto tra queste dueforze che rende il processo autoregolato. È proprio la rea­zione rapida alle singole deficienze, completata dalla resi­stenza a tutti gli altri cambiamenti, che permette al proces­so di assumere serie di assestamenti minori, anziché intra-

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prenderne di globali e spasmodici: si rende cosi possibileoperare su un sottosistema alla volta, consentendo che ilprocesso di assestamento si mantenga agile e piu rapido delritmo con cui si evolve la culturaj l'equilibrio sarà sicura­mente ristabilito ogni qual volta avvengano lievi perturba­zioni; e le forme non SODO semplicemente adatte al lorocontesto culturale, ma sono con esso altresl in un rapportodi equilibrio attivo.29

L'azione di un tale processo non grava quasi per niente Semplice correzionesull'abilirà dell'artigiano individuale. L'uomo che crea la delle deficienzeforma è semplicemente un operatore, e molto poco è ri.chie-sto a lui durante l'evoluzione della forma. Anche i cam-biamenti piu involontari condurranno alla fine a forme ido-neamente rispondenti, perché la tendenza all'equilibrio èinerente all'organizzazione del processo. Tutto ciò di cui habisogno un operatore è di riconoscere le deficienze quandosi presentano, e di reagire ad esse. E questo può farlo anchel'uomo piu semplice. Poiché, mentre solo pochi uomini han·no una capacità integrativa sufficiente per inventare formedotate di chiarezza, tutti invece sono capaci di criticare leforme già esistenti,30 È importante comprendere e stabilireche in un processo non autocosciente l'operatore non haalcun bisogno di forza creativa. Non ha bisogno di saper'migliorare la forma, ma soltanto di introdurre qualche cam~

biamento quando rileva una deficienza. I cambiamenti pos-sono non essere sempre per il meglio; ma non è necessarioche lo siano, poiché l'azione del processo assimila solo i mi· 'glioramenti.Per rendere veramente chiara l'analisi precedente, la useròper illuminare un fenomeno piuttosto curiosoY I contadinislovacchi erano una volta famosi per la loro maestria neltessere scialli meravigliosi per colori e disegni, con filati cheerano stati immersi in tinture fatte in casa. All'inizio delXX secolo, cominciarono a utilizzare tinture all'anilina e su~

bito la qualità estetica degli scialli decadde; non erano piutenui e delicati, ma grossolani. Questo cambiamento nonpuò essere attribuibile al fatto che le nuove tinture fosseroin qualche modo peggiori perché erano brillanti come le 59

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altre e perfino superiori per varietà di colori. Eppure i nuo­vi scialli finirono per risultare volgari e privi d'interesse.Ora se, come sarebbe tanto piacevole supporre, coloro cheface~ano.gli scialli avessero posseduto un'abilità artistica in·nata, se fossero stati -tanto dotati da essere assolutamente«capaci» di creare comunque bellissimi scialli, sarebbe qua·si impossibile spiegare la loro successiva goffaggine. Ma seconsideriamo la situazione in modo differente, è molto faci­le spiegarla. Gli autori degli scialli erano solo capaci - co­me lo sarebbero molti di noi - di distinguere gli scialli ma].riusciti e di correggere i propri errori.Indubbiamente; nel corso delle generazioni, gli scialli eranoriusciti spessò molto male. Ma ogni volta che se ne facevauno scadente lo si riconosceva come tale, e perciò non losi ripete:va. E sebbene nulla potesse garantire che il cambia­mento sarebbe stato per il meglio, si trattava comunque diun cambiamento. Quando poi i risultati. erano ancora insod­disfacenti, si provve;deva ad ulteriori modifiche che pote­vano continuare finché gli scialli non avessero riacquistatola loro bellezza, facendo cosi venir meno lo stimolo a rie­laborare il modellp.Non oc<;orre dunque riconoscere a quegli artigiani doti distraordinaria abilità. Facevano magnifici scialli rimanendoentro una lunga tradizione, e operando lievi modifiche ognivolta che qualcosa sembrava richiedere un miglioramento.Ma quando si presentarono scelte piti complicate, la loro ap­parente maestria e la loro stessa facoltà di giudizio scampar·vero. Fallirono di fronte al compito complesso e poco fami·liare di inventare forme dal nulla.

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4111 processo autocosciente

Dall'analisi della cultura non autocosciente emerge uno sche­ma chiaro: essendo autoregolata, la sua azione permette laproduzione di forme capaci di ben adattarsi e di restare inequilibrio attivo col sistema.Del tutto divetso è il modo di creazione delle forme nellacultura autocosciente. Proverò a dimostrare che, propriocome è una proprietà. del sistema non autocosciente quelladi produrre forme perfettamente adatte, C051 è una carat­teristica del sistema autocosciente che le sue forme non ri­spondano in modo idoneo.È abbastanza facile immaginare che cosa comincia ad andarmale col manifestarsi della autocoscienza: le stesse caratte­ristiche che abbiamo riconosciuto come responsabili dellastabilità del processo non autocosciente cominciano a sparire.La reazione alla deficienza, una volta cOSI immediata, ora lodiventa sempre meno. I materiali non sono piu a portatadi mano. Gli edi6.ci permangono piu a lungo; le riparazionisono meno frequenti e i riattamenti meno comuni di una,volta. La costruzione non è plu nelle mani degli abitanti;quando si presentano deficienze, devono essere varie volterifp.rite e descritte prima che lo specialista le riconosca efaccia qualche accomodamento stabile. In tal modo la deli·cata sensibilità della reazione alle deficienze che è tipica delprocesso non autocosciente, in quello autocosciente risultadecisamente attenuata e gli inconvenienti debbono esserepiuttosto considerevoli per provocare un intervento cor­rettivo.Ma anche la resistenza opposta dalla tradizione tende a suavolta a dissolversi. La resistenza al çambiamento intenzio­nale diventa piu debole, e il cambiamento in se stesso, unavolta deciso, è accettatO senza riserve. Le forme non si manotengono -costanti sotto ogni aspetto salvo uno, in modo chela correzione possa essere immediatamente efficace, e il gio- 61

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co reciproco dei cambiamenti simultanei è ora senza con­trollo. La viscosi tà che induceva il processo non autocoscien­te a fermarsi quando non vi erano piu deficienze, è scioltaora dall'alta temperatura dell'autocoscienza. E, come risul­tato di ciò. la spinta del sistema verso l'equilibrio non è pitlirreversibile; qualsiasi equilibrio trovi il sistema, ormai nonsarà piu permanente; quegli aspetti del processo che pote­vano conservarlo sono stati perduti. E d'altra parte il pro­cedere della cultura è divenuto cosi rapido da non conce­dere all'adattamento quel tempo che una volta lo rendevapossibile. Non appena un assestamento è cominciato, la cul­tura con una nuova svolta impone una nuova direzione.Nessun assestamento riesce mai a concludersi. E la condi­zione ess~nziale del processo - che esso abbia il tempo diraggiungete il suo equilibrio - è violata.Tutto questo accade nella realtà, oggi. Nella nostra civiltà,il processo di adattamento e di selezione che agisce nelleculture non autocoscienti è chiaramente scomparso. Ma que­sto, di per sé, non basta a spiegare il fatto che la culturaautocosciente non riesca a produrre nel suo proprio modoforme idoneamente rispondenti e organizzate con chiarezza.Anche se può essere genericamente ragionevole il rendereresponsabile la nostra autocoscienza del presente insuccesso,dobbiamo tuttavia scoprire quale male aflligga la produzio­ne di forma autocosciente. La patologia della cultura auto­cosciente è di per sé problematica e non può essere spiegatasemplicemente con il tramonto del processo non autoco­sciente.Qui non si vuole sottintendere che vi sia senz'altro un de­terminato, unico processo di sviluppo in virru del quale leculture autocoscienti possono farsi derivare da quelle nonautocoscienti. Ricordiamoci comunque che la distinzione frai due tipi è artificiale. E, per di piu, i fatti della storia sug­geriscono che l'eventuale sviluppo dall'una all'altra può av~

venire in vari modi.1 Dal punto di vista di questa specificaargomentazione, è indifferente il modo in cui avviene losviluppo. Ciò che conta, attualmente, è che prima o poiquel fenomeno evolutivo che è il maestro artigiano comin­cia ad assumere il controllo delle attività creative di forma.

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Un esempio antico dell'autocoscienza in evoluzione si trovaa Samoa. Mentre le case dei samoani sono costruite dai lorostessi abitanti, la tradizione esige che le cas~ per gli ospitisiano costruite da carpentierLl Poiché questi carpentieri han­no bisogno di trovare clienti, essi si offrono in qualità diartisti; e cominciano a introdurre innovazioni personali ecambiamenti col solo scopo di fatsi eventuali clienti che pos­sano giudicare il loro lavoro per la sua fantasia.3

L'affermazione deUa propria individualità perseguita dalcreatore di forma è un caratteristico fenomeno della culturaautocosciente. Pensate alle forme premeditate dei nostri a.r­chitetti che operano alla luce della ribalta. L'individuo, lacui esistenza dipende dalla fama che raggiunge, è ansiosedi distinguersi dai suoi colleghi architetti, di introdurre in·novazioni, e di diventare celebre.4

Lo sviluppo dell'individualismò architettonico è la manife­stazione piu evidente della fase in cui l'architetto si volgeper la prima volra verso una disciplina autocosciente. El'individualismo dell'architetto autocosciente non è neanchecompletamente voluto. È una naturale conseguenza delladecisione di un uomo di dedicare la sua vita esclusivamentealla specifica attività chiamata «architettura ».5 È chiaro chein questo momento per la prima volta l'attività diventa ma·tura per la ,teoria e per il pensiero impegnato. Poi, quandol'architettura si propone come disciplina e l'architetto indi­viduale si afferma, intere istituzioni -si formano per dedi­carsi esclusivamente allo studio e allo sviluppo deUa pro­gettazione. Si istituiscono le accademie; e mentre esse si svi­luppano, i precetti non formulati della tradizione cedono ilcampo a concetti chiaramente formulati, le cui stesse formu­lazioni stimolano la critica e il dibattito.6 Gli interrogativiconducono al dubbio, la libertà architettonica a ulterioriprese di coscienza, finché risulta che (almeno finora) lalibertà del creatore di forma è stata pagata a caro prezzo.La scoperta dell'architettura in quanto disciplina indipen.dente, costa molti cambiamenti fondamentali al processocreativo della forma. E in realtà, nel senso che mi propon­go di descrivere, l'architettura può dirsi fallita nel momentostesso del suo inizio. Con l'invenzione di una disciplina che

Individualismoe architettura

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si può insegnare, chiamata «architettura », l'antico processodel creare forma è stato adulterato e le sue possibilità disuccesso distrutte.La radice di questo male sta nell'individuo. Nel sistema nonautocosciente l'individuo è solo un semplice agente.7 Fa ciòche s? fare come meglio può, gli si domanda molto pocoe non ha alcun bisogno di inventare forme. Tutto ciò chesi esige da. lui è che sappia riconoscere i disadattamenti ereagire ad essi operando piccoli cambiamenti; e neppuresi richiede che si tratti di cambiamenti per il meglio. Comeabbiamo visto, poiché il sistema è capace di autoregolarsi,trova il proprio equilibrio, alla sola condizione che ognidisadattamento stimoli una qualsiasi reazione nell'operatore.Le forme prodotte all'interno di questo sistema non sono illavoro -di individui. e il .loro successo non dipende dalPabi­lità artistica di un qllalsiasi singolo uomo. ma solo dal postoche' occupa Fartista dentro il processo.8

Il processo autocosciente è dìverso. Il riconoscimento autd­cosciente della propria individualità da parte dell'artista haun effetto profondo sul processo del creare forma. Ogniforma è veduta ora come Papera di un solo uomo e il suosuccesso avvantaggia "solo !ui. L·autocosdenza porta con séil desiderio di liberarsi. il gusto per l'espressione ind1vidua·le. l'evasione dall.a tradizione e dai tabu. la volontà di auto­determinazione. ~a lo slancio del desiderio è temperato dailimiti dell'inventiva umana. Per compiere in poche ore altavolo da disegno ciò che una volta avveniva in secoli diadattamento e sviluppo. per inventare improvvisam"ente unaforma che si adatti con chiarezza al suo contesto, la misuradell·invenzione necessaria supera le possibilità di un proget·

. tis ta medio.Un uomo che si impegna a compiere questo adattamentoin un solo balzo non è dissimile dal bambino che scuoteirritato il suo puzzle illudendosi di poter con un sol colposistemare correttamente i pezzetti all'interno della scato1a.9

Il tentativo del progettista non è allidato al caso comequello del bambino, ma le dillicoltà sono le stesse. Le suepossibilità di successQ sono scarse perché è enorme il nume­ro dei fattori ch~ devono andare simultaneamente a posto.

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Ora, in un certo senso, la capacità limitata del progeuistaindividuale rende superflua ogni ulteriore trattazione circa

·le deficienze dell'autocoscienza. Se la cultura autocoscienteconta sull'individuo per produrre le sue forme, e l'individuonon ne è all'altezza, pare che non vi sia altro da dire. Mala cosa non è cosi semplice. L'individuo non è soltanto de"bole. Nel momento in cui, di fronte all'enotme sfida di unnuovo problema di progettazione, si rende conto della suadebolezza, fa dei passi per superarla; e, piuttosto strana­mente, proprio questi passi esercitano· un'influenza negativasul modo in cui sviluppa le forme. Vedremo, infatti, comeil mancato successo del sistema autocosciente non sia attri­buibile tanto alla scatsa capacità dell'individuo in generale,quanto al tipo di sforzi che egli fa, quando è autocosciente,per superare la sua incapacità ...

Esaminiamo meglio quale genere di difficoltà deve fronteg- Classificazionegiare il progettista. Prendiamo, per esempio, il ptogetto di dei requisitiun semplice bollitore, Deve uscirne un bollitore che si adat·ti al contesto del suo uso. Non deve essere troppo piccolo.Non deve essete difficile da maneggiate quando è caldo.Non deve essere facile lasciarlo cadere pet sbaglio. Non deveess~re difficile sistemarIo in cucina. Non deve essere difficilefarne uscire l'acqua, Deve consentire un agevole versamento.Non deve permettere che l'acqua si raffreddi troppo presto.I! materiale di cui è fatto non deve essere. troppo costoso.Deve poter sopportate il calore dell'acqua bollente. Non de-ve essere difficile pulirlo ~sternamente. Non deve avere unaforma difficile da fabbricare. Non deve avete una formainadatta al materiale che si sceglie per costruirlo, qualunqueesso sia. Non deve essere difficile fionrarlo, poiché questoaggrava il costo delle ore lavorative. Non deve facilmentecorrodersi nei vapùri delle cucine. Il suo interno deve con-servarsi libero da incrostazioni. Non deve essere difficileriempirlo d'acqua'. Non deve essere poco economico scaI-darvi, all'occorrenza, piccole quantità d'acqua che non loriempiano interamente. Non deve interessare soltanto unaminoranza tanto esigua da non poter essere appropriata-mente fabbricato a motivo di una insufficiente richiesta. Non 65

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deve essere COSI complicato da far temere che provochi in­

cidenti quando è adoperato da bambini o da invalidi. Non

deve far evaporare completamente l'acqua e arroventarsi

senza dare un segnale. Non deve essere poco stabile sul for­

nello mentre bolle.

Ho deliberatamente riempito una pagina con l'elenco di

questi ventuno requisiti o variabili di non-rispondenza lO

modo da precisare la natura amorfa dei problemi di pro­

gettazione che si presentano al progettista. Naturalmente il

progetto di un oggetto complesso, come è un'automobile, èmolto piu difficile e richiede un elenco molto piu lungo.

E non mi sembra necessario entrare ora nel merito della

lunghezza e deU'apparente disordine riscontrabile in un elen­

co atto "a definire adeguatamente il problema del progettare

un ambiente urbano.

In che modo può un progettista operare in presenza di coo- .

dizioni tanto disperse e amorfe, quando affronta il proble­

ma? Cosa farebbe uno di noi?

Poiché non possiamo riferirei alla lista completa ogni volta

che pensiamo al problema, inventiamo una notazione «ste­

nografica». Classifichiamo le voci, e poi pensiamo ai nomi

delle classi: poiché esse sono ovviamente meno numerose

delle voci, possiamo pensare ad esse molto piu facilmente.

Per usare un linguaggio psicologico, vi sono limiti al nume­

ro di concetti distinti che possiamo trattare in una sola vol­

ta in modo cognitivo, e perciò siamo costretti, se desideria­

mo avere una visione dell'intero problema, a ricodificare

queste voci. IO E cosI, nel caso del bollitore, potremmo clas­

sificare i requisiti che derivano dal processo di fabbricazio­

ne, quelli relativi alla sua capienza, quelli che garantiscono

la sua sicurezza, quelli che permettono un'economia nel

riscaldamento dell'acqua e quelli relativi al suo buon aspet­

to. Ognuno di questi concetti fornisce un termine generale

per un certo numero di requisiti specifici. Se avessimo 0101­

ra fretta (o se per qualche altra ragione fossimo obbligati

a semplificaro ulteriormente il problema) potremmo anche

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classificare questi concetti a loro volta e trattare il problemasemplicemente in termini di (l) funzione e (2) economia.

In questo caso avremmo eretto un sistema gerarchico a 4livelli sovrapposti, come nel diagramma seguente.

bollilOre

funzionalità economia

~f'àproduzione sicurezza uso costo manutenzione

~A\A\'~~21 requisiti specifici

Costruendo una tale gerarchia concettuale per proprio uso,il progettista è in grado di aver di fronte il problema tuttoin una volta. Egli raggiunge cosi una grande economia di

pensiero, e può con questi strumenti trovare una propria

strada attraverso problemi complessi che altrimenti non po­trebbe affrontare. Se si pensa che la sistematizzazione posta

non sia tanto frequente in pratica, basta pensare a qualsiasimanuale di ingegneria o catalogo di architettura; la gerar­

chia dei titoli e dei sottotitoli dei capitoli è organizzata

come è, proprio per comodità di comprensione. Il

Per superare le difficoltà ç1ella complessità, il progettistatenta di organizzare il suo problema. Egli ne classifica i variaspetti: e con ciò gli dà forma e lo rende piu facile da ma·neggiare. Ciò che piu lo disturba non è neppure la difficoltàdel problema. La maggior fatica è dovuta al peso costantedelia decisione: la responsabilità di cui si grava, una voltaliberato dalla tradizione, egli la evita dove può usando rego­le (o principi generali), che formula in termini concettualidi Sua invenzione. Questi principi sono alla radice di tuttele cosiddette «teorie» della progettazione architettonica,ll 67

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Si tratta di prescrizioni che alleviano il peso dell'autoco­scienza e della eccessiva responsabilità.È avventato, forse, considerare l'invenzione dei concetti edelle prescrizioni come un tentativo cosciente di semplifi.,care i problemi. In pratica essi si sviluppano come natu­rale risultato della discussione critica sulla progettazione. Inaltre parole, l'invenzione di concetti verbali e di regole nondeve essere vista in astratto come il presunto risultato diun'attitudine categoriale individuale, ma può essere riscon­trata ovunque si incontri il tipo di educazione formale cheabbiamo' chiamato autocosciente.Un novizio, nella situazione non autocosciente, impara ve­nendo corretto ogni volta che sbaglia: «No, non in quelmodo, in questo modo.»Nessun tentativo è fatto per formulare astrattamente quantoimplica il «modo giusto ». Il modo giusto è ciò che restaquando tutti i modi sbagliati sono stati eliminati. Ma inun'atmosfera intellettuale libera dalle inibizioni della tradi­zione, il quadro cambia. Dal momento che lo studente èlibero di discutere ciò che gli viène detto, e il valore è postosulla spiegazione, diventa importante decidere perché «que·sto» piuttosto che «quello» sia il modo giusto, e cercareragioni generali. Si fanno tentativi per racchiudere in prin·cipi gli specifici fallimenti e gli specifici successi che si sonoverificati. Ed ogni principio generale ora prende il posto dimolte ammonizioni specifiche e distinte. Esso ci dice in so~

'stanza di evitare questo tipo di forma, di preferire quell'al­tro. Una volta definito ciò che rappresenta un errore e ciòche rappresenta un successo, il tirocinÌo dell'architetto sisviluppa rapidamente.L'enorme elenco di possibili inidoneità o disattitudini, trop­po complesso per essere assorbito astrattamente dallo stu­de'lte, e per questa ragione afferrato di solito solo attraver·so l èsperienza diretta, come avviene nella cultura non auto­cosciente, può ora essere imparato perché gli è stata datauna forma. Le variabili di disadattamento sono schematiz·zate in categorie (come ad esempio «economia» o «acu­stica >.\) e, condensate in questo modo, possono essere inse­gnate, discusse, e criticate. È a questo punto - quando cioè

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si delineano nell'istruzione, e prendono corpo neIl'esercizio

deila professione, principi concettualmente determinati ­

che comincia a manifestarsi l'effetto nocivo dell'autocoscien­

za sulla forma.

Tenterò ora di richiamare l'attenzione sulla particolare, e

tanto dannosa, arbitrarietà dei concetti che vengono inven­

tati. Ricordiamoci che iJ sistema di requisiti interdipendenti

o variabili di disattittldine, attivo nell'insieme non autoco-I

sciente, è tuttora presente sotto la superficie.

Supponiamo, come prima, di raffigurare grossolanamente j1

sistema disegnando un collegamento fra ogni coppia di re­

qaisiti interdipendentij otteniamo qualcosa che ha fonda­

mentalmente questo aspetto.

Come abbiamo visto prima, le variabili di un tale sistema

possono essere ardinate in modo da soddisfare le condizioni

stabilite in un tempo ragionevole, solamente se i suoi sotto­

sistemi sono ordinati indipendentemente uno dall'altro. Un

sottosistema, parlando approssimativamente, è una delle ov­

vie componenti del sistema, come le parti raffigurate con un

cerchio attorno ad esse. Se tentiamo di ordinare un insieme

di variabili che non costituiscono un vero sottosistema, le

ripercussioni di quest'operazione di ordinamento interesse­

ranno altre variabili o gruppi di variabili esterni all'insieme,

per il semplice fatto che quest'ultimo non è abbastanza in­

dipendente. Abbiamo visto, nel cap.itolo 4, come il proce·

Sistemazione inun ordine di concettiverbali che sonoarbitrari

69

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dimento del sistema non autocosciente sia organizzato in mo~

do che l'operazione di ordinamento può aver luogo indipen­

dentemente in ognuno di questi sottosistemi. Questa è la

ragione del suo successo.

Nella situazione autocosciente, d'altra parte, il progettista si

trova di fronte simultaneamente tutte le variabili. Sappiamo

già dal semplice calcolo della pagina 40 che se egli tenta di

maneggiarle tutte in una volta non riuscirà a trovare una

forma adatta in un periodo di tempo ragionevole. Allora,

quando ptende coscienza di questa difficoltà, tenta di suddi­

videre il problema, e cOSI inventa concetti per aiutare se

stesso a decidere quali sotto-insiemi di requisiti deve affron­

tare indipendentemente. Ora cosa sono questi concetti, nei

termini del sistema di variabili? Ogni concetto identifica una

certa collezione di variabili. L'« economia» identifica una

parte del sistema, la «sicurezza» un'altra, 1'« acustica» un'al·

tra, e COS1 via.

L'obiezione che insorge a questo punto è la seguente. Tali

concetti non aiuteranno il progettista a trovare una soluzio­

ne adatta a meno che non accada che essi vengano a corri­

spondere ai sottosistemi del sistema. Ma poiché i concetti

sono nel complesso il risultato di arbitrari accidenti storici,

non vi è alcuna ragione di aspettarsi che essi corrispondano

ai sottosistemi. Possono altrettanto bene identificarsi con

qualsiasi altra parte del sistema, come in questo esempio:

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Naturalmente questo dimostra solo che i concetti possonofacilmente essere arbitr~ri. Non mostra che i concetti ado~

perati in pratica sono sempre effettivamente tali. Invero, èchiaro che la loro arbitrarietà può essere accertata solo incasi individuali e specifici. Un'analisi dettagliata del proble.ma di progettare case urbané famigliari, per esempio, hadimostrato che le categorie funzionali usualmente accettate,come l'acustica, la circolazione e la comodità, sono inappro­priate a questo problemaY In modo simile il principio del«vicinato », uno dei vecchi caposaldi della teoria urbanisti"ca, si è dimostrato un'inadeguata componente ideologica delproblema della pianificazione residenziale." Ma poiché talidimostrazioni possono essere fatte solo in casi speciali, sitratta di cercare una ragione piti generale, che dimostricome questi concetti verbali abbiano sempre un caratterearbitrario.Ogni concetto può essere definito e inteso in due modi com·plementari. Possiamo considerarlo come nome unitario datoad una classe di oggetti o di altri concetti sussunti; oppurepossiamo mirare a ciò che esso significa. Noi definiamo unconcetto per denotazione quando specifichiamo tlltti gli ele­menti della classe alla quale si ri!eriscè. E definiamo unconcetto per connotazione quando tentiamo di illuminare ilsignificato analiticamente e ne indichiamo le proprietà e gliattributi ricorrendo a termini di altri concetti d~llo stessolivello."Per lo scopo dell'argomento ho trattato fino ad ora terminiqua.li « acustica ~> come nomi di classe, come un mezzo col­lettivo per discutere un numero di requisiti piu specifici. 71

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Lo stesso «vicinato », sebbene sia meno astratto e piti fisico,è ancora un concetto' che riassume mentalmente tutti queirequisiti specifici, come le scuole primarie, la sicurezza deipedoni, e la comunità, che un vicinato fisico si supponedovrebbe soddisfare. In altre parole ognuno dei concetti

« acustica» e «vicinato» ~ è una variaoile la cui estensionedi valore è uguale a quella data dalla congiunzione di tutte

le estensioni di valore rispettivamente delle variabili spe­cifiche dell'acustica, o delle variabili specifiche della vita co­

munitaria. 16 Questa visione estensiva o denotativa del con­cetto è opportuna per ragioni di chiarezza matematica. Main pratica, i concetti non sono inventati e definiti per deno­tazione; sono generati per connotazione. Si adattano, cioè,concetti nuovi allo schema del linguaggio quotidiano met­tendo in -<elazione i loro significati con quelli di altre parole

attualmente disponibili nella lingua che parliamo. Eppurequesto ruolo assunto dal linguaggio nell'invenzione di con·cetti nuovi, malgrado sia molto importante dal punto divista della comunicazione e della comprensione, è quasi com­pletamente irrilevante dal punto di vista della struttura diun problema. n L'esigenza che un nuovo concetto sia defi­nibile e comprensibile è importante dal punto di vista del­

l'insegnamento e della progettaziòne autocosciente. Prendia­mo, per esempio, il concetto di «sicurezza». La sua esisten­za come parola comune è conveniente e aiuta a insisteresull'importanza veramente generale di introdurre nei proget·ti la difesa dai pericoli. Ma è usata nell'esposizione di pro­blemi fra loro totalmente differenti C'0me la progettazionedi un bollitore per il té o quella di un raccordo autostra­

dale. Il suo ~igniiìcato è pertinente ad ambedue. Ma in quan­to all'andamento della struttura individuale dei due proble­

mi, sembra improbabile che una parola possa identifica~e consuccesso un sottosistema componente principale in ognunodi questi due problemi tanto differenti. Sfortunatamente,malgrado ogni problema abbia la sua propria struttura e visiano molti problemi differenti, le parole che sono disponi­bili per descrivere le componenti dei problemi sono gene­rate da componenti del linguaggio, e non dai problemi stes-

•,

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I

l

si; sono perciò piuttosto limitate in numero e solo in pochicasi possono fornire una descrizione corretta. 18

l'rendiamo ancora l'esempio del bollitore. Ho fatto un elen­co di 21 requisiti che devono riscontrarsi, entro limiti spe­cifici, in un bollitore progettato in modo accettabile. Datoun insieme di n cose, vi sono 2n sottoinsiemi diversi di que­ste cose. Ciò vuoi dire che vi sono 221 sottoinsiemi differentidi variabili, ognuna delle quali potrebbe essere probabilmen­te un importante sottosistema componente del problema delbollitore. Per dare un nome solo ad ognuna di queste com­ponenti ci accorrerebbero piu di un milione di parole diver­se - piu di quelle che esistono, poniamo, nella linguainglese.Un progettista può obiettare che il suo modo di pe1nsare nonè mai verbale come io ho insinuato, e che, invece di usareconcetti verbali, affronta il problema complicato diagram­mandolo nei suoi vari aspetti. Questo è vero. Ricordiamoci,tuttavia cosa esattamente il progettista tenta di diagramma­re. Configurazioni fijiche quali quelle del «vicinato» o del­lo «sc:bema- di circolazione» non hanno u!la validità piuuniversale di quella dei concetti verbali. Esse sono altret­tanto limitate dai condizionamenti ideologici di chi tracciail diagramma. Una tipica sequenza di diagrammi che pre­cede un problema architettonico includerà un diagramma dicircolazione, un diagramma di acustica, un diagramma sta~

tico della struttura, forse un diagramma per il sole ed ilvento, un diagramma dell'ambiente sociale. lo sostengo chequesti diagrammi sono adoperati solo perché i principi che"li definiscono - l'acustica, la circolazione, la condizione deltempo, il vicinato - fanno parte dell'uso architettonico cor­rente, non perché essi abbiano una relazione fondamentale eben capita con ogni problema particolare indagato.19

Cosi come stanno le cose, il procedimento della progetta­zione autocQsciente non fornisce alcuna corrispondenza strut­turale fra il problema ed i mezzi concepiti per risolverlo. Lacomplessità del problema non è mai del tutto districata, ele forme prodotte non solo non riescono a soddisfare leloro specificazioni come dovrebbero ma mancano anche del- 73

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Rigidità deiconcelli e loroinfluenza

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la chiarezza formale di cui godrebbero se l'organizzazione delproblema al quale esse sono adattate fosse capito meglio.Forse vale la pena di aggiungere, come nota a margine, unpunto di vista leggermente differente sulla stessa difficoltà.L'arbitrarietà dei concetti verbali esistenti non è il loro solosvantaggio, perché una volta inventati, i concetti verbalihanno ulteriori cattivi effetti su di noi. Perdiamo infatti lacapacIta di modificarli. Nella situazione non autocoscientel'azione della cultura sulla forma è una questione moltodelicata, costituita da parecchie minute influenze concrete.Ma una volta che queste influenze concrete sono rappresen­tate simbolicam~nte in termini verbali, e queste rappresen~

tazioni simboliche o nomi sono compresi sotto categorie pitivaste e ancora piti astratte per renderle trattabili dal pensie­ro, esse ç,ominciano a menomare seriamente la nostra abilitàdi vedete al di là di esse.»Quando molte questioni sono prese in considerazione in unadecisione di progettazione, inevitabilmente quelle che pos­sono essere espresse con maggior chiarezza hanno il mag­gior peso, e si riflettono meglio nella forma. Altri fattori,anche importanti ma espressi con minor chiarezza, non siriflettono altrettanto bene. Imbrigliati in una rete di paroleda noi inventata, noi sopravvalutiamo l'imparzialità del lin­guaggio. Ogni concetto, che al momento della sua inven­zione è solo un modo conciso per afferrare parecchi pro­blemi, finisce col diventare rapidamente un precetto. Fac­ciamo troppo facilmente il passo dalla descrizione al criterio,trasformando in una preoccupazione bigotta ciò che dappri­ma è uno strumento utile.L'attitudine dei romani verso la funzionalità e l'ingegneria,non raggiunse il suo apice fino a che Vitruvio non ebbeformulata la dottrina funzionalista.2l Il Partenone poté esse­re creato solo durante un periodo di preoccupazione per iproblemi estetici, dopo !'invenzione del concetto di «bel­lezza» dei greci antichi. Gli slums a basso costo dell'In·ghiltetra del XIX secolo futono concepiti solo quando aivalori 'monetari fu data, esplicitamente, una grande impor­tanza attraverso il concetto «economia» inventato nonmolto prima.22

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In questo modo la comprensione dei problemi da parre del·l'individuo auwcosciente è costantemente sviata. I suoi con­cetti e le sue categorie, oltre ad essere arbitrari e inadatti,sono resi auto-perpetuantesi. Sotto l'influenza dei concetti,egli non solo costruisce oggetti da un punto di vista pre­concetto ma li vede, anche, in modo preconcetto. I con­cetti hanno il controllo della sua percezione di ciò che èadatto e disadatto - finché alla fine egli non vede altroche deviazioni dai suoi dogmi concettuali, e perde non sololo slancio ma perfino la responsabilità mentale necessari ainquadrare i problemi in maniera piu appropriata.

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Parte seconda

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1 III programma

Ecco il problema. Desideriamo progettare forme chiaramen­te concepite, che siano pienamente rispondenti a un datocontesto. Abbiamo visto che perché ciò sia p~ssibile, l'adat­tamento deve aver luogo indipendentemente, entro sottosi­sterni indipendenti di variabili. Nella situazione non autoco­sciente questo avviene automaticamente, perché il singoloartigiano ha troppo poco controllo sul processo per scon­volgere lo schema di adattamento implicito nell'insieme.Sfortunatamente questa situazione non esiste piu; iI nume­ro delle variabili è aumentato, l'informazione che ci si pre­senta è diffusa e confusa, e i nostri tentativi di ricalcarel'organizzazione naturale del processo non autocosciente inmodo autocosciente sono ostacolati, perché proprio i pen­sieri che abbiamo, quando tentiamo di aiutare noi stessi,distorcono il problema e lo rendono troppo oscuro per po·terlo risolvere.I! dilemma è semplice. Con il passare del tempo il proget­tista raggiunge un controllo sempre maggiore sul processodella progettazione. Ma cOSI facendo, i suoi sforzi per occu­parsi dei crescenti oneri conoscitivi rendono sempre piu dif­ficile che la reale struttura causale del problema si esprimanel processo.Cosa possiamo fare per vincere questa difficoltà? È difficileimmaginare come qualsiasi teoria sistematica possa in qual­che modo alleviarla. Vi sono problemi, come alcuni di quelliche si presentano in economia, nel gioco degli scacchi, nellalogica, o nell'amministrazione, che possono essere chiaritie risolti meccanicamente.' Questo è possibile perché sonocompresi in misura sufficiente per venir trasformati in pro­blemi di selezione.'Per risolvere un problema attraverso la selezione sono ne­cessarie due cose:1. deve essere possibile esprimere per mezzo di simboli 79

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una serie abbastanza ampia di possibili soluzioni alternative;2. deve essere possibile esprimere tutti i criteri- risolutivinei termini dello stesso sistema semiologico.Quando sono soddisfatte queste due condizioni, possiamoconfrontare l'una con l'altra, le alternative già ottenute tra­mite il predetco ricorso a un codice di simboli, sperimen~

tandane l'efficacia in rapporto ai rispettivi criteri risolutivi,finché ci appaghiamo di trovarne una che sia soddisfacente,o ci spingiamo a raggiungere la migliore. È subito evidenteche dovunque sia possibile tale tipo di processo, non abbia­mo bisogno di «progettare» una soluzione. Difatti perrero­lno quasi dichiarare che un problema ha bisogno di unaprogettazione (nel senso piu vasto della parola) solamentequando la selezione non può essere usata per risolverlo. Siache accertiamo questo o no, l'opposto è vero in ogni caso.Quei problemi della creazione di forme che sono tradizio­nalmente chiamati «problemi di progettazione» esigono tut·ti un'attività inventiva.Vediamo perché è cosi. Prima di tutto, per quanto riguardale forme fisiche, non conosciamo alcuna via simbologica ge­nerale realmente utile al fine di proliferare nuove alterna·tive; o, piuttosto, quelle alternative che possiamo COS1 gene­rare limitandoci a variare i tipi esistenti, non riflettono l'or·ganizzazione radicalmente nuova che la soluzione di ciascunnuovo problema di progettazione richiede. Questa può dun­que essere conseguita solamente' attraverso l'invenzione. Insecondo luogo, ciò che è probabilmente pili importante,non sappiamo come esprimere con sicurezza i criteri per con­seguire il successo, nei termini di una qualsivoglia descri·zione simbologica della forma. In altre parole, dato un nuo­vo progetto, quasi sempre non esiste alcun mezzo per indur·re meccanicamente, a partire dai puri e semplici disegni chelo descrivono, un esatto giudizio sulla sua rispondenza omeno ai requisiti. O dobbiamo .collocare l'oggetto finito nelsuo contesto reale del mondo fisico e verificare sperimentaI.mente se in pratica funziona, o dobbiamo usare la nostraimmaginazione e la nostra esperienza del mondo per pre·dire dai disegni se sarà in grado, o meno, di funzionare.Non esiste un rapporto traducibile in simboli, fra i requisiti

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e la descrizione della forma, che sia in grado di fornire un

appropriato criterio; e pertanto manca una via di verifica

della forma mediante linguaggio simbolico.' In terzo luogo,

anche se queste prime due obiezioni potessero essere in qual·

che modo superate, vi è una difficoltà realmente decisiva.

È la stessa difficoltà, precisamente, che incontriamo tentan­

do di costruire ipotesi scientifiche manipolando un determi·

nato numero di dati. I soli dati non sono sufficienti per

definire un'ipotesi; la costruzione di ipotesi richiede l'ulte·

riore introduzione di principi come la semplicità (il rasoio

di Occarn), la non arbitrarietà e la chiara organizzazione.4

La costruzione della forma richiede anch'essa questi principi.

Al presente non v'è alcuna prospettiva di introdurre questi

principi meccanicamente l vuoi. nella scienza, vuoi nella pro·

gettazione. Essi richiedono ancora invenzione.

È perciò impossibile sostituire le azioni di un progettista

esperto, con decisioni calcolate meccanicamente. E, nello

stesso tempo, la capacità inventiva di un progettista indi­

viduale è troppo limitata perché risolva con successo da soloi problemi della progettazione. Se non ci si può aspettare

che la teoria da sola inventi la forma, com'è possibile far SIche essa, invece, sia utile al progettista?

Incominciamo con lo stabilire in modo piu esplicito qual è

esattamente la funzione del progettista nel processo della

progettazione. Confronterò, schematicamente, tre possibili

tipi del processo di progettazione.

Il primo schema rappresenta la situazione non autocosciente

descritta nel capitolo 4. Qui il processo che plasma la forma

è una complessa interazione nelle due direzioni fra il con­

testo C, e la forma F I , nel mondo stesso. L'essere umano è

presente solo come un agente in questo processo. Reagisce

alle disattitudini operando cambiamenti; ma è poco proba­

bile che imponga qualsiasi concezione «progettata» allaforma.

Processo dellaprogettazione

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contesto forma

realtà oggettiva

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contesto forma

EJ El realtà oggettiva

• t1;21· .1]] raffigurazione mentale

contesto forma

EJ El realtà oggettiva

• t[§] El raffigurazione mentale

• tffil4C .1]] espressione formale

della raffigurazionementale

Il secondo schema rappresenta la situazione autocoscientedescritta nel capitolo 5. Qui il processo di progettazione èlontano dallo stesso insieme; la forma è plasmata non dal­l'interazione tra le effettive richieste del contesto e l'effet­tiva inadeguatezza della forma, ma da una interazione con­cettuale fra l'immagine psichica del contesto, appresa oinventata dal progettista, da una parte, e dall'altra le idee,

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i diagrammi e i disegni .significanti la forma. Questa inte­razione contiene tanto le prove con cui il progettista tentadi far scaturire dal problema i suoi «risultati» piu impor­tanti, quanto lo sviluppo di fotme che a lotO volta li sod­disfino; ma la sua esatta natura non è chiara.s Nella praticaattuale della progettazione, questo passo critico, durante ilquale il ptOblema è pteparato e tradottO in ptOgetlo, clipen­de sempre da qualche specie cli intuizione. Sebbene la pro­gettazione sia per sua natura immaginativa ed intuitiva,tanto che potremmo facilmente credere in essa se l'intuizio­ne del progettista fosse degna di fede, tuttavia, cosi com'è,essa ispira ben scarso affidamento.Nel processo non autocosciente non vi è la possibilità dimal rappresentare la situazione: nessuno crea un'immaginedel contesto, e quindi l'imma~ine non può essere sbagliata;ma il progettista autocosciente lavora completamente attra­verso l'immagine che è nella sua mente, e questa immagineè quasi sempre sbagliata.II modo per migliorare questa condizione consiste nel creareun'ulteriore immagine astratta della prima immagine delproblema, che elimini l'influenza di questa e ne trattengasolo le astratte caratteristiche strutturali; la seconda imma­gine può essere allora esaminata secondo operazioni preci­samente definite, in modo che non sia soggetta all'influenzadel linguaggio e dell'esperienza'Il terzo schema del diagramma rappresenta appunto un ter­zo processo, basato sull'uso di tale configurazione. La vagaed insoddisfacente immagine delle esigenze del contesto, C"che all'inizio si sviluppa nella mente del progettista, è segui­ta da questa immagine matematica, Cl. In modo simile, macontrario, il progetto F1 è preceduto da un complesso ordi­nato di diagrammi Fl . La derivazione dei diagrammi Fl daCl, malgrado sia ancora intuitiva, può essere chiaramentecapita. La forma è ora effettivamente modellata da un pro­cesso al terzo livello, distante da C, e F,. È esplicita, e per­ciò sotto controllo.

Questa terza immagine Cl è costituita da entità matematL- L'insieme e i:he chiamate «insiemi». Un insieme, proprio come sugge· suoi elem~nti

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risce il nome, è una qualsiasi raccolta di cose qualsiasi, seo·za riguardo alle proprietà comuni, e non ha nessuna strut­tura interna finché non se ne dà ad esso una.7 Una raccoltadi indovinelli in un libro costituisce un insieme; un limone,un arancio e una mela costituiscono un insieme di tre frutti;una raccolta di relazioni come la paternità, la maternità, laparentela di fratelli e sorelle costituisce un insieme (in que­sto caso un insieme di quattro elementi). Gli elementi diun insieme possono essere astratti o concreti, come si desi·dera. Deve essere solo possibile identificarli in modo unicoe distinguerli uno dall'altro'I concetti principali della teoria degli insiemi sono questi:1. Si dice che un elemento x di un insieme S, appartienea quell'insieme. Questo si scrive x E S. Un insieme è defi­nito unicamente dalla identificazione dei suoi elementi.2. Si dice che un insieme SI è un sottoinsieme di un altroinsieme 52, se e solo se, ogni elemento di SI appartiene ad52. Questo si scrive SI C 52. Se 52 contiene anche elementiche non sono elementi di SI, in modo che 52 è «piu ampio»di SI, allora si dice che SI è un sottoinsieme proprio di 52,e scriviamo SI C 52.3. L'unione di due insiemi SI e 52 è l'insieme di queglielementi che appartengono a SI o a S, (o ad ambedue, nelcaso che SI e 52 abbiano elementi in comune). Scriviamoquesto S, U S,.4. L'intersezione di due insiemi SI e 52 è l'insieme di que­gli elementi che appartengono ad entrambi, SI e 52. Scrivia·ma SI n 52. Se SI e 52 non hanno elementi in comune que­sta intersezione è vuota, e chiamiamo gli insiemi disgiunti.Specifichiamo l'uso della teoria degli insiemi per rappresen­tare i problemi della progettazione. Sappiamo già, dal capi­tolo 2, a che cosa somiglia la concezione di un problema deIprogettista. Il problema si presenta come il compito di af­frontare un numero di potenziali mancate rispondenze spe~

cifiche tra la forma e qualche contesto dato. Supponiamoche vi siano m variabili di tali non-rispondenze: XI'" xm .

Queste variabili di disattitudine formano un insieme. Chia·miamo l'insieme di queste m disattitudini M, COSt che pos·siamo scrivere Xi E M (per ogni i, i = 1· .. m).9

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La grande forza e bellezza dell'insieme, come strumentoanalitico per i problemi della progettazione, è nel fatto chei suoi elementi possono essere vari quanto necessario, enon devono essere limitati solo ai requisiti che possono es­sere espressi in forma quantificabile. In tal modo nel pro­getto di una casa, l'insieme M può contenere l'esigenza dellaprivacy, la necessità di una rapida costruzione, la necessitàdel comfort familiare e la necessità di una manutenzionefacile, ma anche requisiti facilmente quantificabili come l'esi·genza di un prezzo di vendita basso e l'efficienza dell'ope­razione finanziaria. In effetti, M può contenere qualsiasirequisito.Questi requisiti sono le condizioni individuali che devonoessere soddisfatte nel contorno forma-contesto, per preve­nire la non rispondenza. La- struttura del campo forma­contesto, non è neanche molto difficile da descrivere, dalmomento che il progettista ne è cosciente. Egli sa che ledisattitudini interferiscono una con l'altra quando tenta dirisolverIe, e cioè sono in contrasto; che altre hanno impli­cazioni fisiche comuni, e cioè concorrono; e che altre ancoranon imeragiscono affatto. È la presenza e l'assenza di que­ste interazioni che dà all'insieme M quel carattere di siste­ma che è stato precisato nei capitoli 3, 4 e 5.10 Noi rappre­sentiamo le interazioni associando con M un secondo insie­me L di elementi unidimensionali, senza direzione e contras­segnati, chiamati legami, dove ogni legame unisce, due ele­menti di M e non contiene altri elementi di M. Come ve·drerno nel capitolo 8, i legami portano un segno negativo seindicano contrasto, e un segno positivo se indicano concor­renza, e possono anche essere segnati in modo da indicarela forza dell'interazione.I due insiemi M ed L, unitamente, definiscono una strut­tura conosciuta come un grafo lineare o topologico l-com­plesso, al quale ci riferiremo come G(M, L), o semplice­mente G, per brevità. lI Ecco un grafo tipico.Questo grafo serve come immagine di quella visione che hail progettista di uno specifico problema. È un'immaginepiuttosto buona, nel senso che i suoi costituenti, gli insie-

Utile impiegodella teoriadegli Insiemi

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mi M ed L, sono accessibili introspettivamente senza troppadifficoltà; e anche perché concentra la nostra attenzione, inmodo nitido ed astratto, sul fatto che l'insieme di mancaterispondenze ha una struttura, o ~ come abbiamo detto nelcapitolo 2 - un campoY

Dobbiamo ora esplorare la struttura di questo campo. Lacaratteristica strutturale piu importante e piu ovvia di qual­siasi entità complessa è la sua articolazione - cioè, la den­sità relativa Q l'aggrupparsi e il riunirsi dei suoi elementicomponenti. Potremo fare questa precisazione attraverso ilconcetto di partizione o scomposizione.In breve, la partizione di un insieme M nei suoi insiemi sus­sidiari o sottosistemi è un intreccio gerarchico di insiemientro insi"emi, come è mostrato nel diagramma a lato,Un diagramma piu usuale, che evidenzia il carattere ramifi­cato - come un albero - della partizione, è mostrato inbasso, Si riferisce precisamente alla stessa struttura rappre­sentata dall'altro. Ogni elemento della scomposizione è unsottoinsieme di quei sottoinsiemi che nella gerarchia stannosopra di esso,

Formalmente definisco una partizione di un insieme di disat~

titudini M, come un albero (o un insieme parzialmente ordi~

nato) di insiemi, nei quali una relazione di immediata subor­dinazione è definita come segue, e nella quale soddisfa leseguenti ulteriori condizioni: 13

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Un insieme SI, è immediatamente subordinato a un altroinsieme 52 se, e solo se,52 sussume propriamente SI(SI C 52) e l'albero non contiene altro insieme 53, tale cheSI C 53 C 52. Inoltre l'albero deve soddisfare le seguentiquattro condizioni:1. Se Si ed Si sono due immediate subordinate di un insie­me S, allora Si n Si = O.2. Ogni insieme che ha insiemi immediati subordinati, èl'unione di tutti questi insiemi.3. C'è un solo insieme che non sia l'immediato subordi­nato di qualche altro insieme. Questo è l'insieme M.4. Ci sono solo m insiemi che non hanno alcun imme­diato ~ubordinato. Questi sono gli insiemi di un solo ele­mento, ognuno dei quali contiene un elemento di M.Cosi, una tale partizione si riferisce solo all'insieme 'M.L, l'insieme dei legami, non ha ruolo alcuno in esso. Ma èfacile vedere che l'esistenza di questi legami rende alcunedelle possibili decomposizioni molto piu ragionevoli di altre.Qualunque grafo del tipo G (M, L) tende a riunire insiemegli elementi di M in raggruppamenti naturali. Il nostroobiettivo nel prossimo capitolo è di mettere a punto questaprecisazione, e decidere quale partizione di M- abbia piusenso, una volta che si abbia un dato insieme L associatocon esso. Ogni sottoinsieme dell'insieme M che appare nel­l'albero definirà allora un sottoproblema del problema M.Ogni sottoproblema avrà la sua propria integrità, e saràindipendente dagli altri sottoproblemi, tanto da poter essererisolto indipendentemente.È molto probabile, ed anche verosimile, che il modo con ilquale il progettista vede inizialmente il problema, già sifondi su una gerarchia concettuale non molto diversa in lineagenerale da una partizione.14 Tentando di mostrare che i le­gami di L favoriscono una particolare partizione, cercheròdi dimostrare che per ogni problema c'è una partizione odecomposizione particolarmente adatta, e che questa è ge­neralmente diversa da quella mentale del progetti,ta. Perquesta ragione ci riferiremo a tale partizione come al pro­gramma per il problema rappresentato da G(M, L). Lo chia­miamo programma perché fornisce direzioni o istruzioni al 87

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progettista indicando, per esempio, a quali sottoinsiemi diM si riferiscono le «parti» significative di M stesso, e aquali aspetti maggiori del problema il progettista dovrebbeapplicarsi.Il programma, in definitiva, è una riorganizzazione del modocon il quale il progeuista pensa al problema.15

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~21 L'attuazione\ del programma

La prima fase del processo di progettazione sta nel trovareper un dato problema il giusto programma di' progettazione.Si tratta, se vogliamo, 'della fase analitica del processo, Daessa segue la fase sintetica, nella quale dal programma deri­va la forma. Noi chiameremo questa fase sintetica la attua­zione del programma.! Sebbene queste note siano dedicatesoprattutto alla fase analitica del processo e all'invenzionedi programmi che possano rendere ragionevole la sintesi del­la forma, dobbiamo ora softermarci per un poco sul modoin cui funziona la sintesi o attuazione. Altrimenti non po­tremmo sapere come sviluppare i .dettagli deI programma.I! punto di partenza dell'analisi è nei requisiti. I! prodottofinale dell'analisi è un programma, che è un albero di insiemidi requisiti. Il punto di partenza della sintesi è un diagram­ma, il prodotto finale della sintesi è la attuazione del proble­ma, che è u~ albero di diagr~mmi. Il programma è formatodalla partizione di un insieme di requisiti in sottoinsiemiprogressivamente piu piccoli. La attuazione si ottiene co­struendo piccoli diagrammi e unendoli insieme come indicail programma, per ottenere diagrammi sempre piu comples­si. Per fare questo dobbiamo imparare ad accoppiare ogniinsieme di requisiti nel programma con un diagramma cor­ri'spondente. L'invenzione di diagrammi è familiare ad ogniprogettista. Qualsiasi schema che, essendo astratto da unasituazion~ reale comunica l'influenza fisica di certe esigenzeo forze, è un diagramma,

La famosa fotografia stroboscopica dello spruzzo di una goc­cia di latte è, per certi fini, un diagramma dell'ordine se­condo cui vanno le forze al momento dell'urto. A chi vogliastudiare quelle forze la fotografia dice molto perché astraele. loro conseguenze fisiche immediate dalla confusione "diciò che normalmente si vede quando cade una goccia dilatte.2

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La Ville Radieuse di Le Corbusier è un diag,ramma che espri­me le conseguenze fisiche di due fondamentali e ass~i sem­plici requisiti: quello di alloggiare gente ad un alto livellodi densità, e quello di assicurare a tutti un'uguale e massiwma possibilità di godere l'aria e la luce del sole.'La sfera è un diagramma. Essa esprime, fra le altre cose, leimplicazioni fisiche dell'esigenza di richiudere il volume mas­simo entro la minima superficie. Esprime anche le implicaw

zio01 del requisito che un numero di cose siano equidistantida un punto.4

La distribuzione dei bagnanti sulla spiaggia è un diagramma.L'uniformità della distribuzione rivela l'esistenza di forzeche tendono a localizzare i gruppi familiari il piu lontanopossibile uno dall'altro, e a distanze uguali tra loro, invecedi favori-Fe una sistemazione casuale.

Una freccia è un diagramma, naturalmente, che comunica ladirezione. Molti problemi di correnti contengono requisitiche possono essere riassunti per mezzo di frecce.s Solo occa­sionalmente la figura cercata assume un aspetto fisico a far·ma di freccia; come nel caso di un veloce aeroplano in cuile esigenze aerodinamiche sono espresse in un progetto adali slanciate.La rappresentazione di Kekulé della molecola di benzene(come atomi uniti da legami lineari) è ancora un diagram­ma. Date le forze di valenza rappresentate dai legami, ildiagramma esprime l'ordinamento fisico degli atomi, nellareciproca relazione che ad essi risulta dall'interazione dellevalenze stesse.6

I disegni "De Stij1» di Van Doesburg, anche se fatti peraltre ragioni, potrebbero essere interpretati come diagrammiche rappresentano le conseguenze rettilinee della esigenzadi strumenti meccanici e di un rapido montaggio di elemen­ti prefabbricati.'L'appunto preliminare dell'ingegnere per la struttura di unponte è un diagramma. Dopo aver fatto i calcoli iniziali,l'ingegnere traccia alcune linee a matita per verificare inprima approssimazione come le principali membrature delponte potrebbero rispondere in rapporto all'influenza della

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gravità, alla luce richiesta, alla resistenza a trazione dell'ac·ciaio che si vuole usare, e cOSI via.8

Rileviamo che questi diagrammi potrebbero avere due di­stinte qualità oppure averle entrambe con diverso rilievo.Da un lato, essi potrebbero riassumere aspetti di una strut­tura fisica, presentando uno degli schemi costituenti la suaorganizzazione (come nel caso della fotografia di uno schizzodi latte, o dei disegni pet la Ville Radieuse). Anche se èspesso possibile dedurre una gran parte di ciò che riguardale richieste responsabili dello schema particolare che il dia­gramma manifesta, esso resta soprattutto una descrizionedi caratteristiche formali. Chiameremo i diagrammi di que­sto tipo, diagrammi di forma. Da un altro lato, si può inten­dere che il diagramma riassuma un insieme di proprietà fun­zionali o vincoli, come la frecçia, o la carta della densità dipopolazione. Questo tipo di diagramma è una annotazionepiu pertinente al problema, che alla forma. Chiameremo idiagrammi di questi tipo, diagrammi eli requisiti.Consideriamo gli esempi estremi di un diagramma di requi­siti e di un diagramma di forma per un semplice oggetto,.La proporzione matematica F = kv2 esprime il fatto che incerte condizioni l'energia perduta per l'attrito da un corpoin movimento dipende dal quadrato della sua velocirà. Nellaprogettazione di una macchina da corsa, è ovviamente im­portante ridurre questo effetto il piu possibile; in questosenso la proporzione maternat~ca è un diagramma di requi­siti. All'altrb estremo una veduta prospettica ad acquarellodi una macchina da corsa è anche un diagramma. Essa rias·sume certi aspetti fisici dell'organizzazione della macchinaed è perciò un legittimo diagramma di forma. Eppure èchiaro che né l'equazione né l'acquarello sono molto utiliin loro stessi nella ricerca della forma.Per essere utile, l'equazione deve essere interpretata, dimodo che si possano comprendere le sue conseguenze fisi­che. Similmente il disegno deve essere fatto in modo taleche le conseguenze funzionali della forma dell'automobilesiano chiaramente comprensibili. Consideriamo la question-ein modo diverso. Un diagramma di requisiti diventa utilesolo se contiene implicazioni fisiche, cioè se ha in se stesso

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gli elementi di un diagramma di forma. Un diagramma diforma diventa utile soltanto se le sue conseguenze funzio­nali sono prevedibili, cioè, se ha in sé gli elementi di undiagramma di requisiti. Un diagramma che esprime i solirequisiti o la sola forma non è di nessun aiuto nel realiz­zare la trasformazione dei requisiti in forma, e non avràalcun posto costruttivo nella ricerca di una forma. Diremoche un diagramma è «costruttivo» se, e solo se, è tutte edue le cose in una volta: se, e solo se, è un diagrammadi requisiti e un diagramma di forma allo stesso tempo.Consideriamo un esempio. _Supponiamo che. due strade del centro di una città esistentedebbano essere allargate nel loro punto di intersezione eintorno ad esso, per diminuire la congestione. Supponiamoche l'uniJ:o requisito sia che il traHico attuale possa fluiresenza congestione. Il diagramma di requisiti consiste perciòin questo caso nella informazione circa la quantità di trafficoche fluisce nelle ·varie direzioni, in ore diverse del giorr~o. Èpossibile presentare tale informazione in un diagramma noncostruttivo semplicemente tabulando numericamente il flus­so per ciascuno dei 12 passaggi possibili, nelle diverse oredel giorno. È anche possibile, tuttavia, presentare questastessa informazione in forma condensata nel seguente gra.fico.Qui abbiamo una carta stradale con frecce di vario spes­sore che rappresentano il numero dei veicoli all'ora che flui­scono nelle varie direzioni nelle ore di punta. In questomodo il diagramma indica direttamente quale forma debbaassumere il nuovo incrocio. È chiaro che una freccia di rile­vante spessore richiede una strada larga) cosi che tutto iltracciato richiesto emerge direttamente dal diagramma.9 Sitratta quindi allo stesso tempo di un diagramma di requisitie di forma, cioè di un diagramma costruttivo.Il diagramma costruttivo è il ponte tra i requisiti e la forma.Ma la sua grande bellezza è che va molto piu in fondo. Lastessa dualità fra il requisito e la forma che il diagrammacostruttivo è capace di esprimere ed unificare, si rivela aJun secondo livello: la dualità è essa stessa caratteristicadella nostra conoscenza della forma.Ogni forma può essere descritta in due modi: dal punro di

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vista di quello che è e dal punto di vista di quello che fa.Quello che è viene chiamato talvolta descrizione formale.Quello che fa, quando è messa a contatto con altre cose, ètalvolta chiamato descrizione funzionale.Ecco alcune descrizioni formali. Un impermeabile è lungo3 piedi, fatto di politene dello spessore di mezzo millimetro,le maniche sono tagliate in questo e questo modo, e cosi via.Un cubo di sale è una sistemazione cubica di ioni alternatidi sadia e cloro. Un corpo umano contiene un cuore di que­sta e questa dimensione, in questa posizione del torace, unpaio di reni piu in basso e piu indietro, e cOSI via. Questedescrizioni specificano la dimensione, la posizione, la distri·buzione, il materiale.La corrispondente descrizione funzionale vi dice che cosasuccede quando questi oggetti ~ono posti in vari contesti nelmondo. L'impermeabile resiste alla pioggia e si scioglie adalta temperatura. Il cristallo di sale è trasparente, conducepoco l'elettricità, si scioglie nell'acqua ma non nell'olio, sifrantuma se picchiato con forza da un martello. e cosi via.Il cuore batte piu forte a grandi altitudini, i reni funzio·nano quando il corpo è nutrito.In molti di questi casi troviamo difficile mettere in relazionetra loro le due descrizioni, perché non comprendiamo glioggetti in modo abbastanza completo e non sappiamo, peresempio. come la sistemazione degli atomi in un cristallosi metta in relazione con la soluhilità dello stesso nei diversiliquidi. Tuttavia, per qualche oggetto molto semplice, nonc'è virtualmente discrepanza alcuna fra le descrizioni fun­zionali e quelle formali. Si prenda per esempio una bolladi sapone, o una pellicola di sapone su una lamina. di me­tallo. Il comportamento delle pellicole di sapone è cOSI pie­namente capito che conosciamo le proprietà funzionali diqualsiasi data sistemazione,' e sappiamo a quale forma edimensione delle bolle portano le diverse condizioni ester­ne. 1O In questo caso le descrizioni formali. e le descrizionifunzionali, sono solo diversi modi di dire la stessa cosa;possiamo dire, se vogliamo, che abbiamo una descrizioneunificata della bolla di sapone. Questa descrizione unificataè l'equivalente astratto del diagramma costruttivo; è scopo

Descrizioneformale e descrizionefunzionale

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della scienza dare una tale descrizione unitaria per ognifenomeno ed oggetto che conosciamo. Il compito della chi­mica (ed ha avuto un notevole successo in questo) è dimettere in relazione fra loro le descrizioni funzionali e for­mali dei composti chimici, in modo che si possa passaredall'una all'altra, senza perdere in comprensione. Il compito

della fisiologia è stato quello di mettere in relazione il com­

portamento funzionale del corpo con gli organi che si os­servano nell'anatomia. Anch'essa ha avuto un notevole

successo.La soluzione di un problema di progettazione è in effetti

solo un altro sforzo per trovare una descrizione unitaria.La ricerca per la realizzazione attraverso diagrammi costrut­

tivi è uno sforzo per comprendere la forma richiesta tanto

pienamente da eliminare ogni discrepanza tra la sua specifi­cazione funzionale e la sua configurazione.t'

In altre parole, un diagramma costruttivo, se è buono, con­

tribuisce alla conoscenza della specificazione funzionale chelo origina. Abbiamo già visto nel capitolo 2, che in effetti

il progettista non comprende mai completamen~e il qmtesto.Può conoscere, gradatamente, quello che il contesto chiede

per la forma. Ma non vede il contesto come un unico sche­

ma, un campo unitario di forze. Se è un buon progettistala forma che egli inventa penetrerà il problema tanto pro­

fondamente non solo da risolverlo, ma da illuminarlo.

Una casa bene progettata, non solo si adatta bene al suocontesto ma illumina anche il problema su ciò che è il con­

testo, e cOSI chiarisce la vita che essa rende confortevole.

Le invenzioni che Le Corbusier ha prodotto nel 1920 per

nuove forme di abitazioni, rappresentano veramente una par­te del tentativo moderno di capire il nuovo modo di· vivere

del XX secolo."

La sezione a lama sottile dell'ala che permette agli aero­pIalli di volare è stata inventata al tempo nel quale era

stato appena « provato» che nessuna macchina piu pesantedell'aria può volare. Le sue proprietà aerodinamiche non

furono capite se non qualche tempo dopo che era stata mes­sa in uso. In realtà l'invenzione e l'uso della lama sottile

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ha contribuito fortemente allo sviluppo della teoria aero­dinamica, piuttosto che ·viceversaYAl tempo della sua invenzione la cupola geodetica non pote­va essere calcolata con i sistemi di calcolo tradizionali. Lasua invenzione non solo ha risolto un problema specifico,ma ha portato l'attenzione verso un nuovo modo di pensarele strutture portanti. 14

In tutti questi casi, l'invenzione è b-asata su un'idea che ren­de piu facile la comprensione del problema. Allo stessomodo, un diagramma costruttivo può spesso precedere laconoscenza precisa che potrebbe derivare da una sua espres­sione in termini razionali.Perciò è molto ragionevole pensare alla attuazione come adun modo di verificare la natura del contesto; oltre il pro­gramma, ma parallelamente aq esso. E questo forse derivadalla recente tendenza dei progettisti a pensare i loro pro­getti come ipotesi.15 Ogni diagramma costruttivo è un assun­to sperimentale circa "la natura del contesto. Nella sua qua­lità di ipotesi, mette concettualmente in relazione fra loroforze componenti un insieme poco chiaro, ed è in generemigliorato dalla chiarezza e dall'economia della notazione. 16

Come ipotesi inoltre, non può essere ottenufo attraversometodi deduttivi, ma solo per mezzo della astrazione e del­l'invenzione. E, ancora come ipotesi, è scartato quando pre­senta discrepanze. e mostra di non tener conto di qualchenuova forza del contesto.

Il diagramma costruttivo può descrivere il contesto e puòdescrivere la forma. Ci offre un mezzo per verificare il con­testo, e un mezzo per ricercare la forma. Poiché tentà diperseguire questi due obiettivi contemporaneamente, ci of­fre un ponte fra i requisiti e la forma, e perciò è uno stru~

mento molto importante nel processo della progettazione.In tutti i compiti della progettazione, il progettista deve tra­·durre ..gruppi di requisiti in diagrammi che sintetizzino leloro implicazioni fisiche. In senso letterale questi dia~rammi

sono semplici stadi sulla via della specificazione di una for­ma, come il diagramma della circolazione in un edificio, ola carta della densità di popolazione prevista per qualche

Uso dei diagrammiper organizzarela progettazione

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regione di sviluppo. Essi specificano solo grossolani aspettischematici della forma. Ma la strada che da questi diagram­mi conduce al progetto finale è questione di specifici parti­colari. L'organizzazione fondamentale della forma è origi­n3l:a proprio nei diagrammi costruttivi che precedono la suaprogettazione.Dobbiamo ora considerare come il diagramma costruttivonon sia soltanto utile per verificare gli aspetti piu avvii erisaputi di un problema noto - come, ad esempio, la circo­lazione - ma possa anche essere usato per esprimere le nuo-·ve implicazioni che un problema nuovo ha appena rivelato.Abbiamo vis~o che la estensione o denotazione di qualsiasiproblema può essere raccolta in un insieme generale di re·quisiti, e che, a conferma di quanto affermato, qualsiasinuovo insieme di requisiti può essere viceversa riguardatocome"'}'evidenziazione di un nuovo problema. Andando unpasso piu avanti, vediamo che la connotazione (intesa comesignificazione delle note fisiche) di un problema già cono·sciuto può essere compresa entro un diagramma;·e - semprea conferma di quanto inizialmente detto - anche la conno­tazione (quale determinazione intensionale) di qualsiasi,finora sconnesso, insieme di requisiti, può essere a sua voltasintetizzata attrav.erso un nuovo diagrammaY Il problema èdefinito per mezzo di un insieme di requisiti chiamato M.La soluzione di questo problema sarà una forma che consuccesso soddisfa tutti questi requisiti. Tale forma potrebbeessere sviluppata in tutti i suoi dettagli importanti, comeun unico diagramma costruttivo per l'insieme M, se nonfosse per la complessità delle interazioni interne di M (rap­presentate da L) che rende impossibile trovare tale dia·gramma direttamente. Possiamo trovarlo indirettamente? Cisono dei diagrammi piu semplici che il progettista può co­struire, e che contribuirebbero sostanzialmente alla sua abi­lità di trovare un diagramma per M? Ci sono, e il program­ma ci dice come trovarli. Il programma è una gerarchia deisottoinsiemi piu signi6cativi di M. Ogni sottoinsieme è unsottoprohlema con la sua propria integrità. Nel program·ma, gli in~iemi piu piccoli si riuniscono in insiemi piu gran­di; e questi a loro vblta in insiemi piu grandi ancora. Ogni

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J.

sottoinsieme può essere trasformato in un diagramma co­struttivo. E ognuno di questi sottoinsiemi di M (poiché con­tiene un numero minore di requisiti di quanti /ne contieneM stesso, e un numero minore di interazioni fra i requisitistessi) è piu facile da trasformare in diagramma di quantonon lo sia M. È perciò naturale cominciare dai diagrammicostruttivi per gli insiemi piu piccoli prescritti dal program­ma. Se, in accordo con la struttura del programma, costruia­mo dei diagrammi composti da questi diagrammi piu seo:'­plici, e componendo questi costruiamo ulteriori diagrammi,otteniamo un albero di diagrammi. Questo albero di dia­grammi contiene esattamente un diagramma per ciascun in­sieme di requisiti che figura nell'albero del programma. Per­ciò lo chiamiamo attuazione del programma. È facile· rilevareil contrasto fra la natura agalitica del programma· e la na­tura sintetica della sua realizzazione. Come vediamo l'albe-

Pro~ramma, composto di insiemi Realizzazione, composta di diagrammi

I

ro degli insiemi a sinistra è formato da successive divisionie partizioni. L'albero dei diagrammi a destra è formato dasuccessive composizioni e fusioni. Al suo apice è l'ultimodiagramma che sintetizza tutte le implicazioni dell'interoptoblema ed è perciò il diagramma completo per la formarichiesta_ Esempi dei due alberi sono dati nell'appendice l.

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31 Le definizioni

Abbiamo visto, di massima, come sia possibile rappresen­tare un problema di progettazione per mezzo di un grafo.G (M, L); come per avere un programma sia necessarioscomporre il gruppo. M j e come infine il programma possaessere usato come base per la costruzione di diagrammi daiquali sia possibile sviluppare una forma. Esaminiamo oranei particolari i termini dell'analisi che determina il pro­gramma e cominciamo, in questo capitolo, con lo stabilirel'esatto..carattere dei gruppi M ed L che. insieme, ci forni­scono il grafo G(M,L).Il problema si presenta, all'origine, quando l'insieme è dato,e quando è stato sce1ro iJ proposto limite tra contesto eforma, nell'ambito di quell'insieme. A questo punto il prQ·blema è definito solo entro limiti piuttosto ampi. Ecco alcu­ni tipici esempi. Supponiamo di progettate un sistema distrade principali per la città di New York; un bollitore dausare nell'ambito tecnologico e socio-culturale metropoli­tano degli Stati Uniti d'America nel 1965; una nuova città,per 30.000 abitanti, a 40 miglia da Londra. Il contesto, inquesti casi, è fisso, e testerà costante per la durata del pro­blema; può dunque essere descritto nel modo piu dettagliatopossibile. D'altro canto, la natura della forma richiesta èindeterminata. Si può magari darle un nome, come « bolli­tore» o «città», per rendere specifico il problema; ma unodei primi compiti del progettista sarà di spogliare il proble­ma dai preconcetti che ogni nome introduce.Ora, come già sappiamo, il gruppo M consta di tutti queipossibili ·tipi di disadattamento, che possono verificarsi tra laforma e il contesto; nel caso dell'insieme costituito dal rap­porto fra il bollitore e il contesto sociologico metropolitanodegli U.S.A., questo gruppo include specifici limiti econo­mici, requisiti tecnici di produzione, srandard di efficienzafunzionale, questioni di sicurezza e di morfologia, e COSI via.'

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Per essere esatti, ogni elemento di M è una variabile e puòtrovarsi in uno dei due stati: essere adatto o disadatto.2 È

importante ricordare che lo stato di queste variabili dipen­de dall'intero insieme. Non possiamo decidere se un disa­dattamento si è verificato guardando alla sola forma o alsolo contesto. Il disadattamento è una condizione dell'in­sieme quale totalità, e nasce dalla insoddisfacente interazio­ne della forma e del contesto.Si prenda il costo in denaro. l'due stati della variabile sono:«troppo costoso », e ciò rappresenta la disattitudine, e«o.k. », che rappresenta la piena rispondenza. Se un bolli­tore è troppo costoso, ciò descrive una proprietà del bolli­tore piu il suo contesto, e ci<?è, il suo insieme. Fuori del con­testo, il prezzo del bollitore può superare o no una cifra cheabbiamo stabilito; nulla di piti. Solo la sua relazione con ilresto dell'insieme lo rende «troppo costoso» o «o.k. ». Inaltre parole tutto dipende da quanto possiamo permetterei.Si consideri ora la capacità del bollitore. Se consideriamo ilbollitore per se stesso, tutto quello che possiamo dire èche contiene una certa quantità di acqua. Non possiamodire se sia abbastanza, finché non vediamo cosa richiede ilcontesto. Anche questa volta, il fatto che .il .bollitore noncontenga abbastanza acqua, -o che la contenga, è una pro­prietà della forma piu il contesto, presi come un tutto. Que~sto fatto, che la variabile si riferisce all'insieme nella suaint,egrità, e mai alla forma soltanto, conduce al seguente im­portante principio. In linea di principio, per decidere. se laforma soddisfi o no un dato requisito, dobbiamo costruirla,metterla in rapporto con il contesto in questione e osserva­'re l'insieme cosi formatò per vedere se si verifica in essoun disadattamento oppure no. Solamente sollevandolo, po­trete dire se un bollitore è abbastanza comodo da tenersi inmano. E, come principio generale, potrete decidere se unastrada è abbastanza larga per guidare, soltanto quandol'avrete costruita e avrete tentato di percorrerla in macchinanèlle condizioni medie prefigurabili.Naturalmente non ci atteniamo, nei fatti, a questo principio,,poiché sarebbe tanto poco conveniente da riuscire pratica­mente impossibile. Se conosciamo in partenza la massima

Interazione diforma e contesto

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Precostitulreuno standarddi funzionalità

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larghezza dei veicoli che verranno usati nell'autostrada esappiamo anche che, al fine di ottenere una guida conforte­vole e uno spazio adeguato per frenare a una certa velocità,occorrono 2? e 6" in piu dall'una e dall'altra parte, possia­mo dire subito se nell'autostrada si determinerà o meno undisadattamento ai predetti requisiti. Possiamo fare questoperché il carattere misurabile della proprietà «larghezza » cipermette di stabilire una connessione tra la larghezza dellastrada e la probabilità di cattivo funzionamento nell'insie­me. Ciò che facciamo in tal caso, per semplificate il com­pito della progettazione, è di stabilire uno standard di fun­zionalità, specifì.canclo che tutte le carreggiate devono averealmeno un passaggio largo circa Il '0" poiché le grandi auto­mobili sono larghe 6'. Possiamo allora dire, con un ragio­nevole grado di sicurezza, che ogni strada conforme a gue·sto standard non provocherà alcun disadattamento del­l'insieme.Possiamo istituire uno standard di funzionalità per. ognivariabi.le di disadattamento che presenti variazioni continuelungo una graduatoria ben definita. Altri esempi tipici sonol'isolamento acustico delle stanze (la sopportabilità del ru­more può essere espressa in decibel), l'illuminazione per unalettura confortevole (espressa in lumen per metro quadrato),la capacità di sostenere carichi richiesta a una struttura comegaranzia ad un suo possibile cedimento (coefficienti di sicu~

rezza sono applicati ai massimi carichi previsti), ragione­voli costi di manutenzione (espressi in dollari per anno).Una volta che, per un requisito, è stata trovata una gradua­toria, numericamente controllabile, è quasi sempre possibiletrovare una connessione tra la graduatoria stessa e qualcheintrinseca proprietà della forma. l Per cui, dato il progettodi un edificio sul tavolo da disegno, è possibile calcolare iprobabili costi di manutenzione, la trasmissione di rumorefra le stanze e cosi via. Naturalmente, allora, non è pitinecessario scoprire attraverso il procedimento per tentativoed errore se la forma mancherà di adattarsi al suo contesto.Può essere stabilito in anticipo uno standard di funzionalitàdeterminato dal contesto per ciascun requisito considerato edogni standard può essere usato come criterio di adattamento.

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. Questa è la ragione per cui è crescente la tendenza a sta­bilire scale e standard di funzionalità per il maggior numerodi requisiti possibile'Tuttavia, l'esistenza di uno standard di funzionalità e l'as~

sociazione di una scala numerica con una variabile di disat­titudine non significa' che la disattitudine sia piti intensa­mente avvertita nell'insieme quando essa si presenta. Nat':l~

'ralmente vi sono moltissime disattitudini o mancate rispon­denze per le quali non esistono scale. Alcuni esempi tipicisono «la noia in una mostra », «l'impraticità di un manicodi bollitore », «l'insicurezza di; un catenaccio o di una ser-'ratura », «l'insufficiente calore umano in un soggiorno », «lamancanza di varietà in un parco ». Nessuno ha ancora inven­

. tato una scala per l'infelicità o la scomodità o l'inquietudine,e non è perciò possibile isti~uire standard di funzionalitàper queste condizioni. Eppure sono queste mancate rispon­denze quelle piÙ critiche in un problema di progettazione.L'importanza delle' variabili non quantiflcabili è talvolta per­duta nello sforzo di essere «scientifici ». Una variabile chepresenta variazioni continue è piti facile da trattare in tet~

mini m:;ttematici, e perciò sembra piÙ adatta per una tratta­zione scie;ntifica. Ma anche se è vero che l'uso di standarddi funzio~alità rende me~o necessario al progettista di con­fidare sull'esperienza personale, accade anche che il tipo diottimizzazione matematica che le variabili quantificabili ren~

dono possibile sta largamente irrilevante per il problemadella progettazione,Un problema di progettazione non è un problema di otti­mizzazione.' In altre parole non è il problema di soddisfarequalsiasi requisito, ° qualsiasi funzione di diversi requisiti,ne! modo migliore possibile (sebbene talvolta si possa direcon leggerezza che si tratta di Ottimizzare uno o due fattori,come il costo o il tempo di costruzione). Per la maggior par­te dei requisiti è importante soltanto che essi siano soddi­sfatti ad un livello sufficiente a prevenire la mancata rispon­denza fra forma e contesto, e che questo avvenga nel modomeno arbitrario possibile.6 La situazione è strettamente "bi­naria, L'obiettivo è di portare ogni variabile binaria al valo­re O (per variabili continue il valore O corrisponde all'intera 101

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gamma di valori positivi dello standard' di funzionalità ri­chiesto). È perciò importanre soltanto che ogni variabilesia specifica e definita, al punto che ogni progetto possa es·sere classificato senza ambiguità, come un adattamento o undisadattamento. Per le variabili quanti6cabili questo è facile.Un esempio ovvio, nel caso del bollitore, è l'esigenza diuna capacità adeguata. Dato che la capacità di un bollitorepuò essere descritta quantitativamente, è possibile stabilirefacilmente"una capacità standard che riteniamo soddisfacen-

- te per i bollitori, per cui sia possibile considerare comedisattitudine una capacità minore di quella. Allora diremoche la variabile .assume il valore O per i bollitori che hannocapacità maggiore o uguale alla capacità critica, e il valore1 per i bollitori che hanno capacità minore. La scala dellemisure c;li capacità fornisce la base oggettiva per dividere ibollitori in due categorie: compatibili col contesto e incom­patibili ceD esso in rapporto alla variabile considerata.Per le variabili non quanti6cabili, la questione diventa me·no facile. Prendiamo, ancora per il bollitore, la proprietàdell'essere «co~odo da prendere ». Non vi è nessuna pro.­prietà oggettivamente misurabile che si possa realmentemettere in relazione con il comfort nel servire, secondo unascala di «comodità». Tuttavia una variabile di disattitudinecome questa può ancora essere definita abbastanza bene.È sempre possibile stabilire alcuni limiti comunicabili suiquali un gruppo di esperti possa trovare un accordo. Si puòcerto spiegare abbastanza chiaramente cosa si intenda percomfort, nel linguaggio del senso comune, secondo l'accor·do di un gruppo di persone che decidano quali bollitorisono comodi da prendere e quali no. Questo permette allavariabile comodità di divenire accetrabile per lo scopo dellanostra analisi.Considereremo una proprietà dell'insieme (quantificabile ono) come una variabile di disattitudine accettabile, purchésia possibile associare ad essa un modo non ambiguo di sele·zionare tutte le possibili forme in due classi: quelle per lequali riconosciamo che si adattano a soddisfare il requisita- nel quale caso diciamo che le variabili assumono il valo­re O-, e quelle per le quali riconosciamo che non si adattano

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a soddisfare il requisito - nel qual caso diciamo che le va­riabili assumono il valore 1.

Questo ci porta a tre serie di dO,mande, alle quali può sem­brare difficile rispondere:1. Come possiamo ottenere un insieme esauriente di va­riabili M per un dato problema; in altre parole come pos­siamo essere certi di non aver tralasciato qualcosa di im­

portante?2. Come possiamo essere certi che tutte le variabili inclu­se nella lista M siano rilevanti per il problema?3. Per qualunque variabile specifica, come decidiamo aquale punto viene meno la rispondenza? o, se essa è unavariabile continua, come sappiamo quale valore attribuireallo standard di funzionalità? In altre parole, in che modola condizione fin qui descritta'la riconosciamo come disatti­tudine?A queste domande è già stato risposto sostanzialmente nelcapitolo 2. Ricordiamoci del seguente principio fondamen­tale. Qualsiasi stato c/.i cose ne!finsieme) che derivi da!fin­terazione fra la forma e il contesto e causi stress ne!finsie­me) è una disattitudine.

Questo concerto di stress o non rispondenza o disattitudineè primario. Procederemo senza definirlo. Possiamo trovareprecedenti per questo nella pratica del diritto comune, dellapsichiatria, della medicina, nell'ingegneria, dell'antropologia,dove esso serve anche come un concetto primario non defi­nito.? In tutti q~esti casi, si dice che si presenta stressdovunque si possa dimostrare secondo il senso comune chealcuni stati di cose sono in qualche modo dannosi all'unitàe al benessere dell'intero insieme. Anche nella progettazio­ne, benché sembri difficile definire il concetto di stress inteoria, in pratica è facile farlo. In architettura, per esempio,quando il contesto è definito dal cliente, egli dirà in termininon incerti quello che non vuole tollerare. Ed è pure ovvioche un bollitore scomodo da prendere lcausa stress, poiGhéil contesto richiede che esso sia comodo da prendere. Delresto appartiene al senso comune il fatto che un bollitore

Naturaleintollerabilitàdello stress

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Ogni insiemedi inidoneitàè incompletoe relativo

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debba essere usato comodamente da mani umane. All'estre­mo opposto se qualcuno afferma che l'insieme è sottopostoa uno stress quando il bollitore non riflette radiazioni ultra­violette, sarà ancora il senso comune a farci respingere l'af­fermazione, a meno che non siano espresse in termini piuprecisi le ragioni che dimostrano i danni derivanti dall'as­sorbimento dell'ultravioletto.

Il principio che lo stress o il disadattamento sia un concet­to primario ha le seguenti c0nseguenze. Prima di tutto èchiaramente impossibile elencare esaurientemente tutti i tipidi stress che P9ssono presentarsi in un insieme, e perciòimpossibile sperare che M possa fornire una descrizionecompleta di un problema. Un istante di riflessione ci con­vincerà ç,he non siamo mai capaci di esporre un problema diprogettazione se non in termini di errori osservati nelle pre­cedenti soluzioni di precedenti problemi. Anche se tentiamodi progettare qualcosa per uno scopo del tutto nuovo, maiprima affrontato, il meglio che possiamo fare per esporre ilproblema è di prevedere come potrebbe probabilmente an­dare male, esaminando mentalmente tutti i modi in cui altrecose sono andate male nel. passato.Il meglio cbe possiamo fare è, in altre parole, di includerein M tutti quei tipi di stress che possiamo immaginare. L'in­sieme M non può mai propriamente essere chiamato com­pleto. Il processo della progettazione, anche quando è diven­tato autocosciente, resta un processo di riduzione' di. errori,e l'insieme M resta un elenco·' provvisorio di quegli erroriche sembrano esigere correzione.I! fatto che il processo della progettazione debba essere vi­sto come un processo di correzione di errore ha un'ulterioreconseguenza. Gli errori che sembrano piu critici non' sonomai gli stessi per persone diverse. Qualsiasi serie di errorio disattitudini da eliminare include perciò necessariamen~e

una certa componente di un gusto personale.Se chiediamo a diversi progettisti di esporre un problemaquale può essere quello di un abitato urbano, troveremo dif­ficile anche raggiungere l'accordo i.otorno all'indicazione de­gli elementi realmente importanti. Probabilmente ogni pro-

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geuista ha il suo personale insieme di idee in merito allascelta di tali elementi, e in effetti è pienamente libero diguardare al problema nella prospettiva che preferisce; rutrociò che possiamo sperare di ottenere è di inquadrare la suaconcezione secondo una struttura feconda. È per questa ra·gione che M non può essere pensato come obbiettivamentecompleto, ed è stato invece presentato nd capitolo 6 comeuna possibile immagine della concezione che il progettistaha di un problema.Comunque, bisognerebbe porre anche in evidenza come, mal­grado la naturale prefigurazione inevitabilmente portata consé da qualunque esposizione di un problema ad opera deIprogettista, sia tuttavia non meno vero che l'uso dell'insie~

me M quale strumento di rappresentazione ha in sé un rile·vante potere di richiamo verso la neutralità. L'unico puntosul quale i progetristi potrebbero trovarsi fra loro dissen·zienti si riduce, in linea di massima, all'importanza rispet­tiva dei diversi requisiti. Nella presente teoria, questo det­taglio, qualora fosse stato preso in considerazione, avrebbepotuto essere espresso mediante l'assegnazione di uno spe~

cifico, quantificabile valore alle divers~ variabili. Ad ognimodo, saranno pochi i progettisti che all'atto pratico ·non sitroveranno concordi sulle variabili stesse; quanto meno, sul­la loro elencazione. Mentre infatti la relativa importanza deidiversi requisiti è, eventualmente, questione opinabile, ladecisione invece se un requisito sia, o no, realmente tale,è assai meno personale. Uno stress generato da un'inidonearispondenza (o disattitudine), leggera o no, ha semplici tan~

gibili conseguenze che possono essere obiettivamente deter­minate. Lasciando poi che il progettista calcoli la rispettivaimportanza dei diversi requisiti, a sua decisione e discre­zione durante la fase diagrammatica del processo, si per~

mette cosi ai progettisti di accordarsi intorno al contenutodell'insieme M, siano essi d'accordo o no sulla loro relativaimportanza, poiché la sola inclusione di un requisito in M,come tale, non attribuisce ad esso alcuno spedfico peso.

Prima di dire di piu intorno alle precise proprietà logicheche le variabili di disattitudine devono avere, definiremo 105

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ora le interazioni tra le variabili. Per fare questo dobbiamo

introdurre un nuovo elemento concettuale: e cioè il campospecifico, o dominio, delle forme per le quali queste varia~

bili sono state precisate. Conveniamo di chiamarlo D; eprecisiamo subito che deve essere concepito, approssimata­

mente, come il complesso di tutte quelle "forme discrimina­bili (buone e cattive) aventi la possibilità di venir poste

in rapporto con il contesto dato, per completare l'insieme.

I contenuti di questo dominio non possono essere specifi­cati in modo preciso (se lo potessero, il problema della pro­

gettazione diventerebbe un problema di selezione); il domi­nio in sé è immaginario, ma serve per fissare l'idea delle

connessioni intervariabili. Dovremmo pensarlo come la tota­

lità dell~ forme possibili entro le capacità conoscitive del

progettista. In altre parole, si tratta di un modo abbreviato

per parlare di tutte quelle forme discriminabili che un pro­

gettista può immaginare e progettare.8

Ora, sappiamo per postulato che possiamo in linea di prin­cipio decidere, per ognuna delle forme in D, quali requisiti

essa soddisfa e quali no. Questo significa che ogni variabiledi disattitudine x; taglia il dominio D in due: il gruppo del­

le forme adatte, e il gruppo di quelle che non lo sono. Sche­

maticamente, li rappresentiamo cosi:

Da due variabili otteniamo 4 insiemi, nel quali le formeprendono i valori mostrati qui sotto.

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Se sovrapponiamo tutte le m variabili, otteniamo una divi·sione del dominio D in 2m classi reciprocamente esclusive,~gnuna contrassegnata da un ~ifIerente schema di valori perXl' .• x m • Chiameremo il quoziente di forme in D che nonsoddisfa il requisito x, la probabilità del presentarsi delladisattitudine Xi. Scriviamo questo P(Xi = 1). (Naturalmen­te O';; p(x; = l) ,;; 1.)Allo stesso modo definiamo la probabilità di evitare la disat­titudine Xi come p( Xi = O); e la probabilità di evitare en­trambe Xi e Xi simultaneamente come P(Xi = 0, Xi = O), ecosi via.Se le variabili Xl' .. X m sono tutte a due a due indipendenti,allora per un assioma della teoria della probabilità possia­mo scrivere p(x; = O, Xj = O) = p(x; = O) . p(Xj = O)per tutti gli i e j. E similmente se le variabili sono indipen­denti a tre a tre, a 4 a 4, a n a n, allora queste relazionidi indipendenza vengono considerate come probabilità con~

dizionali, e scriviamo, ad esempio, P(Xi = O, Xi = O IXk == l) = p(x; = O I Xk = l) . p(Xj = O I x, = l) condizio­nale su Xk = 1 e cosi via.9 Dovunque le variabili non sonoindipendenti, le relazioni precedenti vengono a mancare. Es·senzialmente, allora, parliamo di una dipendenza tra due va­riabili dovunque P(Xi = O, Xi = O) sia notevolmente diver­so da p (x; = O) . p (Xj = O) e analogamente per piu didue variabili. Formalmente descriviamo queste dipendenzeper mezzo dei coefficienti di correlazione.1O Il piti semplicecoefficiente di correlazione è quello per due variabili: 11 107

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Rapportifunzionalireciproci

108

Cij

P(Xi=O,Xj=O) . p(xi=1,xj= 1) - P(Xi=O,Xj= 1) . P(Xi= 1,xj=O)

[P(Xi=O)P(Xj=O)P(Xi= 1 )p(Xj= 1))' .Per qualunque coppia di variabili Xi e Xi, poi, possiamo di­stinguere le tre seguenti possibilità:1. Se Cij è notevolmente miJ.?ore di 0, Xi e Xi contrastano;come «l'essere, il bollitore, troppo piccolo» e «l'occupate,II bollitore, troppo spazio ». Quando cerchiamo una formache annulla XI diminuiscono le nostre probabilità di annul­lare Xl.

2. Se Cii è notevolmente maggiore di O, Xi e Xi concorrono;come <d'essere, il bollitore, incapace di resistere alla tem­peratura dell'acqua bollente» e «l'essere, il bollitore, sog­getto a corrodersi in cucine piene di vapore ». Quando cer­chiamo materiali che evitino una di queste difficoltà, aumen­tiamo l" probabilità di evitare l'altra.3. Se Cij non è lontano da 0, Xi e Xi non mostrano intera­zioni di alcun tipo degne di nota.

Nel primo caso dovremmo scrivere un legame negativo trale variabili, nel secondo caso dovremmo scrivere _tra esse unlegame positivo, e nel terzo caso non dovremmo scriverenessun legame tra loro. Parlando grossolanamente: due re­quisiti interagiscono e sono perciò legati se, in un progetto,quel che si fa ìn funzione di uno di essi rende piu difliciko piu facile il fare qualcosa in funzione dell'altro." Quest'suggerisce un modo semplice per valutare i legami, fondatosu un esame diretto delle forme esistenti conosciute. Sup­poniamo di raccogliere un campione di tutti i bollitori re­centemente prodotti e di esaminarlo dal punto di vista del­le disattitudini Xi e Xi. Poiché abbiamo definito ogni varia~

bile di disattitudine i~ un modo tale che possiamo sempredecidere quale valore essa prende (O o 1) in un progettodato, è facile ottenere il numero dei bollitori dove si è pre~

sentata solo Xi(Xi.-= 1, Xi = O), dove si è presentata so~

lo X;(Xi = O, Xi = 1) dove si sono presentate entrambe(Xj =1; Xi = 1) e dove né l'una né l'altra si sono presen­tate (Xi = O, Xi = O). Se i campioni sono stati scelti atten~

tamente, quest'i numeri ci danno una buona valutazione del­le probabilità che Xi, che Xj, che entrambe, che nessuna, ha

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di presentarsi m un bollitore moderno scelto a caso. Daqueste valutazioni di probabilità associate a due variabilipotremmo calcolare la correlazione Cii e scrivere un legametra ogni coppia di variabili la cui correlazione fosse stati­sticamente significativa. Potremmo usare lo stesso procedi­mento per decidere delle correlazioni a piti variabili.Però questo metodo, che è ba.sato su un campione dei bol­litori esistenti, non serve pienamente ai nostri scopi. Seriflettiamo attentamente, ci accorgiamo che le correlazionitrovate empiricamente, hanno differenti gradi di validità.Alcune sono quasi logicamente necessarie, come il contra·st? tra l'esigenza di una sufficiente capacità del bollitore el'esigenza di una economia di spazio. Il primo richiede ungrande volume, il secondo uno piccolo. Questo CQntrastoesiste quasi per definizione, almeno finché non si pensi amodi di scaldare l'acqua assai -differenti da quelli consentitidai bollitoriB

Altre correlazioni dipendono da leggi fisiche - come il con­trasto tra l'esigenza di un materiale che trattenga il caloredopo che nel bollitore l'acqua ba raggiunto il punto di ebol­lizione e l'esigenza di un materiale che permetta di scaldareeconomicamente l'acqua del bollitore. È difficile immaginareun materiale la cui conduttività termica sia differente in di­rezioni opposte; cosi ancora, sebbene vi siano modi per ag­girarlo, il contrasto esiste per la maggior parte dei bollitoriche si possono immaginare.Ma altre correlazioni dipendono solamente da contingenzedel gusto e del costume. Se guardiamo i bollitori nei negozidi oggi, possiam~· osservare che quelli economici hanno ma­nici di stagno, e potremmo c?ncludere che l'esigenza di sicu­rezza nel sollevare un hollitore caldo (l'esigenza, cioè, diavere un manico che non scotti) contrasta con l'economiadella produzione e con la necessità di tenere basso il prezzodi vendita. Però, questa conclusione, che è basata su uncampione dei bollitori attualmente disponibili, cambierà ap­pena cominceremo a pensare ad altri materiali e progetti.Questo contrasto infatti, non sarà certo presente in tutti ibollitori immaginabili.Deliberatamente vogliamo evitare di mescolare questo ulti- 109

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ma caso con gli altri due. Se dovessimo accettare il legameche esso parrebbe suggerire, allora, con la logica essenziale·dell'insieme, dovremmo anche congelare la ricerca entro ilimiti delle sue contingenze momentanee. Siamo invece inte­ressati a quei legami fra le variabili che valgono per tutte leforme che possiamo concepire (cioè per la totalità D). Pur­troppo qu~lsiasi campione basato sulle possibili soluzioniche sono già state realizzate è notevolmente influenzato dalpassato. Per superare questa tendenza, dovremmo esamina­re in modo totalmente esauriente tutti i fattori di D, oppu­re trovare una teoria che ci offra un criterio statistico impar­ziale di campi9namemo di D. Nulla di questo è possibileoggi.Tuttavia, potremmo vincere questo stato di cose con altrimezzi. Jnvece di cercare solo collegamenti statistici tra levariabili, potremmo tentare di trovare le relazioni causalifra esse. Ora, una fede cieca basata esclusivamente su unaregolari tà di frequenza osservata non può essere mai pienaed appagante, perché non risulta da una connessione cau­sale verificata. Ma se riusciamo a trovare una spiegazionedella correlazione fra le variabili, riferita a qualche sicuramatrice concettuale, possiamo essere piu facilmente dispostia credere nel valore probatorio della frequenza e della rego­larità, perché in t-al caso sappiamo anche quali tipi di circo­stanze estranee hanno la probabilità di sconvolgere la rego­larità e quali no. In questo secondo caso chiamiamo «cau­sale» una correlazione, posto, appunto, che possediamoqualche criterio di razionalizzazione o schema, le cui regole·rendano conto di essa.Per esempio, la conoscenza sicura della struttura molecolaree cristallina dei materiali ci dà una buona ragione per cre­dere che la conduttività termica di un materiale sia la stes­sa in due direzioni opposte qualsiasi, e di qui che la neces­sità di scaldare un bollitore in poco tempo contrasta con lanecessità di mantenere calda l'acqua una volta che abbia bol­lito. In questo caso poiché comprendiamo la connessionefra le due variabili la chiamiamo causale e le diamo unpeso molto maggiore perché siamo convinti che essa rendeconto di quasi tutte le possibilità concepibili.

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La ricerca di relazioni causali di questo tipo non può esseremeccanicamente sperimentale o statistica, ma richiede unainterpretazione; per perseguir1a, dobbiamo adottare lo stes­so tipo di ragionamento comune di cui siamo tenuti a faruso continuamente nella parte induttiva della scienza. I puridati del metodo scienti6co non vanno mai oltre l'esposi­zione delle regolarità. Noi immettiamo in queste una strut­tura solo per- inferenza e interpretazione. 14 Proprio nellostesso modo, i fatti strutturali relativi. a un sistema di varia­bili in un insieme, verranno solo da una meditata inter­pretazione delle osservazioni.Diremo che due variabili interagiscono se e solamente se ilprogettista può trovare una ragione (o' un modello concet­tuaie) che abbia senso per iui e gli dica perché esse intera­giscono. 15

Anche qui, come nella definizione delle variabili, ci imbat­tiamo nell'intervento di una componente personale e siamotenuti a ricordare che L, come M, è una rappresentazionedel modo in cui il progettista vede il problema, non unadescrizione' oggettiva del problema stesso. Se il progettistavede un contrasto fra la necessità di avere allo stesso tem­po in un bollitore una sufIìcient~ capacità e la necessità dieconomizzare lo' spazio, egli lo fa perché ha alcuni precon­cetti intorno ai tipi di bollitore possibili. Infatti sono con­cepibili espedienti, non ancora inventati, per far bollire l'ac­gua mentre esce dal rubinetto, e ottenendo quindi una occu­pazione di spazio molto limitata. Ma finché il progettistanon assume questa possibilità, non serve dirgli che il con­trasto è spurio; il contrasto, per quanto lo riguarda, esisterealmente, e occorre risolverlo, e deve quindi essere inclu­so in L e proprio nell'atto in cui si chiede se le due varia­bili interagiscono realmente e perché lo fanno, il progettistavede le possibilità di evitare il contrasto e cioè, vede il pro­blema piu a fondo.Il lettore può ben chiedersi come un tale processo - in cuii requisiti e i legami tra i requisiti sono definiti dal pro­gettista sulla base di cose già presenti nel suo pensiero ­possa giungere a un risultato che non è già presente nel

Oggettivitàe soggettivitànel processodi definizione

!lI

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Esigenza dispecificazionee dettaglio

112

pensIero del progettista. In altre parole, come può essererealmente di aiuto questo procedimento? La risposta è chepoiché esso concentra l'attenzione sulla struttura, il processoè capace di ricavare una totalità coerente, e quindi nuova,da pa.rti incoerenti.È vero che il progettista deve fin dall'inizio avere in mentealcune idee fisiche, relarive al problema. Per definire i requi­siti, egli deve essere cosciente delle implicazioni fisiche spe­cifiche di ciascuno di essi. Per definire i legami fra i requi­siti, egli deve essere cosciente dei molti modi in cui le im­plicazioni fisiche hanno probabilità di essere in contrasto oviceversa di concorrere. Ma le molte implicazioni frammen­tarie di cui il progettista è cosciente non arrivano di per sestesse alla forma. Egli è capace di definire la forma solrantonel momento in cui le implicazioni fisiche si compongononella sua mente e assumono un aspetto organizzato. Il pro­cesso che sto descrivendo, come vedremo, è di aiuto preci­samente in quanto provoca l'organizzazione, entro partico­lari specifici finora non organizzati, nel pensiero del pro­gettista.

Indubbiamente lo schema di interazione in qualsiasi pro­blema reale presenterà una grande varietà di forze diverse.Può succedere che due variabili -contrastino cosi fortementeda escludersi reciprocamente e da non poter mai assumerecontemporaneamente gli stessi valo;ti. Può anche succedereche le due variabili presentino una tendenza a concorrere,appena percettibile. Ma, mentre una prova esplicitamentestatistica dà alle interazioni una gamma continua.. di valori,i metodi ad hoc del pratico senso comune difficilmente cipermettono di assegnare loro una continua gamma scalatain modo percettibile - questo soprattutto per il fatto chei diversi individui che giudicano possono avere scale per­sonali di valutazione incommensurabili e per il fatto che leinterazioni che scaturiscono da diversi tipi di sorgenti pos­sono essere difficili da comparare. In pratica, nel miglioredei casi, è possibile distinguere due o tre intensità di in­terazione.Sarà possibile, allora, dare a ciascuna coppia di. variabili

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(Xi. Xi) un piccolo indice integr.ale. Vi;' uguale a O se nonc'è interazione. positivo se c'è accordo, e negativo in casodi contrasto. Sarà ugualmente conveniente mantenere ilvalore assoluto di Vii minore o uguale a un numero interofissato v. Al fine di una interpretazione fedele, assumiamoche !'indice di legame Vij indichi una correlazione di SVii,

dove o è una costante arbitraria tale che ov :<:: 1. I valoridel Vii possono essere esposti in forma di matrice. La casellaalla coincidenza della i-esima riga j-esima colonna contiene ilvalore Vii- La casella della prima riga e della seconda colon­na (i = 1, i = 2) contiene vu. La matrice è simmetrica.In questo modo:

x, x,

x,

x,

o 2 O

2 O -1

O -1 Ox,

Da questa matrice si arriva a definire l'insieme L come uninsieme di legami associati alle variabili di M, come segue.16

Per ogni coppia di variabili Xi e X;' ci sono IVii l elementidistinti di L che uniscono Xi a Xj. Questi elementi portanolo stesso segno dell'indice Vii, negativo per il contrasto epositivo per l'accordoY Gli insiemi M ed L congiuntamentedefiniscono in modo completo il grafo G (M, L).18

.Le definizioni che abbiamo dato lasciano ancora senza ti·sposta alcune questioni pratiche relative agli insiemi M edL. Ha qualche importanza, per esempio, il fatto. che duevariabili abbiano un significato molto vicino anche se leg·germente differente? Quanto specifiche o quanto generalidevono essere? Come ci comportiamo in un caso di intera·zione a tre variabili? Le risposte a qU(~ste domande di­pendono da tre importanti proprietà formali del sistemaC(M, L), che ora esamineremo. 113

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Innanzi tutto, se il grafo G(M, L) deve fornirci una rap­presentazione accurata del comportamento delle variabili, ènecessario che l'insieme L descriva tutte le interazioni esi­stenti fra le variabili. Dal momento che gli elementi di Lsono legami che rappresentano la correlazione a due varia­bili, questo significa che le variabili devono essere scelte inmodo da essere libere da correlazioni a tre o piu variabili.La trattazione matematica dell'appendice 2 è basata sullaassunzione che le correlazioni di ordine superiore si annuI·Iino. t9 Se non fosse cosi. un'analisi basata su L e M soltanto,

.darebbe certo risultati fuorvianti.

In secondo luogo, anche la correlazione a due variabili SVii

deve essere piccola per ciascuna coppia di variabili. Specifi.camente, per quanto riguarda la trattazione matematica del­j'appert"dice 2, dobbiamo avere /0 ~ l, dove / è il numero

totale dei legami in L'"Terzo, l'analisi dell'appendice 2 è basata anche sull'assun­zione di una certa simmetria semplice fra le variabili di M.Essa richiede che p( Xi = O) sia la stessa per tutti gli i. 21

Ancora una volta, se non fosse cosl, l'analisi non sarebbe

valida.Consideriamo ora le implicazioni pratiche di queste tre pro~

prietà formali che il sistema G(M, L) deve avere. Prendia­mo per prima l'ultima. Essa richiede che P(Xi = O) sia lastessa per tutti gli i, ovvero che la proporzione di tutte leforme pensabili che soddisfano un requisito sia press'a po­co la stessa per ciascun requisito. Ciò signiEca, nel linguag­gio comune, che tutte le variabili debbono essere grosso mo­do comparabili per quanto riguarda la loro pottata e il lorosignificato.Non possiamo ammettere che «economicamente soddisfacen­te» sia un requisito e «mantenimento dei costi abbastanzabassi» sia un altro. Chiaramente questi requisiti hanno dif­ferenti gradi di significato poiché il secondo è parte del pri­mo mentre il primo non è parte del secondo. Ogni proget­tazione economicamente soddisfacente deve a fortiori con­tenere i costi a un livello accettabile. Ma non è vero l'in­verso. I progetti possibili che soddisfano il primo requisitosono molti di piu di quelli che soddisfano il secondo, perché

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il primo ha una portata e un signrncato molto pio ampi. Leloro probabilità sono molto diseguali. In questo caso l'ine­guaglianza è particolarmente chiara poiché il secondo requi­sito è contenuto nel primo. Ma la differenza sarebbe pari­menti grande se sostituissimo il primo con «funzionalmentesoddisfacente ». Questo nuovo requisito ha una portata edun significato ancora pio ampi del «mantenimento dei costiabbastanza bassi» anche se ess~ non lo contiene. Se voglia­mo usare «mantenimento dei costi abbastanza bassi» comerequisito, allora dobbiamo suddividere «funzionalmente sod­disfacente» in requisiti piti piccoli e piu specifici, compara­bili ad esso. II primo passo nella costruzione dell'insieme Mè di rendere tutte le sue variabili approssimativamente ugua­li in «dimensione» o portata.22

Consideriamo ora la seconda delle tre proprietà formali. Inpratica, naturalmente, la precisione di questa espressionematematica è Senza senso, dal momento che noi giudichia­mo le correlazioni «ad occhio» e non le ordiniamo nume­ricamente. Essa significa tuttavia, praticamente, che dobbia­mo essere soddisfatti di ottenere che tutte le variabili sianotanto indipendenti quanto riusciamo a renderle tali. Unesempio può servire a chiarire meglio. Supponiamo che leseguenti due variabili appaiano nella nostra lista per il pro­blema del bollitore:1. «il bollitore deve riscaldare l'acqua abbastanza in fretta»;2. «il bollitore deve conservare calda l'acqua una volta cheessa ha bollito ».

Queste due variabili sono chiaramente nient'affatto indi­pendenti. Tuttavia esistono, nascosti dietro di esse, dueaspetti abbastanza indipendenti e basta solo trovarli. Unmodo per riuscirci consisterebbe nella seguente rielabora­zione che copre piu o meno lo stesso campo della primacoppia, ma consta di due variabili fra loro piu indipen­denti;3. «il bollitore deve permettere una trasmissione di calo­re solo unidirezionale»;4. «il bollitore deve avere una bassa capacità termica ».Una notevole quantità di energia deve essere spesa nellefasi preliminari manipolando e rimaneggiando le variabili 115

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in questo modo fino a che esse non divengano indipendentiquanto piu è possibile.D

Dopo la terza e la seconda delle proprietà formali, veniamoora alla prima e piu difficile da ottenere: che le correlazio·ni a tre o piu variabili fra gli elementi di M sia trascu­

rabili. Essa significa che la correlazione a due variabili perogni coppia di variabili deve essere indipendente dagli sta·ti di tutte le altre variabili. Dal momento che lo stato diuna variabile con tanto maggiore probabilità influisce sul­

la correlazione fra le altre variabili, q'uanto piu ampia èla sua portata, la cosa migliore da fare è quella di renderetutte le singole variabili quanto piu è possibile specifiche eminute.

Questo metodo del rendere tutte le variabili altamente spe·cifiche"'è importante per un'altra ragione. Per quanto si

cerchi di evitare le categorie esistenti, in pratica si debbonosempre creare le variabili specifiche di M, attraverso fasiintermedie. Il cervello non è fatto per pensare in modoamorfo liste dettagliate. Ci piaccia o no, se pensiamo a unavariabile che ha a che fare con l'acustica, inevitabilmentepenseremo alle altre che Ci sembrano appartenere allo stessotitolo o rientrare nella stessa area concettuale. È quindi peruna questione di psicologia pratica che noi non possiamoevitare di -usare concetti di ordine superiore come «econo­mia» e «acustica », quali passaggi intermedi nel compito dielencare le variabili di disattitudine.Nel migliore dei casi possiamo trattare questi intermediariconcettuali come parole.chiave, come etichette liberamenteconcepite per i principali argomenti del problema, che do·vremo poi suddividere ulteriormente in parti pili piccole perottenete un insieme di variabili M. Pili le nostre variabilisono vicine a queste parole-chiave astratte e generali, piu ilnostro problema rimane suscettibile di quel tipo di distar·sioni discusse nel capitolo 5. Quanto piu rendiamo spedii·che e dettagliate le variabili, tanto meno C(M, L) sarà co~

stretto dalle precedenti concezioni, e tanto piu esso saràaperto a un esame dettagliato ed imparziale della sua strut­tura causale.

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Riassumiamo quindi le proprietà che gli elementi di M de­vono avere. Essi devono essere scelti in modo da (1) avereun'uguale portata, (2) essere tanto indipendenti l'uno dal­l'altro quanto è ragionevolmente possibile, e (3) avere unaportata tanto piccola, e quindi essere tanto specifici e detta­gliati e numerosi, quanto è possibile.24 Un esempio di uninsieme M' è dato nell'appendice 1 unitamente al suo insie­me associato L.

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41 La soluzione

Abbiamo ora un grafo G (M, L) che rappresenta il proble­ma della progettazione. Come abbiamo visto nel capitolo 6,per risolvere il problema, tenteremo di scomporre l'insiemeM in modo tale che ci dia un programma utile per la pro­gettazione. Considereremo ora quale criterio -ysare comebase per la scomposizione.Come abbiamo osservato nel capitolo 6, un programma cifornisce una serie di sottoproblemi piti semplici, e ci dicein che erdine risolverli. Prima di tentare di definire un cri­terio di scomposizione possiamo discutere l'assunto che unatale partizione possa essere di qualsiasi aiuto al progettista.Il progettista come creatore di forma sta ricercando l'inte­grità (nel senso della singolarità) j desidera formare una uni~

tà, sintetizzare, raccogliere insieme elementi. L'origine diun programma di progettazione, d'altra parte, è analitica, eil suo effetto è di frammentare il problema. Il contrasto fraquesti due scopi, l'analisi e la sintesi, ha condotto qualchevolta a sostenere che nella progettazione l'intelletto e l'artesono incompatibili, e che nessun processo analitico può aiu­tare un progettista a comporre progetti unitari e ben orga­nizzati.Consideriamo piu attentamente questa obiezione. È comuneesperienza che i tentativi per risolvere prima ùna parte diun problema poi altre, e cosI via,porta a" involuzioni senzafine. Non si è ancora risolto un aspetto di un problema cheun altro diviene. oscuro. E quando si torna indietro per cor­reggere, va storta qualche altra cosa. Gira e rigira non siarriva mai a produrre una forma che sia completamentegiusta, perché non c'è nessun modo di integrare le parti rac­colte separatamente. Questa è la grande argomentazionecontro i tentativi di risolvere i problemi della progettazio­ne per scomposizione. Si dice inoltre che poiché nessunaanalisi per quanto acuta può mai risolvere queste difficoltà,

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il progettista deve contare su di una forza creativa subcon­scia che gli consenta di destreggiarsi con successo. In altreparole, la mano e l'occhio devono essere tanto sicuri, dacondurlo al risultato piu rapidamente di quanto non possal'intelligenza. Se i problemi della progettazione fossero omo­genei, questa raccomandazione avrebbe una sicura impor­tanza perché allora qualsiasi suddivisione analitica agireb­be, per cOSI dire, come elemento di rottura e ne sarebbedistrutta l'unità. Ma in pratica i problemi sono tutt'altroche omogenei. Sono pieni di nodi e fratture che rivelanouna struttura definita. Se si riuscisse a imparare a tracciarele principali componenti strutturali del problema dal grafoG(M, L) che lo rappresenta, le difficoltà scomparirebbero.Ma come si possono riconoscere le componenti strutturaliseparabili di un problema? Affrontiamo ogni giorno questotipo di compito, costantemente; anche quando non vediamo

.niente di piu complicato di un paio di arance su un tavolo,una accanto all'altra e non un'arancia e mezza vicino amezza 'arancia, identifichiamo correttamente le componentistrutturali. (Correttamente, e in modo praticamente verifi~

cabile, perché mentre possiamo raccogliere un'arancia e la~

~ciare l'alt~a dov'è, non possiamo raccogliere un'arancia emezza è lasciare mezza arancia dove ·sta.) Kohler e Werthei~

mer diressero l'attenzione sul fatto che anche un atto cono­scitivo apparentemente semplice come questo, in effetti ri­chiede un'operazione percettiva molto complicata.1 Non do­vremo sorprenderci constatando, nel simile ma piu astrattocompito di riconoscere le appropriate componenti struttu­rali del sistema M, che la nostra istintiva percezione ed in­tuizione ci tradiscono.La traduzione in termini matematici di questa intuizione èstata cercata in molti modi.2 È importante esaminarne alcunise non altro per la bu"ona ragione che essi illustreranno eapprofondiranno la concezione dei nostri obiettivi. Qualcu­no, che forse si avvicina a quello che vogliamo, divide sem·plicemente M in una serie di sottoinsiemi collegati dal minotnumero possibile di legami L, lasciando cOSI il maggior nu­mero possibile di legami entro i sottosistemi.3 Tuttavia,nemmeno questo né qualsiasi altro dei metodi esistenti si 119

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as,

Nel diagrammahanno rilevanza gliaspetti fisici delproblema

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adana esattamente alle condizioni che si presentano nelnostro caso. Proverò ora a dimostrare come si possa svi­luppare un criterio ben definito di scomposizione, pensan­do semplicemente con cura alle relazioni tra il programmadi progettazione e la sua attuazione.

Riflettiamo a ciò che la giusta attuazione del programmarichiede. Fondamentalmente, richiede che gli insiemi ne]programma abbiano due tipi di proprietà, che possono esse­re illustrati prendendo la tipica parte di programma mo­strata sotto. SI ed 52 sono due diversi insiemi di requisiti.53 contiene tutti i requisiti di 51 e 52_Prima dobbiamo essere in grado di trovare i diagrammi co­struttivi per SI e 52 separatamente. Questo significa che ledisattitudini che SI contiene devono in qualche modo esserecoerenti, e suggerire un aspetto fisico o una componentedella forma desiderata. Lo stesso vale per S,In secondo lu~go, se la scomposizione deve servire a qual­che utile proposito, non deve essere necessario costruire ildiagramma per S, fin dall'inizio. Invece deve essere possi­bile dedurre un diagramma costruttivo per S" in qualchesemplice modo, dai diagrammi già costruiti separatamenteper S, ed S,.Per semplificare, la prima di queste condizioni dipende dallastruttura interna degli insiemi SI ed 52. mentre la secondariguarda le relazioni fra questi due insiemi.Consideriamo, in quest'ordine, le due condizioni.

Quale peculiarità della strutrura interna di qualsiasi proble­ma lo rende difficile da risaIvere? I n nove casi su dieci.non si può risolverlo perché non si può afferrarlo; non siriesce a vedere. «a cosa conduce» la struttura interna. Lodimostrano chiaramente i sotto-problemi che stiamo consi~

derando, e che sono costituiti. dagli insiemi di requisiti iso­lati dal resto del problema di progettazione cui apparten­gono. Prendiamo a caso due problemi di rispondenza, «ilbollitore deve essere pratico da maneggiare» e «il bollitoredeve essere economico da scaldare)}. che noi dovremmo pro­babilmente considerare come non interagenti. I due proble-

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mi definiscono un sottoinsieme, a due elementi, di M per ilproblema del bollitore. È difficile vedere, tuttavia, che cosahanno in comune questi due elementi o, piu esattamente,se questo insieme, preso da solo, significa qualcosa.Se l'insieme M contiene m disattitudini, ci sono 2m pqssibilisottoinsiemi di" M e cosi 2m problemi supplementari. Qual~

siasi problema di progettazione di pratico interesse e di nor~

male complessità conterrà probabilmente almeno 100 varia~

bili, e varrà perciò 2100, cioè, approssimativamente, 103

:)

. (1,000;000,000,000,000,000,000,000,000,000) diversi sot­toinsiemi di variabili. Quasi ciascuno di questi sottoinsiemisarà difficile da afferrare, dal momento che già nell'esempiodel "sottoinsieme a due elementi appena dato, non è chiaroche cosa «abbiano in comune» le sue piuttosto disparatevariabili.La nostra prima, naturale reazione è di cercare l'integrità diquei rarissimi insiemi di variabili nei quali le variabili «han~

no qualcosa in comune» in modo che gli insiemi acquistinoun senso.L'uso di concetti verbali rappresenta un efficace mezzo artiH

ficiale per trovare gli insiemi che hanno qualcosa in comu~

ne. Succede infatti che certi risultati,' che appaiono nellanostra analisi come sottoinsiemi di M, siano legati da parolefamiliari. Chiunque diventi capace di manipolare questiinsiemi, può capire di che cosa si sta occupando, e può per~

ciò affrontare i significati che l'insieme rappresenta. Sfortu~

natamente però, gli insiemi di disattit~dini identificate attra­verso concetti verbali non hanno alcuno speciale significatofunzionale, e non si prestano di solito ad una interpretaH

zione per mezzo di diagrammi costruttivi. Un diagrammacostruttivo richiede che i requisiti che esso rappresenta ab­biano in comune qualche implicazione fisica. È facile quindicostatare come non tutti i possibili sottoinsiemi di M sianougualmente facili da diagrammare costruttivamente. Possia­mo forse esporre ciò in altri termini, dicendo cioè che certisottoinsiemi aprono delle possibilità fisiche piu facilmente dialtri. Alcuni insiemi di disadattamenti, considerando le lorointerazioni, sembrano appartenersi naturalmente; e presi co~

me unità, suggeriscono con molta evidenza una forma fisica. 121

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Altri sembreranno non avere alcuna speciale ragione per es­sere considerati insiemi, non sono particolarmente facili dadiagrammare, e veramente non «appartengono» al problema.Per rendere sensibili i sottoinsiemi in questo programma,dobbiamo ora chiederci esattamente quali insiemi di puntipossiamo considerare come i piu «diagrammabili ». Questodipende dallo schema di interazioni. Dov'è che, a conti fatti,'si manifesta l.'interazione fra i requisiti? Essa scaturiscedalla natura diilicilmente trattabile dei materiali da utilizzaree dalle condizioni che governano la creazione della forma.Due disattitudini sono considerate come interagenti soloperché, almeno in un certo senso, riguardano lo stesso gene­re di considerazione fisica. Se riguardassero aspetti comple­tamente diversi, non ci potrebbe essere alcuna base né perun contrasto né per una unione.Nel costruire, la necessità di un isolamento acustico contra­sta con la necessità di utilizzare materiali prefabbricati facil­mente trasportabili. Queste due esigenze contrastano perchéla prima richiede massicci spessori di materiale inerte, men­tre la seconda richiede muri leggeri. La caratteristica fisicareale dalla quale dipendono le loro interazioni è la massa.Ancora: in una superstrada la necessità di sicurezza nellecurve contrasta con la necessità di mantenere bassa l'inci­denza del costo del terreno, perché quanto piti larghe devo­no essere le curve per ragioni di sicurezza, tanto maggioreè l'area che si deve occupare. In questo caso l'interazionefra i due requisiti dipende dal raggio della curva.È proprio questo centro fisico di implicazioni - se possocOSI chiamarlo - che il p.t;"ogettista trova facile da afferrare.Po'iché esso si riferisce ad una proprietà o entità fisica di­stinguibile, può essere facilmente diagrammato, e può quin­di fornire un possibile punto di attacco non verbale al pro­blema. Se possiamo trovare insiemi di variabili nei quali leinterazioni sono particolarmente dense, possiamo presumere,che la densità dell'interazione risiede in un aspetto fisicochiaramente identificabile. Gli insiemi di questo tipo saran­no i piu facili da afferrare costruttivamente. Come a lato.Perciò se spezziamo il problema in modo tale che i suoigruppi di variabili siano interamente collegati nel modo piu

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ricco, avremo il filo conduttore per quegli aspetti fisici delproblema che hanno il ruolo funzionale piu importante e cheperciò molto probabilmente forniscono una opportunità dicomprensione al progettista. Sono questi gli insiemi piufacili da diagrammare.

Se dobbiamo risolvere il problema M aprendoci la stradaattraverso il programma, risolvendo separatamente i diversisottoproblemi, deve essere ovviamente possibile mettere in~

sieme in qualche modo i diagrammi risultanti quando liabbiamo. Questa è la seconda condizione che un program­ma favorevole deve soddisfare. Ma sarà possibile fondetedue diagrammi solo in particolari circostanze. Perché, peresempio, non possiamo semplicemente comporre un dia­gramma' per ogni singola vari!lbile, in modo da ottenere mdiagrammi, e poi sovrapporli tutti? La ragione è evidente.Le cara~teristiche fisiche richieste da un requisito contrasta~

no con le caratteristiche fisiche richieste da un altro. Que­sto è, in effetti, esattamente ciò che intendiamo dicendo chedue variabili di disattitudine contrastano. Lo stesso vale perdiagrammi piu complessi. Abbiamo già concentrato l'atten~

zione sul fatto che un sottoinsieme che contenesse tutte levariabili economiche, e nessun'altra, sarebbe relativamenteinutile, perché le sue implicazioni economiche contrastereb­bero troppo fortemente con le altre implicazioni del proble­ma. Naturalmente se il diagramma per i requisiti economicinon fosse compatibile con quello dei requisiti di comodità,non avrebbe senso costruire i due diagrammi indipenden­temente.Come affronteremo allora questa difficoltà? Non è possibileevitare di incontrare contrasti in qualche parte nel program·ma. Indipendentemente dall'ordine in cui vengono conside­rati i requisiti, se si vuole trovare una forma che li soddisfitutti, si deve in qualche fase risolvere ognuno dei contrasti.Ma se ci pensiamo, vediamo che la difficoltà di risolverli èdiversa nelle diverse fasi del processo di attuazione. All'ini­zio del processo, gli insiemi di requisiti sui quali ci appli~

chiamo sono ancora sufficientemente ristretti perché le loroimplicazioni siano afferrate intuitivamente; e queste impli~

Ricorso allascomposizione

123

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cazioni non sono perciò ancora irrigidite in alcuna esplicitaforma diagrammatica; sono ancora sufficientemente flessibiliper essere integrate con successo malgrado i contrasti. PiuprocediamQ nel processo, piu· i nostri pensieri sulle implica­zioni sono forzati dalia loro complessità a diventare con·creÙ, sia diagrarnmaticamente che concettualmente; piu laloro rigidità si oppone ad ulteriori modifiche. Come risul­tato, quanto piu. tardi i diagrammi in contrasto debbonoessere integrati nel processo, tanto piu difficile è l'inte­graZIOne.Ne risulta che, siccome i contrasti prima o poi debbono es­sere risolti, sarà opportuno affrontarli il piu presto possi­bile nel corso del processo di attuazione, quando le ideesono ancora flessibili. Da questo punto di vista, quanto mi­nore è.oil numero dei legami tra i sottoinsiemi maggiori del­la decomposizione, tanto meglio è. La situazione ideale, che

. generalmente non esiste in pratica, è quella di trovare unaprima divisione di M, come quella qui illustrata, nella qualenessun legame è tagliato dalle scomposizionL4

124

La necessità di sottoinsiemi che si possano esprimere dia­grammaticamente richiede insiemi di variabili dotati di inte­razioni interne molto ricche. La necessità di risolvere i con·trasti fra i diagrammi che da essi si ottengono, richiede ilnumero piu piccolo possibile di interazioni tra i sottoinsie­mi. È chiaro che questi due fatti sono compatibili; in realtà,possono essere espressi unitamente nel modo seguente.Consideriamo proprio quel livello della scomposizione nellaquale qualche in~ieme S deve essere diviso in sottoinsiemiseparati (5\, S" So· . ·5.). Vogliamo scegliere questi S. in

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modo tale da poter trovare un diagramma costruttivo perSI le cui implicazioni piu tardi non risultino contraddetteda un diagramma concepito indipendentemente per 'uno de­gli altri S.. Lo sresso per S" S, ecc. Perché è difficile farequesto in termini di comportamento delle variabili?t diflicile perché qualsiasi variabile legata ad altte esercitauna mutua costrizione sulle loro reciproche condizioni. Sefissiamo i valori delle variabili di S" i valori che le variabilidi Sg, possono assumere sono già vincolati in qualche mododai vincoli di probabilità che le legano a S,. In altre parole,i valori che le variabili di S, assumono, dicono già qualcosaintorno ai valori che possono assumere le variàbili di S'l;

essi forniscono una informazione. Quanto piu radi sono ilegami fra gli S. ranro meno i valori delle variabili in S,possono dirci circa i valori in 52, ecc.; quanto minore èl'informazione che i .legami portano attraverso la partizione,tanto piu liberi siamo nel costruire un diagramma per S2,una volta fissata la soluzione di S, nella nostra mente.Se desideriamo prima costruire un diagramma per S" e poiindipendentemente un diagramma compatibile per 52, vo­gliamo essere liberi di manipolare i valori delle variabili in52 senza che questa manipolazione sia vincolata dal fattoche le variabili di SI sono state fissate nella nostra mentedall'espressione diagrammatica inventata per esse. Per otte­nere quesro, dobbiamo scegliere le S. in modo tale che levariabili nei diversi sottoinsiemi della partizione, esercitinola minor possibile costrizione reciproca di informazione.Come si dimostra nell'appendice 2, le condizioni specificare'nel capitolo 8 definiscono un'unica distribuzione di proba­bilità p(),,) sulle condizioni di qualsiasi insieme di variabili.'L'appendice 2 dimosrra inoltre che, data qualsiasi divisione7t di un insieme 5 in sottoinsiemi, 7t{ 51' .. 51l } si può sta·bilire una misura della trasmissione di informazione, o del­la dipendenza informazionale, fra questi sottoinsiemi chia­mara R(7t)' Poiché R(7t) è definita per turte le possibiliparrizioni di qualsiasi S, possiamo ottenere la scomposizio·ne desiderata dell'insieme M attraverso la minimizzazione diR( 7t) per partizioni successive di M e dei s~oi derivati,Troviamo dunqu~ prima di tutto quella divisione di M, 125

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AM

S, S3

Aderenza a finalitàfisiche, e funzionali

126

s,

n (M), per la quale R (n) è mmima. Questo stabilisce ilprimo livello della scomposizione, secondo la seguente rap­presentazione.Applichiamo poi lo stesso metodo agli insiemi 511.: cerchia­mo quella clivisione n(51 ) di SI, per la quale R(n) è mini­ma, e similmente per S2' . " ottenendo cosi il secondo li·vello della scomposizione. Continuiamo con questo procedi­mento iterativamente, finché raggiungiamo un livello discomposizione al qual€ tutti gli insiemi contengono unAsola variabile. (Condizione 4 del cap. 1, parte II, pag, 82.)

L'albero degli. insiemi dato dalla scomposizione è, entro ilimiti di questo libro, una completa decomposizione sttut·turale del problema di progettazione definito da M; perciòserve ç.ome programma per la sintesi di una forma cherisolva questo problema.Ricordiamo ora le proprietà del programma:1. L'albero, nella sua struttura gerarchica, corrisponde aqualsiasi altra gerarchia di concetti - salvo che i concettisono qui definiti per denotazione" come insiemi di variabili,piuttosto che per connotazione attraverso il significato.2. L'albero particolare al quale siamo arrivati con il me­todo descritto) dà una rappresentazione esplicita della strut­tura implicitamente responsabile del successo e della sta­bilità del processo l!0n autocosciente del creare forme.3. L'albero dà la piti ampia scomposizione possibile delproblema senza interferire con l'obiettivo di sintetizzare lediverse parti unificandole. Ogni problema accessorio che essodefinisce ha la sua propria integrità, ed è il piu indipen­dente possibile dal resto del problema.4, Dobbiamo ricordarei che la gerarchia degli insiemi defi­niti dall'albero non sarà sempre facile da capire. Perfinonegli insiemi piu piccoli che contengono solo una mezzadozzina di variabili, queste sovente sembreranno disparate,e la loro giustapposizione risulterà strana. L'importanza diogni variaQile si può comprendere propriamente solo dopoun esame accurato della sua relazione funzionale con le altrevariabili nell'insieme. Poiché la potenziale coerenza di que­sto insieme di variabili deriva dalle sue implicazioni fisiche,

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essa può essere afferrata solo graficamente, per mezzo diun diagramma costruttivo che riveli proprio le implicazioni.Ogni diagramma per un insieme S deve soddisfare dueesigenze.Come diagramma di requisiti:a. deve rivelare proprio quegli aspetti del problema chesono importanti per l'insieme dei requisiti;b. non deve includere alcuna informazione che non siaesplicitamente richiesta dai requisiti.Come diagramma èli forma:a. deve essere tanto specifico da possedere tutte le carat·teristiche fisiche richieste dai requisiti di 5;b. allo stesso tempo deve essere tanto generale da noncontenere alcuna caratteristica arbitraria, e riassumere cosi,astrattamente, la natura. di og,ni forma che potrebbe sod­disfare S.Il progettista, prima di tutto, deve resistere alla tentazionedi riassumere i contenuti dell'albero in termini di concettiverbali noti. Non deve aspettarsi di poter rintracciare perogni S qualche paradigma verbale come «questo concernegli aspetti acustici delIa forma >}. Se tenta di farlo, e permet­te ai preconcetti verbali di interferire nello schema che ilprogramma gli presenta, nega tutto il fine delI'analisi. Ilfine del programma di progettazione è nel fatto che ogniinsieme di requisiti si orienta verso un unico importanterisultato fisico e funzionale, piuttosto che verso qualcherisultato precostituito o verbale. In questo modo il proget­tista è portato a consolidare le idee concrete appena germo­glianti nella sua mente e a trasformarle in un ordine fisico.

Per finire questo capitolo, darò un esempio del modo in Una nuova ideacui un insieme di requisiti, presi insieme, crea una nuova della. formaidea di quelIo che dovrebbe essere la caratteristica princi-'pale di una forma fisica. Prendiamo ancora in considerazio--ne il progetto delI'ormai familiare bollitore a un becco. Ilbecco singolo, largo e corto, corrisponde a un certo numerodi requisiti: tutti quelIi che si concentrano nel problema dimettere e togliere acqua dal bollitore, di farlo con sicurezzasenza che cada il coperchio, di rendere la produzione piti 127

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L'attuazione delprogramma definiràfisicamentela forma

128

semplice possibile, di fornire un avvertimento quando ilbollitore bolle, e di consentire una facile pulizia dell'interno.Nei vecchi. bollitori questi requisiti erano soddisfatti sepa­ratamente da tre componenti: un becco per versare, unbuco in alto per riempire e pulire, e un coperchio che trat­teneva il vapore e si 'agitava quando l'acqua bolliva. 1m·provvisamente, quando divenne possibile mettere sul merca­to metalli incorruttibili e poco costosi e di piu efficace disin­crostazione, per cui non era piu necessario raggiungere l'in_terno del bollitore per disincrostarlo, divenne chiaro che irequisiti avevano in realtà un unico centro di implicazionifisiche e n~n· tre. Il becco largo può essere usato per riem­pire, per versare, e come fischio, e non c'è piu bisogno dicoperchio, che può sempre cadere fuori e versare l'acquabolleRte sulle mani di chi usa il bollitore. L'insieme di re­quisiti, una volta riconosciuta la sua unità, conduce ad unasingola componente fisica del bollitore.

Il programma che rappresenta una scomposizione funzionaledel problema, è un ìnezzo per identificarne gli aspetti fun­zionali piu importanti. Ma quale specie di forma .fisica puòveramente cercare di conseguire un progettista con l'aiutodi tale programma? Consideriamo il problema della fotmafin dalla sua origine.L'organizzazione di qualsiasi oggetto fisico complesso, è ditipo gerarchico. È verO che,'se vogliamo, possiamo rifiutarequesta· osservazione considerandola come un'allucinazionedel cervello umano, sempre propenso a percepire il mondoin termini di articolazioni e gerarchie. Vi sono ruttavia buo-.ne ragioni per credere alla suddivisione gerarchica del mon­do come a u'n carattere og"gettivo della realtà. Infatti, moltiscienziati, nello sfol'zo di comprendere il mondo fisico, perprimo identificano le sue componenti fisiche; come del restoio stesso ho fatto in queste;· note, per arrivare a isolare lecomponenti astratte del problema che affrontavo. Per com­prendere il corpo umano è necessario conoscere le sue prin­cipali divisioni strutturali e funzionali. Non è possibile com­prenderlo finché non si riconoscono come entità a se stantiil sistema nervoso, il sistema ormonale, il sistema vasomo-

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torio, il cuore, le braccia, le gambe, il tronco, la testa, ecOSI via.? Non si può capire la chimica senza conoscere leparti di cui sono composte le molecole. Non si può soste­nere di aver ben compreso l'universo prima di aver rico­nosciuto le galassie come sue parti fondamentali. Non si puòcapire la città moderna finché non si sa che, pur essendo lestrade e la distribuzione dei servizi fisicamente intrecciate,i due settori rimangono funzionalmente distinti.Gli scienziati si adoperano per identificare le componentidelle strutture· esistenti. I progettisti tentano di dar corpoalle componenti di nuove strutture. Il piti grande compitoper i progettisti è congiuntamente la ricerca delle giustecomponenti e il modo giusto di trasformare queste comPlo­nenti in forme. lo credo che il programma gerarchico usatocon intelligenza possa offrire la chiave di questo fondamen­tale problema, possa cioè fornire le principali componentifisiche da cui dovrebbe derivare la forma.Quando consideriamo i diversi tipi di diagrammi costrut­tivi che possono essere suggeriti dai sistemi di requisiti, laloro natura ci appare molto varia. Alcuni sembrano definirele piti generali e piti schemat'che proprietà della forma,come - per esempio - l'essere circolare, l'essere bassa piut­tosto che alta, l'essere omogenea. Altri diagrammi sembranopiti aggregativi che strutturali. Definiscono le parti che co­stituiscono la forma, come nel caso in cui un diagrammadefinisca la strada come parte della città, oppure il manicocome parte del bollitore, e COS1 via.In realtà la distinzione tra diagrammi aggregativi e strut­turali è piu apparente che reale. Prendiamo per esempio undiagramma che rappresenti una pianta circolare. La circola·rità può essere intesa come proprietà generale. Ma essa puòancher essere riferita alla presenza di un muro di cinta odi un qualsiasi contorno. In altre parole, è sempre possi­bile tradurre una proprietà strutturale in un fatto concretoche agisce come parte di un tutto: nel caso specifico, ilconfine.Si può dunque stabilire una regola generale: ogni caratteredi una forma, sia esso strutturale o aggregativo, può essereinteso come configurazione di diverse componenti. Ogni og- 129

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getto è una configurazione gerarchica di diverse componen­ti, nella quale le maggiori specificano il modo di distribu­zione di quelle piu piccole, e quest'ultime, malgrado il lorocarattere di frammenti, a prima vista evidentissimo, a lorovolta specificano la distribuzione di altre componenti ancorapiu piccole.Ogni componente ha una duplice natura: è prima una uni­tà, e poi una aggregazione, ed è ambedue le cose nello stessotempo. La sua natura, come unità, la rende una entità di­stinta da ciò che la circonda. La sua natura, come aggrega­zione, specifica la sistemazione delle sue proprie unità com­ponenti. È il fine ultimo della progettazione di fare che ognidiagramma sia allo stesso tempo una aggregazione e unaunità. Come unità si inserirà nella gerarchia di componentipiu gtandi che si trovano sopra esso; come aggregazionespecificherà la gerarchia delle componenti piu piccole di cuiè formato.La composizione gerarchica di questi diagrammi ci condur­rà allora all'oggetto fisico, la cui gerarchia strutturale èl'esatta controparte della gerarchia funzionale stabilita attra­verso l'analisi del problema. Come il programma chiarificale componenti che costituiscono l'origine della struttura for­male, cOSI la sua attuazione comincerà parallelamente adefinire le componenti fisiche della forma e la loro orga­nizzazione gerarchica.

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Epilogo

Il mio principale compito è stato di mostrare che esiste unaprofonda e importante corrispondenza strutturale fra lo sche­ma di un problema e il processo del progettare una formafisica rispondente a quel problema. lo credo che i grandiarchitetti del passato siano sempre stati consapevoli dellaanalogia strutturale che si stabiliste tra problema e proces­so, e che proprio il senso di questa analogia strutturale liabbia condorti alla progetrazione di grandi forme.Lo stesso modello di compor~amento è presente nell'azionedi produrre forme per via non autocosciente: ed è qui laragione del suo successo. Ma per noi, che siamo autoco­scienti, la trasformazione di un problema in una -forma, ri­chiede una prioritaria esplicitazione della struttura del pro­blema. È necessario dunque, prima di tutto, inventare unastruttura concettuale ed è proprio questo che ho cercatodi (are neI presente studio.Siccome mi rendo como che il mio sforzo può non esserefacilmente accettato, cercherò di rivedere la poca strada cheho percorso riflessa nella parabola di una immaginaria so­cietà deI passato.Supponiamo che sia esistito nel passato un popolo privo diuna aritmetica formalizzata. Quando doveva affrontare unaqualsiasi questione che noi risolviamo in termjni aritmetici,la afferrava per intuizione. Se, per esempio, qualcuno desi­derava conoscere l'area di un campo di grano, misurava apassi i due lati del campo (diciamò 6 passi per 10 passi),e poi mescolava i due numeri.Finalmente qualcuno giungeva a una risposta e diceva unnumero che dava una stima dei sacchi di grano necessariper seminare quel campo.Poteva dire 60, 61, 58, qualsiasi cosa gli venisse in mente.(Se noi ci trovassimo nella stessa situazione faremmo ilprodotto dei due numeri, 6 X lO = 60, e arriveremmo do- 131

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po a esprimere in rapporto all'area la quantità di granonecessaria a seminare il campo.)Non è difficile supporre che la gente di questa immaginariasocietà potesse considerare inaccettabile. l'aritmetica forma­le. Il loro metodo non li portava in genere troppo lontanodal risultato esatto (del resto, il seminare grano in un con­testo cosi libero, implicava che ciò che noi chiamiamo ine­sattezza risultasse del tutto trascurabile) e, oltre tutto, c'eraqualcosa di quasi nobilmente magico nei veggenti che si as­sumevano il compito del «calcolo ». Alcuni certo riuscivanomeglio di altri; alcuni avevano il potere di dare risposteappropriate, altri davano risposte inesatte. Ma questo sem­brava non avere importanza. Il potere di dare risposte eraconsiderato un grande dono umano e le persone che lopossedevano erano onorate per la loro abilità. Sia i veg­gemi che i loro ammiratori si opponevano duramente allaintroduzione di una aritmetica formalizzata. Non ne vede­vano i possibili sviluppi e si occupavano soltanto di conser­vare la loro propria limitata· capacità di calcolo.Questa resistenza non era del tutto sciocca. C'erano ancheuomini saggi fra coloro che si opponevano alla aritmetica.Essi prevedevano giustamente le implicazioni materialisti·che che essa avrebbe comportato. Se fosse stata introdotta,il suo primo risultato sarebbe stato di rendere piu precisi epiti facili i calcoli e -quindi di risparmiare grano. E ben pre­sto la dimensione, il numero e l'economia avrebbero domi­nato l'essere umano.Il bene immediato portaro dalla formulazione della aritme­tica sarebbe .stato ben piccolo in confronto ai rischi checomportava.Tuttavia né i saggi, né i veggenti, prevedevano lo sviluppomiracoloso cui la formulazione aritmetica avrebbe piti tardicondotto. Comprendendo il meccanismo della tecnica cheproduceva il risultato, l'uomo acquisi. maggiore intuizione.Scopri. che non è importante solo il risultato, ma anche ilprocesso che conduce ad esso. Non solo l'espressione deirisultati, ma la qualità del percorso che si compie per rag­giungerli. Constatando le basi della geometria e i processidella dimostrazione geometrica Riemann inventò quel tipo

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di geometria che piu tardi dive~llle il fondamento della teo­ria della relatività di. Einstein. Molii grandi teoremi SOD.O

oggi .possibili perché un tempo sono state inventate la mol­tiplicazione e l'addizione: Dalla meditazione dell'uomo suiprocessi apparentemente ovvii che sono alla base della arit­metica è derivata la matematica, e da queste forme di ardi·ne ancora piti alto, forme matematiche di grande eleganza edi piena comprensione.Naturalmente le configurazioni' della matematica sono astrat­te e le configurazioni dell'architettura concrete e umane.Ma la differenza è irrilevante. La qualità cruciale di unaconfigurazione, non importa di che tipo, sta nella sua orga­nizzazione; e quando la pensiamo in questi termini la chia­miamo forma. La sensibilità umana per le configurazionidella matematica si è svilupp~ta parallelamente alla sensibi·lità per i processi di dimostrazione. lo credo che la nostrasensibilità per la forma architettonica non potrà mai conse·guire un analogo ordine dì sviluppo finché' non si sarà rag­giunta una analoga sensibilità per il processo della proget­tazione.

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Appendici

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\Appendice 1 .Un esempio sviluppato

Questo è un esempio sviluppato, preso da uno scritto re­cente, La determinazione deLLe componenti per un villaggioindiano. Il problema trattato è il seguente: un villaggio agri­colo di seicento persone deve essere riorganizzato in mododa soddisfare le presenti e futllre condizioni che si svilup­pano nell'India rurale.L'insieme M, che segue, contiene tutte le variabili di nonadattamento che riguardano l'organizzazione del villaggio.Esse sono definite nella loro fgrma positiva; cioè, come ne·cessità e requisiti che devono essere positivamente soddi­sfatti in un villaggio che funzioni perfettamente. Tuttavia,derivano da affermazioni intorno a carenze potenziali: ognu­na rappresenta qualche aspetto del villaggio che poteva rive­larsi mal rispondente, ed è perciò sostanzialmente conside­rabile come una variabile di un adattamento secondo le de­

finizioni del capitolo secondo.M include variabili che rappresentano tre diversi tipi dinecessità:1. tutri quelli che sono esplicitamente sentiti dagli indi­geni stessi come necessità,2. tutti quelli che sono richiesti dall'economia naziona­le e regionale e da fini sociali, e3. tutti quelli già implicitamente soddisfatti nel villag­gio (che sono richiesti, senza però essere sentiti come neces-

sità da nessuno). "(Le didascalie poste sulla sinistra sono state utili nella fasedi preparazione della lista ma oon hanno avuto alcuna im­portanza nella succes~iva fase di analisi.)

Religione e casta1 Hari;ans considerati ritualmente impuri, intoccabili.2 Appropriata sistemazione dei morti.3 Regole sull'orientamento non a sud delle porte di casa. 137

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U8

I

4 Certe acque e certi alberi sono considerati sacri.5 Servizi per cerimonie festive o religiose.6 Richiesta di templi.7 Bestiame considerato sacro e tendenza vegetariana.8 I membri delle caste mantengono la loro professione di

casta il piti a lungo possibile.9 I membri di una casta desiderano stare assieme, e sepa~

rati da altri, e non mangerebbero né berrebbero insie­me con loro.

lO Necessità di matrimoni elaborati.

Forze sociali

Il Il matrimonio aVVIene con una persona proveniente daun altro villaggio.

12 TuH'a una grande famiglia suole vivere in una casasingola.

13 Solidarietà famigliare e buon vicinato anche dopo lascissione della famiglia.

14 Integrazione economica del villaggio e pagamenti in ge~

neri base.15 Tendenza attuale verso il passaggio dalla permuta al pa­

gamento in denaro.16 Le donne pettegolano molto mentre fanno il bagno, men­

tre prendono l'acqua, mentre vanno «alle latrine» neicampi.

17 Il villaggio ha gruppi sociali fissi.18 Necessi tà di dividere il terreno fra i figli di successive

generazioni.19 La gente vuole possedere terra propria.20 Gente di diverse fazioni preferisce non avere alcun con~

tatto.21 Sradicamento dell'intoccabilità.22 Abolizione dello zamindari e della distribuzione inegua­

le della terra.'23 Gruppi di uomini che chiacchierano, fumano anche fino

a tarda notte.24 Posto per le manifestazioni del villaggio: balli, giochi,

canti, competizioni.25 Assistenza per vedove, minorati fisici o anziani.

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26 Disposizione sentimentale - desi.derio di non distrugge­re il vecchio modo di vivere - amore per le abitudinipresenti che regolano il bagno, il pasto, ecc.

27 La famiglia è autoritaria.28 Limiti di proprietà e responsabilità di manutenzione.29 Provvedimenti per il bagno giornaliero, distinto per

sesso, casta ed e'tà.

Agricoltura30 Efficiente e rapida distribuzione di semi, fertilizzanti,

ecc.31 Efficiente distribuzione di fertilizzanti, concime, seml,

dai magazzini del villaggio ai campi.32 Richiesta ed utilizzazione di campi incoltivati.33 Campi fertili che devono essere usati meglio.34 Raccolta di concime natu;ale (animale ed umano).35 Protezione del raccolto dagli insetti, dalle erbacce e dal­

le malattie.36 Protezione del raccolto dai ladri, dal bestiame, dalle ca­

pre, dalle scimmie.37 Disponibilità di magazzini per la distribuzione e il mer-

cato del raccolto.38- Disponibilità di aie e loro protezione dai predoni.39 Cotone migliore e ammasso del raccolto.40 Migliore raccolto di grano.41 Buon raccolto di verdura.42 Efficiente ar.atura, estrazione di erbe cattive, raccolto,

livellamento.43 Consolidamento del terreno.44 Il raccolto deve essere portato a casa attraverso i campi.45 Sviluppo dell'agricoltura. ,46 Rispetto per le pratiche tradizionali dell'agricoltura.47 Necessità di nuovi strumenti quando i -vecchi sono dan­

neggiati.48 Scarsità di terra.49 Fattorie in cooperativa.

Allevamento animali50 Magazzino protetto del foraggio. 139

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51 Miglioramento della qualità del foraggio disponibile.52 Miglioramento della quantità di foraggio.53 Miglioramento del bestiame.54 Provvedimenti per nutrire il bestiame.55 Accesso del bestiame all'acqua.56 Riparo del bestiame {nutrimento, riposo, mungitura}.57 Protezione del bestiame dalle malattie.58 Sviluppo di attività connesse all'allevamento del be·

stiame.59 Efficiente uso e smercio dei prodotti caseari.60 Minima utilizzazione degli animali per il traino, allo sc<>:,

po di alleggerire il deperimento del bestiame.

Occupazione61 OccU'pazione abbastanza fluida per i lavoratori stagional.

mente disoccupati.62 Incentivi al sOrgere di piccole industrie o laboratori· aro

tigiani, e all'apprendistato.63 Sviluppo dell'industria del villaggio.64 Semplificazione della mobilità dei lavoratori tra il vil·

laggio, i campi, le industrie e le case.65 Differenziazione dell'economia di base del villaggio

non tutta legata all·agri~o1ttlra.66 Efficiente fornitura e uso della forza motrice.

Acqua.67 Acqua potabile che sia buona e dolce.68 Facile accesso all'acqua potabile.69 Beneficio di una possibile completa irrigazione derivato

dalla disponibilità di acqua.70 Completa raccolta dell'acqua sotterranea per l'irrigazione.71 Completa raccolta e utilizzazione dell'acqua dei monsoni.72 Prevenz{one della carestia in caso di assenza di monsoni.73 Conservazione delle risorse di acqua per il futuro.74 Manutenzione degli impianti per l'irrigazione.75 Drenaggio del terreno per prevenire gli allagamenti.76 Controllo delle alluvioni per proteggere le case, le stra·

de, ecc.

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Benessere materiale77 Il villaggio e le case iiIdividuali devono essere protette

dal fuoco.78 Ombra per riposare e passeggiare.79 Assicurazione di aria fresca.80 Sicuretza per il bestiame.81 Sicurezza per donne e bambini.82 Attrezzature per far giocare i bambini (sotto controllo).83 Durante l'estate la gente dorme all'aperto.84 Sistemazioni per i panchayat, gli incontri ecc.85 Ogni sistemazione p'er sedersi e riposare dovrebbe es-

sere protetta dalla pioggia.86 Non sovraffollamento.87 Ricovero sicuro dei beni.88 Posto per lavare ed asciuge.re gli indumenti.89 Servizi per la vendi ta dene merci.90 Migliori sistemazioni per preparare i cibi.91 Fornitura e immagazzinamento di combustibile.92 Le case devono essere pulite, lavate, difese dall'umidità.93 Luce.

Trasporto94 Provvedimenti per il traffico animale.95 Accesso piu vicino possibile alla corriera.96 Accesso alla ferrovia.97 Minimizzare il costo del trasporto di derrate.98 La produzione giornaliera richiede un accesso costante

(anche in caso di monsone) ed economico al mercato.99 L'industria richiede una buona attrezzatura di trasporto.

100 Sistemazione per le biciclette in ogni villaggio, dal1965. ,

101 Traffico pedonale nel villaggio.102 Sistemazione per le processioni.103 Accesso dei carri trainati da buoi alle case, per caricare

il grano, il foraggio.

Foreste e terreni104 Mantenere sana la struttura ecologica.105 Terreno forestale insufficiente. 141

Page 143: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

142

106 Le piante giovani hanno bisogno di protezione dalle

pecore.

107 Conservazione della terra.108 Erosione delle strade e delle abitazioni.109 Riparazione di terre erose, canali, ecc.

110 Prevenire l'erosione del terreno.

Educazione111 Attrezzature per l'educazione primaria.

112 Accessi alle scuole secondarie.113 Buona assistenza a scuola.114 Sviluppo delle attività indipendenti delle donne.115 Opportunità di attività giovanili.116 Aumenro della capacità di leggete negli adulti.117 Dillusione delle informazioni sul controllo delle na­

scite, sulle malattie.

118 Progetti di divulgazione attraverso esempi.119 Uso efficiente delle scuole; nessuna distrazione degli

studenti.

Salute120 Provvedimenti sanitari per le malattie degli indigeni. I121 Facilitazioni per le nascite, cure pre e post-natali, con-

trollo delle nascite.122 RegQlamentazione delle fognature.123 Prevenzione della diffusione di bacilli e di germi pa­

togeni

124 Prevenzione del diffondersi di malattie umane attra­verso i contagi p-eesonali, le infezioni, le epidemie.

125 Prevenzione della denutrizione.

Procedure di intervento126 Stretti contatti con i lavoratori del villaggio.127 Contatti con i funzionari del centro per lo sviluppo.128 Assicurazioni sul bestiame.129 Rifiuto delle fazioni a cooperare e accordarsi.130 Necessità di incrementare gli incentivi e le aspirazioni.131 Il pfJnchayat deve avere piu forza e rispetto.

Page 144: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

132 Necessità di sviluppare progetti che beneficino dei sus­sidi governativi.

Sviluppo regionale) politico e nazionale133 Integrazione sociale fra villaggi confinanti.134 Volontà di stabilire legami coi villaggi vicini.135 Diffusione di informazioni ufficiali sulle elezioni, le

tasse ecc.136 Sistemazione dei gruppi sociali nomadi, della mano

d'opera immigrata, ecc.137 Comunicazioni radiofoniche.138 Raggiungimento di una economia indipendente, per

non gravare i trasporti e le risorse nazionali.139 Collegamenti appropriati con ponti, strade, ospedali,

scuole, proposti al Hvello dell'amministrazione locale.140 Sviluppo dello spirito comunitario rurale, distruzione

dell'egoismo e dell'isolamento.141 Preventivare l'emigrazione di giovani e hari;ans nelle

città.L'elenco definisce l'insieme M.Qui di seguito sono riport~ti i legami tra 1~ variabili didisadattamento. Per ragioni di semplicità, ho ammesso soloun grado di legame, cioè v = 1, e per ogni coppia di varia­bili Vij = Oj 1 o - 1. Pili avanti, i simboli dei legami nonsono indicati: come vedremo nell'appendice 2 la scomposi·zione risulta indipendente dai simboli del legame. La tavolasotto riportata mostra semplicemente quelle coppie di varia­bili legate per le quali Vi; = 1 oppure Vi; = ~ 1.

1 interagisce con 8,9, 12, 13, 14,21,28,29,48,61,67,68, 70, 77, 86, 101, 106, 113, 1J4, 140, 141.

2 interagisce con 3, <·6, 26, 29, 32, 52, 71, 98, 102,105, 123, 133.

3 interagisce con 2, 12, 13, 17, 26, 76, 78, 79, 88, 101,103, 119.

4 interagisce con 2,5,6, 17,29, 32, 45, 56, 63, 71, 74,78, 79, 88, 91, 105, 106, 110, 124. 143

Page 145: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

J44

,

5 interagisce con 4,6, lO, 14, 17,21,24,46, 102, 113,116, 118, 131, 133, 140.

6 interagisce con 2, 4, 5, 20, 21, 53, 58, 61, 63, 82, 102,111, 117, 130, 134, 135.

7 interagisce con 20, 31, 34, 53, 57, 58, 59, 80, 85, 86,94, 105, 106, 123, 124, 125.

8 interagisce con 1,9, 14, 15,21,22,25,27,48,58,59,61, 62, 64, 65, 89, 95, 96, 99, 111, 112, 114, 115,116, 121, 129, 136, 140, 141.

9 interagisce con 1,8,11,12,13,15,17,18,20,21,28,29, 36, 43, 49, 56, 62, 64, 80, 81, 101, 113, 118, 124,129, 136, 140, 141.

lO interagisce con 5, 13, 14, 15, 18, 24, 26, 65, 68, 93,102.

11 interagisce con 9, 12, 64, 95, 96, 114, 133, 134.

12interagisce con 1,3,9, Il, 17, 18, 19,25,26,28,34,36,41,43,49,56,62,63,76,80,81,85,86,87,90,91, 93, 121, 122, 129, 140, 141.

13 interagisce con l, 3, 9, lO, 17, 20, 25,,28, 33, 34, 36,37,41,45,56,62,68,79, 80,' 81, 83, 86, 91, 94, 101,106, 108, 121, 122, 129, 137, 140, 141.

14 interagisce con 1,5, 8, lO, 15, 19, 20, 21, 28, 30, 40,43, 44, 47, 54, 62, 63, 64, 65, 86, 97, 121, 129, 130,133, 138, 141.

15 interagisce con 8,9, lO, 14, 18, 21, 22, 37, 39, 41, 44,45, 46, 58, 59, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 95, 96, 97, 98,112, 116, 125, 127, 128, 129 130, 132, 133, 135, 137,138, 141.

16 interagisce con 27,29,34,68,78,79,82,88,95, 101,114, 117, 119, 122.

17 interagisce con 3,4,5,9, 12, 13, 20, 23, 27, 37, 38,43,49,65,69,80,81,86,89,101,110,115,116,117,118, 126, 129, 135.

r

Page 146: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

,

18 interagisce con 9, lO, 12, 15, 19, 26, 28, 31, 33, 42,43, 44, 47, 48, 49, 60, 65, 70, 74, 77, 79, 85, 97, 98,103, 110, 140, 141.

19 interagisce con 12, 14, 18, 22, 26, 28, 32, 33, 36, 37,38, 41, 45, 49, 69, 71, 86, 104, 106, 107, 110, 118,126, 140.

20 interagisce con 6,9,13,14,17,24,29,30,36,37,43,54, 64, 68, 80, 84, 89, 102, 116, 117, 129, 131, 133,140.

21 interagisce con l, 5, 6, 8, 9, 14, 15, 24, 61, 63, 89,95, 96, 111, 112, 113, 115, 116, 137, 139, 140, 141.

22 interagisce con 8, 15, 19, 21, 32, 33, 36, 42, 44, 47,49, 60, 61, 64, 69, 71, 74,97, 98, 104, 107, 110, 127,140.

23 interagisce con 4, 17, 31, 34, 62, 63, 71, 76, 78, 79,82, 83, 93, 95, 100, 101, 105, 115, 116, 119, 126,132, 137.

24 interagisce con 5, lO, 20, 21, 38, 82, 93, 100, 101,102, 108, 115, 130, 133, 135, 140, 141.

25 interagisce con 8, 12, 13, 26, 27, 36, 62, 81, 90, 92,111, 114, 116, 120.

26 inreragisce con 2,3, lO, 12, 18, 19, 25, 29, 31, 33, 34,41,53,56,58,62,67, 68, 76, 85, 90, 91, 92, 93, 108,113, 122, 123, 124, 130.

27 interagisce con 8, 16, 17,25,29,62, 68, 81, 86, 88,90, 92, 113, 114, 122, 130.

28 interagisce con 1,9, 12, 13, 14, 18, 19, 29, 31, 33, 34,35, 36, 37, 38, 42, 45, 49, 50, 54, 55, 56, 62, 74, 92,103, 106, 107, 108, 109, 110, 118, 127, 129, 131.

29 interagisce con l, 2, 4, 9, 16, 20, 26, 27, 28, 41, 67,71,81,85,88,92, 101, 119, 122, 124.

30 inreragisce con 7, 14, 20, 31, 33, 35, 40, 47, 63, 95,97, 98, 107, 126, 127, 129, 130, 131, 132, 133, 139. 145

Page 147: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

146

31 interagisce con 7, 18, 22, 23, 26, 28, 30, 33, 34, 35,37, 40, 43, 44, 49, 50, 52, 54, 59, 60, 80, 89, 94, 98,106, 107, 109, 128, 131, 132.

32 interagisce con 2,4, 19,22,34,42,43,46,48,52,54,60, 61, 63, 65, 69, 70, 71, 73, 74, 75, 104, ·105, 107,109, IlO, 122, 129.

33 interagisce con 13, 18, 19, 22, 26, 28, 30, 31, 34, 35,36,41,54,56,59,74,78,80,90,91,92,94, 105, 107,118, 122, 123, 124, 136.

34 interagisce con 7, 12, 13, 16, 23, 26, 28, 31, 32, 33,41, 54, 56, 59, 74, 78, 80, 90, 91, 92, 94, 105, 107,118, 122, 123, 124, 136.

35 inreragisce con 28, 30, 31, 33, 39, 42, 43, 46, 61, 79,104, 118, 137.

36 interagisce con 9, 12, 13, 19, 20, 22, 25, 28, 33, 38,40, 41, 43, 45, 52, 54, 61, 68, 80, 81, 86, 94, 106,IlO, 136.

37 interagisce .con 13, 15, 17, 19,20,28,31,38,43,44,49, 50, 72, 76, 97, 103, 128, 133, 140.

38 interagisce con 17, 19,24,28,36,37,40,42,43,44,50,52, 58, 61, 68, 76, 78, 79, 94, 97, 106, 128.

39 interagisce con 15, 33, 35, 44, 48, 62, 69, 70, 72, 75,97,104,118,127, 134, 137, 138.

40 inreragisce con 14, 39, 31, 33, 36, 38, 42, 44, 48, 69,70, 97, 104, 107, 118, 125, 127, 134, 137, 138.

41 interagisce con 12, 13, 15, 19, 26, 29, 33, 34, 36, 44,48,51, 65, 69, 70, 71, 72, 92, 98, 104, 107, 118,122,125; 127, 138.

42 interagisce con 18, 22, 28, 32, 33, 35, 38, 40, 43, 48,49, 50, 57, 69, 104, 105, 107, 110, 118, 137.

43 interagisce con 9, 12, 14, 17, 18, 20, 31, 32, 33, 35,36,37, 38, 42, 48,.)1, 60, 64, 69, 71, 86, 101, 104,107, 109, 119, 129, 140.

Page 148: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

44 interagisce con. 14, 15, 18, 22, 31, 37, 38, 39, 40, 41,51, 52, 60, 62, 87, 97, 98, 110.

45 interagisce con 4, 13, 15, 19, 28, 36, 48, 54, 65, 69,70, 71, 73, 74, 78, 79, 91, 104, 105, 106, 110, 118,125, 127, 130, 138.

46 interagisce con 5, 15, 32, 33, 35, 47, 66, 106, 107,118, 130.

47 interagisce' con 14, 18, 22, 30, 33, 46, 62, 107, 118,130.

48 interagisce con 1,8, 18, 32, 33, 39, 40, 41, 42, 43, 45,52, 63, 71, 75, 85, 86, 97, 99, 105, 107, 109, IlO,119, 129, 130, 141.

49 interagisce con 9, 12, 17; 18, 19,22,28,31,37,42,51,64,68,86,97,107,110,117, li8, 128, 129, 130,132, 133, 138, 140.

50 interagisce con 28, 31, 37, 38, 42, 52, 54, 60, 76, 77,85, 87, 94, 103.

51 interagisce con 33, 41, 43, 44, 49, 53, 54, 59, 69, 77,.104, 107, 118, 127, 136.

52 interagisce con 2, 31, 32, 36, 38, 44, 48, 50, 53, 54,59, 71, 91, 104, 106, 107, 136.

53 interagisce con 6,7,26,51,52,56,57,59,60,66,72,118, 126, 127, 137.

54 intetagisce con 14, 20, 28, 31, 32, 33, 34,36, 45, 50,51,52,56,57,59,71,80,91,94,106,107,110,115.

55 interagisce con 28, 67, 68, 71, 8'0, 119, 123, 124.

56 interagisce con 4,9, 12, 13,26,28,34,53,54,57,59,76, 78, 80, 85, 86, 92, 102, 123, 124.

57 interagisce con 7, 42, 53, 54, 56, 59, 60, 70, 86, 94,. 117, 118, 123, 126, 127, 137.

58 interagisce con 6, 7, 8, 15, 26, 38, 65, 72, 76, 78, 93,96, 98, 99, 125, 127, 130, 138. 147

Page 149: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

148

59 inreragisce con 7,8, 15,31,34,51,52,53,54,57,58,60,65,66,72,96,98,99, 125, 127, 130, 138.

60 interagisce con 18, 22, 31, 32, 43, 44, 50, 53, 57, 59,91, 94, 97, 98, 103, 131.

61 interagisce con 1, 6, 8, 15, 21, 22, 32, 35, 36, 38, 63,74, 86, 95, 96, 97, 98, 99, 105, 108, 109, 110, 119,120, 127, 131, 139, 140, 141.

62 imeragisce con 8, 9, 12, 13, 14, 15, 23, 25, 26, 27,28, 39, 44, 47, 65, 66, 72, 85, 86, 87, 89, 93, 114,115, 116, 119, 127, 130, 132, 138, 141.

63 interagisce con 4, 6,8, 12, 14, 15, 21, 23, 30, 32, 48,61, 64, 65, 66, 68, 70, 71, 72, 75, 86, 93, 96, 99, 100,116, 119, 127, 129, 130, 132, 133, 134, 136, 138,140, 141.

64 interagisce con 8,9, 11, 14, 15,20,22,43,49,63,81,85, 86, 95, 99, 100, 101, 109, 112, 113, 127, 130,133, 136, 139.

65 interagisce con 8, lO, 14, 15, 17, 18, 32, 41, 45, 58,59, 62, 63, 66, 72, 84, 99, 111, 114, 116, 127, 130,133, 134, 138, 139, 141.

66 interagisce con 15, 46, 53, 59, 62, 63, 65, 68, 70, 71,75, 93, 130, 132, 133, 137, 139, 141.

67 imeragisce con 1, 26, 29, 55, 76, 86, 92, 122, 123.

68 interagisce con 1, lO, 13, 16, 20, 26, 27, 36, 38, 49,55, 63, 66, 71, 86, 94, 101, 109, 110, 114, 119, 124,129, 131, 132, 141.

69 interagisce con 17, 18, 19, 22, 32, 33, 39, 40, 41, 42,43, 45, 51, 74, 75, 92, 104, 105, 107, 132.

70 interagisce con 1, 18, 32, 33, 39, 40, 41, 45, 57, 63,66, 71, 72, 73, 86, 104, 110, 131, 132.

71 interagisce con 2,4, 19, 22, 23, 29, 32, 33, 41, 43, 45,48, 52, 54, 55, 63, 66, 68, 70, 73, 75, 76, 79, 88, 98,104, 105, 107, 108, 109, 110, 120, 129, 131, 132, 133.

Page 150: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

72 interagisce con 33, 37, 39, 41, 53, 58, 59, 62, 63, 65,70, 104, 128, 130, 131.

73 interagisce con 32, 45, 70, 71, 78, 91, 104, 105, 108,109, 110.

74 interagisce con 4, 18, 22, 28, 32, 33, 34, 45, 61, 69,105, 107, 109, 110, 127.

75 interagisce con 32,33,39,48,63,66,69, 71,98, 100,104, 107, 123, 124, 133.

76 interagisce con 3, 12, 23, 26, 37, 38, 50, 56, 58, 67,71, 85, 87, 90, 91, 92, 95, 98, 101, 108, 113, 120,122, 123, 124, 127.

77 interagisce con 1, 18, 50, 51, 79, 83, 86, 90, 93, 103.

78 interagisce con 3,4, 16, 23, 34, 38, 45, 56, 58, 73, 79,85, 86, 101, 105, 130.

79 interagisce con 3,4, 13, 16, 18, 23, 35, 38, 45, 71, 77,78) 86, 88, 90, 104, 105, 111, 116, 124, 127, 130.

80 interagisce con 7,9,12,13,17,20,31,34,36,54,55,56, 86, 94, 103, 106, 123, 136.

81 interagisce con 9, 12, 13, 17, 25, 27, 29, 36, 64, 82,83,85,86,92,93, 113, 114, 119, 122, 133, 136.

82 interagisce con 6, 16,23,24,81,,111,113,115.

83 interagisce con 13, 23, 77, 81, 85, 86, 101.

84 interagisce con 20, 65, 120, 127, 13), 132, 134, 135.

85 interagisce con 7, 12, 18, 26, 2\{, 48, 50, 56, 62, 64,76, 78, 81, 83, 86, 87, 93, 108, 136.

86 interagisce con 1, 3, 7, 12, 13, 14, 17, 19, 27, 36, 43,48, 49, 56, 57, 61, 62, 63, 64, 67, 68, 70, 77, 78, 79,80,81,83,85,103,111,117,119,120,121,123,124,125, 140, 141.

87 interagisce con 12, 44, 50, 62, 76, 85, 90, 91, 93, 95,100, 128. 149

Page 151: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

150

88 interagisce con 4, 16, 27, 29, 71, 79, 114, 123.

89 interagisce con 8, 17, 20, 21, 31, 62, 100, 130, 138,141.

90 interagisce con 12,25,26,27,33,34,76,77,79,87,91, 93, 113, 114, 121, 124, 132.

9l interagisce con 4, 12, 13, 26, 33, 34, 45, 52, 54, 60,73, 76, 87, 90, 103, 105, 121, 132.

92 interagisce con 25,26,27,28,29,34,41,56,67,69,76, 81, 114, 122, 123, 124, 132.

93 interagisce con lO, 12, 23, 24, 26, 62, 63, 66, 77, 81,87,90,116,130,132,137,141.

94 interagisce con 13,31,34,36,38,50,54,55,57,60,68, 80, 103, 106, 119, 136.

95 interagisce con 8, .11, 15, 16, 21,.23, 30, 61, 64, 76,87,102,112,117,119,121,130,132,133,1,35,139,141.

96 imeragisce con 8, 11, 15,21,58,59,61,63,97, 102',119, 121, 130, 132, 133, 139, 141.

97 interagisce con 14, 15, 18,22,30,37,38,39,40,44,48, 49, 60, 61, 96, 98, 119, 132, 133, 135.

98 interagisce con 2, 15, 18, 22, 30, 31, 41, 44, 58, 59,60,61,71,75,76,97,109, 110, 119, 120, 121, 132,133, 139.,

99 interagisce con 8, 48, 58, 59, 61, 63, 64, 65, 131,132, 133, 138.

100 interagisce con 23, 24, 63, 64, 75, .87, 89, 101, 112,ID, 115, 121, 126, 130, 132, 133, 135, 141.

101 interagisce con 1,3,9,13,16,17,23,24,29,43,64,68, 76, 78, 83, 100, 102, 112, 113, 117, 119, 122,133.

102 interagisce con 2, 5, 6, lO, 20, 24, 56, 95, 96, 101,115.

Page 152: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

103 interagisce C0n 3, 18, 28, 37, 50, 60, 77, 80, 86, 91,94.

104 interagisce con 19,22,32,33,35,39,40,41,42,43,45,51,52,69, 70, 71, 72, 73, 75, 79, 105, 107, 109.

105 interagisce con 2,4,7,23,32,33,34,42,45,48,61,69,71,73,74,78,79,91, 104, 106, 110, 119, 137.

106 inreragisce con 1,4,7,13,19,28,31,36,38,45,46,52, 54, 80, 94, 105, 129, 136.

107 interagisce con 19, 22, 28, 30, 31, 32, 33, 34, 40, 41,42, 43, 46, 47, 48, 49, 51, 52, 54, 69, 71, 74, 75,104, 110, 122, 136.

108 inreragisce con 13, 24, 26, 28, 61, 73, 76, 85, 109,110. .

109 interagisce con 28, 31, 32, 43, 48, 61, 64, 68, 71, 73,74, 98, 104, 108, 110.

110 interagisce con 4, 17, 18, 19,22,28,32,33,36,42,43,44,45,48,49,54,61,68,70,71,73,74,98, 105,107, 108, 109, 137,

111 interagisce con 6,8,21,25,65,79,82,86,113,115,116, 117, 120, 130, 132, 134.

112 interagisce con 8, 15, 21, 64, 95, 100, 101, 130, 133,139, 141.

113 interagisce con 1,5,9,21,26,27,64,76,81,82,90,100, 101, 111, 114, 117, 119, 124.

114 interagisce con 8, 11, 16, 25, 27, 62, 65, 68, 81, 88,90,92, 113, 117, 123, 127, 130, 132.

115 interagisce con 8, 17, 21, 23, 24, 54, 62, 82, 100,102, 111, 127, 132, 137, 140, 141.

116 interagisce con 5, 8, 15, 17, 20, 21, 23, 25, 62, 63,65,79, 111, 117, 121, 127, 128, 131, 132, 135, 137.

117 interagisce con 6, 16, 17, 20, 49, 57, 86, 95, 101, 151

Page 153: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

152

111, 113, 114, 116, 121, 123, 124, 125, 133, 135,137.

118 imeragisce con 5, 9, 17, 19, 28, 33, 34, 35, 39, 40,41, 42, 45, 46, 47, 49, 51, 53, 57, 126; 127, 130,131, 134.

119 imeragisce con 3, 16,23,29,48,55,61,62,.63,68,81, 86, 94, 95, 96, 97, 98, 101, 105, 113, 136.

120 inreragisce con 25, 61, 71, 76, 84, 86, 98, 111, 121,126, 132, 133, 139.

121 inreragisce ·con 8, 12, 13, 14, 86, 90, 91, 95, 96, 98,100, 116, 117, 120, 123, 124, 125, 127, 132, 133,139.

122 inreragisce con 12, 13, 16, 26, 27, 29, 32, 33, 34, 41,67, 76, 92, 101, 107, 123.

123 inreragisce con 2, 7, 26, 34, 55, 56, 57, 67, 75, 76,80, 86, 88, 92, 114, 117, 121, 122, 127, 137.

124 inreragisce con 1,4, 7, 9, 26, 29, 34,55, 56, 68, 75,76,79,86, 90, 92, 113, 117, 121, 137.

125 imeragisce con 7,15,40,41,45,58,59,86,117,121.

126 inreragisce con 17,19,30,33,53,57,100,118,120,133.

127 inreragisce con 15,22,28,30,33,39,40,41,45,51,53, 57, 58, 59, 61, 62, 63, 64, 65, 74, 76, 79, 84,114, 115, 116, 118, 121, 123, 132, 135.

128 imeragisce con 15, 31, 33, 37, 38, 49, 72, 87, 116,138, 140.

129 interagisce con 8, 9, 12, 13, 14, 15, 17, 20, 28, 30,43,48,49,63,68,71, 106, 131, 140.

130 inreragisce con 6, lO, 14, 15,24, 26, 27, 30, 45, 46,47,48,49,58,59,62,63,64,65,66,72,78,79, 89,93, 95, 96, 100, 111, 112, 114, 118, 134, 137, 141.

Page 154: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

131 intetagisce con 5, 20, 28, 30, 31, 60, 61, 68, 70, 71,72, 84, 99, 116, 118, 129, 135.

132 interagisce con 15,23, 30, 31, 49, 62, 63, 66, 68, 69,70, 71, 84, 90, 91, 92, 93, 95, 96, 97, 98, 99, 100,111, 114, 115, 116, 120, 121, 127.

133 interagisce con 2, 5, lO, Il, 14, 15, 20, 24, 30, 37,49,63,64,65,66,71,75,81,95,96,97,98,99, 100,101, 112, 117, 120, 121, 126, 134, 136, 139, 140.

134 interagisce con 6, lO, 11, 33, 39, 40, 63, 65, 84, 111,118, 130, 133.

135 interagisce con 6, 15, 17,24,84,95,97, 100, 116,117, 127, 131, 137.

136 interagisce con 8, 9, 34, 36, 51, 52, 63, 64, 80, 81,85, 94, 106, 107, 119, 133, 140.

137 interagisce con 13, 15,21,23,33,35, 39, 40, 42, 53,57,66, 93, 105, 110, 115, 116, 117, 123, 124, 130,135, 140. .

138 interagisce con 14, 15, 33, 39, 40, 41, 45, 49, 58,59, 62, 63, 65, 89, 128, 140, 141.

139 'interagisce con 21, 30, 61, 64, 65, 66, 95, 96, 98,112, 120, 121, 133.

140 interagisce con 1, 5, 8, 9, 12, 13, 18, 19, 20, 21, 22,24, 37, 43, 49, 61, 63, 86, 115, 128, ,129, 133, 136,137, 138, 141.

141 interagisce con 1,8,9, 12, 13, 1'4, 15, 18,21,24,48,,61, 62, 63,65, 66, 68, 86, 89, 93, 95, 96, 100, 112,115, 130, 138, 140.

Ogni legame o assenza di legame rappresenta una enuncia­zione intorno alle interazioni relative a due variabili. Se ciòche si può fare in termini fisici per risolvere un requisitodi forma incide su ciò che si può fare per -risolvere un altrorequisito (positivamente o negativamente), diremo che le 153

Page 155: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

variabili sono legate. Se non esiste questa interazione dire­

mo che le variabili sono indipendenti.

Ecco un esempio. Il numero 94 corrisponde alla necessità diprovvedere al traffico degli animali. Questo contrasta con ilnumero 7, che corrisponde alla necessità di trattare il be·

stiame come sacro; poiché il bestiame sacro ha una grande

libertà, e quindi piu spazio per la circolazione. L'accordo tra94 e 7 è dunque difficile. D'altra parte 94 si collega positiva·mente con 13 che corrisponde alla necessità di solidarietà

famigliare. Quest'ultimo requisito sl.Jgerisce di raggrupparegli alloggi delle famiglie in fattorie e perciò di ridurre ilnumero dei punti di accesso del bestiame con la conseguen·za di rendere piu facile da soddisfare il requisito 94. La listacompiera delle interazioni definisce l'insieme L. Come ab­biamo visto prima l'insieme M di variabili di disadattamen­

to, in concomitanza con l'insieme L rebtivo alle interazioni,definisce il grafo G (M, L) .L'analisi del gr>fo G(M, L) ci mostra la scomposizione dì­segnata sotto dove M stesso si scinde in quattro sottosiste­mi maggiori A, B, C, D, e dove questi si suddividono indodici sottosisremi minori AI, A2, A3, BI, B2, B3, B4, CI,C2, DI, D2, D3, nel modo qui rappresentato:

..o.INTERO VILLAGGIO

A B C D

~~~~Al A2 A3 BI B2 B3 B4 Cl C2 DI D2 D3

154

Al contieneA2 contiene

136.

requisiri 7, 53, 57, 60, 72, 125, 126, 128.requisiti 31, 34, 36, 52, 54, 80, 94, 106,

Page 156: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

A3 contiene requisiti 37, 38, 50, 55, 77, 91, 103.BI

,contiene requisiti 39, 40, 41, 44, 51, 118, 127, 131,138.

B2 contiene requisiti 30, 35, 46, 47, 61, 97, 98.B3 contiene requisiti 18, 19,22,28, 33, 42, 43, 49, 69,

74, 107, 110.B4 contiene i requisiti 32, 45, 48, 70, 71, 73, 75, 104,

105, 108, 109.Cl contiene i requlsltl 8, 10, Il, 14, 15,58,63,64,65,

66,93,95,96,99, 100, 112, 121, 130, 132, 133, 134,139, 141.

C2 contiene i requisiti 5,6,20,21,24, 84, 89, 102, 111,115, 116, 117, 120, 129, 135, 137, 140.

DI contiene i requisiti 26, 29, 56, 67, 76, 85, 87, 90,92, 122, 123, 124.

D2 contiene i requisiti 1, 9, 12, 13, 25, 27, 62, 68, 81,86, 113, 114.

D3 contiene i requisiti" 2,3,4,16,17,23,78,79,82,83,88, 101, 119.

L'albero dei diagrammi costruito durante l'attuazione diquesto programma è illustrato nella pagina seguente.Per rendere piu comprensibile il carattere di ciascun dia­gramma e le funzioni che lo compongono, ho dato un som­mario dei diagrammi,·e il modo in cui essi si combinano.I quattro diagrammi principali corrispondono grosso modo.a quanto segue: A - tratta del bestiame, dei carri e del com­bustibile; B . tratta della produzione agricola, dell'irriga·zione e della distribuzione; C . tratra della vita colletrivadel villaggio, sia dal punto di vista sociale che industriale;D . tratta della vita privata degli indigeni, del loro riparoe delle attività in piccola scala. Tra,i quattro, B è il pitiampio poiché è compreso nella dimensione di un miglio daun lato all'altro; mentre A, C, D, sono piu compatti e sonocompresi in un'area dell'ordine di 200 yd. da un lato al·l'altro.L'organizzazione base di B è data dal diagramma B4, checorrisponde a un collettore d'acqua, fatto da un alto terra­pieno, costruito nell'angolo piu alto del villaggio, perpen·dicolare al pendio del terreno. Nella curva del terrapieno i 155

Page 157: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

canali d'acqua si collegano con un serbatoio. Questo serba­toio, per mezzo di chiuse praticate nel terrapieno, serve jl

resto dell'area del villaggio, che si trova piu in basso. Lacomponente B4 è collegata strettamente con B3, che rap~

presenta il sistema di distribuzione per i campi. Il princi­pale elemento di questa componente è una strada protettadalle inondazioni, che trova naturalmente posto lungo l'oriosuperiore del terrapieno definilO da B4.A intervalli, lungo questa strada, sono localizzati i centridi distribuzione che provvedono all'immagazzinamento dei

156

fertilizzanti, degli utensili, e delle sementi; in previsione delcollegamento con B4, ognuno di questi centri può essereassociato con una chiusa, e con, uno scavo appropriato sottoil terrapieno, in modo che pos,sa anche servire come centrodi distribuzione dell'acqua di irrigazione.Ogni centro di distribuzione serve una unità del tipo B2.Essa è una unità cooperativa agricola, frammentata in ter­razze contornate da terrapieni che le difendono dall'erosione

Page 158: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

e da canali minori per l'irrigazione che corrono lungo i ter­rapieni. BI è una fattoria modello connessa al gruppo dicomponenti A,C,D, proprio in quei punti di accesso dovei contadini passano ogni giorno andando a B2 e B3.Il gruppo piti piccolo dei diagrammi A,C,D, è dato nellasua organizzazione primaria per il fatto che diverse unitàdel tipo D devono funzionare insieme. Ogni D corrispondead attività di piccola scala cui partecipano circa 50 persone.È definira con D2 una parte dello stabilimento, attrezzatanella parte superiore per trasportare acqua potabile e gas.All'ingresso dello stabilimento, dove le pareti si incrocia­no, c'è un'area coperta dove sono sistemate le attrezzatureper la produzione. Lo stabilimento contiene la componen­te DI, una raccolta di capanne che servono da magazzini,collegati da verande coperte che danno luogo a spazi disoggiorno.Ogni terza o quarta casa è sormontata da una cisterna di­acqua, alimentata dal muro di cinta, e che alimenta a suavolta alcuni vani dietro il muro dove si lava e si fa il bagno.D3 è una componente connessa con l'irigresso dello stabili­mento; comprende una linea di acqua scoperta nella qualele donne possono lavare i vestiti; una fila di alberi con sottouna panchina per le chiacchiere serali: gli alberi e l'acquainsieme formano una unità climatica che influenza il micro~

clima della fattoria; e un appropriato luogo ornato dall'ac­qua e dagli alberi per la cappella di famiglia.C raccoglie due componenti; C2 corrisponde a una serie dicostruzioni di. edifiCi comunali (scuole, templi, ufficio delpanchayat, posto d'incontro del villaggio) ciascuno dotato dicortili aperti alternativamente in direzioni opposte.I cancelli si aprono sui muri trasversali, in modo da for­mare un sentiero assiale continuo. Questo sentiero servecome collegamento fra diversi centri, strada per le proces­sioni, e accesso pedonale allo stabilimento D, che si collegaquindi a C2 come un grappolo. Un estremo della compo­nente C2 raggiunge Cl; Cl è uno slargo della strada sulterrapieno; intorno ~llo slargo, una serie di muri parallelisegna gli stretti lotti urbani. Al centro dei lotti c'è la fer­mata dell'autobus aperta nella strada stessa. La unità totale 157

Page 159: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

,

158

di case, industrie, sorgenti di energia e altri aspetti dellabase economica futura del villaggio, si sviluppa.La struttura di A incomincia con A2, corrispondente a ungruppo di stalle che si aprono solo verso l'esterno. I pavi­menti convergono verso l'interno su uno scolo centraleche convoglia tutto il concime in una buca nella quale puòessere preparata la miscela per l'impianto del gober gas.Ogni fattoria ha una componente come A nel centro, circon·data da componenti DI; l'uscita della fattoria per il bestia­me e per i carri, è collegata alla componente A3, corrispon·dente a una porta nel muro di cinta dello stabilimentodove si trova 'la mangiatoia del bestiame e l'impianto delgober gas. Un gruppo· di diverse componenti A2 e A3 sonolegate insieme da una Al. Al consiste in un punto ceo­trale dr controllo attraverso il quale deve passare tutto ilbestiame che esce da ogni stabilimento. In questo punto dicontrollo si trovano un bagno per gli ioccoli, una latteria,e una connessione con la strada principale Cl.Nell'attuazione del programma, cade come ultima fase quel­la nella quale i quattro diagrammi A, B, C, D si combinanoper dare un unico diagramma chiamato «villaggio intero ».

Ad esso segue una esposizione piti particolareggiata delleragioni che stanno dietro l'organizzazione di ciascuna delle12 componenti minori.Al: 7 Bestiame considerato sacro e tendenza vegetariana.

53 Miglioramento del bestiame.57 Protezione del bestiame dalle malattie.59 Efficiente uso e smercio dei prodotti di casemcio.60 Minima utilizzazione degli animali per il traino

allo scopo di alleggerire il deperimento del be­stiame.

72 Prevenzione della carestia in caso di assenza dimonsoru.

125 Prevenzione della denutrizione.126 Stretti contatti con i lavoratori del villaggio.128 Assicurazioni sul raccolto.

La sacralità del bestiame (7) tende a rendere la gente mal­disposta a controllarlo, cosicché vaga dappertutto mangian-

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do e distruggendo il raccolto, a meno che non sia difesocon cura. Ugualmente, la necessità di allevare il bestiame(53) richiede un controllo che renga le mucche fuori dalcontatto dei tori da lavoro vaganti; e poi richiede un centrodove un toro di razza possa essere tenuto (anche solo perle visite); e un centro dove i tori da lavoro possano esse­re castrati. Le malattie del bestiame (57) si trasmettonoda zoccolo a zoccolo, attraverso la sporcizia. Questo può es­sere prevenuto se il bestiame passa regolarmente attraversoun bagno per gli zoccoli, disinfettante, di permanganato. Seil la!te (59) deve essere venduto in cooperativa, si deveprovvedere ad una latteria centrale (ed anche al suo tratta·mento). Se le mucche sono munte a casa, e il latte vienepoi messo in comune, le fattorie individuali sofistichereb­bero il latte. La prevenzione della carestia (72), la preven­zione della denutrizione (125), e le assicurazioni sul rac­colto (128) richiedono un altro tipo di centro che offra sia 159

Page 161: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

160

l'immagazzinamento che la produzione di alimenti nutrienti(latte, uova, arachidi). Se gli uomini che lavorano )le! viI·laggio debbono venirci spesso, si debbono prevedere i guar·tieri per ospitarli. La trazione animale (60) richiede sia gliaccessi per le stalle de! bestiame (A2) che la strada.A2: 31 Efficiente distribuzione di fertilizzanti 1 conClffil,

semi, dal magazzino de! villaggio ai campi.34 Raccolta di concime naturale (animale e umano).36 Protezione del raccolto dai ladri, dal bestiame,

dalle capre e dalle scimmie.52 Miglioramento della quantirà di foraggio acceso

sibile.54 Provvedimenti per nutrire il bestiame.80 Sicurezza per il bestiame.94 Provvedimenri per il traffico animale.

106 Le piante giovani hanno bisogno di protezionedalle capre.

136 Sistemazione dei gruppi sociali nomadi, della ma-no d'opera immigrata 1 ecc.

Qui (31, 34, 54, 80, 94) formano un sottoinsieme colle·gato con il movimento del bestiame e col concime, mentre(36, 52, 106, 136) cosrituiscono un sotroinsieme collegatoprincipalmente alla prorezione del raccolto e degli alberi dalbestiame vagante. (31) e (34) richiedono la raccolta diurina e letame, e suggeriscono che il bestiame debba starein un posto il piu a lungo possib'tle, dove c'è un pavimentodi pucca che scola verso un collettore centrale comune. Que­sto è naturalmente connesso intimamente con le stalle doveil bestiame si nutre e cioè dove esso resta in piedi piu a

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lungo. (80) richiede la sicurezza psicologica - i proprieraridi bestiame vogliono il loro bestiame il piu vicino possi­bile, se non proprio in casa, e sono perciò assolutamentecontrari all'idea di un capannone per bestiame, centrale, incomune. Per evitare i pericoli della diffusione di germi emalattie, le sistemazioni migliori dei gabinetti sembrano es­sere quelle in cui le stalle individuali sono opposte alleverande dei padroni e separate da queste da un semplicesentiero. Questo sentiero serve per incanalare il traffico delbestiame (94). Ogni stalla è marcata dai suoi muri ed ècoperta solo con tavole di legno poste a interasse di 2 piedi,in modo che lo stesso foraggio, immagazzinato sulla coper­tura, faccia ombra. Le piogge non sono abbastanza forti darichiedere dei tetti permanenti. Verdure. alberi giovani, ecc.,che richiedono una protezione dal bestiame, devono esseremolto lontani oppure molto v'icini, in modo che la separa..zione possa essere ottenuta con una barriera (36, 196). Perpoter risolvere la questione in questo modo, l'esigenza (52)deve essere assicurata con altri mezzi - forse con l'approv­vigionamento diretto dea" 'stalle, e agendo quindi anche sul­la (54). Per impedire al bestiame dei pastori vaganti di fareguai (136), il terreno destinato a pascolo deve confinarecon la strada, e il suo accesso deve avvenire attraverso lastrada di arrivo al villaggio. Il terreno destinato a pascolodovrebbe essere sul lato di terra buona del terrapieno, cOSIche quando il foraggio verde viene immagazzinato, il terre­no possa essere irrigato e coltivato.A3: 37 Disponibilità di magazzini per la distribuzione e

vendita del raccolto.38 Disponibilità di aie e loro prorezione dai predoni.50 Magazzino protetto del forallgio.55 Accesso del bestiame all'acqua.77 Il villaggi." e le case individuali devono essere pro­

tette dal fuoco.91 Fornitura e immagazzinamento di combustibile.

103 Accesso dei carri trainati da buoi alle case, percaricare il grano, il foraggio.

Il bestiame dovrebbe poter accedere all'acqua buona (55),ma in modo da non aver contatti con il sistema distributivo

A3

161

Page 163: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

dell'acqua potabile, che alimenta il muro di cinta D2. Leesigenze (77) e (91) sono gatantite dal controllo sulla di­stribuzione di combustibile. Per esempio, sostituendo il gas

con un impianto di gober gas che si ottiene utilizzando ilconcime ottenuto da A2 e distribuendolo alle cucine indi­viduali con ]a stessa arteria che distribuisce l'acqua, e cioèil muro di cinta dello stabilimento. Nel punto del muro didnta dove si è visto che deve essere una apertura pe~ ilpassaggio dei carri (103), dovrebbe essere anche un ma­gazzino per i rifornimenti ed il foraggio - o almeno un luo­go di facile accesso e scarico ai tetti delle stalle (37, 38, 50).BI: 39 Cotone migliore e ammasso del raccolto.

40 Migliore raccolto di grano.41 Buon taccoIto di verdura.44 Il raccolto deve essere portato a casa attraverso

i campi.51 Miglioramento della qualità del foraggio dispo­

nibile.118 Progetti di divulgazione attraverso esempi.127 Contatti con i funzionari deI centro per lo svi­

luppo.

Page 164: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

131 Il panchayat deve avere piu forza e rispetto.138 Raggiungimento di una eçonomia indipendente,

per non gravare i trasporti e l'economia nazionale.Le esigenze (39), (40), (41), (51) e l'indipendenza eco­nomica (138: possono essere ottenuti solo attraverso unlargo uso di metodi agricoli progrediti; questi non dipen­dono dalle condizioni fisiche, ma dai comportamenti degli in­digeni. I cambiamenti nei comportamenti non possono esse­re ottenuti attraverso visite sporadiche di funzionari distac­cati né col contributo dei lavoratori del villaggio, ma soloattraverso lo stimolo di metodi dimostrativi (118). Dovreb­be esistere una fattoria modello di proprietà del governo odel panchayat (131) e probabilmente gestita dai lavoratoridel villaggio in associazione con il panchayat. Da questo

82

deriva la necessità di alloggi per i funzionari (127). Le esi­genze (118) e (44) suggeriscono che la fattoria sia dispostain modo che giornalmente ogni contadino ci passi davanti,sulla strada di andata e ritorno dai calnpi.B2: 30 Efficiente e rapida distribuzione di semi, fertiliz­

zanti ecc.35 Protezione del raccolto dagli insetti, dalle erbacce

e dalle malattie.46 .Rispetto per le pratiche tradizionali nella agri­

coltura.47 Necessi tà di nuovi strumenti quando i vecchi so­

no danne~giati. 163

Page 165: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

164

83

61 Occupazione abbastanza fluida per i lavoratoristagionalmente disoccupati.

97 Minimizzare il costo del traspotto :li derrate.98 La produzione giornaliera richiede un accesso co­

stante (anche in caso di monsone) ed economicoal mercato.

Le esigenze (97) e (98) sono topiche, e richiedono accessida e per i campi su una strada che non rischi di esserechiusa dal monsone'; cioè posta su un argine. Le esigenze(30) e (35) richiedono una efficiente distribuzione nei lottidei semi, dei fertilizzanti, degli insetticidi, ecc. Questi de­vono essere immagazzinati in qualche punto dove lo smista·mento sia facile, cioè sulla strada. Di qui l'idea di centri didistribuzione disposti ad intervalli regolari lungo la stradaprincipllle, che servano unità di terra agricola cuneiformi oquasi circolari. Le esigenze (46, 47, 61) hanno implica­zioni fisiche irrilevanti.B3: 18 Necessità di dividere il terreno fra i figli di suc­

cessive generazioni.19 La gente vuole possedere terra propria.22 Abolizione dello zamindari e della distribuzione

ineguale della terra.28 Limiti esatti di proprietà e responsabilità di ma­

nutenzione.33 Campi fertili che devono essere usati meglio.42 Efficiente aratura, estrazione di erbe cattive, rac-

colto, livellarnento.43 Consolidamento del terreno.49 Fattorie in coope,rativa.69 Beneficio di una possibile completa irrigazione

derivata dalla disponibilità di acqua.74 Manutenzione degli impianti per l'irrigazione.

107 Conservazione della terra.110 Prevenire l'erosione del terreno.

Le esigenze (18) e (49) puntano allo sviluppo di fattoriein cooperativa di qualsiasi genere, per ottenere un aumentodi efficienza nelle risorse, nella mano d'opera, nelle macchi­ne, un raccolto migliore, una rotazione del raccolto ecc.L'esigenza (69) non può essere assolta a meno che l'acqua

Page 166: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

non sia distribuita dai centri di tali cooperative; poiché altri­menti fazioni e rivalità personali, ecc., impedirebbero ilpieno impiego delle fonti. Occupando i terreni prossimi allesorgenti di acqua (potabile) non accetterebbero di coopera­re e di dividerne l'uso. L'irrigazione (74) richiede la pro­prietà consolidata dei canali, altrimenti tralasciata da unaparte permette l'uso efficiente da qualche altra parte. Laconservazione della terra (107) dipende dalla rotazione del­le colture, che è fattibile solamente se grandi appezzamentidi terra sono sotto il controllo di una singola proprietà,cosi che si possa compiere l'intero ciclo di rotazione. L'ero­sione (110) è prevenuta da lunghi continui terrapieni, chepossono essere costruiti solo su grandi appezzamenti di pro­prietà indivisa. I terrapieni e le recinzioni sui confini dannoluogo a strisce di terra terra.zzate come unità di fattoria

84cooperativa, alimentate da.una singola sorgente a monte.B4: 32 Richiesta ed utilizzazione dl campi incoltivati.

45 Sviluppo dell'orticoltura.48 Scarsità di terra.70 Completa raccolta dell'acqua sotterranea per l'ir­

ngazlOne.71 Completa raccolta. e utilizzazione dell'acqua dei

monsoni.73 Conservazione delle risorse di acqua per il futuro.75 Drenaggio del terreno per prevenire gli allagamenti. 165

Page 167: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

166

104 Mantenere sana· la struttura ecologica.105 T~rreno forestale insuflìciente.108 Erosione delle strade e delle abitazioni.109 Riparazione di terre erose, canali, ecc.

Le esigenze (32) e (48) richiedono la messa a coltura diterra improduttiva, che spesso comprende alvei. L'esigenza(48) richiede l'irrigazione di queste aree. Le esigenze (71,73, 75) suggeriscono l'utilizzazione dell'acqua dei monsoniin sostituzione dell'irrigazione sorgiva o in aggiunta a que­st'ultima, che a lungo andare è incostante poiché determinaun abbasamento della falda. Anche indipendentemente dal­l'uso dell'acqua. piovana dei monsoni (che va raccolta) illivello dell'acqua sorgiva può essere conservato solo ricor­rendo a cisterne. Di qui un terrapieno curvo, che raccoglieacqua al di sopra delle sorgenti poste sotto il terrapieno(70). L'acqua piovana nell'area di raccolta (ancora una ri­sorsa di acqua (73) ) sarà migliorata da una piantagionedi alberi (104) e (,105). E questo suggerisce di sistemarealberi da frutta (45) nella curva del terrapieno (tra l'altro,sistemando gli alberi in modo che il terrapieno consenta diproteggere le giovani piante dal bestiame, tenendo il be­stiame dall'altra parte del terrapieno che funziona da bar·riera naturale). Se l'acqua deve fluire nelle cisterne, i con­torni orizzontali dei terrapieni non possono essere usati per

B

Page 168: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

rettificare l'erosione come in B3, per cui l'erosione dei fos­sati di scolo, dei ruscelli, ecc., può essere controllata soloda piantagioni di albeti (109). L'erosione della sttada èevitata se la strada cotte sul colmo del tettapieno (108).Cl: 8 I membri delle caste mantengono la loro profes-

sione di casta il piu a lungo possibile.lO Necessità di matrimoni elaborati.Il Il matrilùonio avviene con una persona provenien­

te da un altro villaggio.14 Integrazione economica del villaggio e pagamento

in generi base.

15 Tendenza attuale verso il passaggio dalla petmutaal pagamento in denaro.

58 Sviluppo di attività connesse all'allevamento delbestiame.

63 Sviluppo dell'industria del villaggio.64 Semplificazione della mobilità dei lavotatori tta il

villaggio, i campi, le industriè e le case.65 Differenziazione dell'economia di base del villag-

gio non tutta legata all'agricoltura.66 Efficiente fornitura e uso della fotza motrice.93 Luce.95 Accesso piu vicino possibile alla corriera.96 Accesso alla ferrovia.99 L'industria richiede una buona attrez'~atura di tra·

sporto. 167

Page 169: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

100 Sistemazione per le biciclette in ogni villaggio,dal 1965.

112 Accessi alle scuole secondarie.121 Facilitazioni per le nascite, cure pre- e post-natali,

controllo delle nascite.130 Necessità di incrementare gli incentivi e le aspi~

razioni.132 Necessità di sviluppare progetti che beneficino dei

sussidi governativi.133 Integrazione sociale fra villaggi confinanti.134 Volontà di stabilire contatti con villaggi vicini.139 Collegamenti appropriati con ponti, strade, ospe-

dali, scuole, proposti al livello dell'amministrazio­ne locale.

141... Preventivare l'emigiazione di giovani e di harijansalle città.

Questo gruppo è composto di due serie di funzioni maggio-ri: 11, 64, 95, 100, 112, 121, 133, 134, 139, che concer-nono la integrazione del villaggio con i. villaggi vicini e conla regione, e 8, lO, 14, 15,58,63',65,66,93, 96, 99, 130,132, 141 che concernono la futura base economica del vil-laggio e tutti gli aspetti della vita e della società «moderne·»,I due gruppi sono quasi inseparabili. Richiedono un centro,lontano dal cuore del villaggio, sulla strada, che favorisce icollegamenti fra i villaggi (11) e agisce come luogo d'in-contro per gliabitanti dei diversi villaggi (112, 121). Que-sta funzione puÒ essere sostenuta da una fermata dell'auto-bus (95), dalle industrie del villaggio dotate di ottimi ac-cessi alla strada (63-66, 99), dal centro sociale di raccoltadei prodotti collegato con l'autobus e con i movimenti dal-le industrie (133, 134, 61); dallo sviluppo di una atmosfe-ra moderna e quasi urbana che ~stacoli l'emigrazione dellagente migliore verso le città (141), e sviluppi incentivi

(14,15,130,132). Un centrC? industriale può promuovere ile esigenze 8, 63, 64. La strada può soddisfare le esigenze64, 95, 98, 99, 100, 139. Il centro sarà la localizzazionefisica naturale per le fonti di energia e per le centrali di tra-

sformazione elettrica (66, 93); e sarà anche il posto piu "efficiente per l'allevamento del pollame e per il caseificio che

Page 170: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

\.

169

accordarsi.sulle elezioni,

la fermata dell'auto­le processioni nuzia-

2124

8489

102111115116117

137140

129135,

richiede un accesso alla strada (58);bus è il posto di arrivo naturale perli (lO)C2: 5

6

:W

Servizi per cerimonie festive e religiose.Richiesta di templi.Genti di diverse fazioni preferiscono non averealcun contatto.Sradicamento dell'intoccabilità,

Posto per le manifestazioni del villaggio - ballo,gioco, canto, competizioni.Sistemazioni per il panchayat, incontri, ecc.Servizi per la vendita dellè merci.Sistemazione per le processioni.Attrezzature per l'educazione primaria.Opportunità di atti~ità giovanili.Aumento della capacità di leggere negli adulti.Diffusione delle informazioni sul controllo dellenascite, sulle malattie.

120 Provvedimenti sanitari per le malartie degli indi-gemoRifiuto delle fazioni a cooperare eDiffusione di informazioni ufficialile tasse ecc.Comunicazioni radiofoniche.

Sviluppo dello spirito comunitario rurale, distru·zione dell'egoismo e dell'isolamento.

Il farto piu importante della vita sociale del villaggio è lapresenza di fazioni, partiti politici ecc.; questi possono rap·presentare grandi ostacoli allo sviluppo (20, 129). Se allevarie attrezzature collertive del villaggio (5, 6, 24, 84, 89,IlI, 115, 120, 137) si assegna un p>osto centrale, questoposto diverrà probabilmente appropriazione di un partito, odi certe famiglie, e probabilmente non contribuirà in alcunmodo efficace allo sviluppo della vita sociale.. D'altra parte,è importante dal punto di vista dell'integrazione sociale (21,140) dar luogo ad una struttura centralizzata piuttosto chead una serie di edifici isolati che tra l'altro possono divenireappropriazione di singole famiglie ad essi vicine, col risul­tato di scoraggiare altre famiglie dal" recarvisi. Ciò che ~i

Page 171: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

170

richiede è un centro comunitario che riesca a riunire tutte

le funzioni comunali, in modo che nessuna sia lasciata iso­lata e non abbia una localizzazione piu favorevole ad alcune

famiglie piuttosto che ad altre. Per raggiungere questo ènecessario un centro lineare, che contenga alcuni edifici ri­

volti verso l'interno ed altri verso l'esterno, zigzagando frale diverse fatrorie. Quesro soddisfa (102) le esigenze di

svolgere le processioni e di avere per queste dei posti disosra. L'incremenro deUa capacirà di leggere degli adulri

richiede la presenza di muri lungo i sentieri pedonali prin~

cipali, sui quali siano impressi l'alfabeto e messaggi scrittiin modo tale che la loro continua presenza forzi la gente ad

assorbirli (116, 117, 135).DI: 26 Disposizione senrimenrale - desiderio di non di­

struggere il vecchio modo di vivere - amore per

le abirudini presenri che regolano il bagno, il pa-

sto, ecc.29 Provvedimenri per il bagno giornaliero, disrinro

per sesso, casta ed età.56 Riparo del bestiame (nutrimento, riposo, mungi­

rura) .

67 Acqua porabile che sia buona e dolce.

Page 172: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

Di

76 ControUo deUe aUuvioni per proteggere le case,

le strade, ecc.

85 Ogni sistemazione per sedersi e riposare dovreb-

be essere protetta daUa pioggia.

87 Ricovero sicuro dei beni.

90 Migliori sistemazioni per preparare i cibi.92 Le case devono essere pulite, lavate, difese dal­

l'umidità.

122 Regolamentazione deUe fognarure.

123 Prevenzione deUa diffusione di bacilli e di germi

patogeni.

124 Prevenzione del diffondersi di malattie umane at-

traverso contagi personali, le infezioni, le epi-

demie.

Le case che sono usate attualmente sono soprattutto ma·

gazzini; la gente vive nelle verande la maggior parte del\ .

tempo. L'esigenza principale cui debbono soddisfare le stan-

ze interne e cioè la privatezza e la sicurezza psicologica, è

compresa in D2, e non qui. Si risolve l'esigenza (87) co­

struendo i magazzini con un sistema di colonne che forma­

no una serie continua di verande coperte: (85). L'esigenza

(26) riguarda principalmente il bagno e l'alimentazione, col­

legati con le (67, 29, 90). Queste ultime possono essere

risolte provvedendo a una cisterna d'acqua posta su case 17l

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12

13

25

27

62

68

81

86

172 113

magazzino provvisorie alle cui pareti aderiscono il bagnoe la cucina (anche 122). Probabilmente la cisterna sarà ab·

bastanza vicina alla sorgente d'acqua come vedremo combi­

nando col sistema D2. Il pavimento della veranda deve es·

sere sollevato per proteggerlo dalle inondazioni: (76). An·

che lo stabilimento dovrebbe avere scoli verso il centro pereliminare i pericoli di 92, 123, 124. L'esigenza 56 richiede

uno spazio per ospitare A2.

D2: 1 Harijans considerati ritualmente lmptlfi, intocca­

bili.

9 I membri di una casta desiderano stare assieme,e separati da altre, e non mangerebbero né ber­rebbero insieme con-loro.

Tutta una grande famiglia suole vivere in una casasingola.

Solidarietà famigliare e buon vicinato anche dopo

la scissione della famiglia.

Assistenza per vedove, minorati fisici o anziani.La famiglia è autoritaria.

Incentivi al sorgere di pkcole industrie, laborato~

ri artigiani e all'appréndistato.

Facile accesso all'acqua potabile.

Sicurezza per donne e bambini.

Non sovraffollamento.

Buona assistenza a scuola.

Page 174: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

114 'Sviluppo delle attività indipendenti delle donne.

Il gruppo (1, 9, 12, 13) suggerisce di aggregare gli stabi­

limenti, come già sono, per unità da cinque a dieci fami­

glie, e cioé da venticinque a cinquanta persone: Per garan­

tite la sicurezza (81) soprattutto alle donne, lo stabilimento

deve essere circondato con un muro, il cui bordo superiore

funziona da canale di distribuzione dell'acqua (68). Il fatto

che lo spazio risulti protetto assicura maggior libertà alle

donne (114), dà maggior libertà alle vedove, e in partico­

lare (25) quando svolgono attività comuni e fa fiorire le

attività industriali in cui le donne sono maggiormente im­

pegnate (62). Lo spazio per le attività casalinghe (62) do­

vrebbe siroarsi all'ingresso della fattoria, dove le donne an­

dando e venendo dalle attività di lavaggio passano costan­

temente; questo potrebbe in qualche modo combattere le

conseguenze del purdah (27); incoraggia comunque le don­

ne a uscire dalle loro case (al contrario di quanto avviene

in una casa tradizionale dove le donne vivono in clausura)

e incoraggia le ragazze a frequentare la scuola, col risultato

di renderle piu ardite: (113). Dato che le mura di cinta

sono aperte verso l'esterno, il sovraffollamento è meno pro­

babile (86) - l'adattamento e l'espansione possono aver

luogo dentro le mura dello stabilimento piu facilmente di

quanto non avvenga nelle case individuali.

D3: 2 Appropriata sistemazione dei morti.

3 Regole sulla disposizione delle porte di casa non

rivolte verso sud.

4 Certe acque e certi alberi sono considerati sacri.

16 Le donne pettegolano molto mentre fanno il ba­

gno, mentre prendono l'acqua, mentre vanno alla

latrina (nei campi).

17 Il villaggio ha gruppi sociali fissi.

23 Gruppi di uomini che chiacchierano, fumano an­

che fino a tarda notte.

78 Ombra per riposare e pa"egglare.

D3

173

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,174

79 Assicurazione di aria fresca.82 Attrezzature per far giocare i bambini (sotto con­

troIlo) .

83 Durante l'estate la gente dotme all'aperto.

88 Posto per lavare ed asciugare gli indumenti.

101 Traffico pedonale nel villaggio.

119 Uso efficiente delle scuole - nessuna distrazionedegli studenti.

Qui diverse funzioni si sovrappongono. Le esigenze delgruppo (23, 78, 79, 82, 83) richiedono'rutte il controIlo

del clima - in particolare nel senso di ottenere condizioni

fresche - che può essere meglio raggiunto attraverso com~

presenze di acqua ed alberi. Il gruppo (16, 17,23,88,101)

richiede un luogo dove sia possibile chiacchierare; lava­

re gli abiti, incontrarsi, a live~o dello stabilimento. Il grup·po (2, 3, 4) richiede la costruzione di un posto con certi

caratteri di sacralità e quindi calmo, dotato di acqua e dialberi.

La segregazione del traffico pedonale e la calma sono richie­

ste anche dal gruppo (101, 119). Tutte queste funzioni in­

sieme richiedono una unità nella quale l'acqua, gli alberi,

la possibilità di trovarsi, il moto a piedi, il sedersi sotto gli

alberi, siano compresenti. Questa unità si pone in adiacenza

allo stabilimento, proprio fuori del suo ingresso. Ci si deve

Page 176: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

INTERO VILLAGGIO

poter lavare scendendo le scalette che portano al fiume op.pure i gradini che sono applicati alla parete sull'acqua D2.

,

Page 177: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

176

Appendice 2Trattazione matematicadella scomposizione

Affrontiamo il seguente specifico problema, puramente ma­tematico. Dato un sistema di variabili stoc3stiche binarie,alcune delle quali dipendenti a coppie, che soddisfano certecondizioni, come dovrebbe essere scomposto il sistema inun gruppo di sottosistemi, perché la trasmissione di infor­mazione fra i sottosistemi sia minima?Cominciamo con l'esprimere le condizioni con un grafo cherappresenta il sistema, e le ulteriori condizioni sul sistema.Abbiamo un grafo finito, indicato con G, che consiste didue gruppi finiti disgiunti M(G) ed L(G), dove gli ele­menti di M sono punti chiamati vertici di G e gli elementidi L sono segmenti chiamati legami di G, ognuno dei qualipassa attraverso due e soltanto due vertici e porta un segnoo positivo o negativo.' Si dice che il legame unisce questidue vertici. I vertici sono chiamati punti terminali del le·game. Dove due vertici sono uniti da piu di un legame, ilegami sono considerati come distinti ed identificabili. Sidice che due legami si incontrano se hanno in comune unpunto terminale. Il grado di un vertice è il numero deilegami per i quali esso è punto terminale. Indicheremo conm il numero dei vertici in M, con 1+ il numero dei legamipositivi in L, con {- il numero di legami negativi in L econ / il numero totale dei legami (/ = /+ + /-). Sarà an­che conveniente, piu tardi, riferirsi separatarnente al gruppo

"di legami positivi e al gruppo di legami negativi. Li cbia­meremo L+ ed L-rispettivamente (dove L+ U L- = L).Il grafo G determina completamente il sistema sul gruppoM. Ci riferiremo ad esso come al sistema M, per brevità.Ancora definiamo i sottosistemi di M come segue. Dato unqualsiasi sottogruppo S di M, costruiamo quel grafo i cuivertici sono i punti di S e i cui legami sono proprio queglielementi di L per i quali entrambi i punti terminali appar-

- tengono ad S. Consideriamo questo grafo come un sottogra-

,

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fo completo di G. È chiato che, una volta dato L, ogni sot­togruppo S di M ha associato un sottografo completo di G,uruvocamente determinato. Esso determina completamenteun sottosistema su 5J che per brevità possiamo ancora chia~

mare S.Associata con l'i-esimo vertice di G è una variabile binariaarbitraria Xi. che assume i valori O e 1 con probabilità, ri­spettivamente, p e 1 - P (essendo p il medesimo per tuttele variabili).A questo punto dobbiamo inserire una breve nota intornoal significato di p. In pratica è possibile che vi sia un Pidifferente per ogni variabile. Tuttavia è chiato che la scom­posizione del sistema in sottQsisterni non può essere inva~

riante per ogni schema dei Pio In altre parole, se la varia­bile x, ha una grande ptobabjlità di essere O, ma tutte lealtre variabili hanno una grande ptobabilità di essere 1, nonpossiamo aspettarci di ottenere la medesima scomposizionein sottosistemi come nel caso in cui queste probabilità sonomolto diverse.Se ammeuessimo che Pi fosse differente per differenti varia­bili Xi, dovremmo portare questa assunzione anche nelleanalisi seguenti, il che ci condurrebbe a equazioni moltocomplicate, e renderebbe impossibile trovare una base sem­plice e generale per la scomposizione. È per questa ragione,per evitare un problema matematico intollerabilmente diffi­cile che abbiamo convenuto - come si è descritto nel capi­tplp 8· - di far si che tutte le variahili in M abbiano appros­simativamente un uguale scopo o significato. E scriviamop, = p'per tutti i p" COSI che p(x, = O) = P per rutti gli i,e p( Xi = 1) = 1 - P per tutti gli i.Ora dobbiamo fare una ulteriore ass\lnzione, per semplifi­care ulteriormente i procedimenti matematici. La scompo­sizione di M dipende dalla relativa quantità di informazionetrasmessa da un sottosistema a un altro. Mentre la quantitàassoluta di informazione ovviamente deve dipendere dai va­lori assoluri delle probabilità di stato, la quantità relativadovrebbe dipendere soltanto dai valori relativi delle proba­bilità di stato. Dovremmo perciò aspettarci che la scomposi­zione del sistema in sottosistemi sia la stessa, indipenden- 177

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178

,.

temente dal valore assoluto di p. In altre parole sarebbemolto strano se, sulla base della sola simmetria, cclmbiandola probabilità p in un certo nuovo valore p* simultanea·mente per tutte le variabili, potessimo alterare i sottosiste·mi del sistema. Non cercheremo di dimostrare questa intuiMzione. Il lettore è invitato a riprenderla in considerazionedopo aver letto le prove che seguono. Assumeremo che siaCOSI, e che possiamo perciò basare la nostra scomposizionesul valore piu conveniente possibile di p. Il valore chescegliamo per comodità di calcolo è quello che soddisfap = 1 - p; cioè p = Y2. Torneremo perciò a definire ilsistema ai fini del calcolo, cosi che vi sia, associata conl'i-esimo vertice di G, mia variabile stocastica binaria Xi,

che assume i valori O e 1 con probabilità uguali, e scriviamop(x; = a.) = p(x; = 1) = Y2 per tutti gli x;.

Poiché vi sono m variabili in M, chiaramente vi sono 2m

modi di assegnare valori ad esse. Ognuno di questi 2m modiè chiamato uno stato del sistema M. (Da un. ponto di vistaastratto, possiamo anche pensare che ogni vertice deI grup­po M sia in una delle due condizioni, per esempio: o biancoo nero; neI qual caso ci riferiremo convenientemente aglistati del sistema come a coloriture del gruppo M.) Ognistato del sistema di m variabili è completamente definitoda una linea di 1 e di O di m (nell'ordine lessicografico dellevariabili); per brevità possiamo chiamarlo 0". E analoga­mente lo stato di ogni sottosistema di s variabili è defÌnitoda una linea di 1 e di O di s, che per brevità chiameremo À.

In ciò che segue associeremo ogni sistema a una distribu­zione di probabilità dei suoi stati. Adotteremo la notazioneche p(OllOO···), per esempio, sia la probabilità dello sta­to definito dalla linea di lodi O in parentesi. Per il casoestremo di un sistema a una variabile, abbiamo, come os­servato precedentemente, p(O) = p(l) = Y2 per tutte levariabili. Nel caso che sussista .qualche ambiguità intorno aciò cui le variabili si riferiscono, denoteremo gli 1 e gli Ocon indici sottoscritti. CosI p(Oj) è, speci6camente, la pro­babilità che Xj assuma il valore o.Consideriamo M, o qualcuno dei suoi sottosistemi S. Postoche ogni variabile separata assume con uguale probabilità i

Page 180: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

valori O e l, se le variabili fossero tutte indipendenti l'unadall'altra, i r stati di M sarebbero equiprobabili, e cosipure i 25 stati di ogni S. Avremo perciò:

l lp(fJ) = -- per tutti i fJ, e p(À.) = -- per tutti i À..

2m 25

In generale, tuttavia, dal momento che vi è qualche tipo diintera~ione fra le variabili, rappresentato dai legami, i varistati di un sistema non saranno equiprobabili; e ei trove­remo di fronte al problema di determinare p(fJ) o p(À.)per differenti fJ e À.. Quali sono le condizioni che questedistribuzioni devono soddisfare?

Condizione lLa correlazione nel momento del prodotto di due variabiliper ciascuna coppia di variabili (Xi, Xj) è 'VijO, dove 'Vi; =(I l,t 1-11,,- I) è il numero, segnato, di legami fra i ver­tiei i e ; di G l e dove oè una costante, che soddisfa la con­dizione lo ::::: 1. Poiché al massimo uno dei Iii+' ljr è diversoda O, questo rende 'Vij un numero intero compreso fra - ve + v. Ciò significa anche che ciascun legame singolo dàun eguale contributo di O alla correlazione, positivo o ne­gativo a seconda del suo segno. Da questo 2 otteniamo ilfatto che in ogni sistema a due variabili (X" Xj), la p(À.)deve soddisfare

p(OO)p(lI) - p(OI )p( lO)

[p(O,)p( L)p(O, )p( lj)]!

Condizione 2Sappiamo anche dalle considerazioni esposte al capitolo 8,che le correlazioni a tre o piu variabili si annullano. Ciòsignifica che il valore della funzione di correlazione per ognicoppia di variabili non dipende dallo stato di ogni altravariabile o insieme di variabili in M;3 il che equivale a scri­vere, formalmente:

p(OOÀ.)p( lIÀ) - p(OIÀ)p( 10À)

[p(O,À)p( LÀ)p(O,À)p( I,À)]!dove À. rappresenta qualsiasi schema fissato di valori ·preso 179

Page 181: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

180

per ogni insieme di variabili,che non include Xi e Xj_ Il casopili semplice in cui À è lo stato di una singola variabile Xk,

poniamo Xk = 0, dà la seguente condizione:p(000,)p(l10,) - p(010k)P(100,)

[p( O,Ok) p( LOk) p( OjO,) p( 1jOk)] l

Fra m variabili, vi sono Y1 m (m - 1) .' 3'"-2 tali condizionida soddisfare, delle quali 2m

- (m + l) sono indipen­denti.4

D'imostreremo ora come tutte le distribuzioni di probabilitàper tutti i sottosistemi siano determinati unicamente dallecondizioni stabilite, quando introduciamo le seguenti. ulte­riori condizioni ·che devono essere soddisfatte, per defini­zione, da ogni distribuzione di probabilità.

Condizio;;e 3In qualsiasi stato di M, ognuna delle m variabili assume unvalore fissato. Prendiamo qualsiasi sottosistema S. Senzaperdere di generalizzazione, supponiamo di numerare nuo­vamente le variabili in modo che Xl'" X s siano in S eXs+l' ' . X m non siano in S. Allora in qualsiasi stato À di S,ognuna delle s variabili Xl" 'Xs prende un valore fissato, e 'le restanti variabili Xs+l' .. X m sono libere. Vi sono 2m

-s

stati di M nei quali le variabili' Xl' •. X s assumono lo sche~

ma prestabilito di valori À, uno per ogni possibile schemadi valori assunto dall'insieme di m - s variabili libere,Xs+I' , . xm ' Possiamo perciò scrivere la probabilità À comela somma delle probabilità di questi 2m~' stati di M, cosi:'p(À) = L p(<7) sommata per tutte le combinazioni di va­lori per le variabili non appartenenti a S.

Condizione 4Infine, dobbiamo avere p (<7) :> O per tutti i <76

Condizione 5E dobbiamo avere LP (<7) = 17

Possiamo usare questi fatti come un modo di dedurre leprobabilità degli stati dei sistemi piu grandi dai piu piccoli,come segue:

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Cominciamo col considerare gli stati dei sottosisterni a unavariabile. Sappiamo per postulato, naturalmente, che que­ste probabilità p(O) e p(l) sono !h e !h. Considetiamo oraogni sç>ttosistema a 2 variabili. Conosciamo 4 equazioni del­la forma: p(OO) + p(Ol) = p(O), di cui 3 sono indipen­denti, e ricaviamo una ulteriore equazione dal fatto che ilgrafo G ci dice il valore del coefficiente di correlazione:

p(OO)p( 11) - p(Ol )p(lO)

[p(O)p(l)p(O)p(l)]!. Le probabilità degli stati dei sottosistemi a 2 variabili sono

perciò determinate.Consideriamo ora qualsiasi sottosistema a tre variabili. Lesue probabilità di stato sono ancora determinate entro unsolo grado di libertà, dalle probabilità degli stati dei sotto­sistemi a 2 variabili, che conosciamo. Come prima, l'unicogrado di libertà è tisolto dal fatto chè conosciamo il valoreassunto da una delle funzioni di correlazione parziale dellaforma:

p(OOO)p( 110) - p(OlO)p( 100)

[p(OO)p(lO)p(OO)p(lO)]!Cosi vediamo facilmente che ad ogni stadio di questo pro­cesso le probabilità degli stati di un sottosistema a s varia­bili sono determinate entro l grado di libertà, dagli statidi probabilità dei suoi sottosistemi costituenti a· s - 1variabili. E possiamo fornire l'ulteriore condizione richiestaper determinare univocameme le probabilità, ricorrendo al·la correlazione parziale appropriata di cui conosciamo ilvalore~

p(OO).)p( 11).) - p(Ol).)p( 10).)

[p(O).)p(l).)p(O).)p(l).)]!dove ). si riferisce a qualche stato fissato delle s - 2 va­riabili.Definiremo ora una distribuzione di probabilità cbe soddisfale condizioni 1-5, e deve quindi essere l'unica distribuzionela cui costruzione è stata per l'appunto descritta.8

Nello stato 17, diciamo che i legami di L+ sono soddisfattio non soddisfatti a seconda che i loro punti terminali pren- 181

Page 183: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

dano o no gli stessi valori, e diciamo che i legami di L­sono O no soddisfatti a seconda che i loro punti terminalirispettivamente non assumano oppure assumano gli stessivalori. Poi definiamo quanto segue:

elfi = + 1 se il vertice Xi è O nello stato (j,

evi = - 1 se il vertice Xi è i nello stato (1,

cosI che el1 iel1j è 1 se il legame ii è soddisfatto in C', ed èinyece - 1 se il legame ij non è soddisfatto in a,4\llora definiamo k, ~ I. V'je"e,j (i = 1 ... m, i = 1 ... m).In altre parole, l'intero k lT è il numero dei legami soddi­sfatti in- (1, meno il numero dei legami non soddisfatti in 0'.

Quindi, per tutti i aJ - l <:: k" ~ l. Consideriamo ora lamisura

1 + k,8p(er)

pier) ~---

Prendiamo per primaSappiamo che

Quindi

2m

la condizione -4:k, ~ -I.

1-18

182

rPerciò p(er) ~ O nel caso che 8< 1/1, e questo è cosi perpostulato.9

Prendiamo successivamente la condizione 5:

l+k,/i 8 8I.p( er) = I. = 1 + -- I.k, = 1 + --I.Vij I.e'ie'j.

2m 2m 11 2mij g

Ora, se i e ; sono differenti, allora in 2m-

1 casi e g{ ed egj

assumeranno lo stesso segno, cOSI che il loro prodotto è+ 1, e in 2m

-1 casi assumeranno segno diverso, cOSI che

il loro prodotto è-L CosI, per i e ; diversi, la sommadi tutti i 2m possibili, (J si annulla. Per i e i uguali, Vij si an­nulla. Quindi l'ultimo termine a destra è uguale a O.

:. I.p(er) = l.,Successivamente dimostriamo la condizione 3, vale a direche se la misura è definita per, tutti i sottosistemi S allostesso modo che per M, allora tutte le relazioni della formap(À.) = ~."(er) si comportano identicamente.

variabilinon in S

Poiché otteniamo qualsiasi sottoinsieme S di M eliminando

Page 184: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

m - s variabili da M, una alla volta, è sufficiente dimostra­re il risultato di un singolo passaggio di eliminazione di unavariabile, e il risultato generale segue per induzione. Con­sideriamo perciò qualsiasi variabile Xk di M e definiamo 5come il sottosistema ottenuto da M eliminando Xk. Pren­diamo un À arbitrario di questo sottosistema S. Supponia­mo che 0"1 e 0"2 siano i due' stati di M nei quali le variabilidi 5 sono nella' stessa condizione che in À. e per i quali Xk

assume il valore O in 0"1 e il valore 1 in 0"2.

Vogliamo dimostrare che p(c;,) + p(c;,) = p('i.).

Per questo notiamo che:[p(c;d + P(c;2)] - [p('i.)]

1 + k"o 1 + ko20=---+--- -----

.'2111 2 111 2111 - 1

= _0_ (.~Viie"lie"li + 4.ViieU~ie"2i _ 2 ~Viieì..ie)..j),2m II II II

Per i, j :;:t: k, euli, eu2i ed e)..i sono identici. Per i o j = k, itermini da 0"1 si eliminano con quelli da 0"2, che rendono laparte destra = O e proveniamo quindi alla dimostrazione.Ritorniamo ora ai coefficienti di correlazione. Assumiamopr~ma la correlazione totale per, una coppia di variabili, i e. j.Il risultato di cui sopra ci permette d.i scrivere le proba­bilità di stato dei sottosistemi a due variabili (Xi, Xj), come:

1 + ViiO 1 - ViiOp(OO) =--- p(lO) =---

p(OI) =--- p(ll) =---4 4

Dove Vii è il numero dei legami tra Xi ed Xi in G. Questodà un coefficiente di correlazione del momento del prodotto

p(OO)p(ll) -p(OI)p(lO) = 4V;JO/-=- = V;jO

[p(O)p(l)p(O)p(I)]! 16 4, e soddisfa. COS1 la condizione L

Consideriamo infine il coefficiente di correlazione parzialeper ogni due variabili Xi, Xi, in qualsiasi sottosistema (5 +Xi + xi), mentre le variabili di 5 sono mantenute costanti.Rappresentiamo questa situazione come segue:

Xi.Xi.

Page 185: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

Se supponiamo che le variabili in S siano mantenute co­stanti in qualche sMto prefissato, possiamo allora scrivere

l + (koo + k, + k, + kj)op(OO).) = --------

2s+2

dove koo è il termine risultante dai legami fra Xi e Xj, k;.. èil termine risultante dai legami all'interno di S. e ki e kj

sono i termini risultanti dai legami tra 5 e Xi e Xi, rispetti­vamente. Allora è facile vedere che, similmente,

1+ (k ll + k,-k,-kj)op(l1).) =

,2s+2

1+ (kOl + k, + k,-kj)op(on) = ---------

1+ (k lO + k,.-k, + kj)op( 10).) = --------~

2s+2

Anchel + (k, + k;)o

p(O,).)

184

p(l,).) = -----21+1

l + (k,. + kj)op(Oj).) = ------

p( lj).) =2H1

La correlazione parziale è data dap(OO).)p( 11).) - p(On)p( lO).)

[p(O).)p(l).)p(O).)p(l).)]1Il numeratore, al primo ordine in o, si r.iduce a

(koo + kll - kOl - k,o)o

225+4

Il denominatore, al primo ordine in o. si riduce a

[.l+ 4k,0 ]1 l+ 2k,.0-

245 +4 225+2

Page 186: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

Poiché koo = kll = 'Vii e kOI = klO = - 'Vii.

questo rende la correlazione parziale uguale a4'ViiO

-----=VijO4(1 + 2k,.O)

al primo ordine in O, che è molto piccolo. Quindi la cor­relazione parziale è 'VijO per tutti i À, e soddisfa la condi­zione 2.Si è cosI dimostrato che la misura

1+ k.op(rr) = ---

2m

soddisfa le condizioni 1·5, e che di conseguenza, entro leapprossimazioni stabilite, la distribuzione è univocamente'determinata da queste condizioni.La distribuzione di probabilit~ generata da questa funzioneper un grafico specifico è illustrata qui sotto.

x,x,

,x,

1+30 1-30 1-0p(OOOO) = p(OOIl) = p(Olll) =

16 16 161 + 50 l-o 1-30

p(OOOl) = p(OlOl) = p(lOll) =16 16 16

l-o l + o 1-0p(OOlO) = p(lOOl) = p(IlOl) =

16 16 161-30 l + o l + 50

p(OlOO) = p(OllO) = p(lIlO) =16 16 l~

l-o l-o l + 30p(lOOO) = p(lOlO) = p(llll) =

16 16 161-30

p(llOO) =16 185

Page 187: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

186

Poiché ora abbiamo una distribuzione di probabilità utiliz­zabile, definita per gli stati di M, possiamo scrivere unaespressione relativa alla informazione media portata dal si­stema M. Usiamo la misura di Shannon-Wiener, e definiamoH(M) l'informazione media' portata da M, come

l;P(o") logp(O")lO

E possiamo riscriverla come segue:

(l+ k"O) (l + k"o )H(M) = -l; log<1. 2m 2m

l= - - l; [ (l + U) [1og (l + k"o) - m log 2] }

2m <1

l {, k/02

}= - - l; LI + koo)( + koo - - + ... - m log 2).

2m <1 2

l { k/o' . .. }termini In=--l; -mlog2+(I-mlog2)k,0+--+~3 It

2m <1 2 O e o re

Nella somma, il termine costante è contato 2m volte. Il ter­mine in osi annulla, poiché sappiamo già che 'Lk, = O. Re-,sta perciò il termine in E?, ma trascuriamo i termini di ordi­ne s,:!periore, lasciando

o'H(M) = mlog2--~ l;k/.

2m +1"

Analogamente otteniamo per qualsiasi S,

o'H(S) = slog 2 - -- l;k,'-

25+1 À

Anche in questo caso l'espressione per H(S) è impossibileda calcolare. Per calcolarla direttamente, dovremmo primaaver calcolato l'ind~ce k). per ognuno dei 25 stati dell'insiemeS, come descritto sopra. Per un 5 grande, anche un calco­latore elettronico ad alta velocità non sarebbe capace di cal~

colare e sommare le potenze dei 2S valori di· k).. in un temporagionevole, È perciò necessario, ai fini del calcolo, esprimereyk),? come una funzione di parametri strutturali piu sem­,

plici del grafo G(S, L).

Page 188: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

"Per semplicità di notazione, continuiamo a lavorare con ilgrafo G (M, L) e la funzione l: k.'; per rendere generale

•la questione, possiamo poi ancora applicarla a qualunquedei suoi sottografi G(S, L) e alle loro fùnzioni associater. k,'-,Abbiamo ddìnito k~ = LVijeaieO'j.

ijEL

Poiché abbiamo specificato prima che dove vi sono nume­rosi legami fra una coppia di vertici, questi legami sonoidentificabili !iingolarmente, ora possiamo riscrivere questaespressione come

dove ogni somma è presa per tutti i legami appartenenti aL + ed L-rispettivamente, cosi che il tutto contiene l termi­ni. Naturalmente deve esser chiaro che questa espressionepotrebbe essere ridotta, poiché ognuno dei suoi l termini èo 1 o - 1. Ma, per amore di chiarezza, nella dimostrazioneseguente, la lasceremo nella sua forma estesa. Possiamo allo­ra SCrIvere,

l: (k.)' = ~O: e.i eo; - l: e.i e.il'a a L+ L-

= L { (L erri e':fj)2 + (L erri erri)2 ---'- 2 (L erri errj L ~rrk errI) }a L+ L- L+ L-

Osserviamo per prima l'ultima parentesi compresa nel­l'espressione. Poiché, nessuna coppia di vertici può essereconnessa simultaneamente da un legame da L+ e un legameda L-, ogni termine nella parentesi sarà della forma erriea'?ea'k

o della forma erriea'j':?a'kerr[ dove iJiJk) sono tutti diversi. Poi·ché ea'i, per ogni i, assume il valore + 1 per metà del O" e- 1 per l'altra metà, ed è uniformemente distribuito per ivalori assunti da errj, e".k ed ea'l, vediamo che entrambe leforme precedenti, dal momento che contengono entrambe'"un ea'i elevato a una potenza dispari, si annulleranno quandosommate in 0". Ci sono quindi solamente due tipi di termi­ni, entrambi della forma err?ea'/: quelli che rappresentano lostesso legame preso due volte, e- quelli che rappresentanodiversi legami fra la stessa coppia di vertici. Abbiamo quindi 187

Page 189: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

1/ "'-riedj)2 + 2 1: 1:( elT ielT j)2legami ij di IT su diversi

L+ o L- soli legami fra lastessa coppiadi vertici

= 2 m D':Vi; + 2 :E '/2 Vi; (Vi; - 1) }

= 2m 1:Vi/,M

dove la somma è effettuata per tutte le coppie di variabilii, j in M.

8'Abbiamo dunque H (M) = m log 2 + - :Ev;;',

2 M

8'ed analogamente. H (S) = s log 2 + - :Ev;;'.

2 s

Il fatto che Vij .compaia in questa funzione elevato al qua­drato, sigpifica che la distinzione fra L+ ed L-non influen­zerà il risultato. Allora, come abbiamo notato nel capitolo 8,procederemo senza fare distinzioni fra L+ ed L-, us~ndo

solo L e assumendo che Vij assuma solamente vl1lori positivi.Ciò significa anche, naturalmente, che non è valido operaredistinzioni fra interazione positiva e negativa, quando sipone il problema. lI

Consideriamo ora una suddivisione arbitraria di M nei sot­toinsiemi S"S,·:· S" in modo che S. n S~ = 0, e US. = M.

"Chiameremo questa suddivisione, 7t .

• • S2S, •

• • ••• • • •7r

S,

• • ••S3 •

188

Page 190: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

L'informazione contenuta in M è H(M). L'informazione inS preso separaramente è ~ H(S.). Eccettualo il caso in cui

•non vi sia alcuna interazione tca i diversi sottosisterm, laseconda di queste due espressioni sarà piu grande della pri~

ma, poiché qualche informazione sarà. come prima, contatapitI di una volta. Come risultato, possiamo usare la diffe~

renza fra le due espressioni ([~H(S.)] - H(M)} come"misura della forza delle connessioni lagliare dalla suddivi-

sione 7t,u Piu grande essa è, piti forti sono le connessionilagliare. Il valore di quesra differenza è dato da

{ (SI+ ... +S")IOg2+~ ~ V;;'-mlOg2-~~Vi/}'2 51,52,... 2 Al

dove la somma L è assunta soltanto per le coppie il i51,51,.. -

che sono del tutto contenute in uno degli Sa. La diflerenza,o ridondanza, della suddivisione è perciò ~o2I: v/. dove la

•somma è assunta per tutti i legami i, j tagliati dalla suddi-VISione 1t.

Di per se stessa la ridondan7.a Y2 82 I: 'Vi/ non ci dà una"buona base di confronto per differenti n. Ogni n appartiene

a una certa «suddivisione tipo ». Cioè, i sottoinsiemi cheessa definisce hanno rispettivamente SI, S2,' .• SII variabili, ela serie di numeri {SI, Sz,' .. SII} definisce il tipo di suddivi­sione. Il valore di I;.Vi/ tenderà ad "essere piu basso per

"qualche tipo di suddivisione che per altri.Allo scopo di normalizzare la ridondanza, calcoliamo orail valore e la variazi"one previsti di I;.vi/ come una funzione

"del tipo di suddivisione, data una distribuzione arbitrariadi I legami fra i !h m (m - l) possibili spazi per legamiforniti dagli m vertici. (Per semplificare, assumeremo chenessuno spazio possa contenere piu di un legame, cioè, "v = l, cosi che Vii = O o 1.13

) Se tutte le distribuzioni di­stinguibili degli I legami sono equiprobabili, il valore e lavariazione previsti di LVi/ dipenderà da quattro parametri.

•Due di essi sono costanti. Il -primo, l, è il numero deilegami in L. Il secondo, lo, è il numero degli spazi possibili 189

Page 191: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

190

a cui i legami possono essere assegnati. Esso è dato dam(m -1)

io = -----. Gli altri due parametri dipendono dalla2

suddivisione TI. Il primo, loTI, è il numero degli lo spazi po­tenziali che sono tagliati dalla suddivisione TI, cioè, il nume­ro delle coppie di vertici in cui ciascun vertice (della cop­pia) appartiene a differenti sottoinsiemi della suddivisione.Questo dipende dal tipo di suddivisione di TI, ed è dato daloTI = L So;S~, dove So; è il numero delle variabili in So;. No-

TIdamo che 101: Z lo. Il secondo di questi parametri, [TI, è. ilnumero dei Ie.gami attuali tagliati dalla suddivisione TI. Que­sto è dato da i" = L IV;j I.. TINaturalmente r z l.Dapprima consideriamo il valore previsto di L vil =

TIE (L vil). Poiché i Vii sono irrdipendenti, possiamo scrivere

E(L v/) = LE(v/) = ioTIE(v;/),TI TI

dove E (vi/) è il valore previsto di v/ per un certo spaziofissato compreso fra i due punti i, j. .

iChiaramente: E(vi/) = -,

ioper cui l'espressione precedente si riduce a:

( )

ilo'.E ? Vii .= -- ,

ioche dipende dal valore di ioTI e anche dal tipo di suddivisio­ne di TI.

Consideriamo ora la variazione di k vil .14TI

Vat ( :: v;/) = E (~ V;j) + 2 E (~ V;j v,,) - [ ECL v;)YConosciamo già il valore del secondo termine. Per quantoriguarda il primo:

E [(L v/)'] = E[L v;;' + 2 L v/ v,,'].

Poiché abbiamo stabilito di assumere Vii come positivo, '= Ooppure = 1, abbiamo Vi/ =v/ = Vii' e quindi:

Page 192: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

Var n: v;;') = E n: Vii) + 2 E o: V'i Wl) - [E (L V'i)] .T( 'Il 1'"; T(

Consideriamo due spazi fissati ii e kl.Ora

E(V'iV,,) = O· P(V'iWI = O) + l . P(V'iV" = l)

= P(V'iV" = l)l l-l 1(/-1)

=_._-lo 10-1 10(10-1)

:. E (LV'jV,,) = Y210'(/o'-1)· E(V'iV")r.

1(1- l)'1"0'(10" - l) . ----

10(/0-1)

Ques lO ci dà

( )

1·10" 1(/-1)Var ~ v;;' = --- + /0(/0' - l) ----

lo 10(/0-1)lloT(

= ----- [lo' -lo + 10(/0' - l) (/- l) -//0'(/0 - l)]

" lo' . (/0 - l)

//0'~--;--- [lo' -l%,] ---- (/0-10').

lo' (/0 - l ) 10(/0 - - l )

La· variazione dipende ancora dal valore di loTI e quindi daltipo di suddivisione di 1t.

Nel caso che stiamo considerando, dove v = l, la ridon­danza rettilinea della suddivisione 1t, è

Y2S' LV;;' = Y2 S'l".T.

Per normalizzarla in rapporto a diversi tipi di suddivisione.ora la sostituiamo con 15

costante· [i'''':'''E(l")]R( 1t) = -------- =

[Var (/')]1

costante [l' - //0'/10]

[//0'(/0 -lo') /10(/0 - 1)]1

e scegliamo la costante per cui:

lo/' -//0'

[10'(/0 -lo")] l 191

Page 193: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

192

Questa funzione ha il valore e la variazione previsti; essi,essendo gli stessi per tutti i tipi di suddivisione. possonoessere usati per confrontare fra di loro suddivisioni di tl,lttii tipi.Espressa nei termini della notazione precedente, questa fun·zione è 16

Y2m(m-l) LVij-1 LS.S~

Consideriamo, .infine, il problema pratico di trovare ·quellasuddivisione 1t dell'insieme M per la quale questa funzioneR( ,,). assume il piti piccolo valore (algebrico).Per tro,.vare la migliore suddivisione di un insieme S, usia­mo un procedimento ascendente., che' consiste essenzialmen­te nell'effettuare la suddivisione' in sottoinsiemi a un ele­mento, calcolando il valore di R(,,) per q)lesta suddivisione,e qu.indi confrontare con essa tutte quelle suddivisioni cheda essa possono essere ottenute .combinando due dei suoiinsiemi. Ciascuna di queste suddivisioni che abbia il piubasso valore di R(n) è allora sost~tuira alla suddivisione ori­ginale; e il procedimento continua, Co~tinua finché pervie­ne a una suddivisione il cui valore di R(,,) è piti basso diquello di qualsiasi suddivisione che' possa essere ottenuta daessa combinando ·due insiemi "Un altro procedimento ascendente, che trova direttamenteun albero di suddivisioni, va in" direzione opposta. Esso par­te dall'intero insieme S e lo spezza nei suoi due sottoinsiemidisgiunti piti indipendenti, calcolando R( ,,) per una bipar­tizione arbitrar'ia, e migliorando la suddivisione attraversolo spostamento di una variabile alla volta da una parte al­l'altra, finché nessuno spostamento ulteriore è possibile. Siripete questo proce.dimento pe.r ognuno dei due sottoinsie­mi ottènuti, spezzando ognuno di essi in due sottoinsiemipiu piccoli, e cosi via iterativamente, finché -l'intero insiemeS- è scomposto.Questi e altri metodi sono stati programmati per l'IBM 7090,e sono descritti compi.utamente altroveY È importante e

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piuttosto sorprendente, che queste tecniche non abbiano ri­sentito delle difficoltà di campionamento spesso .incontratenei procedimenti euristici, e che diano ·invece risultati otti­mali estremamente stabili anche per calcoli eseguiti in tempirelativamente brevi.

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Appendice 3Una citlànon è un albero'

Il termine che compare nel titolo non intende significareun vero e proprio albero, verdeggiante di foglie, ma un cer­to schema mentale Z

In contrapposizione a questo, userò nel mio scritto il ter·mine semi-lattice, che sta ad indicare un secondo schemamentale, ben piu complesso, nel suo tessuto, del primo.3

Per porre in rapporto questi schemi astratti con la naturadegli -insediamenti urbani, occorre procedere preliminarmen­te ad una radicale distinzione. Chiamerò «città naturali»quelle {<'rmatesi piu o meno spontaneamente nel corso diun tempo lunghissimo, e «Città artificiali» quelle città (oparti di esse) che sono state create da progettisti e pianifi.catori con atto volontaristico.Sit..~na, Liverpool, Kyoto, Manhattan sono esempi di cittànaturali. Levittown, Chandigarh e le new towns inglesisono esempi di città artificiali.Negli ultimi tempi va sempre piu diffondendosi una tenden­za a riscontrare nelle città artificiali la mancanza di requi­siti essenziali. In confronto con qualsiasi città antica, rico­perta dalla patina della vita, tutti i moderni tentativi direttiad una creazione artificiale di città si stanno rivelando, sottoil profilo umano, del tutto vani.Gli stessi architetti .ammettono ormai sempre piu aperta­mente che preferiscono vivere nei vecchi edifici piuttosto chenei nuovi. Il pubblico in generale, indipenden1emente dalsuo pili '0 meno scarso amore per l'arte, anziché apprezzarel'opera dell'architettura contemporanea, sembra tendere piut­tosto a considerare il prorompere della moderna ediliziacome una calamità inevitabile: 'uno fra i tanti tristi feno­meni di un mondo che sta andando in rovina.È troppo facile ribattere che queste opinioni riflettono sol­tanto un'ancor molto diffusa resistenza ad abbandonare ilpas5~to e la tradizione. Per quanto mi riguarda, nutro inve-

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ce una certa fiducia proprio in questa specie di conserva to­rismo. È noto, ad esempio, come l'americano medio desiderigeneralmente stare al passo con il progresso dei tempi. Lasua crescente riluttanza ad accettare la città moderna espri­me dunque un reale bisogno di qualcosa che, per il momento,.si sottrae alla nostra immediata comprensi0ne.La prospettiva di poter trasformare' la Terra in un pianetadisseminato soltanto di scatole di vetro e cemento ha allar­mato anche molti architetti. Per combattere la futura sca­tcla di 'Yetro, sono state avanzate molte coraggiose protestee anche molti progetti, nella speranza di ricreare in formaattuale le varie caratteristiche che sembrano rendere tantoviva la città «naturale ~>, Ma fino ad ora questi progettihanno solamente imitato o ripetuto vecchi modelli. Nonsono stati capaci di crearne dei nuovi.La campagna d;ll'« Architectu'ral Review» contro il modoin cui le nuove costruzioni e i pali telegrafici rovinano lacittà inglese, proponeva rimedi essenzialmente fondati sul­l'idea che per preservare la scala dovesse venir controllatala sequenza spaziale degli edifici e delle aree aperte: un'ideache in realtà deriva dal trattato di Camillo Sitte sulle piaz­ze antiche.Un altro tipo di rimedio ~ nell'ambito della protesta controla monotonia di Levittown - è quello che tenta di ricrearela ricchezza di forme riscontrabile nelle case di una vecchiacittà naturale. Esempio tipico di questo rimedio è il villag­gio Llewelyn Davies a Rushbrooke in Inghilterra, dove ognicottage differisce lievemente dal vicino, cosi che i vari tettisporgono o rientrano dando luogo a pittoresche angolazioni.Un terzo rimedio è quello di ricorrere all'alta densità ur~

bana. Si presume che se l'intera metropoli potesse assomi­gliare alla Grand CentraI Station, con propaggini e galleriedovunque dirette e intersecantesi, con gente che le riempis-se tutte muovendosi in masse compatte, allora ridivent.ereb- ....be umana.Una analisi fra le piti acute del mortale squallore che dilagaovunque, proviene da Jane Jacobs. I suoi giudizi criticisono eccellenti. Ma quando poi si arriva alle sue propostepositive, ecco nascere subito l'impressione che la grande 195

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!96

città moderna venga da lei concepita come una specie di mi­scuglio fra il Greenwich Villagè e un qualsiasi borgo dci­l'Appennlno italiano. pieno di piccoli isolati e con tantagenre sedura lungo la srrada.Il problema che in ciascuno di questi progetti si è tentatodi affrontare è reale. È di estrema importanza scoprire icaratteri che assicurano forza vitale alle vecchie città perpoi tentare di ricostruirli nelle città artificiali. Ma' non sipuò raggiungere questo intento semplicemente rifacendo ivillaggi inglesi, le piazze iraliane, e le Grand Cenrral Sra­(lons. Troppi progettisti si volgono nuovamente a conside­rare con nosralgia le cararteristiche fisiche e plasriche delpassato, invece di indagare sui principi orclinatori astrattiche governavano le città antiche, e che le nostre moderneconceziolli urbanistiche non hanno ancora ritrovato.Quale è la natura intrinseca, il principio ordinatore, che di·stingue la città artificiale dalla città naturale?Avrete forse indovinato dal titolo in cosa io creda consistaquesto principio ordinatore. lo credo che una città naturaleabbia l'organizzazione di un semi-lattice; mentre quando arti­ficialmente organizziamo una città, perveniamo ad una orga­nizzazione «ad albero ).Sia l'albero che il semi-lattice sono interpretazioni del modoin cui una numerosa raccolta di piccoli sistemi possa aggre.­garsi a formare un unico sistema, ampio e complesso. Pili ingenerale essi sono entrambi due diversi modi per indicaredue diverse strutture di insiemi. Per poter definire tali strut~

ture, lasciatemi prima definire il concetto di, insieme. Uninsieme è una raccolia di elementi che per qualche ragionepensiamo si approprino l'un l'altro. Poiché, nella nostra ope­ra di progetristi, abbiamo a che fare con gli aspetri fisicidella. città vivente e con la sua fisica struttura, gli insiemiche siamo portati a considerare sono raccolte di elementimateriali'come le persone, le foglie, le automobili, i mattoni,le molecole, le case, i giardini, le condutture d'acqua e lemolecole d'acqua che scorrono in esse; ecc.Quando gli elementi di un insieme si appartengono perchécooperano e collaborano in qualche modo, chiamiamo l'in­sieme di elementi un sistema.

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Ad esempio, a Berkeley all'angolo di Hearst and Euclid,vi è un drug. store, e fuori del drug store un semaforo.All'entrata della farmacia vi è un distributore automatico digiornali, dove· sono esposti i quotidiani. Quando la luce èrossa, la gente che sta aspettando di attraversare la stradaresta senza far niente sotto il semaforo; e poiché non haniente da fare, guarda i giornali nel distributore che puòvedere dal punto in cui si trova. Alcuni leggono solo i ti tali,altri aspettando comprano un giornale. Questa catena difatti rende il distributore di giornali e il semaforo interdi- .pendenti. Il distributore, i giornali che esso contiene, ildenaro che passa dalla tasca della gente alla fessura deldistributore, la gente che si ferma sotto il semaforo e leggei giornali, il semaforo, gli impulsi elettrici che fanno cam­biare le luci, e il marciapiede dove sta la gente, formano unsistema; tutti i suoi elementi' collaborano.Dal punto di vista dei progettist3, è di partiéolare interessela parte Esicamente non mutevole del sistema. Il distribu­tor.e, il semaforo, e il_ marciapiede, correlati come sono, for­mano la parte fissa del sistema. Costituiscono "ambito nonmutevole nel quale le parti mutevoli del sistema - la gente,i giornali, il denaro, e gli impulsi elettrici - possono col­laborare.Definisco questa parte fissa una unità della città. Essa deri­va la sua coerenza, come unità, sia dalle forze che tengonoinsieme i suoi elementi, che dalla coerenza dinamica delpiu ampio sistema vivente in cui è inclusa, come parte fissainvariante.Fra i molteplici sottoinsiemi fissi della città, che corrispon­dono ad altrettanti sistemi urbani, e come tali possono essereconsiderati singole unità fisiche significanti, in genere neprendiamo in considerazione assai pochi, isolatamente, e soloper ragioni specifiche. Per quanto mi riguarda, sono invececonvinto che qualsiasi immagine si abbia della città, essa Pu.ò ....essere esattamente definita soltanto attraverso una visioneunitaria dei sottoinsiemi. Ma una tale raccolta di sottoinsie-mi CJpace di comporre una immagine della città non puòconsistere in una .semplice e amorfa collezione. Automatica­mente, se non altro perché, una volta che i sottoinsiemi sono 197

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198

scelti si stabiliscono fra loro relazioni reciproche, la raccoltaassume una struttura definita.

Per meglio comprendere questa struttura cerchiamo, per unmomento, di pensare astrattamente e di usare come simbolii numeri. Invece di parlare degli insiemi reali costituiti aloro volta da milioni di elementi reali che si incontrano nel­la città, prendiamo in considerazione una struttura piu sem­plice composta solo da una mezza dozzina di elementi. Chia~

miarno questi elementi l, 2, 3, 4, 5, 6. Senza tener contodell'insieme completo (1, 2, 3, 4, 5, 6), dell'insieme vuoto

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(-), e degli insiemi costituiti da un solo elemento (1), (2),(3), (4), (5), (6), vi sono 56 differenti sottoinsiemi deriva­bili dai sei elementi.

Supponiamo ora di mettere in evidenza alcuni di questi 56insiemi (proprio come mettiamo in evidenza alcuni insiemie.li chiamiamo unità quando formiamo la nostra rappresen· ....tazione della città). Diciamo, ad esempio, che scegliamo iseguenti sottoinsiemi: (123), (34), (45), (234), (345),(12345), (3456).Quali sono le possibili relazioni fra ,questi insiemi? Alcuniinsiemi saranno parte di insiemi pitI ampi, come (34) è 199

Page 201: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

200

parte di (345) o di (3456). Alcuni insiemi si sovrapporran­no, come (123) e (234). Alcuni insiemi saranno disgiunti ­cioè, non conterranno elementi comuni, come (123) e (45).

PçJssiamo esporre queste relazioni in due modi. Nel dia­gramma A ogni insieme scelto come unità è racchiuso da

un cont~rno. Nel diagramma B gli insiemi scelti s~no siste­mati' nell'ordine della grandezza crescente, cosi che dovun~

que un insieme ne contenga un altro - come (345) contiene(34) - vi è un segno verticale ché unisce uno all'altro. Peramore' di chiarezza e per eçonomia visiva, si segnano solole linee che congiungono insiemi non collegati ad altri in­siemi. Cosi, se si segna la linea fra (34) e (345), e la lineafra (345) e (3456), è inutile segnare una linea fra (34) e(3456).Osservarrdo le due diverse rappresentazioni, si può notarecome. basti la scelta dei sottoinsiemi a conferire alla lororaccolta, considerata come un tutt'o, una struttura eompren:siva. Questa è la struttura di cui stiamo trattando. Quandola struttura. soddisfa certe condizioni può essere considerataun semi-lattice, quando ne soddisfa altre piu restrittive, puòessere considerata un albero.L'assioma del semi-lattice è il seguente:U.n'a raccolta di insiemi forma un «semi-lattice >:. se, e soltan-­to se, sovrapponendosi due insiemi che apparte1'[gono allaraccolta) Finsieme di elementi comuni ad entrambl appartie­nr? pure alla raccolta.La struttura illustrata nei diagrammi A e B è un semi-la,tticeEssasoddisfa l'assioma poiché, appartenendo (234) e (345)entrambi alla raccolta,' la loro pàrte comune (34) vi appar­tiene pure. (Riferito alla città, l'·assioma significa che dovun­que due unità interferiscono sovrapponendosi parzialmenteanche l'area di questa sovrapposizione è una entità ricono­scibile e come tale rappresenta perciò essa stessa una unità.Nel caso dell'esempio della farmacia: una unità consiste didistributore automatico di -giornali, marciapiede e semaforo;un'altra unità consiste della farmacia, del suo ingresso e deldistributore. Le due unità si sovrappongono in corrispon­denza del distributore. È chiaro che l'area di sovrapposizio­ne è essa stessa una unità riconoscibile, e cosi soddisfa l'as-

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sioma che definisce le caratteristiche di un semi::lattice.)L'assioma dell'albero stabilisce invece:Una raccolta di insiemi torma un albero se e soltanto se,considerati due insiemi che appartengono alla raccolta, unodei d'ue è del tutto contenuto nell'altro, oppure ne è deltutto separato.La struttura illustrata nel diagramma C e D è un albero.Poiché l'assioma dell'albero esclude la possibilità che gliinsiemi si sovrappongano, esso non può in alcun modo im­plicare violazioni dell'assioma del semi-lattice; per cui si puòdire che ogni albero è al limite un semi-lattice grossolana­mente semplice.In questo scritto, però, non interessa tanto il fatto che unalbero possa essere al limite un semi-lattice, ma piuttostostabilire la differenza che pasSa tra gli alberi e quei piti ge- .nerali esempi di semi-lattice che non sono ,alberi poiché con­t:::ngono unità che si sovrappongono. Ci ·interessa la differen­za fra quelle strutture che non presentano sovrapposizioni,e quelle strutture che invece le presentano.Il fatto che rende importante la distinzione fra le due strut·tute non è però solo presenza di sovrapposizioni. Ancorapiu*'importante è il fatto che il semi-lattice è potenzialmente'una struttura piu complessa e sottile dell'albero. E questorisulta chiaro dalla seguente osservazione: un albero costi­tuito di 20 elementi può contenere al massimo 19 sottoin­siemi oltre i 20 costituiti da ogni elemento isolato, mentreun semi-lattice costituito dagli stessi 20 elementi può conte­nere piu di 1 000 000 di sottoinsiemi diversi.Questa molteplicità, enormemente piu grande, è indicativ<ldella grande complessità strutturale che un semi-lattice puòavere a confronto con la semplicità strutturale di un albero.Ed è proprio la mancanza di complessità strutturale, caratte­ristica degli alberi, che informa le nostre concezioni della ....città. Per verificare questa affermazione, porrò alcuni esem-pi di moderne concezioni della città, e dirnC?strerò come essedi fatto siano alberi, Prima di esaminare i diversi progetti,però, forse può essere utile tenere a mente questa brevissi­ma filastrocca: 201

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Grandi pulci hanno piccole pulciche mordono loro la schienapiec.ale pulci hanno pulci piti piccole,e cosi all'infinito.In ciò è espresso con precisione e brevità il principio strut­turale dell'albero.Columbia, Maryland; opera della Cominunity Research and

unità di vicinato"'A"'Asingole abitazioni

Developrnent Ioe.: unità di vicinato aggregate a grappoli dicinque, formano « villaggi ». Il sistema di comunicazioni col­lega i villaggi in una new town. L'organizzazione è un albero.Greenbelt, Maryland, progetto Clarencestein: questa città

Greenbe1t

. superbloccogruP~~ ~

diC~AÀÀÀcase

giardino è stata suddivisa in superblocchi. Ogni superbloc­co contiene scuole, parchi, e un certo numero di gruppi dicase costruite attorno a parcheggi. L'organizzazione è unalbero.

Page 204: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

Piano della Grande Londra (1943), progerto Abercrombie

Kensington

Londra

Lambeth

e. Forshaw. Il disegno descrive la struttura concepita daAbercrombie per Londra. È costituita da un gran numerodi comunità, ognuna separata da tutte le comunità adiacenti.Abercrombie scrive: «l'obiettivo è quello di sottolinearel'identità delle singole comunità esistenti, aumentando illoro grado di separazione, e dove è necessario, riorganizzan­dole come entità separate e autonome ». E ancora, «le comu­nità comprendono una serie di sottounità, che corrispondo­no ~d altrettante unità di vicinato dotate di proprie scuolee propri negozi». La città è concepita come un albero a duelivelli. Le comunità costituiscono le unità piu ampie dellastruttura, mentre i vicinati costituiscono le sottounità piupiccole. Non si verificano sovrapposizioni tra le unità. Lastruttura è un albero.Piano di Tokyo, progetto Kenzo Tange: questo è un bel-

nuova Tokyo

anelli medianelli minori

quartieri resid. stazione porto uffici pubblicie privati

quartieri resid.

Pesempiol Il piano consiste di una serie di anelli protesinella baia di Tokyo. Vi sono quattro anelli maggiori, ognll- 203

Page 205: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

no dei quali contiene tre anelli medi. Nel secondo anellomaggiore un anello medio comprende la stazione ferrovia­ria e un altro il poì:to~ Negli altri casi, ogni anello mediocontiene tre anelli minori che comprendono i quartieri resi­denziali, con l'eccezione del terzo anello maggiore dove unanello minore contiene gli uffici del governo e un altro gliuffici industriali.Mesa City, progetto Paolo Soleri: le forme organiche di

piccole unità residehziali

Mesa city

~centro universitario

~

~villaggi

~AA\~

settore residenzialeUniversità

204

Mesa City ci danno subito l'impressione di trovarci di fron­te a una struttura piti ricca di quelle degli esempi prece­denti. Ma se le o~serviamo nei particolari vi riscontriamoesattamente lo stesso principio di organizzazione. Consideria­mo, per esempio, il centro universitario. Il centro è divisoin due parti di cui una è l'univ~rsità e l'altra la zona resi­denziale, quest'ultima è suddivisa in un numero di vil1~ggi·

(risolti con edifici a torre) per 4 000 abitanti; ciascuno diquesti è suddiviso ulteriormente e circondato da gruppi diunità residenziali ancora piu piccole.

Page 206: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

Chandigarh (1951), progetto Le Corbusier: la città è ser-

centro di Chandigarh

20 singoli centri di settore

vita da un nucleo commerciale situato proprio nel suocentto, e legato al nucleo amministrativo posto all'altro ...estremo. Due altri nuclei commerciali sussidiari sono dislo­cati lungo le maggiori arterie stradali che ,corrono da norda sud. Questi, a loro volta, sono collegati agli altri nucleiamministrativi, comunitari e commerciali, che sono distri­buiti in ciascuno dei venti settori della città. 205

Page 207: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

asse centrale di Brasilia

~l° arteria principale Ilo arteria principale

/\ Àarterie sussidiarie

singole strade di quartiere

06

BrasiJja, progetto Lucio Costa: la forma mota attorno al­l'asse centrale e ognuna delle due metà è ·servita da unaarteria principale. Da queste arterie principali derivano- leaiterie sussidiarie parallele, le quali a loro volta si diramanonelle strade che circondano i quartieri. La struttura è unalbero.

Page 208: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

Communitas, progetto Percival e Paul Goodman: Commu­nitas è esplicitamente organizzata come un albero. È di­visa in quattro zone concentriche principali: la piu internaè un centro commerciale, la successiva una università, laterza è destinata alla residenza e agli ospedali, la quarta èaperta campagna. ....Ogni zona è a sua volta u~teriormente suddivisa. Il centrocommerciale è contenuto in un grande grattacielo cilindrico,formato di 5 strati: aeroporto, amministrazione, piccolaindustria, negozi e divertimenti, e - nella parte inferiore ­ferrovie, autobus e servizi meccanici. L'università è divisa 207

Page 209: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

agricoltura

riserve

cliniche

storiazoo'

aeroporto

trasporti pubblici

luoghi di villeggiatura

piccola iodusto;·a;-::::::::::li!

negozi e divertimenti

arti

in 8 settori comprendenti: storia natural~J zoo ed acquari,planetario, scienza, laboratori, arti plastiche, musica e artedrammatica, La terza zona è suddivisa in otto unità di vi­cinato per 4 000 abitanti ciascuna; esse non sono costitui-

§3

~~~~ii"'

208

Page 210: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

te da case individuali, ma da blocchi di appartamenti, ulte- .dormente suddivisi in unità residenziali individuali. Laquarta zona destinata all'aperta campagna è suddivisa intre segmen~i: riserve di verde, agricoltura, e luoghi di va­canza. L'organizzazione totale è un albero.Prendiamo ora in esame per ultimo l'esempio.,che consideroil piti evidente fra tutti in quanto denuncia involontarr.a-

mente il proprio stesso vizio (e il problema dell'albero ingenere) r,icorrendo ad una simbologia sorprendentementecalzante. Esso comp<l.re nel libro di Hilbersheimer intitolato 209

Page 211: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

210

La natura delle città. Descrive il fatto che certe città ro~

mane seno state originate da accampamenti militari, e poimostra la fotografia di un moderno accampamento militareper riproporlo come forma archetipa della città. Non è pos­sibile trovare una struttura piti chiaramente dendromorfa.Il simbolo calza appunto a perfezione perché l'organizza­zione militare è studiata deliberatamente e appositamente alfine di creare disciplina e rigidità.E in ogni organi?zazione urbana concepita in forma di albe~ ,ro, è proprio questo che accade alla città e alla sua gente.La foto in basso illustra lo schema di Hilbetsheimer perl'area commerciale di una città, ed è esattamentè uno schemaderivato dal modello atchetipo dell'accampamento militare.Le strutture che abbiamo esaminato sono dunque alberi.Ogni singola unità in ciascun albero sopra descritto è ilresiduo'"fisso, ncn mutevole, di qualche sistema della città(nel senso in cui una casa è il residuo delle interazioni frai membri di una famiglia, le loro emozioni, tutto ciò chea loro appartiene; oppure nel senso in cui una autostrada èil residuo del movimento e dello scambio commerciale),Tuttavia, in ogni città, vi sono migliaia, e anche milioni, disistemi in atto, i cui residui fisici non compaiono come unitànelle strutture ad albero. Nei casi peggiori, le unità checompaiono addirittura non corrispondono ad alcuna realtàvivente, e i sistemi reali, che costituiscono la vera vita delìacittà, non sono stati forniti di ricettacoli fisici che possanocontenerli,Né il piano di- Columbia, né quello di Stein, ad esempio,corrispondono a realtà sociologiche. Il loro ordinamento fisi~

co e il loro sist~ma organizzativo corrispondono a- una gerar­chia di gruppi sociali chiusi, sempre piu rigidi, che dallacittà intera si estendono fino alla famIglia, con legami asso­ciativi di forza diversa.Se in un contesto societario d~ tipo arcaico o comunquetradizionale chiedessimo a un 'individuo qualsiasi di nomi­nare i suoi migliori amici e chiedessimo pui 9. ogn1lOo diquesti di nominare a sua volta i s110i migliori amici, tuttisi nominerebbero a vicenda e il gruppo infine risulterebbechiu~o. Sotto il profilo sociologico, un villaggio è costituito

Page 212: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

da un certo numero di gruppi separati chiusi, appunto, diquesto tipo.Ma la struttura sociale di oggi è del rutto diversa. Se chie­diamo ad un uomo di nominare i suoi amici e poi chiedia­mo ad ognuno di questi di nominare i suoi. tutti nomine­rebbero persone diverse e molto probabilmente sconosciuteal primo individuo interpellato; queste persone a loro voltane nomineranno altre ancora e cOSI via.Praticamente. nella maclerna società industriale non esisto­no gruppi chiusi di persone. La realtà della struttura socia­le contemporanea è densa di sovrapposizioni - i sistemi diamici e conoscenze formano un semi-lattice, non un albero(come nella seconda fra le due figure qui sotto).

società di .tipe tradizionale

gruppo /".chiusodi amici

singoli individui

società moderna

singoli individui

Nella città naturale, perfino la casa disposta lungo una stra- 211

Page 213: Notes sulla sintesi della forma - Christopher Alexander

212·

da (che non appartiene a un piccolo raggruppamento) è unimplicito riconoscimento del fatto che le persone con cuisussiste un rapporto diretto (come gli amici) non vivono nel­la porta accanto, ma lontano, e possono essere raggiuntisolo con l'autobus o l'autoQ:lobile. In questo senso Manhal­tao ha piti sovrapposizioni di Greenhelt. E sebbene si possasempre obiettare che il problema Don è fondamentale, po­sto anche che a Greenbelt, gli amici si trovano, dopotutto,a pochi minuti di automobile, non è illecito comunque do­mandarsi: dal momento, proprio, che si è voluto porre l'ac­cento su certi gruppi facendo loro corrispondere, addirit­tura, specifiche! distinte unità della struttura fisica, perchémai proprio i loro rapporti interni dovrebbero venIr consI­derati, poi, cosI scarsamente rilevanti?V'è un ..altro aspetto della struttura sociale e urbana cheDon può venire espresso in modo soddisfacente da uno sche­ma dendromorfo. Per comprendere di che si traiti, consi­deriamo, ad esempio, il piano di nuovo sviluppo disegnatoda Ruth Glass per Middlesborough (ab. 200 000). Questoprogetto ha proposto una minuta suddivisione della cittàin 29 unità di vicinato. Dopo aver distinto e delimitato isuoi 29 quartieri in base alle piu evidenti differenziazioniper tipologia architettonica ed edilizia, reddito medio perabitante, e specie di occupazione prevalente, Ruth Glass siè poi chiesta se, esaminando uno qualsiasi dei sistemi chesi presentano nella situazione sociologica dej singoli vicinati)sia possibile poi affermare che le unità fisiche definite daivari sistemi determinino a loro volta, in tutti i casi, la me­desima situazione spaziale. La sua stessa risposta è statanegativa.Cias.cuno dei sistemi da lei esaminati ha un carattere noda­le. È costituito, in altri termini, da una sorta di nodo cenotrale che deve poi integrarsi con la gent<r che vi aflluisc~ ene fa uso. In special modo, Ruth Glass ha inserito nel nodocentrale: scuole elementari, scuole medie, circoli giovanili,circoli per adulti, uflici postali, erbivendoli e droghieri. Cia­scuno di questi centri attira i suoi utenti da una certa areao unità spaziale che a sua volta è il residuo fisico del siste­ma sociale come totalità, ed è ·perciò una unità proprio nei

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termini che abbiamo attribuito a questo concetto. Le unitàcorrispondenti a diversi tipi di centri per un singolo circon­dario (Waterloo Road, nella specie) sono visibili nella figura.

o

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v:-; c>­\..

La linea piu marcata delimita il confine del vicinato. Il ten­dina grigio indica il circolo giovanile e i piccoli anelli a...linea continua segnano gli spazi in cui abitano i suoi mem-bri. Il' tondiA-:'b grigio circoscritto da un cerchio rappresent<:l.il club degli adulti, mentre le case dei suoi membri formanole sagome delimitate da confini tratteggiati a segmenti. Ilquadrato bianco è l'ufficio postale e la linea punteggiata se­gna l'area che contiene i suoi utenti. La scuola media è in­dicata dal tondino grigio circolare che contiene un, triangolobianco. Integrata con i, suoi alunni, viene a costituire ilsistema delimitato dalla linea di demarcazione mista (in cui.si alternano punti e segmenti), Come può vedersi immedia­tamente, le diverse unità non coincidono, senza peraltroche possano neppure dirsi tra loro separate. ~ piu esatto ...dire che esse si sovrappongono almeno in parte, ovvero in­terferiscono.Ovviamente non siamo qui in grado di fornire un quadroche veramente rispecchi la realtà di Middlesborough e nep­pure possiamo configurarci l'aspetto concreto che la città do- 213

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vrebbe assumere frazionata in 29 grandi ceppi (conveniente~

mente integrali) denominati unità di vicinato. Se descrivia­mo teoricamente una città in termini di unità di vicinato,assumiamo implicitamente che gli elementi minori all'inter­no di ciascuno di essi si appartengono reciprocamente, inmodo cosi stretto, che possono interagire con elementi esi­stenti in altri vicinati solo attraverso il medium delle unitàdi vicinato di cui essi stessi fanno parte. È la stessa RuthGlass a riconoscere esplicitamente che non è questo il caso(il che, però, contraddice allora il suo schema teorico).

quartierecircondario diWaterloo road

altro quartiereadiacente

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Le figg. a pago 214 rappresentano il circondario di Waterloo.Con valore meramente esemplificativo, l'ho scisso in un cer­to numero di aree minori. La figura sopra mostra comequesti pezzi si connettano reciprocamente nella realtà e lafigura sotto come invece il piano di nuovo sviluppo preten­derebbe che aderissero.Nulla nella natura dei vari centri suggerisce l'idea che leloro aree d'interferenza debbano equivalersi. Le loro naturesono diverse, quindi diverse sono a loro volta le unità cheessi definiscono. La città naturale di Middlesborough erafedele alla sU,a originaria struttura «a semi-lattice ». Ma nellaconcezione, puramente artificiale, della città come <~ albero»,le sovrapposizioni naturali e necessarie vengono dissolte.La stessa cosa accade nell'ambito, minore, di alcuni aspettidella vita urbana. Si consideri, ad esempio, la separazionefra pedoni e veicoli a motore: un concetto tipicamente den·dromorfo proposto· da Le Corbusier, Louis Kahn e molti~ltri. Ad un livello abbastanza superficiale di ragionamento,si tratta ovviamente di un sano principio. È pericoloso infat­ti che automobili capaci di superare i 100 km all'ora entri­no in possibile contatto con bambini piccoli ai loro primipas~i. A ben guardare, però, l'idea non sempre è soddisfa­cente. Vi sono casi 1 addirittura, in cui la' specifica situazioneecologica richiede una soluzione esattamente opposta. Imma­ginatevi mentre uscite da un negozio della Fifth Avenue;avete fatto acquisti tutto il pomeriggio e le vostre bracciasono colme di pacchetti; avete voglia di un drink; vostramoglie comincia a zoppicare ... Vivaddio, niente è preferibilea un buon taxi in simili circostanze!Ma l'autopubblica in servizio urbano adempie alla sua fun­zione solo nella misura in cui pedoni e: veicoli non sianostrettamente segregati. Il taxi vagante ha bisogno di unacorrente di traffico abbastanza veloce, che gli consenta dipercorrere una zona vasta almeno. quanto è necess~rio per ....trovare qualche passeggero. Ogni pedone a sua volta deveessere in grado di chiamarlo da qualsiasi punto dell'area alui riservata; e deve essere altresi in grado di scendere inqualsiasi punto della sua sfera «di competenza» egli. desi·deri. Il sistema specifico contenente il servizio di aùtopub- 215

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bliche deve poter interferire sia con 11 sistema veicolare ve­loce che con quello' di circolazione pedonale. In Manhattan,pedoni e veicoli si spartiscono appunto determinate partidella città e quindi la necessaria interferenza è garantita.

solo auto private taxi parcheggi circolazione pedonale

216

Un altro pnnClplO caro ad esempio ai teorici dei CIAM èla segregazione dell'attività ricreativa da ogni altro generedi attività: principio che nella nostra civiltà si è concretatonei playgrounds o campi per i giochi. Questi, asfaltati e re­cintati, altro non sono che una esplicita, visibile ammissionedel fatto che il concetto «gioco» sopravvive nei nostri sche­mi mentali come elemento del tutto isolato: il che ha poiben poco a che vedere con quella che è la realtà del giocostesso, dato che tutto sommato sono pochi i bambini degnidi questo nome che si adattino a giocare reclusi in un cam w

po da gioco.Il gioco in sé, quello che i bambini praticano effettivamen­te, tende ad emigrare di continuo, a spostarsi ogni giornoin qualche luogo diverso. Un giorno si svolgerà all'internodelle pareti domestiche, un altro giorno in una stazione diservizio gestita da persone amiche, e poi continuerà, ungiorno in un edificio in rovina o abbandonato, il giorno doposulla riva di. un fiume e il giorno dopo ancora, .magari nelterreno circostante una casa che è momentaneamente disa­bitata, supponiamo, per il week-end.Ogni attività di gioco, inclusi gli oggetti che ç:ssa richiede,

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I1

forma un sistema. E non è vero che questi sistemi sussista­no isolatamente, tagliati fuori dagli altri sistemi della vitaurbana. Essi si sovrappongono reciprocamente e al tempostesso interferiscono con molti altri sistemi collaterali. Leunità fisiche riconosciute come luoghi per il gioco devonoadeguarsi a questa realtà. In una città naturale, è questoinfatti che accade. Il gioco si svolge in mille luoghi, s'infil­tra negli interstizi del mondo degli adulti. Quando giocano,i bambini diventano per cosi dire padroni dei quartieri incui vivono. Come può avvenire questo se un bambino è re­cluso in uno spazio cintato? In una struttura «a semi-lat­tice» l'attività di gioco gode di possibilità che in una strut­tura «ad albero» le sono precluse.

Un errore sostanzialmente siJ11ile si riscontra in concezionidendromorfe di centri studenteschi come la Comunità Good­man o la Mesa City di Soleri, che tengono rigorosamente se­parata l'università dal resto della città. Di particolare inte­resse in questo senso è il comune, e discusso, campus al­l'americana.Non si vede per qual motivo sia necessario tracciare unadelimitazione che scinda la città facendo SI che ogni cosa(e soltanto essa) esistente entro i confini, sia «università ».Astrattamente, ciò può anche soddisfare un'esigenza di chia­rezza. Ma corrisponde poi alla realtà della vita universita­ria? Certo non è tale la struttura che si riscontra invece incittà universitarie non artificialmente pianificate.Si prenda ad esempio una vecchia università inglese. Incerti punti, la Trinity Street di Cambridge è fisicamentequasi indistinguibile dal corpo del Trinity College. Un pas­saggio pedonale che la attraversa può dirsi faccia letteral­mente parte del famoso college e gli edifici sulla strada,occupati al piano-terra da negozi, bar e agenzie. di banca,contengono però alloggi per gli studenti ai piani superiori. ""In molti casi, gli edifici sulla strada vengono a fondersi conle vecchie costruzioni del college cosicché gli uni non pos~

sono venir alterati senza che ne risulti un'alterazione nellealtre, e viceversa. E sussisteranno sempre «sistemi» di atti­vità dove la vita universitària e quella della città si sovrap~ 217

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:18

pongono: discutere al bar, prendere il caffé, andare al ci­nema, camminare per spostarsi da un luogo ad un altro,o anche soltanto per passeggiare. In qualche caso, intere fa­coltà possono venir attivamente coinvolte nella vita degliabitanti della città (l'ospedale a padiglioni della clinica .uni­versitaria è un c1assic<? esempio). A Cambridge, antico cen­tro «naturale» in cui università e città sono cresciute insie­me gradualmente, le unità fisiche interferisconp reciproca­mente in quanto sono residui fisici dei sistemi della cittàe di quelli dell'università, sovrappostisi ormai da lunghissi­mo tempo.

Cambridge

college abitazioni clinica bar caffèmedicauniversitaria

Sarebbe o~a forse il caso di passare a considerare con atten­zione certi specifici nuclei urbani realizzati, con criterio ge­rarchico" e specialistico, all'inte-rno di Brasilia e di Chandi­garh o concepiti, ad esempio, nel piano MARS per Londra:Ma il caso piti recente credo sia quello del Manhattan Lin­coln Center, dove diverse funzioni artistico-ricreative desti­nate a servire la popolazione della «Grànde New York»so;;a state raggruppate per formare un solo nucleo.

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Siamo certi che una sala da concerto richieda di essere co.l­locata accanto ad un teatro d'opera? Forse che le due atti­vità sono soggette ad alimentarsi reciprocamente? Vi sarà'forse chi assiste ad entrambe le esibizioni, ghiottamente, nelgiro di una sola serata, o chi si affretta ad acquistare i bi­glietti di uno spettacolo teatrale prima di entrare nella saladei concerti o appena uscitone?A Vienna, a Londra, a Parigi, ciascuna delle arti scenicheha trovato la sua autonoma collocazione; e si è creata, percosi dire, la sua propria, famigliare sezione di città. Nellastessa Manhattm, la Camegie Hall e la Metropolitan OperaHouse non erano state affatto costruite fianco a fianco. Cia­s~una aveva trovato il suo ambito vitale e creato intorno asé la .p~opria atmosfera. Le loro ~nf1uenze, piu che associarsifra loro, si sono invece sovrapposte a quelle singole porzionidi città e di vita cittadina ché ciascuna di esse ha influenzatocon efficacia, in certo modo, unitaria.L'unica ragione che ha fat.to confluire tutte ques~e funzioniin Lincoln Center è che il concetto astratto di rappresenta­zione artistica le lega una all'altra.Ma questa sostanziale struttura ad albero e l'idea di unagerarchia di nuclei urbani specifici (che le è genitrice) nonchiarisce; reali rapporti fra arte e vita cittadina. All'originedell'equivoco sta senza dubbio quello stesso, astratto pre­concetto, diffusissimo nel senso comune, che in mi"sura piusemplice e ridotta spinge sempre a porre diverse cose, lega­te da una comune denominazione, tutte entro uno' stessorecipiente.L~ totale separazione del lavoro dalla residenza, iniziata daTony Garnier con la sua città industriale e poi incorporatanella Carta di Atene del 1929, è oggi riscontrabile in ognicittà artificialmente pianificata e risulta adottata in genereovunque si tenga ad attuare una rigida demarcazione dellezone. Ma anche questo principio, originariamente tutt'altro ...che immotivato, appare oggi discutibile. Sono ben note leorrende condizioni di vita che all'inizio del secolo spinseroi pianificatori a cercare di collocare le fabbriche fuori dellezone residenziali. E tuttavia è innegabile che la separazioneoblitera una quantità di sistemi che richiedono, per soste- 219

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nersi, parti, anche piccole, di entrambi i termini fra lorosegregati.Si consideri la storia delle cosiddette industrie «in cortile »,

di Brooklyn. Jane Jacobs ha esaurientemente descritto comeque~te officine, dapprima semi~artigianali, abbiano potuto edovuto crescere proprio nei cortili delle case. Chiunque vo­glia dar vita ad una piccola attività in economia ha bisognodi un po' di spazio e ha bisogno inoltre di stabilire rapporticon altre imp~ese e, inizialmente, rapporti diretti con laclientela. Il sistema dell'industria in cortile deve necessaria­mente ~ppartenere tanto alla zona residenziale quanto aquella industriale: zone che in tal caso devono sovrapporsi,come, appunto, avvenne a Brooklyn (figura sotto). In una

zona industriale

solo grandi stabilimenti industria in cortile giardini

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città ordinata ad albero questo non potr~bbe accadere.Passiamo infine ad esaminare la suddivisione della città incomunità isolate. Come abbiamo visto nel piano Abercrom­bie per Londra, anche questa è un tipo di struttuta «ad al­bero ». Ma le singole comunità non hanno realtà come unitàfunzionali. A Londra, come del resto in ognì grande città,quasi nessuno riesce a trovare un lavoro convenientementevicino a casa sua. La gente di .una comunità lavora quasisempre in aziende industriali che sono situate nell'ambito dialtre comunità.Esistono infiniti possibili sistemi «lavoratore-posto di lavo­ro» (ciàscuno dei quali consiste ad esempio di un operaiopiu la fabbrica in cui lavora) che non rispettano affatto i

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confini definiti dall'albero di Abercrombie. L'esistenza diqueste unità e il loro naturale interferire e sovrapporsi indi­ca che i sistemi viventi di Londra formano un vero e pro­prio semi-lattice. Soltanto nella mente del pianificatore sisono trasformati in una struttura ad albero.Aver mancato di dare a ciò qualsiasi fisica espressione hacomportato fatali conseguenze. Cosi come stanno le cose,ogni volta che il lavoratore e il suo posto di lavoro appar­tengono territorialmente a distinte amministrazioni locali, lacomunità che' contiene il posto di lavoro ha enormi entratefiscali, cui fanno riscontro spese in proporzione assai lievi,mentre la comunità in' cui vive il lavoratore, se è di tiposoprattutto residenziale, raccoglie poco quanto a tasse e im­poste, nonostante abbia grandi spese addizionali a propriocarico in forma di scuole, ospedali, eccetera. Evidentemente,per risolvere questa sperequazione, i sistemi «lavoratore­posto di lavoro ~> devono concretarsi in unità fisicamentericonoscibili e quindi assoggettabili ad un adeguato grava­

me fiscale.Si potrebbe bbiettare che, sebbene le comunità singole eseparate di una grande città non abbiano autentica rilevanzafunzionale nella vita dei loro abitanti, esse però sono anco­ra le unità piu convenienti sotto il profilo amministrativoe debbono pertanto essere lasciate nella loro attuale orga-nizzazione dendromorfa. .Ma anche il valore di una simile obiezione risulta assai dub­bio non appena si ponga mente a quale è la complessità po­litica di una città moderna.Edward .Banfield, in un recente libro intitolato Political In­fiuence, fornisce un resoconto dettagliato di quali schemid'influenza e di controllo operino effettivamente in Chicago.Egli mostra come, sebbene le linee di controllo ammini­strativo ed esecutivo abbiano una struttura in forma den­droide, queste catene formali e ufficiali d'influenza sono con­tinuamente intersecate e oscurate da linee ad hoc di con­trollo che insorgono naturalmente ogni volta che si presentiun nuovo problema relativo alla città. Queste linee ad hocvariano e dipendono in buona misura dalle persone o dai 221

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gruppi concretamente interessati nella materia, dall'entitàdella posta in gioco, e cOSI via.Questa seconda struttura, che è informale, operando neltessuto della prima, diviene il fattore reale di controllo su­gli atti della pubblica amministrazione. Subisce, inoltre, va­riazioni continue, di settimana in settimana, perfino di orain ora, appena un problema intervenga a rimpiazzarne unahro. Nessuna sfera d'influenza personale è interamentesotto il controllo di un qualunque organo burocratico supe­riore; ciascun individuo soggiace a d.iverse influenze nellamisura in cui i problemi cambiano. Benché la pianta dell'or·ganizzazione nell'ufficio del sindaco sia in forma di albero,l'effettivo controllo e l'esercizio dell'autorità somiglia a unsemi-lattice.L'albero, sebbene sia tanto nitido e bello come espedienrerazionale e sebbene offra un cOSI semplice e chiaro criterioper suddividere un'entità complessa in varie unità, non for­nisce in pratica una corretta descrizione dell'assetto natura­le che si riscontra nelle città e non rispecchia 'la strutturaurbana nel modo che ci è piu utile.

Perché dunque tanti progettisti hanno concepito le cittàcome alberi quando invece la loro naturale struttura è inogni caso un semi-lattice? Hanno cOSI deciso di coscienteproposito, nella convinzione che una struttura den4romorfapossa meglio servire la popolazione di una città? Oppurel'hanno fatto perché non hanno potuto evitarlo in quantovittime di un certo abito mentale, 'e forse costretti addi­rittura, da categorie ancora ignote che determinano il pro­cesso delle operazioni mentali? In altri termini, cioè, la loroimpotenza a cogliere la complessità di un semi-lattice nonderiva forse dal fatto che la mente stessa ha una inconte­nibile predisposizione a vedere alberi dovunque e uon puòquindi evitare di concepire ogni possibile organizzazione inquella forma particolare?Cercherò di chiarire come sia per questo secondo ordine diragioni che le forme dendroidi sono state proposte ed adot­tate tanto largamente: come, cioè, i progettisti, general­mente condizionati dai normali limiti della mente a formare

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intultlVamente soltanto strutture semplici ed accessibili,non possano cogliere tutta la complessità del semi-latticein un singolo processo mentale.Comincerà con un esempio. Supponiamo che vi chieda diricordare i seguenti quattro oggetti: un'arancia, un'anguria,una palla da tennis e un pallone ovale (da rugby, o dalootball americano)" In quale modo tenderete a" conservarlidavanti all'occhio della vostra mente? Comunque lo faccia­te, lo farete raggruppandoli. Qualcuno di voi accosterà idue frutti, l'arancia e l'anguria, e le due palle, quella darugby e quella da tennis. Altri invece, che tendono piuttostoa pensare in termini di immagine fisica, potranno eventual­mente raggrupparli in modo diverso, associando fra loro ledue sfere piti piccole (l'arancia e la palla da tennis) e con­trapponendole ai due oggetti piti grandi, di forma ovoidale:l'anguria e il pallone da rugby. Pochissimi sapranno imma­ginare entrambi i criteri di associazione e di opposizione.

Ciascuno dei due criteri, considerato separatamente, altronon è che una struttura dendromoifa. La loro unione si tra­durrà invece in un semi-lattice (pag. seg.). Cerchiamo ora di 223

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visualizzare questi raggruppamenti nell'occhio della mente.Praticamente nessuno riuscirà ad ottenere una visione simul­tanea delle quattro componenti, dato che quest'ultime tende­ranno ad intersecarsi e a sovrapporsi. Potremo vedere prima

arancia anguria

+

palla da tennis pallone da rugby

grande, ovale

arancia anguria palla da tennis pallone da rugby

--

arancia anguria pallada tennis

palloneda rugby

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una coppia, poi l'altra, e potremo giungere ad alternarle contale frequenza da ottenere l'illusione di averle percepite visi­vamente tutte insieme. Ma in realtà ciò non è possibile inun solo atto della mente. Un unico atto della mente nonpuò darci l'idea della struttura a semi-lattice in una formapercepibile visivamente. Può lasciarci vedere soltanto unaforma dendroide.Ecco dunque quale problema si pone a noi progettisti. An·che se jn generale non ci preoccupiamo troppo del problemadel!a totale visualizzazione i.o un singolo atto mentale, ilprindpio è ancora lo stesso. L~albero è accessibile mental·mente e agevole da trattare. Il semi-lattice invece è arduoda mettere a fuoco con l'occhio della mente e quindi è discomodo impiego.Oggi sappiamo che l'associazione e la categorizzazionè rien­trano fra 'i primi e piu priniirivi processi psicologici. Lapsicologia moderna considera il pensiero un processo atto afar coincidere nuove situazioni con sezioni e caselle mentaligià esistenti nella mente. Come nell'ordine fisico oggettivonon è possibile inserire in una casella piu di un oggettosolido alla volta, cOSI - per analogia - i processi del pen­siero non sono in grado di inserire piu costrutti mentali inuna sola volta entro un ordine categoriale delimitato. Lostudio dell'origine di questi processi suggerisce il sussisteredi un loro essenziale limite nello spontaneo bisogno, che halo stesso organisQ1o, di ridurre la complessi tà dei suoi rap­porti con l'ambiente, stabilendo barriere fra i differentieventi cui va incomro.È per questa ragione - perché, cioè, la prima funzione del­la mente è di ridurre la possibile confusione derivante daogni tipo d'interferenza, d'intersezione o di sovrapposizione,e perché a questo fine essa è dotata di una fondamentaleint~Ueranza per l'ambiguo - che strutture come la città, chepure richiedono insiemi fra loro interferenti, continuano avenir nondimen~ concepite come semplici alberi.La stessa rigidità accompagna perfino la percezione di sche­mi fisici. In esperimenti compiuti da Huggins e da me adHarvard, a1c~.me çonfigurazioni costituite di unità interneparzialmente sovrapponentisi vennero mostrate al pubblico 225

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che, da quanto risultò, fini quasi sempre con l'escogitarequalche sistema per concepire la configurazione come un al­bero: e questo anche nei casi in cui la visione a semi-latticedegli schemi sarebbe tornata molto utile nell'adempiere agliobiettivi sperimentali.Le piu sorprendenti dimostrazioni del fatto che la gente ten­de a concepire come alberi anche gli schemi già tradotti intermini -fisici visibili sono riscontrabili in alcuni esperimentidi Sir Frederick Bardett. Ecco il piti significativo: egli esibiuna configurazione ad un gruppo di persone per circa Y4 disecondo e poi chiese a tlltti di disegnare ciò che avevanovisto. I piti, incapaci di afferrare la piena complessità dellaconfigurazione, la riproposero semplificata, praticamente pri­va di interferenze. La fig. a lato, sotto la configurazione ori­ginale, ..presenta due tipici esempi di versione ricostruita. Ine~trambi, i cerchi sono stati separati dal resto. È scomparsaogni, sovrapposizione fra triangoli e cerchi.Questi esperimenti dimostrano come l'uomo, di fronte aqualsiasi forma dotata di una certa' complessità, riveli un'in­tima tendenza a riorganizzar1a in modo piti semplice, elimi­nando intersezioni o sovrapposizioni. Ed ecco che il semi­lattice viene cosi semplificato nella, piti semplice, forma del­l'albero.Vi starete senza dubbio domandando quale configurazionepossa allora essere data ad uno schema di città non pitialb.eriforme. A questo punto debbo confessare che non sonoancora in grado di esibire disegni veridicamente illustrativi.Non basta dimostrare l'esistenza di sovrapposizioni o inter­ferenze: deve trattarsi di quelle giuste. Tale preoccupazioneè doppiamente importante proprio perché, una volta accer­tata l'esistenza della struttura 'a semi-lattice, è facile poisoggiacere alla tentazione di tracciare piani in cui l'interfe­renza, comunque articolata, appare -di per sé determinante.È in sostanza quarito accade i~ certi piani urbani redatti inquesti ultimi anni per città ad alta densità demografica. La,sola sovrapposizione, ripetiamo, non è sufficiente a dar r~­

gione della reale struttura. Può, anzi, significare il caos poi­ché, per questo, anche il contenuto di U1l secchia d'immon­dizia è fitto di intersezioni e di sovrapposizioni. La strut-

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tuta urbana è data dunque soltanto dalla esatta intersezionedei limiti che, a sua volta, quasi mai corrisponde a quellaantica, riscontrabile nelle città storiche. Nella misura in cuicambia il rapporto fra le varie funzioni, anche i sistemi chevengono -a sovrapporsi, a interferire, al hne di scambiarequesti nuovi rapporti, debbono a loro volta subire un ade·guato mutamento. Ricreare le vecchie interferenze vorreb­be dire stabilire il caos, non la struttura.

Gli sforzi per comprendere esattamente quali interferenzepresenti e richieda una ci ttà moderna e per riprodurle poi,in termioi fisici e plastici, come sovrapposizioni. non sonoaffatto conclusi. Prima che questa ricerca sia completa. nonv'è motivo di rendere pubblici i disegni non definitivi chopotrebber~ far credere agevoli certe premature soluzionjtutt'altro che collimanti con la' vera struttura.

È possibile tuttavia ricorrere a certe immagini per renderepiu comprensibili le conseguenze fisiche dell'interferenza. Ilquadro di cui all'illustrazione sopra rappresenta un recentedipinto di Simon Nicholson. Il fascino di questa figura stanel fatto che, sebbene siano bastati pochi semplici triangoli 227

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a costruirla. questi elementi si combinano in diversi modidando luogo alla piu ampia unità del dipinto. Se facciamoun completo inventario delle unità percepibili nel quadro,scopriamo che ciascun triangolo entra in quattro o cinquetipi di unità completamente diversi, nessuno dei quali com­preso negli altri e tutti tuttavia interferenti per suo tramite.Se enumeriamo i triangoli ed estraiam~ i sistemi che appaio­no quali dominanti unità visuali, otteniamo il semi-lattice dicui alla figura qui solto.

2 3 4 5

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3 e 5 formano un'unità perché insieme rappresentano unrettangolo; 2 e ~ perché formano un parallelogrammo; 5 e 6perché entramb'i sono di colore piu scuro e orientati nellastessa direzione; 6 e 7 perché uno è lo specchio dell'altro,spostato lateralmente; 4 e 7 perché sono simmetricamentecontrapposti uno all'altro; 4 e 6 in quanto costituiscono unaltro rettangolo, 4 e 5 perché, insieme, formano una speciedi Z; 2 e 3 perché anch'essi formano una Z, un po' piusottile; 1 e 7 per il fatto che si trovano ad angoli opposri;1 e 2 in quanto anch'essi sono un rettangolo; 3 e 4 perchésono entrambi rivolti nella stessa direzione (come la coppia5 e 6, di cui rappresentano una specie di proiezione decen­trata); 3 e 6 perché racchiudono 4 e 5; l e 5 perché rac·chiudono 2, 3 ")4.Mi sono limita"m a enumerare.Ie unità di soli due triangoli.Quelle risultanti dalla combinazione di piu di due triangoli,sono anche piu complesse. Il fondo bianco poi lo è in mi·sura ancora maggiore e non è neppure stat? incluso nel dia-

. gramma perché è troppo arduo venire a capo, con sufEcie.Qtesicurezza, delle sue componenti elementari.Il quadro è significativo, non tanto perché cont~ene il prin­cipio di tante interferenze (ciò vale per molti dipinti), quan­to, piuttosto, perché non si qualifica per altre ragioni chequesta. È solo questa caratteristica, appunto, e la conseguen­te molteplicità di aspetti che le forme presentano, a renderel'opera tanto affascinante. Sembrerebbe quasi che il pittoresi sia deliberatamente proposto di attenersi rigorosamenteal principio dell'interferenza, evidenziandolo quale elementogeneratore di struttura.Tutte le città artificiali che ho descritto hanno la strutturadi un albero piuttosto che quella, a semi·lattice, del dipintodi icholson. E tuttavia sono proprio le immagini come que­sta che debbono costituire i veicoli della nostra nuova con­cezione. E il semi-lattice, che rappresenta tutta una vastasezione della matematica moderna, costituisce un potentestrumento di analisi, proficuamente utilizzabile, per esplora­re la struttura di queste immagini. È esso, dunque, che dob·biamo cercare di individuare, non l'albero.Quando pensiamo nei termini di organizzazioni dendrornor- 229

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fe, non facciamo che barattare l'umanità e la ricchezza dellacittà vivente con una semplicità concettuale di cui gli unicia trarre bene:6cio sono i pianificatori, i pubblici amministra­tori, i progettisti e gli urbanisti. Ogni volta che un settoredella città viene enucleato dal suo contesto globale e unadiramazione dell'albero sostituisce cOSI il legame a semi­lattice preesistente, la città fa un altro passo in avanti versola dissociazione.In qualsiasi oggetto organizzato, l'est~ema compartimenta­lizzazione e la dissociazione d~gli elementi interni sono i pri­mi sintomi di una prossima distruzione. In una società, di'ì­sociazione vuoI dire anarchia. In una persona, la dissocia­zione è il segno della schizofrenia e forse dell'imminentesuicidio. Un infausto esempio di dissociazione al livello dicittà è...la segregazione dal resto della vita urbana dei pen­sionati e itl. genere delle persone ormairitiratesi dal lavoro:segregazione piu acutamente evidente in certe città destinatealle persone anziane sorte di recente nel deserto dell'Ari­zona, come Sun City. Soltanto sotto l'influenza di uno sche­ma categoriale dendroide, è concepibile una simile aber­raZIOne.Non soltanto i vecchi sono privati della compagnia dei gio­vani e viceversa, ma una non minore spaccatura si apre nel­l'intimo di ogni singolo individuo. Una volta entrati a SunCity, i vostri legami con il passato non saranno piu rico­nosciuti e dovrete rassegnarvi a considerarli definitivamenteperduti. La vostra giovinezza nop sopravviverà piu in alcunmodo nella vostra vecchiezza; le due età saranno dissociate;la vostra stessa vita sarà tagliata in due.Per la mente umana, l'albero può essere lo strumento piuadatto al dominio di pensieri complessi. Ma la città non èun albero, non può e non deve esserlo. La città è il ricet­tacolo della vita, Ma una città dendromorfa è un tipo d,iricettacolo che scinde ogni sov.rapposizione ed ogni interfe­renza degli elementi vitali. Come in una scatola irta all'in-.terno di lame affilate pronte a tagliare qualunque cosa' sivoglia riporre in essa, in un simile ricettacolo la vita sfessasarà fatta a pezzi. Se f~remo città ispirate alla forma del~

l'albero è proprio questo che accadrà delle nostre vite.

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No'te

L'esigenza di razionalità

1. D. Bullivant, In/ormation lor tbe Archi/eel, in «Architect's laur­nal », 129: 504-21 (aprile 1959); $erge ChermayefI e René d'Harnan­court, Design for use in Art in Progress, New York, 1944, pp. 190­20!.2. Per alcuni suggerimenti pratici riguardo al modo in cui questopotrebbe essere valorizzato, vedi: Christopher Alexander. In/ormationand an Organized Process 01 Design, in National Academy af Sciences,(/ Proceedings of the Building Research Institute », Washingron, D.C.,primavera 1961, pp. 115-24.3. T. W. Cook, The ReJation between Amount 01 Material and Dii·ficulty o/ Problem-Solving, in «Journa! af Experimental Psychology »,

20 (1937), 178-83, 288-96; E. J. -Archer, L. E. Boume Jr. e F. G.Brown, Concept Identification as a Funetion of I,Televant InfoTmationend InstTuetions, ibid .• 49 (1955): 153-64.4. Questo pensiero è stato espresso in molte occasioni. fin dall'iniziodel movimento moderno. Vedere, ad esempio. L. Moholy-Nagy, TheNew Vision: From Materiai to Architecture, uad. riveduta da DaphneHoffman, New York, 1947.. p. 54; Walter Gropius, The New Archi­tectuTe and the Bauhaus. trad. ingL P. Mortoll Shand, London, 1925.pp. 17-20.5. -Karl Duncker. A Qualitative (ExpeTimental and TheoTetieal) Stu­dy of Productive Thinking (Soivin"g of Comprehensible Problems), in«Journal of Genetic Psycho1Dgy »,33 (1926): 642-708, e On ProbiemSolving, trad. ingl. Lynnes Lees. «American Psychological Associa­tion, Psychological Monographs », n" 270, Washington. D.C.. 1945;Max Wertheimer, PToductive Thinking, New York, 1945.6. George A. Miller. The Magical Number Seven, Plus or MinusTwo: Some Limits on our capacity /or Processing InfoTmation, « Psy­chological Review». 63 (1956): 81·97;. D. B. Yntema and G. E. Mue­ser, RemembeTing the present States o/ a Number of VaTiabies, « Jour­o'al of Experimental Psychology», lO: 18-22 (luglio 1960).7. Alex Bavelas e Howarcl Perlmutter, classificazione del lavoro svol­to al Centro per gli Studi Internazionali, M. L T., citato in The Rela­tion 01 Knowledge to Action. da Max Millikan, in The Human Mean­ing o/ the Socia! Sciences, ed. Daniel Lerner. New York. 1959, p. 164.8. Infatti vi sono casi in cui una forma è stata determinata 'unica- ....mente attraverso i suoi requisiti. ma tali casi sono molto rari. Unesempio sorprendente è dato dalla gru. Vedere L. Bruce Archer,«Design », n. 90 (giugno 1956), pp. 12-19, specialmente p. 16; H. G.Gough. H. L. Cox, O. G. Sopwith. The Design of Crane Hooks.« Proceedings of the Institute of Mechanical Engineers» (Inghilterra),1935; anche « AnnuaI Report of the British Iron and Steel ResearchAssociation ». 1954. 231

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9. Una tipica raccolta di dipinti derivati da un atteggiamento diformalismo « logico» si può trovare nel Kalte Kunst di Karl Gerstner,pubblicato da Arthur Niggli, Teufen A. R., Svizzera, 1957.lO. ]acopo Barezzi Vignola, Regola delli Cinque ordini d'architettu­ra, Roma, 1562; Jacques-François Blondel, eaurs d'architecture, Paris,1771, Libro IV.11. Un altro esempio di questo formalismo «logicament~» ispiratosi trova in Ludwig Hilbersheimer, The. New City, Chicago, 1944,pp. 106·21.12. Che ci piaccia o no,. per quanto oggettivamente razionali si vo'glia essere, v'è sempre uri fattore di libero giudizio soggettivo, nella J

scelta e nell'uso di un sistema logico, che non possiamo evitare. Lerappresentazioni logiche, come qu~lsiasi altra, sono formate attraversola semplificazione e la selezione. Dipende da noi stabilire quali sem­plificazioni operare, quali aspetti scegliere come significativi, qualerappresentazione adottare. E questa decisione è logicamente arbitraria.Per quanto ragionevole e corretta la rappresentazione sia interna­mente, la scelta di una rappresentazione deve essere, alla fine, irra­zionale. Infatti, anche se possiamo addurre valide ragioni per giusti­ficare la 4Scelta di uno schema logico anziché di un altro, queste ra­gioni implicano solamente che vi è un altro schema di decisioni dietroal primo (molto probabilmente non esplicito). Forse ve ne è ancoraun altro dietro questo secondo. Ma prima o poi finiremo sempre conl'imbatterci in decisioni che non sono razionali in alcun senso, chesono soggette a niente piu che alla tendenza personale di colui cheprende la decisione. I metodi logici, nel migliore dei casi, riorganiz­zano il modo in cui la tendenza personale deve essere applicata a unproblema. Naturalmente questo « migliore dei casi» ha la sua impor­tanza. r metodi imuitivi attuali introducono la tendenza personale inmodo infelice, tale da rendere i problemi non risolvibili correttamente.Il nostro proposito deve essere quello di rimodellare la tendenza, perfar si che non interferisca piti col processo della progettazione in mododistruttivo, e non continui ad ostacolare la chiarezza della forma.13. Il ruolo importante del pensiero di William Morris si rileva neivolumi 22 e 23 delÌ'edizione londinese del 1915 delle sue opere com­plete. Vedere anche Nikolaus Pevsner, Pioneers 01 Modern Design,New York, 1949, pp. 24-30; trad. it. G. De Carlo, I pionieri del mo­vimento moderno, da W. Morris a W. Gropius, Milano, Rosa e Bal-lo, 1945. .14. Ibid., pp. 18·19.15. Il loro lavoro e le loro idee sono trattate pienamente da EmilHaufmann in Architecture and the Age 01 Reason, Cambridge, Mass.,1955; L'Architettura dell'Illuminismo, Torino, Einaudi, 1966. Non re­stano scritti di Lodoli, ma vedere F. Algarotti, Saggio sopra l'architet7tura, in Opere, val. II, Livorno, 1764, e Saggi sull'architettura e pit­tura, Milano, 1831; Marc-Antoine Laugier, Essai sur- l'architecture, 2a

ed. Paris, 1775, e Observations sur l'architecture, s'Gravenhage,'1765.16. Nikolaus Pevsner, An Outline 01 European Architecture, Pen­guin Books, London, 1953, pp. 242-62; trad. it. Storia dell'architetturaeuropea, Bari, Laterza, 1959; nuova ed. illustr. Milano, Il Saggiatore,1966.

l,

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\17. \ Nel negare la possibilità di comprendere ragionevolmente i pro­cessi 'della produzione di forma; il feticcio dell'intuizione è il direttocorrispondente di altri famosi tentativi di mettersi al sicuro sotto leali deUa magia e del tabu; vedere: Sigmund Freud, Vas Unbehagenin der Kultur. Trad. iL Il disagio della civiltà, Roma 1949, o K. R.Popper in The Open Society and It! Enemies, Princeton, 1950.18. Per alcune recenti proteste contro il velleitadsmo dell'intuizionenella progettazione contemporanea, vedere Serge Chermayeff, TheShape oj Quality, «Architecture Plus~. Division of Architecture,A. & M. College of Texas, 2, 1959.(,(), 16-23.19. W. Ross Ashby ha già accennato alla possibilità di amplificarel'intelligenza in Design for an Intelligence Amplifier, in «AutomataStudies », ed C. E, Shannon e J. McCarthy, Princeton, 1956, pp. 215­34. Vedere nnche M. Minsky, Steps toward Artificial Intelligence,«Proceedings cf the Insdtute of Radio,. Engineers », 49: 8-30, gen­naio 1961.

Corretta rispondenza

1. L'origine della forma è nel fatto che il mondo tenta di compen­sare le proprie irregolarità il pio economicamente possibile. Questoprincipio, chiamato talvolta il principio della minima azione, è statonotato in campi diversi: in particolare da Le Chatelier, il quale osser­vò che 'j sistemi chimici tendono a reagire alle forie esterne in modotale da neutralizzarle; lo stesso è stato tratto dalla legge di Newronnella meccanica, dalla legge di Lenz nell'elettricità, e dalla teoria del­le popolazioni di Volterra. Vedere AdoIph Mayer, Geschichte desPrin:t.ips der-kleinsten Action, Leipzig, 1877.2. D'Arcy Wenrworth Thompson, On Growth and form, 2a ed.Cambridge 1959, p. 16.3. Questa idea è· antica quanto Platone: si veda ad es. Gorgia,474-75.4. La si.mmetria di questa situazione (cioè, il fatto che l'adattamentoè un fenomeno mutuo che deve essere inteso sia come adattamentodel contesto alla forma che come ~dattametlto della forma al suo con­testo) è molto importante. Vedere L. J. Hende'rson, The Fitness 01the Environment, New York, 1913, pagina V; «L'adattanza darwi­niana ~onsta di una relazione mutua fra l'organismo e il suo ambien­te.» Anche il commento di E. H. Starling: «Organismo e ambienteformano un tutto; e devono essere visti come tali.» Per una concisae bella descrizione del concetto «forma », ve;dere Alben M. Dalcq,Form and Modern Embryology, in Aspects 01 Fo"n, ed. LancelotWhyte. Landon, 1951, pp. 91-116, ed altri articoli dello stesso sim-posio. - ...5. Piu avanti nel testo dove userò la parola «sistema ». essa deveintendersi riferita sempre a tuttO l'insieme. Bisogna però porre suquesto punto qualche attenzione, poiché molti studiosi parlano di« ambiente» riferendosi a quella parte dell'insieme che si mantil:;necostante e chiamano «sistema» soltanto quella parte che è soggetta~d un processo di adattamento. Per questi studiosi la mia forma, nonil mio insieme, sarebbe il sistema. 233

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6. Essenzialmente questa è una idea molto vecchia. Per la primavolta fu chiaramente formulata da Darwin in The Origin o/ Specie!;traci. it. L'origine della specie, Torino, Einaudi, 1964, poi sviluppatada scriuori come W. B. Cannon, The Wisdom o/ the Body, London,1932; trad. it., La saggezza del corpo, Milano, Feltrine11i, 1.956, e W.Ross Ashby, Design for a Brain. 2" ed., New York, 1960.7. Wolfgang Hohler, Tbe P/ace o/ Value in a World o/ Facls, NewYork, 1938, p. 96.8. A.. D. de Groot, Ueber dar Denken de! Schacbspielers, « Rivista djPsicologia », 50: 90-91 (ouobre-dicembre 1956). Ludwig Wittgenstein.Philosopbical Investigations, Oxford, 1953, p. 15.9. Vedere Max Wertheimer, Zu dem Problem der Unterrcheidungvon Einzelinhalt und TeiI, «Zeitschrift rur Psychologie », 129 (1953):356, e On Truth, «Socia! Research », 1: 144 (maggio 1934).lO. K. Lonberg Holm e C. Theodore Larsen, Development l ndex,Ann Arbor, 1~53 ..11. Anche quest'idea non è nuova. Era certamente presente a FrankUoyd Wright, nell'uso dell'espressione « archirettura or~anica », an­che se nel suo caso la frase conteneva COSI tante intenzioni che èdifficile comprenderla chiaramente. Per una buona trattazione vederePeter Collins, Biological Analogy, « Architectural Review », 126: 303-6(dicembre 1959).12. Questa osservazione compare con molta chiarezza in Foundationsof Modern Art di Ozenfant, New York, 1952, pp. 34041. AncheKurr KoiIka, Principles. of Gestalt Psichology, London, 1953, pp.638-44.13. L'idea che gli schemi residui dei processi di adattamento sonointrinsecamente ben' organizzati è espressa da W. Ross Ashby inDesign for a Brain-> p. 23 e da Norbert Wiener in The Human Useof Human Beings, New York, 1954, p. 37; trad. it. Introduzione allacibernetica, Torino, Boringhieri, 1961.14. Vedere nota 2.15. Il concetto di una immagine, comparabile alla determinazionedel campo ideale di un problema, è trattata ampiamente in G. A. Mil­ler; Euge'ne Galanter e :Eçarl H. Pribram, Plans and the Strueture 01Behavior, New York, 1960. L'« immagine» vi è considerata comepresente nella mente di chi risolve un problema, come un criteriousato per la soluzione del problema e quindi come guida principalenel programmarlo e nel risolverlo. Nella maggioranza, dei casi inte­ressanti non credo che' una tale immagine esista a' livello psicologico;di conseguenza, il parametro di riferimento descritto da Miller edaltri in Plans, sembra una descrizione scorretta del comportamentocomplesso che si assume nel risolvere problemi. Nei casi interessantila soluzione del problema non può essere verificata in relazione a unaimmagine, perché la ricerca dell'immagine procede contemporaneamen­te alla ricerca della soluzione. Miller in un breve commento ricono­sce questa possibilità (pp. 171-72) e si è mostrato d'accordo con lanostra osservazione in discussioni personali avute ad Harvard nel 1961.16. Se è COSI, non è difficile capire perché il conceno di piena ri­spondenza sia relativamente difficile da afferrare. ~ stato dimostratoda numerosi ricercatori - come lerome Bruner ed altri, A study ofThinking, New Yoik, 1958, - che la gente accetta molto lentamente

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e malvolentieri concetti disgiuntivi. Dire quello che una cosa non è,è di molta poca utilità quando -si cerca di scoprire quello che è. Ve­dere pp. 156-81. Vedere anche C. L. Hovland e W. Weiss, Transmìs­sion o/ In/ormalion Concerning Concepts through Positive and Nega­tive Instances, «1ournal of Experimental Psychology », 45 (1953):175-82.17. La stretta identità di « forza» da una parte, e « serie di requi­siti» generati dal contesto dall'altra, è ampiamente discussa da HoWerin The piace o/ Value in a World o/ Facts, p. 345, e pp. 329-60.Esiste, secondo me, una stretta similitudine fra la difficoltà di trattaredirettamente della perfetta rispondenza (malgrado la sua primaria 1m­ponanza), e la difficohà del concetto di zero. Lo zero, come ancheil concetto della condizione di vuoto, sono invenzioni relativamentetarde, perché è chiaro che non lasciano nulia che serva da supportoper spiegarle. Ancora oggi troviamo difficile il concetto della condi­zione di vuoto come tale: riusciamo sahanto a pensarlo come l'as­senza di qualche cosa di positivo. Tuttavia in molti sistemi metafi­sici, in particolare quelli orientali, il vuoto e l'assenza sono conside­rati piu fondamentali e in definitiva. piu sostanziali della presenza.Questo è anche collegato con il fatto, ora riconosciuto da moltissimibiologi, che la simmetria, essendo la condizione naturale di- unasituazione non forzata, non richiede una spiegazione, e che al contrarioè la assimetria che ha bisogno di essere spiegata. Vedere D'Arcy Thom­pson, On Growth and Form, p. 357; Wilhelm Ludwig, Recbt-links­problem im Tierreich und beim Menschen, Berlin, 1932; HermannWeyl, Symmetry, Princeton, 1952, pp. 25-26; Lo simmetria, Milano,Feltrinelli, 1962; Erost Mach, Ueber die phsikalische Bedeutung derGesetze der Symmetrie, «Lotos »,21 (1871): 139-47.18. L'equivalenza logica di queste due vedute è espressa dalla leggedi De Morgan, che dice essenzialmente che se A, B, C, ecc., sonoproposizioni allora ({Non A) e (Non B) e (Non C) ...} 'è semprelo stesso di Non (A o B o C o. .)J.19. Per l'idea che la mancanza di compimento si pone all'attenzionecon piu forza del compimento stesso, ed è effettivamente la premessafondamentale di un certo tipo di esperienza valutativa, nonché perun numero di esempi specifici (non solo etici), vedere Max Wert­heimer, Some Problems in Ethics, «Social Research », 2: 352 ss.(agosto 1935). In particolare, quelle che io ho descritto come disatti­tudini sono colà indicate come Leerstellen o condizioni di vuoto. Lasensazione che qualche cosa manca, e la necessità di completare qual­siasi cosa che si mostri incompleta (Liicken/iillung), è discussa inmodo particolareggiàto.20. Qualsiasi teoria psicologica che tratti la percezione o la cono­scenza come un processo d'informazione è ricondotta allo stesso tipodi conclusione. Per una trattezione tipica dei processi di riduzione ....all'informazione, vedere Bruner ed altri, A Study o/ Thinkihg. p. 166.21. b forse istruttivo notare che entrambi i concetti di salute orga­nica in medicina e di normalità psicologica in psichiatria sono sog­getti allo stesso genere di difficoltà della mia concezione di formapienamente rispondente o insieme coerente. Nelle loro rispettive ma­terie i due concorsi sono considerati come ben definiti. Tuttavia ledefinizioni che si possono dare sono solo di tipo negativo. Vedere, ad 235

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esempio, Sir Geoffrey Vickers, l'he concept of SÙe;s in Relation tothe Disorganization 01 Human Behavior, in Stress and Psychiatric Di­sorder, ed. J. M. Tanner, Oxford, 1960.22. Qualora sembri dubbio che tutte le proprietà rilevanti di uninsieme possano essere espresse come variabili, bisognerà essere chiarisul fatto che non necessariamente queste variabili sono capaci di va-'riazioni continue. In verità, è ovvio che la maggior parte delle con­seguenze che incontriamo in un problema di progettazione non pos­sono essere quantificate, come questo richiederebbe. Una variabilebinaria è semplicemente un modo stenografico formale di classificarele situazioni; è un indicatore che distingue fra forme funzionanti enon funzionanti, in un contesto dato.

La base della corretta rispondenza

1. Alan Houghton Brodrick, Grass Roots, « Architectural Review»,,115: 101 (febbraio 1954); W. G. Sumner, Folkways, Boston, 1908,. p.' 2; trad: it. Costumi di gruppo, Milano, Comunità, 1962. Lo stesso

afferma Adolf Laas nella sua famosa storia del fabbricante di selle.Trotzdem, seconda ed., Innsbruck, 1931, pp. 13-14, tradotta in ingle­se da Eduard Sekler nel «Journal of Architectural Education », val.12, n° 2 (estate 1957), p. 31.2. Ludwig Hilbersheimer, Mies van der Rohe, Chicago, 1956, p. 63.3. Robert W. Marks,_ The Dymaxion World 01 Buckminster Fuller,New York, 1960, pp. 110-33.4: Peter Collins, Not with Steel and Cement, «Manchester Guar­dian Weekly», gennaio 14, 1960.5. Office de la Recherche Scientifique Outre-Mer, L'Habitat auxCameroun, Paris, 1952, p. 35.6. Ibid., p. 38.7. Ibid., p. 34.8. Vedere questò capitolo, p. 36.9. Brodrick, Crass Roots, cit., p. 101.lO. Nel caso che il procedimento abbia bisogno di una giustificazio­ne, vale forse la pena di rilevare che il concetto di '« uomo econo­mico », che costituisce la base di piu di un secolo di teoria economica,era considerato non piu che una situazione esplicativa. Recentemente,Robert Redfield ha fatto una proposta molto simile, in The Folk So­ciety, «American Journal of Sociology ~~, 52:293-308 (gennaio 1947),dove pone una « ideale» società primitiva come costruzione mentaleutile a fornire una base di confronto.11. A. R. Radcliffe-Brown, l'he Mother's Brother in South Africa,«South African Journal of Science ~~,.21 (1925): 544-45.12. 'Redfield, The Folk Society, cit., p. 293.13. K. R. Popper, The Open Society and Its Enemies, Princeton,1950, p. 169.14. Sybil Moholy-Nagy, Native G~nius in .Anonymous Architecture,New York, 1957, tutto il testo.15. Anche se l'autocosci~nza - nel senso in cui la definirò - tende ainfiuire su molti aspetti della cultura contemporanea, esistono egual-

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mente casi nei quali le culture sono per certi aspetti altamente auto­coscienti, e non autocoscienti per altri. È pardcolarmente importanteaffrontare qui qualsiasi proPosta di evoluzione (per il fauo' che tuttele culture sono all'inizio non autocoscienti, e diventano sempre piuautocoscienti maturando progressivamente). Il fatto è che l'autoco­scienza è diversamente indirizzata nelle diverse culture, certi popolirivolgono la massima attenzione ad un certo tipo di cose, certi ad unaltro. Questo è dimostrato molto ·bene da Marcel Mauss in Les Tech­niques du corps, «Jou.rnal de psychologie')Io '32 (1945): 271-93. Inital.: Le tecniche del corpo in Teoria generale della magia e altri saggi,introduz. di C. Lévi-Strauss, Torino, Einaudi, 1965.16. Sumner, Folkways, pp. 3-4; Lucien Lévy-Bruhl, La mentalité pri­mitive, Paris 1922, pp. 109-16, 127; trad. ital. La mentalità primiti­va, Torino, Einaudi, 1966; Roger Brown, Words and Tbings (Glen­coe, III., 1958), pp. 272·73; B. L. Whorf, Linguistic Factors in theTerminology 01 Hopi Architecture, «International ]ournal of Ame­rican Linguistics », 19 (1953): 141.17. Redfie1d, The Folle Society, pp. 297, 229-300. Per ulteriori esem­pi specifici, vedere, ad esempio, Margaret Mead, Art and Reality,(, College Art Joumal », 2: 119 (maggio 1943); A. I. Richards, Land,Labour and Diet in Northern Rhodesia (Oxford, 1939), pp. 230-34, eHuts and Hut-Building among the Bemba, ( Man », 50 (1950): 89;Raymond Firth, We, the Tikopia, London, 1936, pp. 75·80; OydeKIuckhohn e Dorothea Leighton, The Navaho, Cambridge, Mass.,1946, p. 46.l8. Per una descrizione piuttosto estremista di questo tipo di edu­cazione, vedere B. F. Skinner, The Behavior 01 Organismo New York,1938. Una piu equilibrata discussione sullo sviluppo del pensiero inrapporto ad una specifica pratica, vedere in J. L. Gillin e J. P. Gillin,Cultural Sociology, New York, 1948, p. 80.19. Ibid., pp. 400·}.20. Ibid., pp. 40}-4.21. Jerome Bruner, The Process 01 Education, Cambridge, Mass.,1960, p. 24.22. La distinzione fra regole implicite e re~ole esplicite è analizzatacon una certa ampiezza da E. T. Hall in The 5ilent LanguJ2ge, NewYork, 1959, pp. 69-74 e 91-95.2.3. Si era soliti asserire, fin dalla Esposizione di Parigi all'inizio delsecolo, ogni sorta di congetture intorno agli artisti primitivi: cheerano piu sensibili di noi, piu altamente sviluppati come artisti, ecc.Lo stesso pensiero COffipare in Barbara Hutton, The UnsophisticatedArts, London, 1945. Sono profondamente scettico. Il se~reto ddsuccesso dei .primitivi costruttori di forma non è nella qualità degliuomini, ma nel processo di progettazione a cui erano usi. Volontaria­mente o no essi erano presi in un processo di progettazione che pro- ....duceva forme buone a motivo della org:anizzazione dd processo. 10stesso scetticismo si può trovare in Ralph Limon, Primitive Art, «TheKenyon Review», 3: 34-51 (inverno 1941).24. Vedere, in particolare, Sumner, Fofkways, p. 54; A. R. Radcliffe­Brown, 5tructure and Funetion in Primitive Society, Glencoe, IlL,1952, pp. 7-9.25. La prova archeologica è cosi sottile che qualsiasi relazione pseu- 237

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do-darwiniana basata su di esso non può consistere che in una finzionemolto generale e piuttosto dubbia. RadclitIe-Brown, Structure andFunction in Primitive Society, cit., pp. 202-3.26. Per vedere come questo tipo di supposizione, implicito negliscritti di Lewis Morgan, sia ingiustificato, vedere RadditIe-Brown,Structure and Function in Primitive Society, cit., p. 203.27. Il concetto di omeostasi fu usato ampiamente per la prima voltada W. B. Cannon in The Wisdom of the Body, Landon, 1932; trad.it. cito in n. 6, p. 228, La saggezza del corpo. Per una definizioneprecisa vedere W. Ross Ashby, Design for a Brain, 2a edizione, NewYork, 1960, capitolo 5. E per una serie di discussioni vedere Sei/­Organizing Systems, ed. Marshall Yovits e Scott Cameron, New York,1960. Per una discussione descrittiva dettagliata vedere anche H.von Foerster, Basic Concepts of Homeostasis, Homeostatic Mecha­nisms, Brookhaven Symposia in Biology, n° lO, Upton, N.Y., 1957,pp. 216-42.28. Questo esempio è basato su uno dato da Ashby in Design for aBrain, p. 151.29_ Ibid.30. Ved"re« Il processo non-autocosciente », nota 4.31. Ashby, pp. 192-204.32. Come dice Ashby, «perché sia possibile l'accumulazione degliadattamenti, il sistema non deve essere del tutto unito» (p. 155). .

.33. Questo comportamento delle disattitudini può essere rappresen­tato sotto forma di funzioni discontinue. Vedere Ashby, pp. 87-90.34. Questo corrisponderebbe a ciò che Ashby chiama ultrastabi]ità,ibid., pp. 122-37.

Il processo non-autocosciente

1. Dalla definizione di cui al capitolo 3, p. '43.2. Aléxander SchartI, Archeologische Beitrage zur Frage der Entste­hung der Hieroglyphenscrift (Miinchen, 1942), e Aegypten in« Hand­buch der Archaologie », ed. Walter Otto (Miinchen, 1937), pp. 431­642, specialmente pp; 437-38.3.' L. G. Bark, Jjeehive~ Dwellings of Apulia, <, Antiquity », 6 (1932):410.4. Werner Kissling, House Traditions in the Outer Hebrides,«Man »,44 (1944): 137; H. A. e B. H. Huscher, The Hogan Buildersof Colorado, «Southwestern Lare », 9 (1943): 1-92.5. Nel Cantico dei Cantici, I. 5 troviamo: «O figliole di Gerusalem­me, io san bruna ma bella, come le tende di Ched.ar ... » (<< nigra sum,sed formosa, filiae ]erusalem... »). E nell'Esodo troviamo molte de­scrizioni del tabernacolo (la forma ieggendaria della tenda) piene dicolori, XXVI, 14; «Fai ancora alla Tenda una coverta di pelli di mon-'tane, tinte in rosso; e un'altra coverta di pelli di tasso, disopra.» EXXVI. 36: «Fa eziandio, per l'entrata del Tabernacolo, un tappeto di·violato, e di porpora, e di scarlatto, e di fin lino ritotto, di lavorodi ricamatore.» C. G. Peilberg, La Tente Noire, (, NationalmuseetsSkrifter », Etnografisk Raekke, val. 2, Copenhagen, 1944, pp. 205-9.

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6. Tutte le case nella contea di Kerry hanno due porte, ma si devesempre uscire dalla porta dalla quale si eQtra, perché un uomo cheentri da una porta ed esca dall'altra porta via cori sé la fortuna dellacasa. Ake Campbell, Notes on tbe Irisb House, «Folk-Liv », Stock­holm, 2 (1938): 192; E. E. Evans, Donegal Survivals, «Antiquity »,13 (19"39), 212.7. Thomas Whiffen, The Nortb-West Amazons (London, 1915), p.225. E lo stesso vale per molti altri popoli. Per esempio: GunnarLandtman, The Folk Tales 01 tbe Kiwai Papuans, «Acta SocietatisScientiarum Fennicae» (Helsinki), 47 (1919): 116, e Papuan Magiein the Buildin 01 Houses, «Acta Academiae Aboensis, Humaniora »,1 (1920), 5.8. Margaret Mead, An Inquiry' into tbe Question 01 Cultural Stahi·lity in Polynesia, in Columbia University Contributions to Anthropcr/ogy, voI. 9, New York, 1928, pp. 45, 50, 57, 68-69. .9. Il ri"to della lienedizione del sentiero, una raccolta di leggende e

" preghiere, costituisce un legame positivo fra la loro visione del mon­do e la forma della casa mettendo in relazione lo bogan, quadripar.tito, con i quattro punti cardinali, e riferendosi ad essi, secondo ilcammino del sole a est, sud, ovest, nord. CoSI una canzone descrivela struttura dello bogan: «Un palo ornato di bianco a est, un paloturchese a sud, un palo arancione a ovest, un palo nero a nord.» Ilrituale connesso con lo hogan va ancora oltre, 6no a fornire partico­lari su come le ceneri devono essere tolte dal fuoco dell'bogan. BerardHaile, Some Cultural Aspeets 01 tbe Navabo Hogan, copia mimeo­grafica, Dept. of Anthropology, University of Chicago, 1937, pp. 5-6,e Why the Navabo Hogan, «( Primitive Man ), voI. 15, numeri 3-4(1942), pp. 41-42.10. H.iroa Te Rangi (P. H. Buck), Samoan Material Culture, «Berni­ce 1'. Bishop Museum Bulletin », n. 75, Honolulu, 1930, p. 19.11. L. G. Bark, Beebive Dwellings 01 Apulia, p. 409.12. William Edwards, To 'Build a Hut, « Tbe South Rhodesia Na­rive Affairs Departmem Annuall'1, Salisbury, Rhodesia, n. 6 (1928):73-74.13. Iowerth C. Peate, Tbe Welsh House, Honorary Society of Cymm·rodorion, London, 1940, pp. 183·90.14. L. frobenius, Oeeaniscbe Bautypen, Bedin, 1899, p. 12.15. CampbelL Notes on the Irisb House, p. 223.16. Clark Wissler, Material Culture 01 tbe Backloot Indians, « An­thropological Papers of the American Museum of History », voL 5,parte I, New York, 1910, p. 99.17. L. G. Bark, Beehive Dwellings 01 Apulia, p. 408.18. A.!. Richard, Huts and Hut.Building among tbe Bembo," Man ", 50 (1950), 89.19. È vero che l'artigiano compare in certe culture che vorremmo ...chiamare non autocoscienti (per esempio, carpentieri nelle Marqucsas,costruttori di tetti di paglia nel Galles meridionale), ma il loro effettonon è' mai piu che parziale. Non hanno l'esclusiva della specialità,ma semplicemente fanno quello che fanno con un certo grado di abi­lità, relativamente maggiore di quella degli altri membri della comu­nità. E mentre i maestri costruttori dei tetti di paglia o i carpentieripossono essere impiegati durante la costruzione della casa, le ripara- 239

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,."

zioni sono ancora assunte dagli stessi proprietari, che vi abitano. Leabilità necessarie sono universali e, ad un livello o ad un alero, prati­cate da chiunque. Ralph Linto'n, Material Culture 01 tbe Marquesas,<~Bernice P. Bishop Museum Memoirs», val. 8, n. 5, Honolulu, 1923,p. 268. Peate, The Welsb Rouse, pp. 201-5.20. Barr Ferree, Climatic In/luenee in Primitive architecture, «TheAmerican Anthropologist », (1890): 149.21. Richard King, On tbe Industriai Arts o/ the Esquimaux, «]our­nal of the EthJlological Society of London », 1 (1848): 281-82. Dia­mond Jennes, Report 01 the Canadian Aretie Expedition (1913-1918),vaL 12: The Lile 01 the Cppper Eskimos, Ottawa, 1922, p. 63;]. Gabus, La Cons/mc/fon des iglous eheI. les Padleirmiu/, «Bullecinde la Société Neuchatelois de Géographie », 47 (1939-40): 43-5LD. B. Marsh, Li/e in a Snowhouse, «Natural History., 60, 2:66 (feb­braio 1951).22. W. G. Summer, Folkways, p. 2.23. ]enness, Copper Eskimos, p. 60.24. W. McClintock, l'he Blackloot Tipi, «Squ.,Wwestern MuseumLeaflets », n. 5, Las Angeles, 1936, pp. 6-7.25. NQIl solo i muri sono intonacati quando hanno bisogno di es­serlo, ma imere s[anze sono aggiunte e sottratte quando si sente chela sistemazione è inadeguata o superflua. Meyer Fones, Tbe Web 01Kinship among tbe Tallenri, London, 1949, pp. 47-50. Jack Goody,l'he Firrion 01 Domestic Croups among tbe LoDagoba, in The De­veJopment Cyde in Domestfc Croups, a cura di J. Goody, Cambrid­ge, 1958, p. 80.26. WhifIen, The North-West Amazonr, p. 41.27. Norbert Wiener, Cybernetics, New York, 1948, pp. 113-36; trad.il. La cibernetica, Milano, Bompiani, 1953.28. Ibid., pp. 121-22; Ross Ashby, Design lor a Brain, New York,1960, pp. lODA.29. A rigor di termini, quello che abbiamo detto riguarda solo lareazione della cultura non autocosciente alla disattitudine. Non abbia­mo tuttavia ancora spiegato come avvenga, il buon adattamento. Mal'unico mezzo che abbiamo per spiegarl0 è il procedimento induttivo.Dobbiamo assumere che si sia data, in tempi lontani, una situazionedi estrema semplicità in cui ogni forma appartenente alla cultura ma­teriale rispondeva perfettamente alle reali esigenze. Una volta verifi­catasi questa premessa, la tradizione e l'immediatezza del sistema nonautocosciente avrebbero continuato a garantire l'idonea rispondenzaanche di fronte ad ogni successivo mutamento nelle circostanze dellacultura. Poiché il «momento» dei primi adattamenti accidentali risa­Ie con tuHa probabilità al piu remoto passato preistorico, quando lacultura era nella sua infanzia (e la piena rispondenza era facilmenteraggiungibile data l'estrema semplicità della cultura), l'assunzione nonè veri6cabile.30. Questa è una questione ovvia. In un altro contesto Pericle loespresse con elegante stringatezza: «Anche se sono pochi quelli chepossono dar vita a una politica, siamo tutti capaci di giudicarla.»Tucidide n. 41.31. Sono debitore a E. H. Gombrich per aver diretto la mia atten­zione su questo fenomeno. L'interpretazione è mia.

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Il processo autocosciente

1. Cost l'autocoscienza può sorgere per naturale conseguenza dellosviluppo scientifico e tecnologico, per l'imporsi di una civiltà conqui­statrice, o per mera infiltrazione, come accade oggi nei paesi sottosvi­luppati. Vedere Bruno Snell, The Discovery 01 the Mind, traduzioneinglese di T. G. Rosenmeyer, Cambridge, Mass., 1953, e in particolareil capitolo lO: « The Origin of Sdenti~c Thought ».2. Hiroa Te Rangi (P. H. Buck), Samoan Material Culture, <~ Berni­ce P. Bishop Museum Bulletin », n. 75, Honolulu, 1930, pp. 85-86.3. Ibid" p. 86.4. Per l'analisi di questa fase di sviluppo della architettura contem­poranea vedere Serge Chermayeff, The Shape of Quality, « Architec­ture Plus », Division of Architecture, A. & M. College of Texas,2 (1959-60): 16-23. Per un acuto e ancor precedente commento, ve­dere J. M. Richards, The Condition 01 Architecture, and the Principle01 Anonymity, i.n Circle a cura dj J. L. Martin, Ben Nicholson, eNaum Gabo, Landon, 1937, pp. 184-89.5. Ne"! capitolo 3 si stabiliva che la cultura è autocosciente nell'ar­chitettura quando le leggi ed i. precetti della progettazione sono statiresi espliciti. Nell'Europa occidentale, un vero addestramento tecnicoformale iniziò circa intorno alla metà del quinto secolo a. C. Le stesseaccademie architettoniche furono introdotte nel tardo Rinascimento.W'erner ]aeger, Paideia, val. I, New Yo.rk, 1~45, pp. 314-16; trad.it. Paideia, Firenze, La nuova Italia, 1964; H. M. Colvin, A Biogra­phical Dictionary 01 English Architects, 1660-1840, Cambridge, Mass.,1954~ p. 16. Non a caso, naturalmente, il primo di questi due perio­di coincide con la prima delle" accademie di Platone (la prima istitu­zione nella quale era sollecitata e bene accolta l'autocritica intellet­tuale), ed anche con il primo ampio riconoscimento dell'architettocome individuo dotato di un suo proprio nome; il secondo coincideinvece con la prima estesa raccolta di trattati di architettura. F. M.Caroford, Belare and After Sacrates, Cambrid~e, 1932; Eduard Sek­ler, Der Architekt im Wandel der Zeiten, «Der Aufbau '>, 14: 486,489 (dicembre 1959).6. Per una dettagliata trattazione sulle origini delle accademie, ve­dere la monografia di Nikolaus Pevsner, Academies of Art, Cambrid­ge, 1940, esp. pp. 1-24, 243-95.7. Margaret Mead, Art and Reality, «College Art Journal », 2: 119(maggio 1943); Ralph Linton, Primitive Art, «Kenyon Review.»,3:42 (inverno 1941).8. Ralph Linton, The Study 01 Man, New York, 1936, p. 311.9. Vedere capitolo 2, pp. 48-49.lO. L'invenzione e l'uso di concetti sembra essere un fatto comunea quasi tutti i comportamenti umani nella risoluzione di un proble­ma. Jerome Bruner e altri, A Study 01 Thinking, Ne,w Yotk, 1956,pp. 10-17. Per una descrizione di questo processo come ricodificazione,vedere George A. Miller, The Magical Number Seven, Plus or Minus 241

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Two: Some Limits 0/1 aur Capacify for Processing Information, ~< Psy­chological Review», 63 (1956): 108.11. Vedere, ad esempio, American Association cf State Highway Of~

ficials. A Policy on Geometrie Design 01 Rural Highways, Washing:too, D. c., 1954, Contents; o F. R. S. Yorke, Specification, Landoo,1959, p. 3; o E. E. See1ye, Specifica/ion and Costs, voI. II, New York,1957, pp. XV-XVIII.

12. loho Summerson, The case for a theory 01 Modern Archi/cc/ure,~< Royal If!stitute af British Architects Journal », 64: 307-11 (giugno,1957).13. Serge ChermayefE e Christopher Alexander, Community andPrivacy, Ncw York, 1963, pp. 159-175.14. Reginald Isaacs, The Neighhorhoods Theory: An Analysis oJilS Adequacy, «Journal af American Institute of Planners », 14.2:15-23 (primavera 1948).15. Per una ttattazione completa di questo argomento, vedere Ru­dolph Carnap, Meaning and Necessity, Chicab;o, 1956. Vedere pp.23-42, e per un sommario, vedere pp. 202-4. Vedere inoltre Signifi­cato e sinonimità nei linguaggi naturali in: «Rivista critica della filo­sofia »,..e I fondamenti logici dell'unità 'della scienza in Neopositivi­smo e unità della scienza, con introduz. di E. Paci, Milano, Bompiani,1958.16. Ibid., p. 45.17. Probabilmente si potrebbe arguire che la parola (, acustica» non.è arbitraria ma corrisponde a una raccolta di requisiti chiaramenteoggettiva - precisamente quelli che hanno a che fare con i fenomeniacustici. Ma questo serve soltanto ad accentuarne l'arbitrarietà. Dopo­tutto, cosa ha a che fare con la struttura causale del problema il fattoche ci capiti di avere gli orecchi?18. Per una piÙ ampia trattazione sulla arbitrarietà del linguaggioin quanto descrizione del mondo e sulla dipendenza di .queste descri­zioni dalla struttura interna del linguaggio, vedere B. H. Whorf, TheRelation of Habitual Though and Behavior to Languaf,e, in Langua­ge, Culture and Personality: Essays in Memory of Edward Sapir, acup di LesEe Spier, Menasha, Wis., 1941, pp. 75-93.19. L. Carmichae1 H. P. Hogan e A. A. Walter, An ExperimentalStudy 01 the EjJect 01 Langua/!,e on the Reproduction 01 Visually Per­ceived Form, «Journal of Experimental Psychology », 15 (1932):7H6.20. Whorf, Relation 01 Habitual Thought and Behavior Language,p. 76. Whorf, che per un po' di tempo h!vorò come agente di assicu­razione contro gli incendi, trovò che certi incendi scoppiavano perchégli operai, anche se stavano àttenti a non accendere fiammiferi e siga­rette accanto ai serbatoi pieni di benzina, diventavano incuranti ac­canto ai bidoni vuoti. Naturalmente i serbatoi vuoti contenevano va­pore, e perciò erano piu pericolosi di quelli pieni, relativamente inerti.Ma la parola «vuoti» porta con sé l'idea della sicurezza, mentre laparola «pieni» sembra suggerire grande pericolo. CosI i concetti« pieno» e (, vuotO» effettivamente rovesciano la struttura reale clelIasituazione, e quindi provocano il fuoco. L'effetto dei concetti sullastruttura. dei problemi architettonici è esattamente la stessa. Ibid.,

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pp. 75-76. Vedere anche Ludwig Wittgenstein, The Blue and BrownBooks, Oxford, 1958, pp. 17-20.21. Vitruvio, De Architectura, 3.1, 3, 4. E. R. De Zurko, Origins 01the Functionalist Theory, New York, 1957, pp. 26-28.22. Werner Sombart, citato in Intellectual and Cultural History 01the Wester World, da Harry Elmer Barnes, New York, 1937, p.509: «Le idee della ricerca del profitto e del razionàlismo economicoin principio diventarono possibili con l'invenzione della contabilità apartita doppia. Attraverso questo' sistema si può afferrare una solacosa: l'aumento della somma dei valori considerati dal punto di vistapuramente quantitativo. Chiunque si faccia afferrare dalla contabilità apartita doppia deve dimenticare tutte le qualità dei beni e dei ser­vizi, abbandonare le limitazioni imposte dal principio della soddisfa­zione dei bisogni, ed accontentarsi della sola idea di profitto; non puòpensare di utili e spese, di farina é cotone, ma solo di somme di va­lori che crescono e decrescono.» Per di piti, questi concetti esclu­dono anche requisiti molto vicini al centro del significato! designato.Cosi in materia di «economie », perfi~6 ~ariabili di disadattamentotanto ovvie come il costo di manutenzione e il deprezzamento, solorecentemente sono diventate oggetto di considerazione architettonica.Vedere }. C. Weston, Economics o{Building, <~ Royal Institute of Bri­tish Architects }ournal », 62: 316-29 (giugno 1956). Allo stesso modoin rapporto ai costi sociali - i giri del lattaio, le lavanderie e i sana-

~ tori TBC per la tubercolosi che si rendono necessari a causa deglieffetti del fumo che esce da camini aperti - si sono comportati perfinogli economisti che solo ora cominciano a tenerne conto. Vedere Be­njamin Higgins, Economie Development, 'New York, 1959, pp. 254-56,660-61. In tutte queste cose si trova ancora il costo della forma. Ilcosto di una forma è assai pitl difficile da valutare delle diverse « eco­nomfe » cui ho accennato finora.

Il programma

1. }ohn von Neumann ed Oscar Morgenstern, Theory 01 Games andEconomie Behavior, Princeton, 1944; Allen Newell, }. C. Shaw eH. A. Simon, éhess-Playing Programs and Problem 01 Complexity,«IBM }ournal of Research and Deve10pment », 2:320-35 (ottobre1958); Hao Wang, Toward Mechanical Mathematics, «IBM Joumalaf Research and Development », 4: 2-22 (gennaio 1960); A. S. Lu­chins, Mechanization in Problem Solving, American Psychological As­sociation, «Psychological Monography», n. 248, Washington, D. c.,1942; Allen Newell, J. C. Shaw e H. A. Simon, Elements 01 a Theo­ry 01 Human Problem Solving, «Psychological Review», 65 (1958): .."151-66.2. Marvin Minsky, Heuristic Aspects 01 the Artificial IntelligenceProblem, Group Repo~ts 34-55, Lincoln Laboratory, M.I.T., 1956, eSteps Towards Artificial Intelligence, «Proceedings of the Instituteof Radio Engineers », 49:8~30 (gennaio 1961). Per ulteriori riferi­menti, vedere Donald T. Campbell, Blind Variation and Selective 243

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Retention in Creative Thought as in Olher Knowledge Processes,« Psychological Review», voI. 67 (1960), esp. pp. 392-95.3. Vedere pp. 93-94 e 27-28.4. Vedere, per esempio, Karl R. Popper, The Lagie 01 Scientific Di­scovery, New York, 1959, pp. 53-54, 136-45, 278-81; George Po1ya,Patterns 01 Plausible Inference, Princeton, 1953; Ne1son Goodman,FacI, Fiction, and Farecasl, Cambridge, Mass., 1955, pp. 82-120, eLa revisione delta filosofia in La filosofia contemporanea in USA,Roma, 1959; W. Pitts e W. S. McCulloch, How We Know Univer­sals, « Bulletin of Mathematical Biophisics », 9 (1947): 124-47.5. Vi sono molti·· studi sulla natura di questo processo nell~ lette­ratura. Vedere libri come Brewster Ghise1io, The Creative Process,Berkeley, 1952, e Paul Souriau, Théorie ·de l'invention, Paris, 1881.6. Dal fallimento dell'autocoscienza si potrebbe concludere che do­vremmo fare del tutto a meno dei progettisti, e perciò dovremmoprendere come punto di partenza il carattere auto-organizzativo del­l'insieme non autocosciente. Con questo scopo nella mente, potrem­mo concentrarci nell'attribuire all'insieme stesso proprietà capaci diaumentare l'attitudine all'adattamento interno. Praticamente lo fac­ciamç> già...quando adattiamo una macchina a vapore con un regolatore.Il controllo di una serie di dighe o di una linea di produzione permezzo di regolatori elettronici automatici è un esempio piti elaboratodella stessa situazione. E ancora un esempio è dato ,-dal fornire a unacittà una struttura governativa che le permetta di essere ammini·strata senza intralci e ritardi. Potrebbe anche essere possibile chein futuro la stessa organizzazione fisica delle città divenisse un ele­mento di sollecitazione per la crescita e l'instaurazione di condizionipiu favorevoli di quelle attuali. Cfr. Lancelot Whyte, Some Thoughtson the Design 01 Nature and Their Implicatiqn /Or Education, «Artsand Architecture », 73: 16-17 (gennaio 1956). Tutti questi tipi disoluzione tendono a rendere l'insieme auto.organizzato. come nel pro­cesso non autocosciente.Il loro svantaggio è di essere utili solo in situazioni molto partico­lari e limitate. La loro applicazione esige pedinò una maggiore com­grensione della condizione dell'insieme di quanto non richieda ilprogettista autocosciente. Quando ci si trova di fronte a circostanzenon familiari dove quei tipi, di soluzione non possono essere applicati,non resta alcuna alternativa per le facoltà inventive; e bisogna am­mettere l'importanza di un punto su cui fino ad ora non si è forsea1bbastanza insistito: il cervello umano, malgrado il suo svantaggio, ècapace, potenzialmente, di una risoluzione e di un intuito molto pitiprofondi di quelli raggiungibili da un processo esterno auto-organiz­zato. La sua grande forza potenziale sta nel fatto che esso fa deri­vare le forme da una immagine concettuale dell'insieme, piuttostoche dall'insieme stesso. Questo permette di sviluppare una serie moltopiu estesa di forme, a loro volta piu flessibili e interrelate di quelleprodotte dal processo non autocosciente.7. Per una rapida introduzione alla teoria degli insiemi; vedere PaulR. Halmos, Native Se! Theory, New York, 1960. Una discussionepiu completa clelIa" teoria si trova in Felix Hausclorff, Se! Theory,traduz. ingl. J. R. Aumann, New York, 1957.8. Vedi l'assioma della specificazione, Halmos, Native Set Theory,

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p. 6. Per i concetti che ne derivano, vedi ibid., pp. 2, 3, 12, 14.9. Nella generalità dei casi i proge~tisti considerano che loro primocompiro, nell'affrontare un problema di progettazione, sia quello diridurre la definizione del problema in termini pratici, per stabilireesattamente e unicamente quali siano le condizioni che la formadeve soddisfare. Come dice un famoso designer, Louis Kahn, quandosi vuole sapere quali siano le reali funzioni della forma, ci si doman­da « cosa la forma stessa voglia essere· ». L'insieme M è semplicementeun modo preciso per riassumere gli elementi di ciò che la forma, ap­punto, « vuole essere ».lO. Vedere pp. 4;-;0, 69·7l.Il. Le opere principali sulla teoria dei grafi sono: Dénes Konig,Theorie der endlichen und tmendlichen Graphen, New York, 1950,Claud Berge, Théorie des graphes et ses applications, Parigi, 1958,e Oystein Ore. Theory 01 Graphs, «American Mathematical SocietyColloquium Publications », vol. 38, Providence, 1962). Vedere anche,come breve introduzione, Frank Haravy e Robert Z. Norman, GraphTheory as a Mathematical Mode! in Social Science, Ano Arbor, 1955.12. In un certo senso la trama di questo grafo può essere consi­derata come una versione esplicita di ciò che artisti e progettistispesso definiscono «logica interna» di un problema.13. Una scomposizione è un caso speciale di un sisrema parzialmen­te ordinato; vedere a proposito di questo Garrett Birkhofl, LatticeTheory, «American Mathematical Society Colloquium Publications »,voI. 2;, New York, 1948, pp. 1-2.14. Per una trattazione sul ruolo delle gerarchie concettuali n~1

comportamento conoscitivo, vedere George A. Miller, Eugene Galan­ter, e Karl H. Pribram, Plons and the StructuTe 01 Behavior, NewYork, 1960, p. 16.15. La parola « programma» ha occupato un posto importante nellarecente letteratura sulla psicologia della risoluzione di problemi ­poiché essa implica che il metodo piu naturale per risolvere problemicomplessi è quello di renderse1i piu faciIi attraverso l'uso di mez~i

euristici che .conducono a soluzioni graduali. A. D. de Groot, Ueherdas Denken des Schachspielers, «Rivista di psicologia », 50: 89-90(ottobre-dicembre 1956); Newell, Shaw e Simon. Elements 01 aTheory 01 Human Problem Solving, pp. 151-66; Miller ed altri. Plansand the Structure 01 Behavior, completo; James G. March e HerbertA. Simon, OrganizationJ, New York, 1958, pp. 190-91. È interes­sante rilevare come lohn Summerson abbia recentemente individuatonell'uso del programma come sorgente di unità architettonica lacaratteristica distintiva della architettura moderna. Thc Case for aTheory 01 Modern Architecture. «RoyaI Insritute of British ArchitecrJoumo1., 64,307-11 (giugno 19;7).

L'attuazione del programma

l. Devo la parola «realizzazione» a Louis Kahn, che l'ha usataes[ensivamente. e spesso con un significato un po' piu ampio; tuttoil suo insegnamentQ ruota a[[(~rno agli ;lrgomemi trattati in questo 245

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capitolo. Vedere Louis Kàhn, Concluding Talk, nella raccolta a curadi Oscar Newmann, New Frontiers iwArchitecture: CrAM '59 Otter­lo, New York, 1961, pp. 205·16.2. Per questa fotografia, presa dal prof. H. Edgerton, MassachusettsInstitute of Technology, vedere, ad esempio, Gyorgy Képes, The NewLandscape, Chicago, 1956, p. 288.3. Vedere Le Corbusier e Pierre Jeanneret, Oeuvres Complètes,1934-38, . Ziirich, 1939, pp. 142-47, e Le Corbusier, La Ville Ra­dieuse, Boulogne, 1935, e inoltre; La mia opera, Torino, Eina'udi,1961; Maniera di pensare' all'urbanistica, Bari, Laterza, 1965.4. Per le undici proprie,tà della sfera vedi David Hilbert e StephenCohn-Vossen, Geometry' and Imagination, New York, 1952, pp.215-32; trad. it. Geometria intuitiva in Complementi di topologia, acura di P. S. 'Alexandrov, Torino, Boringhieri, .1963 ..5. Per una completa discussione sulla freccia come simbolo dia­grammatico, vedi 'Paul Klee, Pedagogical Sketchbook, New York,1953, pp. 54-57; t·rad. it. Teoria della forma e della figurazione: le­zioni, note, saggi a cura di J. Spiller, Milano, Feltrinelli, 1959.6. Vedere qualsiasi testo elementare sulla 'chimica organica. Inoltre,per una presentazione grafica, vlO;dere Max Bill, Form, Base1, 1952,p. lO.7. Theo van Doesburg, Grundbegriffe der neuen ges(altenden Kunst,( Bauhausbiiche », n. 6, Miinchen, 1924, illustrazioni 3, 4, 11, 3l.Anche se van Doesburg. noo '~ntendeva i suoi disegni in questo modo,ma soltanto come esploraziof,le di possibilità formali, difficilmente sipotrebbe sostenere che essi coincidano per puro caso, nel tempo,con la nascita di una architettura fondata sulle componenti rettilinee.8. Per i ponti contemporanei che rivelano molto chiaramente questequalità diagrammatiche, vedere i ponti di Maillart in Max Bill, Mai/­lar!, Ziirich, 1955, specialmente p. 40. Anche P. L. Nervi, come in­gegnere ha molte cose da dire sull'uso dei diagrammi; vedere PierLuigi Nervi, S!ructures, New York, 1956, pp. 17-26, 97.'9. Naturalmente la larghezza della strada richiesta non sarà in pro·porzione esatta con la densità del flusso; la viscosità del flusso, lemacchine in sosta, ecc., fanno sI che il numero di veicoli che scor­rono all'ora in una data direzione non sia direttamente proporzionalealla larghezza necessaria ad accoglierlo. Ma l'organizzazione fonda­mentale della nuova forma sarà ancora quella data dallo schema deldiagramma.lO. Il problema della bolla di sapone fu risolto per la prima voltada Joseph Plateau, Statique expérimentale et théorique des liquidessoumis aux seules forces moleculaires, Paris, 1873. Per trattazioni.piti recenti vedere D'Arcy Wentworth Thompson, On Growth andForm, 2a ed., Cambridge, 1959, pp. 365-77; e un bel libretto diC. V. Boys, Soap Bubbles and Forces Which Mold Them, «DoubledayAnchor Sdence Study Series », New' York, 1959.Il. Questo non significa,· che la funzione sia comunque capace didefinire univocamente la forma; per qualsiasi singolo programma fun·zionale vi sono di solito molte forme possibili.12. François de Pierrefeu e Le Corbusier, La Maison des hommes,Paris, 1942.13. Encyclopaedia Britannica, 14a edizione, voc~ « Aeronautica >).

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14. ROb~. Marks, Thc Dymaxion World 01 Buckmins/cr Fuller,New York, 1960.15. Molti « prdgetti» che restano non realizzati, ma indicano certeipotesi estreme, sonç realmente,({ ipotesi» intorno a particolari aspettidi qualche problema':\, Vedere, ad esempio, i progetti esposti nel 1960al Museum cf Modero :<\rt sotto il titolo di « Architettura visionaria »,illustrati in Arthur Drexler, Visionary Architecture, ({ Arts aoci Archi.tectute ), 78: 10-13 (gennaio 1961).16. Il ruolo vitale della notazione precisa nella invenzione di unanuova matematica rappresenta una notevole conferma. Vedere LudwigWittgenstein, Remarks on the Foundation 01 Mathematics (Oxford,1956), pp. 47, 73, 78, 82 e, in iraL, Note sulla logica, appendice alTractatus Logico-phi!osophicus, Torino, Einaudi, 1964.17. Vedere pp. 157-167.

Le definizioni

1. Spesso nei casi in cui un progettista esprime le sue intenzioni inmedo esplicito e dettagliato, compila una lista di requisiti che in pra­tica equivale quasi integralmente a un insieme di variabili di disat­titudine. Vedere, ad esempio, A. e P. Smithson, Criteria for MassHousing, in New Frontiers In Architeeture: CIAM '59 in Otterlo,-acura di Oscar Newman, New York, 1961, p. 79.2. Nel testo che segue, parleremo con significato equivalente e inter­cambiabile di « soddisfare il requisito x », di «evitare la disattitudi·ne x» (o 1'« inidonea rispondenza x », o «il disadattamento x»), op­pure~ anche della «variabile x che prende il valore O»; e cOSI par­ler!rTlO, vicèversa, di « mancata soddisfazione del requisito x » (o « deldisadattamento x;») e, oppure, anche di «variabile x che assume ilvalore 1» (tutte espressioni, anche qui, fra loro ,pari e fungibili).3. È abbastanza naturale che intercorra sempre un certo lasso ditempo fra l'introduzione di qualche nuova- scala e il momento in cuiil suo valore può essere stabilito predicativamente per qualsiasi formadata. Cosi il sabio, una unità di misura dell'assorbimento acustico,fu introdotto nel 1920. Ed ancora oggi, nel 1963, l'assorbimento acuostico in un auditorium di formn complicata può risultare non esatta­mente o integralmente descrivibile, e deve essere determinato speri·mentalmente. Védere Wallace C. Sabine, Colleeted Papers, Cambrid·ge, Mass., 1922; V. O. Knudsen, Architeetura! Acoustics, New York,1932, pp. 119-239.4. Vedere qualsiasi manuale tipico. Ad esempio, il Dodge Corpora­tion's Time-Saver Standards: A Manual 01 Essentia! ArchitecturalData, New York, 1946. ....5. Herbert Simon ha introdotto il concetto di «soddtsfacimento»per definire con piu esattezza di quanto non faccia il termine di« ottimizzazione;) il reale atteggiamento che si assume in situazionidi decisioni complesse. Vedi i tre scritti Rationality and Administra·!ive Decision Making, A Behavioral Mode! 01 Rational Choice, eRational Choice and the Structure of the Environment, tutti pubbli­cati in Models of Man, New York, 1957, specialmente pp. 204-5, 247

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A. Simon,/

Herbert/

247-52, e 261-71. Vedi anche }ames G. March eOrganizations, New York, 1958, pp. 140-4l.6. Ibid., pp. ]g63.7. Karl R. Popper, Thc Open Society and Ils Enemies, Princetort,1950, p. 155. «Il tecnico di questo settore, conseguentemente adot­terà il metodo di ricercare, e combattere contro i mali piti grandi epressanti della società piuttosto che ricercare, e combattere per il suomassimo ultimo bene.» È chiamata anche «ingegneria sociale >'> daRoscoe Pound, Introduction 01 the Philosophy 01 Law, New Haven,1922, p. 99. Per un esempio economico vedere C. G. F. Simkin,Budgetary Re/orm, «Economie Record », 17 (1941): 192s5, e 18(1942), 16ss.8. Per convincerci che il luogo D è per principio finito (anche senaturalmente molto ampio), dobbiamo prima porre limiti arbitrariall'effettiva dimensione fisica della forma da progettare. Indipenden­temente da quale dimensione scegliamo, possiamo rendere questi li­miti grandi abbastanza da comprendere qualsiasi cosa immaginabile.Nel caso di un riscaldatore per acqua potabile, che deve entrare inuna casa, non è irragionevole aspettarsi che, indipendentemente dallerelazioni a1'l.che molto complesse che dovrà avere con gli altri mobili,esso non debba comunque occupare uno spazio pi6 grande di dieciper dieci per dieci metri. Supponiamo di considerare un volume cu­bico, di dieci metri di lato. Non è irragionevole assumere che qual­siasi bollitore deve essere compreso in quel volume. Dividiamo ilcubo, per mezzo di una griglia tridimensionale, in tante piccole cellecubiche. Diciamo, a scopo di discussione, che scegliamo celle di 1micron di lato (l/lODO mm). Vi sono allora (107)3 o 1021 di questi inun cubo. Consideriamo ora la possibilità di rierripire ognuna di questecelle, cella per cella, con uno di 1000 000 materiali (aria, rame, ac­qua, silice, ecc.). Vi sono allora i 106)1011, ovvero circa 101()22, differentipossibili modi di distribuire i materiali, nelle- celle. (Scrivendo trezeri al secondo, impiegheremmo lQll secoli per scrivere questo nu­mero.) Consideriamo che ciascuno di questi modi sia una tra le con·figurazioni possibili. E chiamiamo l'insieme di tutte le 10102l possibiliconfigurazioni, il luogo D delle configurazioni possibili. Gran partedelle configurazioni, come la distribuzione in celle alterne di acquae aria, è chiaramente assurda. Ma è anche evidente che qualsiasi tipoconcepibile di bollitore corrisponde a una delle 101022 configurazioniincluse nel luogo D. Per la trattazione di questi luoghi (che gli sta­tistici chiamano spesso « spazi campione») vedere William FelIer, AnIntroduction to Probability Theory and Its Applications, I, NewYork, 1957, 7-25.9. Ibid., I, 114.lO. G. U. Yule e M. G. Kendall, An Introductio,n lo the Theory 01Statislics-, 14 ft ed., Landon, 1950, pp. 1-9-29. Possiamo anche confronta­re P{Xi = 1) con P(Xi = l/Xi = O), con la probabilità, cioè, del presenctarsi di Xi dato che Xi non si presenti. Oppure P(Xi = O) con p(x; = O/Xi = 1). Tali prove sono otto. Mentre sono eguali nel caso dellaindipendenza, nel caso della dipendenza esse presentano quattro casileggermente differenti. Ed è perciò piti normale valutare la differenzacomune che è simmetrica; cf. p. 37.11. Yule e Kendall p. 271. Questa funzione (il coefficiente di corre-248

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fazione nel momento della produzione) è anche eguale a x2/N; ibid.,p. 272.12. I requisiti non sono connessi soltanto perché sembrano in qual­che senso simili. In particolare, ad esempio, il tipo di connessione cheattribuiamo a due variabili aventi entrambe « a che fare con l'acu­stica» non ha implicazioni fisiche, ed è perciò irrilevante. È uno deicasi in cui il linguaggio è diventato senza alcuna' giustificazione co­strittivo; per cui è in larga misura dovuta a fattori accidentali l'esi­stenza di un concetto chiamato «acustica ».Dobbiamo anche stare attenti a non considerare connessi i requisitiper il fatto che sembrano idee di buona progettazione. Sembra forseragionevole, dare a una casa un nucleo di servizi contenente la cucina,la lavanderia, l'impianto idraulico, i bagni. Ma il semplice fatto cheil centro dei servizi soddisfi simultaneamente molti requisiti, non ren­de di per sé connessi questi requisi ti.13. Vedere p. 111.14. R. B. Braithwaite, Scientific Explanation, Cambridge, 1953, pp.257-64, 367-68; trad. it. La spiegazione scientifica, Milano, Feltrinelli,1966.15. Questo è simile alla idea di interpretare la probabilità di unevento come una proprietà della situazione che regola quell'evento,piuttosto che 1la frequenza che limita il suo accadere ad un certonumero di tentativi. Vedere Karl R. Popper, The Propensity Inter­pretation 01 the Calculus 01 Prohability, and the Quantum Theory, inObservation and Interpretation, a cura di S. Korner, «Proceedingsof the Ninth Symposium of the Colston Research Society, Bristol»(Landon, 1957), pp. 65-70, ed il commento di D. Bohm a pago 82dello stesso volume. Vedere anche W. Kneale Probability and Induc­tiott,. Oxford, 1949, p. 198.16. Per l'isomorfismo fra le relazioni bivalenti ed i grafi vedere Dé"nes Konig, Theorie der endlichen und unendlichen Graphen, NewYork, 1950, pp. 107-9, e Claude Berge, Théorie des graphes et sesapplication, Paris, 1958, p. 6. Anche per l'isomorfismo delle rela­zioni binarie e le matrici quadrate vedere Irving M. Copilwish, Ma­trix Developments 01 the Calculus 01 Relations, « Journal of SymbolicLogic », 13: 193-203 (dicembre 1948). Per la definizione estensionaleAlfred Tarski, On the Calculus 01 Relations, <~ Journal of Symbolicdi una relazione come !'insieme di coppie legate sotto essa, vedereLogic », 6: 73-89 (marzo 1941).17. Infatti, come vedremo nell'appendice 2, p. 189, la distinzionetra legami positivi e legami negativi è irrilevante, e abbiamo bisognosoltanto di stabilire L, non L+ o L - separatamente. Troveremo an­che conveniente in pratic~ porre v = 1, così che Vi; possa soltantoessere O o 1.18. Qualche volta è difficile disegnare il grafo in modo semplice?"in modo che i legami non risultino tutti ingarbugliati. Per un mododi disegnare i grafi, data la matrice dei legami, vedere un recentearticolo pubblicato nel «Journal of the AcO'Ustical Society of Ame­rica »,33 (1961): 1183, su Realization 01 a Linear Graph Given ItsAlgehraic Specijication. .19. Vedere Appendice 2, p. 179.20. Vedere Appendice 2, p. 179. 249

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~50

21. Vedere Appendice 2, p. 177.22. Notiamo che la condizione di eguale «dimensione» si riferiscesoltanto al carattere puramente formale del sistema di variabili. Ciònon implica che le differenti variabili abbiano eguale importanza nel­la soluzione del problema. La decisione se sia piu importante soddi­sfare un requisito piuttosto che un altro, non trov~ ancora posto nel­l'analisi della struttura causale del problema, ma deve essere presaquando sorge il problema immediato, durante la realizzazione del pro­gramma.23. Sappiamo che non troveremo mai requisiti del tutto indipen­denti. Se cost fosse, potremmo soddisfarti uno dopo l'altro, senza maicadere in contrasti. Il vero problema della progettazione sorge dalfatto che questo non è possibile per il carattere del campo di inte·razione forma-eontesto.24. Vedere la lista delle variabili date nell'esempio sviluppato, pp.137-143.

La soluzione

1. Per una trattazione generalè vedere Max Wertheimer, Untersu­chungen zur Lehre von Gestalt, II, «Psychologische Forschung »" 4(1923): 301-50, ridotto in forma abbreviata in Readings in Percep­tion, curato da David C. Beardslee e Michael Werteimer" New York,1958, pp. 115-35, per un riferimento specifico a questo punto vede­re Woltgang Kohler, Gestalt Psychology, New York, 1929, pp. 148­186, trad. it. La psicologia della Gestalt, Milano, Feltrinelli, 1961.2. L. S. Pontryagin, Foundations 01 Combinatorial Topology, NewYork, 1952, p. 13. Gli aspetti pratici di questo metodo sono s'tatisviluppati principalmente da studiosi di sociometria: Fnink Harary eIan C. Ross, A procedure lor Clique Detection Using the GroupMatrix, « Sociometry », 20: 205-15 (settembre 1957); R. Duncan Lucee A. D. Perry, A Metbod 01 Matrix Analysis pl Group Structure,«Psychometrika », 14 (1949): 95-116; R. D. Luce, Connectivity andGeneralized Cliques in Sociometric Group Structure, «Psychometri­ka », 15 (1950): 169-90; Dénes Konig, Theorie der endlichen undunendlichen Graphen, New York, 1950, pp. 224-37; Cbude Berge,Théorie des Graphes et ses applications, Paris, 1958, pp. 195~201;

G. A. Dirac, Some Theorems on Abstract 'Graph, «Proceedings ofthe Londra Mathematical Society», 3.2 (1952), 69. Vedere ancheW. Ross Ashby, Design lor a Brain, New York, 1960, p. 160; R.Duncan Luce, Two Decomposition Theorems lor o Clan 01 FiniteOriented Graphs, «American Journal of Mathematics », 74: 701·22,esp. 703 {luglio 1952}; H. Whitney, Non-separable and PlanarGrapbs, «Transactions of the American Mathematical Society », 34(1932): 339-62, e Congruent Graphs and the Connectivity o/ Graphs,«American Journa~ of Mathematics », 54 (1932): 150; A. Shimbel,Structural Parameters 01 Communications Networks, « Bulletin of Ma­thematical Biophysics», 15 (1953): 501-7, Structure in Communico­tion Nets, «Proceedings of the Symposium on Information Net­works », aprile 1954, Polytechnic Institute, Brooklyn (1955); Satosi

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Watanabe, Concept Formation and Classification by In/ormation ­Theoretical Correlation Analsis, lettera al direttore, «IBM Joumalof Research of Deve10pment », gennaio 30, 1961.Forse una descrizione piu ampia si trova in Kurt Lewin, Field Theoryin Social Science, New York, 1951, nell'appendice intitolata Ana­lysis o/ the Concepts Whole, Di/ferentiation, and Unity, pp. 305-38,esp. pp. 305-11; v. in ita!': La determinazione dei mutamenti per­manenti in Antologia di scienze sociali, Bologna, Il Mulino, 1960.3. Luce, Two Decomposition Theorems, p. 703.4. In pratica G sarà di solito collegato; esiste, cioè, un tracciato dilegami che collegano i vertici due a due. f: impossibile, naturalmente,trovare una divisione che non tagli alcun legame, dobbiamo limitarcia ricercarne una nella quale l'interazione sia minima. Vale la pena dimetlere in evidenza immediatamente che è possibile solo ricercare leminime interazioni perché le interazioni sono probabilistiche. Comeha messo in evidenza Ashby, in un sistema caratterizzato da legamideterministici, anche quando non accade che ogni variabile sia im­mediatamente legata ad ogni altra, il sistema si comporta come sequesto accadesse, cosi .che nessuna parte è legata meno delle altre, enon significa niente il confrontare i gradi di indipendenza. RossAshby, Design /or a Brain, prima ed., London, 1952, pp. 161-62,251·52.5. Vedere pp. 178·86.6. Vedere pp. 191·2.7. Ludwig von Bertaianffy, Problems 01 Li/e, New York, 1960,pp. 37-47.8. La seguente nota deve essere integrata a questo concetto. Se èvero che la struttura causale del problema definisce realmente lecomponenti fisiche di una forma soddisfacente, noi naturalmente de­sideriamo sapere se il risultato dell'analisi è indipendente dal parti­colare insieme di variabili che sono state scelte per descrivere il -pro­blema. È chiaro che lo stesso problema può essere espresso nei ter­mini di un insieme di variabili completamente diverso, che com­plessivamente copre tutto il campo, ma lo divide in modo diverso,articolandosi in diversi insiemi e sistemi. Il contenuto di questi nuo­vi sistemi, o piu esattamente le componenti fisiche che essi impli­cano, sarebbero stati dunque, in definitiva, eguali. L'intuizione cidice chiaramente che è cosI. In effetti, credo che qualche genere diteorema invariante di .'luesto tipo sia necessario come una sicura baseper tutto il metodo (come i.l mostrare che le proprietà di uno spazioveuoriale sono invarianti rispetto a basi diverse); ma non sono anco­ra tiuscito a trovare una conferma per questo teorema.

Trattazione matematica della scomposizione

l. Vedere i riferimenti precedenti alla teoria dei grafi data a p. 239,nota 11.2. G. U. Yule e M. G. Kendall, An Introduction to the Theory o/Statistics, 14- ed., London, 1950, p. 272.3. Ibid., pp. 35, 281. 251

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,.

4. Ibid., pp. 35-36.5. William Fel1er, An Introduction lo Probability Theory and ItsApplicatfans, I, New y'ork, 1957, p. 22.6. Ibid., p. 22.7. Ibid.8. Poiché abbiamo artificialmente reso pCx; = O) = 112, questa di­stribuzione di probabilità non deve essere confusa con le proporzionidei disadattamenti nel luogo delle soluzioni D. Nel caso particolarep(x; = O) è piccolo in confronto a p(x, = 1). La distribuzione pre­sente è progettata unicamente per daJ;.ci la decomposizione del siste­ma: esso riflette solamente il comportamento attuale delle variabili,nella misura in cui è messa in gioco la loro correlazione.9. Vedete pp. 113-114. ~

lO. C.E. Shannon e W. Weaver, The Matematical Theory 01 Com­munication, Urbana, .Ili., 1949, pp.~ 18-2'2.11. Vedere p. 243; nota 17.12. ~ Satosi Watanabe, Inlormation Theoretical Analysis oj Multiva­riate Correlation, «IBM Joumal of Research apd Development »,4,69 (gennaio 1960).13. Vedere p. 243, nota 17.14. Feller, Probability Theory, p. 213. ____15. Per normalizzare una variabile arbitraria' x, la sostituiamo c6i1"(x -.{.l)/cr dove ~ è il sig~ifìcato e (J2 la varianza. Vedere Feller,p. 215.16. Ricordiamo che lo = 1/2 m(m -1), lor; = ~ Vi;, lo" = ): S~s~., ,17. Christopher Alexander e Marvin Manheim, HIDECS 2: A Com­puter Program lor the Hierarchical Decomposition 01 a Set with anAssociated Graph, (~ M.I.T. civiI Engineering Systems Laboratory Pu­blication », n. 160, Cambridge, Mass., 1962; e Christopher Alexan­der, HIDECS 3: Pour Computer Programs lor the Hierarchical De­composition 01 Systems W hich Have an Associated Linear Graph,« M.LT. Civil Engineering Systems Laboratory Research Report », R.6)-27, Cambridg.e, Mass., 1963.

Una città non è un albero

1. Questa appendice venne scritta circa due anni dopo il resto delpresente volume. È opportuno precisare che le strutture «a semi­lattice}) quivi descritte, benché assai piti complesse -di quelle cosid·dette «ad albero », possono anch'esse attenersi attraverso un pro­cesso di scomposizione in base al quale un sistema viene fratto insottosistemi: l'unica differenza (sempre che di differenza possa par­larsi) è che i sottosistemi vengono in' questo caso a intersecarsi, ov·vero a sovrapporsi parzialmente. La teoria esposta in questa appen·dice non contraddice dunque in alcun modo quanto forma oggettodel presente saggio dall'Introduzione all'Epilogo. Ne costituisce piut­tosto un opportuno completamento.2. Uno schema «ad albero» (o « denclromorfo », come viene tal­volta denominato nella presente traduzione) è caratterizzato dall'in-

l

I

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temo, squisitameme razionale, di semplificare ogni tipo di organizza­zione attraverso una. progressione di successivi distacchi fra vari ele­memi non dissimili dalle diramazioni presenti in botanica. (n.d.l.)3. Uno schema « a semi-lattice» (o « reticolare », si potrebbe anchedire, per le fine imersezioni di linee che ne carauerizzano la versio­ne grafica) ri~uherà particolarmente aderente alla complessità strurtu­rale di una reahà organizzata in reciproche interferenze o parzialisovrapposizioni. (n.d.l.)

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