nota ministero salute del 10 maggio 2017 · ferma restando l’esclusione in ogni caso di qualsiasi...
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Roma, 12 maggio 2017 Prot. n. 100
AI SIGNORI PRESIDENTI DELLE ASSOCIAZIONI PROVINCIALI LORO SEDI
AUTOANALISI IN FARMACIA ISPEZIONI DEI NAS NOTA MINISTERO SALUTE DEL 10 MAGGIO 2017 Vi aggiorniamo sugli esiti degli interventi effettuati da Federfarma Nazionale presso le Autorità competenti in seguito ad alcune ispezioni svolte dai NAS in alcune farmacie di tutta Italia, in occasione delle quali era stata rilevata la presenza di un’apparecchiatura (dispositivo medico) destinata all’effettuazione di esami, in autoanalisi, di alcuni parametri ematici.
Nel corso di tali ispezioni, i NAS hanno contestato che l’apparecchiatura in questione è in grado di effettuare l’emocromo completo con la rilevazione di numerosi parametri (18), non rispettando, in tal modo secondo i verbalizzanti, i limiti previsti dal DM 16 dicembre 2010 che contempla solo alcuni test.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto i NAS hanno proceduto a contestare ai titolari il reato di cui all’art. 348 del codice penale, ossia esercizio abusivo della professioneritenendo che l’autoanalisi di tali ulteriori parametri non sia appunto consentita dal decreto citato.
Considerato che tali ispezioni sono avvenute in tutta Italia, Federfarma si è attivata nei confronti del Ministero della Salute e del NAS e, nel corso di appositi incontri, ha avuto modo di illustrare la propria posizione in materia di autoanalisi e di corretta interpretazione dei contenuti del D.Lgs. 153/2009, del DM 16 dicembre 2010 e della relativa applicazione pratica.
Tale posizione è stata formalmente sottoposta ai predetti organi con una specifica memoria (vedere allegato n.1), nella quale, in sintesi, si ribadisce che:
• la normativa sopra richiamata si riferisce unicamente ai nuovi servizi delle farmacie in regime di SSN,
• l’elenco delle autoanalisi contenute nel DM non è tassativo • le prestazioni in autoanalisi svolte in una farmacia non configurano mai esercizio abusivo
di professione.
Ovviamente, Federfarma ha preso i necessari contatti anche con le aziende produttrici per cercare di addivenire ad una risoluzione del problema.
In tale quadro di interventi si inserisce la risposta pervenuta dal Ministero della Salute in riscontro alle iniziative di Federfarma volte ad ottenere una conferma della legittimità dell’operato delle farmacie.
Con nota prot. 28709 del 10 maggio 2017, che si allega per opportuna conoscenza (allegato n.2), il Ministero della Salute, Direzione Generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico, dopo aver ripercorso i contenuti del citato D.M. 16 dicembre 2010 ha ritenuto che “si possono condividere le argomentazioni espresse da codesta Federazione, ritenendo, altresì, che la fattispecie in esame, oggetto di interventi da parte dei NAS, non possa configurare una violazione del disposto normativo e quindi esercizio abusivo della professione, in relazione peraltro all’espressa previsione dell’art. 8 del D.M. recante la remunerazione dei nuovi servizi e requisiti minimi …(omissis)”.
Il parere conferma, quindi, che non costituisce violazione né dell’art. 2 del citato DM né configura esercizio abusivo di professione ai sensi dell’art. 348 codice penale, lo svolgimento di altri esami ematici diversi da quelli previsti dal predetto DM, in modalità di autocontrollo e ferma restando l’esclusione in ogni caso di qualsiasi attività di diagnosi da parte del farmacista.
Il passaggio sopra riportato costituisce lo snodo cardine del parere in oggetto che dovrebbe contribuire a risolvere, definitivamente, le criticità in atto, vedendo accolte le tesi di Federfarma.
Per quanto riguarda la possibilità di svolgere esami ulteriori e diversi da quelli previsti dal citato DM, il Ministero, pur prendendo atto che nell’elenco delle prestazioni analitiche di prima istanza non è compreso l’emocromo, rileva, tuttavia, in primo luogo che il DM è riferito unicamente alle prestazioni in regime di Servizio sanitario nazionale e, comunque, che tale elencazione non è tassativa, in quanto lo stesso DM prevede un aggiornamento periodico da effettuarsi con successivi decreti.
Il presente parere del Ministero della Salute rappresenta, pertanto, un sostegno fondamentale per risolvere le questioni sollevate dai NAS sul territorio ma anche e soprattutto una conferma della correttezza e validità delle tesi sostenute, in tutte le sedi, da Federfarma che ha sempre inteso operare individuando le interpretazioni più rispettose dello spirito legislativo a tutela della categoria e sostenendo tali posizioni con la massima convinzione in caso di contestazione.
Cordiali saluti.
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE Giuseppe Palaggi Osvaldo Moltedo
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federfarma federazione nazionale unitaria dei titolari di farmacia italiani
NUOVI SERVIZI IN FARMACIA
Si registrano inedite interpretazioni in ordine agli ambiti di applicazione della normativa sulla
“Farmacia dei Servizi”.
Nello specifico, è stato sostenuto che i nuovi servizi effettuabili in farmacia previsti dai decreti
concernenti la c.d. “Farmacia dei servizi” costituirebbero un elenco tassativo non solo per le
prestazioni in regime di Servizio sanitario nazionale.
Tuttavia, l’ordinamento della “Farmacia dei servizi” è notoriamente nato per disciplinare i
nuovi servizi delle farmacie nell’ambito del servizio in regime convenzionato, come, d’altra
parte, si evince chiaramente anche dall’esame della relativa normativa.
La c.d. “Farmacia dei servizi” trova fondamento nell’art. 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69, con
il quale veniva stabilito che “il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati all'individuazione di nuovi
servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito del
Servizio sanitario nazionale..”.
Ai presenti fini appare utile evidenziare che tra i principi e i criteri direttivi dettati dalla predetta
legge delega figura anche il “prevedere forme di remunerazione delle attività di cui al presente
comma da parte del Servizio sanitario nazionale entro il limite dell'accertata diminuzione degli
oneri derivante, per il medesimo Servizio sanitario nazionale, per le regioni e per gli enti locali,
dallo svolgimento delle suddette attività da parte delle farmacie, e comunque senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica”.
In attuazione della predetta delega è intervenuto il decreto legislativo 2 ottobre 2009, n. 153
“Individuazione di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario
nazionale, nonché disposizioni in materia di indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali,
a norma dell'articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69”.
Nello specifico, il predetto d.lgs. 153/2009:
elenca “i nuovi servizi assicurati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nel
rispetto di quanto previsto dai Piani socio-sanitari regionali e previa adesione del titolare della
farmacia”, tra cui
- “la partecipazione delle farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata … a
supporto delle attività del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta…
attraverso…la messa a disposizione di operatori socio-sanitari, di infermieri e di
fisioterapisti, per la effettuazione, a domicilio, di specifiche prestazioni professionali
richieste dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta…”,
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- “la erogazione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, in coerenza con le
linee guida ed i percorsi diagnostico-terapeutici previsti per le specifiche patologie, su
prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta…” e, tra questi
“prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell'ambito dell'autocontrollo”,
- “la effettuazione di attività attraverso le quali nelle farmacie gli assistiti possano prenotare
prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e
private accreditate”;
prevede che “il rapporto delle farmacie con il Servizio sanitario nazionale per lo svolgimento dei
nuovi servizi … è disciplinato dalle medesime convenzioni di cui all'articolo 8, comma 2, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (la Convenzione nazionale farmaceutica) …. ed ai
correlati accordi di livello regionale. Gli accordi nazionali e gli accordi di livello regionale fissano
altresì i requisiti richiesti alle farmacie per la partecipazione alle attività di cui al comma 2.”;
e, infine, modifica il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 nella parte in cui prevede e
disciplina la Convenzione nazionale farmaceutica, rinviando a decreti ministeriali la
individuazione delle condizioni e dei limiti per l’effettuazione dei predetti servizi.
In attuazione di tale previsione sono intervenuti tre decreti del Ministero della Salute:
- il DM 8 luglio 2011 “Erogazione da parte delle farmacie, di attività di prenotazione delle
prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, pagamento delle relative quote di
partecipazione alla spesa a carico del cittadino e ritiro dei referti relativi a prestazioni di
assistenza specialistica ambulatoriale”,
- il DM 16 dicembre 2010 “Erogazione da parte delle farmacie di specifiche prestazioni
professionali”,
- il DM 16 dicembre 2010 “Disciplina dei limiti e delle condizioni delle prestazioni analitiche
di prima istanza, rientranti nell'ambito dell'autocontrollo”.
Per quanto riguarda specificamente le autoanalisi, appare utile rilevare che il predetto DM 16
dicembre 2010 nell’elencare le prestazioni effettuabili in farmacia, premette espressamente che
l’elenco stesso è “ai fini della definizione degli accordi regionali correlati all'accordo collettivo
nazionale di cui all'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive
modificazioni”.
Lo stesso art. 9, comma1, del DM citato afferma espressamente che il decreto è da intendersi
applicabile: “nelle singole Regioni in coerenza, nell'ambito e nei limiti degli accordi regionali
correlati all'accordo collettivo nazionale di cui all'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre
1991, n. 412 e successive modificazioni, e delle disposizioni legislative regionali in materia.”
Dunque, dal tenore testuale delle norme sopra citate non sussiste ombra di dubbio che la disciplina
ivi dettata è stata dettata unicamente per regolare l’attività delle farmacie nell’ambito del Servizio
sanitario nazionale, individuando le prestazioni erogabili in tale regime e stabilendone criteri e
condizioni di erogazione, compresa la remunerazione a carico del SSN.
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Pertanto, nulla vieta che in regime privatistico, vale a dire non a carico del SSN, in farmacia
possano essere esercitate altre professioni od arti sanitarie oltre a quella dell’infermiere e del
fisioterapista, fermo restando:
1) il divieto dell’esercizio in farmacia della professione di medico, odontoiatra e veterinario, ai
sensi dell’art. 45, R.D. n. 1706/38;
2) l’obbligo del rispetto delle disposizioni previste per l’esercizio della ulteriore professione od
arte sanitaria;
3) il divieto per il farmacista di esercitare cumulativamente la professione di farmacista ed altra
professione sanitaria1.
Analogo ragionamento va svolto per le prestazioni analitiche di prima istanza rientranti
nell’ambito dell’autocontrollo, la cui elencazione, contenuta nelle norme citate, potrebbe
eventualmente considerarsi tassativa solo ai fini di un interesse del Servizio sanitario
nazionale a ricomprenderle nel novero di ulteriori servizi demandabili alle farmacie
nell’ambito dell’assistenza svolta per conto del SSN e da questo remunerata.
Infatti, anche per tali prestazioni le norme esaminate collegano ripetutamente le medesime
alla Convenzione nazionale farmaceutica.
D’altra parte, anche sotto il profilo strettamente sanitario non si vede nemmeno per quale motivo
dovrebbero restare non consentite nelle farmacie prestazioni che, in quanto svolte in autocontrollo,
potrebbero essere fatte anche autonomamente dal cittadino al suo domicilio.
Viceversa, la circostanza che tali prestazioni siano effettuate nelle farmacie, eventualmente
con l’assistenza del farmacista, non può che dare maggiori garanzie di sicurezza sanitarie,
come compiutamente rilevato dal TAR del Lazio e dal Consiglio di Stato, seppur relativamente
alle autoanalisi elencate, in occasione di ripetute sentenze che hanno affermato la legittimità dei
decreti ministeriali sopra citati.
In conclusione, per le prestazioni svolte in regime privatistico, vale a dire non a carico del
SSN, ben possono individuarsi prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito
autocontrollo ulteriori e diverse da quelle elencate nelle norme esaminate.
Sotto altro profilo, si ricorda che già quasi ben dieci anni prima la Corte di Cassazione ebbe ad
escludere la sussistenza del reato di esercizio abusivo di professione nella fattispecie in esame
(Corte di Cassazione, Sez. VI Penale, sentenza n. 39087 del 3/10/2001).
La questione che la Cassazione era stata chiamata a giudicare, riguardava una farmacista che in
farmacia aveva prestato aiuto ad un cliente nella effettuazione dell’esame dell’ematocrito tramite un
apparecchio di autoanalisi installato nella farmacia stessa.
In particolare, la farmacista aveva provveduto a prelevare una goccia di sangue, quindi aveva
confezionato il vetrino e, infine, aveva inserito il medesimo nell’apparecchio.
Per tali operazioni, che venivano svolte abitualmente, la farmacista era stata denunciata e
condannata dal Tribunale per esercizio abusivo della professione di biologo, avendo eseguito
“analisi del sangue e prestazioni di diagnostica strumentale di patologia clinica”.
Infatti, il Tribunale, pur ribadendo la liceità della installazione dell’apparecchio di autodiagnostica
presso una farmacia, aveva ritenuto che l’intervento della farmacista “aveva comportato un uso
dell’apparecchio a fine di diagnosi eseguita da un soggetto diverso dal paziente e cioè un atto
tipico della professione di biologo”.
Viceversa, la Cassazione ha chiarito quanto segue.
1 il Ministero della salute affermò che l’incompatibilità di cui all’art. 102 discende non già dalla titolarità di una
farmacia, ma dall’iscrizione all’albo.
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Le analisi biologiche non sono consentite ai farmacisti, trattandosi di atto tipico della professione di
biologo. Tuttavia, “nel caso di specie non vi è stata alcuna analisi, e cioè alcuna valutazione di
dati obiettivi acquisiti attraverso esami clinici, poiché il risultato degli accertamenti è derivata in
via automatica e senza alcun intervento umano dall’uso dell’apparecchio posto a disposizione del
pubblico nei locali della farmacia”.
Infatti, rileva la Cassazione, “la caratteristica distintiva degli apparecchi per cosiddetta
autodiagnostica è, per l’appunto, quella di consentire una diagnosi immediata per via strumentale
e senza interferenza alcuna da parte dell’operatore”.
Dunque, precisa la Cassazione, “l’acquisizione dei dati e la loro valutazione non dipendono
dall’intervento dell’utente (o di un terzo, ndr) che è diretto unicamente ad attivare le funzioni
dell’apparecchio e non interferisce in alcun modo con la formazione della diagnosi, scaturente da
una procedura informatica cui è estraneo qualsiasi intervento umano”.
Conclude la Cassazione osservando che “se non è ipotizzabile, come riconosce la sentenza
impugnata, esercizio abusivo della professione di biologo nel fatto di chi usi l’apparecchio per
ottenere una diagnosi che lo riguarda, per lo stesso motivo deve essere esclusa la configurabilità
del reato nella condotta di chi, avendo posto a disposizione del pubblico un apparecchio per
autodiagnosi, esegua in luogo dell’interessato quelle operazioni meramente materiali che sono
necessarie per il suo funzionamento e per la produzione automatica della diagnosi”.
Sulla base di tali considerazioni, la Cassazione ha annullato la sentenza di condanna e, dunque,
assolto la farmacista perché il fatto non costituisce un reato.