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Sette dei 08/12/11 Estratto da pagina 44 di And rea dalli foto di A lessatìdro Utìirnunno NOI CHE PAGHIAMO IL PIZZO A MILANO MARTINO GESTIVA DEI NEGOZI. ROBERTO UN RISTORANTE. PAOLO UNA DITTA. POI UN GIORNO SONO FINITI NELLE MANI DI AGUZZINI. E HANNO INIZIATO A PAGARE. A SfTTFRACCONTANO COME HANNO PERSO TUTTO ESTORSIONI E SEQUESTRI 29 PRESENZA MAFIOSA II posto in classifica di Milano nella graduatoria della presenza mafiosa nelle province italiane (secondo il Mafia Index, che fotografa la diffusio- ne della criminalità) 11,4% IL PIZZO La percentuale delle ditte di costruzione in Lombar- dia che hanno dichiarato di aver subito un episodio di estorsione negli ultimi 3 anni (alberghi e risto- ranti sono il 9,4%) 963 1 SEQUESTRI Sono i beni sequestrati a Milano alla criminalità organizzata negli ultimi 19 anni. Si tratta di ville. aziende, box, garage. autorimesse, fabbricati, terreni Cf è, non c'è. C'è, non c'è. Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha det- to che un commerciante su cinque paga il pizzo. Impossibile, non risulta, i casi inquadrali dalle statistiche sono po- chissimi, l'emergenza non esiste, hanno risposto forze dell'ordine e associazioni di categoria, la Prefettura e la Confcommer- cio. Chi ha ragione? Uno esagera e gli altri minimizzano? Martino Codispoti è un uo- mo Ionissimo che piange, è un adulto con ancora la passione di quand'era bimbo, è una povera vittima che vive come un lati- tante in fuga da un omicidio. Ha iniziato a fare il parrucchiere a sette anni, nella na- tia Calabria; a Milano ha aperto più d'un negozio, fatturava tanto, roba di milioni di lire al mese, ha pagato il pizzo, roba di centinaia di milioni, i due aguzzini sono stati presi, condannati e incarcerati, ma ora Codispoti, a 60 anni, sta nascosto in una casa popolare, dovreste vederlo, l'ap- partamento, in perfetto ordine e pulito, un sughetto sul fornello, notte fonda anche a mezzogiorno, le tende tirate e le persiane abbassate, aspettando che i due, magari prima o poi succederà, escano e vengano a trovarlo per vendicarsi. Nell'attesa campa con un sussidio socia- le di nove euro al giorno, da un'infinità di tempo la sua pratica d'accesso ai fondi statali di sostegno per le vittime di pizzo e usurn o bloccata. Servono tonnellate di documenti, di prove, di carte. L'ultimo in- toppo è dovuto ad alcune mancate presen- tazioni dei redditi. «Le ho sempre versate, le tasse. Ma ci sono stati periodi, lunghi, che sono stato picchiato, che mi hanno devastato la vetrina, che hanno incendiato tutto, che per paura dormivo in macchina lontano da Milano. Come diavolo facevo a pensare alla denuncia dei redditi? Me lo spiegassero». Nel caso, che facciano in fretta. Codispoti ha già provato ad ammaz- zarsi. a cura dell' Ufficio Stampa e Comunicazione

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Sette

dei 08/12/11 Estratto da pagina 44

di Andrea dallifoto di A lessatìdro Utìirnunno

NOI CHE PAGHIAMO IL

PIZZO A MILANOMARTINO GESTIVA DEI NEGOZI. ROBERTO UN RISTORANTE. PAOLO UNA

DITTA. POI UN GIORNO SONO FINITI NELLE MANI DI AGUZZINI. E HANNOINIZIATO A PAGARE. A SfTTFRACCONTANO COME HANNO PERSO TUTTO

ESTORSIONI E SEQUESTRI

29PRESENZA MAFIOSAII posto in classifica diMilano nella graduatoriadella presenza mafiosanelle province italiane(secondo il Mafia Index,che fotografa la diffusio-ne della criminalità)

11,4%IL PIZZOLa percentuale delle dittedi costruzione in Lombar-dia che hanno dichiaratodi aver subito un episodiodi estorsione negli ultimi3 anni (alberghi e risto-ranti sono il 9,4%)

9631 SEQUESTRISono i beni sequestratia Milano alla criminalitàorganizzata negli ultimi19 anni. Si tratta di ville.aziende, box, garage.autorimesse, fabbricati,terreni

Cfè, non c'è. C'è, non c'è. Il sindacodi Milano Giuliano Pisapia ha det-to che un commerciante su cinque

paga il pizzo. Impossibile, non risulta, icasi inquadrali dalle statistiche sono po-chissimi, l'emergenza non esiste, hannorisposto forze dell'ordine e associazioni dicategoria, la Prefettura e la Confcommer-cio. Chi ha ragione? Uno esagera e gli altriminimizzano?Martino Codispoti è un uo-mo Ionissimo che piange, è un adulto conancora la passione di quand'era bimbo, èuna povera vittima che vive come un lati-tante in fuga da un omicidio. Ha iniziato afare il parrucchiere a sette anni, nella na-tia Calabria; a Milano ha aperto più d'unnegozio, fatturava tanto, roba di milionidi lire al mese, ha pagato il pizzo, roba dicentinaia di milioni, i due aguzzini sonostati presi, condannati e incarcerati, maora Codispoti, a 60 anni, sta nascosto inuna casa popolare, dovreste vederlo, l'ap-

partamento, in perfetto ordine e pulito, unsughetto sul fornello, notte fonda anche a

mezzogiorno, le tende tirate e le persianeabbassate, aspettando che i due, magariprima o poi succederà, escano e venganoa trovarlo per vendicarsi.Nell'attesa campa con un sussidio socia-le di nove euro al giorno, da un'infinitàdi tempo la sua pratica d'accesso ai fondistatali di sostegno per le vittime di pizzoe usurn o bloccata. Servono tonnellate didocumenti, di prove, di carte. L'ultimo in-

toppo è dovuto ad alcune mancate presen-tazioni dei redditi. «Le ho sempre versate,le tasse. Ma ci sono stati periodi, lunghi,che sono stato picchiato, che mi hannodevastato la vetrina, che hanno incendiatotutto, che per paura dormivo in macchinalontano da Milano. Come diavolo facevoa pensare alla denuncia dei redditi? Melo spiegassero». Nel caso, che facciano infretta. Codispoti ha già provato ad ammaz-zarsi.

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dei 08/12/11 Estratto da pagina 44

QUELLE TELEFONATE DI MINACCIAUno dei suoi negozi stava in Porta Roma-na. Quant'è strano: in quei locali lavoranosempre dei parrucchieri. Sono cinesi. Sullevetrine ci sono annunci di promozioni esconti. Tagli a pochi euro. La cinese è unadelle due comunità milanesi che pratica-no il pizzo. La seconda è quella italiana.Più potente, presente, perentoria. Si leg-ge in un'ordinanza di custodia cautelaresul clan Plachi firmata dal giovane e ag-guerrito giudice Giuseppe Gennari che «la

metodologia manosa è già nella capacitàdi fare accettare come ineluttabile e nonpiù discutibile il pagamento del pizzo». Co-

munque, ovunque. E infatti Loreno Tetti,che aveva un camioncino di rivendita dipanini e birra dalle parti del Politecnico,una zona di giovani e di incasso garantito,così raccontava agli investigatori di unodegli aguzzini: «II Pinone mi diceva checomandava lui e che per stare tranquillodovevo pagare 200 euro alla settimana al-trimenti sarebbero successi dei fatti spia-cevoli». A volte Tetti rifiutò di pagare. «Miminacciò che avrebbe messo vicino al mioautonegozio un altro commerciante conil chiaro intento di danneggiarmi nellevendite». La concorrenza arrivò. E Pinonenon si fermò. Aggiunge Tetti: «Prima dellefeste di Natale ricevevo una telefonata... midisse che sapeva dove abitavo».Il clan Plachi è guidato dal vecchio Pepe,trent'anni di malavita, omicidi e antologiacriminale del Nord Italia. All'Isola, uno deiquartieri di Milano più proiettati sul futu-ro, non fosse per i grattacieli in costruzio-ne con gli appartamenti prenotati da star-lette e calciatori, pare ci siano proprio iPlachi fra i protagonisti della speculazioneimmobiliare. Storici e redditizi locali perl'aperitivo e il brunch domenicale rilevatie trasformati, appartamenti comprati spe-cie nell'asse centrale, la bella e pariginavia Borsieri, certi tizi che si presentanocon mazzette di contanti. Questo negozioè in vendita? C'è già un acquirente? C'èl'accordo preliminare?Non ci frega niente,noi offriamo cinquantamila euro in più.Subito. Affare fatto? È nostro.

LE ARMI E LA TOMBAPaolo Bocedi, 59 anni, ha il porto d'armieppure dorme con la luce accesa. «Se èspenta mi sembra di stare in una tomba»,dice. A lungo è stato zitto e ha versato sol-

di. Non poteva comportarsi altrimenti:«Iniziarono a parlarmi di mia figlia. Era-no pronti a ucciderla». Bocedi aveva unagrande esposizione di mobili, aveva unabarca, macchine, esotiche vacanze. Si èribellato al pizzo. «Succede. Per forza. O

ti lasci sconfiggere e distruggere, oppurereagisci. Per il bene tuo e prima ancoradella tua famiglia. Ho reagito. Mi sonopresentato all'ennesimo appuntamentoper la consegna dei soldi in compagniadei carabinieri. Senza star lì a pensare a

eventuali controindicazioni. Lo feci. Vissisotto scorta per quattro anni. Sono ripar-tito. Ho un'altra ditta. Ma non dico dov'è,l'azienda. Niente indirizzo. Non si è maisicuri». Paolo Bocedi è il presidente dell'as-sociazione anti-racket dal nome "Sos Italialibera". Chiederà che Milano, ed è sicurodi trovare l'appoggio oltre che di Pisapiadi un prefetto particolarmente sensibilequale Gian Valerio Lombardi, distribuiscaa negozianti e piccoli imprenditori un que-stionario anonimo, da compilare e spedireal Comune. Tré domande per altrettanterisposte su "sì" e "no". Barrare con unaX: sono vittima del potere bancario, sonovittima di pizzo, sono vittima di usura.L'usura, il pizzo, le banche. Per contare,per capire.

L'ASSICURAZIONE SULLA VITAUn ristorante vicino alla vecchia Fiera.Cantieri edili nell'hinlerland e in Lombar-dia. Non andava male. Poi vennero i debitie Roberto Pecoraro fu fatto prigioniero eschiavo dalla 'ndrangheta. Autista, came-riere, factotum per una potente dinastia, i

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del 08/12/11 Estratto da pagina 44

SCHIAVO DELLA•NDRANGHETARoberto Pecoraro•'-veva un ristorante•.'l(. ino alla vecchiaFiera milanese-Non andava male.ma vennero i debi-ti. La banca disseno. e cosi l'impren-ditore rinì nellemani di un clandella'ndrangheta.iValiff. saliti da Reg-RIO Calabria- Oggivive in un camper

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Martino CoLSr,>, '

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"Soffocati dalla 'ndrangheta" Si chiama così la videoinchiesta in ottopuntate su Corriere.it. realizzata dal giornalista Ruben H. Oliva perCorriere Tv. Un viaggio che da Milano passa per la provincialombarda con immagini inedite, testimonianze, interviste (tra cui il

sindaco Giuliano Pisapia) e denunce, come quella anonima di unfunzionario della Dna. Uno spaccato drammatico su una realtàinquietante che sembra quasi impossibile da immaginare al Nord.

LA CINESE È UNA DELLE DUE COMUNITÀ MILANESI CHE PRATICANOIL PIZZO. LA SECONDA È QUELLA ITALIANA. PIÙ POTENTE

E PERENTORIA. LA METODOLOGIA MAFIOSA È GIÀ NELLA CAPACITÀDI FAR ACCETTARE COME INELUTTABILE IL PAGAMENTO

Valle, saliti da Reggio Calabria alla provinciadi Milano per controllare gli appalti poggian-do su usura e riciclaggio. Pecoraro, 55 anni,aveva una banca di riferimento. «Mi cono-scevano, avevo depositato e fatto girare delbei denaro. La mia attività di imprenditoreaveva avuto successo. Ci fu un momento didifficoltà. Andai in rosso. Avevo bisogno di

un prestito. C'erano fornitori e dipendentidapagare. La banca disse no. Mi cacciarono co-me un ladro. Girai per altri istituto di credito.Idem». Che le banche andassero a quel paese,gli dissero. Ci sono i Valle. Il clan Valle è statostroncato da un'inchiesta della squadra mo-bile della Questura di Milano. Applicavanotassi d'interesse del duecento per cento. PerRoberto Pecoraro fecero un'eccezione. Vistoche non sarebbe riuscito a ripagarli, lo pre-sero a lavorare.Lavorare. Sette giorni su settetutte le settimane di tutti i mesi per dodici

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ore al giorno. Ogni tipo di mansione. Trat-tato come una bestia da soma. Nelle cartedelle indagini c'è una telefonata, un dialo-go. Un collega che sa, domanda a Pecorarocome possa sopportarequell'umiliazione. La

risposta: «Non posso ribellarmi, sono fallito,ho un debito».

Oggi Pecoraro, per risparmiare, vive in uncamper. È stato assunto in una ditta, guidauna betoniera. Ha precedenti penali risalen-ti, spiega, ad anni fa, quando si picchiò conil compagno della prima moglie, che si erapiantato in casa come fosse la sua e che aveva

scoperto frugare tranquillo nell'adorato mo-bile-bar del soggiorno. Intemperanze passate.Dice d'essere un uomo nuovo in ogni senso:«Ho chiuso, i debiti sono stati saldati».Chissà se finisce. Forse i debiti non smettonodi inseguirti. «Ogni tanto salta fuori qualcu-no che ricorda d'aver prestato del denaro. E

dove trovo i soldi?», riprende a raccontareMartino Codispoti. «Mi chiamano vecchiclienti, abitano fuori città, corro. Far barbae capelli è il mio mestiere, con le forbici inmano mi torna un briciolo di contentezza.Però pagano venti, trenta euro, non bastanomanco per gli spostamenti in treno. Vorreiaprire un negozio di parrucchiere, per co-me sto messo va bene anche se mi chiamanocome aiutante, garzone, ragazzo di bottega.Non ho nulla da perdere. Rifarei tutto? Cono-sco commercianti che pagano il pizzo e nondenunciano. Per scelta, per comodo. Consi-derano il pizzo un'aggiunta sull'affitto men-sile, una specie di assicurazione sulla vita.Non ti succederanno incidenti, i clienti nonsmetterannodi presentarsi, i bilanci sarannoin attivo. Nessuno mai e poi mai ammetteràil pizzo. Vieni, andiamo a conoscerli». <•

che non esista una emergenza-racketdi 'ndrangheta. Oppure è un mondo pa-rallelo quello degli imprenditori o ne-gozianti che, lamentano gli inquirenti,«non troviamo dietro la nostra porta achiedere di parlare con noi per denun-ciare le intimidazioni» neppure dopole retate e maxicondanne degli ultimidue anni. Il pool antimafia milanese,in effetti, le sta provando davvero tut-te, e anche parecchio pesanti: ha fattocondannare come "associati ai clan"imprenditori che si dicevano costretti alavorare con i boss, ha commissariatorami d'azienda e filiali di banche che"oggettivamente" agevolavano le co-sche, e ha persino arrestato talune vit-time di usura per favoreggiamento nondel singolo usuraio ma della famiglia di

'ndrangheta in quanto tale."Gli imprenditori decidano se stare conlo Stato o con i clan" è tuttavia paro-la d'ordine che rischia di avvizzire neitribunali se prima non trova, a irrobu-stirla. non soltanto inquirenti credibilinel tutelare chi collabora. ma anchebanche che sostengano chi lo meritaanziché riconsegnarlo agli usurai, unaburocrazia statale che controlli chi faimpresa senza zavorrarlo, e soprattut-to cittadini empatici. A coloro ai qualiviene bruciato il negozio o minacciatoun figlio, il senso civico può pure sem-brare un lusso: ma quando a bruciare il

negozio o a minacciarè il fig li o è qualcu-no che avrebbe potuto essere già arre-stato se precedenti vittime o testimoniavessero aiutato gli inquirenti, allora il

lusso sono le lacrime di coccodrillo. E

senso civico diventa solo il sinonimo di

responsabilità reciproca, l'unico mododi una collettività di stare insieme. <•

// corn meri

SENSO CIVICOE LACRIME DICOCCODRILLOdi Luigi Ferrare/la

Si può esigere il coraggio da chi siavittima degli esattori di 'ndranghe-

ta? Da un po' di tempo a Milano una del-le due possibili risposte è frutto di unaillusione ottica. O vive su un altro piane-ta chi nell'anemica statistica di denuncedi microattentati motiva la convinzione

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