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LA FABBRICA CHIUDERÀ, MA SOLO LA DOMENICA E I FESTIVI DI MAIO: SCONGIURATO L’AUMENTO DELL’ILVA IL NOTTURNO PERIODICO DI SATIRA E BUONUMORE - Anno XXII - n. 49 - NOVEMBRE 2019 - Direttore Responsabile: Antonio Galuzzi - Aut. Trib. MN n. 5/97 del 23/05/1997 - COPIA OMAGGIO me genuit IL SENSO DEI MANTOVANI PER LA FUMANA NEW YORK VIETA IL FOIE GRAS: «INGRASSARE GLI ANIMALI CON UN TUBO È CRUDELE». MA AL MCDONALD NON DAVANO I PIATTI? Conte: «Quelli di AncelorMittal fanno gli indiani» - Zingaretti: «Risanare l’azienda, l’am- biente e già che ci siamo anche il Pd» - Meloni: «Sono tarantina, sono un’operaia, sono ta- rantolata!» - Berlusconi: «Milva deve rimanere italiana» - Renzi: «Se Taranto muore, l’Italia Viva!» - Emiliano: «Trentatrè tarantini entreranno all’Ilva tutti e trentatrè ricapitalizzando» Si dice che i norvegesi abbiano moltissime definizioni per la neve che può essere di tantis- simi tipi. Chissà invece quanti sono i ter- mini che i mantovani usano per la nebbia… Ebbene nel vocabolario di Fer- dinando Arrivabene sono solo due le parole: Fumana e Nebia. Se partiamo dalla seconda si rimanda alla prima e se andiamo a Fumana ecco cosa si legge: “Nebbia, vapore che sollevasi dai luoghi umidi e bassi, e che più o meno intorbida l’aria”. Questo vuol dire che per i man- tovani la nebbia è una sola che si tratti di nebia o fumana. Quello che cambia sono solo diminuti- vi e accrescitivi. Se infatti la Fumanela è la neb- bietta, quella che troviamo la mattina e che da l’idea di essere in una sauna finlandese dove vige la regola del “vedi non vedi”, il Fumanon è il nebbione, quello che all’ultimo dell’anno ti faceva arrivare quando lo spumante era già stato stappato. Il Fumanon un tempo a Manto- va era la regola mentre oggi è l’eccezione, e so di mantovani che ne sentono la mancanza perché vivere nella fumana a volte ti consente di staccare da tutto e, soprattutto, quando se ne va di accorgerti finalmente di quello che ti circonda. Interessanti anche i significati secondari di Fumana, soprat- tutto quando cambia l’accento. Ad esempio Fumana vuol dire anche stizza o ira (andar in fumana vuol dire impermalire ovvero saltar la mosca al naso. Fumanà invece vuol dire anneb- biato cioè offeso dalla nebbia. Anche Fumanela ha un altro significato che vuol dire piovi- scolo mentre fumanesar signi- fica pioviscolare cioè cadere frequenti e minutissime stille a guisa di pioggia. E voi cosa utilizzate per dire nebbia? Giacomo Cecchin ULTIM’ORA Roma: tabaccaio cinese spara a rapinatore italiano. di Valerio Coscetti di Fabrizio Bragagnolo

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Page 1: NEW YORK VIETA IL FOIE GRAS: «INGRASSARE GLI ...facciamo fatica a parlare e persino a respirare. Ci rendiamo conto che evidente-mente tutto il nostro vivere ruota attorno all’anulare

LA FABBRICA CHIUDERÀ, MA SOLO LA DOMENICA E I FESTIVI

DI MAIO: SCONGIURATOL’AUMENTO DELL’ILVA

IL NOTTURNOPERIODICO DI SATIRA E BUONUMORE - Anno XXII - n. 49 - NOVEMBRE 2019 - Direttore Responsabile: Antonio Galuzzi - Aut. Trib. MN n. 5/97 del 23/05/1997 - COPIA OMAGGIO

me genuitIL SENSO

DEI MANTOVANIPER LA FUMANA

NEW YORK VIETA IL FOIE GRAS: «INGRASSARE GLI ANIMALI CON UN TUBO È CRUDELE». MA AL MCDONALD NON DAVANO I PIATTI?

Conte: «Quelli di AncelorMittal fanno gli indiani» - Zingaretti: «Risanare l’azienda, l’am-biente e già che ci siamo anche il Pd» - Meloni: «Sono tarantina, sono un’operaia, sono ta-rantolata!» - Berlusconi: «Milva deve rimanere italiana» - Renzi: «Se Taranto muore, l’Italia Viva!» - Emiliano: «Trentatrè tarantini entreranno all’Ilva tutti e trentatrè ricapitalizzando»

Si dice che i norvegesi abbiano moltissime definizioni per la neve che può essere di tantis-simi tipi.Chissà invece quanti sono i ter-mini che i mantovani usano per la nebbia…Ebbene nel vocabolario di Fer-dinando Arrivabene sono solo due le parole: Fumana e Nebia.Se partiamo dalla seconda si rimanda alla prima e se andiamo a Fumana ecco cosa si legge: “Nebbia, vapore che sollevasi dai luoghi umidi e bassi, e che più o meno intorbida l’aria”.Questo vuol dire che per i man-tovani la nebbia è una sola che si tratti di nebia o fumana. Quello che cambia sono solo diminuti-vi e accrescitivi.Se infatti la Fumanela è la neb-bietta, quella che troviamo la mattina e che da l’idea di essere in una sauna finlandese dove vige la regola del “vedi non vedi”, il Fumanon è il nebbione, quello che all’ultimo dell’anno ti faceva arrivare quando lo spumante era già stato stappato.Il Fumanon un tempo a Manto-va era la regola mentre oggi è l’eccezione, e so di mantovani che ne sentono la mancanza perché vivere nella fumana a volte ti consente di staccare da tutto e, soprattutto, quando se ne va di accorgerti finalmente di quello che ti circonda.Interessanti anche i significati secondari di Fumana, soprat-tutto quando cambia l’accento.Ad esempio Fumana vuol dire anche stizza o ira (andar in fumana vuol dire impermalire ovvero saltar la mosca al naso.Fumanà invece vuol dire anneb-biato cioè offeso dalla nebbia. Anche Fumanela ha un altro significato che vuol dire piovi-scolo mentre fumanesar signi-fica pioviscolare cioè cadere frequenti e minutissime stille a guisa di pioggia. E voi cosa utilizzate per dire nebbia?

Giacomo Cecchin

ULTIM’ORA

Roma: tabaccaio cinesespara a rapinatore italiano.

di Valerio Coscetti

di Fabrizio Bragagnolo

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La [email protected]

Antonio GaluzziEnrico Ettore Alberini

HANNO COLLABORATOFratelli Bolivar - Max Boschini - Fabrizio Bragagnolo - Francesco Brescia - Giacomo Cecchin - Valerio Coscetti - Corrado Giamboni - Palestra Kotiomkin - Marco Mauro - Gianni Pugnaghi - Roberto Ricci

Stampato in 1.000 copie da Fda Eurostampa di Borgosatollo (BS).

Distribuito in omaggio.

On line: www.ilnotturno.net/cover.htm

Non ci sono più le nebbie di una volta

2VADEMECUM IL NEGOZIONE DEI CINESINel negozione dei cinesi

c’è quasi tutto.  È un quasi tutto ben ordina-

to, in fila per sei col resto di due centesimi, un quasi tutto dal deciso aroma di polivinilcloruri vari e smalti acrilici che ti entra nelle narici e lo starnutisci do-podomani. I neon non perdono mai colpi nel negozione dei cinesi. Illuminano tutto.Là dentro nessuno si cura del-la grafica, del lettering, della brandizzazione degli spazi. Le scritte sono fatte col pennarel-lo nero, malissimo. Huawei, Samsung, Apple, Saldi, Sconti, NON APRIRE LE CONFEZZIO-NI. Tutte sul loro bel cartoncino fluorescente, su una distesa sterminata di cover, cavetti, pellicole.Il core business del negozione dei cinesi sono le pazzielle per gli smartphone. Le luci sono ordinate, così come ben visi-bili le telecamere del circuito chiuso che vigilano sui furti che tu sicuramente stai per commettere. Come deterrente c’è sempre il cinese di una certa età che appare dal nulla a inizio corsia, materializzandosi, e ti scruta a tre quarti. Allora tu hai pure paura a metterti una sem-plice mano in tasca, a prendere il cellulare, a giocherellare con le chiavi. Il cinese di una certa età del negozione dei cinesi os-serva contemporaneamente le tue mani e quelle del tipo al tuo fianco, in uno strabismo ben calcolato che fa del cinese del negozione il peggior nemico dei taccheggiatori.O almeno questo è quello che crede lui. Sì, perché proprio dietro al cinese guardingo c’è un cliente italiano di 70 anni, più guardingo di lui, che si sta imboscando 2 lampadine a risparmio energetico alla fac-cia sua. E tu te ne resti zitto, perché va bene fare gli onesti, ma il cinese ti stava mettendo a disagio con quel suo sguardo cinese da investigatore privato cinese e allora sticazzi della delazione. Muori.Nel negozione dei cinesi ora non c’è più musica di merda cinese nelle casse, come un tempo, perché allontanava la clientela o nel peggiore dei casi

sappiamo fare.Quindi io chiedo ai capi cinesi dove possa trovare questa colla a presa rapida, e loro mi guar-dano straniti, appendendo la loro testa cinese su di un lato, come se gli avessi chiesto di donarmi l’ipotalamo, per poi urlare qualcosa a quello del Bangladesh in cassa che poi dice al microfono «*#§#$%», che tu non sai se vuol dire «cazzo significa colla a presa rapida?», o «c’è un uomo bianco cattivo che vuole il mio ipotala-mo» oppure «aiutatemi».Così me ne sto lì, nel negozione dei cinesi, aspettando che arrivi un interprete locale a dirmi che loro la colla a presa rapida non la trattano. Quasi mi vergogno di avergliela chiesta questa colla a presa rapida. Ma che cazzo mi è calato in mente di uscire di domenica mattina per della colla a presa rapida, anemechivemmuorto, mi dico tra me e me.Stordito dagli effluvi di vernice sintetica di stivaloni da cavalle-rizza in offerta a € 29,99, rinun-cio quindi ai miei propositi. E resto lì, inebetito, nel negozio-ne dei cinesi, con la mia busta di stoffa, tristemente vuota, in mezzo a un magazzino pieno zeppo di oggetti vacui, cullato dal “Non avere paura” che gri-da sguaiatamente dalle casse Tommaso Paradiso, aspettan-do rassegnato che giunga ad investirmi in corsia l’intera fila di carrarmati di Piazza Tie-nanmen.

Francesco Brescia

Ero convinto ci fosse sotto qualcosa. Troppi indizi, troppe cose balza-vano ormai agli occhi. Il velo, che fino a poco tempo fa ci proteggeva, si stava alzando, scoperchiando qualcosa di mostruoso e al quale non ero per nulla pronto. Pallido come un morto, invocavo il mio sudario, quella maschera protettiva che tutto rendeva più chiaro: il bene da una parte, il male dall’altra. Quest’ultimo lo sentivo vicino, ogni giorno di più, sempre più vicino. E allora lo voglio dire, sia maledetto l’uomo e lo scempio che ha perpetrato, perché nulla è più come prima. Il tempo è cambiato, il tempo è giunto, i segnali sono inequivocabili: pesci siluro, gamberi della Louisiana, cimici asiatiche, rane cthulhu e pure le tartarughe azzannatrici. Viviamo all’inferno, dovrebbe ormai essere chiaro, la temperatura si sta alzando e finiremo tutti abbrustoliti, sotto questo sole cocente che tutto secca, che tutto assorbe. La nebbia è sparita per sempre e ora vi vedo, abbronzati da fare paura, mentre mi additate come il diverso, il pallido, l’amante del chiaro di luna… io sono leggenda!

Max Boschini

quelle nenie trasformavano l’atmosfera nella lounge soft core di un centro massaggi ci-nese, con pavloviane erezioni da parte di seriosi ragionieri lì solo per prendere lo scotch. Ora c’è musica italiana con-temporanea di merda, ma al-meno nessuno si eccita più a sproposito.Il negozione dei cinesi vende 600 tipi di cartine diverse, undicimila lumini di Padre Pio e ha una corsia di roba per ani-mali lunga 3 km. Ma non ha un tubetto di colla a presa rapida. Perché non ce l’hai la colla a

presa rapida, negozione dei ci-nesi? Che male ti ha fatto la col-la a presa rapida? Cos’è, sacra in Cina questa fottuta colla a presa rapida? Perché pensate alle si-garette da rollare, alla luminosa fede meridionale e all’outfit delle bestie casalinghe, e non pensate a noi che vogliamo solo incollare in modalità sem-piterna tra loro delle cose rotte male, quella bella colla che poi ci resta la pellecchia tra le dita e la sfogliamo come si fa coi carciofi, e che non riesci mai a non far sboccare più di quanto te ne serva dal tubetto?

Negozione dei cinesi, tu sei pie-no di lavoratori al tuo interno. Ma raramente hai la cosa che mi serve. I tuoi capi sono cinesi, poi ci sono quelli del Bangla-desh in cassa, poi quelli dello Sri Lanka al magazzino dietro e infine a rimettere a posto la roba sugli scaffali, al termine di questa scala sociale tipica dei negozioni, ecco che ci sono due ragazzi italiani.Ma quando ti serve una cosa, loro non ci stanno mai, perché magari sono a rimettere a posto la sabbia per gatti o i quadri col Papa, come solo noi italiani

di Enrico Ettore Alberini

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3PALESTRA

Il tagliettoal ditino

www.kotiomkin.it - www.facebook.com/kotiomkinlab

AMANDA KNOX AVRÀ UNA RUBRICA SU AMORE E VITA.ACCANTO A VITTORIO FELTRI CHE PARLA DI ACCOGLIENZA E QUOTE ROSA.

indovinello

ER CANE BBIANCOChi è?

di Gianni Pugnaghi

Soluzione a pagina 7

Qualche tempo fa mi sono fatto una piccola ferita al dito. Ho provato a lamentarmi, MA NON LO FARÒ MAI PIÙ.Quando un uomo si taglia un dito, tipo, che so, l’anulare della mano destra, si sente un uomo finito.Cerchiamo aiuto nel mondo, chia-miamo gente a caso, ululiamo, perdiamo i sensi, immaginiamo la sicura amputazione dell’arto.Ci mettono una goccia di disinfet-tante. E riperdiamo i sensi. Chie-diamo che si chiami un medico, un primario, una barella e un prete.Una volta medicati, non sappiamo più digitare su una tastiera, guidare, tenere la forchetta. In alcuni casi facciamo fatica a parlare e persino a respirare.Ci rendiamo conto che evidente-mente tutto il nostro vivere ruota attorno all’anulare della mano destra, e non ce ne eravamo mai accorti. Diventa il dito portante della nostra intera esistenza.Ci prendiamo 7 giorni di malat-tia. Rantoliamo. Non vediamo l’ora che passi, raccontiamo a tutti di questa ferita come fossimo reduci di guerra. È un taglietto, ma per noi è gravissimo. Immaginiamo infe-zioni batteriche estese per l’intero organismo, pus, piaghe purulente.Dopo 3 giorni il dito è a posto, ma nei nostri eroici racconti c’è tutta l’epopea di quelle giornate passate a fare cose aiutandosi con la mano sinistra e solo 4 dita della destra.Ci faremmo volentieri un tatuaggio sulla spalla, al fine di narrare ai posteri le gesta di noi, con il dito fuori uso, alle prese con la dura vita di tutti i giorni. Ci sentiamo dei sopravvissuti.Quando una donna si taglia un’inte-ra mano, sembra non sia successo nulla.Il sangue gronda, ma loro si sposta-no accorte fino al primo strumento di soccorso e si automedicano.Capovolgono una damigiana di disinfettante sopra e poi suturano la ferita con misteriosi ritrovati.Vuoi chiamare un dottore ma la donna no, ce la fa da sola.Quale dottore, tsè. Lei torna al lavoro in ufficio, subito. E fa pure le faccende di casa. Contempora-neamente.Continua a ficcare le braccia dentro a secchi ricolmi di acqua e candeg-gina, sposta il braciere ardente del camino con i polpastrelli, mentre con una gamba telefona alla banca e con l’altra stampa una ricerca di mercato al Pc.Le chiedi se abbia dolore, e ti guar-da come se fossi pazzo. Muove quella mano praticando acrobazie digitali mai viste prima. In un giorno la ferita si ricompone da sola perché ha paura della donna stessa.Da quel momento in poi non ci saranno cicatrici, solo sguardi di ammonimento verso noi uomini.Quando un uomo che si è tagliato un dito incontra una donna che si è tagliata una mano, l’uomo che si è tagliato un dito deve solo farsi i cazzi suoi.

Francesco Brescia

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4EVENTI

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5SEGNI DEI TEMPI

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R.I.P. - REQUIESCAT IN PACE6NARRATIVA

Carissimi colleghi,Vi ho qui riuniti perché desidero delinearvi la

nuova proposta editoriale che brulica da qualche tempo nella mia testolina, e che andremo senz’altro a pubblicare entro breve, non appena tutti gli ac-cordi del caso saranno stabiliti fin nei minimi particolari con l’Editore, la litografia, l’Agenzia pubblicitaria e voi, mia ineffa-bile Redazione. Il mondo della carta stam-pata – come ben sapete – è un’arena dove si combatte senza scrupoli, e ovviamente senza pietà, per accaparrarsi il gradimento del lettore. I lettori ci sono, sempre, per qualsiasi giornale: bisogna solo invo-gliarli a comprare un giornale – il nostro – piuttosto che un altro – la concorrenza – perché il nostro è il più interessante e quello che regala maggiori emozioni. Dobbiamo quindi capire cosa cerca il lettore, cosa desi-dera leggere, cosa vuole sape-re... Cultura, dite voi? Noo! Certo, la cultura è importante, ma cultura la fa la televisione in orari così assurdi che nessuno la guarda, e anche se la facesse in orari decenti non otterrebbe audience e un programma sen-za audience è un programma flop, anche se fa cifre di cultu-ra; cultura la fanno i giornali specializzati che ti arrivano a casa incelofanati e così riman-gono fino a quando li porti alle campane per la raccolta diffe-renziata e li scelofani per non mischiare la plastica alla carta; cultura la fanno i giornali po-polari che mostrano insegnanti universitarie mezze nude e in-tervistano scrittori laureati che narrano storie pruriginose che tanto fanno scandalizzare ma poi diventano best-seller; cul-tura la fanno tutti ma la cultura non è più di moda da quando è diventata cultura di massa. La cultura deve essere elitaria, per poche persone veramente intelligenti, le quali verranno poi invitate ai talk-show dove la spiegheranno al volgo usan-do termini volgari: parolacce, doppi sensi e molta, grossola-na, nauseante demagogia. Quindi, come vedete, il lettore non cerca la cultura. Quei pochi che la cercano non ci interessano, perché a noi interessa il grande pubblico, e il grande pubblico vuole... Mazzetti, dillo tu cosa vuole il lettore! Storie di vita? No, dico! Maz-zetti: lo sai che ti sei giocato la tredicesima con questo sou-venir della tua passata attività cerebrale? E pensare che ti ho cresciuto come un figlio! Storie di vita! Ma dove siamo? Nessu-no di voi guarda la tivù? Come si fa a rendere meglio di una lacrima in diretta? Me lo dite voi come si fa? L’espressione contratta del volto sofferente è tutto, l’occhio lucido e le parole rotte dal dolore o dalla commozione sono l’indice di gradimento: ma come si fa a raccontarlo in modo da competere con le storie di vita illustrate dalla televisione?

di pubblicità e dai l’ordine di raccogliere clienti per il nuovo giornale: fioristi, marmisti, becchini, inceneritori, forni, pompe funebri, cofani, casse, falegnami, muratori e archi-tetti specializzati in chiesolini da cimitero, trasporti salme, drappi e fasce, rivenditori di ghiaino e candele, autisti con mezzo furgonato, ditte di refrigerazione, truccatori e ri-compositori salme, sarti, cori, e tutto quello che ti viene in mente di triste. Cerrini, ah no, tu ti sei già ipotecata la liqui-dazione. Betulli, tu ti occupi delle interviste: rompi sempre le scatole a tutti qui in ufficio con le tue allergie, sarà utile averti per un po’ fuori dai piedi. Lisino, tu pensa ai gadget da inserire come omaggio insieme al giornale, del tipo fazzoletti di carta aromizzata alla cipolla per i meno sensibili che non vogliono fare brutta figura a un funerale importante, dvd che illustra il galateo da seguire durante le cerimonie funebri, sacchetti di ceneri da sparge-re in mare se si vuole fare gli esotici durante una crociera, oppure il libretto “Mille frasi alternative per non dover dire Condoglianze”, o ancora il “kit del perfetto feticista necrofilo” che fa molto trasgressivo. Lanzu, tu che per me sei come un fratello, oltre ai test non potresti occuparti dei casi di overdose? Sei sempre un po’ fuori, secondo me potresti infiltrarti in una compagnia di sballati e intervistare qualcuno negli ultimi istanti di agonia. Magari gli fai una bella foto e ci scriviamo sotto: “L’ultimo respiro esalato”! Dimmi se non è un’idea geniale! Laura, rintraccia tutti i casi di stupro finiti in tragedia, sia che fossero di gruppo sia che venissero perpetrati all’interno delle mura domestiche. Verrà fuori uno speciale settimanale che stuzzicherà i lettori più esigenti, soprattutto quando è la vittima dello stupro a reagire e freddare senza pietà l’assali-tore. Io mi occuperò personal-mente dei necrologi corredati dalla foto. Lo faccio perché mi piace stare insieme alla gente, avere rapporti d’intesa con persone provate dalla sorte, colpite dal destino avverso. Guarderò fotografie sorridenti, stringerò mani secche e fredde di sconforto, regalerò parole di circostanza ma sempre molto calde e gradite, compilerò liste di partecipanti al lutto, leggerò tutti i nomi per vedere se cono-sco qualcuno, sarò rattristato nel constatare quanti giovani perdono la vita per sbadatag-gine e, a malincuore, manderò il buon Betulli a parlare con la famiglia, col parroco, con i compagni di gioco, di lavoro e di studio del povero giovane che mi guarderà da una foto a colori con tutta la potenza della vita ormai frantumata addosso ad un platano centenario, ai bordi di una strada lunga e dritta, nella nostra generosa terra padana...

Antonio Galuzzi

tirsi solidale con le vittime di disgrazie, vuole immedesimar-si con i racconti dei familiari di quelle vittime per attenuare il peso delle proprie preoccupa-zioni, ha un bisogno costante di mescolare la realtà degli altri alla realtà della sua bolla di sapone: gioisce quando le disgrazie non lo colpiscono ma prova pietà per chi è stato colpito al suo posto. E la pietà è un sentimento che rende fieri, che appaga chi la prova con tanto trasporto e fa sentire fi-nalmente solidali, in un mondo

so quali sono gli annunci eco-nomici! Ma tu mi hai ascoltato fino ad ora? Io ti parlo di lutto, di disgra-zia, di annunci funebri, di mor-te... e tu sbavi i tuoi “annunci economici” come se fossimo alla ricerca del più mentecatto fra i nostri collaboratori? Ras-sicurati! Non c’è dubbio che sia tu. Adesso però avvicinati, lasciati guardare... Ragazzi: non compiangete quest’uomo? Ha impiegato la sua vita a costruirsi un’im-magine di redattore capace e

Storie di vita! Mazzetti, per piacere, lascia il tuo ufficio entro sera. Anzi, no, vattene subito a casa. Dunque, dicevamo? Ovvia-mente prima dell’intervento del vostro ex collega. Laura, vuoi dirlo tu? No, non ti caccio via, te lo giuro. Tu al-meno sei carina ed è sempre un piacere vederti in redazione. Cronaca rosa? Ma voi donne non pensate ad altro! Matri-moni principeschi o storielle estive che alimentano le chiac-chiere da spiaggia e le allusioni rivoltanti dei sondaggi e dei test che in tutti i giornali dila-gano come le erbacce nel mio orto o come la muffa che fa la tua capacità di discernimento, Laura. Laura, rimani pure, ma solo perché mi hai fatto giurare. Ovviamente senza stipendio per tre mesi. Poi se ne riparla. Allora, miei cari: qualcuno vuole rispondere alla mia do-manda? Come qual era la domanda! Cerrini, sei espulso! Vai a fare il caffè. Lanzu: tu che sei per me come un fratello... Cronaca nera? Lo sapevo che non mi avresti deluso. Sei sulla strada buona ma ancora non ci siamo. Il lettore non solo legge: vede! Non ha in mano il gior-nale dalla mattina alla sera, lui vive, cammina, si sposta, fa anche un mucchio di altre cose. Se c’è una fila di automobili pensa subito: “Ci sarà un in-cidente più avanti”, e quando vede solo un vigile che dirige il traffico ci rimane male. Se c’è confusione e un capannello di persone subito odora il delitto, il malore, la caduta, il suicidio, la rapina, la strage, il sequestro, la bomba... Il lettore cerca il sangue, l’auto accartocciata, la frenata sull’asfalto, il corpo e l’arma del delitto, la siringa usata, le testimonianze dei vicini di casa di quell’uomo così normale che potrebbe essere chiunque. Il lettore sogna di venire inter-vistato a sua volta e spiegare che il suo dirimpettaio era un uomo mite, schivo, taciturno, solitario e chissà perché ha sgozzato la moglie e i sette figli in tre minuti e dodici secondi; cioè, non perché li ha sgozzati, ma come ha fatto in così poco tempo! Il lettore ha bisogno di sen-

tanto brutto. Il lettore vuole partecipare al lutto di amici e parenti o pa-renti degli amici. Il lettore ama leggere il suo nome sotto l’an-nuncio funebre, perché quel nome verrà letto anche dagli altri amici o dagli altri parenti o da qualche conoscente e, da qualche parte, qualcuno dirà: “Ma pensa, era un amico di Remo, guarda che bell’uomo... Sì, però questa foto è stata scat-tata quando aveva vent’anni di meno!”. Il lettore ama i morti. E’ un sentimento scaramantico, al-lontana il presagio dell’effime-ro, mette la coscienza a posto, riscalda il cuore nell’essere vicini a chi è stato spogliato o derubato di una persona cara... Allora, miei prodi! Il lettore vuole un giornale di... Cerrini! Proprio non riesci a farmi passare il rimpianto di averti assunto! Cosa vuol dire “un giornale di annunci eco-nomici”? Cerrini, non dire certe cose quando ho oggetti contundenti a portata di mano! Certo che lo

spigliato, originale e godibile. Dopo vent’anni è ancora ad un livello così basso che al suo posto un fermacarte otterrebbe subito un aumento di stipendio se decidessimo di premiare l’utilità e la quantità del lavoro svolto qui in redazione. Cerrini, ora da bravo vai al posto, più tardi cerchi di scom-parire senza lasciare tracce, va bene? Cari colleghi, vi ho riuniti qui nel mio uffi-cio per parlarvi di un progetto rivoluzionario, estremo, che avrà un successo strepitoso: la testata, che uscirà quotidia-namente, si chiamerà “R.I.P.”, un nome conciso, facile, che spiega tutto. R.I.P. sta per “Requiescat in pace”, che tradotto sta per “Riposa In Pace”. Ragazzi, venite più vicino. Faremo un giornale di annun-ci funebri, partecipazioni, anniversari, condoglianze, ringraziamenti, interviste ai parenti di ammalati terminali, omelie di sacerdoti per la litur-gia funebre, epitaffi, necrologi, commenti di familiari e amici, statistiche e grafici su zone a rischio e mortalità, omicidi e sentenze di condanna per gli assassini, incidenti corredati da suggestive fotografie a co-lori da raccogliere con l’aiuto di uno speciale raccoglitore a ganci... Avete capito? R.I.P. è il no-stro futuro! Ragazzi: vi farò ricchi! Ma avete idea di cosa costa oggi far pubblicare su un quotidiano una righina col cognome della famiglia sotto l’elenco “partecipano al lutto”? Lanzu, tu che per mei sei come un fratello, occupati dei test da inserire nello spazio “Scopri se stai per morire”. Laura, tu chiama l’agenzia

Foto di Antonio Galuzzi, Amalfi 2015

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7CURIOSITÀ

La marcia su Roma... a Mantova

ABOLIRELA NEBBIA

di Jambo

Storie di ordinaria fobiaIL DECLINO DEL CANENELLA SOCIETÀ MODERNAC’è stato un tempo in cui il cane era semplicemente un simpatico animale senza troppe pretese, che se ne stava tranquillo a gironzolare per il giardino di casa ed accompagnava il padrone nelle sue passeggiate. Beh, le cose non stanno più così. Recenti sviluppi hanno trasformato il simpatico quadrupede in un vero e proprio status symbol. In primo luogo, ormai, è buona norma averne almeno due in famiglia, possibilmente della stessa razza (o marca?) da portare a passeggio e fare accomodare nei ritrovi più esclusivi. Soprattutto se di piccola taglia, nei mesi invernali è bene abbigliarli con tutine colorate, poiché evidentemente madre natura non ha provveduto a sufficienza dotandoli di una folta pelliccia. Se il cane si ostina a fare il cane e per caso, incrociandone un altro durante la passeggiata, si mette ad annusargli il culo, si approfitta dell’oc-casione per avviare un’interessante conversazione con il proprietario dell’altro animale, conversazione nella quale si descriveranno i caratteri dei rispettivi quadrupedi come fossero umani (lui è fatto così, a lei non piace il gelato, lui non sopporta la tv accesa, lei è abituata a fare la sua passeggiata a mezzanotte, ecc.). In caso di defecata improvvisa durante uno di questi fantastici dialoghi, sarà buona norma infilarsi il guanto di ordinanza con studiata nonchalance e raccogliere l’escremento ancor caldo depositandolo nel vicino cestino, senza per questo perdere il filo dell’amabile discorso (quanti sarebbero disposti a fare altrettanto per un anziano genitore?). Ad un cane

ormai è vietato dare gli avanzi del pranzo, pena la denuncia penale. Ora gli va garantita una dieta sana ed equilibrata, con prodotti appositi da acquistarsi in negozi rigorosamente specializzati. Infine, non va trascurato l’aspetto fisico, sicché un cane che si rispetti va portato con regolarità alla tolettatura, va abbellito con prodotti cosmetici e temiamo che pre-sto si svilupperà un ramo della chirurgia estetica per correggere i difetti fisici più evidenti e salvaguardare in questo modo l’autostima del canide. Nel mondo occidentale, ove si schiuma di rabbia se qualcuno ‘spreca’ risorse per aiutare qualche disgraziato in mare, si spendono svariate decine di miliardi di dollari l’anno per la cura dei propri cani. Ma non è nemmeno questa la cosa peggiore, pensate un po’. La cosa peggiore è che il cane, alla fine, sta peggio di prima. È stato snaturato, umanizzato, messo al centro di un’attenzione esasperata che non voleva e non ha mai chiesto, un po’ come è successo con i bambini (il paragone non sembri irriverente…). E così alla fine questo animale, che a fronte di mini-me attenzioni e cure ripagava con enormi quantità di affetto, ora il più delle volte si è trasformato in uno stronzetto isterico che abbaia in continuazione senza motivo. Un po’ la stessa cosa che è successa ai bambini. Insomma, ci pare che non si sia reso un bel servizio ad entrambi.

I DUE TABÙDELL’ECOLOGISMO MODERNOAnche i più distratti avranno notato che gli argo-menti ecologisti sono negli ultimi mesi diventati

sempre più frequenti. Ebbene, gli sceriffi per una volta non hanno nulla da ridire. Rilevano tuttavia che, anche nel dibattito ecologista, esistono dei tabù, argomenti che non è lecito nemmeno nominare. Il primo riguarda i figli. L’aumento tendenzialmente esponenziale della popolazione umana (per darvi un’idea, nel 1930 eravamo due miliardi, oggi quasi otto) è la causa più evidente dei problemi che af-frontiamo oggi. Se solo le coppie la smettessero di fare figli, o ne facessero quantomeno uno solo, nel giro di due/tre generazioni torneremo ad essere due miliardi, inquineremmo un quarto e ci sarebbero il quadruplo delle risorse a parità di tenore di vita. In questo senso, gli sceriffi, che hanno pensato bene di non riprodursi, si sono guadagnati il diritto, volen-do, di andare ogni giorno all’edicola a comprare il giornale in aereo: comunque inquinerebbero meno di una famiglia con tre figli che fa la raccolta diffe-renziata e usa le borracce per non sprecare plastica. E il secondo tabù? L’altro argomento di cui gli ecologisti non vogliono parlare? Beh, in questo li capiamo, trattandosi di aver a che fare con una delle lobbies più potenti del pianeta. Stiamo parlando della mafia dei volantini pubblicitari nelle cassette della posta. Ogni anno, miliardi di tonnellate di carta vanno sprecate e milioni di alberi sono abbattuti per riempire cassette della posta di pieghevoli che non interessano a nessuno e che nessuno legge. E non c’è niente da fare, nessuno ci può far niente.

Fratelli Bolivar(Gli Sceriffi)

Mantova è un cinema all’aperto da sempre. Non solo perché frequentatissime erano e sono le proiezioni estive in giro per il centro ma anche perché que-sta “Cinecittà” sulle rive del Mincio è un vero e proprio set a cielo aperto con tutto quello che la magia del cinema può portare.Ecco allora un focus su Manto-va al cinema partendo da “La marcia su Roma” di Dino Risi praticamente girato tutto in città e provincia.Nel 1962 arriva in città la troupe guidata dal regista con i due protagonisti Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman. È una città diversa da quella attuale. Lo notiamo soprattutto nella se-quenza girata in via Poma dove ad esempio le piante sono mol-to più piccole rispetto a oggi.Il suggerimento è di provare a riguardare il film e vedere se riconoscete tutte le scene girate in città.Noi ve ne segnaliamo almeno cinque con una piccola trasfer-ta in provincia.Via Guerrieri Gonzaga – È una delle prime scene del film e si vede un ufficiale in borghese, superiore di Vittorio Gassmann quando era un soldato nella prima guerra mondiale, sbu-care da una via che è proprio via Guerrieri Gonzaga. I due si incamminano verso via Frattini e a un certo punto entrano in un portone che conduce a un’oste-ria dove si fermano a mangiare. Nel film la scena è ambientata a Milano proprio nei giorni in cui si formano i Fasci di com-battimento.Via Poma – Ugo Tognazzi ha raggiunto Gassmann e i due sono impegnati a spazzare le foglie da una via di Milano perché gli spazzini hanno fatto sciopero. Si tratta in realtà di

via Poma con gli alberi sullo spartitraffico centrale e la ci-nepresa che probabilmente è piazzata all’altezza del bar all’angolo con via Giulio Ro-mano. La scena si conclude con una rissa che coinvolge anche i due protagonisti che al termine saranno messi in prigione sal-vo poi essere liberati dai loro camerati.Via Massari – È una delle sce-ne più famose del film. Siamo a Mantova in via Massari e proprio qui abita il giudice che aveva fatto condannare i due fascisti. La via si ricono-sce benissimo con i due che si incamminano alla ricerca dell’abitazione del magistrato. Suonano e salgono le scale por-tandosi dietro un manganello e una bottiglia di olio di ricino. La governante li fa entrare e quando arrivano al cospetto del giudice gli presentano la bottiglia. Questi affronta la cosa senza battere ciglio e beve l’olio senza fare alcuna smorfia e dando una dimostrazione di estrema forza e superiorità.Piazza Sordello – In piazza Sordello i due amici rimangono soli visto che i loro compagni sono partiti per la marcia su Roma lasciandoli soli. In una piazza ricoperta in parte dalla paglia Ugo Tognazzi si sveglia e si rimette gli stivali. Alle spalle dell’attore si intravede l’inizio di vicolo Bonacolsi.San Benedetto Po – A San Benedetto Po i due camerati partecipano a un assalto a una tipografia operaia. Siamo pro-prio sulla piazza del monastero. La facciata della chiesa si intra-vede alle spalle di Gassmann e di Tognazzi, circondati da sedie e altri materiali che sono stati gettati fuori dall’edificio oggetto del raid.

Giacomo Cecchin

caNE BBIAnco

indovinello

Bisognerebbe abolirla la nebbia, come una roba d’altri tempi. Tanto per cominciare è pericolosa per la circolazione, soprattutto se si va in autostrada, che hai sempre bisogno di un qualche camion davanti.Ma non è solo per questo. Tenden-zialmente fredda, la nebbia ti falsa la percezione della temperatura, soprattutto di notte, e ti fa venire la cervicale. Ma soprattutto, umida e indefinita com’è, toglie immedia-tezza alle cose rendendole incerte, come se fossero più lontane.Non sai mai dove sei davvero con la nebbia, non sai mai cosa è reale e cosa non lo è, non sai se sei vivo o morto. Non ti permette di capire dove finisce la realtà e dove comin-cia l’immaginazione. Nulla si sa, tutto si immagina, dice il regista ro-magnolo, ma non è mica una bella frase. Non a caso si dice che uno ha le idee annebbiate e anche questa non è una bella cosa. Ti incasina la mentalità, dice il cantante padano. Fa tutto un indifferenziato e non sai più dove buttare la roba.Insomma, bisognerebbe abolirla la nebbia perché oltre a essere inutile e rallentare tutto rende le cose troppe sfumate e indefinite, vaghe direbbe Leopardi. Invece, vuoi mettere le cose nette e senza incertezze? Avere le idee chiare, senti com’è più efficace? Andare subito al punto e poter dire pane al pane e vino al vino, e mandare a fare in culo qualcuno se c’è bisogno, altro che giri di parole.Invece no, con la nebbia ci si espri-me sempre con sfumature, appros-simazioni e avvicinamenti graduali, mediando e meditando le espres-sioni e giocando di sponda pren-dendosi tempo, non disdegnando l’uso di eufemismi quando non addirittura di litoti o di perifrasi: una inconcludenza di fondo, non adatta all’oggi.Oggi per fortuna la nebbia sta scomparendo completamente e con essa un certo modo di esprimersi. Siamo tutti più diretti e in diretta, connessi, un emoticon vale più di mille parole, non si gira troppo at-torno alle cose e si va subito al sodo, altro che sentimentalismi, frasario essenziale e semplificato e se c’è bisogno ti mando subito a cagare.

Quesito a pagina 3

Page 8: NEW YORK VIETA IL FOIE GRAS: «INGRASSARE GLI ...facciamo fatica a parlare e persino a respirare. Ci rendiamo conto che evidente-mente tutto il nostro vivere ruota attorno all’anulare

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