navigare nella info-sfera. appunti per un nuovo umanesimo digitale

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Operare in modo critico e creativo nell’era della informazione Navigare nell’info-sfera La democrazia è il potere di un popolo informato Alexis de Tocqueville Nicoletta Salvatori Editing e scritture professionali 2017 - Informatica Umanistica - Università di Pisa

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Operare in modo critico e creativo nell’era della informazione

Navigare nell’info-sfera

La democrazia è il potere di un popolo informato Alexis de Tocqueville

Nicoletta Salvatori Editing e scritture professionali 2017 - Informatica Umanistica - Università di Pisa

Temi caldi del giornalismo di oggi

❖ Qualcuno ha detto che il giornalismo è il secondo mestiere più vecchio del mondo

❖ La ridondanza delle notizie produce rumore di fondo

❖ Il giornalismo oggi: cane da guardia contro l’eccesso di potere o buca delle lettere delle necessità del potere

❖ Il problema delle fake news e del giornalismo urlato dei talk show

❖ La verità annegata negli effetti speciali o nella realtà virtuale?

I 5 principi del giornalismo1) Principio di verità: notizie libere da pregiudizi, inserite nel loro contesto, presentate con imparzialità

2) Principio giustizia: opinione separata dai fatti

3) Principio libertà: nessun interesse personale

4) Principio umanità: non ledere i diritti della persona

5) Principio responsabilità: l'informazione è un bene pubblico prezioso, un diritto costituzionale, un pilastro della democrazia

I pericoli

❖ L'informazione franca e scomoda sostituita dalla compiacenza verso il Potere

❖ La pseudo-informazione e la mancanza di educazione

❖ La superficialità nella scrittura che mima la superficialità nella lettura: uno studio condotto da alcuni psicologi dell’Università dello Utah ha dimostrato che quai l’80% dei cibernavigatori scorrono il testo e ne traggono solo parole chiave.

La post-verità e le fake-news❖ Diffidate di siti che presentano contenuti fabbricati appositamente per fare

soldi. Le persone dietro questi siti hanno imparato quali tipi di storie “muovono” le persone: quelle che producono curiosità morbosa o rabbia o autocompiacimento. Approfittano delle emozioni della gente accoppiando titoli convincenti con immagini accattivanti perché sanno che queste storie si diffondono sui social media. Ogni volta che un utente fa click sul link, i creatori fanno soldi facili grazie alla pubblicità.

❖ Ci sono modi per capire rapidamente se un sito rientra nella categoria “notizie false”. Ma poiché di solito troviamo queste “storie” sul nostro social network può essere difficile distinguere il vero dal falso e riconoscere le fonti.

❖ la regola d’oro è SEMPRE fermarsi e analizzare il contenuto e la fonte primaria prima di condividere una qualsiasi storia.

1.Controllare l’indirizzo web da cui arriva la notizia (URL)

2.Cercate il nome del sito. Se è una truffa è possibile che altri lo abbiano già individuato e denunciato nella rete

3.Osservate bene loghi e nomi spesso si usano titoli di testate scritti con errori che sfuggono a una lettura veloce , immagini sfocate, loghi simili ma non identici, errori di impaginazione che siti seri di testate on line non farebbero.

4.Diffidate se il sito in cui la notizia vi ha mandato ha troppo pubblicità o pessima pubblicità, banner lampeggianti o troppi pulsanti su cui cliccare…

5. Controllate: in ogni “buona” una notizia non mancano mai: ❖ la data❖ il nome del giornalista che la scrive ❖ le fonti (link)❖ la coerenza interna tra titolo e contenuto testuale e iconografico. (Gli inventori di

notizie false contano sul fatto che possono convincere a condividere anche solo con il titolo e la foto)

6.Quando approdate al sito/fonte controllate sul menù il “chi siamo” o “about us” non è raro che i siti di notizie false lo dichiarino apertamente per evitare problemi legali

7.Ricercate la foto su google così da scoprire se è stata manipolata o è vecchia e riciclata (aprite l’immagine ciccandoci così da aprirla in una pagina a sé, poi copiate e incollate il suo url in google image).

8.Controllate di chi è il sito cercandolo in who.is o altro

9.Controllate se altri siti seri lanciano la stessa notizia, se non è così dubitate fortemente del suo contenuto. Gran parte delle testate di informazione si appoggiano alle stesse agenzie per avere le notizie.

10.Diffidate di titoli sensazionalistici o emotivi. Le fake news sono fatte per emozionare e provocare o scandalizzare in modo da avere la massima visibilità dai social network. Se qualcosa vi sorprende positivamente o negativamente meglio chiedersi sempre: “ma sarà vero?”

Media ecology❖ Viviamo collegati da strumenti digitali in una InfoSfera che è definita dai

media. Nasce la necessità di un nuovo tipo di ecologia che riguarda noi e la nostra relazione con questo nuovo ambiente.

❖ http://blog.debiase.com/per-corsi/bocconi-2016-media-ecology/

❖ Per ecologia intendiamo di solito la scienza che studia i rapporti di relazione tra l'uomo, gli organismi vegetali e animali e l'ambiente in cui vivono. Il mondo digitale rappresenta tuttavia un nuovo ambiente in cui le relazioni sono tutte da studiare, ma che determinano molta parte delle nostre decisioni.

❖ I concetti teorici della media ecology vengono da lontano: Marshall McLuhan ne parla già nel 1964,

❖ Il termine media ecology è stato introdotto da Neil Postman nel 1968.

Il potere dell’informazione

❖ L’informazione cambia l’ambiente in cui viviamo e cambia quello che siamo e quello che saremo domani.

❖ Per la prima volta nella storia viviamo in un ambiente sovraccarico di informazioni e quasi completamente interconnesso in tempo reale

❖ Il mondo reale e il mondo virtuale si sono compenetrati così come il nostro io reale e il nostro io digitale

Le domande sul tappeto1.La crescente complessità dei mezzi di comunicazione influenza la nostra capacità di imparare, pensare, decidere, vivere insieme?

2.I media impoveriscono o arricchiscono la società? Esiste una sorta di “Intelligenza collettiva”?

3.L’uso dei BigData e dell’Internet of Thing sta trasformando l’ economia?

4.Come sta cambiando il ruolo dei giornali? Ha ancora senso parlare di “giornali” come contenitori o piuttosto come “controllo qualità”?

5.Algoritmi e robotica ci sostituiranno anche nei mestieri più intellettuali?

6.Come può la gente sfruttare l'opportunità che viene dal digitale? La nuova era digitale produrrà una nuova umanità digitale?

Innovation is a process, it is not a given

❖ Viviamo in un nuovo ambiente

❖ Questo ambiente è sovrabbondante di informazione

❖ La conoscenza è ormai digitalizzata

❖ 2000: 25% ———> 2013: 98%

❖ I nostri nuovi strumenti sono diventi estensioni di noi stessi assolutamente indispensabili. Siamo costantemente connessi anche in mobilità:

❖ “viviamo in un villaggio globale, facciamo parte dell’era dell’informazione in cui la comunicazione cresce a ritmi tali da non essere neppure misurabile” Marshall McLuhan

❖ MA QUESTO SIGNIFICA CHE SIAMO CITTADINI MEGLIO INFORMATI?

Il punto critico

❖ Non si tratta di un cambiamento che riguarda i media (ovvero i mezzi di divulgazione delle informazioni)

❖ Si tratta di un cambiamento che riguarda noi stessi e l’ambiente in cui viviamo: imparare a vivere in questo nuovo ambiente è la sfida di oggi e di domani

Una storia Sul finire degli anni ’50, l’economista Fritz Machlup stimò che tra il 1947 al 1958 negli Stati Uniti le attività economiche legate alla conoscenza come educazione, ricerca, informatica e telecomunicazioni erano cresciute a un tasso doppio rispetto al prodotto interno lordo dello stesso periodo. Era il primo segnale che un bene immateriale, l’informazione, stava assumendo un ruolo sempre più centrale nell’economia

Nella “Società dell’Informazione” l’informazione è alla base nell’economia eppure al grande valore che l’informazione ha assunto come bene immateriale, si contrappone il crollo del suo prezzo come prodotto materiale.

Nel corso degli anni Ottanta, la tecnologia ha infatti sancito il passaggio dall’era analogica a quella digitale,

Grazie allo sviluppo delle tecnologie digitali produrre, diffondere e archiviare informazioni è diventato facile, economico e veloce.

Dall’analogico al digitaleIl passaggio dall’informazione analogica a quella digitale ha coinvolto gran parte, se non tutti, i settori economici e gli aspetti della nostra vita.

La maggior parte dei contenuti che creiamo o che usiamo è in formato digitale: musica, video, foto, testi.

Nell’era analogica, l’elaborazione, la memorizzazione e il recupero erano diversi in base al tipo di informazione e necessitavano quindi di strumenti dedicati.

Nel mondo digitale, invece, tutto viene registrato allo stesso modo, cioè come stringhe di zero e di uno, e quindi tutti gli strumenti digitali, almeno in via teorica, sono in grado di farlo. La standardizzazione alimenta infatti la domanda di strumenti “tutto fare” come GLI SMARTPHONE

❖ Un’informazione digitalizzata può essere memorizzata su un supporto digitale indipendentemente dal fatto che si tratti di suono, immagine, testo, o qualsiasi altra cosa.

❖ Gli strumenti digitali possono essere utilizzati per produrre e memorizzare qualsiasi tipo di contenuto.

❖ Essendo questi strumenti prodotti su larga scala, i loro prezzi unitari sono scesi sempre più drasticamente.

Un archivio infinitoMa non solo produrre informazioni oggi è diventato facile, veloce ed economico.

La grande rivoluzione dell’era digitale è l’incredibile capacità di immagazzinare dati di ogni genere.

Inizialmente i costi erano decisamente più importanti: negli anni Cinquanta un megabyte (1 milione di byte) costava 70.000 dollari, oggi un hard disk da 500 gigabyte (500.000 megabyte) costa intorno ai 50 euro.

Il crollo dei prezzi dell’archiviazione di dati ha reso più conveniente conservare che cancellare.

Facebook aggiunge 500 terabyte (milioni di megabyte) di storage al giorno. Persino le informazioni che gli stessi utenti rimuovono dai propri profili pubblici restano comunque memorizzate negli archivi

Filtri inutiliL’informazione analogica implicava diversi costi: lo strumento con cui viene prodotta e quello con cui viene riprodotta, il supporto (carta, nastro magnetico, disco), lo spazio in cui viene conservata, la distribuzione, ecc. Questi costi si riflettevano sull’industria dell’informazione, che era costretta a mettere dei filtri che determinassero quale informazione pubblicare e conservare e quale no. “Il giornalismo è scelta!”

Nell’era digitale, buona parte di tutti questi costi è stata abbattuta e con questa anche i filtri della conoscenza che prima stabilivano quale fosse informazione di valore e quale no. Non c’è bisogno di scegliere

In questo modo, le aziende accumulano informazioni a costi bassissimi, tanto che preferiscono conservarle tutte piuttosto che scremarle in base alla loro utilità.

Lineare/ReticolareDal Medioevo la conoscenza e cultura sono organizzate sotto forma di libro. Intorno al libro si è creata l’organizzazione del sapere: indici, tassonomie, classificazioni, biblioteche, bibliografie. Il criterio di organizzazione dei contenuti (nella produzione, fruizione, conservazione ecc) era quello della linearità.

Con internet nasce l’ipertesto. I documenti ipertestuali sono organizzati a rete, una struttura multilineare e non sequenziale che porta ad una ridefinizione di quel sistema di organizzazione della conoscenza e della cultura.

Ad un sistema basato sulle biblioteche se ne sostituisce uno fondato sui motori di ricerca. Al libro si sostituisce il network

Alle informazioni si arriva tramite i link in modo non lineare e organizzate secondo classificazioni create dall’utente. Cambia anche il nostro modo di fare ricerca, di leggere e di pensare

La notizia senza contestoIl primo Web, quello chiamato Web 1.0, (nato tra il 1990-1991 sviluppato da Tim Berners Lee del Cern) era creato da pagine web statiche, cioè modificabili esclusivamente dall’autore/proprietario del documento stesso, che doveva avere necessariamente competenze di utilizzo dei linguaggi informatici. Gli utenti potevano soltanto avere ruolo di fruitori dei contenuti.

Con il Web 2.0, (così battezzato nel 2004 da Tim O’Reilly) inizia la fase in cui l’utente può interagire con le pagine web e creare contenuti: si apre l’era dei blog, delle wiki e dei social network.

Nel web gira l’informazione, solitaria, cruda e priva di contesto. La notizia viene chissà da dove, è rilanciata chissà da chi. È semi-confermata, da riconfermare, smentita e rettificata. La notizia è rivista, commentata, travisata, manipolata. E’ fluida. privata di un contenitore riconoscibile (il giornale, la trasmissione, il libro)

❖ Troppa informazione,

❖ conoscenza sminuzzata in competenze specialistiche e distribuita disordinatamente.

❖ troppo poco contesto

❖ poco tempo per poter verificare l’informazione, capire da dove viene, qual è la sua attendibilità, quanto il suo credito.

Più aumenta la quantità di informazioni più si riduce il tempo che ognuno di noi può dedicare a ciascuna di esse.

I social network sono l’espressione massima del web 2.0 : qui gli utenti producono, caricano e condividono contenuti, arrivano a mettere se stessi sulla rete, diventano parte di essa e dando così alla luce la loro identità digitale.

Il valore dell’incertezza❖ L’informazione è una riduzione dell’incertezza

❖ L’informazione è associata al messaggio (contenuto) ma non è il messaggio stesso

❖ In una situazione in cui la stessa informazione può essere legata a più messaggi resta incertezza

MA il valore dell’informazione si misura con la libertà di scelta che abbiamo quando scegliamo un messaggio/canale/fonte.

L’informazione ha un ruolo sociale critico che solleva questioni etiche importanti: Chi controlla l’informazione? Chi ne ha accesso? Come la si dissemina?

La filosofia dell’informazioneLuciano Floridi - Philosophy of information -

La filosofia dell’informazione vuole

1. realizzare una indagine critica sulla natura concettuale e i principi di base della informazione, le sue dinamiche e il modo in cui viene usata

2. sviluppare metodologie computazionali per problemi di tipo filosofico.

3. arrivare a una migliore comprensione della natura complessa e multiforme dei vari concetti e fenomeni legati alle informazioni.

Un rovesciamento di prospettiva❖ Dalla preistoria al digitale l’umanità a

fatto i conti con scarsità di risorse culturali e di informazione. Doveva scegliere dove e cosa scrivere e il poco che poteva essere scritto e lasciato doveva essere importante.

❖ Oggi viviamo una Hyperhistory dove l’informazione è diventata immateriale e possiamo scrivere tutto senza limiti di spazio. L’importanza di quello che produciamo viene giudicata ex post ma nel contempo ogni cosa che scriviamo è registrata in eterno

se si scrive di tutto il potere passa

dal decidere che cosa si può scrivere a scrivere gli

algoritmi che organizzano

l’informazione

Il potere è Google❖ Se oggi il potere sta nell’organizzare una sterminata massa

di informazione immateriale allora le domande vere sono:

❖ Quale piattaforma controlla l’informazione?

❖ Chi scrive gli algoritmi e quali sono i suoi interessi?

❖ Se il potere è gestire l’informazione oggi questo potere sta in chi scrive gli algoritmi non nell’informazione stessa!❖ le piattaforme possono essere aperte, accessibili, neutrali

ma anche proprietarie e non interpretabili❖ gli algoritmi possono essere noti oppure segreti

Umanistica digitale❖ la libertà non sta più in quello che possiamo fare ma in

cosa davvero possiamo sapere

❖ Se il digitale cambia il mondo e noi stessi serve un nuovo umanesimo per l’era digitale (umanesimo qui è sinonimo di rinascita culturale e rivalutazione del ruolo dell’uomo e della sua creatività)

❖ L’informatica umanistica tradizionalmente nasce per integrare gli studi umanistici con le potenzialità della scienza informatica MA oggi sempre più si riferisce a interpretare e costruire l’Essere e il Divenire della nuova umanità immersa in questa info-sfera digitale.

❖ https://mitpress.mit.edu/sites/default/files/titles/content/9780262018470_Open_Access_Edition.pdf

L’era digitale❖ Viviamo un’era di grande trasformazione. Un’era in cui l’umanità potrebbe giocare un

grande ruolo nel reinventarsi socialmente e culturalmente.

❖ L’informatica umanistica o Digital Humanities si interroga su cosa vuol dire essere “umani” nell’era della informazione in rete, delle comunità virtuali, dei contenuti fluidi. Come modellare in modo creativo e qualitativo la conoscenza e i suoi percorsi in un momento in cui proprio dal mondo umanistico si cercano risposte alle difficoltà di questo nuovo ambiente mediatico…

Matthew Gold, Debates in the digital humanities: http://dhdebates.gc.cuny.edu/debates

AIUCD Associazione italiana informatica umanistica e cultura digitale: http://www.umanisticadigitale.it/

Laboratorio di cultura digitale: http://www.labcd.unipi.it/seminari/argomento/editoria-elettronica/

Digital Humanities News at King’s College: http://www.kcl.ac.uk/artshums/depts/ddh/news.aspx

Center for Digital Liberal Arts, Occidental College, Los Angeles: http://oxy.edu/center-digital-liberal-arts