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"Interference" A cura di Andrea Alibrandi. Testo di Laura Vecere.

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Page 2: Nagasawa Hidetoshi. Interferenza

30LE MOSTRE

Page 3: Nagasawa Hidetoshi. Interferenza

EDIZIONI “IL PONTE” FIRENZE

LAURA VECERECorpo grave / Heavy matter

Referenze fotograficheRyoma Nagasawa

Traduzione in ingleseHelen Glave

Impaginazione computerizzataPunto Pagina, Livorno

Selezioni cromaticheSelecolor, Firenze

StampaTipografia Bandecchi & Vivaldi, Pontedera

© 2005 EDIZIONI IL PONTE50121 Firenze - Via di Mezzo, 42/btel/fax +39 055240617sito web: www.galleriailponte.com e-mail: [email protected]

NAGASAWAi n t e r f e r e n z aGalleria “Il Ponte” Firenze8 ottobre - 30 dicembre 2005

a cura diAndrea Alibrandi

testo in catalogoLaura Vecere

ufficio stampa

Susanna Fabiani

Si ringrazia la Falegnameria Fabbrani di Firenze, che ha messo a disposizione le sue attrezzature e i suoi artigiani per la realizzazione dell’opera Interferenza e in particolare Riyad Kiswani la cui collaborazione con l’artista si è rivelata fondamentale.

In copertinaInterferenza, 2005

HIDETOSHI NAGASAWAinterferenza

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CORPO GRAVE

È ormai un dato acquisito che il vasto territorio dell’arte contemporanea internazionale, a partire dagli anni ’60, non sia più ordinato e ordinabile all’interno dei tradizionali recinti di-sciplinari: pittura, scultura e architettura, ma sia caratterizzato da uno stato di amplificazione coincidente con un arco di intervento artistico che ha competenza su tutti i momenti e le arti-colazioni dello spazio dal privato al pubblico, dal corpo all’ambiente, dalla concezione del singolo elemento alla costruzione di un habitat ideale atto ad accogliere cose e persone. Le radici di questo cambiamento risalgono a un incrocio-snodo che ha visto il dilatarsi del cam-po di pertinenza della scultura in congiunzione alla cessazione della funzione illusionistico rappresentativa della pittura e il passaggio di quest’ultima a entità oggettiva, nello spazio e dello spazio, seguendo la direzione intrapresa e portata a pieno compimento nel secondo dopoguerra da Fontana, Klein, Manzoni.

Nel 1976, a Pallanza, una mostra e un libro, Aptico. Il senso della scultura, facevano il punto della situazione: riportando una discussione a più voci tra gli artisti Fabro, Nagasawa, Trotta e la storica dell’arte Jole De Sanna, in dialogo e confronto intertemporale con i topoi dell’arte an-tica e contemporanea. La conversazione, strut-turata su una trama ininterrotta di dichiarazioni artistiche di Bernini, Canova, Fontana, Rosso,

1 Un pensiero analogo lo troviamo espresso nell’ambito della filosofia della scienza. Scrive Mauro Ceruti: «La metafora dei “nani sulle spalle dei giganti “ è stata davvero influente nella costruzione della scienza moderna, e Pascal ha in certo senso tradotto questa immagine in modo paradigmatico allorché paragonò la successione dei ricercatori a un solo uomo che apprende indefinitamente. Queste idee stanno alle radici di quelle operazioni di estrapolazione che fino a tempi assai recenti hanno costituito una metodologia privilegiata nello studio dei processi evolutivi.Le indagini scientifiche del nostro secolo hanno sovvertito questi modi di pensare. Hanno anzitutto posto in primo piano gli aspetti di discontinuità, gli effetti soglia dei processi evolutivi genetici. Ma con ciò hanno dimostrato che questi aspetti non si contrappongono semplicemente agli aspetti di continuità, ma sono complementari ad essi, in un quadro dell’evoluzione molto più variegato e complesso di quello tradizionale assunto». M. Ceruti, Il vincolo e la possibilità, Milano 1986, p. 52.2 J. De Sanna, Forma. L’idea degli artisti 1943-1997, Ancona-Milano 1999, p. 200.

Donatello…, annullava la visione interpretativa di uno svolgimento storico lineare, sostituendolo con una genealogia dinamica di lasciti cono-scitivi “genetici”, eredità artistiche, leggibili e rintracciabili al di là dalle forme esterne e dalle tecniche impiegate. L’audacia strutturale del lavoro consisteva nella produzione di un “modello” teorico che giustificava un processo di continuità all’interno della discontinuità delle fratture temporali, in particolare di quella più profonda di tutte aperta con il Modernismo.1 Il significato di “scultura” che da questa discus-sione deriva è da considerare quale termine “radicale”, nel senso vettoriale di radice sia in termini linguistici (Aptico da apto = toccare, legare, unire) sia riferito a ciò che gli è pro-prio, luogo di origine: spazio, tempo, gravità. Dunque, un termine in riduzione,2 e non un rin-novato tentativo di circoscrizione e distinzione disciplinare. Aptico si presenta ancora oggi quale snodo produttivo-teorico singolare non comune, nato nell’ambito di una comunità di artisti per gli artisti, atto storico-critico e soprattut-to non manifesto programmatico di tendenza.

È interessante qui sottolineare che, sin dalle prime pagine di Aptico, ci si imbatte in affer-mazioni del tipo, «La superiorità in “certezza” della scultura è in ragione del suo peso, ma non ci possono essere dubbi sul fatto che nel gergo classico, come in quello, ahimè attua-

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le, essa venga misurata sul metro della terza dimensione».3

Il peso è la radice più propria della scultura ma anche molto di più, un principio dalle im-plicazioni più estese che investe sia la materia che ciò che sembra costituire il suo opposto: l’intelletto e lo spirito. Proprietà fondamentale di tutta la materia nella forma dell’inerzia è la gravità, attrazione verso il basso, movimento discendente, «modello di tutte le costrizioni». È vincolo che tutto condiziona, segno della sfida e del superamento continuo di un limite imposto, legge inscritta in più luoghi sebbene in forme diverse. I panneggi greci sono letti da Simone Weil quali trasposizione visibile della gravità resa presente intorno al corpo umano eretto: «Uomo, dal basso in alto, panneggio, dall’alto in basso.», o quale forma analogica che investe ciò che è più “leggero”, il pensiero: «L’analo-gia fondamentale tra il mondo e il pensiero è il rapporto dell’alto e del basso dipendente dalla forza di gravità». 4 Una medesima rela-zione trasformativa lega gli opposti e presiede le metamorfosi mitologiche, sia vegetali che minerali per cui il cavallo alato Pegaso può sorgere dalla pietra fecondata dal sangue di Medusa il cui sguardo tutto immobilizza nella muta pesantezza del mondo inorganico.

Deciso partigiano della leggerezza, nelle sue Lezioni americane,5 Italo Calvino non può non ri-conoscere come la vera leggerezza abbia il suo fondamento proprio nel peso e che la levità della poesia di Lucrezio nasca «da un poeta che non ha dubbi sulla fisicità del mondo». Mondo fatto di frammenti piccolissimi, di atomi in movimento che procedono, talvolta deviando, dal corso della loro caduta, a dare luogo ad associazioni imprevedibili e perciò meravigliose.La gravità si presenta quale modello alla base di un complesso processo di trasformazione che attraversa e riconnette i piani molteplici del reale, sia soggettivo che oggettivo. Il volano, il passag-gio, il mediatore tra una dimensione e un’altra può essere individuato di volta in volta come leva, conoscenza, contemplazione, scultura.

Sempre nelle pagine di Aptico, Nagasawa osservava: «[…]la scultura non deve avere posto, né concetto, né tempo,deve stare in aria».6 Ecco presentarsi così gli estremi di un apparente paradosso o altrimenti le coordinate di un campo d’azione, i vincoli su cui operare: spazio, tempo, peso.Queste premesse sono state ampiamente man-tenute e indagate lungo tutte e tre le direttrici indicate dall’artista. Opere chiave quali L’oro di Ofir (1971, fig. 1) e Piroga (1972, fig. 2), impegnate su piani materico-immateriali, implicano il movimento mentale di chi guar-da, trasportato in tempi e luoghi fuori della portata delle coordinate razionali. Nel primo si materializza l’oro, proveniente dalle mitiche lontananze delle miniere di re Salomone, nel pugno chiuso dell’artista che si apre come una conchiglia a mostrare la sua perla; il secondo porta a dematerializzare l’opaco spessore della piroga inducendo la trasparenza concettuale emozionale dell’attraversamento-ricongiunzione

a-con un tempo remoto (la tecnologia impiega-ta è quella stessa dell’uomo agli albori della civiltà, circa 1800-1200 a.C.). La relazione di equivalenza-interferenza tra piano materiale e piano immateriale è riassumibile nelle inverse traiettorie di mutazione subite da alcuni gruppi di lavori ricorrenti nel corso del tempo. Da una parte la barca, il cui tragitto costruttivo parte da spessore e gravità (il legno di Piroga e marmo di Barca, 1980-81, fig. 3) per poi trasformarsi in puro segno nello spazio, esile contorno della forma che sale leggera su pareti e soffitti. Dall’al-tra, nella recinzione di uno spazio a partire da Luogo dei fiori (1985, fig. 4) e Ombra di angelo (1986, fig. 5), si assiste al fenomeno inverso: la struttura variegata a griglie di segni che av-volge e circoscrive spazi visivamente transitivi si trasforma nell’intransitività di spesse e alte pareti: Jardin (1996, fig. 6), Iperuranio (1996, fig. 7), Il giardino di Abeona (1997, fig. 8). È un modo di osservare in successione temporale l’ossequio ad un principio di equivalenza tra pieno e vuoto, tra peso e leggerezza, tra visi-

3 J. De Sanna, a cura di, Aptico. Il senso della scultura, Verbania-Pallanza, p. 19.4 S. Weil, Quaderni Vol. I, Milano 1982 , Ed cons. 1991, pp. 275, 278, 295. 5 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano 1993. Ed cons. 2005, p. 13. 6 J. De Sanna, a cura di, Aptico, p. 24.

1. Oro di ofir, 1971, oro 24K, cm 3,5!3,5!8 (due pezzi)

2. Piroga, 1973, legno di castagno, ferro e corda di cuoio, cm 50!400!60

3. Barca, 1980-81, marmo, terra e albero, cm 175!230!87,5

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bile e invisibile. Riguardo a questo apparente scambio di ruoli Nagasawa asserisce che, pur sembrando i due procedimenti opposti, in verità sono la stessa cosa.7 Le due vicende incrociate mi sembra possano essere qui chiamate, per il loro dispiegarsi nel tempo, ad esemplificare in modo piano e biforcato uno stesso principio che in altri lavori viene a proporsi come simul-taneo, assumendo, per questo, il senso di una detonazione, una rivelazione improvvisa in cui la statica è colta in movimento, ovvero posta nella condizione di equilibrio. Un equilibrio che, pur tetragono nella statica, conserva intatto, come catturato e sospeso tra atto e potenza, il movi-mento che da essa vuole sprigionarsi: Ponte di pietra (1988, fig. 9), Lampo (1989, fig. 10), Anello (1990,fig. 11), Compasso di Archimede (1991, fig. 12), Pozzo nel cielo (1995, fig. 13), Ipomea (1995, fig. 14).«[…]nella scultura – sosteneva ancora in Ap-tico Nagasawa - bisogna essere equilibrati,

fare sparire l’immagine superficiale. […] nella scultura può sparire questa immagine o senso esteriore del materiale e allo stesso tempo si può chiarire il senso interiore vero del materiale così da poterlo toccare».8 L’immagine interna della scultura è portata al punto di contatto attraverso il raggiungimento dell’equilibrio in-dicato sia in senso figurato, che letterale, con il momento di rotazione.

Nell’ultima opera prodotta per la galleria Il Pon-te, una trave di castagno (due travi accorpate) lunga undici metri ne attraversa in obliquo l’intero spazio e scarica il proprio peso a terra su due soli sostegni posti quasi alle due estremità. Le due travi di appoggio, ruotate in senso inverso, sostengono in torsione l’elevazione da terra della trave che gravita nell’aria in equilibrio visivamente precario: Interferenza. Nella macro-torsione si palesa il senso interno della materia. La trave assume una tensione quasi animale e,

4. Luogo dei fiori, 1985, legno, ottone, rame, carta, cartone, bronzo, bambù e sughero, cm 150!760!670

nel tronco di castagno, torna a risvegliarsi una materia viva, senziente, che registra e reagisce alle sollecitazioni impresse dall’esterno e dalla sua stessa gravità, come un vero e proprio cor-po, soggetto dotato di fasce muscolari messe in azione elastica. Ecco riapparire nel presente la lontana questione della metamorfosi. Superato lo sbarramento oppositivo tra corpo grave e assenza di gravità, Nagasawa mette allo scoperto il circuito di connessioni, il pas-saggio, il fulcro della leva che ogni volta per-mette di innalzare, superando elegantemente il vincolo, l’impedimento, la stasi e individuare il luogo in cui matura la totale trasformazione della materia. Si evidenzia così un lato che si potrebbe definire “contemplativo” che il lavo-ro d’arte sottende ogni volta che opera nella direzione dell’”ostacolo”. La scultura in questi termini è specchio di una disciplina interiore: la via alla dissoluzione del peso non è da cercare nell’aria ma è operazione che si compie nel centro stesso della materia.

Firenze, 20 settembre 2005 Laura Vecere5. Ombra di angelo, 1986, legno e ottone, cm 60!1000!300

7 M. Scotini, a cura di, Il giardino di Abeona, Roma 1997, p. 58. 8 J. De Sanna, a cura di, Aptico, pp. 57-58. 6. Jardin, 1996, mattoni, cemento, piombo, ghiaia, sassi, legno, ottone e smalto, cm 230!1200!1200

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It is by now widely accepted that, from the sixties on, the vast area of international con-temporary art has not been, nor can it ever be, tidily classified within the traditional disciplinary fields of painting, sculpture and architecture. Instead, it has been characterized by growth, coinciding with a broad artistic movement which has penetrated every area from private to public, from the body to the environment, from the conception of the single element to the construction of an ideal habitat for people and things. This change can be traced back to a cross-roads-junction at which the growth of the field of sculpture coincided with the demise of the representative, illusionist function of painting and the transformation of the latter into an objective entity, in space and of space, follow-ing the direction undertaken and pursued to its completion by Fontana, Klein and Manzoni in the post-war years.

In 1976, in Pallanza, an exhibition and a book, Aptico. Il senso della scultura, summed up the situation. In it was reported a discus-sion between the artists Fabro, Nagasawa, Trotta and the art historian Jole De Sanna, as they engaged in a dialogue and inter-temporal comparison with the topoi of antique and contemporary art. The conversation, within the context of a continuous flow of artistic declara-

HEAVY MATTER

tions from Bernini, Canova, Fontana, Rosso, Donatello…, denied an interpretative vision of a linear historical development, replacing it instead with a dynamic genealogy of ‘genetic’ cognitive legacies, of artistic inheritances, leg-ible and retraceable beyond the external form and the techniques used. The structural bold-ness of the work consisted in the production of a theoretic ‘model’ which justified a process of continuity within the discontinuity of temporal fractures, particularly the most gaping fracture of all, caused by Modernism1.The meaning of ‘sculpture’ deriving from that discussion should be considered a ‘radical’ term in the vectorial sense of radical as in radix, radic - root, both in linguistic terms (Aptico from apto = touch, tie, unite) and re-ferring to belonging, that is, place of origin: space, time, gravity. A term of reduction2, therefore, rather than just another attempt at circumscription and disciplinary distinction. Aptico today is a productive-theoretic junc-tion, singular rather than common, created within the scope of a community of artists for artists, a historic-critical act and not, certainly, a trendy manifesto.

It is interesting to stress here that, from its open-ing pages, Aptico is full of claims such as: ‘The fact that sculpture is more ‘certain’ is based on its weight, but there can be no doubt that

1 An analogy is found in the context of philosophy of science. Mauro Ceruti wrote: ‘The metaphor of the ‘dwarf on the giant’s shoulders’ has had a real impact on the construction of modern science and Pascal in a way translated this image as a paradigm when he compared the succession of researchers as one person who continues to learn indefi-nitely. These ideas form the roots of those acts of extrapolation which even until recent times constituted the preferred method in the study of evolutionary processes. Scientific study in our century has subverted these ways of thinking. In the first place highlighted the aspects of discontinuity, the threshold effects of genetic evolutionary processes. But they also demonstrated that these aspects do not simply oppose aspects of continuity but are complementary to them, framed by an evolution which is much more variegated and complex than the traditional one.’ M. Ceruti, Il Vincolo e la Possibilità, Milan 1986 p. 522 J. De Sanna, Forma. L’idea degli artisti 1943-1997, Ancona-Milan 1999, p. 200.8. Giardino di Abeona, 1997, gesso, intonaco, cera d’api, piombo, sassi, carta, ottone, proiezione di diapositive, cm 800!3000!1000

7. Iperuranio, 1996, marmo e acqua, 210!800!1000 cm

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in classical language, just, alas, as in current jargon, it is measured by the rule of the third dimension’.3

Weight is the true root of sculpture but is much more besides: it is the origin of its widest rang-ing implications, investing both the material and what seems to be its opposite: the intel-lect and the spirit. A fundamental property of the material in the form of inertia is gravity, a downward attraction, a descending movement, ‘model of all constrictions’. It is a restriction that conditions everything, a sign of challenge and the continual stretching of imposed limits, a law inscribed in several places, albeit in different forms. Greek drapery is read by Simone Weil as a visible transposition of gravity shown around the erect human body: ‘Man, bottom up, drapery, top down’, or as an analogic form investing what is lightest of all: thought: ‘The basic analogy between the world and thought is the relationship of top and bottom depending on the force of gravity’. 4 The same transforma-tive relationship links opposites and governs mythological metamorphoses, both vegetable and mineral, so that Pegasus the winged horse can rise from the stone fertilized by the blood of Medusa, whose gaze froze everything in the mute heaviness of the inorganic world. A staunch partisan of lightness, Italo Calvino, in his Lezioni americane,5 cannot help but recognize how true lightness has its foundation in weight and the levity of Lucrezio’s poetry is ‘from a poet who harbours no doubts about the physicality of the world’. A world of tiny frag-ments, of atoms in movement which proceed, sometimes deviating, from their fall, to give place to unpredictable and, therefore, marvel-lous associations.Gravity is a model at the basis of a complex process of transformation which crosses and reconnects the multiple levels of what is real,

both subjective and objective. A shuttlecock, a passageway, a mediator between one dimen-sion and another it can be identified variously as a lever, as knowledge, as contemplation or sculpture.

Again in the pages of Aptico, Nagasawa ob-serves: ‘[…]sculpture should not have a place, nor a concept, nor time, it must stay in the air’.6 Herein are the extremes of an apparent paradox, or else the coordinates of a field of action, the restraints within which to operate: space, time, weight.These premises have been amply maintained

3 J. De Sanna, (ed.), Aptico. Il senso della scultura, Verbania-Pallanza, p. 19.4 S. Weil, Quaderni Vol. I, Milan 1982 , Ed cons. 1991, pp. 275, 278, 295. 5 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milan 1993. Ed cons. 2005, p. 13. 6 J. De Sanna, (Ed.), Aptico, p. 24.

and explored in all three guiding principles indicated by the artist. Key works such as L’oro di Ofir (1971, ill. 1) and Piroga (1972, ill. 2), concerned with matter-immaterial, im-ply the mental movements of the spectator, transported to times and places beyond the scope of rational coordinates. In the former, gold materializes from the distant myth of King Solomon’s mines, in the closed fist of the artist which opens like a shell to show its pearl; in the latter, the opaque thickness of the pirogue dematerializes, inducing emotional concep-tual transparency of the crossing to/rejoining a remote period (the technology used is the same used by humankind at the dawning of civilization, in approximately 1800-1200 B.C.). The equivalence-interference relation-ship between a material and immaterial level can be summed up in the inverse trajectories of mutation undergone by some groups of works recurring over time. On the one hand

the boat, whose construction-journey begins with thickness and gravity (the wood of Piroga and marble of Barca, 1980-81, ill. 3) to then be transformed into a pure sign in space, a slender outline of the form which lightly scales walls and ceilings. On the other hand, enclosed within a space starting with Luogo dei fiori (1985, ill. 4) and Ombra di angelo (1986, ill. 5), we see the opposite phenomenon: the variegated structure of a grill of signs which wraps around and surrounds visibly transitive spaces is transformed into the intransitivity of high, thick walls: Jardin (1996, ill. 6), Iperuranio (1996, ill. 7), Il giardino di Abeona (1997, ill. 8). Thus we observe, over time, deference to a principle of equivalence between full and empty, between weight and lightness, between visible and invisible. With regard to this exchange of roles, Nagasawa asserts that, although the two procedures seem to be opposites, they are really the same.7 To-

9. Ponte di pietra, 1988, legno di acero e tempera, cm 280!219! Ø 28

10. Lampo, 1989, legno, ferro e ottone, cm 250!1200!300

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gether, it seems to me that they might be seen, as they unfold in time, to exemplify in a slow and bifurcated way, the same principle that in other works is simultaneous, thus evoking a sense of detonation, a sudden revelation in which what is static is captured in movement, or rather, poised in a state of balance: balance that, while unyieldingly static, keeps intact, as if captured and suspended between act and strength, the movement that wants to free itself: Ponte di pietra (1988, ill. 9), Lampo (1989, ill. 10), Anello (1990, ill. 11), Compasso di Archimede (1991, ill. 12), Pozzo nel cielo (1995, ill. 13), Ipomea (1995, ill. 14).‘[…]in sculpture’ maintains Nagasawa in Ap-tico, ‘you have to be balanced, to make the surface image disappear. […] in sculpture this image or the outer sense of the material can

disappear, and at the same time the true inner sense of the material becomes so clear that you can touch it’.8 The inner image of sculpture is brought to the point of contact by achieving a balance indicated both figuratively as well as in a literary sense, at the moment of rotation.

In the latest work produced for Il Ponte gal-lery, an eleven-metre-long chestnut beam (two beams joined together) crosses the entire space diagonally and unloads its weight onto the ground on just two supports placed almost at the two ends. The two support beams, rotated in the opposite direction, sustain in torsion the beam which gravitates, precariously balanced, in the air: Interferenza. In this macro-torsion a sense of the inside material becomes clear. The beam assumes an animal-like tension and, in the

13. Pozzo nel cielo, 1995, legno, ferro, palma, vaso di terracotta e acqua, cm 250!900!1300 11. Anello, 1990, ferro, cm 350!380!20

12. Compasso di Archimede, 1991, ferro, cm 126!590!450

7 M. Scotini, (Ed.), Il giardino di Abeona, Rome 1997, p. 58. 8 J. De Sanna, a cura di, Aptico, pp. 57-58.

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chestnut trunk, turns back into a living, sentient material which feels and reacts to stimulus from the outside and from its own gravity, like a real body, a subject with layers of muscle in supple action. Here, in the present, is the distant ques-tion of metamorphosis. Having overcome the barrier of opposition between weighty body and lack of gravity, Na-gasawa reveals a network of connections, the passageway, the fulcrum of the lever which each time allows it to rise, elegantly transcending the

14. Ipomea, 1995, ferro e ottone, cm 415!470!435

limit, impediment, stagnation, and to identify the place where the material is totally transformed. Thus emerges an aspect that could be defined ‘contemplative’ which a work of art implies each time that it leans towards the ‘obstacle’. In this way sculpture reflects an inner discipline: the way to dissolve weight is not to be found in the air, but is performed within the material itself.

Firenze, 20 settembre 2005 Laura Vecere(translation by Helen Glave)

Realizzazione dell’opera Interferenza nella Falegnameria Fabbrani di Firenze, agosto 2005 (foto Ryoma Nagasawa)

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1. Intereferenza, 20051. legno di castagno e ferro, cm 135!1100

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TAVOLE

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2. Senza titolo, 2004collage di rame su carta, cm 100!70

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3. Senza titolo, 2004collage di rame su carta, cm 100!70

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4. Senza titolo, 2004collage di rame su carta, cm 100!70

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5. Senza titolo, 2005collage di rame su carta, cm 100!70

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6. Senza titolo, 2005collage di rame su carta, cm 100!70

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7. Senza titolo, 2004collage di rame su carta, cm 210!300

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8. Senza titolo, 2005collage di rame su carta, cm 100!70

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9. Senza titolo, 2005collage di rame su carta, cm 100!70

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10. Senza titolo, 2005collage di rame su carta, cm 100!70

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11. Senza titolo, 2005collage di rame su carta, cm 100!70

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Hidetoshi Nagasawa nasce in Manciuria (da genitori giapponesi, ivi trasferitisi per il lavoro del padre, medi-co militare) il 30 ottobre del 1940. Durante il conflitto mondiale con l’attacco dell’Unione Sovietica la famiglia è costretta a fuggire in Giappone, vicino Tokyo.In questi difficili anni minati dalla guerra, Nagasawa frequenta la scuola secondaria dove si avvicina all’ar-te contemporanea aprendosi ai gruppi d’avanguardia (Neo-Dada) e in particolar modo scoprendo l’attività del gruppo Gutai (di cui ammira la creatività, la libertà di espressione attraverso le loro Azioni e la novità del linguaggio - con ogni mezzo si può esprimere l’idea - in opposizione alla tradizionale cultura acca-demica dell’ambiente artistico giapponese) visitando le loro ripetute Esposizioni Indipendenti organizzate al Museo di Tokyo dal giornale Yomiuri News Paper fino al 1964. Nel 1963 si laurea al corso di Architettura e Interior Design e in seguito lavora in uno studio di design di un grande magazzino e poi in uno studio di archi-tettura.Nel 1966 inizia il suo - quanto mai fondamentale e per la sua vita e per la sua arte - viaggio in bicicletta attraverso l’Asia toccando Bangkok, la Malesia, Sin-gapore, l’India, il Pakistan, l’Afghanistan, la Persia, l’Iraq, la Giordania, il Libano, la Siria, la Turchia. Dall’Oriente all’Occidente, dalla Grecia all’Italia, da Brindisi a Napoli, Roma, Firenze e Milano, dove nel 1967 si conclude la sua irripetibile avventura (tipicamente zen: non proporsi dove arrivare, ma far tesoro di ogni esperienza vissuta per il raggiungimento del profondo sé - che per l’artista si sublimerà con la pratica dell’Arte).Negli anni Sessanta a Milano si respira un clima di stimolante fervore artistico (l’esperienza dell’operato di Manzoni, di Fontana, e ora delll’Arte Povera) al quale non si sottrae Nagasawa che, trasferendosi nel quartiere operaio di Sesto San Giovanni, entra in contatto con artisti come Castellani, Fabro, Nigro, Trotta, Ongaro. In particolar modo stringerà una forte amicizia con Fabro.Dal 1968 il lavoro di Nagasawa procede senza interruzioni creando i Solidi di plexiglas, gli Oggetti manipolati, le Azioni nella campagna lombarda. Nello stesso anno prende parte all’Art Festival di Anfo - Brescia - insieme al Gruppo Torinese (Marisa Merz, Getulio Alviani, Nanda Vigo).Dei primi anni Settanta le prime personali, a Milano (Gallerie Lambert, Toselli), Roma (Gallerie L’Attico,

Nota biograficadi Susanna Fabiani

Arco d’Alibert), Torino (Galleria Christian Stein) in cui l’artista rivela un suo percorso che si inserisce nell’ambito dell’ Arte Concettuale passando dai video alle parole, concepite come elemento visivo, incise su lastre metalliche.In questi anni prende corpo anche una vera e propria produzione scultorea, con l’impiego dell’oro, del marmo, del bronzo. Nel 1972 partecipa alla XXXVI Biennale di Venezia e sviluppa un importante rapporto di lavoro con Ardemagni della galleria milanese Arte Borgogna, che cura il catalogo della mostra dello stesso anno tenuta da Nagasawa a Basilea, Internationale Kunstmesse Art 3 ’72, con testi di Pierre Restany e Gianni Schubert.Questo decennio ed il successivo vedono l’artista cimen-tarsi con successo in una produzione vasta e varia per temi (l’impronta del corpo, lo spazio, il tempo), mezzi di espressione, materiali (legno, ferro, cera, carta, bambù). Riscopre il valore della manualità e la scultura si espande su scala spaziale, risolvendosi in vera e propria creazio-ne di “luoghi” (tra i soggetti ricorrenti, dimore, stanze, porte, muri, recinti, barche, paraventi).I riferimenti alla cultura orientale si accentuano; il tema del viaggio come passaggio tra diverse realtà, il bilico delle sue opere tra visibile e invisibile, la materialità della scultura che si rende leggera e trasparente sono condizioni determinanti nella manifestazione del proprio linguaggio.Conseguentemente, gli impegni espositivi nazionali ed internazionali in personali e collettive, in spazi pubblici: 1978, Firenze, Palazzo Strozzi; 1982 e ’88, Biennale di Venezia; Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna e privati: 1981, Galleria Sperone, Torino. Si susseguono Documenta di Kassel (1992), Biennale di Venezia (1993) - con sala monografica nel Padiglione Italiano - International Exhibition Center di Tokyo (1995, Giardino delle Sette Fontane, il pri-mo giardino realizzato dall’artista), Fattoria di Celle di Pistoia (Iperuranio) e Fondazione Mirò di Palma di Mallorca (1996, Jardin), Palazzo della Triennale di Milano e Palazzo Pretorio di Certaldo (2001, Giardino della casa del té), Palazzo delle Stelline di Milano (2002), Il Caffè Letterario di Modena (2003), Galleria Arco d’Alibert (2004) e Nuova Pesa (2005) di Roma.Molte sono anche le collezioni pubbliche e private, in America, Belgio e Giappone, che espongono i suoi lavori.

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Hidetoshi Nagasawa was born in Manchuria (his Japanese parents had moved there because of his fa-ther’s work as an army doctor) on 30 October 1940. During the war, when the Soviet Union attacked, the family fled to Japan and settled near Tokyo.During these difficult war years, Nagasawa went to high school, where he became interested in contemporary art, especially in avant-garde groups (Neo-Dada) and in particular, discovering the work of the Gutai group (he admired their creativity and freedom of expression through their Azioni and the novelty of language - an idea can be expressed us-ing any means - which contrasted with the traditional academic culture of the Japanese artistic environment) and visited their recurring Independent Expositions organized in the Tokyo Museum by the Yomiuri News Paper until 1964. In 1963 he graduated in Architecture and Interior Design and afterwards worked in the design office of a large department store and then in an architects’ studio.In 1966 he began his bicycle journey - a major event in his life and for his art - across Asia, visiting Bangkok, Malaysia, Singapore, India, Pakistan, Afghanistan, Persia, Iraq, Jordan, Lebanon, Syria, Turkey. From East to West, from Greek to Italy, from Brindisi to Naples, Rome, Florence and Milan where in 1967 he concluded his once-in-a-lifetime adventure (according to Zen: don’t think about your destination, but treasure each experience to reach deep within yourself, which for the artist is exalted by practising Art).In Milan during the sixties there was a stimulating artistic climate (the work of Manzoni, Fontana and later Arte Povera), which influenced Nagasawa who moved to the working-class area of Sesto San Giovanni, where he came into contact with artists like Castellani, Fabro, Nigro, Trotta, Ongaro. He formed a special friendship with Fabro.During 1968 Nagasawa worked continuously, pro-ducing Solidi di plexiglas, Oggetti manipolati, Azioni in the countryside of Lombardia. The same year, he took part in the Art Festival of Anfo, Brescia, together with the Gruppo Torinese (Marisa Merz, Getulio Alviani, Nanda Vigo). In the early seventies he had his first personal shows in Milan (Gallerie Lambert,

Biographyby Susanna Fabiani

Toselli), Rome (Gallerie L’Attico, Arco d’Alibert) and Turin (Galleria Christian Stein) in which his direction emerged within Conceptual Art, from video to words, conceived as a visual element, engraved on metal plates. During this period he created real sculptures using gold, marble and bronze. In 1972 he took part in the XXXVI Biennale of Venice and developed a significant working relationship with Ardemagni of the Milan gallery, Arte Borgogna, who edited the catalogue of the exhibition held by Nagasawa during the same year at Basil, the Inter-nationale Kunstmesse Art 3 ’72, with texts by Pierre Restany and Gianni Schubert.During the next twenty years the artist achieved renown for a huge as well as varied production in terms of theme (the impression of the body, space, time), me-dium and material (wood, iron, wax, paper, bamboo).He rediscovered the value of manual skill and his sculptures expanded on a spatial scale, becoming creations of ‘places’ (recurring subjects: homes, rooms, doors, walls, fences, boats, screens).References to oriental culture abound: the theme of the journey as a movement between different realities, the delicate equilibrium in his works between the visible and invisible, the materiality of the sculpture which becomes light and transparent, are the decisive ele-ments in the language he adopts.Later, there were national and international, personal and collective exhibitions in public spaces: 1978, Florence, Palazzo Strozzi; 1982 and ’88, Biennale of Venice, Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna and private shows; 1981, Galleria Sperone, Turin. There then followed Documenta in Kassel (1992), the Biennale of Venice (1993) - with monographic room in the Italian Pavilion - the International Exhibition Centre of Tokyo (1995, Giardino delle Sette Fontane, the first garden created by the artist), Fattoria di Celle in Pistoia (Iperuranio) and Fondazione Mirò in Palma di Mallorca (1996, Jardin), Palazzo della Triennale in Milan and Palazzo Pretorio of Certaldo (2001, Giardino della casa del té), Palazzo delle Stelline in Milan (2002), Il Caffè Letterario in Modena (2003), the Galleria Arco d’Alibert (2004), the Nuova Pesa in Rome (2005).His work is also on show in many public and private collections in America, Belgium and Japan.

Realizzazione dell’opera Interferenza nella Falegnameria Fabbrani di Firenze, agosto 2005 (foto Ryoma Nagasawa)

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1997° Pylon. Apocalisse nello spazio, a cura di E. S. Gluck-stein, Il Celio, Roma,16 ottobre 1997- 31 gennaio 1998.. Il giardino di Abeona. Segni e paesaggi dall’Appia, a cura di M. Scotini, G. Paletti, ex cartiera latina, Parco regionale Appia Antica, Roma, 29 novembre 1997- 21 marzo 1998; ed. Argos, Roma, 1998; testi di A. Meluc-co Vaccaro, G. Paoletti, R. Paris, M. Scotini; ***.° Dopopaesaggio II. Figure e misure dal giardino, a cura di M. Scotini, L. Vecere, Cappella del castello di Santa Maria Novella, Fiano (FI); ed maschietto & mugolino, Siena, 1998; testi di M. Scotini, L. Vacere, P. L. Tazzi; pp. 96/100.°“L’esilio di Ovidio”, fondazione delle Stelline, Milano.°“Vedere le idee”, Reggio Emilia.°“Il luogo segreto”, Studio G7, Bologna.°“Gefulen der Konstruktion”, -museum Rabalderhaus, Schwaz (Austria).°“Unimplosive Art”, mostra collaterale della Biennale di Venezia, Centro Le Zitelle, Venezia.°“Trash”, Museo di Arte Moderna e Contemporanea”, Trento.°“Incantesimi”, Palazzo Orsini, Bomarzio.°“Centro per la scultura contemporanea”, Torre Marti-niana, Cagli.°”Ad Arte. Gioco di Specchi”, Milano.°“Il sentimento della costruzione”, Flash Art Museum, Trevi.°“Giardino di Mirto”, Museo di Arte Contemporanea su Lugo de S’iscultura, Tortoli.

1998° “IX Biennale internazionale di scultura”, Accademia di Belle Arti, Carrara.° “Targetti Artlight Collection”, Cripta di Santa Croce, Firenze.°“Au rendez-vous des amis”. Identità e opera, 28-29 marzo, Centro per l’arte contemporanea L. Pecci, Prato, a cura di B. Corà.° “Lo spazio ridefinito”, Villa Borromeo, Senago, Milano, aprile-maggio, a cura di F. Tedeschi.° “Trasalimenti”, progetto per l’arte contemporanea, Borgo medievale e Antico Palazzo Municipale, Castel-basso, estate, a cura di G. di Pietro.

Bio-bibliografia dal 1997(per una bio-bibliografia completa fino al 1996, si rimanda al volume: Caterina Niccolini, Nagasawa, catalogo ragionato delle opere dal 1968 al 1996, Edizioni De Luca, Roma 1997)

° = Collettive= Personali

*** = Presenza di interviste o di scritti dell’artista all’interno del catalogo

1999. Nagasawa. “Compasso di Archimede”,a cura di G.Frazzetto, Museo Emilio Greco, Catania..Galleria Studio G7, Bologna..Studio d’arte Nadia Bassanese, Trieste.° “La casa del poeta”, Associazione culturale l’Attico, Roma; L’Attico, Roma; testi di M. Londoli, F. Sargentini.° “Arcadia in Celle” – Gori Collection 6; Kamakura-The Museum of Modern Art, Mie Prefecturae Art Museum, Sapporo - Museum of Contemporary Art; 1 febbraio- 22 marzo, 22 maggio- 4 giugno, 10 giugno- 22 agosto; pp. 96/99.° “29-A4”, a cura di S. Lux, Studio opera d’arte, Roma, 30 giugno-30 settembre; ed. Per l’arte, Roma; pp. 14-15, 25.° “V Biennale Spsas d’arte all’aperto”, a cura di F.Gualdoni, Cureglia (Ch), 12 settembre-1 novembre.° “Spore”. Arti contemporanee nel transito epocale, a cura di B. Corà, P.za S. Gregorio, Cassino.° “Viaggiatori senza bagaglio”, Napoli.° Tuscia Electa. Verso l’immateriale, cura di F. Cavalluc-ci, Pieve di S. Appiano, Chianti (Firenze), 16 ottobre 1999- 25 aprile 2000.

2000. Chiusura del lavoro “La stanza di barca d’oro”, del 1989, Fiumara d’arte di Tusa, Messina. Dùm Umèni (House of Art) Ceske Budejovice, Czech Republic. Mercati Generali, Catania.. Volume, Roma.° Cantico 2000. A misura d’ambiente, a cura di I. Rizzi, Museo della Permanente Milano, 26 aprile-25 maggio;Stampa Inedita, Milano.° Trasalimenti. Progetto per l’arte contemporanea, a cura di G. di Pietro, borgo medievale di Castelbasso, estate 2000; ed. Stamperia dell’arancio, Grottamare.° Akropolis. Catarsi dell’arte contemporanea, a cura di G. Zaza, Teatro Comunale di Fraschini, Pavia, 20 mag-gio-13 giugno; Monopoli-arte contemporanea, Pavia.° Scultura italiana del dopoguerra. Un percorso, a cura di F. Gualdoni e C. Beccarla, Castello di Vigevano e strada coperta Luchino Visconti, Vigevano, 24 giugno-22 ottobre; Silvana Editoriale, Milano.° Sembianti della scultura, a cura di P. G. Castagnoli,

Palazzo Stella, Crespellano (Bo), 6 luglio-29 ottobre; pp. 38/40, 80.. Nagasawa, a cura di L Fabbri, Museo Santa Ugonia, Chiesa del Suffragio, via degli Asini, Sagrato della chiesa di San Francesco, Brisighella, 17 settembre 2000-31 maggio 2001; ed. I quaderni del Circolo degli Artisti, Milano.° “L’ingegno del fare”, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica “Leonardo da Vinci”, Milano.° Attraverso l’occhio di una collezionista: l’arte giappo-nese dopo il 1945, Museo d’Arte Moderna, Gunma, 15 settembre/ 28 ottobre 2001; p.59.

2001° “Made in Italy?”, a cura di A Bonito Oliva, Triennale di Milano, Milano, 4 aprile-13 maggio 2001; Skirà, Milano, 2001; testi di A Bonito Oliva, pag. 40.. Fessura nel tempo, a cura di J. De Sanna, Associa-zione Zero Gravità e vecchia conceria, Biella, 2 / 30 giugno 2001; testi di P. Maggia, J. De Sanna, V. van Singer, L. Vecere.. Il giardino della casa da tè, a cura di M. Scotini, P. L. Tazzi, L. Vecere, PalazzoPretorio, Certaldo; Comune di Certaldo, Pontedera, 2001; testi di M. Scotini, P. L. Tazzi, L. Vecere, J.De Sanna.° Messaggi dall’Arcadia, Kirishima open-air Museum, Kirishima, 12 ottobre / 6 novembre 2001; testo di R. Hamamoto, ***, paggg 20,21.. Sotto l’albero di Ginkgo. Premio Campigna XLV edi-zione, a cura di R. Barilli, F. Cavallucci, C. Spadoni Galleria d’Arte Contemporanea Vero Stoppini e corte dell’Ostello per la Gioventù, Santa sofia (FC).° Museo dell’olio della Sabina, Castelnuovo di Farfa.

2002° Exempla 2, a cura di B. Corà, Pinacoteca Civica e Museo Archeologico, Teramo,19 maggio-24 novembre 2002.° “Paraxo”, Comune di Andora, a cura di G. Bonomi, 1 giugno-30 luglio 2002.° “Territori Carthusia”, a cura di E. Crispolti, Certosa di Pontignano, Siena, 2002.° “Il pensiero selvaggio”, Associazione Culturale L’Attico, Roma.° “Architetture del colore”, Umberto Di Marino Arte Contemporanea, Giugliano-Napoli. Salone di Villa Romana, Firenze, 29 novembre 2002.. Palazzo delle Stelline, Milano, 30 novembre 2002.

2003. Nagasawa, Il caffè letterario, Modena, 29 Marzo 2003

° “Risalto”, mosaici di riso, Castello di Camino, Camino (AL), “Giardino di riso”, 18 mag.2003.° “Multietnicittà”, Antico palazzo della pretura di Castell’arquato (PC), a cura di AlbertoMattia Martini e Cristina Trivellin, dal 25 maggio al 22 giugno 2003.. “Oltre frontiera”, già via nuova per l’arte contempora-nea, Firenze, 5 ~ 14 giugno 2003,una installazione “Due Ipomee” e una poesia di Franco Loi.° “Viaggiatore sulla Flaminia”,(Pozzo nel cielo) Spoleto, 22 giugno 2003.° “Le opere e i giorni”, Certosa di S. Lorenzo, Padula (SA), “Pensatoio”, a cura di Achille Bonito Oliva, 18 luglio 2003.° Premio Michetti, “Lavoro di carta”, Fondazione Michetti, Francavilla al Mare (CH), 2003.° “Materica”, Otto Gallery, Bologna, 11 ottobre 2003.. “Visione di Giovanni”, dieci opere di ottone, Palacul-tura “B. Cattafi”, Barcellona P.G. (ME), a cura di Nino Sottile, 20 dicembre 2003.° “Grande segno cantato”, disegno carta e rame, Gub-bio, 20 dic. 2003.° Comune di Caserta, disegno, 21 dic. ’03

2004. “Carta”, Arco d’Alibert, Roma, 23 febbraio 2004° “Arte per Dino Campana”, Mulas Nagasawa Spagnu-lo, Marradi (FI), 29 maggio 2004.° “Scultura italiana 1960 – 2004”, Parco scultura la Palomba, Matera, a cura di Arturo Schwarz, 29 mag-gio 2004.° “Le forme del legno”, Centro Arte Contemporanea di Cavalese (TN), a cura di Orietta Berlanda, 17 luglio 2004.° “Via del sale”, Castello di Guarene, Alba (CN), a cura di Silvana Peira, 7 agosto 2004.° “Scultura italiana 1960-2004”, fondazione Mudi-ma, Milano, a cura di Arturo Schwarz, 2 dicembre 2004.° “Il disegno della scultura”, Otto gallery, Bologna, 4 dicembre 2004.° “IT eventi”, spazio Dawn, Lecce, a cura di Anna Ciri-gnola, 8 dicembre 2004.

2005.”Struttura di odore”, Nuova Pesa, Roma, 8 febbraio° “Scultura italiana 1960-2004”, galleria Disegno, Mantova, 10 aprile.° “Libertà resistente”, Rocca Paolina, Perugia, 23 apri-le.° “Il disegno della scultura contemporanea”, Palazzo Binelli, Carrara, 26 giugno..”Interferenza”, galleria Il Ponte, Firenze, 8 ottobre.

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Questo volume a cura di Andrea Alibrandiè stato stampato dalla Tipografia Bandecchi & Vivaldi di Pontedera,

per i tipi delle Edizioni “Il Ponte” Firenze

Firenze, ottobre duemilacinque