mumbai nel cuore india città del messico, rio de janeiro e ... · della regina degli slum amumbai...

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Colaba supera il Rajiv Gandhi Setu, il nuovo ponte costruito nel mezzo della Baia di Ma- him che immette sul lungomare, permetten- do di aggirare il caos di Dharavi, lo slum più grande di Mumbai, popolato da oltre un mi- lione di persone. . testo e foto di Emanuele Confortin 106 . east . europe and asia strategies numero 33 . dicembre 2010 . 107 H umbai (o Bombay) si estende come un labirinto lungo una stretta isola a forma di sciabola, ba- gnata dalle acque del Mare Arabico. Canali, fiu- mi e paludi la separano dalla terraferma, dove prosegue l’urbanizzazione della capitale del Maharashtra, nota nel suo insieme come Great Mumbai, in cui vivono più di 20 milioni di individui. Si tratta della testa di ponte del- la “New India”, uscita in pochi anni dal torpore postco- loniale, dando il via a una corsa prodigiosa, segnata dal progresso economico e dall’acquisizione di un crescen- te peso politico internazionale. Mumbai è oggi una me- tropoli cinica, aggressiva, affamata di successo, capace da sola di originare un terzo delle tasse inghiottite dalle casse dello Stato, mentre dai porti commerciali salpano Mumbai : nel cuore della regina degli slum A Mumbai le baraccopoli sono parte del paesaggio e il primo contatto si ha poco lontano dal- l’aeroporto, sulla strada per Colaba, zona prediletta dagli stranieri e situata all’estremità meridionale della città. . Impossibile non scorgere le abitazioni in lamiera e mattoni ag- grappate in bilico su alte pareti di terra, lungo il bordo della Western Express Highway, l’au- tostrada che conduce all’esclusiva area residenziale di Bandra. . A questo punto la via per INDIA M quotidianamente metà delle navi mercantili di tutto il Paese. Oltre ad essersi guadagnata il titolo di capitale in- diana del business, della finanza, dell’industria cinema- tografica, della criminalità e della moda, la Maximum City – dal titolo del bestseller di Mehta Suketu – funge da magnete per eserciti di nullatenenti, fuggiti delle zo- ne rurali alla ricerca, spesso disperata, di fortuna nel ventre della città. Gran parte di questi migranti finisce per strada, ad occupare un angolo di marciapiede, oppu- re va ad affollare gli slum, che costituiscono una sorta di “sottobosco” dei grattacieli del centro. Il numero degli slum e la loro concentrazione in ambito urbano sono cre- sciuti a tal punto negli ultimi cinquant’anni, da conferi- re a Mumbai un triste primato mondiale, condiviso con Città del Messico, Rio de Janeiro e Dacca. Stando allo studio Global report on human settlements, si stima che in questi insediamenti vivano 11 milioni di individui, più o meno il 54% della popolazione di Great Mumbai, la metà dei quali ammassati sull’isola, dove l’estensio- ne della superficie degli slum non raggiunge il 20% di quelli situati sulla terraferma. Mumbai le baraccopoli sono parte del paesag- gio e il primo contatto si ha poco lontano dall’ae- roporto, sulla strada per Colaba, zona prediletta dagli stranieri e situata all’estremità meridionale della città. Impossibile non scorgere le abitazioni in lamiera e mattoni aggrappate in bilico su alte pareti di terra, lun- A La spiaggia dello slum coperta di rifiuti. Tra le lamiere dello slum.

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Colaba supera il Rajiv Gandhi Setu, il nuovo

ponte costruito nel mezzo della Baia di Ma-

him che immette sul lungomare, permetten-

do di aggirare il caos di Dharavi, lo slum più

grande di Mumbai, popolato da oltre un mi-

lione di persone. .testo e foto di Emanuele Confortin

106 . east . europe and asia strategies numero 33 . dicembre 2010 . 107

Humbai (o Bombay) si estende come un labirintolungo una stretta isola a forma di sciabola, ba-gnata dalle acque del Mare Arabico. Canali, fiu-

mi e paludi la separano dalla terraferma, dove proseguel’urbanizzazione della capitale del Maharashtra, nota nelsuo insieme come Great Mumbai, in cui vivono più di20 milioni di individui. Si tratta della testa di ponte del-la “New India”, uscita in pochi anni dal torpore postco-loniale, dando il via a una corsa prodigiosa, segnata dalprogresso economico e dall’acquisizione di un crescen-te peso politico internazionale. Mumbai è oggi una me-tropoli cinica, aggressiva, affamata di successo, capaceda sola di originare un terzo delle tasse inghiottite dallecasse dello Stato, mentre dai porti commerciali salpano

Mumbai: nel cuore della regina degli slumA Mumbai le baraccopoli sono parte del paesaggio e il primo contatto si ha poco lontano dal-

l’aeroporto, sulla strada per Colaba, zona prediletta dagli stranieri e situata all’estremità

meridionale della città. . Impossibile non scorgere le abitazioni in lamiera e mattoni ag-

grappate in bilico su alte pareti di terra, lungo il bordo della Western Express Highway, l’au-

tostrada che conduce all’esclusiva area residenziale di Bandra. . A questo punto la via per

INDIA

M

quotidianamente metà delle navi mercantili di tutto ilPaese. Oltre ad essersi guadagnata il titolo di capitale in-diana del business, della finanza, dell’industria cinema-tografica, della criminalità e della moda, la MaximumCity – dal titolo del bestseller di Mehta Suketu – fungeda magnete per eserciti di nullatenenti, fuggiti delle zo-ne rurali alla ricerca, spesso disperata, di fortuna nelventre della città. Gran parte di questi migranti finisceper strada, ad occupare un angolo di marciapiede, oppu-re va ad affollare gli slum, che costituiscono una sorta di“sottobosco” dei grattacieli del centro. Il numero deglislum e la loro concentrazione in ambito urbano sono cre-sciuti a tal punto negli ultimi cinquant’anni, da conferi-re a Mumbai un triste primato mondiale, condiviso con

Città del Messico, Rio de Janeiro e Dacca. Stando allostudio Global report on human settlements, si stima chein questi insediamenti vivano 11 milioni di individui,più o meno il 54% della popolazione di Great Mumbai,la metà dei quali ammassati sull’isola, dove l’estensio-ne della superficie degli slum non raggiunge il 20% diquelli situati sulla terraferma.

Mumbai le baraccopoli sono parte del paesag-gio e il primo contatto si ha poco lontano dall’ae-roporto, sulla strada per Colaba, zona prediletta

dagli stranieri e situata all’estremità meridionale dellacittà. Impossibile non scorgere le abitazioni in lamiera emattoni aggrappate in bilico su alte pareti di terra, lun-

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La spiaggia dello slum coperta di rifiuti. Tra le lamiere dello slum.

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in compagnia di Alberto Moravia ed Elsa Morante, dive-nuto memorabile grazie al libro L’odore dell’India. Giun-gendo dal lungomare, il primo sguardo sullo slum va al-le barche dei pescatori, ormeggiate a ridosso di una pic-cola spiaggia. Ampi spazi della superficie sabbiosa so-no ricoperti da rifiuti di ogni genere, in parte depositatidal mare, in parte vomitati come scorie dalla vicina di-stesa di baracche. Si sta facendo sera, e alla luce spentadel crepuscolo i vicoli che si inoltrano tra le lamiere so-no già bui. Inutile sprecare energia per illuminarli, nel-lo slum ogni risorsa va conquistata e centellinata, a par-tire dalla corrente elettrica, ottenuta tramite collegamen-ti abusivi alla rete che alimenta i palazzi dell’adiacentearea residenziale. Dai cavi della linea principale sospe-si sopra i tetti delle baracche, come salici piangenti,scendono centinaia, o forse migliaia di fili scoperti che

go il bordo della Western Express Highway, l’autostradache conduce all’esclusiva area residenziale di Bandra.A questo punto, la via per Colaba supera il Rajiv GandhiSetu, il nuovo ponte costruito nel mezzo della Baia diMahim che immette sul lungomare, permettendo di ag-girare il caos di Dharavi, lo slum più grande di Mumbai,popolato da oltre un milione di persone.

Per un occidentale, sebbene abituato all’India, adden-trarsi in uno slum non è facile. Me ne rendo conto a Co-laba, quando percorro l’affollato marciapiede che co-steggia il mare in direzione di Narima Point, dove sorgequello che mi sarà presentato come lo “slum dei pesca-tori”, o slum di Colaba. Poco prima sostavo, naso all’in-sù, sotto il Gateway of India, una sorta di arco di trion-fo in pietra, che nel passato fungeva da porta di ingres-so nel Paese per i viaggiatori giunti via nave. Proprio qui,nel 1961, Pier Paolo Pasolini sperimentò per la primavolta i contrasti di questa terra, nel corso di un viaggio

baracche in lamiera e plastica, gruppi di uomini si dilet-tano nel gioco dei dadi, seduti a gambe incrociate sul-l’asfalto polveroso. Mumbai è la città delle opportunità,e nemmeno nello slum si perde l’occasione per raggra-nellare qualche rupia in più, così, all’esterno delle mi-nuscole abitazioni dell’insediamento, vengono allestitichioschi di fortuna per la distribuzione di spuntini, si-garette, chai bollente, aquiloni, lampadine etc.

da giorni che mi aggiro da queste parti. Sto cer-cando un modo per varcare la cinta difensiva,fatta di spazzatura, che circonda la bidonville,

quindi inoltrarmi in quel labirinto di edifici fatiscenti.L’occasione giunge la terza sera. Si chiama Santosh, nonha più di 35 anni e si è appena lasciato alle spalle il cam-po da calcio dello slum, dirigendosi al bazar di Colabacon la nipote in braccio. Indossa pantaloncini corti, unpaio di ciabatte infradito e una maglietta bianca con lascritta Gandhi in verde stampata sulla schiena. Si dimo-

vanno a infilarsi in appositi pertugi aperti sulle lamiere.Tanto basta alla gente dello slum per far funzionare unalampadina o alimentare una presa elettrica necessariaper ricaricare la batteria dell’immancabile telefonino,talvolta per far girare un ventilatore, tenere accesa unaradio e, per i più fortunati, un televisore. Dopo il tramon-to gli abitanti dell’insediamento escono dai vicoli e si ri-versano in V. Desai Marg, l’ampio viale proteso sul Ma-re Arabico. I più anziani cercano la brezza marina sul ci-glio dell’alta muratura eretta per proteggere il quartieredalle mareggiate monsoniche. I ragazzi si scatenano apiedi nudi in partite di calcio tra le automobili parcheg-giate, mentre i bambini si rincorrono schivando i carret-ti colmi di reti da pesca, parcheggiati davanti al tempiodi Ganesh, il dio dalla testa d’elefante protettore dei la-voratori. A qualche metro di distanza, vicino alle prime

È

Neanche quattro metri quadri per essere felici. Donne dello slum nella lavorazione dei gamberetti.

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rò sono abbastanza fortunati. Lo slum si sviluppa in unasorta di penisola circondata dal mare, le cui acque fungo-no da discarica naturale, favorendo il mantenimento dicondizioni igieniche accettabili. Ciò non vale per gli altriraggruppamenti di baracche disseminati in città, in pri-mis Daravi dove, secondo i ricercatori, ci sarebbe una toi-lette attrezzata ogni 140mila abitanti. Lo slum dei pesca-tori è sprovvisto anche di rete idrica, quindi ogni abita-zione è fornita di vasi e recipienti metallici usati per tra-sportare l’acqua potabile reperita altrove.

antosh mi guida di vicolo in vicolo, invitando-mi a osservare alcune abitazioni più complesse,costruite su due piani, il primo edificato in mat-

toni e il secondo in lamiera e teli di plastica. «Quello èlibero, disponibile per chi ne ha bisogno», indica mo-strandomi uno dei piani superiori. Vengo a scoprire chegran parte degli abitanti paga un affitto per l’utilizzo del-le abitazioni. Prima di essere accolti nello slum, i nuoviinquilini devono presentare una carta d’identità, poi ilcomitato degli anziani valuta la possibilità di concede-re il nuovo spazio, infine si esprime pubblicamente.«Siamo in tanti e viviamo tutti attaccati, ma tra di noi c’èrispetto e una certa tranquillità, anche se di tanto in tan-to scoppiano pure delle liti», spiega la mia guida duran-te una sosta nella sua abitazione. Santosh vive con la mo-glie e due figli in una baracca in lamiera alta poco più di

un uomo, con il lato lungo di circa 190 cm e quello cor-to che non supera i 110 cm. In tutto 2 metri quadrati suf-ficienti a dormire in quattro, cucinare, stendere i panniad asciugare, guardare la tv, studiare e superare il mon-sone, avanzando anche il tempo «per essere felici», co-me ci tiene a sottolineare il capofamiglia.

Avere un posto nello slum equivale ad essere membridi una comunità, di un gruppo coeso regolato da un co-dice non scritto ma noto a tutti, divulgato e fatto rispet-tare attraverso l’esempio. In una città come Mumbai ap-partenere alla comunità di uno slum può fare la differen-za tra il sopravvivere e il soccombere. Ecco perché tuttisi prodigano in mille lavori, non importa se sottopagati.Ogni mattina, da questi immensi formicai in lamiera,escono milioni di uomini, donne e bambini, il cui sco-po è quello di procurarsi le rupie necessarie per tirareavanti un altro giorno, e magari accantonare qualcosa.Gli slum costituiscono un serbatoio inesauribile di for-za lavoro, necessario per lubrificare i meccanismi dellacapitale economica indiana. Muratori, fabbri, falegnami,venditori, broker, spazzini, benzinai, elettricisti, racco-glitori di rifiuti per il riciclaggio, tessitori, telefonisti aicall center, sarti, conciatori, lattonieri, operai generici,idraulici, lavavetri, camerieri, cuochi, guidatori di rik-shaw, tassisti, pescatori, poi anche insegnanti, camera-man, fotografi, tecnici audio e luci per l’industria del ci-nema, ladri, accattoni, falsari, spacciatori, sfruttatori...

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no ad un collega, anche lui a Colaba e intenzionato a unir-si a noi più tardi. È un menzogna bella e buona, ma tan-to basta a sciogliere gli ultimi dubbi prima di addentrar-mi nei vicoli. La mia guida non batte ciglio, dondola il ca-po in segno di approvazione e mi invita a seguirlo.

Visti dall’interno, gran parte dei vicoli dello slum sonopiù stretti e opprimenti di quanto immaginassi, e in alcu-ni punti è necessario camminare di traverso per evitare distrusciare con i gomiti sulle lamiere ai lati. Il suolo è co-stituito da uno zoccolo di cemento e fango pressato dalcalpestio, ma non vi è traccia dei cumuli di spazzatura chetemevo di trovare. In realtà, ogni angolo dell’area abitataè pulito, spazzato con cura dagli abitanti che quotidiana-mente si preoccupano di cacciare un po’ più in là la spor-cizia. Sarà un vicino poi a spingere cartacce, polvere e pat-tume più lontano, poi ancora e ancora, fino ai confini del-lo slum, dove giorno dopo giorno si formano le muragliedi rifiuti che osservavo nei giorni precedenti. Chiedo aSantosh di indicarmi le latrine, ma come prevedibilemancano del tutto, sostituite da alcune tavole protese sulmare usate come seduta, riparate da luridi teli in stoffa percreare intimità, dove, secondo la mia guida, giornalmen-te vanno ad evacuare 200mila persone. Qui a Colaba pe-

stra subito amichevole, ben disposto al dialogo, a pattodi parlare in hindi, salvo qualche parola in inglese seproprio necessaria. Dice di essere giunto nello slum daragazzino, dopo un viaggio con i genitori e i fratelli daHyderabad, sua città natale. Come molti altri uomini,donne e bambini dell’area, Santosh lavora al vicino por-to dei pescatori, salpando ogni notte con uno dei nume-rosi pescherecci diretti al largo. «Il mio turno finisce al-le nove e mezza di mattina, se vuoi dopo possiamo in-contrarci, ti accompagno io nello slum. Ora è troppobuio, non vedresti niente», spiega Santosh, uscendo daun negozietto di alcolici con una bottiglia di liquore eco-nomico avvolta in un foglio di giornale. «Non c’è alcunproblema, qui sono tutti amichevoli, sarai il benvenu-to». Siamo d’accordo allora. Ci scambiamo i contatti te-lefonici, un ultimo saluto e Santosh ritorna nel vicolobuio da dove era giunto.

Il mattino seguente, all’ora stabilita chiamo Santosh, ilquale conferma il nostro appuntamento: «Tra dieci mi-nuti ci vediamo davanti al tempio di Ganesh». Sta acca-dendo tutto un po’ in fretta e i dubbi non tardano a veni-re. In fin dei conti sto per inoltrarmi in una delle aree piùpovere di Mumbai, dove l’equivalente in danaro dellamia macchina fotografica sfamerebbe una famiglia per unanno. Un meccanismo di autodifesa mi induce a prende-re delle precauzioni – poi dimostratesi inutili – così dicoa Santosh di aver passato il suo nome e numero di telefo-

S

A SINISTRA Piccole imprese nel cuore della baraccopoli.

AL CENTRO In coda per il kerosene.

A DESTRA Giovani meccanici a lavoro.

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Dopo una giornata tra gli odori e i colori della bidon-ville faccio rientro a Causeway, l’area più mondana diColaba, puntellata di negozi di souvenir e locali alla mo-da. All’altezza dell’ennesimo passaggio pedonale mi im-batto in una coppia, padre e figlio seduti sul marciapie-de. Sono lavoratori a tempo, provengono dallo slum deipescatori e davanti a loro espongono delle sacche logo-re contenenti attrezzi da lavoro e un cartello con scrittocarpenter. «Vengo assunto a giornata». spiega il padre.«Sono carpentiere, muratore e idraulico, ma svolgo qual-siasi tipo di lavoro». Gli chiedo di darmi qualche indi-cazione sui prezzi delle sue prestazioni. Riflette un istan-te, guarda il figlio, poi azzarda 350 rupie a intervento,parcella doppia la notte. Si gira nuovamente verso il fi-glio, visibilmente basito dalla sparata del padre, poi en-trambi scoppiano a ridere, sapendo di aver preteso die-ci volte il prezzo di mercato. Del resto Mumbai è la cittàdelle opportunità, non sia mai che una di queste giungada uno straniero di passaggio! .

Parte di queste attività viene svolta all’interno dell’areaabitata, nelle one room factories, dove noto un sarto chi-no sulla macchina da cucire, lavandaie che trasportanoi cesti colmi di panni sporchi raccolti nei paraggi, o ri-cevuti dai vicini hotel di Colaba. Mi soffermo poi su unproduttore di cestini seduto a terra, preso ad intrecciarefoglie essiccate circondato da bambini. Poco prima del-l’uscita dello slum, in direzione del centro ebraico di Na-rima Point, preso di mira nel corso dell’attentato terro-ristico del novembre 2008, passo davanti a un distribu-tore di kerosene, a un meccanico e a un restauratore dimobili. Centro metri ancora e varco la cancellata che im-mette nel porto dei pescatori. Santosh mi guida tra ma-gazzini e centri per la pulizia dei crostacei, dove centi-naia di donne dello slum affondano mani e polsi in mon-tagne di gamberetti da sgusciare, per poi passarli al la-vaggio e al confezionamento: verranno quindi inviatiagli hotel della città, o surgelati e spediti nei banchi fri-go dei supermercati di tutto il mondo, anche in Europa.

A SINISTRA Santosh e la nipote.

Gandhi sulla maglia, il liquore nella mano.

Volti della nuova India.

A DESTRA Madre e figlio tra i rifiuti,

durante una pausa del lavoro.