move in sicily - 01/2015

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il magazine N. 01 | 15 FARM CULTURAL PARK DI FAVARA: L’INCOMPRENSIBILE BELLEZZA DELL’ARTE CONTEMPORANEA LA BOTTEGA DI CARTURA: LA CITTÀ INCANTATA DELLE MARIONETTE DI CARTAPESTA UN VIAGGIO ALLE EGADI: ELOGIO DELLA LENTEZZA SPECIALE FESTIVAL DEL CINEMA

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Il numero del magazine di Move In Sicily che racconta il meglio delle esperienze isolane. Vi mostreremo una Sicilia dinamica e molteplice, un’Isola ideale popolata dalle arti e dalle ricchezze del suo patrimonio culturale oltre che naturale. Vi sveleremo una terra di buone notizie: dall’apertura di nuovi spazi creativi alle migliori scommesse dell’imprenditoria culturale, dagli appuntamenti imperdibili della stagione agli artisti isolani più rappresentativi, dalle innovazioni dell’industria culturale agli eventi collegati alle tradizioni del territorio.

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Page 1: Move In Sicily - 01/2015

il magazineN. 01 | 15

FARM CULTURAL PARKDI FAVARA:L’INCOMPRENSIBILE BELLEZZA DELL’ARTE CONTEMPORANEA

LA BOTTEGA DI CARTURA:LA CITTà INCANTATADELLE MARIONETTE DI CARTAPESTA

UN VIAGGIO ALLE EGADI:ELOGIODELLA LENTEZZA

SPECIALE FESTIVALDEL CINEMA

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N. 1 | ANNO I | GIUGNO 2015Move in Sicily/moveinsicily.com Reg. Trib. di Catania n. 6 del 10/04/2015

Direttore ResponsabileRosario Battiato

Art DirectorUrsula Cefalù

RedazioneGiorgia Butera, Daniela Fleres, Viviana Raciti, Emanuele Venezia

viale Bummacaro, 21/A, Librino, Catania [email protected]

Segreteria di [email protected]

Illustrazione copertinaAlessandro Venuto

Hanno collaborato a questo numero: Emanuele Grosso, Danila Giaquinta, Antonio Leo,

Alex Munzone, Giuseppe Paternò Di Raddusa, Roberto Quartarone, Gaetano Schinocca, Marco Tomaselli

Ringraziamenti: Albane Cogne Banou, Andrea Bartoli e Florinda Saieva

(Farm Cultural Park), Giuseppe Castrovinci (40due), Lorenzo Catania, Nello Correale (Codice Visivo),

Francesco Di Mauro (Ciclope Film), Stefano Donati (Riserva naturale marina Isole Egadi),

Alfio Grasso (Algra Editore), Cecilia Grasso, Alfredo Guglielmino (Cartura), Sebastiano Gesù,

Tatiana Lo Iacono (Sicilia Queer Film Fest), Giuseppe e Monica Maimone (Maimone Editore)

Ufficio StampaSuttasupra

[email protected]

Editore Soluzione Immediata srl via Teatro Greco n. 76, Catania

SEGUICI SU: Move in Sicilywww.moveinsicily.com

Quando il primo numero di Move in Sicily è diventato qualcosa di decisamente più vicino dei buchi neri e le infinite riunioni a Villa Di Bella ci hanno convinto che il Coordinamento è un’entità sovrannaturale di cui avere fede e timore, con Saro abbiamo iniziato a pensare a un titolo che potesse riassumere il guazza-buglio che avevamo in mente. In fondo una ri-vista culturale può essere tutto e niente, e di certo non volevamo pubblicare soltanto ricor-renze di nascite e morti come il buon vecchio Dottor Pereira nell’omonimo libro di Tabucchi. Per mettere ordine, dunque, l’unica soluzione era quella di creare una copertina che spiegas-se bene il disordine e a quel punto il nostro uomo non poteva che essere Alessandro Venu-to, il signor Wolf degli ultimi mesi. Anche se non risolve problemi, di certo li disegna benis-simo. L’input per Ale arriva da un titolo parto-rito dopo elucubrazioni durate giorni, roba di cui Kierkegaard sarebbe andato fiero. Oltremarte, saltò fuori alla fine. Non era e non è geniale, si capisce: troppo celebrale per comprenderne i significati al volo, come do-vrebbe fare ogni buon titolo che si rispetti.Provo comunque a spiegarvelo, anche se sarà dura come ascoltare una poesia Vogon. Per cui coprite gli occhi o munitevi di asciugamano. Tanto mi butto lo stesso. L’idea era di fondere le parole arte, che è un po’ l’universo mondo a cui guarda Move in Sicily, e Marte, la realtà fantastica (?) che si nasconde oltre lo Stretto di Messina (quindi Scilla e Cariddi esclusi, se ne faranno una ragione). Vi risparmio il fatto che con questo titolo avremmo inglobato pure il riferimento al mare, la galassia di pochi chilo-metri che separa l’Isola dal Continente anziano.Come la piovra assassina nel film The Goonies venne eliminata per ragioni di buon gusto, allo stesso modo abbiamo tolto il titolo ma ci siamo tenuti l’illustrazione che ne ha tratto ispirazione.Alla prossima copertina!

La copertina, spiegata male da Antonio Leo

Stampa: Italgrafica, via Nocilia 157, Aci S. Antonio (CT)Copyright ©2015. Tutti i diritti riservati. La riproduzione anche parziale di testi, foto e illustrazioni è vietata

in tutti i Paesi del mondo senza previa autorizzazione dell’editore

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Con le buone notizie

vogliamo arrivare ovunque

Non c’è niente che viaggi più in fretta della luce, ad eccezione del-le cattive notizie. Un combustibile straordinario, scriveva il compian-to Douglas Adams nel romanzo Mostly Harmless, al punto che al-cuni alieni ne fecero l’alimentazio-ne di una flotta puntuale ed eco-nomica, eppure non sempre ben accolta. Arrivare da qualche parte tramite le cattive notizie non aveva alcun senso. Anche MoveInSicily, che di certo non è una navicella spaziale, vuo-le viaggiare e farvi viaggiare, mo-strando quella Sicilia dinamica e molteplice che trovate in copertina, un’Isola ideale popolata dalle arti e dalle ricchezze del suo patrimonio culturale oltre che naturale. Vi sve-leremo una terra di buone notizie: dall’apertura di nuovi spazi creati-vi alle migliori scommesse dell’im-prenditoria culturale, dagli appun-tamenti imperdibili della stagione agli artisti isolani più rappresenta-tivi, dalle innovazioni dell’industria culturale agli eventi collegati alle tradizioni del territorio. Ne siamo consapevoli, è un pro-getto ambizioso e complesso. Ci confronteremo con difficoltà eco-nomiche che stanno strozzando il mondo editoriale, e con la resi-stenza di quella parte della Sicilia che “doesn’t move” e che speria-mo di contribuire a far ripartire a “strappo”, magari spingendola. Per riuscire in questa sfida mensile ci affideremo a una redazione ampia e composita, e a una rete costituita da associazioni culturali, case edi-trici, festival e altre realtà del pa-norama siciliano. Un campionario della miglior Sicilia che vogliamo raccontare, insomma: un mare di idee per una terra mai ferma. (rb)

l’editorialel’indice

004

007 Un codice per il MediterraneoNasce la rivista oN-liNe di Nello correale

FarM cUltUral park di Favara

l’incoMprensibile bellezza dell’arte contemporanea

da pag. 008in noMe della sicilia di pietro GerMi- InterVISta a SeBaStIano geSù e lorenZo catanIaripiGliaMoci GerMi

010 cortoMessaGGi FroM sicilY

da pag.011speciale Festival del cineMa. il calendario- da marZamemI a palermo, QUant’è Bella la SIcIlIadeI FeStIVal cInematograFIcIil cineMa si Mette in rete, Gioie e doloridel coordinaMento

da pag.013Un Mestiere diFFicile. parla gIUSeppe maImone- costrUire la cUltUra sotto il vUlcanoInterVISta a monIca maImone

015 la conteMporaneità in scenala NUova staGioNe del teatro Greco di siracUsa

017 dal rock alternativo al JazzUN’estate iN MUsica

018 la botteGa di cartUrala città iNcaNtata delle MarioNette di cartaPesta

020 sUlla strada dell’orlandinaUNa storia a sPiccHi

021 Un viaGGio alle eGadi l’eloGio della leNteZZa

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Farm Cultural Park di Favara

L'incomprensibile bellezza dell’arte contemporaneadi Alex Munzone e Rosario Battiato

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l percepire l’aria dell’espe-rienza culturale contem-poranea, il confronto con il linguaggio concettuale e il porsi d’innanzi alla

creatività con l’adeguata apertura mentale sono i ca-

ratteri fondanti e intrinseci che, fin da quando esploravano da nomadi collezio-nisti i territori culturali del panorama artistico parigino ed europeo, hanno de-lineato le intenzioni del notaio Andrea Bartoli e della moglie, l’avvocato Flo-rinda Saieva. «Viaggiavamo quasi mensilmente – ha raccontato la cofondatrice – e abbiamo voluto portare qui un po’ della nostra esperienza». Così, dopo aver creato un ponte virtuale tra l’Italia e l’estero, i due de-cidono di tornare in Si-cilia scegliendo Favara, perche Florinda è nati-va del comune ai piedi del Monte Caltafaraci e inoltre hanno necessità di trovare una località che possa garantire una maggiore stabilità familiare per la crescita della primogeni-ta. Ben consci del fatto che il paese dell’agrigentino offra davvero poco in ter-mini artistici e, soprattutto, dal punto di vista del coinvolgimento sociale rispetto alle tematiche dell’arte contemporanea, i due non rinunciano alle esperienze ac-quisite avviando così una procedura di ristrutturazione e di rivalutazione mas-siccia del luogo. Il 25 Giugno 2010 nasce ufficialmen-te Farm Cultural Park, il primo parco turistico e culturale apparso in Sicilia. Di cosa si tratta? «Io lo definisco un cen-tro culturale di nuova generazione – ha abbozzato Andrea Bartoli – ma è difficile spiegare, chi viene qui e deve raccontare all’esterno cosa siamo, vive una specie di frustrazione». Insomma, vedere per cre-dere. Sorta vicino al centro storico della città, la struttura, definita nell’insieme “Cortile Bentivegna”, si compone di set-te piccoli cortili caratterizzati da moduli abitativi d’influenza araba, proponendo-si fin da subito come spazio d’incontro tra artisti, collezionisti e appassionati. «Ancora oggi - ha continuato Florinda - c’è gente che si aspetta ancora quale sia il nostro vero ritorno». La sede avvia

un processo artistico progettuale a 360°, allestendo esposizioni, presentando in-stallazioni permanenti, introducendo l’attività concertistica nei propri locali e rielaborando esperienze d’architettura contemporanea. Il ‘ritorno’ che Bartoli e Saieva si aspetta-no è decisamente diverso. «La vera sfida – ha sottolineato Andrea - è restare in piedi 20/25 anni, non soltanto cinque, così da poter accompagnare le mie bam-bine e le loro compagne e i bambini del quartiere, a quel punto avremo una ge-nerazione di cittadini colta e aperta». E poi ci sono gli artisti, un’altra delle me-raviglie di Farm. Lo conferma Florinda che, visibilmente soddisfatta, ci ricorda

i tanti talenti che sono passati, e continuano a passare, da

queste parti. Non ci sono particolarità: «siamo le-gati a tutti gli artisti che abbiamo avuto la for-tuna di conoscere». Poi c’è un artista che, al di là del progetto, «abbia-

mo visto nascere, anche se qui ha solo un’opera:

Giuseppe Veneziano». Intanto, assai più prosaica-

mente, c’è una città intera che ha potuto godere di decisi benefici econo-mici. Ce lo spiegano, liberando emozio-ni, sensazioni e speranze, proprio i due fondatori. Comincia Andrea: «il rapporto con la città è buono, un po’ tutti han-no capito che Farm è come se fosse una sorta di hardware, il fatto che accadano delle cose ha permesso la creazione di un vero e proprio indotto». Chiude Florinda: «In cinque anni di esperienza qualcosa si è mosso, molte persone avvertono un cambiamento, però a volte, e questo mi dispiace, il cambiamento è più nell’aspet-to economico che in quello sociale». Favara è, in effetti, in controtendenza, rispetto alla staticità che si riscontra in tante parti di Sicilia. Qui si investe, na-scono nuovi locali, cultura e produttività si cominciamo a muovere assieme, come accade nelle migliori realtà del mondo. Soltanto nella Farm ci sono cinque can-tieri e i due coniugi hanno ancora tante sorprese da tirare fuori dal cilindro. Ne-gli ultimi anni è in fermento l’attività dei laboratori per i bambini delle scuole del comune e della provincia e in futuro la fondazione del Children Museum.

i

«Viaggiavamo molto e abbiamo

voluto portare qui un po’ della nostra

esperienza»

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Farm Cultural Park sarà anche “incomprensibile e frustrante”, ma fornisce degli stimoli formidabili. Un esperimento vivente che è, innanzitutto, un ricettacolo di storie da raccontare, pezzo per pezzo. «La cosa importante di questo luogo – ha ricordato Andrea Bartoli - è che l’arte, la cultura, il contemporaneo sono un mezzo per dare futuro». Un futuro che da queste parti si può immagi-nare particolarmente sorprendente. Ci sono i cultori del vintage e dell’handmade di The second life, ma anche la Scocca Papil-lon, 100% made in Favara, un’azienda composta da un artista, Carmelo Nicotra, e da sua madre, che su Etsy.com ha venduto 12mila papillon in tutto il mondo. Storie che si intrecciano con questo luogo magico, fatto anche di mostre semestrali, come Gre-etings from Italy che si chiuderà all’inizio di giugno e la personale del pubblicitario Stefano Ginestroni che accompagnerà al meglio il quinto compleanno di Farm Cultural Park alla fine di giugno. E poi ancora ci sono le campagne pubblicitarie provocatorie e “so-ciali”. E non basta. Gli elenchi non rendono giustizia a un posto così frustrante. Pardon. Stimolante. (rb)

Le storie di Farm

Una farm (diversa) in ogni città

Se Farm Cultural Park ha risvegliato Favara, cosa potrebbero fare mille esperienze del genere in Sicilia? Alla fine Andrea Bartoli non ha potuto eludere la domanda che, come lui stes-so ha ammesso, spacca il mondo a metà. «Credo sia espor-tabile – ha commentato – ed è replicabile nei suoi connotati più pregnanti, però non avrebbe senso fare un altro Farm Cultural Park, si tratta di una buona pratica». E il tentativo, in questo senso, si sta facendo. «Qui è nata un’idea che si chiama Boom polmoni urbani, un concorso di idee che con-sentirà a tre realtà siciliane di creare progetti completamente diversi ma che si ispirano a Farm, un modo per dare identità e costruzione di futuro alle nuove città». L’iniziativa (polmo-niurbani.it) è stata lanciata dal Movimento 5 Stelle e permet-terà alle prime tre idee di ottenere un contributo di 120mila euro lordi a fondo perduto ciascuno. «Un’operazione condotta con grandissima pulizia – ha assicurato Andrea – e che avrà una giuria nazionale nazionale super qualificata». (rb)

MovExtra

Per l’intervista completa ad Andrea Bartoli e Florinda

Saieva e altri contenuti su Farm Cultural Park

moveinsicily.comfarm-culturalpark.com

Move in Sicily

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Un codice per il MediterraneonaSce la rIVISta on-lIne dI nello correaledi Edoardo Amore

è una tempesta di creatività che presto potrebbe abbattersi sulla Sicilia. È an-nunciata dai “lampi sul Mediterraneo” di Codice Visivo (codicevisivo.com), così come riportato dal manifesto mi-

nimalista che accompagna la nascita di questo web magazine fondato e diretto da

Nello Correale. Una vera e propria rivista on-line che si propone di raccontare – leg-giamo nel documento di presentazione -, guardare e rinviare tutto quello che di interessante di arte e cultura audiovisiva si muove nell’area del Sud Est, da quello siciliano a quello del Mediterraneo. L’ennesima creatura ideata dal versatile artista di origine napo-letane, suggerisce un’ambizione che può apparire pretenziosa sol-tanto se superficialmente non se ne considera l’esigenza. Qui e ora. «Il riferimento geografico mi sembra necessario – ci spiega mentre alle sue spalle emerge la severa campagna della provincia catanese - più di quanto lo è stato come pensiero e come motivazione, anche perche oggi il Mediterraneo si cita nella cronaca, nel confronto, nella guerra ideologica oppure nelle grandi crisi che colpiranno l’Europa o che arrivano dalla Grecia, come se ci fossimo dimenticati che questa parte del mondo continua ad avere film, libri artisti».Insomma, esiste ancora un Mediterraneo vibrante di

storie e visioni che non può essere annichilito. Un pa-trimonio che merita un riferimento contemporaneo e una memoria storica. Due obiettivi precisi. «Codice Vi-sivo può diventare una specie di recettore – ci racconta Nello - e nello stesso tempo un’antenna soprattutto per la Sicilia ma non solo». Quindi un punto di approdo – termine che non può essere casuale – per molti appas-

sionati di cinema che frequentano i festival da gennaio fino a dicembre. «Un vero e

proprio palinsesto dell’anno». Un pa-trimonio per tutti gli addetti ai la-

vori e non solo. «Il materiale pre-sentato sarà diffuso online, ma resterà anche in questa sorta di magazzino virtuale, un tesoret-to per registrare la produzione culturale di un intero anno».Un raccoglitore di qualità e non un “ricettacolo”, precisa il

fondatore. «Codice visivo, come rivela la parola stessa, mantiene

un certo rigore nel raccontare que-ste esperienze». Ogni mese ci sarà

un’immagine diversa che condenserà i contenuti della rivista che si distribuiran-

no in diverse rubriche: film, festival, autori, libri. La redazione del magazine, un filtro per selezionare e programmare gli elaborati presentati, sarà leggera, si muoverà in rete per illustrare un Mediterraneo reale, che è vivo e pulsante sotto il rimbombo riduttivo dei media generalisti. Il mare nostrum è sopravvissuto, il mare nostrum parlerà.

c’

Raccontare, guardare e rinviare

tutto quello che di interessante

di arte e cultura audiovisiva si muove nell’area del Sud Est,

da quello siciliano a quello

del Mediterraneo

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In nome della Sicilia di Pietro Germi

a Sicilia del secondo dopoguerra continuava ad essere una questione irrisolta nel panorama nazionale: ben presto le sue criticità e una certa volontà istituzionale di negarle fece-ro della Sicilia la questione. In un’epoca di

grandi cambiamenti, molti grandi registi, da Zampa a Rossellini fino a Visconti, utilizzano le

lande siciliane come teatro delle loro narrazioni, ma a spicca-re tra tutti per qualità e quantità è la produzione quindicen-nale di Pietro Germi. Del fortunato binomio tra l’isola e il regista genovese fanno testimonianza due opere da poco pubblicate, Sicilia terra di elezione per conto di Algra Editore e Pietro Germi il Siciliano della 40due edizioni. I due autori Lorenzo Catania e Se-bastiano Gesù mettono in risalto fin dal titolo la sicilianità acquisita del regista ligure: i suoi film isolani girati tra gli anni ’40 e ‘60 testimoniano una tendenza per nulla modaiola o opportunistica, ma costruita negli anni dal regista per la forte carica espressiva che riusciva a trarre e trasmettere. Catania e Gesù trattano la materia con padronanza e meto-do, mettendo al centro della loro ricerca la filmografia sici-liana di Germi: In nome della legge (1949), Il cammino della speranza (1950), Gelosia (1953), Divorzio all’italiana (1961) e Sedotta e abbandonata (1963). Raccontare il quotidiano di una terra a più riprese, nell’arco di quindici anni, ti permette di coglierne anzitutto i mutamenti: se i primi due film dipin-gono una realtà appena uscita dalla guerra, desolata, povera,

in cui le piccole miserie individuali completano un quadro inevitabilmente melodrammatico, con gli

ultimi due si aggrega con esiti altissimi al filone della commedia all’i-taliana, in cui l’occhio del regi-sta è più attento a cogliere la deri-va grottesca che il boom economi-co ha portato con se, trasformando e deformando l’intera società. Ed è pro-prio questa la chiave di lettura che acco-muna i due volumi, l’idea che Germi abbia scelto di raccontare l’Italia dal suo spazio privilegiato di osser-vazione, la Sicilia, da cui non riusciva a stare lontano «forse perche è una terra veramente tra-gica e anche comica, ma

soprattutto tragica…»

di Marco Tomaselli

l

Immagini gentilmente concesse da 40due edizioni | www.40due.com

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Sebastiano Gesù, uno dei più importanti storici e critici del cinema siciliano, e Lorenzo Catania, collaboratore delle pagine culturali dei quotidiani La Repubblica (edizione di Palermo e Napoli) e La Sicilia, hanno risposto alle nostre domande incrociate sui loro due libri: Pietro Germi il siciliano e Sicilia terra di elezione. Obiettivo? Raccontare il loro personale Pietro Germi.

Cominciamo dal titolo, che è già una dichiarazione di intenti netta.S.G.: Più che una dichiarazione d’intenti il titolo vuole avvisare l’eventuale lettore che il libro prende in considerazione esclusivamente i 5 film siciliani (una fetta abbastanza nutrita e importante) della produzione di Germi.

L.C.: La filmografia di Pietro Germi comprende 18 film, più l’episodio Guerra 1915-1918, inserito nel film Amori di mezzo secolo. Cinque film il regista li ha realizzati in Sicilia o, come nel caso del Cammino della speran-za, partendo dalla Sicilia: In nome della legge, Il cammino della speranza, Gelosia, Divorzio all’italiana, Sedotta e abbandonata. Cinque film “siciliani” non si girano per caso. Si girano soltanto se si hanno motivazioni forti. Germi diceva che «La Sicilia è un mondo dove le contraddizioni del nostro costume, della nostra civiltà, sono più evidenti che altrove».

La filmografia siciliana di Germi si sviluppa nell’arco di 15 anni, dal dopoguerra al boom economico degli anni ‘60. Come si rispec-chiano queste trasformazioni nei suoi film e che tipo di rapporto instaura con la Sicilia, analisi razionale o empatia?S.G.: I film siciliani, ma quasi tutta la produzione filmica di Germi, è in sintonia con le epoche e i periodi storici in cui vengono realizzati. I primi due film possono considerarsi dei melodrammi sociali, ponendo all’atten-zione del grande pubblico due temi nel dopoguerra molto sentiti dalla so-cietà nazionale: il problema della mafia, della giustizia, della legge (Non a caso il film si intitola In nome della legge) e quello della miseria che induce la parte più povera del paese ad emigrare (Il Cammino della speranza). En-trambi tratti da due opere letterarie minori, ma che non hanno impedito a Germi di farne due capolavori cinematografici. In un’opera cinematografica credo sia difficile ricercare un’analisi razionale forse è più facile trovarvi un sentimento di empatia. A dire di Germi, egli raccontava la Sicilia, pur essendo un genovese, perche la Sicilia è l’Italia due volte e i difetti degli ita-liani sono più evidenti nel popolo siciliano. In fondo Germi ancor prima di Sciascia usa la nostra terra come metafora della nazione.

L.C.: Negli anni 1948-1950, le caratteristiche antropologiche, culturali e sociali della Sicilia offrono al regista, fiducioso nelle sorti degli uomini e dell’umanità, il pretesto per un discorso cinematografico che, combinando impegno civile e forma spettacolare, racconta la condizione di certe estreme contrade del Sud, travagliate dalla povertà e dalla delinquenza, dalla man-canza di lavoro e dall’assenza di una vera democrazia. In pratica, nei film In nome della legge e Il cammino della speranza Germi racconta l’incipiente degrado dell’Italia postbellica occultato dai cinegiornali dell’epoca e dai film di puro intrattenimento. In questo periodo prevale in Germi nei confronti della Sicilia un’analisi anche razionale, ma soprattutto un sentimento di empatia, che traspare in particolare dal finale utopistico del Cammino della speranza. All’inizio degli anni ’60, il vuoto che si nasconde dietro il boom economico e la modernizzazione ambigua, contraddittoria della società ita-liana, fanno precipitare il pessimismo di Germi. Di qui trae origine il dittico dell’onore costituito dai film Divorzio all’italiana e Sedotta e abbandonata. In questi film Germi disegna un affresco pungente dell’Italia del tempo, leggibile come un apologo del “Paese mancato”.

doppia intervista

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Durante il suo lavoro di ricerca cosa l’ha colpita maggiormente e cosa vorrebbe lasciare ai suoi lettori?S.G.: Ciò che mi colpisce nel cinema “siciliano” di Germi è che sebbene lui forse più di altri ha raccontato una Sicilia stereotipata, esagerata, comica, al limite del farsesco (come in Divorzio all’italiana e in Sedotta e abbandonata), abbia avuto la capacità di essere non solo un fustigatore dei costumi nazionali, ma un anticipatore dell’evoluzione sociale. Ma so-prattutto mi colpisce come nel suo cinema sa raccontare una Sicilia fal-sa, qualche volta letteraria (come in Gelosia), melodrammatica o comica, ma in fondo più vera della Sicilia vera.

L.C.: Mi ha colpito negativamente il fatto che Germi, che si dichiara-va socialdemocratico e saragattiano, è stato un artista ideologicamente discriminato, una vittima dei furori e dei pregiudizi ideologici che ali-mentarono il lungo “inverno” della Guerra fredda. Ciò lo ha penalizzato, perche gli ha impedito di raggiungere la fama che hanno avuto altri cine-asti più fortunati e talvolta sopravvalutati. Ai lettori vorrei fare nascere il desiderio di (ri)vedere i film di un maestro eretico del cinema.

Siamo un po’ tutti Pie-tro Germi, in Sici-lia. Quei siciliani cui

Sciascia (psico)analizzava le nature di «sommamente timidi e sommamente teme-rari», ri-trovano, nel cinema del regista ligure, una digni-tà pittoresca che li (ci) eleva al ruolo di giganti. Enormi per vocazione, rumorosi per necessità, indissolubili nel-le azioni. Giusti anche nel torto, anche quando com-messo nel guazzabuglio del-lo stereotipo: come accade al barone Fefè-Mastroianni di Divorzio all’italiana - per il quale, ricordiamolo, Ger-mi vinse l’Oscar come mi-glior sceneggiatore insieme a Giannetti e De Concini -, che uccide la moglie adul-tera e ne trova una ancora peggiore. Senza dimentica-re l’avanzata della famiglia Ascalone di pater Vincenzo (lo straordinario Saro Urzì, premiato a Cannes), para-bola collerica in cui valo-ri e leggi cercano il dialogo con la moralità di un popolo dalla prossemica autonoma, ispirata e letteraria. Un po-polo, come dimostrato nel precedente – e da tanti cri-ticato - In nome della legge (1948), in cui il malaffare si mescola all’omertà e alla violenza sottesa, ambigua e

fumosa, che blocca il lavo-ro del magistrato venuto da lontano (Massimo Girotti) e lo contrappone alla pigrizia, alla reticenza e alla mafia (perché non dirlo?), con i toni del western, o del polar francese. È vero, il cinema di Germi non ha racconta-to solo la Sicilia (si pensi al corrosivo Signore e signori, al bellissimo Il ferroviere, che pure interpretò nel ruo-lo principale, il vibrante e purtroppo dimenticato Gio-ventù perduta); è innegabi-le, tuttavia, come ne abbia anticipato alcune delle ve-rità più amare e limitanti, e come ne abbia sdoganato le figure per farne statue di ammirevole fattura, di ci-viltà idealizzata ed esotica – ma non in accezione nega-tiva. Più ancora che grotte-sco, il suo cinema siciliano è stato pionieristico: dopo di lui, gli epigoni. Dopo di lui, il ritorno alla convenzione dello stereotipo. Sua, però, è la re-invenzione: lo vorrem-mo ancora con noi, soprat-tutto perché mancano an-cora quegli autori in grado di restituire il mito a questa terra – nonostante due o tre tentativi pure riusciti. A Germi, però, consegneremo sempre gli onori del merito.

Legali, s’intende.

cortoMessaGGiFroM sicilY

di Emanuele Grosso

Mia Madre. Va bene, Nanni, vuoi farci sin-ghiozzare di nuovo dopo La stanza del figlio? Sepoffà, anche perche l’argomento del tito-lo si presta a una discreta universalità. Ma questo film non ha coraggio. Dovrebbe sca-raventarci nel dolore fino in fondo, invece ha paura che senza gli strampalati intermezzi turturro-morettiani lo spettatore non regga. Così produce due storie parallele e discon-nesse, con quella più leggera che esprime mosciume e debilita la parte migliore, ovvero la disperazione e l’angoscia. Troisi diceva: “Fatemi soffrire bene”. A ogni uscita Nanni è sempre più incerto.

sarà il Mio tipo? Tutta la superiorità francese nella commedia sentimentale, tutta l’inferiorità italiana nella titolazione da ac-chiappo. Chi ha scritto la storia d’amore tra il filosofo gattone e la parrucchiera kantiana (viene da un libro di Philippe Vilain) conosce anche la più piccola sfumatura del cervel-lo delle donne. Chi l’ha trasformata in un film (si chiama Lucas Belvaux, ed è l’erede di Emmanuel Mouret) ha il totale control-lo dell’espressività corporea e dei tempi di narrazione. Una lezione di cinema e di sen-timenti, con un finale che ti resta addosso.

n-capace. G-eniale, N-gegnoso, M-perdibile. La quasi sconosciuta attrice Eleonora Danco aggiorna con surrealismo morettiano i Comizi d’a-more di Pasolini: interroga gli anzia-ni sulla paura della morte, sul ses-so, sulla nostalgia, e ne ricava buffa tenerezza; manipola come burattini i ragazzi malati di telecamerite per dimostrare la loro vuota ignoranza. M-pareggiabili i duetti con il padre e il vecchietto che non crede in nulla. Il miglior debutto italiano degli ulti-mi trent’anni dopo Sorrentino e Lo Cascio.

Ripigliamoci Germidi Giuseppe Paternò Di Raddusa

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A tema o generalisti, con star da red carpet o giovani ta-lenti, all’aperto o in sala, negli ultimi anni, i festival cinematografici sono sbocciati in Sicilia un po’ dapper-

tutto e tutti alimentati dall’amore per la settima arte che a dicembre compierà i suoi primi 120 anni. Una cinquantina di manifestazioni, qualcuna più vecchietta di altre che, da una punta all’altra dell’Isola, coinvolgono cineasti, produttori, di-stributori italiani e non, piazzano spettatori davanti al grande schermo e dimostrano pure come, qualche volta, la cultura risvegli l’economia. Se chiudi gli occhi e vedi Alain Delon che balla con Claudia Cardinale, o Ingrid Bergman su un vulcano il richiamo alla location è immediato. Il rapporto tra terra e cinema è sempre stato simbiotico e, nel suo piccolo, anche la scelta di un luogo per una manifestazione culturale lascia qualche segno. Come nel caso di piazza Regina Margherita di Marzamemi dove, dal 2001, si svolge il Festival Internazionale Cinema di fron-tiera giunto alla XV edizione e con una media di 60 opere all’anno. Non è “antico” ma di sicuro “adulto” e tutto comincia con un pubblico di 30 persone. «La vita degli eventi cultura-li – sorride l’ideatore e direttore artistico Nello Correale – va calcolata come quella dei cani: ogni anno vale sette perche si fatica a crescere e stare in vita. La continuità è importante e in 15 anni non ho mai interrotto. Mi è sempre piaciuta la frontie-ra, nel senso di andare oltre. Il 2000 era l’anno dell’euro, della rete. Pensai che si potesse cablare con il cinema il nord e il sud Europa e, grazie alla collaborazione con i fratelli Kaurismäki, portai i film che venivano dal Midnight Sun Film Festival di Sodankylä. Perche Marzamemi? Era già stato set di film importanti e poi nel 2001 era una frontiera vera: una volta raggiunta non trovavi niente, non c’era nulla, solo un locale, il cinema più vicino era a Siracusa. Ma forse proprio per questo potevi portare le pellicole che volevi». E da allora tante cose sono cambiate. Da poche decine a mi-gliaia di spettatori, da uno a quattro schermi, dalla pizza al digitale. Quel piccolo borgo marinaro ogni estate si riempie sempre di più e il grande schermo rimane il motore in tempi in cui si guardano i film sul pc o sul cellulare. E sono anche nati altri festival con concorsi aperti a film un po’ più “corti”. «Far-ne uno allora era proprio difficile - continua Correale - perche le pizze pesavano, era complicato spostarle e sdoganare quelle che venivano dall’estero. C’erano i proiettori, il service era im-pegnativo. I costi erano esorbitanti. Poi cambiano le tecnolo-gie, non ci sono più le cineprese ma le videocamere. E i festival cominciano a crescere anche perche diventano lo spazio per il cortometraggio, un tempo figlio povero della famiglia cinema-tografica e dopo un fenomeno, in Sicilia, in Italia e in tutto il mondo. Non sono sicuro che il cinema resti tale se si guarda su un telefonino: il film ha a che fare col buio, con gli altri, è un atto sociale. Puntare tutti lo sguardo, ridere, piangere, emozionarsi nello stesso tempo per la stessa cosa ha del mira-coloso. Il festival è un evento comune. È faticoso, come fare un film con la differenza che non hai il montaggio: giri e puoi decidere se una cosa la metti prima, dopo o la cambi, nella manifestazione, se il pubblico non c’è non lo puoi montare, se

Sp

ecia

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esti

val

del

Cin

ema

Gennaioj maazzeni Film Festival | paternò (ct) | maazzenifilmfestival.itMarzoj Il cineclub dei piccoli | catania | arknoah.itj Versi di luce Festival | modica (rg) | officinakreativa.orgj Short Film Sicilia | nizza di Sicilia (me)aprilej cominks Short Festival | messina | nonguardarlo.itj gold elephant World | catania | cataniafilmfest.itMaGGioj corto tendenza | Barcellona pozzo di gotto (me) | cortotendenza.itj Sorsi corti | palermo | sorsicorti.itj Sicilia Queer Film Fest | palermo | siciliaqueerfilmfest.itj Kalat nissa Film Festival | caltanissetta | kalatnissafilmfestival.itj mizzica Film Fest | itinerante ag/ct | mizzica.netGiUGnoj Sicilia est Festival (Sicilia è cinema) | catania | i-art.itj Sportfilm Festival | Palermo | sportfilmfestival.itj taormina Film Fest | taormina (me) | taorminafilmfest.netj ciak Scuola Film Fest | messina | scuolafilmfest.itj erice Film Festival | erice (tp) |ericefilmfestival.itj terre di cinema - Incontri internazionali sulla fotografia | Forza d’Agrò (ME) | terredicinema.comlUGlioj Siciliambiente documentary Film Festival | San Vito lo capo (tp) | festivalsiciliambiente.itj Un mare di cinema, eolie in Video | lipari (me) | centrostudieolie.itj Sole luna Festival | palermo | solelunaunpontetraleculture.comj etnaci Film Fest | aci Sant’antonio (ct) | ambrosianacineamatori.netj A.M. Ortigia Film Fest | Siracusa | ortigiafilmfestival.itj Festival del cinema di Frontiera | Marzamemi (SR) | cinefrontiera.itj per...corti alternativi summer edition | Villafranca T. (ME) | prolocovillafrancatirrena.itj libero cinema in libera terra | itinerante | cinemovel.tv | (ottobre)j Cefalù Film Fest | Cefalù (PA) | cefalufilmfestival.itaGostoj State Akorti | Viagrande (CT) | stateakorti.itj Donnafugata Film Festival | Donnafuga-ta (RG) | donnafugatafilmfest.wordpress.com

di Danila Giaquinta

Da Marzamemi a Palermo,quant’è bella la Sicilia dei festival cinematografici

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piove o salta il proiettore… è come la vita». Un po’ più giovanot-to del collega di frontiera, il Sicilia Queer è giunto quest’anno alla quinta edizione. Non solo festival cinematografico, vanta un pubblico di circa 2000 persone a settimana, tanti eventi collaterali e ben tre schermi. La location è Palermo e i Cantieri Culturali alla Zisa. Uno staff fisso di dieci persone attivo qua-si tutto l’anno che vive facendo altro. «Ci sono tante professio-nalità – spiega la direttrice organizzativa Tatiana Lo Iacono – e tante ore di lavoro, di giorno, di notte. Un progetto grande, di cinema, letteratura. C’è pure una summer school. In gene-rale il festival è il primo step della distribuzione di un film ed è il momento in cui il regista incontra il pubblico. La maggior parte poi si svolgono tra maggio e ottobre, quando la gente è portata a uscire, a incontrare, a cercare luoghi di adesione e comunicazione. La Sicilia potrebbe essere un trampolino di lancio enorme per l’arte cinematografica».

j corto di Sera | Itala (me) | cortodisera.wordpress.comj Shortini Film Fest | Augusta (SR) | shorti-nifilmfestival.comj mare Festival Salina | Salina (me) | ma-refestivalsalina.itj piraino B movie Film convention | piraino (me) | pirainobmovie.comj modix Festival | modica (rg) | modixfestival.comj Videolab Film Festival | Vittoria (rg) | laboratorio451.itj Mazzarelli Art Festival | Marina di Ragusa (RG) | mazzarelliartfestival.itj Visioni notturne sostenibili (notte di docu-mentari con gli autori) | Menfi e Sambuca (AG) | visioninotturnesostenibili.wordpress.com | epicentrobelice.netsetteMbrej cici Film Festival | castellammare del Golfo (TP) | associazionecici.comj corti in cortile | catania | cortiincortile.itj Cortopepperfest | Terrasini (PA) | cortopepperfest.comj Floridia Film Fest | Floridia (Sr) | floridiafilmfest.itj lampedusa in Festival | lampedusa (AG) | lampedusainfestival.comj non è mai troppo corto | catania | facebook.com/nonemaitroppo.cortoj Salina doc Fest | Salina (me) | salinadocfest.itj Il Vento del nord | lampedusa (ag) | ilventodelnord.itj Sciacca Film Fest | Sciacca (ag) | sciaccafilmfest.it | (dicembre)ottobrej trailers Film Fest | catania | www.trailersfilmfest.ivid.itj Rassegna del Documentario della Co-munica Archeologica | Licodia Eubea (CT) | rassegnalicodia.flazio.comnoveMbrej Magma, Mostra di Cinema Breve | Acireale (CT) | magmafestival.orgj corto corto mon amour | cinisi (pa) | www.cortocortomonamour.comj Premio Internazionale Efebo d’oro | Agrigento | efebodoro.comdiceMbrej Jalari in corto | Barcellona pozzo di gotto (me) | parcojalari.comj areS Film & media Festival | Siracusa | aresfestival.itj Efebo Corto Film Festival | Castelvetra-no (TP) | efebocorto.euj Cortiamo, Segni Nuovi | Alcamo (TP) | segninuovialcamo.itj peace Film Festival | Vittoria (rg)j Rassegna Itinerante del Cinema d’Au-tore e dei documentari

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el Cin

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Il cinema si mette in rete, gioie e dolori del Coordinamento

Volontari e devoti a parte, i festival qualcosa la fanno. Danno spazio ad opere che faticherebbero ad arrivare in sala e stimolano un ritorno economico se si pen-

sa alle professionalità coinvolte o al pubblico, soprattutto se proveniente da altri Paesi. Ma le risorse ci vogliono e siccome l’unione fa la forza, quasi cinque anni fa Nello Correale ha fondato il Coordinamento Festival Cinema di Sicilia per intrecciare una rete tra le iniziative, coinvolgendole in un’e-sperienza di partecipazione e condivisione e per creare un unico, compatto individuo parlante con le istituzioni. «La rete è sempre stata nella mia testa – spiega il regista –. Unire tutte quelle energie, spezzare quell’isolamento, vederci, conoscerci e prendere forza dallo stare insieme era qualcosa di rivolu-zionario. Ho cominciato così a telefonare, prendere contatti e fissare appuntamenti. È stato interessante scoprire di essere in tanti sul territorio e il primo effetto è stato quello di creare un interlocutore e ottenere il bando di finanziamento. Non solo, una specie di laboratorio di idee, un consorzio, un luogo di incontro tra esperienze diverse. Un bilancio positivo di un progetto ambizioso che deve fare di tutto perche la parteci-pazione aumenti». Da circa un anno e mezzo è presidentessa del Coordinamento Tatiana Lo Iacono che da volontaria è diventata direttrice organizzativa del Sicilia Queer FilmFest. Dall’arte contemporanea è passata da alcuni anni alla setti-ma arte «decisamente più soddisfacente della sesta perche il cinema è concreto». Come concreta appare la sua visione del Coordinamento. «La forza deve essere innanzitutto comuni-cativa – spiega – nel senso che bisogna presentarsi come un unico pacchetto culturale. Il colloquio con la Regione ha funzionato alla grande e in questi anni ci siamo visti, riuniti e tirato fuori delle idee ma è difficile farlo a livello regionale. È faticoso gestire 25 festival perche siamo 25 diversità. I più grossi soffrono perche i finanziamenti non sono mai costanti, i più piccoli ancora di più perche magari non hanno i requisiti per accedere al bando. Capita di dover mettere i soldi di tasca propria. Ma il vantaggio nell’unirsi c’è perche ci si può dare una mano anche per ottimizzare i costi: noi, ad esempio, aiu-tiamo con i sottotitoli. Se tutti ci vedessimo, faremmo molto di più. E bastano solo 30 euro all’anno per associarsi al Coordi-namento. È una lotta costante però, caspita, alla fine vengono fuori delle cose incredibilmente belle». (dg)

CooRDInAMEnto DEI fEStIvAl DEl CInEMA DI SICIlIA

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Un mestiere difficile parla GiUseppe MaiMone

a storia dell’editoria è complessa, diffi-cile, sfuggente. Paradossalmente, non potrebbe proprio stare in un libro. Ce lo ricorda un monumento nazionale come Roberto Calasso nel suo L’im-

pronta dell’editore (Adelphi, 2013): «La vera storia dell’editoria è in larga parte ora-

le – e tale sembra destinata a rimanere». Prestando fede a questa asserzione, abbiamo voluto incontrare la storia dell’editoria catanese e siciliana e lo abbiamo fatto in un giorno veramente particolare per tutti gli amanti della lettura: il 23 aprile, la giornata mondia-le del libro. Ad attenderci, in una delle fermate della littorina che ha accompagnato i ragazzi partecipanti del concorso “Storie sotto il vulcano”, abbiamo trovato Giuseppe Maimone, un nome che da queste parti è sinonimo di editore. La sua casa editrice esiste da oltre trent’anni, ha pubblicato centinaia di volumi, allestito grandi mostre ed eventi culturali di rilevanza naziona-le e, soprattutto, rappresenta la vera memoria storica della realtà siciliana, dei suoi molteplici aspetti, e del suo rapporto con il resto del mondo. L’uomo che si presenta alla stazione di Mascali di fron-te alla camera di Move è vitale, energico, entusiasta, disponibile. Soddisfa la nostra immaginazione: un editore di frontiera, uno di quelli che non si ferma-no. Nemmeno di fronte alla crisi imperante, ai numeri drammatici dell’Istat sul tasso di lettura in Sicilia, o al proliferare di case editrici senza storia e professio-nalità. «Noi abbiamo agito controcorrente – ci spiega lentamente, anche se la littorina borbotta in attesa di ripartire - inducendo i ragazzi a scrivere e a parlare del proprio territorio, due cose molto complicate oggi». La spinta è stata il concorso letterario per racconti inediti dedicato ai ragazzi “Storie sotto il vulcano”, un modo per mettere al centro dell’attenzione la conoscenza e il rispetto del territorio etneo, attraverso la valorizzazio-ne della cultura e delle specificità locali, e promuove-re, al contempo, l’amore per il libro. «I ragazzi hanno inviato oltre mille racconti e anche illustrazioni molto belle – continua raggiante – ed è stato molto importan-

l

di Filippo Grasso

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Monica Maimone è la responsabile del progetto “Storie sot-to il vulcano”. Com’è andata questa edizione di “Storie sotto il vul-cano”?La straordinaria risposta dei ragazzi, delle scuole e delle Istituzioni, rappresenta un forte stimolo a proseguire la strada intrapresa intensificando il dialogo con le comunità scolastiche e civili con l’obiettivo di dare corpo ad una maggiore pluralità espressiva. Sia-mo sempre più convinti, in un’epoca in cui la “fuga all’estero” sembra essere la panacea e la parola d’ordine in grado di garantire un futu-ro migliore ai nostri giovani, che lo spunto di riflessione determinato dal concorso, possa costituire nuova linfa generatrice. Recuperare le tradizioni, gli affetti, le storie familiari, i ricordi degli anzia-ni, le feste popolari, le tradizioni, la conoscenza del passato e del ter-ritorio, non costituisce un modo nostalgico di guardare indie-tro, ma al contrario, significa sapere di fare parte di una comunità che ha una sua storia e profonde radici.All’interno del per-corso avete ospita-to i “messaggeri” della lettura, fi-gure deputate alla diffusione del libro. Ci sono oggi a

Catania, e più in generale in Sicilia, spazi di condi-visione della cultura e del libro all’altezza? I messaggeri hanno consegnato 240 mila volumi ad al-

trettanti italiani che i libri non li leggono mai, o li leg-gono poco per pigrizia, disabitudine. Noi di “Storie

sotto il vulcano” ne abbiamo distribuiti ben 500 in uno spazio pubblico in cui festeggiare insieme la

passione per la lettura. L’evento ha sortito gran-de partecipazione e gradimento non in forza

delle potenze web e social, ma piuttosto per-che è riuscito, da evento calato dall’alto, a

trasformarsi in un happening diffuso, co-rale, gioioso che, tramite il libro, susci-

terà curiosità, relazioni, nuove cono-scenze, scambi emozionali, incontri,

sorrisi e belle vibrazioni tramite una cosa piccola, preziosa e importan-

te come il libro. Una prova di en-tusiasmo per la cultura e per la

pagina scritta, per la quale è stato fondamentale il ruolo

di librerie, atenei, scuole, case editrici, e dell’inte-

ra filiera del libro che nessuna strategia di

marketing può in-ventarsi, pur di fare

in modo che i libri non restino di-

menticati, non si perdano,

non si im-polverino.

te impegnarli sul territorio e sulle caratte-ristiche che quotidianamente vivono». Oggi l’editore non si può limitare a fare libri, anche se sa farli molto bene. Oggi l’editore, forse come ieri, forse più di ieri, deve inventare nuove occasioni di incon-tro e di condivisione e una nuova classe di lettori. Per sopravvivere, perche l’edi-toria è materia sognante che necessità di denaro sonante per esistere, e anche per formare. «Per noi è stato importante crea-re un circuito ideale di energia, portando i ragazzi in giro con la littorina che rappre-senta il viaggio, un’avventura dell’anima». E una breve avventura è stata anche per la piccola troupe di Move che ha potuto assaporare il senso di un mestiere che si evolve pur mantenendo la medesima pas-sione. Senza parola scritta, come ci am-monisce Calasso, ma restando sul campo perche «noi non crediamo nel libro come oggetto – ammette candidamente Maimo-ne – ma nei contenuti che riesce a espri-mere, crediamo nella creatività che c’è dietro ed è l’energia più importante di cui dispone il Paese».

Costruire la cultura

sottoil vulcano

MovExtraPer l’intervista

completa a Giuseppe Maimone

e altri contenuti:

Move in Sicily

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e n t o u n o anni non sono po-chi per l’Istituto

Naz i ona -le Dramma

Antico, fondazione cui è demandata la cura e la ge-stione degli eventi presso il Teatro Greco di Siracusa, situato all’interno del più ampio Parco Archeologi-co della Neapolis – noto, oltre che per l’imponente anfiteatro, in parte con-servato, anche per la sug-gestiva grotta conosciuta come Orecchio di Dionisio. Dal 15 maggio e fino al 28 giugno ad attrarre turi-sti e appassionati da tutto il mondo saranno, però, soprattutto le rappresen-tazioni classiche, per que-sto cinquantunesimo ciclo tutte incentrate su figure femminili e legate non solo dalle riflessioni sul potere,

sul mare come «barriera che separa anziche unire» ma anche da un sottile gio-co di intrecci tra rimandi tematici e autoriali. D’altra parte, il neo sovrintenden-te Gioacchino Lanza Tomasi (erede proprio di quel Tomasi di Lampedu-sa) sembra voler dare fin da subito un taglio differenzia-le alla programmazione, at-tento alla varietà stilistica tanto dei testi quanto dei registi chiamati a dirigerli. Ad aprire le danze saranno Le Supplici eschilee sotto la regia di Moni Ovadia, nelle vesti anche di prota-gonista per una mise en scene che potrà contare su un melange di sonorità e lingue diverse: siciliano, greco, arabo, ma anche le musiche del catanese Ma-rio Incudine, tradotto sul Colle Temenite come un cantastorie a cavallo tra l’antico e il moderno. Come

non mancherà di sottoline-are il Convegno internazio-nale di studi sul dramma antico nella scena contem-poranea (Antico Contempo-raneo, 20-21 maggio), molti sono gli aspetti che collega-no passato e presente e mai sembra più calzan-te la Sicilia come luogo in cui acco-gliere la sto-ria delle Da-naidi, esuli in fuga da un tremen-do destino e infine accol-te nel regno di Argo. Tra-gedia corale che si risolve (uno dei rari casi tra i testi pervenutici) positivamente, sembra uno sprone a voler considerare diversamente la questione

immigrazione, portando in chiave attuale una rifles-sione sull’idea di libertà, “Canto dell’uguaglianza” che da sempre ha mosso l’animo di Ovadia. Secondo un taglio più tra-

g i c a m e n t e p e r s o n a l e , (ma mai sle-gato all’etica comunitaria della dram-m a t u r g i a ellenica) è ancora la li-bertà il cen-tro dell’Ifige-nia in Aulide diretta da un altro grande regista e spe-rimentatore italiano, Fe-

derico Tiezzi. Se l’epica omerica accennava appena alla figlia di Agamennone, è a un altro tragediografo, Eschilo, che si deve la no-

la contemporaneità in scena

c

di Viviana Raciti

La nuova stagione del teatro greco

di Siracusa

Al via il 51° ciclo

delle rappresentazioni

classiche,incentrate quest’anno sulle figure femminili

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torietà della storia, nella quale Ifigenia fu sacrifica-ta sull’altare degli dèi per il

bene del popolo acheo, causando però la tra-gedia familiare svi-luppata nell’Orestea. Nella vicenda narra-

ta da Euripide i tratti psicologici invadono la

scena e i personaggi acquisiscono mag-

giore importanza

rispetto la corali-tà: protagonisti, oltre l’Ifigenia interpretata dalla figlia d’arte Lu-cia Lavia, Clitemnestra (affidata a

E l e n a Ghiaurov) e ci aspettiamo grandi cose dall’Agamennone di Seba-stiano Lo Monaco, ap-

prezzato più volte sia sui palchi di prosa che sulle pietre siracusane. L’inferno della personale condizione, la mancanza di coraggio, l’impossibilità a sfuggire ad un superiore disegno ine-spugnabile sono tratti tipici dell’ultima produzione gre-ca, eppure, secondo le intu-izioni del regista, sembrano anticipare la modernità di Ibsen. Se per gli irriducibili del classico tout court alcu-ne operazioni hanno il gu-sto dell’azzardo, «è sempre il momento del coraggio» sostiene Seneca, dramma-turgo del terzo spettacolo che si alternerà agli altri due nel programma, Medea. Le vicende della maga della Colchide assumono, ancor più in questa versione lati-na, i toni della tragedia d’a-more, tanto terribile quanto più rinnegato. Del regista e direttore del Teatro Meta-stasio di Prato, Paolo Ma-gelli, oltre la partecipazio-ne della fedele attrice della compagnia Valentina Banci

nel ruolo della protagoni-sta, incuriosisce l’accenno ad un’altra Medea, quella «materiale» ed estraniata del tedesco Heiner Muller.Segnaliamo infine l’inte-ressantissima iniziativa IndaGiovani, festival inter-nazionale dedicato alle mes-sinscene da parte di scuole e università (che raggiunge quest’anno la XXI edizione) dal 18 al 31 maggio presso il teatro greco di Akrai a Paz-zolo Acreide, corredando la partecipazione da incontri con gli artisti, ospitalità e in-gressi agli spettacoli. Unica nota di piccolo demerito è da imputare alle “Giornate si-racusane”; differentemente dalle antenate repliche “po-polari” nelle quali chiunque poteva acquistare a posto unico il biglietto ridotto a 15 Euro, quest’anno a usufrui-re del più ampio sconto sa-ranno solamente i cittadini di Siracusa, a fronte di una forbice oscillante tra i 64 Euro dei settori più ambiti e i 24 per quelli più lontani.

La “trilogia del mare” saprà certamente corrispondere alle aspettative di appas-sionati e studiosi tanto dal fronte accade-mico quanto da quel-lo teatrale, tuttavia, se proprio avrete solo un giorno da poter dedicare l’Ifigenia in Aulide è l’operazione da non perdere. Fe-derico Tiezzi, alla sua prima regia pres-so il teatro greco di Siracusa, vanta una carriera che spazia dalla sperimenta-zione dei lavori tra i Settanta e gli Ottan-ta, tra attenzione alle categorie contempo-ranee di concettuale e di teatro immagi-ne, fino ad approdare al teatro di poesia e alla grandezza di classici tra lettera-tura prosa e lirica. Non sembra un caso allora, la presenza di riferimenti all’arte contemporanea come Kiefer o Kounellis, patrocinate anche dallo scenografo, col-

laboratore e amico di Tiezzi in dal ’91, Pier Paolo Bisleri. Molte altre saranno le particolarità di questa Ifigenia, tradotta

dal celebre grecista Giulio Guidorizzi, in grado di conservare in se «tante parti di comicità – racconta Tiezzi – per cui ab-biamo tenuto conto di questi elementi e di come Euripide in alcuni passaggi tratti la situazione con grande ironia». Anche e soprattut-to in ragione di una narrazione finita con un bagno di sangue, nella quale –stra-

namente – nessun Dio viene nominato. Inoltre, continua il regista toscano, «Sono molto soddisfatto della traduzione perche Guidorizzi utilizza un italiano molto dici-bile, che sta bene nella bocca degli attori, unendo alla conoscenza filologica anche una conoscenza del teatro». (vr)

L’evento da non perdere

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n una regione come la Sicilia, piena di località ai più sconosciute ma dal grande valore sia paesaggistico che storico, non si smette mai di

parlare di pro- mozione cultu-rale. Da qual-che anno, in tal senso, si sta sviluppando una fiorente sinergia con i festival mu-sicali estivi: catalizzato-ri di grandi affluenze, sembrano un otti-mo modo

per amal-gamare la qualità del-la proposta alla quantità richiesta. Il pubblico si-ciliano, per molti anni costretto ad al lontanarsi parecchio per vedere le band preferite esibir-si dal vivo, ha

a disposizione molte scelte di qualità da poter effettuare. Il festival più longevo, almeno per quanto riguarda il rock alternativo, è l’Ypsi-grock. Giunto quest’anno alla diciannovesima edizione, si tiene al 6 al 9 agosto nella splendide cornice del Castello di Castelbuono, in provincia di Palermo, un borgo medievale dalle dimensioni raccolte ma ricco di storia e cultura. Nel corso de-gli anni all’Ypsig si sono esibiti Mogway, Editors, Anna Calvi, Alt-j, Motorpsycho, Dinosaur Jr. e al-tri grandi nomi dell’indie rock. In attesa della lista definitiva, sul sito del festival sono stati annun-ciati i primi nomi. A calcare il palco allestito al Castello saranno i Future Island, Metronomy, Notwist, The Sonics, Temples, The Fat Whi-

te Family, Kate Tempest, Bipolar Sunshine e East India Youth.Anche Catania ha un suo festival rock che muove i passi nel 2013. Quella dello Zanne è una storia giovane ma già piena di importanti nomi: dagli Swans ai Blonde Redhead e Calexico per quan-to riguarda gli anni passati, dai God speed you! Black emperor agli scozzesi Franz Ferdinand per l’edizione di quest’anno. Questi ultimi, in par-ticolare, presenteranno a Catania il nuovo album, frutto della collaborazione con gli Sparks, band synth-rock americana attiva dagli anni ’70. Oltre ai due nomi già citati, sul palco del Parco Gioe-ni dal 16 al 19 luglio si esibiranno, tra gli altri, anche gli Spiritualized, Balthazar o A place to bury strangers.Restando nella provincia etnea ma cambiando genere, gli amanti del jazz hanno a Catania la loro casa. Da 32 anni l’associazione Catania Jazz offre al suo pubblico stagioni concertistiche di gran-dissimo livello e respiro internazionale. Nel corso della sua lunga – e travagliata – storia hanno cal-cato i palchi catanesi Coleman, Wayne Shorter, Jaco Pastorius e altri mostri sacri. Il cartellone estivo per questa edizione è in fase di definizio-ne, unico nome già annunciato Omar Hakim e la sua band. Tuttavia non manchiamo di segna-lare altri appuntamenti come quello che vedrà protagonista l’ex batterista dei Weather Report che si esibirà l’1 agosto all’Anfiteatro Falcone e Borsellino di Zafferana.Sempre in tema di jazz Taormina ospiterà per il quinto anno la rassegna Taormina jazz festival. Ospiti di questa edizione saranno il tastierista elettro jazz-rock Jason Lin-dner (31 luglio), l’eclettico Francesco Berzatti in quintetto con la partecipazione di Dino Rubino (1 agosto), il batterista Roberto Gatto (2 agosto) e per chiudere Danilo Rea in trio con Ares Tavo-lazzi e Fabrizio Sferra (3 agosto). Non dimentichiamo di citare anche alcune date slegate dai festival, mostri sacri come gli Span-dau Ballet (16 luglio) e gli statunitensi Toto (il 19) sempre a Taormina, mentre Patty Smith il 16 giugno sarà a Catania nella cornice di Villa Bellini ed eseguirà dal vivo il suo disco storico Horses.Un calendario musicale già ampio ma in via di aggiornamento: un buon modo per organizzare le ferie estive e non farsi mancare dell’ottima musica.

DAL ROCK ALTERNATIVOAL JAZZwUn’estate in musica

© foto gentilmente concesse da Roberto Panucci, Stefano Masselli e Pietro Sapienza

i

di Gaetano Schinocca

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utti sanno, non tutti sanno, che da 17 anni i sogni dei catanesi sono racchiusi in un piccolo scri-gno di carta e spazzatura. Perche non tutti sanno che immerso nel cuore pulsante di Catania, a po-chi passi dal Borgo, un piccolo

cortile è lo spartiacque tra i clangori artificiali dei clacson e un mondo surreale che si fa città incanta-ta senza dover scomodare il maestro dell’animazio-ne giapponese, Hayao Miyazaki. È la bottega di Car-tura, dove le marionette di cartapesta raccontano storie di ordinaria magia con il niente del mondo, l’acqua e la farina. L’arte che sgorga dal poco per elevarsi al molto, perche tutti sanno che gli ultimi saranno i primi. Di certo, lo sono nel regno delle marionette dove Mastro Alfredo Gugliemino è pa-dre, figlio e indiscusso decano di un gruppo storico, oggi costituito da altri tre ragazzi che a suo tem-po andarono come si soleva dire “a bottega” (Elena Cantarella, Carola Valente e Calogero La Bella). Le loro mani, lo strumento principale del carturismo, hanno generato quei personaggi che possiamo am-mirare in via Passo di Aci: dalla donna che tiene la luna a ironici jazzisti, passando per diavoli e dia-volacci. Un universo di fantasia che colpisce per la forza con cui gli occhi grandi dei pupi guardano e raccontano una storia a chi vuole ascoltarla. Cha-gall, Picasso, ma anche il surrealismo del nostro Jean Calogero si potrebbero azzardare ammirando le opere di Guglielmino e soci. Sarebbe però ridutti-vo. Come spiega il mastro «oggi non si lavora per in-ventare qualcosa di nuovo», è semmai il bello – che è già stato scoperto - da riformulare, ripensare, ri-modellare anche solo con acqua e farina. Per creare altri mondi, altre storie. Dal 1998 è il sogno di Car-tura, «quello di creare un universo assurdo rispetto alla realtà in cui viviamo». Un sogno però moltepli-ce, multiforme e cangiante: «i sogni cambiano ogni settimana qua dentro, forse anche in giornata».

La Bottega di Cartura, la città incantata delle marionette di cartapesta

t

Immersa nel centro storico di Catania, è un luogo senza tempo, rifugio dai clangori della realtà nevrotica. Intervista al padre, figlio e decano del carturismo, Alfredo Guglielmino

di Antonio Leo

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IntervistaCarta e spazzatura, Alfredo ci spieghi la vostra tecnica?Carta e spazzatura perche siamo partiti dall’i-dea di fare arte non avendo mezzi e quindi recuperando il materiale povero, di scarto. Rispetto a 17 anni fa, dove c’era anche del materiale di recupero - come schele-tri e rivestimenti vari che noi applicavamo successivamente -, adesso tutto ciò che si vede e ci circonda in questa bottega è creato solo recuperando carta di giornali quotidiani.Quanto vi siete ispirati alla mario-nettistica siciliana e napoletana?Come tendenza marionettistica siamo più francesi. È evidente che Cartura dalla tra-dizione siciliana ha preso colori e storie, seppure tante tecniche ce le siamo in-ventati noi. Alcune sono del tutte slegate dalla tradizione, altre nel modellato e nella lavorazione sono più vicine alla scuola siciliana. Ma anche a quella orientale.Un’arte che passa dagli elementi più poveri: l’acqua, la carta e la farina.Ecco, la scelta dell’acqua la devo a mio nonno: inizialmente usavo il vino, ma quando venne qui in bottega mi disse: sei pazzo! Sprechi soldi e ti intossichi. Andò a comprare della farina “00”, la mise in una pentola d’acqua e - come diciamo spesso - ‘con l’occhiometro’, con questa formula magica, mi mostrò come si faceva la colla anticamente.La cosa che, a mio avviso, colpisce lo spettatore è la capacità dei vostri personaggi di raccontare delle sto-rie, sei d’accordo?Il sogno di cui parlavamo è proprio questo. Slegandoci dall’oggetto - marionetta, burattino, lampada - abbiamo vo-luto narrare storie, legate da uno stile che non è solo mio, ma plasmato da più mani. Ogni pezzo della nostra bottega ha un nome e diventa visibile al pubblico in una forma diversa: tan-to è vero che spesso le nostre installazioni vengono chiamate mostre animate. È come vivere dentro un cartone.Tanto è vero che le vostre marionette vanno in scena.Si, abbiamo lavorato per teatri, scenografi e registi. Adesso l’obiettivo è autoprodurre le opere di tea-tro di figura. L’ultimo

spettacolo è stato Oppure parlo, un bellissi-mo esperimento realizzato con gli Angolo giro, musicisti con cui da poco ci siamo imbarcati in una nuova avventura di prossima uscita:

Scarabocchi. Nella nuova rappresentazione, cerchiamo di unire manualità e tecnologia, dall’artigianato povero al videomapping. Un vero viaggio nella testa di un’artista alla ricerca dell’ispirazione. Ancora una data non c’è, ma in estate potrebbe esserci una sorpresa.In realtà è già possibile assistere a un al-tro spettacolo nella vostra bottega, no?La vocazione di questo spazio - che ormai de-

finisco storico per Catania – è culturale. Per que-sto, abbiamo realizzato un viaggio, che si chiama A volte. Come per dire a volte nella nostra quoti-dianità può accadere qualcosa di strambo che ti stacca dalla fila delle macchine, dai telefoni-ni. E così una volta a settimana trasformiamo la bottega in un teatro che chiamiamo ‘ta-ta’

perche in un ‘ta ta’, con delle semplici tende, iniziamo un percorso nel teatro di figura per venti persone, per venti vian-danti. Lo stiamo facendo ogni venerdì sera per i privati, dietro prenotazioni”. Ci sono giovani che si avvicinano per imparare la vostra arte, “andando a bottega” come si diceva una volta?Ho scelto di andare via da Milano per creare un luogo - in questa città, fonte di ispirazione inesauribile - che potesse raccogliere sotto un unico progetto, estetica e narrazione fi-gurativa delle persone, utilizzando le mani. I miei soci - Elena, Carola e Calogero - si sono tutti avvicinati “a bottega” e oggi fanno parte del gruppo fondativi dell’associazione Cartura.A un giovane siciliano che si vuole avvicinare all’ar-te, magari alla vostra, cosa ti senti di dire? Da dove iniziare?La bottega Cartura è sempre stata molto aperta e molto in-dipendente. Se la nostra porta è aperta, lo è per tutti. Non abbiamo segreti da nascondere. Nel tempo, abbiamo fatto corsi, vengono dei ragazzi e diamo dei consigli: chiaramente è uno spazio di 60 mq, autogestito ed è dura: sarebbe anche compito delle istituzioni, no?Avete dimostrato che l’arte non ha frontiere e anche in Sicilia si può lavorare con qualità.Penso di si. L’arte deve emozionarmi: lo deve fare un libro o un film, a prescindere da quello che dice la critica. Quello a cui personalmente tengo è sviluppare un artigianato d’auto-re che arrivi a tutti i livelli, non solo alla nicchia. Sono fiero che proprio oggi (il giorno dell’intervista, nda) sia venuto da noi un’anziano signore che faceva il falegname proprio in questo spazio quarant’an-ni fa. Si è emozionato e si è commosso. Credo che noi arriviamo al bambino, come all’intellettuale, come anche all’anziano che ritrova il sa-pore del giocattolo, di un’at-mosfera che a me romanti-camente piace ancora.E forse è proprio questo il segreto di Cartura.E direi di si.backstage

MovExtraPer l’intervista

completa ad Alfredo

Guglielminoe altri contenuti:

Move in Sicily

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«Ciao, domenica c’è l’Olimpia Mi-lano a Capo d’Orlando, partiamo?» Che la chiamata parta da Milazzo, da Porto Palo o da Marsala fa poca differenza; se dall’altro capo del telefonino risponde un appassio-nato di basket il viaggio è presto organizzato. Non ci sono viadotti caduti che tengano, impegni do-menicali con la famiglia o bigliet-ti introvabili: la quarta stagione dell’Orlandina nella massima se-rie è stata un altro successo re-gionale, perche alla tensostruttu-ra del PalaFantozzi si è registrato

sempre il pienone. Agli sportivi del comune

nebroideo si aggiun-gevano i cestofili provenienti dai tre angoli dell’Isola, poco importa che

l ’avver -saria si c h i a -m a s s e

M i l a n o , Sassari, Va-

rese o Caserta.Il basket

sicilia-no ha a v u t o

quest’an-no in Serie A una truppa che ha tenuto

alto l’onore del-la tradizione dei

paladini. Con una squadra costruita

all’ultimo per il ripescaggio otte-nuto solo ad agosto inoltrato, il gm Peppe Sindoni ha cucito e scu-cito la sua tela di Penelope varie volte in cerca dell’assetto migliore. L’unica parte dell’arazzo rimasta intonsa è quella che riguarda il nucleo degli italiani, forse il ca-polavoro della strategia di coach Giulio Griccioli.A inizio settembre, durante la prima amichevole contro la Viola Reggio Calabria, l’allenatore (che ha ereditato da Gianmarco Poz-zecco la squadra vicecampionessa di DNA Gold) confessò: «Ci siamo assunti consapevolmente il rischio di avere una media età alta: ma giocheremo una volta la settimana e dovremo essere bravi a portare i giocatori ad allenarsi sempre nelle migliori condizioni». Dalla seconda serie erano rimasti capitan Matteo Soragna, Gianluca Basile e San-dro Nicevic; a loro s’era aggiunto Andrea Pecile. Media età? 38 anni.

“È un azzardo”, ha pensato più di un addetto ai lavori.Eh, no. Sui parquet 1+1 non fa 2. Così come 40 anni non fanno un giocatore bollito, nemmeno nella massima serie. Lo sanno bene, e lo ricorderanno in fu-turo, al PalaDelMauro di Avelli-no. «40 minuti di zona bulgara e brutti come il peccato. Ma alla fine se giochi di squadra e met-ti un po’ di sacrificio la porti a casa. #GoCapo» twittò capitan Teo, già protagonista con l’Ita-lia della medaglia d’argento alle Olimpiadi d’Atene, una vita fa, e ora anima di una squadra ca-pace di vincere senza il miglior realizzatore (Austin Freeman, volato a Roma e non sostituito se non dopo il 65-75 in Irpinia) e con i vecchietti italiani in campo. Arrivassimo tutti così alla soglia degli “…anta”!Gli stranieri sono stati la cro-ce portata a spalla per i mesi di campionato. Non per le loro qua-lità, ma perche non s’è trovato mai l’assetto migliore tra infor-tuni e rendimento altalenan-te nei momenti più importanti. Così la squadra passava da vit-torie esaltanti (cinque di fila in casa a cavallo di Natale hanno sancito la salvezza, togliendo di mezzo big come Sassari, Varese e Venezia; quella d’aprile con-tro Milano rimarrà negli annali della storia del basket siciliano) a sconfitte indisponenti e irri-tanti che hanno fatto aspettare più del dovuto prima di festeg-giare la quarta permanenza nella massima serie.Cinque stranieri sono arrivati, cinque se ne sono andati: l’u-nico a rimanere dall’inizio alla fine è stato il pivottone Dario Hunt, 206 centimetri di solidità; e anche Dom Archie e Sek Hen-ry hanno disputato una stagione in biancazzurro indimenticabile, con il primo che è stato chiamato da Ostenda a salvezza raggiunta.In vista dell’anno prossimo, il PalaFantozzi rimane il tempio del basket siciliano, insieme al PalaMinardi di Ragusa, al PalaI-lio di Trapani e al PalaMonca-da di Porto Empedocle. Sarà in questi quattro impianti che tutti gli appassionati di pallacanestro dell’Isola avranno un appunta-mento domenicale da onorare: vedere i migliori giocatori del campionato italiano, beniamini di casa o rispettati avversari.

di Roberto Quartarone

Sulla strada dell’Orlandina

Una storia a spicchi

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on bastano una brac-ciata, ne un tuffo. Bisogna fermarsi, godersi una slow ho-liday, una vacanza

a ritmo compassato, magari sorretta tra due

guanciali di cuscus e pescato fresco. Le Isole Egadi, proprio dirimpetto alla costa occidentale della Sicilia, rac-chiudono il meglio dell’Isola maggiore, pur essendo infinitamente più piccole sia nelle loro realtà rappresentative, Favignana, Levanzo e Marettimo, che nelle loro varianti minori come Mara-one, Formica, l’Isola dello Stagnogne e di S. Pantaleo, l’isola degli Asinelli. Per il viaggiatore è un percorso da compie-re in due tempi. Un’immersione, reale e metaforica, tra gli splendidi fondali di posidonia oceanica, i monumentali trascorsi suggellati da tesori sommer-si, le citazioni omeriche – la fantastica identificazione di Favignana con l’i-

sola delle capre in cui approda Ulis-se – e i lasciti della battaglia che alle Egadi chiuse la prima guerra punica. E quindi un’emersione tra il tufo bian-co conchigliare, lenti declivi, rilievi a strapiombo sul mare – segnatevi Mon-te Falcone nell’isola di Marettimo – e la scoperta dei tempi e dei ritmi della comunità locale, altra porzione ‘pro-tetta’ e non dichiarata della riserva. Avvicinarsi a un microcosmo così stratificato e complesso non è affatto semplice, perche si rischia sempre di tralasciare qualcosa o di scivolare nel-le secche di un racconto dalla superfi-ciale magnificenza da impacchettare e vendere al turista. Invece noi vogliamo restare, e quindi il nostro ‘attracco’ all’area marina più grande d’Europa (oltre 53mila ettari di mare) e protetta per legge dal 1991, è stato guidato da Stefano Donati, geologo, che da circa cinque anni ne è il direttore. «La riser-va nasce in una fase pioneristica della

protezione ambientale, - ha spiegato a Move In Sicily - e a distanza di un quarto di secolo possiamo dire di esse-re passati da uno scenario conflittuale a una fase di forte coinvolgimento del-la comunità locale». Parole che si tra-ducono, innanzitutto, nella presenza della più grande prateria di posidonia oceanica del Mediterraneo, «un vero e proprio polmone verde che allo stesso tempo è anche la nursery di tutte le forme giovanili dei pesci, e che rappre-senta la ragione principale dell’istitu-zione dell’area marina protetta». Restando legati alle molteplici letture del luogo, c’è una comunità locale da scoprire che è centrale nei processi decisionali – il sindaco del comune di Favignana è il presidente dell’Ente – e che gode economicamente della pre-senza dell’area marina protetta. Un indotto verde formato da cooperative di giovani, 35 ragazzi delle isole lavo-rano nel periodo estivo, e da un mar-

Un viaggio alle Egadi, l’elogio della lentezza

di Rosario Battiato

n

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chio ambientale di qualità dei servizi turistici «che ha coinvolto ben 11 cate-gorie differenti – ha proseguito Donati – e già 60 operatori si sono certificati nel giro di due anni». Un laboratorio di sostenibilità per gestire 600mila vi-sitatori all’anno con picchi da 60mila unità soltanto nei fine settimana di agosto, dodici volte in più rispetto alla popolazione residente. Un carico che a volte è sin troppo ingombrante. «Noi lavoriamo sulla canalizzazione dei flussi, servizi turistici di qualità per

un numero ridotto di persone, così da ridurre l’impatto ambientale man-tenendo costante l’indotto economico derivante». Tra il rischio trivelle che minaccia i dintorni e la pesca a strascico, ben diversa dalla marineria locale soste-nibile, il lavoro di difesa non manca. Un impegno costante per preservare un’area preziosa, che custodisce ben 76 siti di immersione censiti e autoriz-zati. Nelle viscere del mare la riserva custodisce anche un galeone spagnolo

con cannoni e un relitto della seconda guerra mondiale. «Vogliamo promuo-vere – ha concluso il direttore – un tu-rismo sportivo e sostenibile: Favigna-na è già una delle isole più pedalabili del Mediterraneo, abbiamo dei siti per fare snorkeling anche con i bambini, ma stiamo lavorando per portare an-che il climbing, il trekking, il kayak, vogliamo un turismo responsabile, che non sia mordi e fuggi e di massa, i nostri modelli sono Capri e le Cinque Terre, non Riccione».

Cominciamo da Favignana, l’isola maggiore. Qui troviamo Punta di San Nicola, caratterizzata da una serie di cale e insenature naturali, luoghi che sarebbero stati abitati sin dalla preistoria, mentre all’interno della Grande Grotta si trova l’incisione di uno stemma spagnolo, appartenuto alla famiglia dei Moncada, che risale al 1500. Passando da Cala Rotonda noterete un arco in pietra modellato dal vento e dalla salsedine, chiamato Arco di Ulisse, ol-tre che la presenza delle numerose grotte sommer-se che si distinguono per l’incredibile flora marina. Lo Scalo Cavallo è un suggestivo terrazzamento situato sopra una scogliera che si getta sul mare, valorizzato da una magnifica cava di tufo, men-tre Punta Longa è situata sulla costa meridionale dell’isola ed è conosciuta per il piccolo porticciolo dei pescatori. Per gli amanti dell’archeologia indu-striale è imperdibile lo Stabilimento Florio che fino ai primi del Novecento era il più grande d’Europa e che nel 2003 è stato restaurato e oggi ospita il Museo archeologico. Per gli appassionati del mare è d’obbligo il passaggio nelle varie cale: Rossa, Az-zurra e Graziosa. A Marettimo ci muoviamo da Punta Troia, unita all’isola da una sottile striscia di terra, e contrad-distinta da una serie magnifica di piccole baie e

spiagge di sassi, caratterizzate da incantevoli

colori.

Da visitare sicuramente c’è anche il Castello Ara-gonese, probabilmente costruito nel XII secolo, e utilizzato dai Borboni, fino al 1840, per esiliare i prigionieri. Oggi ospita l’osservatorio “Foca Mona-ca” dell’area marina protetta. Presente anche una Chiesa bizantina, costruita durante i primi seco-li del Cristianesimo. Dopo i lavori di restauro, nel 2010, è stata consacrata e restituita al culto dei fe-deli. I fondali più incantevoli si trovano Punta Bas-sana, dove la trasparenza dell’acqua rende uniche le immersioni favorite da un’ottima visibilità che permette la visione ben oltre i quaranta metri di profondità. A Punta Libeccio troviamo il maestoso faro, posto a circa 40 metri sul livello del mare, che osserva Cala Nera. A Levanzo è necessario un passaggio da Cala Tramontana, uno dei luoghi più suggestivi dell’i-sola per il colore della roccia, per la trasparenza del mare, per la flora e la fauna marina, per i fa-volosi paesaggi. Si trova a nord-ovest dell’isola e si possono ammirare anemoni di mare, pesci di tana, rotule tubularie e stelle marine. Presenti anche reperti archeologici come le vasche del garum che risalgono al periodo romano e sono state realizzate per permettere la lavorazione dello stesso garum, una salsa ottenuta dalla fermentazione del pesce. Gli scarti dei pesci, precedentemente lavorati, ve-nivano messi all’interno di contenitori scavati nella terra, costruite in pietra e resi impermeabili dall’in-tonaco isolante. Altra tappa obbligata è certamen-te il Faraglione, situato nella parte ovest dell’isola, sorge a circa 50 metri dalla riva. Da questo enor-

me scoglio di roccia è possibile immergersi in un mare ceruleo e trasparente.

Mov

Itin

erar

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MovExtraPer l’intervista

completa e altri contenuti:

Move in Sicily

Sito ufficiale dell’area marina

protetta:ampisoleegadi.it

Foto gentilmente concesse dall’Area Marina Protetta, Isole Egadi

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Quando l’ironia affluendo nella satira sfo-cia nell’umorismo si forma un delta che noi siciliani chiamiamo LISCÌA e nel quale ado-riamo immergerci. Ecco perche Move in Sicily non poteva non dedicare un’apposita rubrica di approfondimento all’abluzione nella li-scìa. La liscìa è un modo di essere del sicilia-no e si manifesta in pensieri parole opere ed omissioni. Insomma la liscìa è il peccato che ci redime. LISCÌA è quindi il titolo di questa rubrica che cerca di analizzare con serietà la voglia di scherzare dei siciliani.

La vita è tutta una liscìadi Riccardo Di Bella

#MoveAnticipazioni

Sul prossimo numero...

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la terra trema di luchino viscontiItalia 1948, 162’

Trama: Il giovane pescatore di Trezza, ‘Ntoni Valastro, stanco si sentirsi sfruttato dai grossisti di pesce, decide di mettersi in proprio e, insieme ai fratelli, acqui-sta una barca, dopo avere ipotecato la casa. Le cose sembrano andare bene: grande pesca e salature delle acciughe. Ma una terribile tempesta distrugge l’imbarcazione e il poveretto si ritrova senza nulla. Dovrà tornare dai padroni sconfitto dagli eventi, ma ricco di un’esperienza che lascerà in lui un indelebile segno di speranza. Location e note: Acitrezza della fine anni 40’, girato nell’arco di sette mesi e interpretato dagli abitanti e i pescatori del luogo.Soggetto: di Luichino Visconti da I Malavoglia di Giovanni Verga.

la scheda critica (a cura di sebastiano Gesù) e le location si trovano sull’app di Movieinsicily scaricabile gratuitamente da tutti gli store e/o sul sito movieinsicily.org.a cura di Giorgia butera e daniela Fleres

ph Alfredo Magnanti

Materiale fotografico gentilmente concesso dall’Associazione culturale Immagina