montefeltro 2013-04

20
PERIODICO DELLA DIOCESI DI S. MARINO-MONTEFELTRO - NUOVA SERIE - Anno LIX - N. 4 - APRILE 2013 Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN/FC - Direttore responsabile: Francesco Partisani contiene I.R. L a nostra Chiesa, senza aver dimenticato il magistero episcopale di Mons. Luigi Negri, Vescovo amato di questa Diocesi, dal 3 marzo nella sua nuova sede Arcivescovile di Ferrara- Comacchio, si stringe in preghiera nell’attesa del nuovo Pastore che il Santo Padre Benedetto XVI, fino a po- chi giorni prima della sua rinuncia, aveva promesso. Non abbiamo dubbi che il Suo successore, Papa Francesco, appena avrà definito le questioni più importanti all’interno della Santa Se- de, saprà darci il successore tanto atte- so dell’Arcivescovo Luigi. Il desiderio per tutta la Chiesa samma- rinese-feretrana di tornare ad avere una guida salda è grande ed ogni gior- no si chiede quando questo avverrà. Non lo possiamo sapere, il disegno del- lo Spirito Santo si rivelerà quando il tempo sarà giunto ma che ora nessuno conosce. Cosa fare, dunque, si domandano tanti e tanti fedeli? L’unica risposta non può essere che: pregare, pregare per- ché il Signore quanto prima voglia assecondare il desiderio e l’invocazione del presbiterio e dei fedeli della nostra Chiesa; perché un nuovo Pastore, buono e illuminato, arri- vi per prendere fra le sue braccia la Chiesa che fu dei San- ti Marino e Leo e che l’indimenticabile Arcivescovo Luigi con il suo magistero ha rilanciato e nobilitato, operando affinché questa Diocesi proseguisse e accrescesse la sua vocazione ad ambire, a pieno tito- lo, ad essere comunità ecclesiale coe- sa, ricca di fede, sempre in cammino. Per questo dobbiamo pregare: per far sì che il Signore, sempre abbondante di Grazie, ci conceda il nuovo Vescovo. Tutta la Chiesa di San Marino-Monte- feltro vive l’attesa carica di speranze, ma anche di ansia, di un annuncio at- teso ogni giorno di più. Più prudentemente diciamo allora che dobbiamo anche dimostrare di saper attendere con fiducia che il disegno di- vino si compia. Intanto proseguiamo sulla strada tracciata da Mons. Negri che rimane nel nostro cuore, che non ci dimentica, che ap- pena può ci visita dopo averci amato e guidato per oltre sette anni indicando sempre, a tutti, la via maestra per con- tinuare ad essere Chiesa nel pieno senso della parola. Francesco Partisani LA NOSTRA CHIESA DI SAN MARINO-MONTEFELTRO VIVE L’ATTESA DELL’ANNUNCIO DEL SUO NUOVO PASTORE

Upload: diocesi-san-marino-montefeltro

Post on 14-Mar-2016

223 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

Periodico diocesano Aprile 2013

TRANSCRIPT

Page 1: Montefeltro 2013-04

PERIODICO DELLA DIOCESI DI S. MARINO-MONTEFELTRO - NUOVA SERIE - Anno LIX - N. 4 - APRILE 2013Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - CN/FC - Direttore responsabile: Francesco Partisani

contiene I.R.

La nostra Chiesa, senza aver dimenticato il magisteroepiscopale di Mons. Luigi Negri, Vescovo amato di

questa Diocesi, dal 3 marzo nella suanuova sede Arcivescovile di Ferrara-Comacchio, si stringe in preghieranell’attesa del nuovo Pastore che ilSanto Padre Benedetto XVI, fino a po-chi giorni prima della sua rinuncia,aveva promesso. Non abbiamo dubbiche il Suo successore, Papa Francesco,appena avrà definito le questioni piùimportanti all’interno della Santa Se-de, saprà darci il successore tanto atte-so dell’Arcivescovo Luigi.

Il desiderio per tutta la Chiesa samma-rinese-feretrana di tornare ad avereuna guida salda è grande ed ogni gior-no si chiede quando questo avverrà.Non lo possiamo sapere, il disegno del-lo Spirito Santo si rivelerà quando il tempo sarà giunto mache ora nessuno conosce.

Cosa fare, dunque, si domandano tanti e tanti fedeli?L’unica risposta non può essere che: pregare, pregare per-ché il Signore quanto prima voglia assecondare il desiderioe l’invocazione del presbiterio e dei fedeli della nostraChiesa; perché un nuovo Pastore, buono e illuminato, arri-

vi per prendere fra le sue braccia la Chiesa che fu dei San-ti Marino e Leo e che l’indimenticabile Arcivescovo Luigi

con il suo magistero ha rilanciato enobilitato, operando affinché questaDiocesi proseguisse e accrescesse lasua vocazione ad ambire, a pieno tito-lo, ad essere comunità ecclesiale coe-sa, ricca di fede, sempre in cammino.Per questo dobbiamo pregare: per farsì che il Signore, sempre abbondante diGrazie, ci conceda il nuovo Vescovo.

Tutta la Chiesa di San Marino-Monte-feltro vive l’attesa carica di speranze,ma anche di ansia, di un annuncio at-teso ogni giorno di più.

Più prudentemente diciamo allora chedobbiamo anche dimostrare di saperattendere con fiducia che il disegno di-

vino si compia.

Intanto proseguiamo sulla strada tracciata da Mons. Negriche rimane nel nostro cuore, che non ci dimentica, che ap-pena può ci visita dopo averci amato e guidato per oltresette anni indicando sempre, a tutti, la via maestra per con-tinuare ad essere Chiesa nel pieno senso della parola.

Francesco Partisani

LA NOSTRA CHIESADI SAN MARINO-MONTEFELTRO VIVE L’ATTESADELL’ANNUNCIO DEL SUO NUOVO PASTORE

Page 2: Montefeltro 2013-04

2MONTEFELTRO PAPA FRANCESCO

Un racconto in sei gestidi questo primo mesedi pontificato

L’INCHINO AL POPOLO

Il Vescovo di Roma, comeama chiamarsi Francesco I,non intende i suoi primi pas-si come l’inizio di un regnoma come l’aprirsi del suo ser-vizio alla Chiesa, a tutto ilpopolo di Dio in camminonella storia.Per sottolinearlo, non si pre-sta all’acclamazione trionfaledi un monarca ma si chinadinanzi ai fedeli riuniti chevuole raccolti in preghiera,perché implorino la benedi-zione di Dio su di lui: Servodei Servi nella carità e come tale nella postura del po-vero. Il primo dei gesti che diranno, nella loro sempli-cità, che si sta aprendo una stagione nuova: spoglia,orante, diretta e ilare.

LA CAREZZA A CESARE

Lo sguardo del Pastore scorse fra la folla chi più avevabisogno di accoglienza, perché sofferente, colpito nelcorpo, nella vitalità.Sarebbe bastata una benedizione da lontano, a distan-za. Francesco fa saltare il protocollo e la rete di prote-

zione tesagli intor-no, si slancia, di-mostrando concre-tamente quella te-nerezza che vuoleessere il sigillo delsuo servizio e cheimpregna tutto ilsuo agire.Non è pena, dispia-cere, è qualche co-sa di più, di piùprofondo: è com-passione, nel suosignificato di radi-ce, un patire insie-me, un non lasciaresolo chi ha maggiorbisogno di sapersiaccompagnato.

L’OK ALLA SUAGENTE

Il saluto crea unacorrente viva disentimenti, di statid’animo che si sus-seguono in cui le

persone si ritrovano, si rico-noscono. Troppo spesso tut-to è formale, per non man-care all’educazione o, peg-gio, all’etichetta. Tutto man-ca di calore, di immediatez-za. La mossa di Francescotaglia la prospettiva, co-stringe ad interrogarsi: que-st’uomo non è un demago-go, non conclude un comi-zio e neppure è un imboni-tore che vuole venderti lasua merce.Ti viene incontro perché so-lo tu gli interessi, tu checon lui stai cercando il Si-gnore della tua vita e dellatua vita eterna: nella gioiadella fraternità.

I POVERI NELLA TESTA E NEL CUORE

La nostra gestualità dice chi siamo in quel sottofondoche è la nostra singolarità, talvolta incomunicabile onon comunicata. Quella attuale non attira molto, trop-po spesso è insolente o degradante.Il richiamo alla mente ci dice che Francesco non è per-sona di sola emotività o facili calorosità, è persona diautentica e ferma fede che coinvolge nell’adesione tut-ta l’umanità con il dono della ragione che ben ci di-stingue dal regno animale. Fede significa libertà som-ma, perché il nostro Dio “se è paziente e ci attendesempre” è, in primo luogo, il Dio che rispetta il nostrovoler essere liberi.

L’INCONTRO CON BENEDETTO

È la prima volta, nella secolare storia della Chiesa, chene abbiamo due: due uomini biancovestiti che nella fe-de riconosciamo Vescovi di Roma. Incarnano due mo-menti storici diversi, difficoltà e problemi universali,strettoie e momenti bui. L’uno conclude, l’altro inizia.Certo, se le cose stessero solo così, basterebbe chiude-re e non iniziare. Lo sguardo di entrambi però, se perl’uno si è posato e per l’altro si poserà sulla storiadell’umanità e del popolo di Dio in cammino, non traeforza e vigore da se stesso ma da Colui che entrambiguardano e che li guida e li sorregge. Egli li unisce.

LA LAVANDA DEI PIEDI AI GIOVANI DETENUTI

Il gesto va letto nella sua simbologia, evangelica per dipiù. Altrimenti rappresenta un non senso assoluto.Francesco non ha voluto che si accorresse a celebrareil mistero del Corpo e del Sangue donato, è accorso luistesso da chi non avrebbe potuto accorrere, da chi,nella nostra concezione di diritto e giustizia, scontauna pena ed è sotto chiave, mentre invece avrebbe bi-sogno di essere educato, maturato e crescere nella pro-pria umanità.Non è un gesto scontato, facile ed ineliminabile perchéda sempre così si è fatto, è un gesto che richiede con-sapevolezza e trasuda compassione.

Cristiana Dobner

13 MARZO - 13 APRILE UN MESE FA FRANCESCO

MONTEFELTROPERIODICO DELLA DIOCESI

DI SAN MARINO-MONTEFELTRONUOVA SERIE

Anno LIX - N. 4 - aprile 2013Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post.

D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 - CN/FC

Aut. Trib. di Pesaro n. 72 del 3.4.1956

www.diocesi-sanmarino-montefeltro.itDirettore responsabile:

Francesco Partisani

Direzione ed amministrazione:Via del Seminario, 5 - 47864 Pennabilli (RN)

Tel. 0541 913780Fax 0541 913701

E-mail: [email protected]. 8485882

Stampa:Tipo-Lito Stilgraf - Cesena

Tel. 0547 610201 - Fax 0547 367147

Questo periodico è associatoall’Unione Stampa Periodica Italiana

Associato allaFederazione Italiana Settimanali Cattolici

SEI GESTI D’AUTORE: L’INCHINO AL POPOLO, LA CAREZZA A CESARE, L’OK ALLA SUA GENTE, I POVERINELLA TESTA E NEL CUORE, L’INCONTRO CON BENEDETTO, LA LAVANDA DEI PIEDI AI DETENUTI

Page 3: Montefeltro 2013-04

3MONTEFELTRO LA TERZA

Continua a pag. 4

È il settimo articolo del Credo, quelloche chiude definitivamente la grande pa-rabola narrativa apertasi con l’afferma-zione: «Io credo in Dio Padre Onnipoten-te.» L’immagine di Cristo che siede alladestra del Padre, asserzione del VI artico-lo del Credo, sigilla l’opera redentrice delVerbo. Colui che aveva lasciato il Padre,accettando il dramma dell’Incarnazioneper amore degli uomini, è tornato al Pa-dre con quella gloria che aveva presso dilui prima che il mondo fosse.

Da quel Cielo ritornerà non più nel-l’umiltà della Carne ma nella sua gloriosapotenza. Lo sguardo gettato al futuro delsettimo articolo del Credo è una sorta dicerniera tra la rivelazione compiuta con lamorte dell’ultimo apostolo (Giovanni, tra-dizionalmente ritenuto l’autore del librodell’Apocalisse) e la vita della Chiesa, laparusìa.

Questo articolo, come è stato ribaditoda alcuni documenti pontifici post conci-liari, è quello che accomuna ebrei e cri-stiani. Anche noi aspettiamo il Cristo cheverrà nella sua gloria e, in fondo, tantespinte millenaristiche, tante previsioniapocalittiche a cui anche le presenti gene-razioni sono state abituate, benché infon-date, rimangono un forte richiamo a que-sta attesa che quando si assopisce nelcuore degli uomini non crea buone cose.

Quando il Figlio dell’uomo verrà, tro-verà ancora la fede sulla terra? Ricordoche la mia nonna paterna (la cui nascitadatava 1889) era intimorita e quasi, senon fosse stato per la sua incrollabile fe-de, scandalizzata da quest’asserzione delCristo. Certo ben più dei nostri avi noicapiamo il drammatico realismo di questadomanda di Gesù. Nel corso di meno diun secolo la secolarizzazione ha inghiotti-to intere generazioni svuotando del sensoreligioso legislature, modi comportamen-tali, cultura di massa. I mezzi di comuni-cazione sociale sono spesso i protagonistidi questa avanzata dissacrante.

Sfogliando però ingialliti libri di storia,scartabellando fra le pagine più antichedella storia dell’arte ci si accorge che si-mili tempi burrascosi e avanzate secolari-

“L’ARTE COME PREDICAZIONE EVANGELICA”Un fatto al mese

di Suor Maria Gloria Riva*

Di là verrà a giudicare i vivi e i morti

H. Bosch, Trittico del Giudizio Universale

Nella parte più alta del dipinto, il Cielorisplende di un azzurro limpido e tersissi-mo e contrasta volutamente con l’oscuritàche domina invece sulla terra. Nel cielo idodici apostoli, quasi velato riferimentoai dodici articoli del credo, la VergineMaria e san Giovanni Battista con la pal-ma del martirio, implorano Cristo quasiper scongiurare l’inevitabile giudizio.

Sullo sfondo quattro angeli, gli stessidescritti nell’Apocalisse, suonano letrombe annunciando l’ora del giudiziouniversale.

Sotto invece la sciagura di un’umanitàche, incurante dell’annuncio, perseveranel male. La critica vede già, in questopannello centrale, l’anticamera di quel-l’inferno che si trova nel terzo pannello.Erik Larsen uno dei critici di HieronymusBosch addirittura afferma che nella con-cezione di Bosch: «Padre e Figlio non in-carnano l’amore bensì sono gli esecutoridi una giustizia severa, quasi mosaica».Benché a Bosch, pienamente figlio delsuo tempo, non fosse estranea l‘idea delgiudizio come castigo egli, in questo pan-nello centrale, vuole indicare il livello diabbruttimento cui si condanna l’umanitàquando, volontariamente, si allontana daquei dettami che già nel giardino del-l’Eden le erano stati consegnati.

Per comprendere appieno il significatodobbiamo tornare al concetto originariodella parola gryllos nel Medioevo (e tardoMedioevo). Da Plinio il vecchio cono-sciamo che il termine grillo (dal grecogryllos, cioè porco) fu utilizzato nel300 a.C. dal pittore egiziano Antifilo perindicare figure umane grottesche e consembianze porcine. Da qui poi, il vocabo-lo grillo fu esteso a designare ogni sortadi essere strano con testa grossa appog-giata su arti sproporzionati.

Il mondo che Cristo trova al suo ritornoè dominato da grilli, da creature cioè mo-struose che insidiano l’uomo e, talora losoggiogano. Del resto lo storico dell’artelituano Jurgis Baltrušaitis, nel suo saggiodal titolo Il Medioevo fantastico scrive:«Nell’ultimo atto della storia del mondo ilgrillo è uno degli attori principali».

stiche sono da sempre in atto e sono stateacutamente avvertite dal popolo cattolico.

Pensando a un’immagine di riferimen-to per questo settimo articolo mi sono im-battuta in un’opera di Bosch, autore a mecaro, intitolata: Trittico del Giudizio Uni-versale.

Il primo pannello del Trittico, la crea-zione di Eva, punto culminante dell’operacreatrice di Dio, e in un secondo piano lainesorabile caduta dei progenitori nel pec-cato. Il terzo pannello poi, mostra la di-struzione totale della creazione affondan-

dola dentro a una oscurità infuocata ecaotica, che noi siamo soliti definire In-ferno.

Bosch insomma disegna una parabolache passa dall’Ordine al Caos; da unmondo uscito immacolato dalle mani diDio fino alla distruzione totale dello stes-so. Al centro di questi due poli sta, comeuna sorta di balance obbligatorio, il mo-mento del giudizio, l’attimo cioè in cuiCristo, tornando sulla terra, la coglie nelsuo presente più realistico e oggettivopossibile.

Ciò che sorprende è che nessuno, maproprio nessuno per Bosch, sembra avve-dersi del suo apparire.

Page 4: Montefeltro 2013-04

4MONTEFELTRO DALLA TERZA

* Monache dell’Adorazione EucaristicaPietrarubbia

Da questo punto di vista, anche pen-sando alle strane mire della manipolazio-ne genetica, così osannate da gran partedei nostri contemporanei, la modernità– anzi di più la portata profetica – diun’opera come quella di Bosch è impres-sionante.

I grilli di Bosch sono associati al de-moniaco consapevole, più consapevoledell’uomo del caos che si genera nellastoria. Nei suoi dipinti sono loro i veriprotagonisti della scena, come appunto inquesto giudizio finale.

Guardiamo più da vicino le piccolescenografie narrate nella parte più bassadella tela.

Il primo grillo è il re della lussuria: so-pra il tetto piatto di un caseggiato collo-cato alla sinistra del dipinto, un dragoadesca una giovane donna nuda, attornia-ta da un serpente. Questa donna, che po-trebbe apparire in un primo tempo unavittima, è in realtà un tutt’uno con il dra-go che le soffia da dietro, prova ne è ilfatto che il musico dai tratti scimmieschiche le sta davanti la teme e si fa scudoper proteggersi con il suo mandolino.

Vengono alla mente certe scene ancherecenti, in cui il cosiddetto sesso debolefa uso della nudità del suo proprio corpo,per intimorire le masse e gli uomini eser-citando di fatto un potere su di essi. Bo-sch preconizza, qui, il dominio della don-na sull’uomo proprio attraverso la forzadi attrazione della lussuria.

Tuttavia anche la donna è una vittimaperché vero protagonista della scena è ilgrillo dal vistoso copricapo rosso, similealla mitria bizantina. Egli non pontificacerto la fede, come avvertono i due dischidi metallo che gli spuntano dalle tempie,ma è all’origine di quella febbre orgiasti-ca verso la quale guarda e che Bosch sim-boleggia mediante un’enorme macinaguidata da uomini nudi e da una sorta dimacinino, il quale pure sforna in conti-nuazione corpi denudati.

Se questo grillo amministra un potereche pretende di elevare l’uomo (il piaceresessuale comporta l’illusione di una ele-vazione verso l’alto), più sotto un altrogrillo amministra un potere più terreno e,quindi più materiale.

Proprio all’ingresso della struttura daltetto piatto un terzo grillo, dalla testaenorme munita di elmetto con un voltocinereo e le gambe coperte da un’arma-tura, cavalca un pesce grosso che sta peringhiottire un pesce più piccolo.

È l’eterna lotta delle mafie e delle mas-sonerie tese a dominare il mondo attra-

verso il controllo spietato dei giochi dipotere, giochi che esse stesse suscitanoper poter gettare scompiglio e renderefragile qualunque sistema di governo. An-che qui abbiamo il musico che abbandonail suo mandolino per trafiggere, con unattrezzo da contadino, un povero malcapi-tato orante (forse un rappresentante dellasetta degli adamiti verso la quale si diceBosch nutrisse delle simpatie). Il drapporosso sopra il quale sta la vittima e il mo-do di impugnare l’attrezzo da parte delmusico fanno pensare a una sorta di ban-diera, simbolo di un potere che non am-mette confronti. Bosch denuncia qui co-me, in quell’ultimo giorno, ogni forma direligiosità pubblica sarà vietata e pagatacon la vita.

Ma il più grottesco di questi grilli uma-ni lo possiamo vedere lì a due passi. Sitratta di una enorme testa d’uomo con unfazzolettone da comare che cammina so-pra due piedi altrettanto grandi. Bosch de-scrive così il grillo della maldicenza, tuttatesta e piedi: il suo giudizio, infatti, nonha corpo, ma percorre molta strada. Nonper nulla egli cammina dietro a dei con-dannati a morte, trafitti mortalmente dallefrecce dell’ingiuria, e portati in trionfocome trofeo della propria calunniosa vit-toria. Ahimè, qui gli esempi si sprecano ebasterebbe pensare a come i veri processi,più che la magistratura, siano fatti oggidai mezzi di comunicazione sociale i qua-li influenzano senza criterio l’opinionepubblica, sfornando ogni anno numerosevittime innocenti.

E le sorprese di Bosch non hanno fine.Se noi emancipati uomini del 2013 pensa-vamo di aver toccato l’apice della scienzache liberamente domina etica e pensieroci sbagliavamo di grosso! Nelle fiandredel 500 la battaglia in tal senso era giàiniziata. Lo dice un altro grillo boschianoche troviamo seguendo il percorso dellamaldicenza.

È il grillo nascosto nell’uovo. Un uovorampante che si barcamena fra gli uominicon stivaletti di cuoio rosso e una frecciapiantata in corpo. Questo grillo (che por-tando la forma dell’uovo, simboleggia lavita), dice la volontà folle da parte del-l’uomo di violare la vita nelle sue origini.Dove questo grillo passa non c’è più uo-mo né donna, ma tutto si mescola in unmostruoso carosello di volontà di potere,questa volta non sulla sessualità sempli-cemente, e neppure su un potere di origi-ne temporale, ma sull’essenza della vitastessa e della sua origine.

Il carosello si chiude con due grillistraordinariamente eloquenti.

Il grillo azzurro, simbolo dell’inganno,sottrae furtivo dalla mischia un individuodentro una gerla. Il poveretto pensa d’es-ser caduto in buone mani sfuggendo alcaos che impera e non s’avvede, purtrop-po, di quale destino lo attende. Più oltre,infatti, l’ultimo grillo che firma l’opera diBosch è un mostro acefalo che al postodella testa possiede una lama di coltellotagliente. Questa lama è simbolo dell’al-tisonanza di una predicazione (in terminimoderni potremmo dire della propaganda)che forma l’opinione pubblica e che reci-de le intelligenze degli uomini per farlipiù facilmente cadere nella gerla del pote-re imperante, facendoli sentire per giuntaal sicuro. Prima ancora della diffusionecapillare della stampa e prima delle inven-zioni moderne che hanno caratterizzato ilsorgere dei mezzi di comunicazione chemanipolano indisturbati l’opinione pubbli-ca, Bosch aveva già denunciato i loro fini.

Questa stravagante interpretazione diBosch del nostro settimo articolo del cre-do (il ritorno di Cristo nell’ora del Giudi-zio), aiuta grandemente la nostra riflessio-ne: nella storia c’è sempre l’ora di un giu-dizio. Quando il giudizio appare all’oriz-zonte, quando l’ora della verità si avvici-na, come qui si avvicina Cristo fra le nu-bi nel suo cielo terso, emergono i grillidell’illusione. Il loro trionfo segna in real-tà l’ora stessa della loro agonia.

Si salvano solo i santi, quelli che ten-gono stretta la verità assunta dalla fedecome testimonia il trittico del Giudizioviennese di Bosch nei pannelli di chiusu-ra che presenta San Giacomo il maggioree San Bavone, protettore delle Fiandre.

Forse l’anno della fede indetto da Bene-detto XVI e portato avanti da Papa Fran-cesco ci sprona a vivere questo articolodel credo anche nell’oggi. Cristo è venu-to, verrà e viene. Viene tutti i giorni ecerca in noi la fede di chi, consapevoledell’insidia del male (rappresentata daigrilli di Bosch), lascia parlare la vita piùche la lingua.

Laddove testa e piedi si toccano mo-struosamente, manca il corpo, manca cioèl’evidenza della vita, manca la testimo-nianza. Un mondo che si accontenta diparole, spesso a effetto, o di cammini il-lusori indicati più con immagini virtualiche con il realismo della testimonianza divita, non andrà lontano. Sarà sempre tea-tro indisturbato dei grilli di ieri e di oggi.

Continua da pag. 3

Page 5: Montefeltro 2013-04

5MONTEFELTRO OTTO PER MILLE

I l concorso è organizzato dal Serviz io C.E. I . per la promozione del sostegno economico al la Chiesa cattol icain co l laboraz ione con l ’Uff ic io Naz iona le C.E. I . per l ’educaz ione, la scuola e l ’un ivers i tà e con i Caf Ac l i .

Page 6: Montefeltro 2013-04

6MONTEFELTRO TRA FEDE E ARTE

Si è svolta a Sant’Igne di San Leo la cerimonia di sco-primento del bassorilievo raffigurante Don Luigi Giussaniin ricordo delle numerose Vie Crucis alle quali il fondato-re di CL ha dato vita e che sono proseguite anche dopo lasua scomparsa. Alla cerimonia alla quale hanno assistitonumerose persone, era presente anche la scultrice, PaolaCeccarelli, che con viva commozione, ha parlato del basso-rilievo ed ha ricordato come da ragazzina avesse parteci-pato a quelle Vie Crucis. Sono stati letti due brani trattidai discorsi di don Giussani, mentre Marco Ferrini ha let-to il messaggio inviato da Don Ju-lian Carron, Presidente di Comu-nione e Liberazione.Mons. Negri ha ricordato il si-

gnificato dell’iniziativa ripercor-rendo i diversi momenti legati al-le Via Crucis di Sant’Igne.

“Qualche breve richiamo per so-stanziare la mia gratitudine e quindiper sostanziare il gesto di gratitudi-ne che avete fatto venendo – haesordito Mons. Negri –. Gratitudi-ne verso la vostra storia, il cammi-no che si è iniziato nella vostra vitae che spero, mi auguro si stia com-piendo secondo la stessa modalità,gratuita ed impegnativa, con cui siè iniziato tanti anni fa, nel mio ca-so. La gratitudine è una virtù rara,dice il Cardinale Giacomo Biffi,mio fraterno amico; la gratitudine èuna virtù rara e voi siete testimoni,invece, che la gratitudine può attec-chire nel cuore dell’uomo, espri-mersi in maniera significativa, al dilà di qualsiasi calcolo, o al di là diqualsiasi reazione. Dunque – ha proseguito Mons. Negri –c’è una prima sottolineatura veloce: mentre mi preparavo aquesto incontro mi tornava in mente una frase di Santa Cate-rina da Siena che Don Giussani ci ha ripetuto infinite volte:“La memoria si è empiuta di sangue”, la memoria del cristia-no si riempie del sangue dell’agnello e sono i giorni della Pa-squa, il sangue dell’agnello sulla strada, per la via della veritàe della vita per tutti gli uomini che credono. Non per tutti gliuomini, per tutti gli uomini che credono. Ora la memoria diCristo è la memoria di Cristo nella Chiesa, della Sua persona-lità che ritroviamo con una profondità nuova e con una gra-tuità più grande e con nostalgia. È la memoria della persona-lità e della storia di Giussani con noi che oggi vediamonell’orizzonte della presenza di Cristo, lo vediamo molto piùprofondamente, molto più realmente di quanto non l’abbiamovisto e amato negli anni che sono incominciati con la nostra

A SANT’IGNE DI SAN LEO

È stato scoperto il bassorilievoÈ stato scoperto il bassorilievoin ricordo di don Luigi Giussaniin ricordo di don Luigi Giussani

MONS. NEGRI HA PRESENZIATO E BENEDETTO L’OPERA DELL’ARTISTA RIMINESE PAOLA CECCARELLI

giovinezza, con la nostra prima giovinezza e che si sono sto-ricamente conclusi solo con la sua morte.

Ecco la seconda sottolineatura: che cosa ha significato perla nostra vita, dico per la mia, l’incontro con Giussani, l’in-contro con l’avvenimento di Cristo reso finalmente presentenella misura concreta della nostra umanità, della mia umanità,delle sue attese, dei suoi desideri profondi che non riuscivoneanche a definire adeguatamente e che solo nel dialogo conlui si sono andati progressivamente definendo e si sono postidentro il mio cuore in modo indistruttibile? Il primo contribu-

to di Giussani alla mia umanità èstato quello di farmela riscoprire ecostringermi ad essere leale e fede-le con questa umanità senza vender-la, per nessuna ragione. Soltanto lafedeltà a questa umanità, i grandidesideri del cuore di cui si può par-lare, di cui potete parlare, di cui po-tete sentir parlare. Lui solo è il Sal-vatore, Lui solo è il Redentore. Unabisso invalicabile divide qualsiasiesperienza umana, qualsiasi deside-rio religioso, qualsiasi formulazionefilosofica, qualsiasi espressione ar-tistica, dall’avvenimento di Cristo,perché l’avvenimento di Cristo vie-ne da là a noi, mentre tutto ciò cheavviene nell’esperienza umana, nel-la migliore delle ipotesi tenta di an-dare da qui a là e non può non sof-fermarsi, a un certo punto, smarritoe svagato, di fronte a un’impresache lo travolge. Io vorrei vedereDio, vorrei vedere Dio ma non èpossibile, diceva il nostro grandepoeta e cantautore Claudio Chieffo.

[...] Nel libretto rosso di Gs che molti o alcuni di noi han-no compulsato nella sua redazione originale che risale al1961, e che insieme a Don Giussani e ad altri responsabili diGs ebbi l’onore di portare a Giovanni XXIII, si dice letteral-mente “la comunità cristiana crea inesorabilmente una nuovaciviltà”. [...] La Via Crucis era una sintesi di tutto questo, unasintesi straordinaria perché la testimonianza di Cristo, che re-spiravamo guardandolo, vedendolo parlare, vedendolo agire,vedendolo muoversi, vedendolo camminare davanti a noi e al-la guida di questo popolo che poi all’inizio non era un granpopolo, era un popolo, forse anche un popolino; alla guida diquesto popolo si vedeva, come dire, emergere le dimensionidell’avvenimento cristiano che Papa Francesco ha sintetizzatomirabilmente in uno dei Suoi primi interventi, il cristiano cu-stodisce sé stesso, custodisce la natura, custodisce la storia.Lui non ha detto la cultura, io aggiungo la cultura, perché la

Page 7: Montefeltro 2013-04

7MONTEFELTRO I PELLEGRINAGGI U.S.T.A.L.

cultura è la consapevolezza della storia. Ecco, noi vedevamodall’amore per Cristo di Giussani, un flusso che passava dallacustodia dell’amore a Cristo, alla custodia di sé stesso, perchéGiussani custodiva sé stesso, custodiva la sua umanità, la ve-deva incrementarsi nella fede e la difendeva, e la comunicava.Custodiva sé stesso e custodiva il creato. Abbiamo imparato avedere la bellezza della natura, a vedere la bellezza della for-ma degli alberi, a vedere la bellezza delle varie tonalità di ver-de, che nel corso di una giornata, o di poche ore, si modifica-va come è accaduto a me in questi ultimi bellissimi otto anniqui fra voi. Custodire la natura, vedere nella natura, si co-struisce perché si vede, nella natura, il riverbero di Cristo; senon si vedesse il riverbero di Cristo non si potrebbe custodirnulla, come del resto non si custodisce sé stesso e non si cu-stodisce l’altro se non perché si vede, in me e nell’altro, il ri-verbero di Cristo. L’Arcivescovo ha concluso con queste pa-role: «Custodire la natura e nella natura custodire la cosa piùgrande della natura, e la cosa più grande della natura èl’uomo, la storia dell’uomo si crea dentro la natura, perciò lacultura è l’arte così, senza soluzione di continuità: dalla bel-lezza dell’amore a Cristo custodito in Lui, alla bellezza dellanatura sentita, amata, scoperta per la prima volta. A questastraordinaria valorizzazione delle grandi opere d’arte, comin-ciando da questo convento, e seguendo poi nel cammino tuttii segni di quella grande civiltà di cui ha parlato l’indimen-

ticabile Benedetto XVI nella Sua visita alla Diocesi di SanMarino-Montefeltro il 19 giugno del 2011 quando disse: “Quila fede ha creato una civiltà”, una straordinaria quantità diopere d’arte di cui sono gremite le case, le chiese e i paesi diquesta Diocesi. Ecco, questo è stato la Via Crucis con DonGiussani, per molti cominciata qui, per molti cominciata dopoDon Giussani. È stato un momento di sintesi di tutto ciò che èil cristianesimo, un incontro di grazia che si fa stupore neiconfronti della realtà e della storia e che diventa creatività. Èvero che tornavamo cambiati ma permettetemi di invitarvi alpunto più significativo in cui tornavamo cambiati, il lavoro ela missione. Tornavamo desiderosi soltanto di poter far parte-cipare di questa bellezza e di questa verità tutti quelli che in-contravamo; state attenti a non separare Don Giussani dallastoria del suo popolo e dall’impeto missionario che caratteriz-za il suo popolo. Il suo discorso non è un discorso di un qual-siasi teologo spirituale, per quanto importante, il suo discorsoè il discorso con cui ha guidato un popolo alla missione e que-sto popolo ha verificato e verifica e verificherà la verità diquesta parola, assumendosi, quotidianamente, la responsabilitàdell’annunzio agli uomini che ci circondano, come dissenell’ultima sua intervista al “Corriere della Sera”, “vivete lafede con forza di fronte alla gente”».

(F. P.)Brani tratti dal discorso pronunciato e non rivisto da Mons. Negri

Tariffe pellegrinaggi U.S.T.A.L. 2013PELLEGRINAGGIO LORETO dal 24 al 27 luglio 2013

Quote PALAZZO ILLIRICO € 210,00ALBERGO CATEGORIA “A” € 250,00 + € 20,00 SINGOLA(Pellegrino e Pace – Loreto – Casa del Clero)ALBERGO CATEGORIA “B” € 240,00 + € 15,00 SINGOLA(Suore di Piemonte)Ragazzi (fino a 18 anni) e sacerdoti € 110,00Bambini da 0 a 5 anni gratis

Le iscrizioni devono pervenire entro il 30 giugno 2013(con una caparra di € 50,00 non rimborsabile)

PELLEGRINAGGIO LOURDESAlberghi Case UNITALSIdal 20 al 26 agosto 2013 in treno da Rimini quota € 640,00 + singola € 140,00dal 21 al 25 agosto 2013 in aereo da Forlì quota € 740,00 + singola € 140,00

Le iscrizioni devono pervenire entro il 15 giugno 2013(con una caparra di € 300,00 non rimborsabile in caso di disdetta ad un mese dallapartenza, salvo casi di forza maggiore)

TERRA SANTA dal 27 novembre al 4 dicembre 2013

Da definire

Page 8: Montefeltro 2013-04

8MONTEFELTRO CARITAS

SSII ÈÈ TTEENNUUTTOO AA MMOONNTTEESSIILLVVAANNOO ((PPEE)) DDAALL 1155 AALL 1188 AAPPRRIILLEEIILL 3366ºº CCOONNVVEEGGNNOO NNAAZZIIOONNAALLEE DDEELLLLEE CCAARRIITTAASS DDIIOOCCEESSAANNEE

EEdduuccaarree aallllaa ffeeddee ppeerr eesssseerree tteessttiimmoonnii«La fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6)

Il Convegno ha avuto come riferimenti di fondo l’Anno dellafede, gli orientamenti dati da Papa Benedetto XVI nel quarantesi-mo di Caritas Italiana e le prime indicazioni di Papa Francesco.

Si trattava di far prendere maggior consapevolezza, ai parteci-panti, operatori e volontari, dell’importanza di educarsi per edu-care a una Fede che si rende “operosa per mezzo della carità” efornire studi, esperienze e indicazioni che avessero l’intento diaiutare gli operatori nelle attività di carità sul territorio.

Ha visto il confronto tra quasi 600 rappresentanti provenientida 161 delle 220 Caritas diocesane.

Interventi come quelli di:– S. E. mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente

della Caritas Italiana; dalla sua prolusione, mi preme riportarela frase “bisogna essere capaci di stare insieme con le altrerealtà della Chiesa”. Aggiungo: “Vi sono diversità di carismi,ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma unosolo è il Signore” (1Cor 12,4);

– S. E. mons. Bruno Forte, vescovo di Chieti e Vasto: “la fede èlasciarsi fare prigionieri del Mistero”;

– S. E. mons. Pierre André Dumas, presidente di Caritas Haiti:“pastorale di prossimità”;

– P. Samir Khalil Samir, islamologo, docente pressol’Università di Beirut e il Pontificio Istituto Orientale di Ro-ma: “Dio è amore”;hanno consentito ai partecipanti di assaporare il gusto del

coinvolgimento nella vicinanza ad “una Chiesa povera e per i po-veri” ed essere “compagnia alla persona”.

Per una sintesi di tutte le attività, di tutti gli obiettivi, di tuttoil programma e delle relazioni su tutti gli interventi è sufficientecollegarsi sul sito www.caritas.it.

A me, invece, preme raccontare il clima e l’aria che ho respi-rato nell’occasione, avendo avuto la possibilità di assistere per laprima volta ad un Convegno così importante.

La prima impressione che mi viene in mente è il clima di rac-coglimento e di partecipazione di tutti, sia nei momenti di pre-ghiera sia nell’ascolto degli oratori; questa atmosfera è stata coin-volgente ed emozionante.

Ho apprezzato la scelta di dare a tutti la possibilità di interve-nire per esporre le proprie idee, raccontare le proprie esperienze eportarle nel gruppo di lavoro prescelto.

Fra i cinque ambiti di confronto:– migranti;– famiglie;– giovani;– persone che vivono forme diverse di solitudine;– persone che sperimentano dipendenze.Io ho scelto di partecipare al gruppo “giovani”; ogni gruppo

era suddiviso in sezioni, comprendenti una ventina di persone; intal modo si dava a tutti, dico a tutti, la possibilità, se pur breve-mente, di raccontare o dire la sua.

Il primo giorno, per un paio di ore, si sono esaminate le pro-blematiche; il secondo si sono studiate le esperienze e le soluzio-ni adottate o i progetti in cantiere; il terzo si sono tirate le con-clusioni: il tutto con una semplicità estrema, con operosità vera erisolutiva, tipica della Caritas.

Per quanto riguarda il mio intervento nel gruppo, riporto bre-vemente le problematiche esposte e l’idea di risoluzione studiatacon la Direzione.

Il problema più sentito e più grave in San Marino, ma anchein Italia, ormai da molti anni, è la mancanza di lavoro, dovuta siaalla crisi internazionale che, per San Marino, ai difficili rapporticon l’Italia.

La Caritas Vicariale di San Marino, constatando che moltospesso il giovane risulta impreparato e non conosce bene il meto-do per la ricerca di un lavoro, ha deciso, grazie alla disponibilitàdi alcuni volontari e con qualche esperienza, ovviamente senza lapretesa di essere risolutivi, di aprire uno “Sportello di orienta-mento” con lo scopo di aiutare le nuove generazioni a mettere inpratica un sistema per conoscere un pochino meglio se stessi e“come lavorare per cercare lavoro”.

Certamente il nostro è un piccolo contributo, rispetto al com-pito delle Istituzioni e delle Industrie del territorio, chiamate arendere più competitivo il Paese e a trovare soluzioni idonee perriassumere i molti lavoratori disoccupati, ma nasce dalla convin-zione che, in questo momento particolarmente difficile per la gra-ve situazione economico-finanziaria e per le irreversibili trasfor-mazioni in atto, diventa fondamentale promuovere la cultura del-la solidarietà e della sussidiarietà.

Nei nostri centri arrivano persone provenienti dall’estero, maanche gente locale (nel 2012 hanno bussato alla nostra porta 24famiglie sammarinesi, per un totale complessivo di 58 persone);vengono da noi, principalmente perché rimasti senza lavoro e ma-gari senza ammortizzatori sociali; quindi il tema LAVORO è ilTEMA PRIORITARIO.

Diversi interventi si sono succeduti nel gruppo di lavoro, dovesono state illustrati alcuni progetti; tra le più significative mi so-no sembrate quelle di: – Modena, progetto “I CARE”: coinvolgimento di giovani nel

servizio civile ed importanza della collaborazione con le Isti-tuzioni;

– Vicenza, progetto “Notte dei senza dimora”; parole chiave:servizio, condivisione, consapevolezza, informazione;

– Brescia, “Vecchi mestieri per nuove generazioni”: passaggiodei saperi dagli anziani ai giovani; parole chiave: scambio, fi-ducia, acquisizione, formazione, Manualità,Sui rispettivi siti si possono leggere al meglio queste iniziati-

ve, che anche noi Caritas San Marino-Montefeltro approfondire-mo e vedremo se si possono trasferire nella nostra realtà.

Molti hanno criticato la burocrazia delle Istituzioni locali: lac-ci e laccioli, leggi e leggine che appesantiscono il lavoro di aiutoai bisognosi, mancanza di finanziamenti adeguati, poca conoscen-za dell’operato della Caritas, mancanza di comunicazione permezzo dei mass media e poco interessamento da parte della clas-se giornalistica.

Le conclusioni sono state tratte da don Francesco Soddu, diret-tore della Caritas Italiana, che ha illustrato la scelta del tema delConvegno, il senso ed il valore della presenza territoriale; ha riba-dito la centralità del metodo sinodale, l’importanzadell’accompagnamento e compagnia alla persona e dell’ascoltodelle nuove povertà. Infine, don Soddu, dopo aver suggerito alcunepiste di lavoro, ha dato appuntamento al prossimo anno a Cagliari.

Questo breve racconto è solo per suscitare qualche desideriodi curiosità e di informarsi, che, come detto, può essere ampia-mente appagato visitando il sito.

Da ultimo colgo l’occasione per ringraziare il Direttore Dioce-sano, prof. Giovanni Ceccoli, che mi ha invitato al Convegno, ilVice Direttore, Maurizio Cima e il compagno di viaggio ElvezioSerafini per avermi introdotto nell’ambiente con amicizia e colla-borazione.

Non posso dimenticare chi mi ha fatto conoscere la Caritas davicino e cioè il sig. Leo Rondelli, responsabile della Caritas Vi-cariale di San Marino: a lui va la mia gratitudine così come a tut-ti gli operatori e volontari.

Luigi Di Paolo

Page 9: Montefeltro 2013-04

9MONTEFELTRO CRONACA

Mercoledì 3 aprile è stato ricordato il secondo anniversario della morte di Don Eligio Gosti, assi-stente diocesano dell’USTAL-UNITALSI.L’Associazione, avendo sempre presente la passione con cui ha seguito la propria attività, rinno-va i sentimenti di profonda gratitudine ricordandone la grande spiritualità come sacerdote e lagrande cultura ed attaccamento alle istituzioni civili e religiose.In sua memoria è stata celebrata alle 16,30 una Santa Messa nella Chiesa di Maiolo, suo paesenativo, a cui è seguita la visita al Cimitero dove riposa. Alle ore 20,30 una Santa Messa è stata celebrata anche nella chiesa parrocchiale di Murata, SanMarino.Alle ore 21,15 nella sala parrocchiale la figura di Don Eligio è stata ricordata in un incontro alquale sono intervenuti il dott. Antonio Fabbri e il prof. Marino Cecchetti.San Marino, 29 marzo 2013 Il Consiglio Direttivo

COMUNICATO STAMPA

SECONDO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON ELIGIO GOSTI

Ogni estate, dal 1982 ad oggi, per me e lamia famiglia la prima camminata tra i sentieridelle Dolomiti che coronano Cortina d’Ampezzoè il Lago d’Ajal, un piccolissimo specchio d’ac -qua che riflette, come in un quadro, il paesaggiocircostante: il minuscolo rifugio, gli altissimi everdi alberi, la cima della bellissima Croda daLago.

Esso è proprio incastonato, come una gemmapreziosa (quale per me è) tra le montagne piùbelle del mondo, le Dolomiti, dichiarate dall’U -nesco “Patrimonio dell’Umanità”.

Quello che porta a questo laghetto montano è un sentiero che– tra le persone abituate a percorrere gli aridi e faticosi itinerarimontani – si dice serva “per fare la gamba”, cioè abituare il pas-so (e di conseguenza anche il fiato, spesso corto!) al lento e pro-gressivo incedere e salire verso la mèta, con la psicologia propriadegli alpini: passo regolare, lento, con lo sguardo sempre rivoltoalla natura circostante…

Un giorno dell’estate del 1990, mentre io e i miei genitori ciaccingiamo a percorrere questo, ormai amato e conosciuto, itine-rario, ci troviamo a “sorpassare” un gruppetto di tre persone, in-tento a parlare: un uomo e due donne.

Dopo il “Buongiorno” – che nel “codice” della montagna nonè obbligatorio, ma nasce spontaneo, quasi un augurio di ogni be-ne a chi si incontra sui sentieri – veniamo fermati dalla voce delsignore che avevamo appena lasciato dietro di noi: “Questa ca-denza nel parlare è delle mie parti!”, ci dice.

Incuriositi ed increduli, noi: “Davvero? Noi siamo della pro-vincia di Pesaro, e lei?”.

“Io sono nato a Casteldelci…”.Piacevolissima la sorpresa di quella assolata giornata “monta-

nara”!Presto, percorrendo insieme, da quel momento in poi, il sen-

tiero fino al Lago d’Ajal, avremmo saputo tanto di questo signo-re di una certa età, che con l’entusiasmo di chi ama profonda-mente la montagna e la conosce a menadito, con estrema mode-stia ci diceva che era un sacerdote e che si chiamava Padre Ul-derico Pasquale Magni.

Da questa escursione, in un giorno qualsiasidi agosto di tanti anni fa, è nata una bella amici-zia che ha portato me e la mia famiglia a parte-cipare alle conferenze che ogni anno Padre Ma-gni teneva nella Sala Akropolis (dal nomedell’Associazione Culturale che dirigeva) diCortina, ma anche agli incontri organizzati inogni parte d’Italia, alcuni dei quali insieme allagiornalista e scrittrice Paola Giovetti.

Quello che mi ha sempre colpito di PadreMagni è stata la sua immensa cultura (che non“sbandierava”, ma che trapelava dalle tante cita-

zioni che arricchivano i suoi discorsi, anche sui sentieri di mon-tagna), la sua disponibilità alla battuta ed allo scherzo, il suo vi-so sempre sorridente ed accogliente, il suo essere sinceramenteinteressato alle persone che aveva di fronte, anche se appena co-nosciute, la sua mente lucida e ricca nei ricordi.

Parlando della sua infanzia e giovinezza, ci ha raccontato del-le persone del mio paese, Piandimeleto, con cui aveva frequenta-to le scuole, chiedendo informazioni su di loro e snocciolandoaneddoti sulle “birichinate” che facevano insieme.

Amava Cortina d’Ampezzo, Padre Ulderico, come anche io laamo, ma non perché è un luogo “in”, per ricchi (nulla è più lon-tano da me!), ma perché amo perdermi nei sentieri, anche i piùdifficili ed impervi delle sue bellissime montagne, dove si sentesolo il suono del vento e del silenzio….

Amava Cortina, Padre Ulderico, perché d’estate vi è un susse-guirsi di incontri culturali, un avvicendarsi di eminenti esponentidel mondo della filosofia, della storia, del giornalismo, della po-litica e della religione, di cui lo stesso Padre Magni era uno deinomi più illustri.

Ora riposa a Cortina… tra le sue montagne e la cultura, a cuiha contribuito in modo così calzante.

È morto tre mesi prima di mio padre…Ed ogni volta, quando tornerò a Cortina e andrò a salutarlo,

gli porterò anche il suo saluto..Tanto lo so che, insieme, stanno già cantando “Signore delle

cime”…Sonia Rosaspina

PADRE ULDERICO PASQUALE MAGNI... UN PICCOLO RICORDO

Page 10: Montefeltro 2013-04

10MONTEFELTRO PREGHIERA

“All’origine delle numerose tensioni che minacciano la pace(scriveva Benedetto XVI nel 2006), ci sono sicuramente le

innumerevoli ed ingiuste disuguaglianze che sono ancora tragica-mente presenti nel mondo: disuguaglianze nell’accesso ai beni es-senziali, come il nutrimento, l’acqua, un tetto, la salute; disugua-glianze persistenti fra l’uomo e la donna nell’esercizio dei dirittiumani fondamentali”.

In data 10 dicembre 1948 è stata promulgata la Dichiarazioneuniversale dei diritti umani, ma ancora – a 65 anni di distanza –siamo ben lontani dalla sua realizzazione. Nel 1981 è stata procla-mata la Dichiarazione universale islamica dei diritti umani, ed ildibattito continua, dal momento che “universale” e “islamica” sonoaggettivi inconciliabili.

Ma quello che più scoraggia i cittadini del mondo intero è laconstatazione che la giustizia giusta è un’aspirazione utopica: i piùdeboli dovrebbero poter contare su una politica che li tuteli, per ri-durre almeno la discriminazione. Occorrerebbe che la povertà con-tasse sul piano della democrazia e quindi che si identificasse conrappresentanti e formazioni sociali, che si schierano con i meno ga-rantiti.

Finché l’esito di un processo dipende dal poter disporre di uncollegio di difesa, in sostanza, dipende dai mezzi a disposizione, nonsi può continuare a dire che la legge è uguale per tutti. È sempli-

cemente falso. D’accordo: come tutte le professioni anche quelladell’avvocato si costruisce sul reddito, che spesso ha alla base un ta-riffario, modulato sulla tacita regola “tanti, subito e in nero”. Ma lafollia si raggiunge quando l’avvocato lavora non per difenderedall’ingiustizia, ma per promuoverla, accompagnando il cliente inlabirinti di articoli, che permettono di sfuggire al dovere. L’avvocatodiventa intermediario della non applicazione della giustizia. Un ve-ro ostruzionismo, al cui confronto l’attività dell’Azzeccagarbugli dimanzoniana memoria è di grossolana ingenuità. A favorire questodelirio lucido sta l’enormità delle leggi emanate e la loro riscontratacontraddittorietà.

Oggi, dire che l’eccessiva lunghezza dei processi dipende dallamagistratura, è vero al 50%, perché quella responsabilità va condi-visa con i legali, che usano tale “malattia” come strumento di dife-sa. Il gioco più facile con i clienti meno dotati ed economicamentepoveri è quello di nascondere la propria inefficienza nel linguaggioastruso e nel labirinto di leggi, che il cliente non può conoscere, o seconosce non può capire, o se crede di capire gli viene modificatasotto il naso l’interpretazione captata. È certo che questa professionesi è talmente impoverita sul piano dei principi da spostare la soddi-sfazione solo sul reddito cui dà accesso.

Per questa categoria di persone, cioè per tutti coloro cha lavora-no nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, il Papa chiede lanostra preghiera del mese di maggio.

INTENZIONE PROPOSTA DAL PAPA NEL MESE DI MAGGIO

L’offerta quotidiana santifica la tua giornata. Cuore divino di Gesù, io ti offro, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni,

le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nellagrazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre. In particolare, per le intenzioni affidate all’AdP dal Papa:

� “Perché CHI AMMINISTRA LA GIUSTIZIA operi sempre con integrità e retta coscienza”.

“Giustizia” nell’amministrazione della giustizia

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - MAGGIO 2013

(Dal discorso del Papa Benedetto XVI per l’incontro con i GiovaniFidanzati, Ancona 11 settembre 2011).

Cari fidanzati […]. Per certi aspetti, il nostro è un tempo non fa-cile, soprattutto per voi giovani. La tavola è imbandita di tante coseprelibate, ma, come nell’episodio evangelico delle nozze di Cana,sembra che sia venuto a mancare il vino della festa. Soprattutto ladifficoltà di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezzasull’avvenire. Questa condizione contribuisce a rimandare l’assun -zione di decisioni definitive, e incide in modo negativo sulla crescitadella società, che non riesce a valorizzare appieno la ricchezza dienergie, di competenze e di creatività della vostra generazione.

Manca il vino della festa anche a una cultura che tende a pre-scindere da chiari criteri morali: nel disorientamento, ciascuno èspinto a muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel so-lo perimetro del presente. […] Anche le scelte di fondo allora di-ventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spessoviene ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnala piuttosto la

carenza. Appartiene a una cultura priva del vino della festa anchel’apparente esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessua-lità e tende a farla vivere al di fuori di un contesto di comunione divita e d’amore.

Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Nonperdete mai la speranza. Abbiate coraggio anche nelle difficoltà,rimanendo saldi nella fede. Siate certi che, in ogni circostanza, sieteamati e custoditi dall’amore di Dio, che è la nostra forza.

Dio è buono. Per questo è importante che l’incontro con Dio,soprattutto nella preghiera personale e comunitaria, sia costante, fe-dele, proprio come è il cammino del vostro amore: amare Dio e sen-tire che Lui mi ama […].

Cari fidanzati vi trovate a vivere una stagione unica, che apre al-la meraviglia dell’incontro e fa scoprire la bellezza di esistere e diessere preziosi per qualcuno, di potervi dire reciprocamente: tu seiimportante per me. Vivete con intensità, gradualità e verità questocammino. Non rinunciate a perseguire un ideale alto di amore, ri-flesso e testimonianza dell’amore di Dio!

INTENZIONE PROPOSTA DAI VESCOVI ITALIANI� “Perché I GIOVANI CHE SI PREPARANO AL MATRIMONIO – per l’intercessione della Madre di Dio – FORMINO

FAMIGLIE UNITE, STABILI E APERTE ALLA VITA, ben inserite nella Chiesa e nella società”.

Famiglia, piccola chiesa domestica

Page 11: Montefeltro 2013-04

11MONTEFELTRO A FAVORE DELLA CHIESA CATTOLICA

SOVVENIRE 2013

Domenica 5 maggio è la Giornata di sensibilizzazione perle firme per l’otto per mille a favore della Chiesa cattolica.È necessario che i referenti parrocchiali si premurino di di-vulgare la propaganda a questo scopo, perché purtroppol’ambiente parrocchiale è quello meno stimolato per un im-pegno che è uno dei modi per mettere in pratica un precet-to generale della Chiesa. Posso capire che questa riflessio-ne non commuova nessuno, ma non è bello.

Qualcuno si è interessato a calcolare quanto lo Stato ita-liano risparmia nei diversi servizi sociali promossi dallaChiesa italiana (scuole paritarie, sanità, mense, oratori,comunità terapeutiche, volontariato, beni culturali…), arri-vando a valutare in almeno undici miliardi di euro talesomma. Sarebbe una considerazione interessante, so -prattutto se la voce “risparmio” rientrasse nelle preoc -cupazioni dei nostri politici; ma vedendo certi comporta-menti c’è motivo di dubitare che a quei livelli ci si preoc-cupi di spendere uno per risparmiare undici.

In ogni caso il motivo per cui i cittadini sono richie-sti di sostenere la Chiesa cattolica è legato alla finalità positiva in ambito umanitario, sociale e culturale delle ini-ziative ecclesiali. Proprio perché la religione cattoli-ca è la religione storica della nazione italiana, esiste un pa-trimonio ampio di vario genere che va custodito e incrementato, compresi i luoghi di culto e le attività edu-cative.

La Giornata del 5 maggio è rivolta principalmente ai cat-tolici delle nostre parrocchie. Ai quali bisogna ricordareche non è proibito fare del bene alla propria Chiesa. Infat-ti san Paolo dice: “Poiché ne abbiamo l’oc casione, operia-mo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fe-de” (Gal 6,10). Questo invito vale in particolare quando daquesto bene alla Chiesa può venire un bene più grande ver-so tutti, come nel caso dell’otto per mille.

� Claudio Stagni, vescovo

Una firma per l’8x1000

Page 12: Montefeltro 2013-04

12MONTEFELTRO DAL CMD

Incontri di formazione permanenteIncontri di formazione permanentedel Centro missionario diocesanodel Centro missionario diocesano

Padre Valentino Salvoldi, ha condotto la formazione perma-nente del Centro Missionario Diocesano di San Marino-Mon-tefeltro e della Parrocchia di Piandimeleto, un oratore e unuomo che è valso la pena ascoltare. Padre Valentino, missio-nario “Fidei Donum”, già docente di Filosofia e Teologia mo-rale all’Accademia Alfonsiana in Roma, è ora “Professore vi-sitatore” dei seminari delle giovani Chiese (Africa e Asia). Haattorno a sé un vasto movimento di solidarietà con i popoli delSud del mondo.Ha fondato “Shalom”, un’organizzazione non lucrativa

avente come finalità la crescita morale e culturale dei giovaniin Italia e nei paesi impoveriti.Dal 1998 il suo nome compare nell’annuario “Distingui-

shed learderchip” che lo segnala per i suoi eminenti contribu-ti come scrittore e come promotore di giustizia e di pace (A -merican Biografical Institute). I suoi numerosi libri, scritti constile semplice e tradotti in molte lingue, nascono dalla vita etornano tra la gente per dare speranza, per rendere il mondopiù giusto e fraterno, più vicino al regno del Dio fatto Uomo.

Dopo aver ascoltato Don Salvoldi ecco alcune testimonianze

“CONDIVISIONE. È questa la parola che per me descriveal meglio il centro missionario della nostra diocesi.

Ho iniziato a 15 anni con il campo di lavoro qui in Italia,per poi arrivare, con grande fortuna, a partecipare al campo dilavoro in Africa, precisamente in Etiopia.

Tra i due campi non cambia molto; sì, diciamo che il pae-saggio intorno è completamente diverso ma lo scopo è semprelo stesso: condividere.

Condividere il proprio tempo, condividere le proprie espe-rienze, condividere le proprie vite, sia con le persone che partecipano al campo sia con quelle a cui andiamo a portareaiuto.

Ogni volta che finisce un campo si viene presi da grandesconforto... è infatti difficile riuscire a portare nella quotidia-nità questo stile di vita. Io stessa al ritorno dal primo campo inEtiopia non sapevo a cosa aggrapparmi, fino quando ho capitocosa posso continuare a fare: CONDIVIDERE.

Raccontare ciò che ho vissuto mi aiuta a non sentirmi sola,a non perdere il ricordo di queste esperienze e a sperare che lepersone che mi circondano possano anche loro seguirmi inqualche campo di lavoro.

Questa dinamica di condivisione caratterizza l’intera attivitàdel centro missionario. Anche la marcia-veglia che si tieneogni anno durante la quaresima propone alla nostra Diocesiuna testimonianza missionaria. Quest’anno abbiamo avutol’occasione di incontrare Don Valentino Salvoldi, sacerdote,docente universitario e missionario. Con la sua capacità orato-ria ci ha coinvolto nei racconti della sua vita e ha invitato cia-scuno di noi a non dimenticare di accompagnare la condivisio-ne e la testimonianza con la preghiera.

Vorrei concludere proprio con una sua frase: “Metà delviaggio è raccontare! È bello, infatti, condividere esperienzeche, mentre danno vita all’istante presente, ci permettono disognare”.

Chiara Giannini

“Buona sera Don,Ti mando le mie impressioni sul racconto con Don Valen-

tino.Soprattutto mi è piaciuto molto la sua idea che tutte le per-

sone devono pensare e fare qualcosa di buono per la fede, al-trimenti Dio non ci riconosce quando noi bussiamo alla portadel cielo. Di solito, i cristiani dicono che loro sono salvati da Dio

perché hanno la fede. Però io avevo sempre un dubbio conquesta parola perché non è giusto che se uno ha la fede si puòsalvare anche se vive una vita senza pensare Dio. Al mio paese (in Giappone) in generale si crede al buddi-

smo. Buddha diceva: ‘Prima vivi, comportandoti bene, e dopoDio potrà salvarti’. Quindi pensando alla cultura nella quale sono vissuto, sono

d’accordo con l’idea di Don Valentino”. Shizuka

“Quel bacio che brucia……” è una delle toccanti ed incisi-ve frasi con le quali Don Valentino Salvoldi, scrittore, docenteuniversitario di filosofia e teologia morale, missionario ed in-caricato dalla Santa Sede per la formazione del Clero Africanoed Asiatico, ha rapito l’attenzione dei numerosi presentiall’incontro tenutosi nel Castello di Piandimeleto lunedì sera.

Don Valentino è stato invitato dal Direttore del centro Mis-sionario, in occasione della Marcia della Pace tenutasi in Tala-mello (RN) il 22 marzo, a testimoniare sul suo impegno edoperato per l’Africa e grazie alla sua disponibilità ed al suo bi-sogno d’amare e di essere amato, il “mendicante d’amore” co-me lui si definisce. Nel programma del Centro Missionario diformazione permanente nella sala del Castello di Piandimeleto,con tanto ardore e convinzione, Don Valentino si è raccoman-dato ai genitori presenti di pregare assieme ai propri figli,d’insegnar loro la preghiera, perché l’esempio dato dagli adul-ti ai giovani è tutto, ricopre circa il 65% della formazione ca-ratteriale e comportamentale di un bambino, bisogna educare ifigli alla costanza nella preghiera, intesa come bellezza chesalva; e poi rivolgendosi ai giovani, chiede loro di imparare adamare se stessi, attraverso la ricerca e la valorizzazione di tut-ti i doni ricevuti dal Signore, per essere in grado di amare glialtri. Tutti noi dobbiamo imparare a ringraziare il Signore peri doni ricevuti; siamo spesso abituati a chiedere e poco a rin-graziare per le piccole e grandi cose che il Signore ha creato eche ci ha donato; i poveri devono essere consolati dai ricchi edi ricchi devono condividere, la ricchezza donata loro, con i po-veri di tutto il mondo. Si è rivolto anche agli insegnanti, ai ca-techisti ed agli educatori tutti invitandoli a mostrarsi estrema-mente esigenti nel pretendere tutto ciò che ogni giovane è in

Page 13: Montefeltro 2013-04

13MONTEFELTRO DAL CMD

nario, che non sempre ha voglia di partire, d’andare in queiposti dove c’è tanta miseria e problemi, però la sua coscienzagli dice d’andare – lui va, e dopo sta bene”.

Gabriella Moretti

“Nell’incontro con Don Valentino, mi ha colpito particolar-mente l’umiltà di questo sacerdote missionario verso i più po-veri, colpiti dall’ingiustizia, dalla sofferenza, dalla fame e dal-le malattie, e nell’affrontare la morte come la storia di Kaide edella sua mamma. Mi ha colpito in maniera particolare la fedenel Signore che Don Valentino ha incontrato, nella sua espe-rienza nel deserto con lo starec, che ha seguito i suoi consiglie che lo hanno aiutato, così anche io voglio seguire i consiglidi Don Valentino”.

Nicola Conti, III media

“L’esperienza con Don Valentino mi ha incoraggiato adamare il mio prossimo sia buono o cattivo;soprattutto in questo momento nella nostramartoriata Nigeria, la fede è un grande donoe grazie ai missionari 60 anni fa è arrivato ilcristianesimo nel nostro Paese. Ecco perchéla mamma di Kaide ringraziava Dio per ildono che il Signore gli aveva dato nei cinqueanni in cui aveva potuto godere dell’amoredel suo figlio per questa terra, ed ora lo pre-gava come un santo… la fede nel dolore vie-ne misurata, grazie Signore per il dono deltuo amore”.

Lorenzo e Benedetta

“La presenza di Don Valentino è stata co-me una ‘carezza’ che ai nostri bambini haaperto la mente e il cuore verso i veri pro-blemi che devono vivere i loro coetanei me-no fortunati… e forse con il tempo li aiuterà

a rendersi conto di quanto hanno e soprattutto di quanto nondanno”.

Renata Seabastini (insegnante)

Salvoldi: voce di uno che grida nel deserto“Lunedì 8 aprile Don Valentino Salvoldi ha fatto dono alla

comunità parrocchiale di Piandimeleto, e a quelle limitrofe,della sua presenza e della sua parola. Proliferante umana-mente nella sua azione sociale di questi giorni di soggiorno inDiocesi montefeltrana, lunedì ha ben programmato di soffer-marsi in riflessione su quei punti che in diversi momenti eomelie recenti hanno graffiato le nostre ovattate anime. Im-possibile non rimanere scossi dalle sue parole. Il significatodell’incontro viene compresso e intensificato dalla parafrasiche da senso alla sua stessa genesi: ‘Ama e capirai’ (Sant’A -gostino). Come è possibile, sembra chiedersi Salvoldi, chel’uomo occidentale viva una condizione di blocco, di volonta-rio accecamento di fronte al salvifico slancio umano che redi-me, sia l’autore che il destinatario del bene, dalla morte inte-riore? Che cosa serve all’uomo? Per quarant’anni missiona-rio in Africa, sa bene che la fede esiste anche laddove non visono cibo e acqua e dove la morte fisica falcia milioni di vite

grado di offrire. È stata una serata veramente toccante e coin-volgente e con l’augurio di rivedere presto Don Valentino tranoi, lo ringraziamo e preghiamo il Signore di preservarlo eaiutarlo per tutti i suoi progetti futuri”.

Barbara Spadoni

“Piandimeleto, Fede e sofferenza il binomio su cui si è incen-trata la riflessione-incontro con Don Valentino Salvoldi. Un uo-mo del nostro tempo che provoca con assoluta umiltà chi si po-ne domande di senso della vita. Più volte il sacerdote si è fer-mato a sottolineare come il problema della sofferenza non siaun problema qualsiasi ma è strettamente collegato alla teoriadel male e alla fede. Conoscitore delle teorie filosofiche di tuttii tempi che hanno indagato il tema, ha affermato la necessitàdi ripensare la sofferenza alla luce del mistero di Dio stesso. Edè con l’esempio di Giobbe, che Don Salvoldi ha ricordato in piùpassi, che le cose si possono capire sotto questa luce. Egli è ret-to e timorato di Dio e vive nella prosperitàma satana insinua il dubbio che quell’uomogli sia legato per interesse. E allora Dio per-mette che Giobbe sia sottoposto al dolore persaggiare la genuinità della sua fede. La pole-mica di Giobbe arriva a Dio finché egli fi-nalmente si manifesta e risponde a suo modosenza far riferimento alle denunce dell’uomo,ma mostrando la grandezza e la potenza del-la Creazione con la domanda: “Dov’eritu...?”. Un Dio dunque che si rivela nella suainfinita onnipotenza. Un Dio che l’uomo nonriesce a comprendere fino in fondo e che nel-la sua immensa bontà abbraccia anche il do-lore. Ma come ha ricordato il missionario lavera teodicea di Dio è quella di Cristo cheha accettato la sofferenza umana e ne ha fat-to ampia esperienza – tradimento, fatiche,incomprensioni, abbandono, flagellazione ecrocifissione –. E dopo che Dio ha incontrato il dolore sullacroce, la sofferenza non gli è più estranea ma fa parte di lui.Quindi tutti i pugni chiusi degli uomini che si scagliano controil cielo, puntano nella direzione sbagliata. Dio ha rovesciato ildolore in vita e amore”.

Monica Giampaoli

“Nei giorni 5, 6, 7 aprile ho potuto scoprire in Don Valenti-no Salvoldi, una figura carismatica, mi ha molto colpito la suaumanità e la sua chiarezza nell’esporre la sue esperienze. Ciòche mi è rimasto più impresso è il suo modo diretto e severodi comunicare il Vangelo, non si può scendere a compromessi,il Vangelo va preso così come è, non possiamo e non dobbia-mo fare un Vangelo a nostro piacere come ci fa comodo.

Don Valentino è andato a far visita anche alle scuole, mianipote che frequenta la I elementare è tornata a casa entusiastaed ha detto: ‘È stato bello sentire quel missionario sui proble-mi dell’Africa e del mondo’; ma la cosa che l’aveva impres-sionata di più è stata la storia di un bambino morto tra le brac-cia della mamma, e quanti bambini muoiono ogni giorno di fa-me: 40 ogni minuto, 57.000 al giorno”.

Zaira Schiaratura

“Ciò che mi colpito e mi fa pensare all’incontro con DonValentino Salvoldi, è quando ha parlato del suo essere missio- Continua a pag. 14

Page 14: Montefeltro 2013-04

14MONTEFELTRO DAL CMD

coglie l’occasione del giorno dell’Incarnazione per ricordarciche Cristo ha seminato se stesso in ognuno di noi. Solo com-prendendo che occorre fidarsi e seguire sostanzialmente l’in -segnamento di Cristo è possibile risalire la china del dolore esaper leggere nelle sue trame il momento in cui la voce di Diosi fa più forte e il suo messaggio a seguirlo, sempre più, sem-pre più chiaro. E lo sbocco finale è la gioia e la purificazione.Altrimenti il dolore è solo una sconfitta al nostro sentirci cen-trali e non mortali, e quindi un’offesa o qualcosa di semplice-mente incomprensibile. Ma questo è un onore che, Don Valen-tino ricorda, spetta sempre alla famiglia, all’educazione geni-toriale. L’amore per il dolore e per la sua essenzialità e nor-malità rispetto alla vita stessa può creare un domani una per-sona capace di Fede, capace di comprensione verso la finitez-za umana, perciò capace di avere la Chiesa come madre eCristo per padre. Di fondo vero pozzo dissetante, capace dideclinare un grido nel deserto in acqua salvifica”.

Giovanna Maria Crinelli Gimmelli

“L’incontro è stato ricco di sputi nuovi ed efficaci per vive-re la fede con coraggio e amore nella propria quotidianità. C’èuna necessità urgente di tornare in armonia con Dio attraversoil continuo dialogo con Lui, soprattutto noi giovani abbiamo ildesiderio ardente di incontrare Cristo nell’altro. Tornareall’essenziale ci avvicina a Dio e il dolore è la prova che Dio cidona per ‘testare’ la nostra fede… Don Valentino ci ha parlatodi un ‘bacio che brucia’, questo significa che non possiamo in-contrare Dio se non incontriamo la prova. Altro spunto fonda-mentale per noi giovani è la Decisione… non possiamo rima-nere indifferenti di fronte a Dio… ‘fossi caldo o freddo, … mase sei nel mezzo, io ti vomito’ (Apocalisse 3,15) Dio nella vitarichiama… non possiamo rimanere sordi a quella chiamata”.

Carla Cervellini (RSM)

“Siamo 4 amici, anzi Fratelli in Cristo, provenienti dallavalle del Montefeltro, che ogni primo sabato del mese, ci ri-troviamo da Don Rousbell per l’Adorazione al Santissimo nel-la chiesa di Piandimeleto.Ed è proprio in questa occasione che sabato 6 aprile, ab-

biamo conosciuto Don Valentino Salvoldi.Il primo impatto è stato forte, tanto da darci un’impressione

di una persona diretta, sicura di sé, di quelle che non hannomez ze misure, quasi da rimanere intimoriti.Durante la serata di Adorazione, Don Valentino, assieme al

fratello Don Rousbell, è intervenuto articolando i momentidella preghiera, intervenendo in maniera nuova, diversa edandoci un assaggio di quello che stava preparando per il lu-nedì.In questo modo abbiamo avuto il piacere nel sentire una te-

stimonianza viva, intensa.Una testimonianza che ha dato spunti di riflessione perso-

nale nel vivere quotidianamente il rapporto con Dio, un rap-porto di fiducia, di abbandono totale, senza compromessi.Facendo riferimento a quella parola che dice: ‘Se tu ti sfor -

zi a vivere la Fede, Gesù ti correrà incontro, come Maria daMaddalena’.Vari sono stati i racconti di testimonianza che Don Valenti-

no ci ha donato.Dal racconto di un fatto avvenuto in Africa, una donna che

nonostante la lontananza, faceva ore e ore di cammino pur di

umane all’alba della loro venuta al mondo. Sa bene che lapresenza del Signore si svela proprio lì, nelle pieghe del mi-stero della morte e della sofferenza. E sa bene quanto la co-modità del benessere possa essere uno specchio per allodoledi vera felicità: abbiate il coraggio di essere sicuri di difende-re il bene e la Verità; abbiate il coraggio di dire ai vostri ca-ri che la tavola imbandita domenicale è fatta per alleggerirel’anima e non per appesantirla perché non vi può essere veragioia se non nell’impegno della Fede e nella condivisione diquesta con i fratelli. Ringraziate il Signore delle sostanze a voipresenti e vivetele come un dono. Far sentire a tutti il bacio che brucia del Cristo di Dostoev-

skij non permette l’oblio in dimenticanza dell’incontro Gran-de, dell’incontro di svolta. Salvoldi ama i suoi fratelli perchéli riporta all’assunzione delle proprie responsabilità ricordan-do che a tutti prima o poi Dio si rivela nel corso della vita, dimodo che alcuno può giustificare la propria inottemperanzaall’insegnamento di salvezza con la misconoscenza del Miste-ro Divino. Un amore troppo grande per giustificare l’ingiu -stifi cabile. La centralità delle opere per il mantenimento di uncredo che solo con i fatti può essere degno di essere chiamatoFede. Vorremmo tutti conoscere la certezza del risultato delleazioni d’amore prima di compierle: vorremmo avere una cer-tezza certificabile, lineare, di cosa succederà a noi e agli altrie, soprattutto, la garanzia dell’optimum finale. Ma fortunata-mente, chiarisce Pascal, ‘le cose degli uomini prima si cono-scono e poi si amano; le cose di Dio prima si amano e poi siconoscono’. Ama e capirai, ancora una volta. Il percorso con-cettuale affrontato da Salvoldi penetra sostanzialmente le basidella desertificazione spirituale, con lucida emersione e felicerisalita. L’idolatria e la Fede come due estremi al centro deiquali sosta l’indifferenza verso la propria e altrui spinta all’A -more, dove sostano gli ‘onesti’ e il loro silenzio. L’idolatra èpieno di cose e non può fare posto a Dio; l’indifferente è ric-co di cose quanto l’idolatra perché solo preoccupato di viveree accumulare per sé, pieno di autoreferenzialità travestita dagiustezza e rettitudine, seppur non milionario. Il fedele sisvuota, diventa povero di spirito per accogliere la Parola. Sifida e basta. Paradossalmente potrebbe accadere anche a unmilionario, basta volerlo. Il ricco e il povero non solo come antitesi materiale ma co-

me antitesi spirituale. Occorre svuotarsi di sé per fare posto aDio e agli altri. La gioia di comprendere che nessuno di noi èprima della Parola di Cristo ma che ognuno di noi può vera-mente essere solo dopo la Parola di Cristo. L’assolutezza diCristo che rende assoluto anche l’uomo ma solo all’interno diSé e con Sé; fuori annaspa nel deserto. Ed è in questo desertoche Don Valentino si colloca per gridarci che finché stiamo lìnon potremo mai comprendere che le dimissioni di Papa Be-nedetto XVI hanno voluto testimoniare proprio questo: nullaconta all’infuori di Cristo, nemmeno il Papa ha senso se nonè dopo Cristo. Così come trasmise nel proprio messaggio Gio-vanni XXIII la sera dell’11 ottobre 1962 all’apertura del Con-cilio ecumenico. Nella desertificazione spirituale dei tempipresenti Benedetto XVI scorge la possibilità di un rinnova-mento ecclesiale lasciando spazio e vita a nuove partecipazio-ni, ad un nuovo protagonismo interno alla Chiesa e ad un pro-tagonismo prioritario di tutti i fedeli, di ogni persona, che de-ve essere profeta, sacerdote, re, missionario e Cristo. Salvoldi

Continua da pag. 13

Page 15: Montefeltro 2013-04

15MONTEFELTRO DAL CMD

Don Valentino una persona, un ministro di Dio che ti colpi-sce dentro e ti lascia un segno, non importa se bello o brutto,ma qualcosa di lui ti rimane... Per capire il messaggio cheDon Valentino vuole dare e donare, basta leggere quella cheio definirei una lettera alla propria coscienza.

Celebra te stessoUn Uomo che non può piacere a tutti.... (Anche Gesù non

piaceva a tutti).Ma conoscendolo più profondamente può indicarti il giusto

percorso da intraprendere per avere quella pace dentro... Lapace di Cristo.

Questo è quello che abbiamo percepito nel poco tempo cheè stato vicino a noi.

Insomma una personalità di rilievo che è testimonianza for-te ma allo stesso tempo, dolce, un medicante di Amore, inna-morato di Dio.

“Non dobbiamo accontentarci di essere cristiani, ma adambire ad assomigliare a Cristo”.

La delegazione Rns di Novafeltria

Sempre nella formazione permanente sta la cura della vitaspirituale, per questo motivo dall’8 al 14 luglio 2013 al con-vento di Pontecappuccini nel comune di Pietrarubbia (PU) cisaranno gli esercizi spirituali, guidati da Don VALENTINOSALVOLDI e Suor MARIA GLORIA RIVA.

Più avanti vi daremo informazioni più dettagliate.Don Rousbell Parrado

partecipare alla Santa Messa e ricevere Gesù. Oppure dellacoraggiosa confessione di una ragazza siciliana che si prosti-tuiva e del miracolo della sua conversione.Insomma molti spunti di dialogo e confronto, che hanno

permesso di mettere in discussione anche il nostro modo di vi-vere da cristiani.Dibattito e confronto che sono ripresi nella serata di lunedì

nella sala del Castello.Sala gremita di persone giovani e non, ma curiose di ascol-

tare le sue parole.Dove oltre i vari argomenti che ha affrontato, ha poi senti-

tamente reso partecipi tutti noi delle sue vicende più persona-li riguardanti la sua famiglia, e del toccante racconto dellaperdita della sorella e in seguito del nipote.Un racconto sofferto ma toccante, vivo, come il bacio del

dolore che brucia sulle labbra...Perdendo la fede, ma poi ritrovandola in quello che oggi lui

è DONO PER GLI ALTRI!!Dire cosa ha trasmesso Don Valentino in poche righe, è ve-

ramente difficile e del tutto personale.Qualcuno era solo curioso, alcuni erano intenti ad assorbire

come spugne le sue parole, chi era accanto a me si è commos-so per le parole di supplica al Signore, che ha sentito come sue.Insomma, il modo in cui si pone don Valentino è dato da

una personalità di spessore, non di un sacerdote comune, madi un Uomo, che vivendo nel percorso della sua vita esperien-ze forti, come le espulsioni dall’Africa o i pestaggi a sanguesubìti, non può accettare mezze misure o compromessi facili.Un uomo che dona se stesso, il suo operato per le persone

ai margini della società, per le popolazioni che hanno una di-gnità anche nella sofferenza.

UN SALUTO DA RIO!GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

Rio de Janeiro – 23-28 luglio

Oggi il mio pensiero vi giunge da quasi 10.000chilometri di distanza e con 5 ore di differenza nelfuso orario (quando da voi è mezzogiorno qui sono le7 del mattino). Sono a Rio de Janeiro, per un sopral-luogo in preparazione alla prossima Giornata Mon-diale della Gioventù, che avrà luogo dal 23 al 28luglio prossimi. L’aria che si respira da queste partiè intrisa di una attesa grandissima, specialmentequella di abbracciare Papa Francesco, il primo dellastoria della Chiesa venuto “dalla fine del mondo”.Sono certo che sarà una esperienza di Chiesa indi-menticabile, anche per tutti coloro che la vivrannodall’Italia, grazie alle risorse straordinarie che la tec-nologia oggi ci mette a disposizione. Nella gioia delRisorto, vi abbraccio tutti!

Don Domenico

Page 16: Montefeltro 2013-04

16MONTEFELTRO CULTURA

L’organizzazione del Seminario su L’economia della Cono-scenza dell’8 aprile da parte della Segreteria di Stato per

la P.I., Cultura ed Università ha segnato un utile inizio per unadiscussione sul rapporto fra economia e cultura nella Repubbli-ca di San Marino destinata a durare a lungo. Ciò che non è sta-to possibile dire nel corso di quel pomeriggio per un forte ri-tardo dei lavori causato sia da una relazione fuori programma equantomeno fuori tema, sia dalla pre-organizzazione del dibat-tito successivo, schiacciato dai tempi residui e da una lunga se-rie di curiose prenotazioni preventive, sarà certamente oggettodi discussione d’ora in avanti.Il tentativo del Segretario di Stato Giuseppe Morganti è enco-miabile, e non va lasciato cadere. E tuttavia, come ogni tentati-vo di “muovere le acque” a San Marino attraverso la buona pa-rola di uno o più esperti italiani che ovviamente partono daesperienze italiane, la sua strada è in salita. San Marino è ap-parentemente troppo simile all’Italia perché questo inganno nonsi riproponga tutte le volte, ma è singolare che siano proprio isammarinesi a non accorgersene. O a partire dal presuppostoche a San Marino, nell’Università, nella società civile, non visia nemmeno una persona in grado di relazionare sul tema conpari dignità rispetto ad ospiti di livello oltretutto quantomenodifforme. I patetici tentativi di importazione di guru italianidelle mostre o dell’economia dovrebbero oramai aver insegna-to qualcosa a tutti: o siamo in grado noi di promuovere la no-stra storia, identità, cultura e memoria, o nessuno lo farà al po-sto nostro, sia pure con le migliori intenzioni.Il cervello di un sammarinese funziona – come è noto – diver-samente da quello di un italiano.

Ma noi ci siamo e ci stiamo, perché non vogliamo credere chequesta operazione miri ad egemonizzare un tessuto generoso,ampio e plurale per fini di parte, che finirebbero per ucciderlo.E siccome il problema della sopravvivenza della Cultura (e nonbanalmente della sua industria) a San Marino è grave ed ur-gente, con pari urgenza e serietà esso va affrontato.Perché per San Marino la Cultura è in realtà tutto. Dimensioneorizzontale della tenuta della comunità e verticale della cono-scenza della storia e dell’esperienza del Sacro. Realtà buffe aipiù come la storicità di San Marino sono tutt’uno con la capa-cità dei nostri cittadini di difendere in prima persona, per seco-li, le proprie libertà concrete. Tout se tient.E la crisi della nostra comunità, che inizia non dopo, ma grazieal tremendo arricchimento degli anni ’70 ed ’80 ed al dilagaredi un individualismo rozzo e border line è stata prima di ognicosa una profonda crisi di trasmissione culturale e spirituale. E oggi ha ragione il prof. Sacco quando paventa il rischio di ri-durci ad una Disneyland per turisti, per giunta sempre più po-veri.La nostra Identità storica, istituzionale, religiosa è la nostraCultura. Un albero vivente, che cresce e muta nei secoli, ma

non cresce bene amputandone radici e ra-mi. C’è quindi da ricucire il rapportoprofondo fra la comunità, la sua storia e lesue radici, e il nostro futuro.

Qui sta il difficile. San Marino, come contrappeso alla degra-dazione individualistica, ha generato un associazionismo cultu-rale di ricchezza forse unica. Si occupa di ambiente e di anzia-ni, di Europa e delle gallerie del trenino, di prevenzione e dimusica. Id est Cultura. Un fiorire di cento fiori diversi, adatta-tisi a vivere in un terreno sempre più arido.La prima tentazione dell’oggi è di fare il deserto per aprire daqualche parte una serra in cui coltivare solo belle piante scelteda qualche Grande Esperto giunto chissà da dove. La secondaè deprezzare ciò che è nostro perché, si sa, le banalità del vici-no sono sempre più verdi e vale sempre la pena finanziare co-piosamente iniziative fuori territorio piuttosto che dare stabilitàpluriennale alle nostre Associazioni. La terza è la strumenta-lizzazione partitica, prezioso principio per il quale è meglio chenulla viva se IO (dominus di turno) non sono in grado di con-trollarlo. La quarta è la strumentalizzazione ideologica, comeil contrapporre “pubblico” a “privato”, usare una buona ideaper cercare di far fuori il nemico dell’altroieri, per inseguirerottami di sogni di rigenerazione della nostra millenaria realtàcomunitaria.

San Marino ha nello stesso tempo una grande e luminosa tradi-zione centralista, che oggi costituisce un limite – anch’esso cul-turale – immenso, micidiale. Non deriva dal colore del gover-no, ma dalla difficoltà di capire noi stessi e il mondo che cam-bia. Siamo poco capaci di guardarci storicamente, senza buttarvia la fetta della nostra storia che non ci piace; e quindi siamopoco capaci di comprendere gli altri e i loro bisogni (come ilmodello di turismo che continuiamo ad offrire dimostra). Nonvi è quindi nulla di male – anzi – nell’aumentare le occasioni di“fare impresa” in ambito culturale con utili facilitazioni, a con-dizione di non farne una leva di potere e se possibile senza ungiovanilismo retorico ed inutile, poiché la cultura è come la vi-ta, si trasmette nel tempo e tramite la conoscenza. Ma la sfidasta altrove. La stessa Europa Unita ci chiede chi siamo, ossiache cosa vogliamo da un miglior rapporto con essa. La prima,essenziale industria culturale della Repubblica è la Repubblicastessa. Senza di lei, i coriacei sforzi di tutti noi e di tutti i gior-ni sono condannati a cedere terreno piano piano, assieme allapovertà crescente della società, morale prima che materiale.Lasciate che Cento fiori fioriscano, e Cento scuole si confron-tino. Se non erro lo ha detto uno di sinistra.

Console Adolfo MorgantiPresidente della Fondazione Paneuropea Sammarinese

SSAANN MMAARRIINNOO EE LLAA CCUULLTTUURRAA,, oovvvveerroo ll’’aarrttee ddeell rriiccuucciirree

UUnnaa pprrooppoossttaa PPAANNEEUURROOPPEEAA

Page 17: Montefeltro 2013-04

17MONTEFELTRO DALLA FISC

La rete e la carta. Due modalità di comunicazione il cui rappor-to può apparire problematico e che in più di un caso vivono unconflitto. Ma nessuno può negare che il futuro della comunica-zione passa attraverso un rapporto sempre più virtuoso tra lastampa e Internet. A dirlo sono le 186 testate cattoliche aderentialla Fisc (Federazione italiana dei settimanali cattolici), riunite inconvegno a Chioggia da oggi a sabato sul tema “Informazione inrete: carta stampata e web”. Presenti in circa 170 diocesi, questetestate (1 agenzia, 6 on line, 1 quotidia-no, 2 bisettimanali, 128 settimanali, 18quindicinali e 25 mensili) raggiungonogran parte del territorio nazionale e puregli italiani all’estero, con 5 giornali lorodedicati. “Giornali di carta e Rete sonodestinati a viaggiare insieme, non percombattersi, ma per richiamarsi a vicen-da”, ha esordito il presidente nazionaledella Fisc e direttore del “Corriere Cese-nate”, Francesco Zanotti, aprendo i la-vori. Mentre monsignor Vincenzo Tosello, direttore di “NuovaScintilla” (Chioggia), ha ripercorso i cent’anni della testata, ilcui anniversario viene celebrato con questo appuntamento. Infat-ti, il logo prescelto unisce la prima testata (“La Scintilla”) a unaraffigurazione della versione attuale per tablet. Tra difficoltà e mutamenti. Certo, per la carta stampata nonmancano le difficoltà, specie in questo periodo, motivo per cuiserve “un’attenta analisi dei fenomeni in atto nel campo dellarete e della multimedialità e nel contempo una lungimirantelettura dei possibili sviluppi al fine di orientare le sceltenell’ambito della stampa diocesana”, ha richiamato nella pro-lusione monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiasticogenerale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e presiden-te della Commissione episcopale per la cultura e le comunica-zioni sociali. Il primo dei problemi è di natura economica: ca-la la pubblicità e “le vendite risentono della minore disponibi-lità di risorse economiche”. In secondo luogo, “la possibilitàper ognuno di accedere all’informazione in tempo reale e gra-tuita su web, tv e radio”. A tal riguardo, ha sottolineato, “ècambiato il nostro modo di ricercare e apprendere informazio-ni”, “siamo bombardati e ‘inseguiti’ da un enorme flusso, po-tremmo dire un ‘torrente impetuoso’ d’informazioni, sempre aportata di mano attraverso un unico strumento: lo smartphoneo il tablet”, mentre “la corsa all’acquisto tecnologico, sebbenerallentata, è l’unica ancora in continua crescita”.La “saggezza digitale”. Conseguenza del “torrente” informa-tivo del web è la mancanza di filtri e gerarchie tra le notizie.“Oggi domina il criterio della velocità”, ha osservato Giulio-dori, interrogandosi “se non si stia sacrificando la qualità co-

municativa, e quindi relazionale, sull’altare della quantità edell’efficienza”. In altri termini non basta usare il digitale, mabisogna conseguire una “saggezza digitale” – ovvero la “capa-cità di prendere decisioni più sagge in quanto potenziate dallatecnologia”, secondo la definizione di Marc Prensky – ed èquesto il “nuovo passo evolutivo del genere umano”, senza ilquale “la società moderna corre il rischio di un’involuzione”.Un passo al quale i cattolici sono chiamati elaborando “strate-

gie di marketing non soltanto commer-ciale, ma che potremmo definire premi-nentemente ad alto impatto antropolo-gico, finalizzato a rilanciare con forzaquesto prezioso servizio la cui peculia-rità è rappresentata dalla capacità di co-gliere e comunicare i valori fondamen-tali”. “Chi, se non la stampa cattolica,potrà avere il compito difficile, ma as-sai urgente, di far comprenderel’importanza di un’etica della comuni-

cazione?”. Questa la domanda posta dal presule ai rappresen-tanti delle testate cattoliche, invitandoli “a non perdere, cam-min facendo, l’essenziale della nostra vocazione e missione”.Sfida educativa. In gioco c’è “una sfida che è innanzitutto edu-cativa”, come ricordano gli Orientamenti pastorali dei vescoviitaliani per il decennio. Di fronte a uno “sviluppo esponenzialedei mezzi di comunicazione”, “dev’essere potenziato – ha sotto-lineato il vescovo – l’impegno a svolgere un ruolo incisivo a li-vello culturale e sociale”. “Così – ha aggiunto – le nostre testa-te vivranno e si rafforzeranno se riusciranno a promuovere e astimolare il dialogo nelle realtà locali, poiché la loro missione èsoprattutto formativa e a servizio della comunità”. “La stampacattolica – secondo Giuliodori – deve mantenere e potenziare lacapacità di essere una bussola nel mondo dell’informazione”,“avere la forza e l’audacia di rivolgersi agli utenti dei nuovi me-dia”, offrendo “un’informazione in grado di accompagnare illettore attraverso gli spazi di riflessione, di confronto e ap-profondimento”, “generando una comunicazione efficace, capa-ce anche di sedurre, ma soltanto per accompagnare lo sguardo,l’attenzione del lettore e il suo cuore verso un oltre’”. Il presi-dente della Commissione Cei ha infine ricordato “l’eccellenteesempio del quotidiano ‘Avvenire’ e di non pochi settimanalidiocesani”, evidenziando che, “di fronte al bombardamentod’informazioni e d’immagini, la nostra stampa può rappresenta-re il mediatore capace di valorizzare, raccogliere e, se necessa-rio, filtrare le notizie smascherando quelle false e accompa-gnando nella lettura critica dei nuovi ambienti digitali, dalle po-tenzialità straordinarie, ma anche pieni d’insidie”.

A cura di Francesco Rossi, inviato Sir a Chioggia

A CHIOGGIA IL CONVEGNO DELLA FISC

NELLA RETE. NELLA RETE. Con la saggezza dei cattoliciCon la saggezza dei cattoliciIN ALTRI TERMINI NON BASTA USARE IL DIGITALE, MA BISOGNA CONSEGUIRE UNA “SAGGEZZA DIGITALE”.E ANCORA: “CHI, SE NON LA STAMPA CATTOLICA, POTRÀ AVERE IL COMPITO DIFFICILE, MA ASSAI URGENTE, DI FAR COMPRENDERE L’IMPORTANZA DI UN’ETICA DELLA COMUNICAZIONE?”. IL SALUTO DEL PRESIDENTE FRANCESCO ZANOTTI E DEL DIRETTORE DI “NUOVA SCINTILLA”, MONSIGNOR VINCENZO TOSELLO

Page 18: Montefeltro 2013-04

18MONTEFELTRO DALLA CARITAS DI PIANDIMELETO

È già passato più di un anno da quel 28 gennaio 2012, quando – alla presenzadel nostro Vescovo S.E. Mons. Luigi Ne-gri e del Direttore della Caritas Diocesa-na, Giovanni Coccoli – è stato inauguratoa Piandimeleto, l’ultimo Centro CaritasInterparrocchiale, che comprende, appun-to, le parrocchie di Belforte all’Isauro,Frontino, Lunano e Piandimeleto.

È stato un anno molto impegnativo pernoi volontari, in primo luogo, a causa del-la nostra inesperienza, per la quale, a for-za di errori, siamo stati costretti più volte(e lo siamo tuttora) ad aggiustamenti di“tiro” nel nostro operare, per cercare difare le cose più corrette possibili per tuttigli assistiti, per rispettare e far rispettarele indicazioni e regole proprie della Cari-tas Italiana e della Caritas Diocesana, perfare in modo di non realizzare “assisten-zialismo” e “mantenimento” delle perso-ne che si rivolgono a noi, ma aiuto, pre-senza, condivisione di vita e problemi(per quanto possibile!).

Ovviamente, non siamo riusciti in tuttii buoni propositi che ci eravamo prefissa-ti all’inizio della nostra “avventura” inCaritas, ma il nostro gruppo di 20 volon-tari, compatto a distanza di 15 mesi, ce lasta mettendo tutta perché, mai come inquesto momento storico di grave crisieconomica (che si traduce anche in una

BILANCIO DEL PRIMO ANNO DI ATTIVITÀ DEL CENTRO CARITAS INTERPARROCCHIALEBILANCIO DEL PRIMO ANNO DI ATTIVITÀ DEL CENTRO CARITAS INTERPARROCCHIALEDI PIANDIMELETODI PIANDIMELETO

PARLI... ITALIANO?PARLI... ITALIANO?

crisi di valori), la Caritas Interparrocchia-le sia un punto di riferimento contro soli-tudini e disperazioni.

La mancanza sempre più accentuata dirisorse economiche, anche per organismipastorali quali la Caritas, e le sempremaggiori richieste di aiuto da parte dellefamiglie tarpano un po’ le ali alle varieiniziative che potrebbero essere intrapre-se, ma alcune di quelle che avevamo inmente siamo comunque riusciti a realiz-zarle.

Ci siamo accorti che, purtroppo, a cau-sa della perdita di lavoro – dovuta allachiusura di una importante industria dellazona, e della cassa integrazione che nonsta risparmiando quasi nessuna delle fab-briche esistenti sul nostro territorio – gliassistiti Caritas avevano tanto tempo libe-ro che non sapevano come impiegare.

“Cosa possiamo fare?”, ci siamo chie-sti.

Abbiamo pensato di impegnare alcuneore della loro giornata offrendo delle op-portunità di “qualificazione personale”.

Abbiamo, così, realizzato che far loroapprendere meglio la lingua italiana, ofarla imparare ex novo, fosse già un pri-mo piccolo passo verso una maggiore in-tegrazione con la nostra cultura, nellaquale gli assistiti Caritas, ma non solo, sitrovano a vivere, e verso una maggiore

“autonomia pratica”, cioè migliore capa-cità di affrontare le necessità della vita diogni giorno.

Così, grazie alle nostre tre “facilitatriciinterculturali” (cioè donne straniere chehanno studiato per ottenere un appositodiploma che consente loro di fare da tra-mite tra le persone dei rispettivi Paesi diorigine e le istituzioni sociali, sanitarie,ecc., italiane) Ly Fatimata e Dia Maty,senegalese, e Olarewaju Helen, nigeriana,siamo venuti in contatto con i responsabi-li della Croce Rossa Italiana e del -l’Istituto d’Arte-Scuola del Libro di Urbi-no, con la collaborazione dei quali sonostati attivati, dopo un test scritto per valu-tare la conoscenza della lingua, due corsidi italiano.

Il primo, di livello base – rivolto a chiancora non parla bene italiano o lo cono-sce appena – prevede 60 ore di formazio-ne, suddivise in due giorni la settimana,per tre ore ogni giorno.

A questo corso sono iscritte quarantapersone.

Il secondo corso, invece, di livello piùavanzato, è suddiviso, anch’esso, in duelezioni settimanali di due ore ciascuna.

Ad esso sono iscritte 25 persone lequali, a fine corso, dovranno sostenere unesame di lingua italiana che consentirà lo-ro di conseguire il diploma, richiesto ob-bligatoriamente dalla Questura, per il rila-scio/rinnovo del permesso di soggiorno odella carta di soggiorno.

È bellissimo, per me, vedere con quan-to entusiasmo e partecipazione i ragazzidi tutte le nazionalità presenti nel nostroterritorio, rispondono alle domande e sol-lecitazioni delle insegnanti!!!

E che brave sono le professoresse, Si-monetta (1° corso) e Lucia (2° corso), nelrendere leggere e piacevoli le lezioni perqueste persone per le quali apprenderel’italiano significa superare un vero e pro-prio “scoglio”!

A volte si demoralizzano, specie quan-do è il momento di imparare i verbi!!!

Ma una risata sdrammatizza tutto e su-bito ritorna la voglia di imparare!!!

Sonia Rosaspina

Page 19: Montefeltro 2013-04

19MONTEFELTRO UNO DI NOI

Sostieni anche tu come cittadino europeoil diritto alla vita fin dal suo inizio.Firma sul modulo cartaceo oppure aderiscion line sul sito: www.firmaunodinoi.it.

Iniziativa dei cittadini europei

Comitato Italiano UNO DI NOI - Lungotevere dei Vallati, 10 - 00186 Roma - Tel: 06.6830.8573 - 06.6880.8002

Chiediamo all’Europa di fermare gli esperimentiche eliminano gli embrioni umani.

Perché l'embrione umano è già uno di noi.

12 maggio 2013

AVVISO

 SAC

ROBlue-cc

Anch’io sono statoun embrione.

Puoi metterci la firma.

Page 20: Montefeltro 2013-04

20MONTEFELTRO NOTIZIARIO

Il prossimo mese di settembre il Card. Angelo Amato, Prefetto della congregazione dei santiaprirà ufficialmente l’anno celebrativo del 350° della morte di san Giuseppe da Copertino. Perprepararci a questo evento, come comunità religiosa, e come Provincia delle Marche dei FratiMinori Conventuali, assieme ai fedeli che con noi camminano nella fede e, con le Chiese localidove vivono e operano le nostre fraternità, abbiamo organizzato una peregrinatio del corpo delnostro santo per essere aiutati dalla sua testimonianza e dalla sua intercessione a vivere la graziadell’anno della fede, indetto da Papa Benedetto XVI.I giorni della sosta a San Marino, nella chiesa di San Francesco sono stati il 15-16-17 aprile.Martedì 16, alle ore 18.00, è stata celebrata una S. Messa, presieduta da Mons. Elio Ciccioni, Amministratore diocesano; mercoledì 17, alle ore 11, per la chiusura della peregrinatio è stata celebrata una S. Messa dal Padre Provinciale Giancarlo Corsini.Durante la permanenza del Santo a San Marino, la chiesa è rimasta aperta per accogliere coloro chehanno voluto sostare in preghiera.

I RESTI DEL CORPO DEL SANTO ESPOSTI NELLA CHIESA DI SAN FRANCESCO

Visita di san Giuseppe da Copertino a San Marino15-17 APRILE 2013

ACQUISTO SPAZI PUBBLICITARI SUL MONTEFELTRO (uscita mensile)Prezzo di listino a colori:pagina intera (21x29,7): E 1.250 mezza pagina (21x15): E 140piedone (21x9): E 22.80Tiratura reale (da fattura tipografia): 2.600Per richiesta inserzioni e informazioni: ppaarr tt iissaanniimmoonntteeffeell tt rroo@@lliibbeerroo..ii ttppaarr tt iissaanniimmoonntteeffeell tt rroo@@ll iibbeerroo..ii tt

lloorr iissttoonniinn ii@@yyaahhoooo..ii ttlloorr iiss ttoonniinn ii@@yyaahhoooo..ii tt

Le inserzioni pubblicitarie saranno accettate ad insindacabile giudizio della Direzione del Giornale