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Scuola di Architettura e società Dipartimento di Architettura e studi urbani Via Bonardi, 3 20133 Milano Corso di perfezionamento in Sistemi informativi e governo integrato del territorio VIII ciclo 2013/2014 Direzione ( prof. Pier Luigi Paolillo, [email protected] ) Segreteria didattica ( dott.ssa Costanza Mangione, [email protected] ) Monografia di perfezionamento Specializzando: Giacomo Losio, matr. 821485 Relatore: prof. Massimo Rossati Misurare i livelli di walkability di zona 1 a Milano: dalla metodologia best all’applicazione su di un contesto specifico

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Scuola di Architettura e società

Dipartimento di Architettura e studi urbani Via Bonardi, 3 20133 Milano

Corso di perfezionamento in Sistemi informativi e governo integrato del territorio

VIII ciclo 2013/2014 Direzione (prof. Pier Luigi Paolillo, [email protected])

Segreteria didattica (dott.ssa Costanza Mangione, [email protected])

Monografia di perfezionamento Specializzando: Giacomo Losio, matr. 821485

Relatore: prof. Massimo Rossati

Misurare i livelli di walkability di zona 1 a Milano: dalla metodologia best all’applicazione su di un contesto specifico

Indice

Parte I Il quadro normativo

1. La crescente attenzione al tema della mobilità pedonale attraverso la normativa pag. 1 2. La Commissione Europea: la promozione di una nuova cultura della mobilità urbana effi-

ciente e sostenibile attraverso la redazione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile pag. 1

3. Normativa nazionale: la progettazione della mobilità dal nuovo codice della strada alle di-rettive ministeriali

pag. 3

4. Il caso lombardo: la legge regionale 4 del 6 aprile 2012, ‘disciplina del settore dei trasporti pag. 4 5. La mobilità pedonale nel comune di Milano: PUMS e PGTU pag. 5 6. Sintesi degli obiettivi della pubblica amministrazione: la mobilità pedonale per la riqualifi-

cazione ambientale del centro storico di Milano pag. 7

Parte II

Misurare i livelli di “walkability” 1. Cosa s’intende con il termine “walkability” pag. 8 2. Perché e come misurare la walkability pag. 8 3. Misurare i livelli di walkability: l’oggetto d’indagine e le elaborazioni cartografiche pag. 12 3.1. Definizione del sistema territoriale di riferimento pag. 13 3.2. Infrastrutture e attrezzature pedonali pag. 13 3.3. Possibilità di circolazione pedonale e attraversamento stradale pag. 14 3.4. Limitazione del traffico pag. 14 3.5. Prossimità ed accessibilità del trasporto pubblico locale pag. 14 3.6. Traffico e sicurezza stradale pag. 15 3.7. Regolazione della sosta pag. 15

Parte III Le banche dati

1. Banca dati disponibile pag. 16 2. Banca dati da aggiornare e il trattamento dei dati pag. 19

Parte IV Applicazione della metodologia di valutazione

1. Il sistema territoriale di riferimento: l’isola ambientale di zona 1 pag. 21 2. La selezione dell’oggetto d’analisi: lo spazio del pedone pag. 23 2.1. La quantificazione delle infrastrutture pedonali pag. 23 2.2. La quantificazione delle attrezzature pedonali pag. 24 3. La possibilità di circolazione pedonale e di attraversamento stradale pag. 29 4. La prossimità ed accessibilità del trasporto pubblico locale pag. 33 4.1. Kernel density pag. 33 4.2. Service Area pag. 37

Riferimenti bibliografici

1

Parte I Il quadro normativo

1. La crescente attenzione al tema della mobilità pedonale attraverso la normativa Il tema della mobilità pedonale è oggi al centro di un dibattito che ha visto e vede l’evoluzione di tutta una se-rie di documenti, linee guida e azioni che prendono avvio con l’emanazione di differenti direttive europee, il cui scopo è accompagnare i governi locali nel predisporre le basi per incrementare stili di spostamento soste-nibili tra la popolazione. La normativa che struttura e regola la mobilità pedonale attraverso piani e progetti si è susseguita nel tempo, facendo riferimento agli indirizzi suggeriti dall’Unione Europea per determinare, a livello nazionale, regionale e comunale, scelte importanti circa la sostenibilità delle forme di mobilità tout court. La prima parte di questa ricerca ripercorre l’evoluzione normativa che vede protagonista la mobilità pedonale, dal livello comunitario sino a quello comunale, nel caso di Milano. È importante sottolineare come la normativa costituisca un primo input per legittimare l’approfondimento di una tematica quale la mobilità pedonale, cercando di capire il contributo che la analisi scientifiche possono conferire alla pianificazione territoriale ed urbanistica. 2. La Commissione Europea: la promozione di una nuova cultura della mobilità urbana, efficiente e so-stenibile attraverso la redazione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile Gli anni novanta Negli ultimi due decenni, a partire dagli anni novanta, l’Unione Europea s’è espressa a favore della mobilità pedonale attraverso la redazione di indicazioni e linee guida per la promozione della stessa negli ambienti ur-bani. La questione è stata affrontata prendendo in considerazione in primis il settore dei trasporti e l’inquinamento atmosferico, in seguito allargando l’attenzione anche alla qualità e la vivibilità degli spazi pubblici, estendendo la complessità di una pratica non semplice da gestire. La proliferazione di documenti europei ha permesso agli Stati Membri di dare avvio alla definizione di politi-che e costruzione di strumenti per la gestione e valorizzazione della mobilità sostenibile urbana tout court, di cui un’importate fetta è costituita dalla mobilità pedonale, quale modalità alternativa per gli spostamenti quoti-diani nei contesti urbani. L’ambito d’intervento è sempre lo stesso: quello dei contesti urbani, che, secondo la UE, devono diffondere forme di mobilità urbana alternative al mezzo privato su gomma1. A direttive per la riqualificazione ambienta-le se ne accompagnato altre, per la gestione dei trasporti pubblici2. È del 1990, il Libro Verde che per primo evidenzia l’interesse alla pratica del camminare. Al fine di combatte-re il degrado che affligge alcuni ambienti urbani, vengono individuate possibili linee d’azione, tra cui la mag-gior attenzione ai pedoni. Spesso afflitta da inquinamento e mancanza di comfort causata dal traffico veicolare, la pratica del camminare viene posta al centro della pianificazione, da sempre concentrata sull’efficienza della circolazione dei vicoli piuttosto che sulla mobilità pedonale. Il libro promuove pertanto l’integrazione tra le di-verse modalità di trasporto e introduce nei confronti dei veicoli più inquinanti la possibilità di una tassa dell’uso degli spazi pubblici. Cinque anni dopo, nel 1995, il secondo Libro Verde “Citizen’s Network” ed il successivo “Developing the Citizen’s Network” del 1998, pongono, per la prima volta il pedone all’interno delle alternative di mobilità ur-bana, a fianco di automobili e motociclette, trasporto pubblico e velocipedi. Se infatti l’utilizzo del mezzo pri-vato raggiunge il 75% degli spostamenti giornalieri in città, i brevi tragitti a piedi raggiungono solo il 3%. La pratica del camminare, quando inferiore ai tre km, costituisce una valida modalità di spostamento urbano, in-

1 European Commission, “Towards an urban agenda in the European Union, Communication from the commission”, 1997 p.11 2 Libro verde sull’ambiente urbano, 1990 European Commission, “quadro d’azione per uno sviluppo urbano sostenibile nell’Unione Europea”, ottobre 1998 p. 37

tegrabile con tutte le altre modalità di trasporto pubblico3. La pianificazione, in questo senso, deve colmare questo vuoto rendendo l’ambiente pedonale sicuro e confortevole. L’Unione Europea sottolinea come anche la salute sia strettamente connessa all’attività pedestre, che può esse-re praticata come attività fisica anche nelle città: concetto questo che viene lanciato nel 1998, quando la sezio-ne europea del World Health Organization pubblica “Health 21, Health for all in the 21th century”. Così si rafforza l’idea che il camminare coincida con uno stile di vita maggiormente salutare, poiché in grado di ridurre malattie cardiovascolari ed relativi costi pubblici che queste comportano; e contribuisce a ridurre l’inquinamento atmosferico e ad aumentare l’integrazione sociale. Nel 1999 i ministri europei dell’ambiente, dei trasporti e della sanità pubblicano il regolamento “Charter on transport, environment and health”, un documento che fornisce un quadro generale a compendio delle tema-tiche centrali su cui concentrarsi al fine di risolvere i problemi di congestione ed inquinamento che caratteriz-zano i contesti urbani: ambiente, trasporto e salute. Si riscontra quindi la necessità di integrare le politiche di gestione del trasporto, di riqualificazione ambientale e di miglioramento delle condizioni di salute delle popo-lazioni urbane, che fino a quel momento erano state affrontate in modo settoriale dai governi locali. Viene ri-conosciuta la necessità di un maggior approfondimento di queste tematiche, facilitando lo sviluppo di pro grammi di ricerca con un focus particolare per quanto riguarda gli effetti negativi sulla salute del trasporto mo-torizzato e sui benefici dati da modalità di spostamento fisicamente attive, soprattutto in relazione al cammina-re. Gli anni duemila Nel 2001 l’Unione Europea adotta il Libro Bianco sulla politica dei trasporti, fornendo linee guida per facilita-re la promozione di una nuova cultura urbana sostenibile, in grado di abbattere i costi ambientali e l’impatto negativo sulla salute causati dal traffico veicolare. È importante sottolineare come emerga l’attenzione alla si-curezza stradale visto l’alto numero di vittime su strada, soprattutto nei confronti degli utenti deboli: l’obiettivo è dimezzare incidenti su pedoni e ciclisti entro il 2010. Il 2004 costituisce un anno di svolta: il documento “Sustainable Urban Transport Plan” introduce l’obbligo per le aree urbane con più di 100.000 abitanti di redigere i piani di trasporto urbano sostenibile (PUMS). Successivamente, nel 2007, il Libro Verde “Verso una nuova cultura della mobilità urbana” e il “Piano di a-zione sulla mobilità urbana” del 2009, si configurano come supporto operativo alla definizione delle strategie di intervento per la redazione del PUMS. Ne emerge come, assieme ad altre modalità di trasporto, anche la mobilità pedonale è cruciale per ridurre la congestione urbana. Così anche per abbattere l’inquinamento ambientale e relativi costi, attraverso la diffusio-ne di nuovi stili di vita dei cittadini. Nel 2006 viene elaborato il programma “Piano di azione sulla mobilità urbana”, che prevede una serie di a-zioni da attuare nel breve e medio termine. La necessità è l’identificazione di obiettivi concreti e realistici, ca-paci di adattarsi, per quanto riguarda lo sviluppo di politiche di mobilità urbana, alle esigenze delle famiglie e delle altre tipologie di utenti maggiormente dipendenti dal trasporto privato. La mobilità pedonale deve essere promossa concentrandosi sui cittadini, attraverso il sostegno di campagne volte a cambiare le abitudini quoti-diane riguardo alle modalità di spostamento, incentivando il camminare. Proprio secondo quest’ottica, nel 2008, il Patto dei Sindaci, sottolinea l’importanza della mobilità sostenibile, conferendo una specifica dimensione relativa alla mobilità sostenibile. Sempre in questi anni l’Unione Europea produce documenti e direttive in cui la pratica del camminare assume uno spazio centrale all’interno delle politiche di mobilità sostenibile conquistando una propria identità, neces-sità e requisiti specifici. Inoltre vengono diffusi azioni e buone pratiche positive che le varie città sperimenta-no, al fine di condividere il know-how per replicare i risultati positivi. Nel 2006 ad opera del WHO viene redatta la guida “Physical activity and health in Europe, evidence for action”, in cui viene indagato il rapporto tra attività fisica e salute della popolazione urbana al fine di indirizza-

3 Attraverso la comunicazione del 1997 “Towards an urban agenda in the EU” in cui viene sottolineata l’esigenza di raf-forzare le politiche legate al trasporto pubblico per promuovere anche usi alternativi quali il camminare; e la “Sustainable urban development, framework for action” del 1998, in cui tra le azioni vi è la promozione del trasporto urbano attraverso un approccio integrato e grazie all’uso dei fondi strutturali europei

re gli Stati Membri nella costruzione di politiche e progetti per integrare l’incentivazione di spostamenti a piedi con le altre modalità di trasporto pubblico. Inoltre, il documento “Promoting physical activity and active living in urban environments: the role of local governments” sempre ad opera del WHO nel 2006, definisce il ruolo dei soggetti locali nell’incrementare il li-vello di mobilità pedonale, ponendo maggior attenzione sulla localizzazione dei servizi, delle residenze, delle sedi di lavoro e delle aree per il tempo libero in rapporto alle distanze percorribili a piedi. Nel 2011 il “Libro Bianco dei trasporti” rafforza la strategia 202020 dell’Unione Europea - ridurre le emis-sioni dei gas serra del 20%, ricavando da fonti rinnovabili il 20% del fabbisogno energetico, aumentando così l’efficienza energetica del 20% - promuovendo la diffusione delle linee guida per la redazione dei piani di mo-bilità sostenibile, che deve divenire vero e proprio strumento di pianificazione per combattere il traffico attra-verso valide alternative sostenibili. Se l’obiettivo è eliminare la presenza di veicoli a carburate entro il 2050, il camminare diviene pratica di assoluta importanza per la pianificazione nella gestione della domanda e offerta di trasporto. Infine, anche se tutte queste linee guida europee non sono state formalmente approvate a livello nazionale, rappresentano un valido riferimento per la predisposizione dei Piani Urbani della Mobilità delle città con più di 100.00 abitanti, tra cui Milano. 3. Normativa nazionale: dal nuovo codice della strada alle direttive ministeriali In Italia il tema della mobilità sostenibile è stato affrontato solo nell’ultimo ventennio sotto la spinta delle diret-tive europee. I primi provvedimenti normativi italiani in materia infatti sono relativi alla pianificazione dei tra-sporti e risalgono alla fine degli anni ottanta. In particolare essi riguardano l’introduzione: i) di strumenti urba-nistici ad hoc per regolare e gestire la mobilità generale e settoriale; ii) l’introduzione di nuove forme di tra-sporto condiviso e di gestione degli spostamenti quotidiani, nonché la promozione di eventi per la sensibiliz-zazione della popolazione sulla tematica; iii) inedite forme di finanziamento e recupero fondi. Nel corso degli anni novanta inoltre, alla luce delle problematiche ambientali emergenti e di nuove conoscenze scientifiche, la normativa sull’inquinamento atmosferico si evolve considerevolmente, mostrando una cre-scente attenzione per le aree urbane. Infatti, attraverso una serie di decreti ministeriali e di leggi vengono ema-nate norme per la prevenzione dell’inquinamento atmosferico e per la relativa raccolta di dati, il per monito-raggio e la condivisione/diffusione degli stessi, soprattutto sulla qualità dell’aria. Il Decreto Legislativo n. 285/92, Nuovo codice della strada, all’articolo 26, si rivolge ai comuni italiani con popolazione superiore ai 30.000 abitanti, per i quali prevede l’obbligo di realizzazione ed adozione del Piano Urbano del Traffico (PUT). Gli obiettivi, che riguardano il miglioramento delle condizioni della circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione dell’inquinamento acustico ed atmosferico, nonché il risparmio energe-tico, sono da perseguire attraverso la realizzazione di ulteriori piani, gerarchicamente ordinati su tre livelli: i) un livello generale, costituito dal Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU); ii) un livello particolareggia-to, costituito dai Piani Particolareggiati del Traffico Urbano (PPTU), cioè progetti di massima per l’attuazione del Piano Generale dei Trasporti Urbani, relativi ad ambiti territoriali più ristretti rispetto a quello dell’intero centro abitato; iii) un livello esecutivo, costituito dai cosiddetti Piani Esecutivi del Traffico Urbano (PETU), intesi quali progetti esecutivi del PPTU. Tra le altre novità introdotte dal Nuovo Codice della strada, vi è quella dell’Isola Ambientale. Infatti, per la redazione, adozione ed attuazione dei Piani Generali del traffico, il decreto introduce l’obbligo di classificare la rete principale urbana attraverso una lettura gerarchica degli assi stradali in relazione ai flussi di attraversa-mento veicolare. E in questo senso, l’isola ambientale va costituita quale zona urbana racchiusa da una viabili-tà principale e composta al suo interno da un insieme di strade locali. Dove la presenza dell’automobile rende poco vivibile e sicuro lo spazio pubblico, soprattutto all’interno della maglia stradale di quelle parti della città che non sono adiacenti agli assi di scorrimento principali, saranno proprio le isole ambientali a determinare una strategia volta all’armonizzazione degli interventi di gestione del traffico attraverso un procedimento coordinato; in questo senso di può affermare che esse costituiscono il si-stema territoriale di riferimento all’interno del quale ordinare gli interventi della pianificazione, al fine di quali-ficare tutta la rete viaria della città in relazione alle utenze deboli (ciclisti e pedoni).

Il Nuovo Codice della strada prevede che il territorio comunale venga suddiviso in isole ambientali, all’interno delle quali verranno adottate strategie che coinvolgono interventi di natura plurima, relativi: i) alla riorganizza-zione della gerarchia stradale; ii) alla regolamentazione della sosta; iii) all’aumento della sicurezza; iv) alla pro-tezione e al potenziamento del trasporto pubblico. Pertanto queste zone vengono denominate isole in quanto interne alla maglia delle viabilità principale; ambientali in quanto finalizzate al recupero della vivibilità degli spazi urbani di cui fanno parte. Esse pertanto non coincidono con la superficie dei singoli quartieri, ma è la ge-rarchia stradale ha definire il perimetro delle stesse. L’attuazione dell’isola ambientale si traduce da una parte nell’eliminazione degli itinerari di attraversamento veicolare da una parte all’altra dell’isola; e quindi nella successiva nella predisposizione di itinerari di ingresso e di uscita. Scopo è quello di canalizzare il traffico di scorrimento lungo percorsi definiti, al fine di evitare con-gestioni nella maglia stradale riservata alla viabilità locale. Inoltre l’isola prevede la possibilità di introdurre meccanismi di mitigazione del traffico, quali le zone 30, i rallentatori di velocità o di realizzare interventi di sulla conformazione fisica della sede stradale, atti a ridurre la velocità veicolare. Per quanto riguarda la sosta, i problemi vengono affrontati secondo una duplice prospettiva: da un lato va bilanciato il rapporto tra domanda e offerta di parcheggi per i mezzi su gomma; dall’altro la regolazione della sosta deve essere utilizzato come elemento volto a ridurre la velocità delle auto. Successivamente, risalgono al 24 giugno 1995 le “Direttive Ministeriali per la redazione, adozione ed attua-zione dei piani urbani del traffico”, ad opera del Ministero dei Lavori Pubblici, allo scopo di indicare le mo-dalità di sviluppo del Piano Urbano del Traffico Urbano (PUT), secondo le quali il piano è finalizzato: i) al miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale; ii) alla riduzione dell’inquinamento atmosferico ed acustico; iii) al contenimento del consumo energetico; iv) al rispetto dei valori ambientali. Viene inoltre sottolineato come il Piano Urbano del Traffico Urbano (PUT) rappresenti lo strumento di breve periodo (due anni) per la pianificazione e la gestione della mobilità urbana, ma senza competenze in materia di sviluppo infrastrutturale. Tali direttive sono e rimangono l’unico e più valido strumento tecnico e procedurale per un corretto approccio alla progettazione integrale della mobilità. Se il loro “difetto” è l’elevata sproporzione tra l’investimento nell’analisi rispetto allo spazio e ai tempi del Piano e degli interventi (piano urbano con durata biennale degli interventi e solo con minimo investimento economico), sono comunque l’unico strumento metodologico uni-tario ed omogeneo per impostare la pianificazione e progettazione del sistema della mobilità. Va citata un’altra novità, introdotta nel 1998 dal D. M. 27/03/1998, che prevedeva risorse economiche da de-stinare agli enti locali per la predisposizione di incentivi volti a ridurre l’utilizzo dei mezzi di trasporto privato attraverso l’istituzione di servizi d’uso collettivo delle autovetture. Sempre con la volontà di ridurre l’uso dell’auto privata, nel 1998 il Ministero dell’Ambiente individua il “Programma Nazionale di Car Sharing” come prioritario. Inoltre, nello stesso anno, viene redatta la prima legge in materia di mobilità ciclistica, la n. 366 del 1998, che sta ad indicare la sempre maggior attenzione rivolta alla mobilità dolce in ambito urbano e da parte delle Istituzioni. L’articolo 22 della legge nazionale n. 340/00 si rivolge ai comuni e alle aggregazioni di comuni con più di 100.000 abitanti, introducendo la possibilità di redigere un nuovo strumento (non obbligatorio) per la pianifi-cazione della mobilità urbana di scala vasta e di ottenere finanziamenti statali: il Piano Urbano della Mobilità (PUM). Esso si costituisce come piano strutturale, di validità decennale, uno strumento di programmazione a medio - lungo termine per l’attuazione delle politiche di sviluppo sostenibile alla scala urbana, al fine di gestire in modo organico e integrato gli interventi sull’offerta di infrastrutture e servizi, nonché il governo della domanda di mobilità. Definito come “progetto del sistema della mobilità”, si compone di diverse strategie e obiettivi il cui scopo è rendere sempre più sostenibile il sistema della mobilità urbana. Se il Piano Urbano dei trasporti è il solo ad essere stato effettivamente sperimentato in forma diffusa, data la sua obbligatorietà, vi sono poche esperienze recenti di redazione del PUM in chiave sostenibile. 4. Il caso lombardo: la legge regionale 4 del 6 aprile 2012, ‘disciplina del settore dei trasporti’ In Lombardia è la legge 4 del 6 aprile 2012 a disciplinare il settore dei trasporti. In particolare rivestono impor-tanza due articoli: i) l’art. 1 del TITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI, che definisce come obiettivo quello

di sviluppare un sistema di trasporto integrato, rispondente alle esigenze di mobilità delle persone e a quelle di sostenibilità ambientale, in particolare al comma 2 recita: “… la disciplina del trasporto pubblico intende mi-gliorare la vivibilità in ambito urbano e le condizioni ambientali del territorio, incentivare la mobilità sosteni-bile, anche attraverso lo sviluppo di nuove forme di mobilità, l’utilizzo di tecnologie innovative e il rinnovo del parco circolante e la promozione del mobility manager aziendale e d’area”; ii) l’art. 6 che sottolinea il ruolo dei comuni nell’esercitare singolarmente l’approvazione dei piani urbani della mobilità (PUM) e dei piani ur-bani del traffico (PUT). 5. La mobilità pedonale nel comune di Milano: PUMS e PGTU È bene a questo punto ripercorrere la cronologia dei piani della mobilità che la città di Milano ha redatto ed approvato dall’inizio degli anni duemila ad oggi. Le amministrazioni, succedutesi nel tempo, hanno deciso di seguire le indicazioni europee e la normativa na-zionale, elaborando sia il piano urbano del traffico, perché obbligatori, sia il piano urbano della mobilità, facol-tativo. Inoltre, anche all’interno del piano di governo del territorio e del paino generale di sviluppo, si fa esplicito rife-rimento agli obiettivi e strategie contenuti in questi stessi piani. Il Piano Urbano della Mobilità Il comune di Milano approva con del delibera n. 30 del Consiglio Comunale del 19 marzo 2001 il Piano Ur-bano della Mobilità, valido per dieci anni dal 2001 al 2010. Con il provvedimento n. 600 del 22 maggio 2006, ad opera del Commissario per l’Emergenza Traffico e della Mobilità di Milano viene approvata la variante per l’aggiornamento del piano che, nel 2012 viene sostituito dal nuovo piano, mediante delibera della Giunta Comunale n. 2342 del 9/11/2012, e denominato Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS), valido per altrettanti dieci anni, sino al 2022. Il Comune di Milano pertanto, sia in recepimento degli indirizzi e degli obiettivi indicati a livello europeo, sia per dotarsi di uno strumento di pianificazione per la mobilità con un orizzonte di medio-lungo periodo, ag-giornato e coerente con gli indirizzi dell’Amministrazione in carica, ha avviato la redazione di un nuovo do-cumento che tenga conto delle realizzazioni di infrastrutture e delle trasformazioni della domanda di mobilità avvenute in questo decennio. Infatti, il PUMS viene elaborato proprio in sostituzione del precedente Piano Ur-bano della Mobilità 2001-2010; ed è costituito da documenti contenenti le linee di indirizzo per lo sviluppo so-stenibile del piano, articolate in strategie attuabili attraverso programmi con obiettivi e azioni concrete per le quali si decide di recuperare e destinare risorse (anche attraverso l’individuazione dei soggetti responsabili dell’attuazione e delle tempistiche), costituenti il contenuto progettuale del piano. Come già sottolineato in precedenza, il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) è uno strumento strategico, riconosciuto dalla Commissione Europea per il raggiungimento di risultati nel campo della mobilità sostenibile ed è condizione premiante per l’accesso ai finanziamenti comunitari. Ed è in occasione del progetto ELTISplus, predisposto dal programma Intelligent Energy Europe, che la Commissione Europea ha elaborato le Linee guida per l’elaborazione del PUMS4. Milano ha predisposto un percorso di partecipazione e confronto, aperto alla città sia ai soggetti istituzionali sia ai non istituzionali, ha stilato le linee di indirizzo de piano, infine approvate dalla giunta comunale e sintetizza-te nelle seguenti strategie: sviluppare le infrastrutture e migliorare il TPL; potenziare, in coordinamento con la Regione, la rete ferroviaria; organizzare la nuova viabilità, garantire accessibilità e orientare la mobilità generata dalle trasformazioni urbanistiche prevalentemente verso il trasporto pubblico e la mobilità sostenibi-le; sicurezza stradale, aree pedonali e isole ambientali; facilitare e sostenere la ciclabilità; razionalizzare l’uso dei veicoli a motore da Area C ai nuovi sistemi di sharing e soluzioni Smart; rendere efficiente il sistema della sosta; una nuova logistica delle merci urbane; superare le barriere, per una città accessibile a tutti.

4 SUMP, Sustainable Urban Mobility Plan: http://www.mobilityplans.eu/

L’Agenzia della Mobilità, dell’Ambiente e del Territorio (AMAT)5 ha collaborato con il Comune di Milano per la stesura delle Linee di indirizzo e curerà il processo di formazione tecnica del Piano, in collaborazione con il Comitato Scientifico, e fornirà supporto al processo di progettazione partecipata. Il piano definisce in primis le politiche di sviluppo sostenibile da perseguire attraverso obiettivi generali, tra cui quello di rendere lo spazio aperto maggiormente vivibile, aumentandone la qualità. In termini di mobilità pe-donale, questo obiettivo strategico si traduce nell’azione di risoluzione del conflitto esistente tra pedoni e con-gestione veicolare6. In secondo luogo, il piano traduce in strategie più specifiche gli obiettivi predeterminati, tra le quali preme sot-tolineare quella della sicurezza, pedonalità ed isole ambientali. Da qui, sono previste, a cascata, tutta una serie di azioni che hanno a che vedere col: i) diffondere in tutta la città una cultura della mobilità pedonale; ii) au-mentare la sicurezza stradale e sociale con particolare attenzione agli utenti deboli della strada; iii) dotare la città di una rete integrata di percorsi a pedonalità privilegiata e ZTL per garantire la connettività pedonale del-la rete stradale. Il tutto si traduce in azioni concrete: i) l’attuazione delle Isole ambientali e lo sviluppo di Zone 30 in tutte le Zone di Decentramento della città con l’obiettivo di tutelare i quartieri residenziali e le scuole7; ii) la definizione del piano per la sicurezza stradale al fine di ridurre gli incidenti e i decessi; iii) l’istituzione di nuove zone 30; iv) la creazione di nuove aree e itinerari pedonali fuori dal centro con l’intento di restituire il valore dell’identità locale e della cura dello spazio pubblico; v) la valorizzazione gli spazi di Area C liberati dalle automobili private, riducendo gli spazi relativi alla sosta su strada. Il Piano Urbano del Traffico L’adozione del Piano Urbano del Traffico (PUT) avviene tramite il provvedimento del Commissario per l’emergenza del traffico e della mobilità di Milano n. 273 il 30 dicembre 2003; mentre nel 2013, con delibe-razione n.14 del 27 marzo 2013, il consiglio comunale adotta l’aggiornamento del Piano Generale del Traffi-co Urbano (PGTU), comprensivo di Valutazione Ambientale Strategica, al fine di individuare temi proget-tuali e azioni di piano da attuare nel breve periodo e/o nel riallineamento temporale di azioni già previste dal precedente piano del 20038 Il Piano Urbano del Traffico (PUT) è lo strumento cui compete, nel breve periodo, la programmazione delle strategie e delle azioni nel campo della mobilità per il miglioramento delle condizioni della circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione dell’inquinamento acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico. E’ articolato in tre livelli di progettazione: i) Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU); ii) Piani Particola-reggiati; iii) Piani Esecutivi. Dopo aver elabora zio l’aggiornamento del piano, l’amministrazione ha sviluppato il relativo processo VAS, nel quale, attraverso il Rapporto Ambientale vengono definiti e studiati obiettivi e le strategie, gli impatti sulle componenti ambientali, le alternative, le modalità di monitoraggio, opportunamente presentati nella relazione di sintesi non tecnica. È sempre l’agenzia AMAT che ha fornito al Comune di Milano il supporto tecnico scientifico necessario per le attività di monitoraggio, l’elaborazione dei dati, la redazione dell’aggiornamento del Piano e della Valutazione Ambientale Strategica. Il documento di aggiornamento è composto da tre livelli di approfondimento: la verifica della coerenza degli obiettivi PGTU, elaborato nel 2003 e tutt’ora vigente, rispetto agli obiettivi programmatici dell’Amministrazione e il censimento degli interventi realizzati in attuazione del piano; l’elaborazione dei ri-sultati del monitoraggio degli indicatori di piano che definiscono il trend evolutivo e lo stato di fatto della mo-bilità; l’aggiornamento del quadro degli interventi che consolida il processo di attuazione del PGTU. A differenza del PUMS, il PGTU si prefigge obiettivi specifici realizzabili mediante la programmazione di scenari attuativi di breve periodo con la possibilità di assumere una prospettiva di lungo periodo; essi sono: i) quello della riqualificazione ambientale; ii) dell’identificazione degli spazi pedonali; iii) dell’identificazione delle isole ambientali;iv) della riqualificazione del centro storico; v) della mobilità so-stenibile e del mobilty mangement.

5 AMAT, Agenzia della Mobilità, dell’Ambiente e del Territorio: http://www.amat-mi.it/it/mobilita/pianificazione-strategica/ 6 Obiettivo ripreso anche dal Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU) del 2013 7 Per Zona1 si prenda a riferimento solo l’attuazione dell’Isola Ambientale 8 Per esempio la conferma del roadpricing al’interno della cerchia dei Bastioni

Il tema della mobilità pedonale viene approfondito all’interno dell’obiettivo riqualificazione ambientale, at-traverso l’individuazione di una linea d’azione composita, che integra provvedimenti amministrativi di natura differente, quali: i) le Aree Pedonali9; ii) le Zone a Traffico Limitato; iii) le Zone a Velocità Limitata; iv) le Isole Ambientali. Mentre per i primi due ambiti di intervento sono imposti forti divieti di circolazione alla via-bilità automobilistica, per il terzo il traffico veicolare non è totalmente escluso. Inoltre nel PGTU viene posta particolare attenzione alla riqualificazione ambientale del centro storico, corri-spondente alla zona 110, in cui viene ritenuto fondamentale un intervento volto a risolvere il conflitto tra pe-doni e congestione veicolare integrando tra loro provvedimenti amministrativi di natura diversa a favore di una pedonalità privilegiata (nuove aree pedonali, zone a Traffico Limitato, zone a Velocità Limitata e inter-venti di gerarchizzazione della rete stradale propri dell’isola ambientale stessa). Inoltre, all’interno dell’obiettivo riqualificazione del centro storico, rientra l’azione della costruzione di mi-gliori condizioni di sicurezza e di fruibilità degli spazi per la componente ciclo-pedonale, dove gli interventi a favore della pedonalità sono conseguenti a quelli per limitare il traffico. 6. Sintesi degli obiettivi della pubblica amministrazione: la mobilità pedonale per la riqualificazione ambientale del centro storico di Milano Il PGT e il PGTS I contenuti presentati dai piani della mobilità sono ripresi coerentemente anche dal PGT e del PGTS. Il Piano di Governo del Territorio adottato nel 2012, riporta l’obiettivo della riqualificazione ambientale della città, attraverso linee d’azione specifiche: i) l’attuazione delle isole ambientali; ii) la predisposizione del siste-ma della ciclo-pedonalità (in cui si privilegiano la diffusione di percorsi pedonali e piste ciclabili); iii) la riqua-lificazione ambientale del Centro; iv) la mobilità sostenibile e il mobility management. Questo obiettivo, di fatto ripreso dai piani sulla mobilità, risulta in linea con il rafforzamento della città pubbli-ca - incentrata anche sulla sostenibilità dei trasporti e delle infrastrutture - e con al valorizzazione della città esistente; nonché con la sostenibilità ambientale tout court incentrata anche sul miglioramento della mobilità urbana, in particolar modo su quella dolce a basso impatto ambientale e sulla relativa messa in sicurezza. Il Piano Generale di Sviluppo (PGdS 2011-2016) prevede che per le nuove tematiche d’intervento sia verifi-cata la disponibilità dei mezzi finanzi previsti e necessari alla loro realizzazione. Nella relazione previsionale e programmatica per la zona di area C è previsto quanto segue: i) la realizzazione di una ZTL; ii) il migliora-mento della mobilità urbana; iii) l’estensione degli ambiti riservati alla mobilità dolce; iv) la razionalizzazione e l’organizzazione dei parcheggi; v) lo sviluppo dei sistemi di controllo e di gestione della mobilità anche con tecnologie evolute. Riassumendo e mettendo a sintesi gli obiettivi di questi due strumenti, se ne desume che, per la riqualificazio-ne ambientale del centro storico mediante predisposizione di relativa isola ambientale, sia necessaria: i) la dif-fusione della cultura pedonale (per cui è possibile sviluppare iniziative di comunicazione sulla rilevanza della pedonalità); ii) la messa in sicurezza della mobilità dolce (come peraltro indicato dal piano per la sicurezza stradale che prevede, a questo proposito le zone 30 e/o zone a traffico limitato); iii) l’identificazione e l’estensione degli spazi pedonali (nuove aree e itinerari pedonali anche fuori dal centro); iv) infine il miglio-ramento sostenibile della mobilità urbana (attraverso lo sviluppo di sistemi di controllo e gestione della mo-bilità – anche con tecnologie evolute)

9 Oggi in area C esse presentano un’estensione di 23.200 mq circa (PGTU, 2013) 10 La zona1 del comune di Milano corrisponde ad un’Isola Ambientale

Parte II Misurare i livelli di “walkability”

1. Cosa s’intende con il termine “walkability” Il termine inglese “walkability”, qui ripreso dalla letterature angloamericana, indica la capacità di percorrere a piedi uno spazio, e può essere tradotta come “camminabilità”11. Pertanto, misurare i livelli di walkability, può essere interpretato col classificare l’abilità di uno spazio di essere percorso a piedi. Il che si traduce nel costrui-re e giustificare una metodologia che sia in grado di esprimere sinteticamente la qualità che gli spazi urbani presentano nell’essere percorsi a piedi. Per questa ragione, la seconda parte della ricerca prende a riferimento diverse teorie di più autori della lettera-tura urbanistica angloamericana, che per primi hanno trattato l’argomento della walkability. Se da un lato e-merge uno scenario non assoluto, in termini di definizione della corretta metodologia per misurare un simile fenomeno, dall’altro un ambiente ricco di sperimentazioni e teorie, offre spunti e strumenti per sperimentare un nuova indagine. 2. Perché e come misurare la walkability L’interesse verso il fenomeno della walkability pone, in una prima stagione, la strada al centro dell’attenzione e del dibattito della cultura urbanistica angloamericana nel dopoguerra. Infatti essa, soprattutto durante lo sviluppo industriale con l’accrescere delle dimensioni urbane, aveva visto nascere un conflitto tra le diverse forme di spostamenti urbani. Quale spazio pubblico per eccellenza, la strada viene vissuta diversamente da chi la percorre, essendo per sua natura aperta a tutti. E, quando la qualità della vita urbana, guadagna importanza nella disciplina urbanistica, la stessa attenzione alla mobilità pedonale pren-de piede parallelamente alle ricostruzioni postbelliche e allo sviluppo economico che di lì a poco avrebbero caratterizzato l’ultimo trentennio del ventesimo secolo. Negli Stati Uniti a partire dagli anni sessanta e con l’emergere delle prime esperienze di pedonalizzazione ne-gli anni settanta (in corso in alcuni cenrei storici europei), il tema la mobilità pedonale diventa oggetto di stu-dio nella ricerca dei trasporti urbani. In particolare è proprio oltreoceano che nasce un sistema di misurazione degli standard dimensionali per gli spazi del pedone, ideato da John Fruin12, il quale avviò un’area di ricerca che applica al traffico pedonale l’approccio quantitativo tipico dell’ingegneria dei trasporti. Questa misurazione standard dello spazio del pedone, al fianco di quella per le altre forme di trasporto pubbli-co, rappresenta l’evoluzione di un aspetto fino ad allora trascurato dalla cultura dello spazio pubblico e dei tra-sporti, dando inizio ad una stagione di successo per la tematica. Successivamente, le ricerche condotte da altri autori e le misurazioni riguardanti lo “spazio” pedonale rappre-sentano il passaggio da una cultura della strada come canale di traffico alla cultura alternativa della strada quale spazio pubblico e collettivo. Dagli anni sessanta agli anni ottanta cresce un’attenzione al tema da parte di sottodiscipline che indagano a-spetti quali la percezione, l’immagine, il significato dell’ambiente urbano, costruito e aperto, sia consolidato, che di recente costituzione, sia privato sia pubblico. Questo approccio perde col tempo la sua carica iniziale che sfocia, negli anni novanta, con l’istituzione della “Crime Prevention Throught Environmental Design” ad opera di Newman, incentrata sullo studio della sicu-rezza urbana e del traffico veicolare. Di seguito si riportano i contributi di alcuni autori che posso essere utili nel definire i campi dell’indagine: i) la sicurezza stradale; ii) la sicurezza dal crimine; iii) il mix funzionale; iv) la dimensione pedonale quale prere-quisito della progettazione urbana; v) le caratteristiche fisiche ed ambientali delle infrastrutture; vi) accessibilità e trasporto.

11 Longman, 2004, activestudydictionary 12 John Fruin, 1971: “Pedestrian: planning and design”

Negli anni sessanta, Jane Jacobs, in “Vita e Morte nelle grandi città”, tratta la diversità dell’esperienza urbana che si struttura a partire dal concetto di defensible space: cioè quello spazio urbano protetto dall’eterogeneità degli usi che se ne fanno. La strada e il marciapiede sono l’occasione spaziale per permettere la complessità organizzata e pubblica delle relazioni tra la popolazione, attraverso un’infinità di contatti quotidiani per lo più casuali che accrescono la fiducia tra le persone. Condizione necessaria allo sviluppo di queste relazioni è la sicurezza (sia intesa quale sicurezza stradale dal traffico veicolare, sia quale sicurezza dalla criminalità e dalla violenza urbana). Successivamente, negli anni settanta, William H. Whyte costituisce una task force di ricerca, “Street life pro-ject” al cine di condurre osservazioni sugli individui nello spazio urbano. Il gruppo di ricerca consegue nume-rose riflessioni sulla natura del comportamento umano nello spazio e sulla forma che l’ambiente urbano deve avere per aumentare incrementare gli spostamenti pedonali. Ciò che emerge con evidenza è che la concentra-zione di attività e di persone svolgono un ruolo fondamentale nell’incentivare la frequentazione di un luogo e nell’avvio incrementare le relazioni sociali. Se ne evince come la mixité funzionale – quale concentrazione di attività e persone - costituisca al tempo stesso prerequisito ed incentivo ai livelli di walkability delle città. Con l’avvio degli anni ottanta, prende piede il New Urbanism, che stila un documento manifesto del movi-mento di urbanisti che ricalca l’ evidente interesse ed il sostegno della mobilità pedonale, quale strumento di conquista e valorizzazione degli spazi urbani. Tale attenzione pone al centro della progettazione urbana la componente pedonale. Merita un appunto anche l’autore Jan Gehl, le cui riflessioni sulla natura degli spostamenti, ossia sulle motiva-zioni che spingono l’individuo al movimento, sono determinanti nel definire ulteriori parametri di misurazione della walkability. Nella testo “Città per la gente”, l’autore sostiene infatti che lo spazio pubblico della città de-ve essere pensato per favorire il contatto passivo e casuale tra le persone nell’utilizzo delle infrastrutture urba-ne. Migliori sono le caratteristiche fisiche ed ambientali delle infrastrutture, maggiormente favorito è l’intensità delle relazioni sociali tra la popolazione. La progettazione urbanistica, dovrà in questo caso, tener conto della prossimità, della dimensione confortevole degli spazi sicuri ed attrezzati, la connettività del tessuto urbano, nonché vitalità di funzioni e luoghi d’interesse. In ultimo è Kevin Lynch che rimarca il ruolo che accessibilità e mezzi di trasporto giocano nel determinare i livelli di walkability, nel loro contribuire in maniera consistente alla scelta della modalità di spostamento - ori-gine e destinazione, tra cui emerge anche quella a piedi. Concludendo, si può affermare che in questa prima stagione di ricerca, l’attenzione per la walkability ruotava attorno alla qualità urbana dello spazio urbano e a quegli elementi in grado di influenzarla. Sia in America, sia in Europa una seconda stagione di ricerca incentrata sulla mobilità pedonale è motivata dall’interesse verso quegli elementi dello spazio fisico capaci di incentivare uno stile di vita attivo, proprio in quei contesti in cui si manifesta uno stile di vita sedentario: tipico caso dei suburbi delle città a prevalente de-stinazione residenziale, raggiungibili prevalentemente per mezzo del veicolo privato. È proprio dai problemi che la città del novecento ha creato, quali la dispersione territoriale e la conseguenze dipendenza dell’automobile, che questa seconda stagione prende avvio. Pertanto le caratteristiche insediative e funzionali della città risultano essere determinanti la natura degli spostamenti della popolazione, sia essa resi-dente , insorgente o gravitante. Si pensi solo alla localizzazione dei servizi, che, secondo l’articolo 9 della leg-ge regionale lombarda in tema di governo del territorio, sottolinea come la prestazione degli stessi sia determi-nata anche dalla loro accessibilità13. Trattandosi di una pratica difficilmente quantificabile e poco remunerativa, incentivare gli spostamenti a piedi nelle città non è un’azione semplice per la pianificazione urbanistica. Selezionare, in questo senso, scelte di pi-ano strategiche, richiede un’efficace collaborazione intersettoriale, che coinvolge più settori: dalla sanità ai tra-sporti alle politiche di uso del suolo. Verso la metà degli anni novanta, a livello internazionale si consolida un consenso sul ruolo della regolare atti-vità fisica nel migliorare la salute fisica e mentale dalla popolazione; la stessa (e già citata) Organizzazione 13 L’art. 9, c.3 della L.r. 1272005 recita: “Il piano dei servizi, (…) valuta prioritariamente l’insieme delle attrezzature al servizio delle funzioni insediate nel territorio comunale, anche con riferimento a fattori di qualità, fruibilità e accessibili-tà e, in caso di accertata insufficienza o inadeguatezza delle attrezzature stesse, quantifica i costi per il loro adeguamento e individua le modalità di intervento”

Mondiale della Sanità (WHO) evidenzia l’importanza di compiere regolare attività fisica per migliorare la sa-lute del corpo e della mente. Lungo questa scia, che incrementa l’interesse verso al tematica, un ruolo fondamentale ricopre l’informatica che, grazie allo sviluppo di tecnologie avanzate, permette l’elaborazione dei dati georeferenziati condivisibili su piattaforme web accessibili alla gran parte della popolazione e delle istituzioni. Sono stati elaborati reati in-fatti nuovi strumenti a supporto delle trattazioni scientifiche che sostengono gli spostamenti pedonali. È possibile sviluppare, sulla base delle esperienze di alcune città del Nord America, inglesi e australiane, database aggiornati circa la qualità e la gerarchia delle strade e dei marciapiedi, con la possibilità, da parte de-gli utenti, di contribuire alle informazione dei dati. In questo senso, la trattazione dei dati in ambiente GIS, risulta essere un’utile stanza di pensiero sia per la co-struzione della metodologia scientifica, sia per la condivisione dei risultati. Da questa seconda stagione, emergono altre caratteristiche e condizioni per la definizione della metodologia di classificazione dei livelli di walkability: i) il riferimento a database georeferenziati; ii) dotazione infrastruttura-le quali la presenza di alberi, verde, parcheggi, nonché arredo urbano come panchine, bagni pubblici, trasporto pubblico, illuminazione pubblica; ii) il numero di corsie per strada, la presenza di traffic calming; Nel 1999 in un manuale preparato per il Dipartimento dei Trasporti della Florida e pubblicato dall’American Planning Association, l’ingegnere dei trasporti Reid Ewing definisce le caratteristiche dello spazio pubblico favorevoli al transito veicolare e pedonale, classificandole in tre gruppi: quelle ritenute essenziali, quelle rite-nute altamente desiderabili; e quelle ritenute utili. Le caratteristiche essenziali della rete dei marciapiedi hanno a che vedere con il contesto insediativo di rife-rimento: costituito da un tessuto a medio alta densità; dotato di mix funzionale; il cui isolati devono essere di dimensione ridotta e permeabili, attraversabile ogni 150 metri circa. Altra questione che influisce sui livelli di walkability verte attorno alle strade carrabili e al numero di corsie; alla continuità del tracciato dei marciapiedi; agli attraversamenti pedonali sicuri; al ruolo degli edifici nell’orientare il pedone, porteggendolo dal traffico e dall’inquinamento. Le caratteristiche altamente desiderabili hanno a che vedere con la presenza delle attività commerciali, con la presenza di alberi lungo la strada in grado di garantire ombra ed ossigeno, di spazi verdi e pubblici nelle vi-cinanze, di parcheggi visibili e posizionati in luoghi strategici rispetto agli assi a maggior traffico pedonale, nonché la compresenza di edifici di grandi dimensioni con altri di dimensioni più ridotte, e reti di strade di ti-pologie differenti ben connesse e strutturate anche attraverso l’uso di forme diverse di traffic calming per di-stinguere e incrementare l’uso di alcuni assi preferenziali a seconda del tipo di utenza. Tra le caratteristiche utili infine troviamo elementi riguardanti l’arredo urbano della strada e degli spazi pub-blici, dai muri, alle attrezzature funzionali dello spazio alla coerenza nella segnaletica capace di orientare nella breve distanza agli oggetti d’arte come elementi di arricchimento culturale pubblico. Da questa ricerca emerge un chiaro tentativo d’individuare le caratteristiche fisiche di una strada e del suo marciapiede con lo scopo di armare il ricercatore di definizioni operative che possano essere utilizzate per mi-surare quantificare il livello di walkability dell’oggetto d’indagine. Mentre i caratteri fisici dello spazio sono misurabili in forma oggettiva – e pertanto sono quelli sui la ricerca si concentra, le qualità e le reazioni individuali all’ambiente hanno un grado diverso di soggettività, il quale ren-de questi indicatori più difficili da quantificare. Caratteristiche prestazionali, quali la sicurezza o il comfort hanno a che vedere con la possibilità che i pedoni hanno di utilizzare e godere delle infrastrutture senza trovarsi in situazioni pericolose. Arredamento, illumina-zione pubblica, finestre e accessi, panchine, bagni pubblici, trasporto pubblico ecc. Se Ewing elenca i principali elementi fisici e compositivi dello spazio, Julie Campoli indirizza ulteriormente la ricerca sulla walkability attraverso sei elementi degli ambienti urbani: densità, diversità, disegno del suolo, di-stanza da percorrere, destinazione-accessibilità, parcheggi. In particolar modo va sottolineato come la densità giochi un ruolo fondamentale per le altre caratteristiche so-praelencate. Essa interessa principalmente la densità di popolazione o di unità abitative per chilometro quadra-to, ma anche la densità di attività di una data area conteggiando il numero di posti di lavoro - in relazione alla densità abitativa dell’area. Sicuramente la densità è fondamentale per incrementare le forme di trasporto alter-

native al mezzo privato, ma tuttavia è stato dimostrato che essa è solo uno degli ingredienti necessari e che da sola non è sufficiente a garantire l’indipendenza dal mezzo privato. La diversità (mix funzionale e morfologico) è un elemento noto nella tradizione urbanistica come generatore di vitalità e urbanità, non poteva mancare tra gli elementi chiave che connotano uno spazio a servizio della di-mensione umana. Campoli ricorda che la diversità interessa diversi elementi costitutivi dello spazio costruito della città tra cui le destinazioni d’uso del singolo edificio collocando non solo residenza, ma anche uffici e at-tività commerciali o di servizio al pianoterra; le tipologie edilizie esistenti in una data area in modo da offrire diverse soluzioni abitative che creano spazi e richiamano popolazioni differenti. Da sottolineare come l’offerta di servizi e attività incrementi i flussi pedonali, in modo tale che non solo le persone possano vivere e lavorare nello stesso quartiere, ma possano raggiungere facilmente a piedi o in bicicletta le relative destinazioni (perché entro distanze ragionevoli) senza dover far ricorso all’uso dell’automobile. Per quanto concerne il disegno del suolo e del design è da sottolinear come la progettazione dello spazio fisico conivolga gli elementi legati alla percezioni individuale del soggetto che si sposta nello spazio. Un paesaggio visivamente ricco e confortevole aumenta il numero di persone che scelgono di muoversi con forme di tra-sporto alternative al mezzo privato. È quindi necessario progettare lo spazio in modo che risulti confortevole e favorevole al pedone, la forma di spostamento più sensibile alle criticità dell’ambiente costruito. Per rendere i mezzi pubblici l’opzione di spostamento più attraente all’interno del tessuto urbanizzato bisogna concentrarsi sugli aspetti che determinano la scelta del mezzo per gli individui. La ricerca mostra che nel mo-mento della scelta di spostamento, la domanda più importante è “quanto dista la fermata del mezzo di traspor-to?”. Per evitare che l’utente sia scoraggiato dall’uso del mezzo pubblico per l’eccessiva distanza che s’interpone tra l’inizio e la fine del tragitto bisogna progettare una fitta rete di percorsi e di fermate di trasporto pubblico locale. Campoli sostiene che il la distanza dalla destinazione sia l’elemento più fortemente associabile all’abbassamento di dipendenza dal mezzo privato. In questo senso si fa riferimento al grado di connessione esistente tra le destinazioni delle persone e i luoghi di transito più utilizzati, considerando sia l’accessibilità so-vralocale, che interessa maggiormente i city user e i residenti di altre zone, sia quella locale. È possibile misu-rare questa variabile guardando alla distanza tra i punti di accesso del sistema di trasporto pubblico e le attra-zioni o i luoghi di lavoro. Quando la distanza è entro i 15 minuti a piedi, essa rappresenta un buon grado di ac-cessibilità del tessuto urbano. L’ultimo carattere da considerare nel rendere l’ambiente favorevole al camminare urbano è il parcheggio. Per Campoli il parcheggio è una caratteristica dell’ambiente urbano che ha un notevole impatto sul comportamen-to del viaggiatore, in quanto facente parte degli elementi costitutivi di un viaggio al pari del percorso, ma spes-so il suo ruolo all’interno della pianificazione è trascurato. Per parcheggi l’autore guarda sia a quelli pubblici ma anche ai garage privati. Il ruolo giocato dal corretto dimensionamento e disposizione del parcheggio ha impatti positivi nell’incentivare uno stile di vita attivo non solo a scala locale, incrementando il carattere pedo-nale di alcuni assi di collegamento tra i parcheggi e le possibili destinazioni; ma anche a scala sovralocale, at-traverso la realizzazione di parcheggi strategici di interscambio in stretta connessione con i nodi del trasporto pubblico esistenti.

3. Misurare i livelli di walkability: l’oggetto d’indagine e le elaborazioni cartografiche Una volta approfondita la letteratura, è bene selezionare quali parametri ed indicatori risultano utili per meglio costruire una metodologia di misurazione dei livelli di walkability, applicabile ai diversi contesti territoriali in riferimento alla disponibilità delle specifiche banche dati.

DEFINIZIONE DEL SISTEMA TERRITORIALE DI RIFERIMENTO Oggetto d’indagine Misura/parametro Metodologia

1) Confine amministrativo comu-nale

Confine I.A. Costruzione del sistema territoriale di riferimento basato sul confine dell’isola ambientale attraverso la selezione di parte della rete stradale

2) Isola ambientale 3) Stradario Milano

A) INFRASTRUTTURE E ATTREZZATURE PEDONALI Oggetto d’indagine Misura/parametro Metodologia

1) Marciapiedi Dimensione (lunghezza, larghezza, area)

Sintesi delle informazioni provenienti da differenti fonti e verifica della relati-va attendibilità tramite sopralluogo e/o confronto su ortofoto aggiornate per meglio completare la quantificazione della rete infrastrutturale pedonale

2) Isole pedonali 3)Percorsi pedonali – gallerie – manufatto d’infrastruttura di tra-sporto

4) Attrezzature pedonali (panchi-ne, fontanelle, bagni pubblici) Presenza/assenza e n. Classificazione e quantificazione totale

delle dotazioni infrastrutturali pedonali 5) Rampe per disabili Presenza/assenza e n.

6) Punti quotati Calcolo delle pendenze (differenza tra punti quotati)

7)Verde fruibile (parchi pubblici e aiuole)

Presenza/assenza

8) Numero di alberi Presenza/assenza e n. 9) Sistema di orientamento pedo-nale (anche per disabili)

Presenza/assenza e n.

B) POSSIBILITÀ DI CIRCOLAZIONE PEDONALE E ATTRAVERSAMENTO STRADALE Oggetto d’indagine Misura/parametro Metodologia

1) Isolati e attraversamenti pedo-nali

Creazione delle centerlines e dei relativi attraversamenti pedonali utile alla co-struzione del Network Dataset pedonale

C) LIMITAZIONE DEL TRAFFICO E RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE Oggetto d’indagine Misura/parametro Metodologia

1)Trafficcalming 1a) Zone 30 (limiti di velocità) 1b) Isole ambientali 1c) Zone traffico limitato

Presenza/assenza, % segmenti di strada/n. interventi su car-reggiata

Classificazione degli interventi per la limitazione del traffico su strada

2) Road pricing Presenza/assenza, confine area D) PROSSIMITÀ ED ACCESSIBILITÀ DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

Oggetto d’indagine Misura/parametro Metodologia 1) Fermate TPL ed MM Presenza/assenza e n. di linee

per fermata

Classificazione dell’accessibilità delle infrastrutture pedonali attraverso il nu-mero di fermate, la Kernel Density e la Service Area (isocrone) Densità delle fermate di TPL

2) Stazioni affitto velocipedi Presenza/assenza e n. di stalli

per stazione 3) Car sharing Presenza/assenza e parco auto

per stazione E) TRAFFICO E SICUREZZA STRADALE

Oggetto d’indagine Misura/parametro Metodologia 1) Volume di traffico per tipologia di strada (gerarchia stradale)

Quantità di traffico per numero di corsie per strada/larghezza della strada

Classificazione dei livelli di traffico per strada

2) Incidentalità a danno delle u-tenze deboli

Presenza/assenza e n. Classificazione delle intersezioni ed assi stradali con il maggior numero di inci-dentalità morti e feriti) e di crimini

3) Dati sul crimine Presenza/assenza e n. 4) Sicurezza (presenza di illumi-nazione notturna, facciate con fi-nestre e accessi)

Presenza/assenza e n. Piano illuminazione: distribuzione pali luce e potenza luminosa e tipo lampadina utilizzato

6) Strade senza marciapiede Calcolo in percentuale F) REGOLAZIONE DELLA SOSTA

Oggetto d’indagine Misura/parametro Metodologia 1) Regolazione strisce giallo - blu Presenza/assenza e n. di posti

auto

Classificazione della quantità delle in-frastrutture pedonali attraverso il nume-ro di parcheggi, la Kernel Density e la Service Area (isocrone)

2) Aree parcheggi strategici (privati, pubblici, d’interscambio)

“Tab. 1 – Strumenti per la misurazione della walkability” Come evidenzia la tabella 1 l’oggetto d’indagine muta di volta i volta, poiché lo scopo è produrre quelle elabo-razioni cartografiche che meglio mostrano i livelli di walkability della realtà territoriale considerata. Queste stesse possono costituire il punto di partenza per orientare e supportare le decisioni di piano in termini di mobi-lità sostenibile. Esse mostrano: i) il sistema territoriale di riferimento; ii) le infrastrutture e le attrezzature pe-donali; iii) la possibilità di circolazione pedonale e attraversamento stradale; iv) le limitazione del traffico; v) la prossimità ed accessibilità del trasporto pubblico locale; vi) il traffico e la sicurezza stradale; vii) la regola-zione della sosta. 3.1. Definizione del sistema territoriale di riferimento Il primo passaggio da effettuare è la definizione del sistema territoriale di riferimento. Questo passaggio serve a orientare le analisi sulla walkability entro confini territoriali precisi. In caso di comuni di piccole dimensione si può prendere in considerazione l’intero confine amministrativo comunale; quando invece la realtà territoria-le analizzata è di dimensioni rilevanti, tanto da richiedere una suddivisione della rete stradale in isole ambien-tali, così come previste dal nuovo codice della strada, si procede attraverso la costruzione del perimetro dell’isola ambientale basata sulla classificazione gerarchica stradale, solitamente fornita dal Piano Urbano del Traffico e/o dal Piano Urbano della Mobilità (a seconda dei casi). Tale passaggio è prerequisito indispensabile per legittimare la selezione dell’estensione geografica dell’indagine e dei relativi interventi/decisioni di piano. 3.2. Infrastrutture e attrezzature pedonali Quantificare le infrastrutture e le attrezzature pedonali significa quantificare lo spazio del pedone e giungere ad una sua classificazione. Per fa questo va ricostruito e messo a sintesi l’insieme dei dati che riguardano lo spa-zio su cui il pedone può circolare - eccezion fatta per gli attraversamenti pedonali. Pertanto sia i marciapiedi,

sia i percorsi pedonali all’interno di parchi, sia quelle attrezzature classificate come infrastrutture per il traffico – quali banchine o spartitraffico praticabili, sia le gallerie fruibili vanno messi a sintesi e sommati fra loro, e-scludendo tutte quelle parti delle suddette categorie, ad uso non collettivo, perché appartenenti a proprietà pri-vate o non accessibili. Questo primo e non sempre immediato e banale passaggio determina la base di partenza su cui strutturare l’intera indagine. Infatti, una volta ricostruito l’oggetto d’indagine e classificandolo per le proprie dimensioni fisiche, sarà possi-bile procedere all’analisi micro locale della dotazione infrastrutturale, costituita dalla presenza o meno di tutta una serie di attrezzature che incentivano/possono incentivare la pratica del camminare in determinati spazi, a prescindere dalle funzioni del sistema insediativo. Pertanto, il rilievo di fontanelle, panchine, bagni pubblici, sistemi di orientamento pedonale costituisce un passaggio fondamentale per sostanziare l’indagine, tenendo in considerazione il differente raggio d’influenza di ciascuna di esse. La determinazione della pendenza, ricavabile da una semplice operazione di differenza dei punti quotati, sarà elemento cruciale nei contesti ad orografia complessa; mentre la dotazione di elementi naturali ed ambientali, quali parchi, giardini, aiuole, elementi idrici, nonché alberi costituiscono incentivi positivi alla classificazione della dotazione infrastrutturale, che di conseguenza, presenta una propensione ad essere percorsa a piedi, mag-giore di quanto non sia uno spazio pedonale sotto-dotato di attrezzature ambientali. La somma della presenza/assenza e della qualità di questi oggetti, viene pesata sull’oggetto d’indagine, che verrà infine classificato in differenti classi di dotazione infrastrutturale. 3.3. Possibilità di circolazione pedonale e attraversamento stradale La determinazione della possibilità di circolazione pedonale viene impostata sulla creazione del network data-set pedonale che permette di condurre ulteriori indagini, soprattutto con altre categorie di dati, quali la dotazio-ne di servizi, le centralità, la popolazione, ecc. Tuttavia costituisce un passaggio di fondamentale importanza e non scontato. Vengono create le cosiddette centerlines come avviene solitamente per la costruzione dello stra-dario; a cui si connettono gli attraversamenti pedonali, ricavabili da ortofoto aggiornate e/o da rilievo. Questa fase permette anche di correggere eventuali errori effettuati nella sintesi della quantificazione dello spazio pe-donale, precedentemente introdotta. Richiede una paziente e lunga procedura di verifica, confronto e controllo dell’attendibilità delle informazioni. Una volta completato il lavoro, il network infrastrutturale può essere de-stinato a differenti indagini non esclusivamente autoreferenziali. 3.4. Limitazione del traffico In questa sezione scopo è classificare gli interventi condotti su strada per la limitazioni del traffico veicolare. Opere di traffic calming, limitazione della velocità, inversione dei sensi di marcia all’interno delle isole am-bientali per ridurre l’attraversamento dei quartieri da parte dei non residenti e fruitori, zone a traffico limitato vengono conteggiate una per una e riferite a coordinate geografiche che permettono di restituire un quadro ge-nerale di tutti gli interventi fatti sulle singole carreggiate, anche al fine di non perdere la visione d’insieme e, per monitorare gli effetti delle strategie attuate, si rimanda al confronto col sottocapitolo 3.6. Traffico e sicurez-za stradale. 3.5. Prossimità ed accessibilità del trasporto pubblico locale Una volta che i dati relativi al trasporto pubblico locale (autobus, tram, metropolitana, ferrovia), al sistema di velocipedi noleggiabili e alle stazioni del car sharing, cioè che occorre fare è una pria classificazione gerarchi-ca per numero di linee/stalli/auto a “fermata” che andrà a determinare una score nella relativa porzione di spa-zio pedonale interessato (sempre per l’analisi micro locale); successivamente sarà possibile effettuare misura-zioni dell’accessibilità di questi “nodi”, sia in termini di percorribilità a piedi, determinata in minuti dalla co-siddetta service area, altrimenti chiamata isocrona, sia attraverso la Kernel Density che fornisce una gerarchia spaziale (perché in metri quadri in vece che in minuti) e tridimensionale (utilizzabile dal software ESRI Arc Scene) del fenomeno considerato.

3.6. Traffico e sicurezza stradale Per ricostruire i livelli di traffico è necessario disporre degli andamenti per soglie temporali (mensili/annuali) da discretizzare sulla rete stradale. Questa cartografia di sintesi può essere confrontata con la cartografia per la limitazione del traffico, di cui al punto 3.4., come precedentemente sottolineato. Inoltre, i dati circa gli incidenti alle utenze deboli e sul crimine, solitamente archiviati dalla polizia locale, co-stituiscono un importante tassello per determinare la sicurezza dello spazio pubblico dei marciapiedi. Da qui si procede alla classificazione delle intersezioni ed assi stradali con il maggior numero di incidentalità morti e feriti) e di crimini. Sempre per la classificazione dei livelli di sicurezza, altro elemento rilevante (che potrebbe rientrare anche nel-la dotazione di attrezzature pedonali) è l’illuminazione pubblica, intesa quale numero di pali e tipo di luce e-manata. Così come la stessa presenza di facciate con un alto numero di finestre e accessi contribuisce a rendere gli ambienti più sicuri, proprio perché frequentati. Su questa linea anche il mix funzionale determina sicuramente maggior frequentazione degli spazi, e conseguentemente, maggior sicurezza, ma, ai fini dell’indagine qui condotta non è stato selezionato. 3.7. Regolazione della sosta L’accessibilità alle infrastrutture è garantita anche dal numero, tipologia e localizzazione dei par-cheggi per veicoli motorizzati su gomma. Essi, proprio quando in prossimità di estese aree pedonali, costituiscono un elemento attrattore per decidere, quale valida forma di n, di spostarsi a piedi in vece del mezzo pubblico. Anche in questo caso, sul precedente modello del trasporto pubblico locale, la classificazione è pressoché la medesima, ma tale argomento merita una argomento a parte, proprio perché così trattato dalla pianificazione stessa (nel cosiddetto piano dei parcheggi).

Parte III Le banche dati

1. Banca dati disponibile Per applicare la metodologia di misurazione dei livelli di walkability di zona 1 a Milano, come indicato dalla tabella 1, banca dati di riferimento è costituita dal più fonti. A seguito dell’ottenimento di un documento opportunamente compilato successivamente alla richiesta effet-tuata in maggio 2014 presso l’Assessorato Mobilità, Ambiente, Metropolitane, Acqua pubblica, Energia ri-guardante informazioni circa le fonti necessarie a costruire la banca dati, è stato aggiornata la seguente tabella, indicante i dati necessari per effettuare l’indagine nonché i dati reperiti per la stesura di questa ricerca, la relati-va fonte ed il relativo dimensionamento, quando opportuno.

DATI NECESSARI FONTE DIMENSIONAMENTO REPERIMENTO 1) Confine amministrati-vo comunale

DBT Milano Ufficio SIT Comune di Milano

2) Isola ambientali PGTU 2003/2013 n. 13, di cui Zona 1 con super-ficie pari a 9,4 kmq

3) Stradario Milano DBT Milano Ufficio SIT Comune di Milano Dato aggiornato

n. 3111 ✓

4) Marciapiedi; 4a) percorsi pedonali – gallerie 4b) manufatto d’infrastruttura di tra-sporto

DBT Milano Ufficio SIT Comune di Milano

5) Isole pedonali aggior-nate

Ufficio SIT Comune di Milano PGTU 2003/2013

n. 175, superficie 0,271 kmq ✓

6) Attrezzature pedonali: 6a) panchine

Non disponibile Non disponibile ✗

6b) fontanelle

Open Data Milano14 n. 42 ✓

6c) bagni pubblici Fonti varie raccolte da AMAT

n. 3 ✗

7) Rampe per disabili Non disponibile Non disponibile ✗ 8) Punti quotati Geoportale Lombardia15 ✓ 9) Parchi pubblici Open Data Milano n. 11 in zona1 ✓ 10) Aiuole DBT Milano

Ufficio SIT Comune di Milano

11) Alberi Ufficio SIT Comune di Milano DBT Milano

n. 15.207 ✓

14 http://dati.comune.milano.it/ 15 http://www.cartografia.regione.lombardia.it/geoportale

12a) Sistema di orienta-mento pedonale per disa-bili

Polizia Locale Numero gruppi semaforici do-tati (n. 55) e non (n. 57) di ci-calino per non vedenti o ipo-vedenti

12b) Sistema di orienta-mento pedonale per pedo-ni

WalkMI_Milano cam-mina

n. 8 ✓

13) Attraversamenti pe-donali

Planimetrie segnaletica redatte da Polizia Locale; dato aggiornato al 2009 e incompleto Immagini satellitari16

n. 3415 ✓

14) Traffic calming (inte-venti su carreggiata)

PGTU 2003/2013 Non disponibile ✗

15) Zone 30

PGTU 2003/2013 n. zone 26 – 0,030 kmq ✗

16) Zone traffico limitato PGTU 2003/2013 n. zone 14 – 0,054 kmq ✗ 17) Fermate TPL ed MM Open Data Milano

n. totale 247 ✓

18) Stazioni bikemi Open Data Milano/ ATM – Clear Channel – Comune di Milano

n. 91 ✓

19) Fermate car sharing ATM – Guidami – EQ sharing Nb. Free Flow*

Guidami (n. 14 stazioni in zo-na1, n. 130 veicoli) EQ sharing (n. 7 stazioni in zona1, n.120 veicoli) Car2Go* (n.798 veicoli) Enjoy* (n. 644* veicoli) Twist* (n. 500* veicoli)

20) Volume di traffico PGTU 2003/2013 ✗

21) Tipologia strada (ge-rarchia stradale)

PGTU 2003/2013 Classificazione in strade: - di interquartiere - quartiere - locali interzonali - locali

22) Incidentalità a danno delle utenze deboli

PGTU 2003/2013 Elaborazioni AMAT su dati incidentalità della po-lizia locale

Differenza percentuale inci-denti confronto 2011-2012 in Area C -23,8

23) Numero morti e feriti (pedoni)

Differenza percentuale inci-denti con feriti confronto 2011-2012 in Area C -26,3

24) Dati sul crimine Non disponibile Non disponibile ✗ 25) Illuminazione nottur-na

Non disponibile Non disponibile ✗

26) Regolazione strisce giallo - blu

Delibere 1909 del 2007 e 2611 del 2008 e succes-sive modifiche

Stalli strisce blu (n. 4100, 2012); stalli strisce gialle (n. 9700, 2010)

16 https://maps.google.it/

27) Aree parcheggi strate-gici (privati, pubblici, d’interscambio)

PGTU 2003/2013 (par-cheggi di interscambio)

Parcheggi pubblici in struttura (n. stalli 3700);

Piano Urbano dei Par-cheggi 2003 (parcheggi privati)

parcheggi privati in struttura (n. 3800)

“Tab. 2 – Banca dati necessaria” Rispetto alla tabella 1, indicante gli oggetti d’indagine necessari per strutturare la classificazione della walkabi-lity, la tabella 2 mostra, in sostanza, quali dati sono stati reperiti. In questo senso emerge come il database to-pografico del comune di Milano costituisca il riferimento principale per quanto riguarda le infrastrutture pedo-nali, anche perché all’inizio di questa inedita ricerca, ulteriore passaggio da effettuare è evidenziare se e quali dati necessitano di un trattamento ulteriore. È stato inoltre fatto riferimento al PGTU 2003/2013 per l’isola ambientale e le isole pedonali aggiornate; per tutto il resto ci si è avvalsi dei siti web del geoportale di Regione Lombardia, di Open Data Milano, delle im-magini satellitari disponibili in rete.

DATI NECESSARI FONTE DIMENSIONAMENTO REPERIMENTO 1) Confine amministrati-vo comunale

DBT Milano Ufficio SIT Comune di Milano

2) Isola ambientali PGTU 2003/2013 n. 13, di cui Zona 1 con super-ficie pari a 9,4 kmq

3) Stradario Milano DBT Milano Ufficio SIT Comune di Milano Dato aggiornato

n. 3111 ✓

4) Marciapiedi; 4a) percorsi pedonali – gallerie 4b) manufatto d’infrastruttura di tra-sporto

DBT Milano Ufficio SIT Comune di Milano

5) Isole pedonali aggior-nate

Ufficio SIT Comune di Milano PGTU 2003/2013

n. 175, superficie 0,271 kmq ✓

6) Attrezzature pedonali: 6b) fontanelle

Open Data Milano n. 42 ✓

7) Punti quotati Geoportale Lombardia ✓ 8) Parchi pubblici Open Data Milano n. 11 in zona1 ✓ 9) Aiuole DBT Milano

Ufficio SIT Comune di Milano

10) Alberi Ufficio SIT Comune di Milano DBT Milano

n. 15.207 ✓

11) Sistema di orienta-mento pedonale per pedo-ni

WalkMI_Milano cam-mina

n. 8 ✓

12) Attraversamenti pe- Planimetrie segnaletica n. 3415 ✓

donali redatte da Polizia Locale;

dato aggiornato al 2009 e incompleto Immagini satellitari

13) Fermate TPL ed MM Open Data Milano

n. totale 247 ✓

14) Stazioni bikemi Open Data Milano/ ATM – Clear Channel – Comune di Milano

n. 91 ✓

“Tab. 3 – Banca dati disponibile” 2. Banca dati da aggiornare e il trattamento dei dati

DATI NECESSARI PROCEDIMENTO OUPUT LOGICO TECNICO

1) Confine ammini-strativo comunale

Messa a sintesi dei dati utile a definire il perimetro dell’isola ambientale di zona 1

Creazione di un nuovo shape Editor degli shape con-siderati (trace)

Definizione del sistema territoriale di riferimento 2) Isole ambientali

3) Stradario Milano

4) A010102_Area di circolazione pedonali; 4a) percorsi pedonali – gallerie 4b) A020205_Manufatto d'infrastruttura di tra-sporto

Selezione, aggiornamento, correzione, messa a sinte-si, creazione dello spazio discreto

Creazione di un nuovo shape Editor degli shape con-siderati Geoprocessing: dissolve ETGeowizard: grid 2m x 2m Clip Grid

Infrastrutture e attrezza-ture pedonali

5) Isole pedonali ag-giornate

6) Attrezzature pedona-li: 6b) fontanelle

Adeguamento delle coor-dinate di riferimento Eliminazione dati rica-vati e considerati irrile-vanti Selezione, aggiorna-mento, correzione, mes-sa a sintesi delle infor-mazioni Classificazione delle celle della griglia

TRASPUNTO: trasfor-mazione coordinate shape da GAUSS BO-AGA a WGS84 Select by attributes & by location Creazione di nuovi sha-pe Modifiche alle tabelle attributi: nuovi campi, field calculator, calcu-late geometry

7) Punti quotati 8) Parchi pubblici 9) Aiuole (A060401_Area verde) 10) P060403_Albero isolato 11) Sistema di orien-tamento pedonale per pedoni

12) Attraversamenti pedonali ed isolati

Creazione delle center-lines e del Network Da-taset

Editor degli shape con-siderati UNA tool, Centrality

Possibilità di circolazione pedonale e attraversa-mento stradale

13) Fermate TPL ed MM

Adeguamento delle coor-dinate di riferimento, sin-tesi, creazione dell’accessibilità Classificazione grid

TRASPUNTO: trasfor-mazione coordinate shape da GAUSS BO-AGA a WGS84 Service Area Kernel Density

Prossimità ed accessibili-tà del trasporto pubblico locale 14) Stazioni bikemi

“Tab. 4 – Trattamento e modificazione della banca dati” Con questi dati a disposizione è stato possibile effettuare solo parte del lavoro per la completa misu-razione dei livelli di walkability di zona 1 a Milano, come indicato nella Parte II; il lavoro svolto è pertanto incentrato sulla predisposizione della banca dati di partenza per poter effettuare considera-zioni e misurazioni aggiuntive sulla walkability. Nella prossima ed ultima parte di questa ricerca si ripercorrono, step by step, tutti i passaggi affrontati per ottenere i seguenti output cartografici: i) il si-stema territoriale di riferimento; ii) la quantificazione delle infrastrutture e delle attrezzature pedonali; iii) la possibilità di circolazione pedonale e di attraversamento stradale; iv) la prossimità ed accessibilità del tra-sporto pubblico locale.

Misurazione dei livelli di walkability: elaborazioni cartografiche Metodologia completa Elaborazioni prodotte

Sistema territoriale di riferimento Sistema territoriale di riferimento Infrastrutture e delle attrezzature pedonali Infrastrutture e delle attrezzature pedonali Possibilità di circolazione pedonale e attraversamen-to stradale

Possibilità di circolazione pedonale e attraversa-mento stradale

Limitazioni del traffico - Prossimità ed accessibilità del trasporto pubblico lo-cale

Prossimità ed accessibilità del trasporto pubblico locale

Traffico e la sicurezza stradale - Regolazione della sosta - “Tab. 5 – Misurazione dei livelli di walkability: elaborazioni cartografiche”

Parte IV Applicazione della metodologia di valutazione

Nella quarta ed ultima parte di questa monografia vengono illustrati e ripercorsi, uno ad uno, i proce-dimenti che hanno strutturato il lavoro: procedimenti e passaggi logici tecnici, risultati ottenuti. Quando necessario, vengono inseriti approfondimenti teorici a supporto della metodologia qui speri-mentata. 1. Il sistema territoriale di riferimento: l’isola ambientale di zona 1 Come previsto dal nuovo codice delle strada, il PGTU di Milano del 2013 ha suddiviso il territorio comunale isole ambientali, individuandone 88, tra cui quella del centro storico, la n. 1.01 i cui confini coincidono con quelli di zona 1, come riportato dalla figura 1 - perimetrazione e numerazione delle isole ambientali - all’interno del piano generale del trasporto urbano.

“Fig. 1 – Perimetrazione e numerazione delle isole ambientali” In base alla fonte del PGTU, è stato ricavato un nuovo shape file poligonale, grazie al comando trace dell’editor che ha permesso di ricalcare le centerlines dello shape lineare L010107_Elemento strada-le (grafo stradale).

Quello creato costituisce l’ambiente geografico al quale fare riferimento in tutti i passaggi successivi di questa ricerca; legittima inoltre la selezione di alcune delle informazioni del comune di Milano – quelle che ricadono all’interno e al confine di zona 1.

“Fig. 2 – Sistema territoriale di riferimento”

2. La selezione dell’oggetto d’analisi: lo spazio del pedone Per strutture l’indagine, è stata fatta una riflessione sull’oggetto d’analisi: lo spazio del pedone. Gli spostamenti a piedi in città possono avvenire sui marciapiedi, nominati nel database topografico mi-lanese “A010102_Area di circolazione pedonali”; su infrastrutture all’interno della carreggiata denominati “A020205_Manufatto d'infrastruttura di trasporto”, nonché su percorsi pedonali interni ai parchi e sulle gallerie; ed ovviamente sulle isole pedonali. I dati relativi allo spazio del pedone devono essere in qualche caso aggiornati e corretti. Questo lavo-ro richiede molto tempo, pazienza e precisione. 2.1 La quantificazione delle infrastrutture pedonali A010102_Area di circolazione pedonali Ad una prima visione questo shape poligonale sembra completo e continuo, ma ad una più approfon-dita osservazione emergono due problematiche: la prima relativa al fatto che il rilevamento del dato non è preciso nel momento in cui tralascia alcune geometrie in prossimità degli accessi carrabili, re-stituendo isolati non completi, anche se nella realtà sono continui nel circondare la cortina di edifici; in secondo luogo esistono informazioni irrilevanti all’interno degli isolati stessi (cortili privati o co-munque non destinati ad uso collettivo). E, per ovviare a questo surplus informativo, sono stati can-cellate le informazioni non oggetto di interesse. Infatti, è bene sottolinearlo, l’oggetto di indagine coincide con lo spazio pubblico che il pedone/i pedoni possono frequentare e percorrere a piedi; tutto quello che presenta caratteristiche simili ma non è accessibile, è stato escluso. A020205_Manufatto d'infrastruttura di trasporto, percorsi pedonali, gallerie, isole pedonali Grazie ai siti internet in grado di fornire immagini satellitari aggiornata e ad elevata risoluzione17 e applicazioni che permetto di osservare le città dal punto di vista dei pedoni18 sono stati considerati tutti gli spazi pedonali che la città fornice ai cittadini: camminamenti porticati di cui il centro della è molto ricco, percorsi all’interno di parchi e giardini ricavati anche dallo shape A020206_Area attrez-zata del suolo; e le isole pedonali che vanno continuamente aggiornate viste le trasformazioni che stanno avvenendo in città (tra gli innumerevoli cantieri per Expo 2015). La creazione della griglia Per semplificare le analisi e per creare lo spazio discreto in grado di ridurre di complessità le caratte-ristiche dello spazio pedonale e sommarle tra loro, si è proceduto alla creazione di una griglia formata da geometrie quadrate di dimensioni 2 metri per lato attraverso il software EtGeowizard. La stessa è stata creata prendendo a riferimento l’estensione delle geometrie localizzate agli estremi di zona 1; pertanto, essendo necessario discretizzare solo lo spazio pedonale, e non il resto del territo-rio, è stato effettuato una selezione (select by location) delle sole celle della matrice intersecate con il file dello spazio del pedone sintetizzato nel primo passaggio di questo lavoro. Conclusa questa opera-zione ed esportato il file d’interesse, è stato effettuato un taglio con lo strumento clip al fine di smus-sare le geometri quadrangolari delle celle, e renderle identiche ai confini delle geometrie che devono rappresentare. Calcolo delle geometrie Una volta sintetizzati questi spazi in unico shape la base di partenza è stata costruita. Tuttavia, le ge-ometrie auto costituenti di questi file ha creato problemi nel calcolo delle geometrie delle infrastruttu-re. Come calcolare lunghezza, larghezza, area degli spazi pedonali se le aree, anche quando adiacenti fra loro e, di fatto, facenti parte dello stesso isolato o piazza, risultavano separate l’un l’altra? Pertan-

17 https://maps.google.it/ 18 https://www.google.com/maps/views/streetview?gl=it&hl=it

to è stato fatto ricorso all’editor e con lo strumento union tutte le geometrie adiacenti tra loro, sono state unite. Questi primo risultato coincide con l’avere a disposizione, al netto dei promiscui attraversamenti pe-donali,la rete stradale pedonale, per la quale si è proceduto ad un primo calcolo dell’estensione della stessa, isolato per isolato, per poi procedere a relativa classificazione. I risultati sono stati classificati in tre classi (Bassa, Media, Alta): ne emerge come le aree con la rete pedonale più estesa siano quelle dei parchi e dei giardini pubblici, nonché quelle in cui si concentrano aree pedonali. Infine queste tre classi sono state pesate con valori da 1 a 3 ed ogni cella della griglia 2 per 2 è stata pesata sotto il nuovo campo “Area”. Da sottolineare che, dopo aver calcolato la pendenza (slope), grazie ai punti quotati, il risultato otte-nuto in quanto irrilevante, non è stato considerato, in un contesto di pianura quale quello preso in e-same.

“Fig. 3 – Spazio discreto (2 metri x 2 metri), estratto di un elaborato in ARCMAP” 2.2 La quantificazione delle attrezzature pedonali Una volta ordinato e conclusa la prima analisi incentrata sullo spazio pedonale stesso, si procede ad un’indagine micro locale delle attrezzature pedonali, precisa ed attendibile tanto quanto sono ricche e precise gli oggetti d’indagine che riprendiamo di seguito. Lo scopo è arricchire la classificazione delle singole celle come fatto per il calcolo delle geometrie. Se si pensa che uno spazio, oltre ad essere esteso e continuo, può essere dotato di attrezzature quali fontanelle dell’acqua potabile, bagni pubblici, alberi in grado di creare ombra, rinfrescare ed ossige-

nare gli spazi, la presenza di corsi d’acqua o elementi idrici, aiuole e spazi verdi in grado di rendere l’esperienza del camminare più confortevole e, per così dire, facilitata da tutte le attrezzature presenti. Fontanelle, alberi isolati, aiuole, verde, acqua Le coordinate degli shape puntuali ricavati dal Open Data Milano - le fontanelle - sono state trasfor-mate mediante software TRASPUNTO da Gauss Boaga a WGS84, di modo tale da poterle inserire nell’analisi. È stata fatta una selezione con raggio d’influenza di 20 m e sono state pesate (con il va-lore 1) le celle afferenti a questa prima indagine, sotto il nuovo campo “fontanelle”, short integer. Successivamente per lo shape puntuale degli alberi è stato fatto riferimento al DBT di Milano alla voce P060403_Albero_isolato_z1. È stata fatta una selezione con raggio d’influenza di 5 m e sono state pesate (con il valore 1) le celle afferenti a seconda indagine, sotto il nuovo campo “alberi”, short integer. Per quanto riguarda lo strumento poligonale aiuole – reperito all’interno dello shape A060401_Area ver-de – è stato effettuato un procedimento si selezione e controllo dal web delle informazioni rilevanti. Inoltre è stato fatto riferimento al confine dei parchi grazie ad uno shape ricavato da Open Data Milan, sempre ela-borando il dato del DBT A060401_Area verde. Infine, anche in riferimento anche allo shape A040102_Specchio d'acqua sono state condotte due selezioni, e sono state rispettivamente pesate (con il valore 1) le celle afferenti a questa selezione, sotto i nuovi campo “verde” (dato dall’unione delle aiuole de dei parchi e giardini) ed “acqua”, entrambi short integer.

“Fig. 4 – Tabella attributi circa la classificazione delle infrastrutture ed attrezzature pedonali” Infine, la tabella attributi della griglia 2x2 è stata arricchita ulteriormente creando un ultimo campo “totale”, rappresentativo del valore dei campi compilati e pesati in questi passaggi. Pertanto, ogni cella, presenta valori da un minimo di 1 ad un massimo di 6, ed è stata classificata, mediante opportuna simbologia, in sei classi rappresentanti la quantificazione della dotazione infra-strutturale pedonale: i) molto alta (6); ii) alta (5); iii) medio alta (4); iv) media (3); v) medio bassa (2); vi) bassa (1).

“Fig. 5 – Estratto di elaborato ARCMAP circa la classificazione finale delle infrastrutture ed attrez-zature pedonali”

“Fig. 6 – Estratto di elaborato ARCMAP circa la classificazione finale delle infrastrutture ed attrez-zature pedonali”

Le due precedenti figure 5 e 6 – estratto di elaborato ARCMAP circa la classificazione finale delle infrastrutture ed attrezzature pedonali, mostrano chiaramente due esempi di rete pedonale differente-mente attrezzati. Se quella in figura 5 è più estesa per dimensioni e più attrezzata, quella in figura 6 presenta bassi di livelli di attrezzature. Pertanto, concludendo questa parte dell’analisi, può essere utile disporre di questo tipo di classifica-zione delle infrastrutture per orientare le scelte dell’amministrazione.

“Fig. 7 – Infrastrutture ed attrezzature pedonali”

3. La possibilità di circolazione pedonale e di attraversamento stradale Il terzo capitolo è incentrato sulla definizione della possibilità di circolazione pedonale e di attraver-samento stradale. L’indagine si allarga e, dall’essere autoreferenziale ed incentrata su ogni singolo isolato, si estende per comprendere l’intera rete dell’isola ambientale, comprendendo il rilievo di tutti gli attraversamen-ti pedonali in sede promiscua. Per fare studi ed indagini sull’intera rete pedonale, occorre costruire il network dataset, quale base di partenza costituita dall’insieme di punti e linee – le cosiddette centerlines – disegnate su misura. Una volta ottenuto l’intera rete, essa si presta a condurre diversi e studi di differente natura (come quello sull’accessibilità attraverso i tempi di percorrenza a piedi). Questa fase richiede la pazienza e la precisione richiesta dalla costruzione del network dataset. I punti di giunzione tra una linea è l’altra devono coincidere: più è approssimativo il disegno, meno le analisi saranno precise. Ultimata la costruzione del nuovo shape file (sempre con l’aiuto delle immagini satellitari disponibili sul web), dall’ARC CATALOG sarà possibile impostare il network dataset, attribuendo valori quali i punti di elevazione (per eventuali sottopassi e sovrappassi), le cosiddette turn per pesare i punti di svolta, se il network si presta per analisi in termini spaziali (metri) oppure temporali (minuti). Interessanti sono alcuni studi su network urbani per il riconoscimento dell’ordine nascosto delle città auto/organizzate, un passo verso il superamento dell’eredità modernista nella pianificazione e nel progetto urbano, così come verso una nuova generazione di strumenti di analisi e di opportunità di progetto per gli urban designers. Si riprende qualche riflessione utile a meglio comprendere come è stata costruita la rete. Inizialmente si assume che un network possa risultare rappresentato in termini formali come un grafo G = (N, K), entità matematica definita da due insiemi (N) di nodi e (K) di coppie non ordinate di no-di, ossia archi: nel caso in cui due nodi siano sottesi al medesimo arco, tali nodi risultano adiacenti. I grafi debbono essere pesati quando s’attribuisce ai singoli archi della rete considerata un valore specifico con G = (N, K, Ω), laddove Ω è il peso associato; in questo caso, un grafo pesato può venire descritto tramite due e/o tre matrici:

i) di adiacenza (A), tramite cui viene restituito un comune grafo G = (N, K), ii) contenente i pesi degli archi (W); iii) nel caso esemplare di un grafo spaziale (o geografico) i nodi hanno una posizione data in

uno spazio euclideo a due o tre dimensioni, gli archi rappresentano reali connessioni fisi-che, e di conseguenza alla matrice (W) si sostituisce la matrice (L), riferita alla lunghezza metrica dell’arco.

Proprio per quanto riguarda la lunghezza, è importante determinare nel modello la lunghezza del per-corso minimo tra due nodi, definita come “somma minima delle lunghezze degli archi tra tutti i per-corsi possibili nel grafo che connettono i due nodi”19; in questo senso, si definisce come lunghezza media dei percorsi minimi la media calcolata su tutte le coppie di nodi del network, espressa nel se-guito e assunta come misura della proprietà di connettività del network: Lunghezza Misura della proprietà di connettività del network.

1 L = ------------ Σdij N (N – 1) i≠jЄN lunghezza media dei percorsi minimi dove dij = distanza, somma minima delle lunghezze degli archi tra tutti i percorsi possibili che nel grafo connettono i a j

Altro indice significativo è quello di efficienza globale, basato sul presupposto che l’efficienza nella comunicazione (εij) tra due nodi i e j del grafo sia inversamente proporzionale alla lunghezza del per-corso minimo che li connette.

19 S. Porta, V. Latora, 2006, “Multiple Centrality Assessment. Centralità e ordine complesso nell’analisi spaziale e nel progetto urba-no”, Territorio, n. 39.

Efficienza globale Misura quanto bene i nodi comunicano attraverso il network.

1 E glob (G) = ------------ Σεij = N (N – 1) i,jЄN

i≠j 1 = ------------ Σ 1/dij N (N – 1) i,jЄN

i≠j

dove εij = efficienza nella comunicazione tra due generici nodi i e j, inversamente proporzionale alla lunghezza del percorso minimo che li connette (εij = 1/dij)

L’efficienza globale risulta comunque normalizzabile nei sistemi metrici tradotti in grafi pesati (a dif-ferenza di quelli topologici, non pesati) dividendo E glob (G) per l’efficienza E glob (Gideal) di un ideale sistema completo in cui è presente l’arco che connette la generica coppia di nodi i-j con lunghezza uguale alla distanza euclidea tra i e j. Normalizzazione del grafo pe-sato

Eglob (G) 1) ------------------- Eglob (Gideal) dove Eglob (Gideal) = efficienza di un ideale sistema completo nel quale l’arco che connette la generica coppia di nodi i – j è presente con lunghezza uguale alla distanza euclidea (lungo una linea retta) tra i e j. 1 Eglob (Gideal) = ------------ Σ 1/dij

Eucl

N (N – 1) i,jЄN

i≠j

oppure Σ dij

Eucl/dij i,jЄN i≠j

2) Eglob (G) = ------------------------ N (N – 1)

Definite le modalità di rappresentazione del network, consideriamo ora i tre indici di centralità indi-viduati originariamente da Freeman, raggruppabili in due famiglie distinte: x) essere centrali come essere vicini agli altri, dove confluiscono la centralità di grado CD e la centralità di vicinanza CC, oppure y) essere centrali come essere tra gli altri, in cui confluisce la centralità di medietà CB; co-munque, nel corso degli anni tali indici sono stati modificati nel corso dell’applicazione a diversi contesti settoriali, tra cui la pianificazione dei trasporti dove l’accessibilità di un nodo è definita dalla sua proprietà di essere raggiunto in breve dagli altri nodi (CC); molti altri nuovi indici di centralità sono stati poi introdotti rispetto a quelli già considerati, tra cui quello di efficienza (efficiency), diret-tività (straightness), informazione (information).

“Fig. 8 – Network dataset pedonale” In materia di centralità, l’evoluzione delle network analysis ha raramente coinvolto gli studi urbani e, se alcuni primi contributi sono ascrivibili alla metà del Novecento, è l’apporto di Freeman (197720, 197921) a individuare indici e proprietà dei network complessi, muovendo dal presupposto che – di qualsiasi natura siano – essi condividono alcune proprietà strutturali comuni; i punti base di Freeman coinvolgono un insieme di indici (di centralità di grado = degree, vicinanza = closeness, medietà = betweenness) e le loro proprietà comuni coinvolgono la distanza e l’aggregazione (clustering)22, oltre alla centralità e al grado (degree) dei singoli nodi, pari al numero di connessioni esistenti tra i mede-simi e altri nodi della rete. Dalla teoria dei grafi e dalla sociologia relazionale è stata studiata una nuova indagine per l’analisi delle centralità di un qualsiasi network stradale, ovvero la Multiple Centrality Assesment (Mca). Con lo stumento una tool è stato possibile condurre un0indagile locale e globale circa tre indici di centralità: i) closeness (quanto un elemento è vicino -in termini topologici o metrici -a tutti o solo ad alcuni elementi considerati; ii) beetweenneess (quanto un elemento è fondamentale nella comunica-zione fra due altri elementi del gruppo); iii) straightness (quanto un elemento sia collegato in linea retta rispetto al suo collegamento esistente)

20 Freeman L.C., 1977, “A Set of Measures of Centrality Based on Betweenness”, Social Networks, n. 1. 21 Freeman L.C., 1979, “Centrality in Social Networks: Conceptual Clarification”, Social Networks, n. 1. 22 Giacché è dimostrato che la distanza topologica tra singoli nodi è molto limitata se comparata con la dimensione del network, da cui l’appellativo “small worlds”.

“Fig. 9 – McaAnalysis, indice di Straightness locale”

“Fig. 10 – McaAnalysis, indice di Straightness globale”

4. Prossimità ed accessibilità del trasporto pubblico locale Le ultime analisi hanno riguardato la stima dell’accessibilità del trasporto pubblico locale (TPL), prendendo in considerazione sia le stazioni delle linee della metropolitana, sia il trasporto in superfi-cie. Inoltre hanno contribuito ad arricchire l’analisi anche le stazione della fermata del bikemi che costi-tuisce un servizio di spostamento su velocipedi, tramite affitto dei mezzi. I dati puntuali delle fermate, reperiti da Open Data Milano sonto stati sati adattati al sistema geogra-fico WGS84, grazie al software TRASPUNTO. Le analisi condotte sull’accessibilità sono state di due: quella della Kernel Density e quella della Ser-vice Area. 4.1. Kernel density Trattasi di una tecnica di analisi spaziale realizzata a partire da dati vettoriali puntuali basate sulla generazione di griglie classificate in base ad attributi numerici associati; rispetto agli approcci stati-stici classici occorre tuttavia disporre della georeferenziazione dei dati, considerando gli eventi come occorrenze spaziali del fenomeno considerato; occorre dunque che ogni evento Li sia individuato u-nivocamente nello spazio di coordinate x, y, e di conseguenza si ha che un evento Li è funzione della posizione degli attributi che lo caratterizzano e che ne quantificano l’intensità. Se la semplice funzione di densità prende in esame il numero di eventi per ogni elemento della griglia regolare da cui è composta la regione di studio, la denistà di Kernel considera una superficie mobile a tre dimensioni, che pesa gli eventi a seconda della loro distanza dal punto dal quale viene stimata l’intensità con una densità (o intensità di distribuzione) nel punto L, così definita:

Dove λ(L) è l’intensità della distribuzione di punti, misurata nel punto L; è l’i – esimo evento, K rap-presenta la funzione di Kernel e τ la larghezza di banda, definibile come il raggio del cerchio genera-to dall’intersezione della superficie – entro la quale la densità del punto sarà valutata – col piano con-tenente la ragione di studio. I bacini di omogeneità mutuata dalla densità dei punti rilevati e dal corrispondente peso assegnatogli a seconda della variabile data (in questo caso sul numero di linee per fermata o sul numero di stalli per stazione bikemi), vengono rappresentati mediante scale cromatiche differenti. La dimensione della griglia di riferimento e la larghezza della banda influenzano notevolmente i ri-sultati. Riassumendo, si precisa che tale funzione permette la classificazione dei bacini la cui omogeneità de-riva dalla densità dei punti rilevati e dal corrispondente peso ad essi assegnato per una variabile data, rappresentando la classificazione attraverso scale cromatiche che presentino valori di densità maggio-ri in corrispondenza di ogni osservazione, che diminuiscono all’aumentare della distanza delle osser-vazioni, raggiungendo lo 0 alla distanza del raggio di ricerca: il valore di densità di ogni cella si ot-tiene sommando il valore di tutte le superfici di Kernel che si sovrappongono alla cella.

“Fig. 11 – Kernel Density Estimation” Quindi, per la stima, della Kernel Density basata sugli shape puntuali del TPL e del bikemi, sono stati costruiti rispettivamente due raster pesati sul numero di linee per fermata e su l numero di stalli per stazione bikemi formati da celle quadrate di 10 m, come si evince dalle figure 12 - Accessibilità sta-zioni Tpl (Kernel Density Estimation)”e 13 - Accessibilità stazioni Bikemi (Kernel Density Estima-tion). I due raster sono stati poi trasformati in shapefile, ed stato così possibile classificare la griglia della matrice con le classi di accessibilità.

“Fig. 12 – Accessibilità stazioni Bikemi (Kernel Density Estimation)”

“Fig. 13 – Accessibilità stazioni TPL(Kernel Density Estimation)”

“Fig. 14 – Accessibilità stazioni TPLe bikemi (Kernel Density Estimation)”

“Fig. 15 – Accessibilità stazioni TPL e bikemi (Kernel Density Estimation)” 4.2. Service area È stata in ultimo calcolata la stima di accessibilità delle infrastrutture pedonali facendo ricorso ai mezzi di trasporto pubblico. Strumento essenziale per questo tipo di studio è il Network Analysit, applicativo in forza al software Arcgis che, muovendo dalla discretizzazione del grafo stradale, dato uno o più punti di partenza per-mette di calcolare un insieme di punti nel suo intorno aventi come tratto caratteristico o lo stesso tempo di percorrenza o la medesima distanza percorsa dal punto d’origine da cui si vuole partire. Nelle analisi seguenti verrà impiegato come parametro di valutazione dell’accessibilità il metodo del-le isocrone (termine rappresentativo del carattere temporale di un qualsivoglia evento, ricorrente a in-tervalli periodici conosciuti); saranno definiti pertanto il servizio o l’insieme attrezzature comuni (fa-cilities) considerate a cui andrà attribuito uno o più parametri temporali (service area) calcolati in minuti; considerando la realtà milanese del centro storico, si può affermare l’alto numero di sposta-menti a piedi, pertanto i tempi di percorrenza considerati per consentire l’accesso anche alle fasce deboli della popolazione sono state suddivise nel seguente modo:

Isocrona Tempo di percorrenza (mi-nuti)

1 2 min. 2 4 min. 3 6 min.

In ragione della suddivisione temporale operata, è possibile definire le tre differenti categorie consi-derate nel seguente modo: a) categoria 1: isocrona 2 minuti, caratterizza tutti i servizi con alta accessibilità pedonale; il poligo-no di output sarà caratterizzato da un raggio di circa 133 metri; b) categoria 2: isocrona 4 minuti, caratterizza tutti gli esercizi mediamente accessibili a piedi; la di-stanza di percorrenza a partire dal servizio sarà di circa 267 metri; c) categoria 3: isocrona 6 minuti, caratterizza tutti i servizi con bassa accessibilità pedonale23. Le distanze metriche, ricavate per le differenti categorie d’analisi, sono state valutate prendendo in considerazione la velocità di percorrenza pedonale come valore costante, attestato intorno ai 4 km/h come per le precedenti analisi; il prodotto finale sarà dunque una curva che descrive il luogo dei punti aventi le stesse caratteristiche di tempo e spazio in funzione della velocità, generando un risultato rappresentabile da un numero n di curve concentriche pari alle n isocrone costruite, le quali, attraver-so una corretta costruzione del network stradale adeguato alle esigenze dello strumento Network A-nalyst, è possibile appoggiare tali curve sul reticolo pedonale esistente.

23 Il termine bassa non deve comunque indurre in errore, poiché la distanza analitica è certamente accettabile attestandosi attorno ai 400 m.

“Fig. 16 – Classificazione delle infrastrutture pedonali per gradi di accessibilità dalle stazioni del TPL (Service Carea)”

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