monocraticità e professionalità del giudice
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Monocraticità e professionalità del giudiceAuthor(s): LUIGI de ANGELISSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 6 (GIUGNO 1987), pp. 363/364-371/372Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178678 .
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PARTE QUINTA
sta, infatti, si è registrato il consenso di tutte le forze politiche costituenti la maggioranza di governo e sugli obiettivi da essa
perseguiti vi è un ampio consenso nella dottrina e tra gli operato ri pratici.
In tale ipotesi e in considerazione del fatto che lo scioglimento
anticipato delle camere non scongiura la crisi della giustizia civi
le, qualora cioè occorra comunque fare i conti con questa propo sta di riforma nel corso della X legislatura e non sia possibile
prescinderne per soffermare l'attenzione su altri progetti tecnica
mente più meditati, può essere opportuno tentare di verificare
in che modo sia possibile scongiurare il rischio di una reazione
di rigetto nei confronti degli obiettivi perseguiti, a causa delle
lacune tecniche, e, quindi, di un'ulteriore restrizione delle pro
spettive di riforma alla modificazione delle disposizioni oggetto di referendum.
Già in altre occasioni sono stati posti in evidenza i rischi della
formulazione nelle aule parlamentari di disposizioni tecniche quali
quelle processuali, della difficoltà di coordinamento tra norme
che non possono non formare un sistema unitario e interdipen dente. Non sembra, perciò, da considerare favorevolmente l'ipo tesi di una correzione del testo in sede parlamentare.
Si potrebbe, tuttavia, pervenire alla formulazione di un testo
unificato, utilizzando, a tal fine, i progetti elaborati dalla com
missione designata dall'Associazione fra gli studiosi del processo civile e da Magistratura democratica, nonché le proposte, orien
tate nella medesima direzione di quella governativa, presentate dalle forze politiche di opposizione. Anche tale strada, tuttavia,
presenterebbe il rischio di una alterazione del testo nel corso del
dibattito parlamentare, non essendo evitabile la presentazione e
l'approvazione di emendamenti estemporanei sul testo unificato.
L'alternativa, attuabile anche nel breve periodo, potrebbe esse
re allora quella di estrarre dalla proposta governativa presentata al senato il 16 febbraio 1987 e dagli altri progetti, ai sensi del
l'art. 77 Cost., i principi e i criteri direttivi della riforma parziale ed urgente del processo civile, in funzione della emanazione di
una legge delega concernente gli aspetti unanimemente considera
ti bisognosi di urgente modifica, attribuendo al legislatore dele
gato, secondo una prassi ampiamente collaudata, il compito di
provvedere alla formulazione delle disposizioni tecniche, in modo
da contribuire ad alleviare la crisi della giustizia civile senza su
scitare nuove e complesse questioni di rito.
In riferimento alle proposte di riforma del codice di procedura civile, nel 1923, Ludovico Mortara osservava:«Si discute bene e
concretamente di fronte al testo concreto di un progetto di legge; la discussione ha virtù costruttrice; la critica scevera dal testo il buono, il mediocre, il cattivo; consiglia, migliora, corregge. Se il progetto non esiste ciascuno che prende parte alla discussio
ne si fa, anche involontariamente, autore di un proprio progetto, di cui improvvisa l'abbozzo, e di questo sviluppa, più o meno, la parte che gli sembra più importante. Cosi le fantasie si sbri
gliano senza utile effetto, poiché il riassunto della discussione è una sequela incoerente di idee talvolta ottime ma sempre perso nali, mancanti perciò di un nesso sistematico e inette a indicare una traccia per la futura costruzione» (in Giur. it., 1923, IV, 137).
Oggi, almeno per quanto riguarda gli obiettivi di una riforma
urgente, si può dire che vi sia un largo consenso. Vi sono perples sità sulle soluzioni tecniche. Si tratta, allora, di non vanificare, ancora una volta, i frutti del dibattito, individuando una strada
per l'attuazione.
Il Foro Italiano — 1987.
LUIGI de ANGELIS
Monocraticità e professionalità del giudice (*)
Sommario: 1. La collegialità come fantasma... — 2. ...ragioni — 3. Crisi del processo e monocraticità occulta. — 4. Profili
palesi del problema monocraticità-collegialità. Opzione per il
giudice unico di primo grado. — 5. Cenni su precedenti inizia
tive in tema di monocraticità. L'aspetto della personalizzazione della decisione. — 6. Monocraticità, professionalità, specializ zazione del giudice. — 7. Il disegno di legge Rognoni e le re
centi iniziative «private» in materia. — 8. Attualità delle
resistenze all'introduzione del giudice unico di primo grado. — 9. Conclusioni.
1. - Se si dà una scorsa al dibattito sulla monocraticità del
giudice di primo grado, i cui primi passi sono stati mossi nel
nostro paese ben prima del progetto Rognoni (1), si coglie subito
che manca qualcosa, che vi è silenzio sul fatto che la collegialità nella prassi giudiziaria è molto spesso un fantasma, oppure una
parola forse rassicurante ma con nulla, o quasi, alle spalle. Ep
pure di questo vi è diffusa consapevolezza, anche se spesso super ficiale e contraddittoria, tra gli operatori e non solo tra quelli interni alla magistratura, comunque restii a parlarne al di fuori, ma tra gli stessi avvocati, che non a caso sono soliti attribuire
la decisione al singolo giudice relatore piuttosto che al tribunale, molte volte con nome e cognome.
2. - Ho l'impressione che questo sia accaduto anche nel passa to meno recente, nonostante le opinabili, diverse conclusioni di
un'indagine del 1971 curata dall'Istituto di diritto processuale ci
vile dell'Università di Pisa (2). Si è comunque accentuato negli ultimi anni. Non è certo l'aumento pro capite degli affari e la
conseguente minore attenzione reciproca dei componenti del col
legio — alle questioni approfondite dagli altri ad essere la causa determinante di quel che ho detto.
Credo sia piuttosto il caratterizzarsi della complessità delle liti
in senso sempre più specialistico, con sempre minore soggezione a quei principi generali e a quelle norme dei codici che rappresen tano il linguaggio comune, il minimo comune denominatore delle
conoscenze. Lo stesso «fatto», e vi comprendo i dati tecnici non
giuridici: si pensi ai bilanci della società, è divenuto via via più sofisticato nella sua apprensione e comprensione e più esposto al modo in cui viene presentato e alle valutazioni di chi ne ha
conosciuto direttamente. Questo vale in generale ma è soprattut to vero se si tengono presenti quei collegi che in tantissimi centri di medie e piccole dimensioni — ma non solo: si vedano le tante
sezioni non specializzate dei grandi uffici giudiziari — si occupa no un pò di tutto e nei quali, quindi, la esperienza e la prepara zione specifica (cioè specialistica) dei giudici singoli, e le conseguenti reali capacità di controllo e di incidenza sulla soluzione della cau
sa, sono di frequente minime. Chi decide, allora, è il giudice che, come si dice in gergo, ha studiato la questione. Studio non inteso come naturale e corretta esplorazione negli angoli di un terreno a larghe fila noto ma come acquisizione di dati di fatto e di dirit to muovendosi al buio rispetto a tutto ciò che sta intorno allo
(*) Testo, parzialmente rielaborato, della relazione al convegno orga nizzato a Bergamo dalla locale pretura e dagli Amici dell'università sul tema «Il pretore oggi e domani» (8 e 9 maggio 1987), e dell'introduzione al seminario sulla giustizia civile organizzato a Frascati da Magistratura democratica nei giorni 5-7 giugno 1987.
Sono state aggiunte le note.
(1) Nel 1861-1862, con la proposta Miglietti. Cfr., per una elencazione completa delle prime iniziative in materia, L. Zanuttigh, II giudice uni co nella riforma del 1912, in Riv. dir. proc., 1971, 688, spec. 690, nota 10. Cfr., inoltre, V. Denti, Giudice onorario e giudice monocratico nella
riforma della giustizia civile, id., 1978, 609, anche in Denti, Un progetto per la giustizia civile, Bologna, 1982, 291, spec. 309 (le citazioni verranno da ora fatte da questa raccolta di scritti); M. Taruffo, La giustizia civile in Italia dal '700 ad oggi, Bologna, 1980, 174 - 177.
(2) Cfr. CNR, Università di Pisa - Istituto di diritto processuale civile, Giudice unico e giudice collegiale nel processo civile, Pisa, 1971, passim, spec. 8-11, 91-92;
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
specifico problema. È chiaro allora che è frequentissimo che la
partecipazione degli altri giudici alla decisione diviene solo di fac
ciata, anche perché un diverso tipo di contributo comporterebbe
domande, ricerche, ripensamenti abbastanza paralizzanti di un
collegio che deve andare avanti nel decidere le tante altre cose
portate alla sua conoscenza. Non sembri dissacrante allora che
parli dell'emergere di una monocraticità occulta o strisciante.
Questo, naturalmente, non significa che in certe sedi le partico lari qualità dei giudici e l'affiatamento tra di loro non diano vita
a discussioni reali e proficue, e che anzi, in alcuni casi, non si
verifichi una sorta di abuso di collegialità, e cioè consultazioni
e riconsultazioni di continuo, magari anche telefoniche, a volte
senza nessuna programmazione e coordinamento, con non poche
conseguenze sul piano della produttività e dell'efficienza.
3. - Da questa premessa potrebbe ricavarsi che il problema del
la monocraticità è un falso problema, in quanto farebbe discute
re sull'introduzione nell'ordinamento di qualcosa che di fatto già esiste. Ma la superficialità di questa conclusione non deriva solo
dal fatto che estremizza i rilievi che prima sono andato facendo.
Scaturisce soprattutto da una sottovalutazione di come la forma
e i suoi meccanismi si riverberi sulla sostanza, di come la proce dura pensata per un giudice un po' monocratico e un po' colle
giale sia comunque portatrice di inefficienza (3). Il giudice unico
del collegio — mi si passi il bisticcio (apparentemente) schizofre nico — deve infatti in ogni caso riferire agli altri e quindi tenerne
conto, e tener conto del loro carico di lavoro, del numero di
cause fissate per quell'udienza, dei loro dati caratteriali e dei loro
tempi di percezione, di eventuali, e non rare, insofferenze o riva
lità magari statistiche, e anche di possibili ritorni improvvisi di
collegialità, sia pure di superficie. E queste non sono cose da
niente, come può verificare quotidianamente chi sta dentro l'isti
tuzione. Ma soprattutto vorrei sottolineare che tal tipo di mono
craticità, come ogni altro meccanismo occulto, è potenziale fonte
di varie forme di distorsione, tra l'altro favorite dalla mancanza
di quella responsabilizzazione personale della decisione su cui spen derò qualche altra parola in seguito.
Tirando quindi le prime fila del discorso, penso che, se è vero
quel che ho detto, i fantasmi, oltre che far paura, incidono anche
sul modo concreto di fare giustizia.
4. - Ma arriverei ora a parlare più direttamente del problema
monocraticità-collegialità nei suoi profili palesi, ribadendo che non
disconosco assolutamente l'apporto di riflessione e di confronto
che a volte può dare la camera di consiglio, ove funzioni. Anzi
mi capita assai spesso, nella solitudine del pretore, di sentirne
la mancanza e di avvertire quasi come una condanna la monocra
ticità. È che però credo che in ogni caso sia un lusso che il siste
ma non si può permettere (4). Non so se sia il caso di ricordare
al riguardo che quella su cui si discute è una giustizia che versa
in una situazione rovinosa. Adopero questo aggettivo ma avrei
solo da scegliere tra gli altri che si trovano nelle varie valutazioni,
più o meno coloriti ma tutti sempre molto pesanti (5). E non
mi riferisco solo ai tempi del processo, che sono l'aspetto più
grave e direi appariscente del problema, ma più in generale alla
qualità della risposta giudiziaria alle domande, vecchie e nuove, che pone la società civile.
Non si dimentichi, allora, che non si tratta di far funzionare
meglio qualcosa che va. Se vogliamo, la scelta è più facile, in
quanto si tratta di tentare di rendere decente qualcosa che spesso non lo è. E, in tale logica, certo di lussi non se ne dovrebbe proprio
parlare. Del resto ad essi si è in parte rinunciato in altri ordina
menti (francese (6) e tedesco) in cui l'idea di collegialità è ancora
più radicata che nel nostro paese, ed altri passi stanno per essere
fatti in questa direzione in Francia. E allora si consideri quanto sia più agile (7), snella e semplificata una procedura gestita e de
cisa da una sola persona, e quanto meglio corrisponda a quei principi cardine dell'oralità, dell'immediatezza e della concentra
zione trasmessici da Chiovenda (8). Del resto, la storia di questi tredici anni e passa di conduzione del processo del lavoro (e non
solo: si pensi al processo delle locazioni e a quello previsto dalla
1. 689 del 1981), pure svoltasi su di un terreno particolarmente
accidentato, mi pare abbia ridimensionato le preoccupazioni che
precedettero l'approvazione della 1. 533 del 1973, su cui il dibatti
to raggiunse la massima tensione al noto convegno di Bologna del 1971 (9), ed abbia anche sciolto quei dubbi che Chiovenda (10) aveva circa la scelta tra monocraticità e collegialità, e la cui solu
zione rimetteva ai risultati dell'esperienza e all'affidamento dei
cittadini in un sistema o nell'altro. Sul punto, anzi, mi sembra
eccessiva la prudenza contenuta nelle proposte di riforma note
con i nomi di Fabbrini e Proto Pisani (11), che riecheggiano le perplessità che ho prima enunciato e che invece già nella relazio
ne al progetto Liebman (12) si dicevano risolte dalla maturazione
dell'opinione pubblica.
5. -1 motivi illustrati, presenti nell'attuale discussione sul pac chetto Rognoni e in genere sulla giustizia civile, sono almeno in
parte comuni a quelli formulati in occasione di precedenti inizia
tive in materia, che vanno dal progetto Miglietti del 1861-1862
al progetto Mancini del 1876-1877, al progetto Martelli Bizzozze
ro del 1878-1879, al progetto Zanardelli del 1902-1903 (che preve deva la monocraticità di primo grado anche del giudice penale), alla legge Finocchiaro Aprile del 1912 (1. 19 dicembre 1912 n.
1311) e alle relative, discusse norme d'attuazione del 1913 (r.d. 27 agosto 1913) stilate da una commissione presieduta da Mor
(3) Sulla compresenza di giudice istruttore e collegio come causa prima del progressivo allontanamento del processo civile dal modello dell'orali tà e della concentrazione, oltre che dell'allungamento sempre crescente dei tempi della giustizia in primo grado, cfr. Denti, Giudice onorario
e giudice monocratico, cit., 309-310.
(4) La collegialità come lusso è un motivo ricorrente in più sedi. Da
ult. cfr. Magistratura democratica, Testo provvisorio di una proposta di riforme urgenti del codice di procedura civile. Presentazione, § 4, in
Foro it., 1987, V, 76.
(5) Da ultimo cfr. A. Proto Pisani, Emergenza nella giustizia civile, in Foro it., 1987, V, 1, ove, all'esordio, è anche riportato un severissimo
giudizio di V. Andrioli; Id., Ancora sull'emergenza della giustizia civile, ibid., 181.
(6) Sul problema giudice collegiale-giudice unico in Francia cfr. R. Per
rot, Giudice collegiale e giudice unico nel diritto processuale francese, in Riv. dir. proc., 1982, 377; Id., Le juge unique en droit franfais, in Revue Internationale de droit comparé, 1977, 659.
(7) Per un riferimento alla monocraticità come uno dei requisiti dell'a
gile modello processuale previsto dal disegno di legge delega, cfr. A. Ce rino Canova, In tema di riforma del codice di procedura civile, in Riv. dir. proc., 1982, 318-319.
(8) Cfr. in particolare G. Chiovenda, Lo stato attuale del processo civile in Italia e il progetto Orlando di riforme processuali (1909), in Sag gi di diritto processuale civile, Roma, 1930, I, 413; Id., Relazione sul
progetto di riforma elaborato dalla commissione per il dopo guerra, ibid., 27.
Sulla collocazione di tali principi nel contesto del pensiero chiovendia
no, cfr., da ultimo, Taruffo, Sistema e funzione del processo civile nel
pensiero di Giuseppe Chiovenda, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1986, 1152.
(9) Cfr. Incontro sul progetto di riforma del processo del lavoro, Atti del convegno di Bologna del 12 e 13 giugno 1971, Milano, 1971, passim. V., in particolare, la relazione di G. Fabbrini, Diritto vigente, precedenti e progetti di riforma intorno al processo individuale del lavoro, 24-25. V. inoltre, gli interventi di G. Gionfrida, 32; G. A. Micheli, 51-52; M. Cappelletti, 56-57; C. Fornario, 68; G. Simoneschi, 90-91; F. Go
vernatori, 96-98; G. Verde, 109-110, N. Florio, 112-113; V. Andrioli, 128-129; E. Fazzalari, 134-135. Cfr., inoltre, ma sul problema generale monocraticità-collegialità, M. Cappelletti, Giustizia e società, 1972, Mi
lano, 119, e, in una prospettiva dubitativa, E. Allorio, Commentario del codice di procedura civile, Torino, 1973, I, CVIII-CIX.
(10) Cfr. Principi di diritto processuale civile, ristampa anastatica, Na
poli, 1980, 404-405. Per l'affermazione, all'epoca del progetto del
1919-1920, che «allo stato attuale della pubblica opinione, il giudice col
legiale ispira maggiore fiducia ai litiganti», cfr. Chiovenda, Relazione sul progetto di riforma, cit., in Saggi, cit., Roma, 1931, II, 40.
(11) Possono leggersi in Foro it., 1986, V, 511 ss.
Si pronuncia però in senso favorevole alla monocraticità A. Proto Pi
sani, Ancora sull'emergenza, cit. 182 e, prima, in tema di disegno di
legge delega, Id., Verso la riforma del codice di procedura civile? Pro
spettive in tema di processo a cognizione piena e sommaria in un recente
disegno di legge delega, id., 1984, V, 231, ora in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 427.
È invece dubbioso Fabbrini, Prime considerazioni sul progetto gover nativo, in Foro it., 1987, V, 177.
(12) Può leggersi in Riv. dir. proc., 1977, 452, spec. 456.
Il Foro Italiano — 1987.
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PARTE QUINTA
tara, al progetto Chiovenda del 1920, ai progetti Solmi del 1937
e 1939 (13), alla riforma del processo del lavoro del 1973, al pro
getto Liebman del 1977 e al disegno di legge delega per il nuovo
codice di procedura civile del 1981-1984 (14) che a quello si ri collega.
Non mi soffermo su questi precedenti. Mi sembra solo il caso
di dire che alcune regolamentazioni, ad esempio quella del secon
do progetto Solmi, per la quale doveva essere il presidente del
tribunale a scegliere tra giudice monocratico e collegiale, o forse
quella del progetto Chiovenda (art. 153), che rimetteva la scelta
alla volontà delle parti, porrebbero ora problemi di legittimità costituzionale in riferimento al principio del giudice naturale (art.
25, 1° comma, Cost.) (15). Dicevo, comunque, non ritengo di addentrarmi sulle singole
iniziative, anche perché la logica della risposta alla crisi del pro cesso attraverso l'introduzione della monocraticità è notevolmen
te cambiata nel tempo, passando da una di economia di
bilancio (16) ad un'altra di efficienza intesa in senso ampio. A
questo ultimo proposito mi sembra utile notare che nella discus
sione di ora è sfiorata (17) l'esigenza di responsabilizzazione del
giudice nella conduzione del processo e nella decisione, cui ho
fatto cenno in precedenza e di cui si è fatto riferimento sporadi
co, in passato, da parte della dottrina (18). E quando dico re
sponsabilizzazione intendo riferirmi alla personalizzazione della
gestione del procedimento e del deciso, a qualcosa di molto di
verso dalla responsabilità civile della quale si è discusso (fin trop
po) in questi ultimi mesi.
Ripeto, il profilo della responsabilizzazione è solo sfiorato, ed
eppure è a mio parere centrale. Nonostante quel protagonismo che emerge a volte in certi settori, e che è comunque enfatizzato
dal richiamo esercitato da alcuni casi e dalla capacità moltiplica trice dei mezzi di comunicazione di massa, continuo a pensare che nel suo complesso la magistratura, per quel che ci occupa ora quella civile, pecchi da sempre di eccesso di prudenza, inteso
non come sacrosanta cautela e riserbo nello svolgimento della
funzione ma come riluttanza nello scegliere, come volontà di sfu
mare le responsabilità. Giustamente qualcuno ha parlato di usbergo
garantistico della collegialità (19), soprattutto in considerazione
dell'inesistenza nel nostro ordinamento, e anche nei progetti di
riforma, dell'opinione dissenziente. Non si dimentichi, d'altro can
to, che ragioni di questo tipo contribuirono, come da tempo si
è accertato (20), a far fallire in meno di un anno, e senza che di fatto trovasse applicazione pratica, la legge Finocchiaro Aprile del 1912 che ho prima ricordato, che all'art. 18 contiene il primo tentativo di introduzione nell'ordinamento del giudice unico di
primo grado pur in una logica diversa dall'attuale (v. anted).
Quello della responsabilizzazione o personalizzazione è, come
dicevo, un aspetto centrale in quanto non investe solo i tempi, l'efficienza del processo e lo stesso decisum. Ma tocca anche pro fili più generali, e cioè quello stesso ruolo di mediazione e di
risoluzione dei conflitti del giudice che è andato man mano emer
gendo nella società contemporanea (21).
Ecco, di questo non si dice nel recente dibattito, neppure da
parte di fonti politiche, stricto o lato sensu, come non si parla più in generale di come la monocraticità — lo rilevava nel 1977 Denti (22) nel criticare l'attenzione meramente tecnica alla base dello schema ministeriale di allora — meglio si attagli a quel ruolo.
E cosi non vengono fuori o sono solo abbozzate altre facce
più interne del problema della collegialità, sia quelle classiche —
ricorro ancora a Denti (23): giustizia illuminata (tre giudici deci
dono meglio di uno), imparziale (controllo reciproco), indipen dente (l'anonimato) — sia il fatto che con essa, soggetta ovviamente alle regole della maggioranza, si riduce la possibilità di deviazione dagli orientamenti giurisprudenziali prevalenti.
Ci sarebbe allora di chiedersi — ma questo porterebbe troppo lontano — se tutto ciò manca nel dibattito odierno perché è dato
per scontato, ovvero se sia piuttosto il frutto di un ripensamento in atto sul ruolo di mediazione e risoluzione dei conflitti del giu
dice, o sia un tabù che è meglio non toccare, sembrando preferi bile ricorrere, per far passare una riforma, ai profili tecnici ed
efficientistici su cui l'intesa è sempre più facile.
6. - Nella relazione al disegno di legge Rognoni è contenuto
uno spunto circa il nesso tra monocraticità e professionalità (24) del giudice, di cui si è del resto tenuto debole conto anche nelle
precedenti discussioni (25).
Quello della professionalità è un motivo che ha facile capacità
d'aggregazione di consenso, soprattutto nell'attualità in cui di pro fessionalità vi è a tutti i livelli e settori un'enorme richiesta, a
volte anzi cosi abusata da sembrare di stile. Ecco, mi permetto di dire che quando parlo di professionalità non mi riferisco tanto
allo scontato reclutamento dei capaci, ma piuttosto alla forma
zione iniziale e successiva, sulla cui importanza vi è sempre mag
giore consapevolezza (26). E al riguardo mi sembrano
particolarmente meritevoli di segnalazione quegli studi e lo stesso
progetto Mirabelli (27) sulla riforma dell'ordinamento giudiziario che hanno utilizzato l'idea della c.d. formazione permanente sul
la falsariga della nota scuola francese per magistrati (28). Ma in
questa logica, che, tengo a precisarlo, non è di selezione intesa
come gerarchia di valori (29), soprattutto intendo dare della pro fessionalità un significato molto più discusso e sulla cui impor tanza pure credo moltissimo, quello della specializzazione. E sulla
quale ho la consapevolezza che esistono resistenze decise in tante
sedi ma anche nella magistratura, per ragioni culturali — che
trovano riscontro oggettivo nei criteri dettati dal Consiglio supe riore della magistratura in tema di incarichi direttivi — ma per non meno incidenti ragioni corporative. In generale sono dell'o
pinione che la complessità dei rapporti economici e sociali e delle
norme giuridiche che li rispecchiano, la sofisticatezza della realtà
da maneggiare, soprattutto la diversità di metodo di approccio ai problemi nei vari settori e la differenza di mentalità che richie
dono, la problematicità di individuazione delle fonti, la stessa
difficoltà di formazione di un'adeguata attrezzatura materiale, la necessità di decidere il più possibile e il più in fretta possibile,
(13) Cfr. Zanuttigh, op. tit., 690, nota 10.
(14) Si può vedere in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1981, 645.
(15) Cfr., per l'affermazione della non agevole praticabilità di soluzio ni di tal tipo, anche sotto il profilo costituzionale, Denti, Una difesa d'ufficio, in Foro it., 1987, V, 173.
(16) Cfr. Taruffo, La giustizia civile, cit., 174.
(17) Cfr. Magistratura democratica, Testo provvisorio, cit., 77.
(18) Cfr. Denti, Giudice onorario e giudice monocratico, cit., 310.
(19) Denti, op. ult. cit., 310.
(20) Cfr. Zanuttigh, op. cit., 693; Taruffo, La giustizia civile, cit., 175.
(21) Sul punto cfr. Denti, Giudice onorario e giudice monocratico, cit., 311.
(22) Denti, op. loc. ult. cit.
(23) Denti, op. ult. cit., 308; ma v. già Denti, Giudice monocratico o giudice collegiale?, in Riv. dir. proc., 1966, 86. Cfr. sul punto, anche G. Tarzia, Giudice professionale e giudice laico, id., 1980, 443, che si
esprime, tra l'altro, in senso favorevole (pag. 445) alla scelta del giudice monocratico di 1° grado, pur con qualche cautela (pag. 445, spec. 446).
(24) V. Disegno di legge n. 2214/S/IX concernente i provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei tempi della giustizia civile. Relazione, § 2, in Foro it., 1987, V, 124.
(25) Cfr., ad es., molti dei contributi in Incontro sul progetto di rifor ma del processo del lavoro, cit., passim.
Ma v., anche, Fazzalari, Problemi e prospettive del processo civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1984, 349.
(26) Cfr., ad es. F. Carpi, G. Di Federico, M. Nobili, Formazione degli operatori di giustizia e riforme processuali, in Quaderni giustizia, 1986, n. 65, 1 ss.; V. Fazio, Formazione professionale e cambiamento: una proposta di analisi sulla magistratura, in Questione giustizia, 1985, II, 287; C. Viazzi, Il reclutamento e la formazione professionale dei ma
gistrati: una questione cruciale di politica istituzionale, id., 1984, II, 307.
(27) Del progetto Mirabelli (Schema di disegno di legge per la riforma dell'ordinamento giudiziario, elaborato dalla commissione riforma orga nica ordinamento giudiziario istituita con d.i. 19 maggio 1982) cfr. gli art. 138-143 sulla Scuola superiore della magistratura.
(28) Cfr. sulla formazione permanente, Fazio, op. cit., 313, la cui po sizione è estremamente cauta circa l'istituzione di una struttura naziona le. Per una prima informazione sull'École Nationale de la magistrature, cfr. F. Pintor, Il reclutamento, il tirocinio e la formazione professionale degli uditori di giustizia in Francia, in CSM, Il magistrato: dal recluta mento alla formazione professionale, Roma, 1982, 157 ss.; Viazzi, op. cit., 332, nota n. 71.
(29) Cosi, invece, Denti, Una difesa d'ufficio, cit., 172.
Il Foro Italiano — 1987.
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MONOGRAFIE E VARIETÀ
pongono in maniera pressante la questione del giudice specializ zato, come hanno posto da tempo quella dell'avvocato specializ zato. Quest'esigenza è naturalmente più acuta se chi decide è solo, e per di più utilizza un procedimento che non offre grandi spazi ai ripensamenti, che dà al pretore poteri provvisori particolar mente incisivi, che prevede la provvisoria esecutorietà della pro nuncia di primo grado. E sarebbe ancora più acuta se, anche alla luce di quanto dettato nel disegno di legge delega, trovasse attuazione generalizzata, anche se con le note modifiche, uno sche ma di processo del tipo di quello previsto in materia di lavo ro (30), attuazione che pure mi sembra più che opportuna. Quello che ho detto comporta che non è solo un'incongruenza logica e formale, già segnalata nelle proposte di Magistratura democra tica (31), la compresenza di tribunale e pretore come giudici di
primo grado nel disegno di legge Rognoni, che comunque già ha il pregio di moltiplicare il numero dei giudici e quindi di per mettere una migliore divisione delle cause; comporta però pure che rende inevitabile incidere sull'organizzazione giudiziaria per ché si prenda in considerazione la attuazione di soluzioni adotta te in altri paesi (penso al giudice itinerante) (32), o perché si realizzino quelle aggregazioni di sedi che consentano che ogni uf ficio abbia una dimensione tale da permettere un riparto delle
materie tra i giudici, naturalmente con gli accorpamenti inevita bili e di buon senso, e quindi, appunto, l'acquisizione di profes sionalità specialistiche. Ma cosi dicendo non voglio criticare il
progetto, la cui prudenza deriva da una giusta volontà di essere morbido nell'impatto con l'esistente e con i piedi per terra. Vo
glio però indicare una via tendenzialmente da seguire e, a solo titolo di esempi e con un bel po' d'utopia, alcune possibili misure da adottare. La fantasia, quindi, potrebbe suggerirne altre.
Riassumendo sul punto: le esigenze della società attuale sono ormai tali da rendere poco credibile nel prodotto che rende, oltre che inefficiente, il giudice il quale, sorta di «magistrato condot
to», che non può però al momento opportuno servirsi dello spe cialista (come accade nell'ordinamento statunitense: v. l'istituto AdV amicus curiae), deve occuparsi di tutto. Nel caso poi del giu dice monocratico e con un processo del tipo di quello che si va a proporre, ritengo che tale non credibilità e tale inefficienza si
aggravino. È quindi necessario specializzarlo e intervenire sull'or
ganizzazione giudiziaria, anche se con saggia gradualità, ed è pu re necessario prevedere, nel caso di trasferimento da un settore ad un altro dei vari giudici, meccanismi, modi e tempi istituzio nalizzati di riconversione, ora lasciati all'approssimazione e alla buona volontà dei singoli, perfino a livello di giurisdizione di
legittimità. E questo contribuisce a causare quella crisi di autore
volezza della Cassazione che cosi bene Michele Taruffo (33) ha di recente messo in evidenza e che non è certo estranea ai tanto
criticati contrasti nella giurisprudenza di merito oltre che in quel la di legittimità, con buona pace della funzione di custodia della
legalità e di assicurazione dell'uniformità delle decisioni istituzio
nalmente propria della Corte di cassazione.
7. - Ho più volte fatto riferimento ad un disegno di legge (n. 2214/S/IX) che tra l'altro introduce tra i provvedimenti urgenti
per l'accelerazione dei tempi della giustizia civile la monocraticità del tribunale, con la previsione di alcune ipotesi di collegialità riservata (34); monocraticità e riserva prese in considerazione dal l'art. 2, lett. /, del disegno di legge delega (35) e del testo, modi
ficato, proposto dal relatore alla commissione giustizia del senato
Lipari nel 1985 (36). È poi noto che la corrente dei giudici di Magistratura democratica (37) ha stilato una propria proposta in
analoga direzione, ma con non poche differenze. Come pure, su invito dell'Associazione italiana degli studiosi del processo civile
Fabbrini, Proto, Pisani e Verde in un primo momento, e poi Fabbrini e Proto Pisani (38), hanno redatto le «Proposte di rifor ma urgenti del processo civile», non trascurando l'aspetto della monocraticità di cui hanno sottolineato la positiva incidenza effi cientistica rimandando però al politico, non al tecnico, di sentire, come hanno detto, «se la società attuale è disposta ad una suffi ciente fiducia verso lo Stato giudice, tanto da accettare la elimi
nazione, totale o parziale, della collegialità» (39). Tutte queste iniziative passano attraverso la modifica dell'art.
48 ord. giud., anche se con diverse previsioni testuali e anche se nelle proposte di Magistratura democratica il riferimento a tale norma non è espresso.
Mi sembra il caso di soffermarmi sul testo ministeriale, avendo le altre proposte ovviamente semplice natura privata.
La tecnica in esso adoperata è quella di prevedere, con una
regola di particolare asciuttezza, derogata in via transitoria per le sole cause già rimesse per la decisione, che in materia civile la giurisdizione è esercitata da un giudice singolo tranne il caso in cui è previsto l'esercizio collegiale della funzione, per poi abro
gare e modificare tutte quelle norme del codice di rito che con
trappongono il giudice istruttore al collegio e indicare una serie di articoli dello stesso codice e delle disposizioni di attuazione e transitorie in cui alle parole «giudice istruttore» e «collegio» va sostituita la parola «giudice». Quanto al procedimento lascia to alla cognizione collegiale, sono dettate alcune nuove regole, delle quali è particolarmente significativa quella che attribuisce al collegio tutte le funzioni inerenti alla trattazione, istruzione e decisione della causa. È rimasta inoltre inalterata la separatezza della disciplina del procedimento del pretore e del conciliatore
rispetto a quello avanti il tribunale. Si tratta di una tecnica che ha registrato recenti dissensi (40), in particolare sottolineandosi da alcuni (41) pur in una prospettiva di adesione alla linea mono
cratica, che il progetto eliminerebbe norme che costituiscono la
regolamentazione generale del processo a cognizione piena, men tre ormai ingiustificatamente lascerebbe in piedi la diversità di
disciplina per il giudizio monocratico del tribunale e per il giudi zio monocratico del pretore, oltre che conservare l'unificazione del procedimento avanti il conciliatore con quello pretorile.
Da altri (42), che del resto si esprimono dubitamente sulla stes sa scelta del giudice unico di primo grado, si è poi criticato l'ef fetto «terremoto» provocato da una proposta di intervento che non tiene conto del fatto che il secondo libro del codice di proce dura civile è stato pensato per un giudice collegiale, e si è prospet
(30) Sul processo del lavoro come anticipazione di una riforma genera le, cfr., da ultimo, F. Tommaseo, L'espansione del rito del lavoro nelle leggi processuali speciali, in Riv. dir. civ., 1987, II, 69 ss.
(31) Cfr. Testo provvisorio, cit., 78. L'art. 2 f) del disegno di legge delega (loc. cit., 681) si riferisce genericamente al giudice monocratico «salva la attribuzione della competenza al giudice collegiale» in alcuni casi. Nella relazione (ibid., 649-650) è poi lasciata aperta la scelta tra unico ufficio di primo grado (monocratico o collegiale) e duplice ufficio, il pretore monocratico e il tribunale collegiale.
(32) Cfr., in proposito, G. Di Federico, Le più urgenti riforme nel settore della giustizia ordinaria, in Riv. trim, scienza amm., 1985, 113.
(33) Cfr. Taruffo, Linee per una riforma della Cassazione civile, in tervento alla conferenza nazionale del Partito comunista italiano su «Il diritto alla giustizia» tenuta a Roma nei giorni 30 e 31 gennaio - 1° feb braio 1987, 22 ss. del dattiloscritto distribuito.
Sulla mancanza di criteri selettivi delle competenze e sui suoi riflessi sulla funzionalità della Cassazione, cfr. Denti. A proposito di Corte di cassazione e di nomofilachia, in Foro it., 1986, V, 418.
Su problemi vari della Corte di cassazione, cfr., da ultimo, i contributi in Foro it., 1987, V, 205 ss.
(34) Cfr. art. 1-4 del d.l.d. 2214/S/IX cit. e, quanto alla disciplina transitoria, art. 8.
(35) Cfr., per la differenza, postea, alla fine del presente paragrafo. Alla nota n. 45, inoltre, cfr. la diversità con il progetto Liebman. Per la posizione del presidente della commissione che elaborò tale progetto, cfr. E. T. Liebman, Per un nuovo codice di procedura civile, in Rìv. dir. proc., 1982, 29.
(36) Cfr. Delega legislativa a! governo della repubblica per l'emanazio ne del nuovo codice di procedura civile. Relazione alla commissione giu stizia del senatore Nicolò Lipari, in Giust. civ., 1985, II, 331.
(37) Cfr. 162 bis - 162 quinquies c.p.c., nel testo proposto da Magistra tura democratica, cit.
(38) Cfr. proposte Fabbrini - Proto Pisani, cit., § III della presenta zione, chiusa finale del testo e § IV della relazione.
(39) Proposte Fabbrini - Proto Pisani, cit., § IV della relazione; ana
logamente cfr. Fabbrini, Prime considerazioni sul progetto governativo, cit., 178.
(40) Fabbrini, op. loc. ult. cit.; Proto Pisani, Ancora sull'emergenza, cit., 183; G. Costantino, Appunti su d.d.l. n. 2214 del 1987 «per l'acce lerazione dei tempi della giustizia civile», in Foro it., 1987, V, 340, § 2.
(41) Proto Pisani, op. loc. ult. cit.
(42) Fabbrini, op. loc. ult. cit.
Il Foro Italiano — 1987.
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PARTE QUINTA
tata invece una semplice novellazione del modello collegiale per
renderlo più efficiente ed un accostamento ad esso del procedi
mento pretorile, con poi la previsione di casi espressamente indi
cati in cui il tribunale decide monocraticamente applicando le regole
del processo avanti il pretore. Ad alcune di queste critiche ha replicato il presidente della com
missione ministeriale, in particolare, ricordando come il progetto
definitivo Solmi, da cui derivò il codice del 1940, era basato, come accennato prima, sul giudice monocratico e non su quello
collegiale (43). Quanto ad altri dei rilievi mossi, alcuni dei quali mi pare ab
biano elementi di fondatezza, penso da un lato che si sia voluto
mantenere distinto il giudizio pretorile da quello di tribunale per
quell'intento di essere morbidi di cui dicevo a proposito del man
tenimento illogico del tribunale monocratico e del pretore come
uffici diversi, del resto non previsto nel disegno di legge delega
ministeriale. Da un altro che si tratta, come è posto in luce nello
stesso contributo critico che tali rilievi ha enunciato, di soluzioni
tecniche facilmente emendabili.
A questo proposito, nell'affermare la mia adesione di fondo
alla normativa in materia contenuta nel progetto ministeriale, mi
sembra utile evidenziare una carenza che può creare seri problemi
sul piano pratico, ed è la mancanza di una disciplina dei poten
ziali conflitti tra collegio e giudice unico derivanti da ipotesi di
connessione, disciplina invece esistente nelle proposte di Magi
stratura democratica.
Come pure mi sembrerebbe opportuno il richiamo nel giudizio
avanti il tribunale dell'art. 317, 1° comma, c.p.c., quale primo
momento di ampliamento dei poteri del giudice. Ma mi rendo
conto che di tale profilo non è cenno nel disegno di legge dele
ga (44) e che una scelta di tale tipo è frutto di una precisa opzio
ne sul ruolo del giudice nel processo civile e, più in generale,
sulla stessa concezione del processo. Concluderei sul punto condividendo l'intervento ministeriale an
che in tema di riserva di collegialità, che, se proprio deve esservi
(è solo la mia diffidenza verso il massimalismo che non mi fa
pronunciare più drasticamente), pare saggio limitare alle decisio
ni d'appello e ai reclami, alle cause di competenza delle sezioni
specializzate, a quelle in materia elettorale e alle altre in cui l'in
tervento è previsto da norme del codice civile e di leggi speciali.
Come è infatti detto nella relazione al disegno di legge Rognoni,
il prevedere riserva di collegialità per materie determinate, come
è invece indicato nell'art. 2 f) del disegno di legge delega (che
indica anche come altro criterio eventuale il valore della causa (45)),
avrebbe importato l'opinabilità delle scelte e l'apertura di spazi
eccessivi per possibili conflitti tra le funzioni di giudice singolo
e di quello collegiale.
8. - Il larghissimo consenso politico sul progetto Rognoni po
trebbe far pensare all'inutilità di tante delle cose dette fin qui.
Non è solo l'attuale situazione politica che mi convince del con
trario. È invece l'esperienza del passato, cui ho accennato prima, che ha visto cadere molte altre autorevolissime iniziative e soprat
tutto ha visto saltare in meno di un anno (con 1. 11 maggio 1913
n. 457) una legge dello Stato. E, come è stato rilevato da chi
si è occupato del problema (46), la riforma del 1912 fu spazzata via senza neppure che venisse sperimentata, si da far dire che
piuttosto che nelle insufficienze del regolamento del 1913, solita
mente presentate come la causa del fallimento (47), il tentativo (48)
rinnovatore ebbe misera fine perché mancò di un presupposto
indispensabile, costituito da una globale riforma dell'ordinamen
to giudiziario con nuovi modi di reclutamento e selezione dei ma
gistrati, tali da garantire maggiore preparazione ed esperienza
professionale del giudice unico. Né è da sottovalutare l'attacca
mento del ceto forense ai principi del processo liberale, che portò
alla rivolta degli avvocati contro la legge Finocchiaro Aprile; av
vocati che in alcuni centri arrivarono allo sciopero (49) come del
resto i giudici (giustamente qualcuno ha rilevato (50) che neppure
i nomi magici di Calamandrei, Redenti e Carnelutti sfuggirono
al vizio di vedere il processo in prevalenza con gli occhi dell'av
vocato). Come pure non è da trascurare la riluttanza dei magistrati ad
assumersi in prima persona la paternità della conduzione e deci
sione della causa di cui ho parlato prima e che in prospettiva
può essere aggravata dalla programmata introduzione nell'ordi
namento del nuovo regime di responsabilità civile, e proprio per
il giudice monocratico, dato che il collegio, mancando, come si
è detto, la previsione dell'opinione dissenziente (né tale può esse
re considerata la modifica dell'art. 118 disp. att. c.p.c. di cui
all'art. 7, 2° comma, d.d.l. 2214 cit.), continuerà a godere dell'u
sbergo garantistico (v. anted).
Ebbene, come ho cercato di porre in luce, tutte queste cose
esistono ancora e consigliano il massimo impegno e la massima
attenzione.
9. - Per non essere equivocato, mi sembra il caso di sottolinea
re, in conclusione, che la monocraticità non è per me certamente
la panacea, la cura di tutti i mali dai quali è afflitta la giustizia
civile. È solo una medicina importante, che perché abbia effica
cia deve inserirsi in un quadro di intervento articolato e soprat
tutto progettuale, che non può riguardare il solo processo. Per
tantissimo tempo questo è stato consapevolezza solo degli studio
si e anzi della parte più illuminata di loro. Da due - tre anni a
questa parte, dopo la polarizzazione della attenzione verso la giu
stizia penale dovuta alle varie emergenze, si sta verificando un
fatto nuovo: la maturazione di una coscienza molto più diffusa — e anche tra le forze politiche — del grande rilievo della giusti
zia civile nell'ambito del funzionamento della giustizia tout court
e delle istituzioni repubblicane. Bisogna approfittarne. Ben ven
gano provvedimenti anticipatori come il disegno di legge Rogno
ni. Sia però sempre presente che il progetto riformatore deve
andare avanti, pena il rapido assorbimento nello sfascio di quel
po' di buono che le nuove misure possono produrre.
(43) Cfr. Denti, Una difesa d'ufficio, cit., 172.
(44) Sul punto cfr. Taruffo, Note per una riforma del diritto delle
prove, in Riv. dir. proc., 1986, 289.
(45) Il criterio del valore non era presente nel testo proposto dalla com
missione Liebman. Sul punto cfr. Tarzia, Principi generali e processo di cognizione nel disegno di legge delega per il nuovo codice di procedura civile, in Riv. dir. proc., 1982, 38.
Per la tesi della distinzione della competenza tra giudice unico e colle
giale in funzione delle materie e della rilevanza degli interessi in gioco, cfr. Fazzalari, Problemi e prospettive, cit., 349, che pone anche l'accen
to sulla necessità di particolare professionalità del giudice unico.
(46) Cfr. Zanuttigh, op. cit., 693; Denti, L'oralità nelle riforme del
processo civile, in Riv. dir. proc., 1970, 436; Tarotfo, La giustizia civile,
cit., 175.
(47) Cfr. Zanuttigh, op. cit., 697.
(48) Per la definizione della legge del 1912 come tentativo rinnovatore,
cfr. Fazzalari, Cento anni di legislazione sul processo civile (1865-1965), in Riv. dir. proc., 1965, 412.
(49) Cfr. Zanuttigh, op. cit., 694. Per l'incidenza della opposizione
degli avvocati sul fallimento della legge del 1912 e sulle ragioni dell'oppo zione stessa, cfr. L. Mortara, Manuale della procedura civile, IX ed.,
Torino, 1921, I, 301.
(50) Cfr. Denti, Giudice onorario e giudice monocratico, cit., 310.
Per la posizione di Carnelutti sul problema monocraticità-collegialità, v., a proposito del codice del 1940, F. Carnelutti, Caratteri del nuovo pro cesso civile italiano, in Riv. dir. proc., 1941, 43 che afferma che savia
mente la nuova legge mantenne gli uffici collegiali e sostiene, in sintonia
con sue idee precedenti (Id., Intorno al progetto preliminare del codice
di procedura civile, Milano, 1937, 38), non solo la giustezza della distin
zione tra giudice istruttore (unico) e giudice decidente (collegiale), ma
anche la opportunità, appunto fatta propria del codice, di non concepire il giudice istruttore come giudice delegato.
P. Calamandrei (Parere della facoltà di giurisprudenza al ministro della
giustizia sul progetto preliminare del codice di procedura civile, in Pub
blicazioni Università degli studi di Firenze, voli. 11-13, Firenze, 77) so
stiene, a proposito del progetto Chiovenda (v. supra, § 5), che la identità
delle persone fisiche costituenti l'organo giudicante, che è una delle con
dizioni essenziali del processo orale, si attua in modo perfetto nel sistema
del giudice unico.
Ed è questa una delle ragioni che lo spingono «ad esprimere avviso
favorevole all'introduzione del giudice unico, nonostante le minori garan zie che sotto altri aspetti questo sistema presenta nei confronti del giudice
collegiale». Inoltre, sempre secondo Calamandrei, con il giudice mono
cratico meglio si attua il principio dell'immediatezza, e senza che aumenti
il numero dei magistrati, con rilevanti vantaggi della giustizia civile che
in gran parte avrebbero dovuto compensare — cosi almeno sperava —
«i danni innegabili derivanti dalla perdita delle garanzie collegiali».
Il Foro Italiano — 1987.
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