www.storiainrete.comn. 156 | Ottobre 2018 | € 6,90Po

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I SEGRETI DI NIEVOUn misterioso naufragio ha sepolto

per sempre i retroscena dell'impresa dei Mille. E il loro inquieto custode

PROBLEMI DI RAZZA1938: L'Italia vara le leggi razziali tra mille distinguo,molti silenzi e tanti mugugni

Migliaia di stupri, omicidi e violenze, dalla Sicilia alla Toscana, tra il 1943 e il 1944. Tutto ad opera dei soldati marocchini

al servizio della Francia. Un’immensa tragedia dimenticata sullaquale la magistratura militare ha deciso finalmente di indagare

I PASSI DI ANNIBALE22 secoli fa il grande cartaginesearrivava in Italia. Ma in che puntoha davvero attraversato le Alpi?

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14 | STORIA IN RETE Ottobre 2018

Lo scandalo infinito delleMAROCCHINATE

COPERTINA Crimini di guerra francesi

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Ottobre 2018 STORIA IN RETE |15

Un gruppo di goumiers nella tipica uniformea righe, preparano un bivacco durante la Campagna d’Italia. Nel riquadro,la locandina del film «La Ciociara», di Vittorio De Sica, con Sofia Loren (1960)

Donne stuprate a migliaia, bambini violentatie oltre mille uomini uccisi per avercercato di difenderle. Durante la campagna d’Italia i soldati marocchini al serviziodella Francia e del generale Juin si rivelarono eccellenti combattenti e spietatiaguzzini delle popolazioni civili, dalla Sicilia alla Toscana. Grazie anche al celebre filmdi De Sica con la Loren tutti sanno che l’apice delle violenze avvenne in Ciociaria nelmaggio-giugno 1944 a margine della battaglia per Montecassino: ma con quellapagina nera la Francia fatica ancora a fare i conti, tra rimozioni, negazioni e tentatividi sminuire la portata del dramma. Al termine del quale, in effetti, troviamo pochecondanne e pochissimi indennizzi, pagati oltretutto dalla stessa Italia perché cosìprevedeva il Trattato di Pace. Ma ora, forse, qualcosa potrebbe cambiare...

di Pierluigi Romeo di Colloredo

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COPERTINA Le «marocchinate» in Toscana

Molti conoscono le atrocità commesse dalle truppe coloniali francesinel Basso Lazio nel 1944. Pochi sanno invece che quegli episodi furono tutt’altroche isolati, e continuarono durante l’avanzata alleata verso nord fino altrasferimento del Corpo di Spedizione Francese in Provenza, sotto gli occhi im-passibili del personale francese bianco. Dopo quasi settant’anni la memoriadegli stupri e delle rapine dei goumiers marocchini e dei regolari algerini tornaa galla quando vittime e testimoni iniziano a superare la vergogna e l’umiliazione.Come racconta un saggio pubblicato su «Nuova Storia Contemporanea» di cui«Storia in Rete» riporta alcuni passi

di Fabrizio Carloni

CIOCIARIAnon solo in

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Il casale dove avvenne lo stupro dellafamiglia Franci. Sullo sfondo, una scena

da «La ciociara» di Vittorio De Sica

Nel contesto dellaCampagna d’Italiasi è scandagliato conattenzione il rap-porto tra le truppegermaniche e la po-

polazione civile italiana nel periodo 1943-1945. Per quanto riguarda i comportamentidegli Alleati, di contro, manca materiale,soprattutto bibliografico, proporzionatoa quello che è stato prodotto per il fronteopposto. Per quanto riguarda gli Alleatinelle loro varie componenti, c’è da rilevarecome questi ebbero nei riguardi degliitaliani (militari e civili) spesso un com-portamento non meno deprecabile diquello avuto dai tedeschi. (…) Nell’ambitodegli studi (pochi) sulle relazioni tra an-gloamericani e civili e militari italiani, unisolato ed efficace primo clamore lo alzòSandro Attanasio a proposito della Siciliaoccupata, in anni in cui il solo fare cennoalla possibilità che gli Alleati non si fosserocomportati come «liberatori» poteva de-terminare scandalo e riprovazione. Poi,successivamente, documentati e ben pian-tati sul piano scientifico, ma isolati e pocodiffusi tra il pubblico meno specializzato,sono stati pubblicati i libri di Paolo DeMarco, Tommaso Baris e Gloria Chianese.Questi autori, con i loro riferimenti aquanto avvenuto a Napoli e nel bassoLazio ad opera dei coloniali francesi –

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ANNIVERSARI Le leggi antiebraiche

Ottant’anni fa un’improvvisa accelerazione porta ilRegime Fascista ad adottare in pochi mesi una legisla-zione razziale ricca di contraddizioni e distinguo chesuscita anche l’opposizione di importanti gerarchi. Maalla fine il Re (riluttante) e il Parlamento (a ranghiridotti) promulgano le leggi che discriminano gli ebreinel silenzio di ampi settori della Chiesa e della società.Curiosamente, cinque anni più tardi, le norme che leabrogheranno porteranno in calce la stessa firma dichi le aveva firmate: Vittorio Emanuele III.

di Aldo A. Mola

1938, quanti pasticci in nome della

RAZZA

Affrontare in poco spa-zio un tema vastissi-mo come il varo dellalegge «contro gliebrei» approvata dalParlamento italiano

il 14-20 dicembre 1938 è compito arduo,anche perché il tema è stato arato damolte opere sistematiche e da decine dimigliaia di «memorie», saggi e articoli.In premessa va precisato comunque cheil termine «leggi razziali» sotto il quale

generalmente quelle norme vengono ri-cordate è improprio. E’’ più corretto parlaredi provvedimenti, disposizioni e norme«nei confronti di» (o «contro», per evitaresuperflui eufemismi) cittadini italiani «dirazza ebraica» e va precisato che in nessuntitolo quella congerie di «atti» si riferiscea «israeliti», cioè a italiani professanti lareligione di Abramo. A parte il RegioDecreto del 7 settembre 1938, n.1381,«Provvedimenti nei confronti degli ebreistranieri», tutta la normativa antiebraica

1939: un negozio di calzatureinforma i clienti che i proprietari

dell’esercizio non sono ebrei.In alto, l’annuncio

dell’approvazione dellalegislazione razziale in Italia

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MISTERI Se la Verità cola a picco

i«Mille»

Joseph Rebell, «Burrasca al tramonto pressoi faraglioni di Capri». La nave Ercole, con a bordo Ippolito Nievo (nel riquadro) e una cassa di documenti sulla gestionefinanziaria della Spedizione dei Mille affondò la notte fra il 4 e il 5 marzo 1860 in una tempestaa largo dell’arcipelago campano

segreti di Nievo

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Il giovane e celebre scrittore partecipò all’impresa di Garibaldi nel 1860rivestendo un incarico importantissimo: era il numero due dell’Intendenza. In-somma, era «l’uomo dei soldi»: da gestire, da spendere, da proteggere… Benpresto la stampa iniziò ad avanzare dubbi sulla provenienza di quei fondi e so-prattutto sul modo in cui erano stati gestiti. Nievo, onesto e idealista, voleva di-mostrare la sua correttezza e denunciare le malversazioni di cui era a conoscenza.Ma la nave con cui lasciò Palermo non arrivò mai sul continente. Uno strano eprovvidenziale naufragio, senza superstiti, mandò a fondo tutti i passeggeri,carte e denaro. E così, a pochi giorni dalla proclamazione del Regno, l’Italiaebbe il suo primo mistero di Stato. Il primo di una lunghissima serie

di Pino Aprile

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ANTICIPAZIONIStoria segreta

Uno dei retroscena meno noti della caduta del Regno delle Due Sicilieriguarda il fatto che a Torino si sperava che i Borbone venissero rovesciati dauna sommossa popolare prima dell’arrivo di Garibaldi. A preparare quellarivolta, corrompendo ministri e generali napoletani sotto l’attenta regia diCavour, fu soprattutto l’ammiraglio Persano. Ma le cose andarono diversamentee Persano finì per facilitare ulteriormente il lavoro a Garibaldi. Un tratto poconoto della biografia dell’uomo che ha legato il proprio nome alla sconfittanavale di Lissa del 1866. La ricostruiamo grazie ad un estratto da un nuovosaggio di cui anticipiamo alcune pagine

di Nico Perrone

PERSANOIl gran corruttore

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Si potrebbe discutere se nel1860, a Napoli, Garibaldiavesse veramente vinto: dicerto, egli aveva conquistatola capitale, una conquista cuiseguì la presa dell’intero Re-

gno delle Due Sicilie. Non si trattò peròdi una vittoria sul campo. D’altronde, ilresoconto dello stesso protagonista del-l’impresa mostrava più reticenze che re-soconti dei fatti. L’enfasi delle parole diGaribaldi invita a pensare a una vittoria.Di certo l’eroe resterà la figura dominantedel capitolo della storia patria che haconcluso il Risorgimento con l’annessioneal Regno di Sardegna dell’intero Regnodelle Due Sicilie, che copriva il territoriopiù esteso della penisola. Naturalmenteè lecito discutere anche su cosa sia vera-mente una vittoria: si può vincere sulcampo con le armi, oppure guadagnandosiil consenso internazionale, quindi me-diante l’influenza sull’opinione di gover-nanti e governati, e anche attraverso abiliazioni diplomatiche. Non dovette esserela prima ipotesi quella realizzata da Ga-ribaldi nella capitale partenopea. (…)

Garibaldi non disse mai quanto denarofosse corso per «l’ingresso nella grandecapitale». Effettivamente esso non dovettepassare attraverso le sue mani, perché ilmaneggio di certe operazioni era statoaffidato a un alto ufficiale della marinadel Regno di Sardegna, l’ammiraglioCarlo Pellion di Persano (1806-1883). Per la buona riuscita di quellaconquista e per non sottrarre meritial pantocratore torinese [cioè Cavour,NdR], egli fino all’ultimo si era dovutotenere alquanto nell’ombra: eppure propriolui era stato l’uomo chiave, ma non ilprotagonista consacrato, avendo operatoin segreto per far cambiare fronte ai co-mandanti militari borbonici. In buonaparte quell’operazione riuscì; naturalmentenon aveva agito di propria iniziativa, maper incarico segreto ricevuto dal presidentedel Consiglio del Regno di Sardegna,Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861), il quale a quel tempo era inoltreministro della Marina e degli Esteri. (...)

Carlo Pellion di Persano(1806-1883), venneinviato da Cavour nel Regno delle DueSicilie percorrompere gliufficiali napolitanie favorire la cadutadel Regno primache esso venisseconquistato da Garibaldi. Nell’altra pagina,l’ingresso dell’Eroe deiDue Mondi a Napoli, il 7 settembre 1861

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58 | STORIA IN RETE

GRANDE GUERRA Eroi dell’Aria

Si chiamava Ernesto Cabruna ed è stato uno deitanti eroi italiani della Prima guerra mondiale chevale la pena di ricordare ancora. Un eroe «con le ali»visto che dai ranghi dell’Arma dei Carabinieri partecipòagli esordi della nostra aereonautica militare. Eccostoria e vittorie di un carabiniere che l’Italia iniziò aconoscere e ammirare giusto cent’anni fa, grazie aduna copertina della «Domenica del Corriere» e adun titolo che diceva tutto: «Uno contro undici»

di Vincenzo Grienti

Il «Carabinie

Nei cieli della Grande Guerra gli assi del-l’aviazione italiana come Francesco Baracca,Fulco Ruffo di Calabria, Giorgio Michetti,Pier Ruggiero Piccio, Ferruccio Ranza, MarioStoppani e tanti altri piloti, compresi quellidella squadriglia del Grifone e degli idrovolanti

della Regia Marina, scrissero pagine indimenticabili di storia del-l’aeronautica. Tra questi Ernesto Cabruna, «il carabiniere volante»,chiamato così per via della sua provenienza dall’Arma dei Carabinieri,che portò a segno ben otto vittorie ottenendo promozioni emedaglie ma anche la copertina a colori de «La Domenica delCorriere» (il numero 36 dell’8-15 settembre 1918, firmata dal di-segnatore Achille Beltrame) con il titolo «Uno contro undici».L’episodio che lo vide protagonista accadde il 29 marzo 1918quando Cabruna, una volta avvistati un bombardiere austriaco edieci caccia di scorta che stavano per penetrare in territorio italiano,senza pensarci due volte e con straordinaria abilità, si fiondò inmezzo agli aerei austro-ungarici con l’intento di attaccare il velivolodel capo stormo. Lo spericolato attacco ebbe successo e vedendoprecipitare il proprio comandante, i gregari si dispersero e ripiegaronoverso la loro base, rinunciando alla missione. Un’azione riassunta inpoche parole sul documento che documenta quel volo e custoditotra le fonti storiche dell’Arma dei Carabinieri: «Affrontati, da solo,undici apparecchi nemici abbattutone uno, messi in fuga gli altri –

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Ernesto Cabruna davanti al suo SPAD S.VII.Nell’altra foto, la copertina della «Domenica

del Corriere» dedicata all’impresa di Cabruna,intitolata «uno contro undici»

ere Volante»

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70 | STORIA IN RETE

VIAGGI IN ITALIAAnnibale sulle Alpi

Nell’ottobre del 218 a.C., Annibale si affaccia sullaPianura Padana. Arriva dalle Alpi con un esercito didecine di migliaia di uomini e quasi 40 elefanti. Iniziasubito a combattere e a vincere ma i primi a far lespese della violenza degli invasori non sono i romanima i Taurini, antenati degli attuali piemontesi. Mal’esercito cartaginese quale passo alpino scelse perarrivare in Italia? Le possibilità, in teoria, erano moltee infatti nel tempo gli storici hanno avanzato varieipotesi. Ma oggi, guardando bene il territorio, un’ideapiù precisa forse ce la possiamo fare

di Massimo Centini

«Scusi, per Roma qstrada mi convie n

Era l’autunno del 218 a.C. quando Annibale,partito il maggio pre-cedente dall’Iberia (cioèl’attuale Spagna) valicòle Alpi e giunse in pros-

simità della città dei Taurini: la Secondaguerra punica aveva ormai avuto inizio.Di quella grande impresa, soprattuttodella scelta strategica che indusse il gio-vane comandante cartaginese (avevaappena 29 anni) a optare per la viaalpina, abbiamo una serie importantedi informazioni, forniteci dal greco Po-libio («Storie», Libro III) e del romanoTito Livio («Storia di Roma dalla suafondazione», Libro XXI); questi duestorici, a differenza di altri, sono entraticon maggiore lucidità nel dibattito legatoalla memorabile marcia di Annibale. In

particolare Polibio dimostra di possedereuna conoscenza superiore dell’argomento;la sua opera è infatti costruita sulla basedi testimonianze raccolte nel 150 a.C.circa 68 anni dopo il passaggio dei car-taginese, nelle zone alpine che viderogli sviluppi della problematica impresa.Polibio scrive che «possiamo parlaresenza incertezze di questi fatti, poichéne abbiamo avuto notizia da testimonioculari, abbiamo visto coi nostri occhiil teatro degli avvenimenti e, per cono-scerli meglio, abbiamo personalmentecompiuto un viaggio attraverso le Alpi».Diverso il lavoro di Tito Livio, che scrissela propria versione oltre un secolo dopoquella di Polibio. La sua «Storia» non sidifferenzia molto da quella del greco;in alcune occasioni Livio offre delle in-tegrazioni che sembrerebbero basate su

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qualee ne...?»

Una xilografia di Heinrich Leutemann:«Annibale attraversa le Alpi» (1866).

Il disegno riprende i dettagli della marcia del condottiero cartaginesecosì come raccontati da Livio e Polibio

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ANTICIPAZIONIMediterraneo

È appena uscita una biografia di Filippo II, ilpotente sovrano di Spagna che a metà Cinquecentofu a capo del più vasto impero della Cristianità. Unuomo tendenzialmente mite e prudente. Costrettoperò a combattere costantemente in Europa, in Asia,nelle Americhe e nel Mediterraneo. I nemici erano, divolta in volta, gli inglesi, i protestanti, i nativi dellenuove terre e, soprattutto, i turchi e i pirati mussulmaniche infestavano il Mediterraneo. Una guerra senzaquartiere che possiamo rivivere nell’estratto del libroche anticipiamo in queste pagine

di Angelantonio Spagnoletti

Le tante guerre del Re pacifico

Mescolando insie-me scelte dettatedalla sua perso-nalità e situazio-ni oggettive pos-siamo dire che

gli obiettivi della politica estera del Reerano quelli di rintuzzare la minaccia chei turchi e i loro alleati facevano gravaresui quadranti centrali e occidentali delMediterraneo, di assicurare l’egemoniaspagnola in Italia attraverso l’imposizionedi una condizione di quiete che necessitavadella collaborazione dei principi e delleélites locali, la collaborazione, con l’aspi-razione alla supremazia, con il ramo im-periale della famiglia, la pretesa di farvalere i propri diritti dinastici ove la si-tuazione era tale da consentirgli di muoversiin tal senso (Portogallo e Francia), la

difesa ad oltranza della propria sovranitàladdove essa era messa in discussione(Paesi Bassi), la lotta per il ripristino inInghilterra del Cattolicesimo da attuaretramite l’insediamento sul trono di SanGiorgio di un sovrano non protestante.Infine, è da rimarcare l’attenzione cheegli prestò all’organizzazione dei territoridel Nuovo Mondo e alla scoperta e alcontrollo di altri collocati nel Pacifico(esempio, le Filippine, ma non solo),dovuta a motivazioni religiose e com-merciali e mirante all’affermazione dellapropria potenza e del proprio prestigioanche su quei mari lontani.

Filippo combattette per gran parte dellasua vita guerre difensive, offensive, difensivee offensive nello stesso tempo, ma l’im-magine che gli storiografi spagnoli, e non

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«Filippo II presiede a un autodafè» di Domingo Valdivieso y Henarejos (1871).

Profondamente religioso, Filippo II d’Asburgosi sentì per tutta la vita investito del compito

di difendere il Cattolicesimo dentro e fuori i confini del suo sterminato impero

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86 | STORIA IN RETE Ottobre 2018

ANTICIPAZIONIDrammi storici

Dietro lo sterminio della famiglia imperiale russa c’è stata un’incredibileserie di sfortunate coincidenze condite da un immenso odio ideologico. Unlibro appena uscito racconta i retroscena della strage di Ekaterinburg nel lugliodi cent’anni fa: la morte dello Zar e dei suoi familiari in primis ma anche ilmistero dei loro gioielli spariti. E un tentativo di salvataggio fallito per un soffio...

di Luciano Garibaldi

«A morte i

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Romanov!»La mattina del 19 luglio

1918, «Izvestja» («No-tizie»), organo ufficialedel governo sovieticopresieduto da Lenin,pubblicava in prima pa-

gina il seguente comunicato: «L’appros-simarsi di bande cecoslovacche minac-ciava il capoluogo degli Urali rossi, Eka-terinburg. Nello stesso tempo, fu scoperto

un nuovo complotto per sottrarre l’im-periale carnefice dalle mani del governoe della giustizia sovietica. Conseguen-temente, il presidente del Soviet degliUrali decise di fucilare Nicola Romanov,e ciò fu fatto ieri 18 luglio. La moglie eil figlio di Nicola Romanov sono statimessi al sicuro». Ciò ch’era accadutopoco più di 24 ore prima, in una stanzaal seminterrato della casa Ipatiev, dove,

dal 17 aprile precedente, si trovavanoprigionieri lo zar Nicola II, la zarinaAlessandra, le principesse Olga, Tatiana,Maria e Anastasia, lo zarevic (l’erede altrono) Alessio, il medico Botkin, il ca-meriere Trupp, la cameriera Demidovae il cuoco Karitonov, è invece così rac-contato dallo scrittore Mino Milani su«Storia Illustrata» di novembre 1971:«Jurovskj estrae la pistola e spara a bru-

Pavel Viktorovich Ryzhenko (1970-2014)«Una foto per i posteri». Ambientazione

autunnale e gli sguardi dei protagonisti sonosimbolici del destino a cui la famiglia imperiale

dei Romanov andrà incontro di lì a pochi anni

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