mercoledì 6 luglio 2016 il ritorno del cavaliere“il cane di mustafà” ... l’italia di renzi...

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Direttore ARTURO DIACONALE Mercoledì 6 Luglio 2016 Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 127 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE GARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà POLITICA MASSIMANO A PAGINA 2 Riflessioni post-attentati: l’Occidente come “Il cane di Mustafà” ESTERI MARCIGLIANO A PAGINA 5 Sangue e terrore allo scalo di Istanbul: le ombre dietro la strage PRIMO PIANO SOLA A PAGINA 3 La politica italiana ritrova un protagonista: il leone di Arcore ECONOMIA COCO A PAGINA 4 Timori finanziari e uscite di scena: la sveglia britannica PRIMO PIANO GUIDI A PAGINA 3 Sbaglia Franceschini, subito il premio alla coalizione Al quadrato renziano manca il lato franceschiniano S ono due i dati politici più impor- tanti emersi dalla direzione del Partito Democratico in cui Matteo Renzi ha sfidato la minoranza dem a cacciarlo vincendo il prossimo con- gresso del partito. Il primo è che l’eterna assise na- zionale del Pd, quella che si consuma ormai da tempo immemorabile e che scarica le sue conseguenze negative sull’intero Paese, è ad un passo dalla sua conclusione. Che non si celebrerà in qualche assemblea di delegati da convocare in un posto ed una data ancora tutta da decidere. Ma che avrà il suo momento culminante e di RUGGIERO CAPONE di ARTURO DIACONALE L e conseguenze di una guerra e di una visione del mondo perdu- rano nei secoli. Al punto da creare posizioni così distanti ed inconcilia- bili che difficilmente gli antagonisti potranno mai convivere in una stessa area, o mercato si direbbe oggi. Il caso sotto gli occhi di tutti è quello della difficile convivenza nel- l’Unione europea tra nazioni medi- terranee cattoliche e nordeuropee calviniste, luterane, protestanti. L’Ita- lia è stata per secoli alleata militare (nonché succube) dell’Impero spa- gnolo, i suoi signori hanno sempre fi- nanziato i capitani di ventura che guerreggiavano contro i tedeschi: come risposta il mondo germanico ci faceva saccheggiare dai lanzichenec- Continua a pagina 2 Continua a pagina 2 L’Italia di Renzi serva degli junker tedeschi decisivo nel referendum costituzio- nale che, come ha spiegato il Premier, non verrà spostato ma si terrà alla scadenza prevista del mese di otto- bre. Il ritorno del Cavaliere Silvio Berlusconi torna a casa dopo l’operazione al cuore con la prospettiva di passare un’estate di convalescenza tranquilla per tornare in campo a settembre ancora al centro della scena politica chi. Nell’Ottocento degli imperi cen- trali c’era una neonata Italia consi- derata dal Nord Europa giovane e inaffidabile nelle alleanze. Nel Nove- cento i tedeschi ci hanno profonda- mente odiati per aver fregato le terre all’Austria, mondo germanofono e germanocentrico, contribuendo di fatto al tramonto dell’egemonia au- stroungarica nella Mitteleuropa. Anche la storia dell’armistizio dell’8 settembre del 1943 non l’hanno poi tanto dimenticata: da allora nessun tedesco si sente alleato dell’Italia e mal convive col Belpaese nell’Ue. Nelle parole del ministro delle Fi- nanze tedesco Wolfgang Schäuble c’è tutto il senso della soluzione finale che caratterizza la visione germanica (e luterana della vita): “Nessuno sconto per l’Italia, per le banche ita- liane, devono fallire”. Sempre Schäu- ble chiedeva quattro anni fa il fallimento dell’Italia, ricordando che alla montagna di debito pubblico ci sono da sommare le tante multe del- l’Ue mai pagate dall’Italia: una cifra astronomica, impronunciabile, che fa paura.

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Page 1: Mercoledì 6 Luglio 2016 Il ritorno del Cavaliere“Il cane di Mustafà” ... L’Italia di Renzi serva degli junker tedeschi decisivo nel referendum costituzio-nale che, come ha

Direttore ARTURO DIACONALE Mercoledì 6 Luglio 2016Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 127 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE GARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

POLITICA

MASSIMANO A PAGINA 2

Riflessioni post-attentati:l’Occidente come

“Il cane di Mustafà”

ESTERI

MARCIGLIANO A PAGINA 5

Sangue e terrore allo scalo di Istanbul:

le ombre dietro la strage

PRIMO PIANO

SOLA A PAGINA 3

La politica italianaritrova un protagonista:

il leone di Arcore

ECONOMIA

COCO A PAGINA 4

Timori finanziarie uscite di scena:

la sveglia britannica

PRIMO PIANO

GUIDI A PAGINA 3

Sbaglia Franceschini,subito il premio alla coalizione

Al quadrato renziano manca il lato franceschiniano

Sono due i dati politici più impor-tanti emersi dalla direzione del

Partito Democratico in cui MatteoRenzi ha sfidato la minoranza dem acacciarlo vincendo il prossimo con-gresso del partito.

Il primo è che l’eterna assise na-zionale del Pd, quella che si consumaormai da tempo immemorabile e chescarica le sue conseguenze negativesull’intero Paese, è ad un passo dallasua conclusione. Che non si celebreràin qualche assemblea di delegati daconvocare in un posto ed una dataancora tutta da decidere. Ma cheavrà il suo momento culminante e

di RUGGIERO CAPONE

di ARTURO DIACONALE Le conseguenze di una guerra e diuna visione del mondo perdu-

rano nei secoli. Al punto da creareposizioni così distanti ed inconcilia-bili che difficilmente gli antagonistipotranno mai convivere in una stessaarea, o mercato si direbbe oggi.

Il caso sotto gli occhi di tutti èquello della difficile convivenza nel-l’Unione europea tra nazioni medi-terranee cattoliche e nordeuropeecalviniste, luterane, protestanti. L’Ita-lia è stata per secoli alleata militare(nonché succube) dell’Impero spa-gnolo, i suoi signori hanno sempre fi-nanziato i capitani di ventura cheguerreggiavano contro i tedeschi:come risposta il mondo germanico cifaceva saccheggiare dai lanzichenec-Continua a pagina 2 Continua a pagina 2

L’Italia di Renzi serva degli junker tedeschi

decisivo nel referendum costituzio-nale che, come ha spiegato il Premier,non verrà spostato ma si terrà allascadenza prevista del mese di otto-bre.

Il ritorno del CavaliereSilvio Berlusconi torna a casa dopo l’operazione al cuore con la prospettiva di passare un’estatedi convalescenza tranquilla per tornare in campo a settembre ancora al centro della scena politica

chi. Nell’Ottocento degli imperi cen-trali c’era una neonata Italia consi-derata dal Nord Europa giovane einaffidabile nelle alleanze. Nel Nove-cento i tedeschi ci hanno profonda-mente odiati per aver fregato le terreall’Austria, mondo germanofono egermanocentrico, contribuendo difatto al tramonto dell’egemonia au-stroungarica nella Mitteleuropa.

Anche la storia dell’armistizio dell’8settembre del 1943 non l’hanno poitanto dimenticata: da allora nessuntedesco si sente alleato dell’Italia emal convive col Belpaese nell’Ue.Nelle parole del ministro delle Fi-nanze tedesco Wolfgang Schäuble c’ètutto il senso della soluzione finaleche caratterizza la visione germanica(e luterana della vita): “Nessunosconto per l’Italia, per le banche ita-liane, devono fallire”. Sempre Schäu-ble chiedeva quattro anni fa ilfallimento dell’Italia, ricordando chealla montagna di debito pubblico cisono da sommare le tante multe del-l’Ue mai pagate dall’Italia: una cifraastronomica, impronunciabile, che fapaura.

Page 2: Mercoledì 6 Luglio 2016 Il ritorno del Cavaliere“Il cane di Mustafà” ... L’Italia di Renzi serva degli junker tedeschi decisivo nel referendum costituzio-nale che, come ha

Se qualcuno non se ne fosse ac-corto, nel mondo ammazzano in

nome di Allah e generalmente pren-dono di mira gli infedeli occidentaliovunque essi si trovino. Questo è unfatto, poi le chiacchiere giustificazio-niste stanno a zero: il nemico si an-nida ove meno ce lo aspettiamo ed èinsidioso perché silente, crudele per-ché fanatico, infido perché ben inte-grato nella nostra società.

Per molti non si tratta di unaguerra di civiltà, né tantomeno diuna guerra di religione ma di unfatto tutto interno alle varie multi-nazionali del terrore (Al Qaida eIsis), all’eterna rivalità tra Sunniti eSciiti per prevalere nel mondo isla-mico. A margine ci sarebbe tutto unmondo di brava gente che va sotto ilnome di Islam moderato che è benaltro rispetto ai tagliagole. Maquanto sono bravi i fautori di questateoria e quanto profondamente co-noscono le dinamiche che fanno gi-

rare il mondo. Meno male che cisono loro, perché altrimenti prevar-rebbe la vulgata anti-maomettani,quella rozza teoria che rifiuta l’inte-grazione e che non comprende un belniente rispetto alla teoria delle me-scolanze dalla quale può nascere solopace, ricchezza e nuova linfa cultu-rale. Per costoro, evidentemente, ilfatto che ammazzino gridando che“Allah è grande” e che prendano dimira gli occidentali è un puro caso,una strategia diversiva.

Bisogna comprendere l’altro, perdinci, capire le dinamiche universali,santa pace, muoversi con una certaeleganza nelle dinamiche mondiali,porca paletta. Poi, a tempo perso ecome gesto di generosità, piacerebbeche questi profondi conoscitori delledinamiche internazionali spiegasseroa noi poveri mortali una serie di per-

ché che proprio ci sfuggono. Anzi-tutto, sarà anche vero che esiste unaguerra tutta interna al mondo isla-mico, ma è altrettanto vero che il fineultimo, indipendentemente da chiprevarrà, è quello di accopparci.

A noi quindi pare che la ragionesociale dei vari gruppi in lotta sia lamedesima e cioè quella di dominarel’Occidente vergando di sangue le

gole degli infedeli, magari dopo averconsumato la lotta per l’egemonianel mondo islamico. Possiamo anchegiocare a trovare profonde ragionisociologiche nelle dinamiche interneai gruppi estremisti islamici, ma nonpossiamo certo nasconderci il fattoche, in ultima istanza, trattasi dimere divergenze politico-operativesul modo migliore per farci fuori.Consumata tale banale argomenta-zione, sarebbe opportuno passare adanalizzare la possibilità che i varigruppi dediti alla pratica del coltello,magari non contemplino tra le even-tualità quella di integrarsi o di con-vivere pacificamente col resto delmondo. La conseguenza logica di unsimile assunto porterebbe a doman-darsi quale sia il modo migliore diporsi rispetto ad un simile atteggia-mento. Continuare forse col dia-

logo? Continuare con l’ambiguitàverso gli Stati che li proteggono e lifinanziano? Fare una bella fiacco-lata? Esortare alla redenzione gli sci-roccati che nelle nostre societàaderiscono a questi mostruosi conci-liaboli? Convocare una bella confe-renza stampa in cui diciamo la solitavacua litania in base alla quale giu-riamo che non arretreremo di un mil-limetro? E cosa significa in praticanon arretrare di un millimetro? Si-gnifica che continueremo serafica-mente a farci ammazzare perché noiabbiamo ragione e loro torto?

Volendo rimanere in tema medio-rientale, a noi poveri ignoranti pareche l’Occidente si mostri subalternorispetto alla violenza islamica, sem-bra proprio che si stia facendo la fi-gura di quello che Tomas Miliandefiniva “il cane di Mustafà”.

didato a diventare il successore di Renzi allaPresidenza del Consiglio di un Governo di lar-ghe intese destinato ad evitare le elezioni anti-cipate in caso di vittoria dei “no” alreferendum. Se Renzi cade, ha lasciato inten-dere Franceschini in perfetto stile post-demo-cristiano, non c’è il caos e non si scatena ildiluvio universale della crisi che sfocia nelle ele-zioni anticipate. Più semplicemente, come èsempre accaduto, liquidato un Premier se ne faun altro. E la storia e la politica continuano!

Ai quadrati democristiani, diceva Giulio An-dreotti, manca sempre un lato. Ai quadratipost-democristiani del Pd ora viene a mancareil lato franceschiniano. E Renzi è condannatoad immolarsi in un referendum dal risultatoscontato.

ARTURO DIACONALE

...Attenta analisi può dimostrare come il debitopubblico sia stato gonfiato ad arte con un giocod’interessi sugli interessi, a cui vanno aggiunteindubbie speculazioni finanziarie. Mentre lesanzioni dell’Unione sono frutto di politichelobbistiche tese a sconfiggere l’Italia manifattu-riera a tutto vantaggio di Germania e Nord Eu-ropa. Basti considerare che l’Italia haapprovato più del 90 per cento delle normativeeuropee in campo commerciale, artigianale, in-dustriale, edile… ed è soffocata dalle sanzioni.Mentre il Regno Unito (appena reduce dal re-ferendum anti-Ue) ha approvato uno scarso 7per cento delle normative europee, ma Bruxel-les non ha comminato a Londra nemmeno unacontravvenzione piccina piccina. L’Ue è fortecon i deboli e debole con i forti, soprattutto nonperdona la visione cattolico-perdonista e soli-darista (anti-finanziaria) dell’Italia.

2 L’OPINIONE delle Libertà mercoledì 6 luglio 2016Politica

segue dalla prima

...Il Pd, in sostanza, non risolverà le sue begheinterne da solo. Ma lo farà in compagnia del-l’intero corpo elettorale del Paese. Il ché, a di-spetto di quanto possa apparire a prima vista,non è un esempio di grande democrazia ma laconferma della degenerazione del sistema de-mocratico italiano realizzata da un partito chesi è incistato nelle istituzioni e pretende di uti-lizzarne le regole per risolvere le proprie con-traddizioni.

A sciogliere il nodo del doppio incarico,quindi, ci dovrà pensare il referendum sulla ri-forma costituzionale. Non importa se l’esito delreferendum provocherà comunque la fine anti-cipata della legislatura e le successive elezionipolitiche (Renzi è stato esplicito nell’indicarequesto sbocco in caso di vittoria dei “no” ed èfacile preventivare che sarà lui stesso a puntarealle elezioni in caso di vittoria dei “sì” per sba-razzarsi definitivamente dei suoi oppositori in-terni). È al voto degli italiani che il Pd affida lasoluzione della incompatibilità genetica tra ilproprio leader e la base del partito. Ed è facileimmaginare che gli italiani non si faranno sfug-gire l’occasione di sbarazzarsi in un colpo solodi un leader e di un partito incistati nelle istitu-zioni in maniera cancerogena e devastante.

Il secondo dato è che dalla direzione del Pdè emerso con chiarezza che il mito della inso-stituibilità di Renzi è stato superato. Fino a lu-nedì anche i più intransigenti nemici delPresidente del Consiglio si fermavano di frontealla constatazione che Renzi non aveva un’al-ternativa credibile e possibile. Dall’altro ierisappiamo che questa alternativa esiste e sichiama Dario Franceschini. Con l’apertura allamodifica alla legge elettorale da realizzare dopoil referendum, il ministro della Cultura si è can-

che tedesche. Tornano a bomba le parole diSchäuble, ovvero “l’Italia deve fallire”. Infattiper la Germania, dopo la Grecia tocca all’Italiacedere ai capitali tedeschi tutti gli importantiasset (cespiti aziendali) del Bel paese. È evidentecome la stampa sia pronta a dare del populistaa chiunque non accetti un futuro da servo dellagleba degli junker tedeschi (aristocrazia prus-siana).

Allora diciamola tutta, qui ci vuole un Presi-dente del Consiglio che bruci nella pubblicapiazza tutte le sanzioni Ue, dicendo agli italiani“da oggi potete produrre in barba alle norma-tive europee”, soprattutto “potete tornare a co-stituire banche popolari e cooperative di creditocome si usava più di trent’anni fa”. Ecco la ri-cetta.

RUGGIERO CAPONE

L’Occidente come il cane di MustafàdiVITO MASSIMANO

C’è una antefatto storico che la dice lungasui nostri soci nell’Ue. Per ordine del cattolicis-simo imperatore di Spagna, i “tercios” (in granparte costituiti dalla milizia volontaria dellaSanta Inquisizione) comandati dal generaleAmbrogio Spinola avevano assediato Bredafino al 1648, per quasi un anno, riducendo allafame la ridente città delle Fiandre. In quellostesso anno la pace di Vestfalia sembrava avessechetato le belligeranze nel Vecchio Continente.Magra illusione, iniziavano nell’Impero spa-gnolo una sequela di rivolte, sollevazioni chespuntavano come dal nulla. Di fatto sua maestàcattolica non aveva considerato che amici delleFiandre erano, oltre agli inglesi, anche i francesi(e per mero interesse commerciale). E la ven-detta non si fece attendere, mentre gli inglesiusavano la pirateria contro i galeoni spagnoli,di contro francesi e tedeschi crearono un vero eproprio embargo ai prodotti dell’Impero spa-gnolo. I primi a pagarne le conseguenze furonoi sudditi del Regno delle Due Sicilie, che subi-rono a più ondate tagli di rapporti commerciali,fino a quella tragedia passata alla storia come laCarestia del 1764, la grande carestia del Regnodi Napoli. La vendetta scorre lenta e giungeanche a distanza di secoli.

Valga da esempio il vivace scambio di opi-nioni tra Matteo Renzi e Angela Merkel, an-dato in scena (secondo fonti diplomatiche) nelcorso della seconda giornata del Consiglio eu-ropeo di Bruxelles. L’oggetto della discussione èstato l’Emu, l’Unione economica e monetaria,in particolare la questione dello schema euro-peo sui depositi bancari. La cancelliera tedescasi è opposta alla nascita del “Fondo unico di ga-ranzia” per i depositi bancari, mentre il capodel Governo italiano (memore delle conse-guenze del caso delle quattro banche salvate) èdeterminato ad ottenere il fondo. Nel corso delbattibecco, Renzi avrebbe rinfacciato alla Mer-kel l’acquisto degli aeroporti greci da parte diaziende tedesche: imprese partecipate da ban-

“Il Montenegro sta già contri-buendo alle operazioni della

Nato, delle Nazioni Unite e del-l’Unione europea, promuovendo lacooperazione regionale nei Balcani eimplementando importanti riforme -ha dichiarato il segretario generaledella Nato, Jens Stoltenberg - Darela possibilità al Montenegro di di-ventare membro faciliterebbe il pro-cesso politico della Nato. Porterebbemaggiore sicurezza e stabilità nellaregione e sarebbe un chiaro segnaleche le porte della Nato sono apertealle nazioni che condividono e pro-muovono i nostri valori”.

È quanto è stato detto dai rappre-sentanti parlamentari della delega-zione Nato, durante il convegno “IlMontenegro e l’avvicinamento aNato e Ue - Strategie geopolitichesulle due sponde dell’Adriatico” or-ganizzato a Roma presso la SocietàGeografica Italiana dall’associazionePuglia-Montenegro, presieduta da

Riccardo Di Matteo, e dal CentroStudi Politici Criticalia con il contri-buto dell’Istituto Italiano per l’Asiae il Mediterraneo (Isiamed).

Riguardo l’Unione europea, ilMontenegro ha presentato domandadi adesione all’Unione il 15 dicembredel 2008. Il Consiglio europeo, il 23aprile del 2009 ha trasmesso allaCommissione europea il relativodossier invitandola a presentare un

parere sullo stesso, a Podgorica saràrichiesto di compilare un questiona-rio. La Commissione europea il 9novembre raccomanda che al Mon-tenegro venga attribuito lo statusufficiale di Paese candidato all’ade-sione. Il Consiglio europeo ha con-cesso lo status ufficiale di Paesecandidato al Montenegro. Il 29 giu-gno del 2012, a seguito della deci-sione del Consiglio europeo tenutosilo stesso giorno, sono cominciati inegoziati di adesione; l’apertura deinegoziati era stata raccomandatadalla Commissione europea il 12 ot-tobre del 2011 ed approvata dalConsiglio dell’Unione europea il 26giugno 2012.

Sono intervenuti, oltre all’amba-sciatore della Repubblica del Monte-negro, Antun Sbutega, il senatorePier Ferdinando Casini (presidente

della Commissione Affari esteri diPalazzo Madama), il senatore Lo-renzo Battista (delegazione parla-mentare italiana presso la Nato), ilsenatore Luis Alberto Orellana(Commissione Politiche Ue del Se-nato), il senatore Aldo Di Biagio(Associazione interparlamentare Ita-lia-Montenegro), l’architetto Vin-cenzo Valenti (Isiamed) e AndreaOrizio (capo unità per i Paesi dei Bal-cani, Ince e Iai del ministero degli Af-fari esteri).

Da parte sua, l’architetto Valenti,direttore della Cooperazione diIsiamed, ha evidenziato una serie diopportunità per questo Paese daparte degli organismi internazionali:“Dobbiamo innanzitutto sottoli-neare - ha spiegato Valenti - il valorestrategico del Montenegro nella fasedi preadesione alla Ue e Nato per il

rilancio del Paese stesso. È da questopunto di vista che poi si allargano leopportunità garantite dai programmidell’Unione europea per lo svilupporelativo alla zona dell’Adriatico e delMontenegro”. Valenti ha elencato ifondamenti per i finanziamenti deiprogetti: l’Ipa, l’Ecip, la Ber e il Wbif:“Fino al 2020 ci sono disponibilitàdi 400/500 milioni di euro - ha di-chiarato Valenti - che possono costi-tuire una base per lo sviluppo delprogetto di cooperazione nei settoricoinvolti nel programma di crescitadel Montenegro come il turismo,l’energia, i trasporti, l’agroalimentaree la formazione. Inoltre - ha conclusoValenti - il Montenegro può, insiemea Puglia, Albania e Molise instaurarepiattaforme avanzate per lo sviluppoe la cooperazione nelle suddettearee”.

Il Montenegro e l’avvicinamento ad Ue e Natodi ROMOLO MARTELLONI

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Al quadrato renziano manca il lato franceschiniano

L’Italia di Renzi serva degli junker tedeschi

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3L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 6 luglio 2016 Primo Piano

Caro Renzi, lei ha perso e, anche secontinua a mostrare i muscoli

come Ercolino, il suo futuro è piutto-sto segnato. Colpa sua.

Colpa sua perché è proprio sullacredibilità della politica, che lei tantorivendica, che ha fallito, lei, Renzi, hafatto di tutto per rendersi poco credi-bile. Lo ha fatto dopo il famoso “En-rico stai sereno”, dopo la promessa disaldare in pochi mesi i debiti dellaPubblica amministrazione, dopo la ga-ranzia che non avrebbe accettato tra-sversalismi opachi, che mai sarebbericorso a nepotismi. Lei ha perso per-ché troppo spesso ha suscitato spe-ranze con le sue promesse senzarealizzarle, perché in fondo ha rotta-mato per finta, perché non è stato néumile né misurato. Ha perso perché siè sempre fatto scudo del PresidenteGiorgio Napolitano, oltretutto coin-volgendolo addirittura in modo inu-tile e infantile. Infine ha perso perchésulle riforme ha sbagliato ogni cosa

che si potesse sbagliare.Non si riforma la Costituzione a

colpi di maggioranza risicata e voti difiducia, non si riforma la Carta per le-garla a una legge elettorale nata prodomo sua, non si cambiano oltre qua-ranta articoli contro così tanta partedel Parlamento. Come se non bastasse,lei ha personalizzato tutto, non solo ilprossimo referendum, è dall’inizio delsuo mandato che personalizza, non c’èstato atto che lei non abbia posto sulpiano personale, o con lei o contro dilei.

Un Premier per sua natura dovrebbetendere a spersonalizzare, a unire e me-diare il consenso, a guardare oltre e leiinvece ha dichiarato guerra a tutti. Ol-tretutto in troppe occasioni si è contra-detto, ha dovuto rimestare su annunciimprobabili e ha preso provvedimentidivisivi per la politica e soprattutto per

gli italiani, a partire dagli ottanta euro.Non solo lo ha fatto, ma continua afarlo, basti pensare all’annuncio dellachiusura di Equitalia, finito come altrinel dimenticatoio; eppure lei dovrebbesapere quanto sia importante pacifi-care Stato e contribuenti. Mentre lei,infatti, ne annunciava la chiusura,anche per porre fine a una serie di stor-ture insopportabili che hanno esaspe-rato gli italiani, i vertici di Equitaliaannunciavano l’invio di centinaia dimigliaia di “affettuose” letterine.

Lei Renzi non può far finta, nonpuò non condividere il fatto che gra-vare una cartella di multe, sanzioni, in-teressi, costi di riscossione, così alti dafarla raddoppiare se non di più, nonsolo è ingiusto, ma rende impossibile ilpossibile. Insomma, da quando c’è leiin Italia si è spaccato tutto quel che po-teva spaccarsi, il suo partito, il centro-

destra, i sindacati, le associazioni di ca-tegoria, lei ha confuso il verbo rotta-mare con quello di spaccare. Se, infatti,il primo porta con sé un quantum dinuovo, ammesso che sia, il secondorappresenta quanto di più antico almondo esista, divide et impera. Oltre-tutto, in due anni e più, il Paese non ècresciuto come lei aveva garantito etanti soldi pubblici sono stati spesi conrisultati decisamente inferiori alle attesee lei sa bene che di soldi da spendere

l’Italia non ne ha così tanti, anzi.Infine, sorvoliamo, perché siamo li-

berali e garantisti, su tanti episodi, apartire dalle banche, che francamentecosì chiari non sono, tanto è vero, e leilo sa bene, che se fossero accaduti sottoil Governo Berlusconi sarebbe venutogiù il mondo. Dulcis in fundo l’occu-pazione, il Jobs Act, siamo oggettivi, ilrapporto spesa-resa è perdente, perchése è vero che qualcosa sia migliorato èanche vero che il male della disoccupa-zione rimane ancora insopportabil-mente devastante.

Ecco perché lei ha perso presidenteRenzi e il referendum al quale ostina-tamente è voluto arrivare sarà la pla-stica testimonianza della sconfitta edegli sbagli, Nazareno compreso, chedoveva e poteva risparmiarsi. Ecco per-ché Grillo è acclamato e lei contestato,ecco perché con tutta probabilità dopodi lei sarà proprio un suo ministro arealizzare, forse, tutto ciò che se leifosse stato con i piedi per terra avrebbeplausibilmente realizzato e magari consuccesso.

di ELIDE ROSSI e ALFREDO MOSCA Una sconfitta olografa

Silvio Berlusconi è tornato a casa. Aun mese dal grande spavento il vec-

chio leone sta recuperando le forze perritornare sulla breccia. D’altro canto,tutti lo reclamano. Ma per fare cosa?Pur con tutto il bene che gli vogliono, isuoi supporters lo hanno messo con lespalle al muro: deve tornare in scenaper scegliere da che parte stare, unavolta per tutte. Con la Lega di MatteoSalvini a fare opposizione al sistema?Oppure svoltare in direzione del centroper partecipare a un “renzismo 2.0”,che l’acuto Dario Franceschini ha eti-chettato come la possibile area dei “si-stemici”. Fin quando incomberà laminaccia grillina tertium non datur.

Ad Arcore Berlusconi dovrà veder-sela con un’ingombrante “mucca nelcorridoio”, per usare una delle surrealimetafore bersaniane. A mettergliela trai piedi è stato Fedele Confalonieri inun’intervista rilasciata a “La Stampa”di Torino. Il presidente di Mediaset, in-dossando per un momento la casaccadel politico, pronuncia la sua sentenzasul destino di Forza Italia: “Credo chein questa fase si debba sostenere il Go-verno. Il Cavaliere non la pensa così,ma io sarei per qualcosa che somigli alNazareno…”. È una medicina amarada buttare giù tanto che Berlusconi si èaffrettato a dire di voler continuaresulla strada dell’opposizione intransi-gente. Ma, questo è il dubbio, è dav-vero ciò che vuole? La tentazione èforte di riabbracciare un personaggio

che, sebbene in passato lo abbia fre-gato, non ha smesso di piacergli. Perdirla tutta, la simpatia che nutre per il“discolo” fiorentino è pari solo all’an-tipatia che prova per l’altro Matteo, il“barbaro” capo della Lega. Troppoaspro, spigoloso, grossolano Salvini perconquistare il cuore di un Berlusconisincero amante della forza declinatacon la gentilezza.

Quindi, l’ipotesi che il Cavaliere diaascolto all’amico “Fidel” è un’eventua-lità da non scartare con troppa fretta. Ilfatto poi che una tale scelta possa pia-cere agli elettori del Centrodestra èun’altra storia. È del tutto evidente cheun ritorno con Renzi per Forza Italiaequivarrebbe a un suicidio definitivo.Lo dicono i numeri. Il partito azzurroha avuto la maggiore perdita di con-

sensi successivamente alle politiche del2013.

Alle elezioni del dopo-Monti, il Po-polo della Libertà aveva ottenuto unsolido 22 per cento medio complessivo.Un ottimo risultato, considerando lanovità del fenomeno Cinque Stelle inascesa e l’azione di disturbo svoltadalla truppa montiana. Con la politicadella “Grosse Koalition”, culminata col

Patto del Nazareno, il gradimento èprecipitato fino a dimezzarsi. A Roma,Forza Italia, rincorrendo il centro, èscomparsa dai radar. La spiegazione èsemplice: il popolo della destra restadov’è. Ora, Berlusconi potrebbe deci-dere di percorrere la strada indicataglida Confalonieri, ma quanti elettori loseguirebbero? A quel punto si palese-rebbe lo scenario che il presidente diMediaset nelle sue intenzioni vorrebbescongiurare: i voti in libera uscita diForza Italia solo in parte finirebberoalla Lega, la cui radicalizzazione sa-rebbe inevitabile, mentre una porzionesignificativa andrebbe ai Cinque Stelleconsegnandogli la certezza della vitto-ria nel ballottaggio contro il “nemico”Renzi. Grazie all’Italicum si ripete-rebbe, quindi, il medesimo schema giàsperimentato alle comunali di Roma edi Torino.

Il vulnus del ragionamento di Con-falonieri è nella premessa, in quel “perfronteggiare i problemi che abbiamo civuole una base ampia”. Una virata alcentro bocciata dall’elettorato tradi-zionale di Forza Italia, come dimo-strano i numeri, farebbe di Berlusconiun generale senza esercito. E per il vec-chio leone immaginare una separa-zione così traumatica dal suo bacino diconsenso sarebbe come consegnarsi aun ossimoro. A meno che non lo sipensi incorniciato nel quadretto dei ce-spugli centristi. Non sarebbe da Berlu-sconi. E da questa destra che pur dinon morire renziana rinuncerebbeanche al suo storico leader.

Il ritorno di Berlusconidi CRISTOFARO SOLA

Il ministro Dario Franceschini, nelcorso della direzione del Partito De-

mocratico, ha chiesto di rivedere l’Ita-licum subito dopo l’esito delreferendum, come se il funzionamentodel Governo (forma di governo) e il si-stema elettorale fossero due questionidistinte, separabili, indipendenti l’unadall’altra. Neanche per sogno. È giustoche gli elettori al referendum di ottobresiano messi al corrente prima sul si-stema elettorale della Camera. Infatti,la riforma della Costituzione rafforzail ruolo del Governo, ma il Governo èpiù o meno forte a seconda di quantopremiante è il sistema elettorale.

Matteo Renzi è irremovibile sulle ri-chieste di modifica dell’Italicum, chefioccano da tutte le parti, partendo dalpresupposto che, se si semplifica il si-stema dei partiti, premiandone soprat-tutto uno, il più votato, si mettono lebasi per un Governo solidissimo, sor-retto da una maggioranza coesa. Nonfa una grinza l’assunto. Renzi guarda aWestminster, ma Westminster non èMontecitorio e la Gran Bretagna non

è l’Italia. Da noi poi non ci sono solowighs e tories, ma anche gli “onesti”grillini, gli euroscettici salviniani, i ce-spugli della sinistra: un emiciclo moltopiù articolato.

Se Renzi pensa di torcere il sistemapolitico italiano usando il grimaldellodel sistema elettorale, per fini di sem-plificazione della partitocrazia, fa ungrande errore. È vero che con il sistemaelettorale si può implementare la for-

mazione di una maggioranza, ma nonc’è solo la maggioranza, perché i partitihanno anche il compito di rappresen-tare le diversità di una comunità. L’Ita-lia, poi, non è la Gran Bretagna. Nonha l’identità nazionale e l’omogeneitàpropria della Gran Bretagna. La te-starda irremovibilità di Renzi sul puntoaggrava le accuse, pretestuose, di “au-toritarismo” della riforma costituzio-nale. Queste rischiano infatti di trovareconferma proprio, e soprattutto, neipersonali comportamenti “autoritari”del segretario del Pd.

La modifica dell’Italicum, con l’in-troduzione del premio di maggioranzaalla coalizione, indebolirebbe invece iltentativo di confondere i giusti obiet-tivi di rafforzamento del Governo conle ingiustificate accuse di “autoritari-smo” della riforma costituzionale. Ilpremio di maggioranza alla coalizioneva introdotto anche per un’altra ra-gione. I “populisti” hanno alzato i toniidentitari, al fine di attrarre le passionidel corpo elettorale più distante dallavita della politica. Per questo hanno ac-centuato le differenze e marcato nuovedistinzioni, quando invece servirebbe

proprio il contrario: maggiore inclu-sione. Del resto, lo richiede l’eccezio-nalità del momento, i rischi connessi alterrorismo, l’inarrestabile fenomenodelle migrazioni di massa, la Brexit.

Dal 1946 l’Italia ha avuto un si-stema elettorale iperproporzionale,per conseguire le esigenze inclusivedel dopoguerra, caratterizzato dallarigida contrapposizione tra comunistie democristiani. Dopo il 1989, l’ac-cettazione condivisa del modello de-mocratico e liberale ha consentitol’introduzione del maggioritario e l’av-vio della democrazia dell’alternanza,secondo lo schema classico della con-trapposizione destra/sinistra. Adesso,l’affermazione prorompente del Movi-mento 5 Stelle, assieme alla radicaliz-zazione delle posizioni della Lega,stanno facendo regredire quel poco dibipartitismo che si è costruito.

A giudicare dai programmi eletto-rali conosciuti, si confrontano quattroofferte elettorali, facenti capo a quat-tro differenti partiti. Il premio di mag-gioranza a uno solo di questi finirebbeper discriminare la stragrande mag-gioranza degli elettori che hanno op-

tato per i partiti perdenti. Il risultatonon è sopportabile per un Paese divisoe disomogeneo come il nostro. SeRenzi vuole vincere il referendummetta subito mano all’Italicum, primadella celebrazione del referendum. Lopuò fare perché la maggioranza èvasta e aspetta soltanto un suo cenno.Fortunatamente i nostri costituenti,con lungimiranza, non hanno costitu-zionalizzato le regole elettorali, comequalcuno minaccia di fare, stando aipericolosi programmi del M5S.

Il sistema elettorale va rimesso insintonia con i recenti mutamenti delsistema politico, subito. Non si trattadi inseguire le ragioni opportunisti-che di qualcuno o di contrastare lepretese dei nuovi arrivati. C’è solo dacompiere una scelta oggettiva perl’equilibrio del sistema. In caso con-trario, la critica, falsa, di “autoritari-smo”, che viene avanzata neiconfronti della riforma costituzio-nale, prenderà corpo e porterà il va-riegato fronte del “No” a vincere ilreferendum, rinviando per l’ennesimavolta una serie di modifiche costitu-zionali che servono.

Sbaglia Franceschini, subito il premio alla coalizionedi GUIDO GUDI

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4 L’OPINIONE delle Libertà mercoledì 6 luglio 2016Economia

Tra venerdì 24 e lunedì 27 giugno, ilBrexit ha cancellato un valore pari

a 3 trilioni di dollari dalle Borse mon-diali. Come se fosse svanito un valorepari all’intero Prodotto interno lordotedesco. Secondo l’agenzia Standard &Poor’s si è trattato del più grande sell-off della storia, che ha superato il re-cord precedente di perdite pari a 1,9trilioni di dollari del settembre 2008. Ilvoto dei britannici ha provocatoun’onda d’urto anche nel mercato va-lutario. La Sterlina è scesa del 6 percento rispetto all’Euro e del 10 e del 15per cento rispetto al dollaro, valute chesi sono apprezzate non perché rappre-sentino un rifugio ma perché chi leaveva usate per finanziare le scom-messe sulla vittoria del “Remain” se leè poi dovute ricomprare dopo che i bri-tannici avevano staccato la spina dal-l’Europa.

È un errore credere che tutto questocataclisma isterico sia stato causatodall’uscita del Regno Unito. Se i mer-cati e il sistema finanziario fossero statisani e i prezzi delle attività finanziariebasati su fondamentali economici realie non, invece, puntellati dalle banchecentrali; se non ci fosse la volatilità el’incertezza provocata dagli interessinegativi, avrebbe fatto differenzal’uscita di un Paese che rappresenta l’8per cento della popolazione europea eche per giunta non fa parte dell’Euro?Se, per ipotesi, si verificasse il Texit, lasecessione dal governo di Washingtondello Stato del Texas, che pure rappre-senta l’8 per cento della popolazionestatunitense, allora sì che un terremotomondiale sarebbe giustificato perchéverrebbe messo in discussione il dol-laro, la valuta di riserva mondiale e, diconseguenza, i Treasury Bond (T-Bond)che rappresentano il principale collate-rale del sistema finanziario globale.L’uscita di un Paese dotato di moneta epolitica fiscale proprie, quale il RegnoUnito, sarebbe stato un non-evento se,

come dicevamo, l’Europa fosse un’areasana e prospera. Ma il fatto è che l’Eu-ropa è tutt’altro che sana e il sistema fi-nanziario globale è una bollagigantesca gonfiata dai vari Quantita-tive easing delle banche centrali, che sicrede possa essere ulteriormente gon-fiata senza conseguenze. Il Brexit,quindi, è stato solo un catalizzatore cheha messo a nudo tutta la precarietà e lapericolosità della situazione mondiale.

L’uscita del Regno Unito è anche ilsegnale che l’Euro è reversibile: se c’èdistinzione tra i membri dell’Unione equelli dell’Eurozona è difficile non ve-dere come un futuro smantellamentodell’una non porti allo smantellamentodell’altra.

L’Euro è ormai una valuta avariatache circola in un’area sopraffatta da uncontesto normativo rigido, burocratiz-zato e caratterizzato da debolezza eco-nomica strutturale, per cui l’incentivoad abbandonarlo sarà sempre più fortee non c’è nulla che la Banca centraleeuropea possa fare per fermare questotrend: nei mercati obbligazionari e mo-netari europei i premi per il rischio sulrendimento di strumenti considerati abasso rischio e quelli ad alto non potràche aumentare minando l’integrazionenell’Unione. Paesi come Italia, Spagna,Portogallo e Grecia non reggeranno itassi di interesse che il mercato esigeràper continuare a finanziarli.

Il fenomeno veramente allarmantenon è il Brexit, ma l’insolvenza del si-stema bancario europeo e in partico-lare delle banche italiane, le cuiquotazioni sono crollate negli ultimi seimesi di uno stupefacente 54 per cento.La recente garanzia di 150 miliardi alsistema del credito italiano insufficientia coprire sofferenze di 360 miliardi,pari al 18 per cento dei prestiti erogati,è l’ennesimo bluff per tranquillizzare i

mercati: di fatto, questi soldi non po-tranno essere utilizzati perché contrav-vengono alle clausole europee suisalvataggi e, ammesso che fossero ero-gati, non risolverebbero il problema difondo delle banche: il capitale netto ne-gativo che, appunto, significa insol-venza. E non riguarda solo le bancheitaliane. Del resto la campana a mortoper tutto il sistema era già suonata nel2013 con l’esperimento del bail-in aCipro, poi trasformato in legge per ri-capitalizzarlo attingendo risparmio pri-vato. Sintomo inequivocabile deldisastro finanziario. L’Europa è ormaidiventato un luogo pericoloso per ri-sparmi e investimenti e oggi depositaregrosse cifre nelle banche è come met-tere la testa sotto la ghigliottina. Chefuturo ha un sistema bancario dovenon affluisce più il risparmio che costi-tuisce la materia prima per la sua cre-scita? È questa la situazione chedovrebbe turbare, non il Brexit.

In ogni caso l’uscita del Regno Unitoè un campanello d’allarme per l’establi-shment: la reazione degli elettori contropartiti politici, istituzioni e burocraziaeuropea è solo agli inizi e nel futuro ilmalcontento pubblico potrebbe mon-tare fino al punto in cui il risentimentopopolare potrebbe essere espresso inmodo molto meno civile di quanto av-venga nei referendum. In Italia, Spagnae Grecia la disoccupazione giovanile èrispettivamente del 39, 45 e 49 percento e c’è poco da scherzare. Nessunasocietà può resistere con tali livelli di di-soccupazione senza sfasciarsi. Ha sem-pre meno senso votare per classipolitiche che infliggono miseria alle po-polazioni che ora e in gran parte avver-tono il pericolo di sottomettersi agoverni non democratici, centralizzati etirannici di cui l’Europa non è che unadelle ultime incarnazioni.

Per anni i governi e banche centralihanno cercato di convincere che defi-cit, regolamentazioni e stimoli mone-tari erano il modo di curarel’economia. Ma l’uomo della strada hapreso atto di una realtà molto diversa:ha visto progressivamente calare il pro-prio standard di vita, aumentare ilcosto della vita e peggiorare le pro-spettive di lavoro. Questo non solo inEuropa. La completa disconnessionetra ciò che la politica ha finora raccon-tato e la realtà ha alimentato il senti-mento anti-establishment anchedall’altra parte dell’Atlantico, dove ivoti a favore di Donald Trump rappre-sentano la versione del Brexit ameri-cano.

Un’ultima cosa importante da regi-strare. Nella falcidia generale di tutti i

valori, gli unici prezzi ad aumentaresono stati quelli dell’oro e dell’argento,le monete reali secolari. Ma anche quiè importante rilevare che il Brexit èstato solo un catalizzatore. L’aumentodei preziosi ha cominciato a “prezzare”la crescente instabilità politica, l’insol-venza dei governi, dei sistemi bancari ela fatuità delle politiche delle banchecentrali per puntellarli. Ormai il trendè irresistibile: la distruzione delle valuteinconvertibili che, come secoli di storiadocumentano, tornano sempre, a causadi deficit incontrollati ed espansionimonetarie, al loro valore intrinseco: lozero. E dalle ceneri fumanti di regni,governi e valute solo oro e argentosono sempre sopravvissuti. Guai a co-loro che non si sono accorti che que-st’ora è di nuovo suonata.

La sveglia britannicadi GERARDO COCO

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5L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 6 luglio 2016 Esteri

Dopo la strage di Istanbul le ana-lisi, i commenti, le ipotesi si

sono affastellate le une sulle altre, inun’inestricabile (o quasi) groviglio diverità, mezze verità e grossolanemenzogne. Al di là di queste ultime,è tuttavia utile, a mente più fredda,tentare di analizzare il contesto diquanto avvenuto, per cercare, perquanto possibile di separare la puladal grano.

Innanzitutto tendiamo a mettereda parte l’ipotesi che l’attacco jiha-dista sia stato motivato dalla volontàdell’Is di dare una risposta cruentaalla svolta politica portata avanti,proprio in questi giorni, da Erdoganche ha riaperto il dialogo da un latocon Israele, dall’altro con Mosca.Aperture, certo, importanti e, presu-mibilmente, destinate a segnare il fu-turo prossimo del quadrantemedio-orientale; tuttavia aperturetroppo recenti, avvenute nei giorni oaddirittura nelle ore immediata-mente antecedenti all’attacco all’ae-roporto “Ataturk”. Attacco che hacerto richiesto una ben più lungaprogrammazione e gestazione. Piut-tosto, si deve guardare al crescenteimpegno delle forze armate turchecontro l’Is sia in Siria che in Iraq. Unimpegno che – per quanto inspiega-bilmente sottaciuto o sottovalutatosui grandi media italiani – è risultatodeterminante per costringere alla ri-tirata le forze del Califfo.

Inevitabilmente, poi, l’Is, in diffi-coltà in Medio Oriente, risponde conun’intensificazione degli attacchi ter-roristici all’estero. Anzi, andrebbe ri-cordato come, a differenza dellarivale Al Qaeda, lo Stato islamicoabbia posto in essere una strategiafondata su attacchi terroristici – mi-rati ed organizzati con criterio “mili-tare” – solo dall’autunno scorso,quando Parigi venne colpita come ri-sposta ai bombardamenti francesi in

Siria. E fu proprio in quell’occasioneche – secondo fonti di intelligenceanglosassoni – al-Baghdadi fecescendere per la prima volta in campola sua “divisione operazioni al-l’estero”, che poi ha colpito a Bru-xelles ed oggi anche a Istanbul.Dunque ci troviamo di fronte adun’operazione terroristico-militareattentamente pianificata sul campoed anche sotto il profilo “politico”,non all’azione di un gruppo locale,pur collegato all’Is, come quello che,in queste ore, ha fatto strage di ita-liani in Bangladesh. E lo dimostra

anche il fatto che gli attentatori diIstanbul erano un daghestano, un uz-beko, un kirghiso, e la mente sarebbestato un jihadista ceceno.

Tutti foreign fighters, dunque, for-giatisi nello scenario siro-irakeno, eche oggi vengono utilizzati dall’Is indue diversi modi. In primo luogo perandare ad innervare e organizzaregruppi jihadisti che già operano nelleloro terre d’origine, rendendoli benpiù operativi e pericolosi di quantoerano stati fino ad ora. Questo spie-gherebbe l’intensificarsi di attacchi digruppi o cellule dell’Is in Yemen, in

Asia Centrale, in Afghanistan e, ap-punto, oggi in Bangladesh. In se-conda istanza, questi “combattenti diritorno” costituiscono l’ossatura diuna sorta di Legione Straniera delTerrore, capace di colpire nei luoghipiù diversi.

Da un punto di vista strategico,poi, colpire l’aeroporto “Ataturk”,significa cercare di tagliare la giu-gulare della rete del trasporto aereofra Europa ed Asia. Un hub fonda-mentale, che costituisce uno degliassi portanti della nuova Via dellaSeta, il complesso di “reti multime-

diali” – trasporto, comunicazione,pipeline – che sta venendo a costi-tuire il tessuto principale dei trafficifra Cina e Mediterraneo. La princi-pale “Via” alternativa a quella del-l’area pan-pacifica, dalla qualedipendono economie ed equilibripolitici non solo dell’Europa, ma unpo’ di tutta l’Asia e della stessa Pe-chino.

Infine, la situazione politica in-terna della Turchia sta attraversandoun momento estremamente delicato.Al rinnovarsi dello scontro con gliindipendentisti curdi del Pkk e dellasua figliazione estremista del Tdk –responsabile della recrudescenza ter-roristica – corrisponde un equilibriopolitico alquanto difficile, nono-stante l’Akp del presidente Erdogangoda di una solida maggioranza. Tut-tavia, oltre all’opposizione formatada una variegata compagine che vadai nazionalisti ai repubblicani diAtaturk sino all’Hdp, il partito de-mocratico filo-curdo, Erdogan devevedersela con notevoli tensioni in-terne al suo stesso Akp. La rotturacon il suo predecessore Gul, prima,poi con Davutoglu, a lungo suoprincipale consigliere oltre che mi-nistro, e la faida sanguinosa con Fe-thullah Gülen, il potente tycoon deimedia che risiede negli Usa e che,dopo averlo appoggiato, è divenutoil nemico giurato del Sultano…

Tutti segnali di tensioni interne edi precarietà che, certo, non sonosfuggite agli strateghi del terrore, chesi muovono dietro le azioni dei jiha-disti che colpiscono sul terreno. Stra-teghi capaci di analisi molto piùraffinate e sottili di quanto noi “oc-cidentali” siamo soliti pensare.

(*) Think tank “Il Nodo di Gordio”

di ANDREA MARCIGLIANO (*) Istanbul: le ombre dietro la strage

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7L’OPINIONE delle Libertàmercoledì 6 luglio 2016 Economia

L’auto che si guida da sola ha fattola prima vittima. Una Tesla

Model, a timonierecomputerizzato, hainterpretato mala-mente la sagoma diun tir col cassonebianco come la neve.Per l’auto bionicaquella era la tinta delcielo mattutino, e cosìessa ha tirato drittoad un incrocio e si èschiantata contro unautotreno. A farne lespese, oltre ai circuitirobotici, il poveropasseggero, un ex mi-litare dei Navy Seals,tale Joshua D. Brown,sopravvissuto a chissàquante battaglie neldeserto e crepato perla presbiopia digitaledi una vettura senzapilota. L’ennesima vit-tima sull’altare delprogresso, direte. Do-potutto, la storia è la-stricata di cadavericaduti per il bene su-periore della scienza e le sorti pro-gressive dell’umanità. Può darsi, mala notizia si presta anche a un’altra

lettura, metaforica. Possiamo usarla come una favo-

losa allegoria del nostro tempo e dei

suoi destini, forse foschi. L’uomo delduemila ha rinunciato a pilotare lamacchina della sua polis, cioè a fare

politica, demandandone i comandi ei processi applicativi ad un’entitàterza meglio nota sotto la dicitura

plurale di Mercati. I mercati sono gliunici, rispettatissimi players delgioco politico. E i mercati, propriocome l’autista distratto della Tesla,

sono, in ultima analisi, soft-ware ultramoderni, agglo-merati di chip al silicio ingrado di processare miliardidi mega dati per frazione disecondo.

Insomma, algoritmi av-veniristici ultrarapidi nel-l’orchestrare la massa d’urtoe l’onda brevissima, o lungaalla bisogna, delle specula-zioni internazionali. I mer-cati decidono quali Statinazionali possono vivere equali devono morire nellaroulette russa dei debiti so-vrani. Da questo punto divista, le avveniristiche tramedi Matrix e di altri film cultdi fantascienza le stiamo re-citando proprio ora, pro-prio noi, proprio qui. Isedicenti rappresentanti delpopoli, i vituperati politici,non contano più. Assistonoalla guida altrui, esatta-mente come Joshua D.Brown. Le loro scelte nonsono buone o cattive, giuste

o sbagliate in quanto rispettose omeno di un programma frutto dipriorità umane, e quindi di autentica

politica. Lo sono solo nellamisura in cui assecondanoanzichenò i capricci di uncalcolatore elettronico e lesue proiezioni di lucro sulcasinò della finanza interna-zionale.

Ormai, si potrebbe per-sino risparmiare sul ridi-colo e costoso rito dellaconsultazione elettorale.Che senso ha votare, se poii mercati sanno (prima emeglio di noi) che cosa ègiusto e buono per noi?Tanto vale far decidere leBorse, sottoporgli il que-sito alla sera e attendere,l’indomani, l’apertura degliindici di Tokyo. Fuor di me-tafora, siamo tutti passeg-geri ininfluenti di unamatrice, come Joshua D.Brown. E rischiamo di farela sua stessa fine, non ap-pena il programma decideràqual è il tir giusto contro cuifarci schiantare.

di FRANCESCO CARRARO Mettiamocelo in Tesla

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