maurizio calvani* l’ - omceo bari - ordine dei medici ... · definizione la dimissione ... tante...

3
Ospedali Notiziario dicembre 2010 32 La dimissione “difficile” ...il vecchietto... dove lo metto? Maurizio Calvani* L’ invecchiamento della popolazione e l’aumento delle patologie croniche e degenerative, ha radi- calmente modificato il quadro epidemiologico e clinico degli ultimi 20 anni. Sempre più frequen- temente, le corsie ospedaliere vengono occupa- te da pazienti anziani o molto anziani, poco o nulla autosufficienti, con malattie croniche riacutizzate, comor- bidità, complicanze e postumi invalidanti, portatori di apparec- chiature e protesi, spesso di non semplice gestione. Il paziente “complesso” e l’anziano “fragile”, solita- mente ricoverati presso le Unità Operative di Medicina In- terna e Geriatria, sempre più spesso, ormai, si ritrovano anche nelle terapie intensive e nei reparti specialistici, medi- ci e chirurgici, dove ricevono assistenza e cure che, se non determinano la guarigione, con buona probabilità consento- no di superare la fase acuta, aumentando l’aspettativa di vi- ta, ma quasi mai, purtroppo, la sua qualità! Si tratta comunque di pazienti che per le loro caratteristiche cliniche richiedono spesso lunghi periodi di ricovero per una stabilizzazione sufficiente a garantire un rientro a domicilio in sicurezza. D’altra parte, l’adozione del sistema dei DRG impone tempi di degenza alquanto contenuti, per garantire un turn over elevato di ricoveri ed una valutazione positiva dell’attività dell’Unità Operativa, in sede di contrattazione del budget annuale. La drastica riduzione dei posti letto ospedalieri, in corso di attuazione nella nostra Regione, giustificata da motivi econo- mici contingenti, piuttosto che da una vera programmazione sanitaria, acuisce ancor di più la questione del “posto letto libero”, come certamente sanno, in primis, i colleghi dei Ser- vizi di Pronto Soccorso e Accettazione. La “dimissione difficile” rappresenta, pertanto, già oggi, il primo e forse più importante fattore eziologico di blocco del turn over ospedaliero e pertanto merita una riflessione sulle sue cause ed i possibili rimedi attuabili nel breve e medio termine. Definizione La dimissione difficile è una dimissione ritardata perché, nel rispetto della continuità terapeutica e assistenziale, ne- cessita di un “consumo di risorse economiche, umane ed organizzative che vanno oltre le potenzialità del paziente e dei suoi familiari” ed implica, pertanto, il coinvolgimento di tutti i presidi sanitari, ospedalieri e territoriali: Distretto, Medico di famiglia, Residenze Assistite, Servizi Domiciliari, UDT, Servizi Sociali ecc... Foto Jean Gaumy

Upload: phamthuy

Post on 15-Feb-2019

217 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Ospedali

Notiziario dicembre 201032

La dimissione “difficile” ...il vecchietto... dove lo metto?

Maurizio Calvani*

L’invecchiamento della popolazione e l’aumentodelle patologie croniche e degenerative, ha radi-calmente modificato il quadro epidemiologico eclinico degli ultimi 20 anni. Sempre più frequen-temente, le corsie ospedaliere vengono occupa-te da pazienti anziani o molto anziani, poco o

nulla autosufficienti, con malattie croniche riacutizzate, comor-bidità, complicanze e postumi invalidanti, portatori di apparec-chiature e protesi, spesso di non semplice gestione.Il paziente “complesso” e l’anziano “fragile”, solita-mente ricoverati presso le Unità Operative di Medicina In-terna e Geriatria, sempre più spesso, ormai, si ritrovanoanche nelle terapie intensive e nei reparti specialistici, medi-ci e chirurgici, dove ricevono assistenza e cure che, se nondeterminano la guarigione, con buona probabilità consento-no di superare la fase acuta, aumentando l’aspettativa di vi-ta, ma quasi mai, purtroppo, la sua qualità!Si tratta comunque di pazienti che per le loro caratteristichecliniche richiedono spesso lunghi periodi di ricovero per unastabilizzazione sufficiente a garantire un rientro a domicilioin sicurezza.D’altra parte, l’adozione del sistema dei DRG impone tempidi degenza alquanto contenuti, per garantire un turn over

elevato di ricoveri ed una valutazione positiva dell’attivitàdell’Unità Operativa, in sede di contrattazione del budgetannuale.La drastica riduzione dei posti letto ospedalieri, in corso diattuazione nella nostra Regione, giustificata da motivi econo-mici contingenti, piuttosto che da una vera programmazionesanitaria, acuisce ancor di più la questione del “posto lettolibero”, come certamente sanno, in primis, i colleghi dei Ser-vizi di Pronto Soccorso e Accettazione.La “dimissione difficile” rappresenta, pertanto, già oggi, ilprimo e forse più importante fattore eziologico di blocco del turnover ospedaliero e pertanto merita una riflessione sulle suecause ed i possibili rimedi attuabili nel breve e medio termine.

DefinizioneLa dimissione difficile è una dimissione ritardata perché,nel rispetto della continuità terapeutica e assistenziale, ne-cessita di un “consumo di risorse economiche, umane edorganizzative che vanno oltre le potenzialità del paziente edei suoi familiari” ed implica, pertanto, il coinvolgimento ditutti i presidi sanitari, ospedalieri e territoriali: Distretto,Medico di famiglia, Residenze Assistite, Servizi Domiciliari,UDT, Servizi Sociali ecc...

Foto Jean Gaumy

32-34 Calvani.qxp 10/12/2010 18.41 Pagina 1

Ospedali

Notiziario dicembre 2010 33

Il ritardo viene calcolato rispetto al giorno della dimissione,stabilito dal case manager, sulla base di un criterio clinicocertamente personalizzato, ma anche condizionato dai pa-rametri statistici imposti dai DRG (degenza media, valoresoglia ecc... ecc...)

EziologiaIn cosa consiste “il consumo di risorse economiche, umaneed organizzative che vanno oltre le potenzialità del pazientee dei suoi familiari”, o, in altre parole, cosa ostacola il rientroa domicilio di un paziente ricoverato in ospedale, una voltache il medico di reparto ne abbia deciso la dimissione?

Si possono individuare tre tipi di criticità:

A. Criticità clinica (pazienti “complessi”/”anziani fragili”)

B. Criticità assistenziale (disponibilità di supporti socio-sani-

tari territoriali)

C. Criticità sociale (compliance familiare)

A) La criticità clinica: il paziente “complesso”/ l’an-ziano “fragile”

Il primo problema è rappresentato dalle caratteristiche cli-niche di questi pazienti, riassunte nella definizione di com-plessità e fragilità. (tab 1 e 2)

La capacità di recupero dello stato di salute dopo un even-to acuto è fortemente contrastata e rallentata dall’età avan-zata, dalle comorbidità, dalle disabilità, dai dispositivi arti-ficiali di cui sono spesso portatori e dalle frequenti compli-canze che contraddistinguono il decorso clinico (Tab. 3).

A conferma di ciò, una interessante ricerca dei colleghi dellaLungodegenza dell’ospedale universitario di Parma, condot-ta sulle SDO dei pazienti con “dimissione difficile”, ha evi-denziato che:1) Esisteva una netta prevalenza di casi di “dimissioni diffici-li” nelle UU.OO. di LDPA, Medicina Interna e Geriatria, ma ilproblema coinvolgeva altre branche specialistiche, in misuranon trascurabile (Tab. 4).

Tab. 4 - Ripartizione per reparti per acuti e LDPA dei casi di “dimis-sione difficile” (da Ann Ital Med Int 2004: “Analisi del proble-ma “dimissioni difficili” nell’A.O.U. Parma” T. Meschi et al.).

2) Le neoplasie e l’ictus rappresentavano le più frequenti dia-gnosi principali (20% e 17%) (Tab. 5).

Tab. 5 - Frequenza delle Diagnosi principali nei casi di “dimissionedifficile” (da Ann Ital Med Int 2004: “Analisi del problema“dimissioni difficili” nell’A.O.U. Parma” T. Meschi et al.)

3) Ben il 72 % di questi pazienti presentava una concomi-tante sindrome ipocinetica da allettamento, il 53% unaincontinenza e il 35% piaghe da decubito (Tab 6.)

DIAGNOSI SECONDARIE

S. IPOCINETICA DA ALLETTAMENTO 72%

INCONTINENZA 53%

LDD 35%

MARASMA (MALNUTRIZIONE) 8%

PROCEDURE

CATETERE VESCICALE 70%

CVC PEG SNG 58%

NUTRIZIONE PARENTERALE 51%

NUTRIZIONE ENTERALE 20%

POMPE PER TERAPIE EV 10%

TRACHEOSTOMIA 3%

DIPENDENZA DA RESPIRATORI 3%

• PROBLEMI NUTRIZIONALI• SQUILIBRIO IDROELETTROLITICO• INCONTINENZA• CADUTE• LESIONI DA DECUBITO• ELEVATO RISCHIO IATROGENO E DI EVENTI AVVERSI

LDPA 34%MEDICINA INTERNA 26%GERIATRIA 18%ORTOPEDIA 6%PNEUMOLOGIA 5%CHIRURGIA 3%NEUROLOGIA 3%CARDIOLOGIA 2%TERAPIA INTENSIVA 1%

MALIGNA 20%ICTUS CEREBRALE 17%FRATTURA OSSEA 9%DEMENZA 8%POLMONITE 8%INSUFFICIENZA CARDIACA 6%CARDIOPATIA ISCHEMICA 5%INSUFFICIENZA RESPIRATORIA CR 4%INSUFFICIENZA RENALE 4%

• ETÀ AVANZATA• PATOLOGIE CRONICO-DEGENERATIVE IN FASE

DI RIACUTIZZAZIONE• PATOLOGIE MULTIORGANO CONCOMITANTI• FREQUENTI COMPLICAZIONI• FREQUENTI RECIDIVE E OSPEDALIZZAZIONI • TEMPI DI RICOVERO MEDIAMENTE LUNGHI• RIDOTTA/NULLA AUTONOMIA FUNZIONALE• PORTATORE DI PROTESI E DISPOSITIVI• NOTEVOLE CARICO ASSISTENZIALE

Tab. 1-Il paziente “complesso/anziano “fragile”: caratteristiche cliniche.

• NUMERO DEI FARMACI SOMMINISTRATI• DURATA DEL RICOVERO• NUMERO DI CONSULENZE• NUMERO DI ESAMI DI LABORATORIO E STRUMENTALI• COMPLESSITÀ DELLE CURE INFERMIERISTICHE

Tab. 2 - Indicatori di complessità assistenziale.

Tab. 3 - Il paziente “complesso / anziano “fragile”: complicanze.

Tab. 6 - Parametri clinici di definizione del peso assistenziale nelle“dimissioni difficili” (da Ann Ital Med Int 2004: “Analisi del pro-blema “dimissioni difficili” nell’A.O.U. Parma” T. Meschi et al.).

32-34 Calvani.qxp 10/12/2010 18.41 Pagina 2

Ospedali

Notiziario dicembre 201034

4) Le procedure attuate rivelavano, infine che il 70% era por-tatore di catetere vescicale, il 58% di CVC, PEG o SNG, il51% era sottoposto a nutrizione parenterale (Tab 6.).

B) La Criticità assistenziale: il Medico di famiglia e ilDistretto Socio Sanitario

La dimissione protetta, che rappresenta (o dovrebbe rap-presentare) la regola in pazienti con le caratteristiche de-scritte, prevede essenzialmente due modalità di assistenzapost ospedaliera:1) l’attivazione dei Servizi di Assistenza Domiciliare, daparte del medico di famiglia e del Distretto Territoriale SocioSanitario di competenza 2) il ricovero in struttura residenziale, temporaneo o defini-tivo (RSA / Casa protetta)

Le problematiche esistenti, causa di impedimento e ritardianche considerevoli nella dimissione del paziente dall’ospe-dale, in tal caso, sono essenzialmente di natura organizza-tiva e burocratica e riguardano in particolare:• La comunicazione tra Medico Ospedaliero, Medico di fami-glia e Medico del Distretto, spesso del tutto inesistente.• L’Unità di valutazione multidimensionale che a volte ritar-da la presa in carico del paziente, specialmente se ricove-rato in località diverse da quella di residenza• La scarsa disponibilità di risorse, economiche ed umane,soprattutto infermieristiche, per l’organizzazione di un effi-ciente Servizio a domicilio• I Servizi Sociali del Comune di Residenza, che devono ac-certare il reddito familiare per deliberare l’impegno di spesaa favore del paziente “indigente”, in caso di ricovero pressouna struttura protetta• Le liste di attesa nelle RSA convenzionate

C) La criticità sociale: il ruolo della famiglia

Sempre più spesso accade che, nonostante il buon risultatoclinico ottenuto durante il ricovero, la dimissione vengaritardata da problematiche di natura extra sanitaria.In particolare, la famiglia che dovrebbe accogliere il pazien-te ed assisterlo a casa, non è in grado di svolgere questocompito e/o rifiuta di farlo, fondamentalmente per le se-guenti ragioni:1) Perché non esiste (anziani soli, senza figli o discendentidiretti);2) Perché tutti i componenti della famiglia sono impegnatiin attività lavorative e/o scolastiche a tempo pieno;3) Perché l’assistenza al paziente è comunque troppo gra-vosa ed impegnativa e richiede competenze e abilità parti-colari;4) Perché la casa non è più adatta a ricevere un pazientecon postumi invalidanti e richiederebbe interventi di ristrut-turazione lunghi e costosi;5) Perché i sussidi previsti dallo Stato sociale sono insuffi-cienti e necessitano di integrazione economica, con costitalora insostenibili;6) Perché insorge il timore di essere abbandonati e nonricevere più lo stesso tipo di assistenza continuativa garan-tita in ospedale.

Esiste poi un problema emergente, che si sta imponendocon sempre maggiore frequenza ed è quello rappresentato

dai cittadini extracomunitari, più o meno regolari, chespesso trovano nell’ospedale l’unico rifugio, in attesa di unasistemazione migliore e al riparo da una drammatica espul-sione che li riporterebbe nella situazione disperata da cuisono fuggiti.

CONCLUSIONILa presenza sempre più diffusa, nella popolazione italiana,di soggetti in età avanzata e molto avanzata ad alto biso-gno assistenziale, impone una nuova organizzazione socio-sanitaria data l’elevata molteplicità e complessità dei biso-gni espressi.La “dimissione difficile”, propria dei cosiddetti pazienti“complessi”, rappresenta un problema clinico, organizzativoe sociale, sempre più frequente e grave, la cui risoluzionenon può che risiedere in una maggiore integrazione traospedale e territorio.Ciò significa migliore utilizzo di tutte le opzioni organizzati-ve, ospedaliere e territoriali, disponibili, in un’ottica di“rete”, cioè di comunicazione ed interazione continua fratutti gli attori della catena assistenziale.Ad esempio, per decongestionare rapidamente i repartiospedalieri va rivalutata la funzione della Lungodegenzapost acuzie, cui va assegnato il ruolo e la dignità che lecompete: spazi e personale dedicato, all’interno dell’ospe-dale per acuti (onde garantire una continua osmosi con glialtri reparti specialistici da cui provengono i ricoverati) e undirigente medico responsabile di Struttura semplice, sotto-posto al controllo del Direttore della U.O.C. di MedicinaInterna e del Direttore di Dipartimento.Ancora, inserire il medico del reparto ospedaliero che di-mette il paziente, nella Unità di Valutazione Multidimensio-nale Distrettuale, cui spetta indicare modi e tempi delladimissione protetta, permetterebbe di realizzare quel tantoauspicato canale di comunicazione stabile, tra ospedale eterritorio che è la condizione principale per il superamentodelle problematiche suddette.Le trasformazioni sociali di questi anni, hanno modificatoradicalmente il ruolo della famiglia, che però rimane in mol-tissimi casi e nonostante le citate difficoltà, il luogo miglio-re dove accogliere e assistere i pazienti “complessi”, dimes-si di recente, da un reparto ospedaliero. Individuare gli strumenti più adeguati per sostenere lefamiglie, è compito della politica, ma sollecitarne l’attua-zione ritengo sia un dovere di chi quotidianamente vienechiamato a confrontarsi con queste criticità, primi fra tuttii medici.

*Dirigente Medico Responsabile U.O. Medicina Interna – LDPAPlesso Ospedaliero Bitonto.

32-34 Calvani.qxp 10/12/2010 18.41 Pagina 3