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. Hassan Al-Bannā Al-Ma’thūrāt ﺍﻟﻤﺄﺛﻮﺭﺍﺕInvocazioni scelte tratte dal Corano e dalla Sunna italiano-arabo con traslitterazione fonetica At-Tarīq

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.Hassan Al-Bannā

Al-Ma’thūrāt

المأثورات

Invocazioni sceltetratte dal Corano

e dalla Sunna

italiano-arabocon traslitterazione fonetica

At-Tarīq

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PRELIMINARE

Allāh (االله) - è il nome che identifica Dio, corri-spondente al termine italiano Iddio, inteso come l’Unico Dio; è Lui che pone inizio e fine a tutta la creazione e solo Lui esercita il dominio su di essa.

Egli non genera, non è generato e nulla è simile o uguale a Lui.

Erroneamente molte persone pensano che il termine Allāh indichi solamente il Dio dei musulmani, invece designa il Dio di ogni creatura.

lā ilāha illa-Llāh (إلا االله ه ٰـ إل -non c’è divi - (لاnità se non Allāh. Questa espressione signi-fica non c’è nessun altro Dio oltre ad Allāh, l’Unico Dio. Non esiste nulla né nessuno che meriti o abbia il titolo di essere adorato all’infuori di Lui. Non esiste nessuna divinità all’infuori di Allāh.

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Il termine ilāh dal punto di vista letterale indica dio o divinità nel senso di tutte le cose le persone o le idee a cui l’uomo attri-buisce (erroneamente) una qualità divina (che essi non detengono).

La qualità divina appartiene solo ad Allāh e si nega la divinità di tutto ciò che gli uomini adorano al di fuori di Lui.

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PRESENTAZIONE

L’Autore di questo libro, e il sistematore di que-ste ma’thūrāt, di queste invocazioni scelte dal Corano e dalla Sunna, la tradizione canonica, è uno dei pensatori che più ha influito sull’Islam contemporaneo e al tempo stesso una delle per-sonalità più fraintese e calunniate del mondo musulmano. Egiziano, insegnante, studioso at-tento e profondo di religione, Hassan al-Bannà fondò poco più che ventenne nel suo paese, tra gli Anni Venti e gli Anni Trenta (l’anno comu-nemente indicato è il ’28), un’organizzazione nota col nome di al-Ikhwān al-Muslimūn, «i Fra-telli Musulmani». Poco sappiamo dell’origine di tale movimento, nato esattamente nel paese mu-sulmano che in modo più precoce, fin dallo sbarco nel 1798 del generale Bonaparte sulle sue coste, aveva mostrato di voler intraprendere il cammino del nahda, del «risveglio», traendo dall’Occidente spunti, motivi, modelli e inse-gnamenti.

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Ma al tempo delle generose illusioni era suben-trato, specie con la fine della prima guerra mon-diale e lo smembramento dell’impero ottomano del quale avevano neocolonialisticamente appro-fittato Francia e Inghilterra disattendendo i patti stipulati con lo sceriffo hashemita della Mecca, Hussein – che ispirò la rivolta araba contro il po-tere sultaniale ottomano, favorendo così in modo determinante la vittoria delle forze dell’intesa contro quelle della Triplice Alleanza -, un duro disincanto. Se l’Occidente liberale aveva tradito le speranze arabe di libertà e di unità, molti furo-no gli arabi e i musulmani che in qualche modo si volsero al fascismo e al nazismo prima, al co-munismo sovietico poi, sperando da essi un ap-poggio e un contributo rinnovante sul cammino della loro redenzione sociale e culturale, del nuo-vo posto che i popoli musulmani avrebbero do-vuto assumere nel mondo. Ci sarebbero voluti prima la sconfitta militare dei fascismi con la seconda guerra mondiale, quindi il soccombere del comunismo dinanzi all’urto prepotente della civiltà individualistica ed opulenta del liberal- liberismo e dell’endiadi «consumo-profitto», per persuadere i musulmani che nessun modello de-sunto dall’Occidente li avrebbe mai condotti alla loro redenzione.

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Hassan al-Bannà ebbe il merito di comprendere con profonda lucidità, e con molto anticipo, che un’occidentalizzazione forzosa e acritica avreb-be condotto la civiltà musulmana alla sua defini-tiva e irreversibile distruzione, e che l’Islam avrebbe dovuto individuare e partorire dal suo stesso seno le forze per la sua rinascita. Tuttavia il suo movimento fu totalmente, genuinamente religioso: come suo fondatore e «Guida supre-ma», egli inviava gli adepti a predicare nelle mo-schee e nei luoghi pubblici: i Fratelli Musulmani svolgevano ampia e capillare opera di educazi-one, di beneficenza, di testimonianza religiosa nelle città e nelle campagne. Tuttavia, Hassan comprese ben presto che tale attività non poteva non avere, per il fatto stesso di essere esplicata, un aspetto profondamente civico nel senso mi-gliore e più alto del termine, cioè appunto «poli-tico». Il segnale definitivo di questa inevitabile vocazione fu il trattato anglo-egiziano del 1936, che praticamente sanciva una nuova forma di co-lonialismo. Da allora, i «Fratelli Musulmani» sce-sero in politica e s’impegnarono nelle varie lotte condotte nel mondo arabo. Sciolti d’autorità dal governo di Faruk – Hassan stesso fu assassinato, alla fine degli Anni Quaranta – strinsero forti le-gami con il movimento dei «giovani ufficiali» che nel 1952 liberò l’Egitto dal tallone britannico e

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dalla monarchia ad esso asservita. In un primo tempo i rapporti tra i «Fratelli» e il nuovo regime furono buoni, al punto che la loro organizzazio-ne, della quale si riconosceva la precipua voca-zione religiosa, sopravvisse allo scioglimento di tutti i partiti politici imposto nel 1953. Tuttavia il carattere decisamente «laico» – come diremmo noi altri occidentali – del socialismo nasseriano non poteva trovare in loro degli alleati e nemme-no dei cittadini rassegnati: il movimento intra-prese una dura opposizione politica e – all’indo-mani dell’attentato contro Nasser del 26 ottobre del 1954 – fu spietatamente perseguitato.

Ma la storia dei «Fratelli Musulmani» non s’iden-tifica con quella del suo fondatore, ch’era ormai morto da alcuni anni e l’ispirazione del quale era stata fin all’ultimo essenzialmente e severamente religiosa e spirituale. È con questo spirito che vanno lette oggi le sue Al Ma’thūrāt, trattatello di profondo spirito religioso e mistico che ora vie-ne riproposto a cura di Hani Ramadan, nipote e seguace dell’insegnamento del grande Imam. Al di là di quanto ben sappiamo sulla «politicità» in-trinseca all’Islam, siamo qui di fronte a pagine di autentica ispirazione religiosa. Quel che qui in-contriamo è il dhikr, il «ricordo» di Dio nel senso etimologico del latino re-cordari, riportare con-

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tinuamente e profondamente il Nome e la co-scienza della sostanza divina nel proprio cuore, qualcosa di molto simile, per certi versi – e natu-ralmente mutatis mutandis – all’esicasmo della teologia greca. Ma non è soltanto alla Filocalia del monaco Nicodemo che andrà il pensiero del cristiano leggendo queste «invocazioni»: egli penserà forse a ceri passi degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, o alla poesia di Teresa d’Avila e di Giovanni della Croce. Ed ecco infine la pienezza del godimento della fede da parte del fedele: «Quando si vede un musulmano ridere, gli si dice: - Che Allah ti dia la gioia –». France-sco d’assisi non avrebbe saputo dire di meglio.

Franco Cardini

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PRESENTAZIONE

Ecco Al-Ma’thūrāt, piccolo trattato di dhikr e di invocazioni tradizionali che Hassan Al-Bannā, ( االله ha composto negli anni trenta quando ,(رحمهil movimento dei Fratelli Musulmani era in pieno sviluppo in Egitto.

Il programma dei Fratelli mirava a riformare completamente la società egiziana e il mondo musulmano, ritornando alle fonti autentiche dell’Islām. La via era quella che aveva tracciato per noi il Profeta Muhammad (A) :

Noi vogliamo formare l’individuo musulmano, la famiglia musulmana, la comunità musulmana...

Quante volte il grande Imām aveva ripetuto queste parole per sottolineare che ogni radicale mutamento che conducesse al rinnovamento

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non si sarebbe prodotto se non secondo questa linea.

La parte essenziale dell’individuo è la sua anima, attraverso la quale egli è collegato al suo Creatore. Ed è nel momento in cui essa è nutrita dalla luce della Rivelazione, nel momento in cui prende coscienza della ricchezza spirituale che la abita, nel momento in cui gusta realmente la presenza di Dio, che quest’anima finisce colcomprendere il senso della vita. Dio dice:

Io non ho creato i jinn e gli uomini se non al fine che essi Mi adorino.Corano, s.51 (Adh-Dhāriyāt): ā. 56.

Ricordo che un giorno chiesi a mio padre, il Dottor Saïd Ramadan1 (االله quale fosse la ,(رحمهvera ragione del successo che avevano cono-sciuto mio nonno Hassan Al-Bannā e il suo movimento.

Potevo aspettarmi che mi rispondesse dicen-domi che l’uomo era dotato di una forte perso-nalità carismatica che gli permetteva di sedurre grazie alla propria eloquenza. Hassan Al-Bannā

1 Discepolo e genero di Hassan Al-Bannā.

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parlava anche due o tre ore consecutive, senza che alcun segno di stanchezza apparisse nelle folle, sempre più numerose, che assistevano ai suoi discorsi.

Mio padre avrebbe potuto dirmi che Hassan Al-Bannā era un sapiente versato nelle scienze religiose… interrogato su una questione di giu-risprudenza, era in grado di rinviare il suo inter-locutore ai versetti coranici, poi alle tradizioni profetiche, all’opinione dei Compagni, al parere dei grandi Imām e alle loro scuole, di cui citava a memoria i testi. Interrogato, per esempio, sul senso di una parola o di una espressione, egli era capace di darne la spiegazione etimologica o linguistica con una precisione che stupiva il suo entourage.

Mio padre avrebbe potuto dirmi ancora che una forte vitalità e una determinazione senza fallo animavano Hassan Al-Bannā, egli percorreva senza sosta l’Egitto e andava a portare i prin-cipi dell’Islām perfino nei villaggi più sperduti.Egli parlava ai contadini il linguaggio che era il loro e agli studenti delle scuole e delle uni-versità, il rigore intellettuale dei suoi propositi, la chiarezza del suo pensiero come la sua vasta

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cultura letteraria apportavano un altro ali-mento, un altro sapore. Insomma, egli sapeva persuadere e risvegliare le coscienze!

Mio padre avrebbe potuto dirmi anche che Hassan Al-Bannā aveva il dono di organizzare il lavoro sul campo e, piuttosto che erigere solo vuote teorie, cominciava con l’analizzare i mali della sua società per diagnosticarne i rimedi con-creti. Tutti coloro che lo hanno incontrato sono rimasti colpiti dall’umanità e dalla pazienza di questo predicatore che non domandava nulla e dava tutto. Egli, fedele all’etica musulmana, ricambiava costantemente il male col bene. Soleva dire:

O Fratelli Musulmani, siate come un albero che, col-pito dalle pietre, risponde con i frutti.

E ancora:

Noi combatteremo gli uomini per mezzo del-l’amore…

Il messaggio dell’Islām era in effetti per lui essen-zialmente quello dell’amore e della fraternità.Mio padre avrebbe potuto fornirmi infineuna spiegazione storica del fenomeno. Quando Hassan Al-Bannā fondò nel 1928

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l’organizzazione dei Fratelli Musulmani non aveva che 22 anni. L’Egitto era allora diviso in tre correnti: quella degli Ulamā’ (sapienti) delle università e delle scuole islamiche i quali, anche se difendevano i principi dell’Islām, restavano tuttavia dipendenti dallo Stato che limitava la portata della loro benefica influenza; la correntedelle differenti vie sufi, che all’epoca eranonumerose, delle quali alcune rispettavano le norme dell’Islām, mentre altre si erano abban-donate a innovazioni contrarie alle prescrizioni del Corano e della Sunna; la corrente infine deimusulmani attivi, che si rendevano conto della necessità di agire pragmaticamente a livello delle masse.

Ora, grazie alla sua formazione, Hassan Al-Bannā riuniva in sé, in una sintesi mirabile, queste tendenze: il suo sapere, la sua sincerità e il suo impegno sociale hanno impregnato in modo indelebile l’organizzazione che aveva fon-dato…

Non dimenticherò mai la risposta che mio padre mi diede né il modo con cui me la diede, sottolineando la sua frase con un grande gesto delle braccia per esprimerne l’immensità:

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Hassan Al-Bannā ha potuto compiere quello che ha compiuto con un tale successo poiché era interamente e in modo assoluto sottomesso a Dio! Non c’era, in ciò che intraprendeva, nulla che fosse in funzione del suo ego.

Quello era dunque il segreto!

Lo scopo dello dhikr -il ricordo e l’invocazione di Dio- è precisamente la ricerca della verità e l’annullamento di se stessi davanti al Creatore Supremo. Chi leggerà Al-Ma’thūrāt compren-derà che il programma esposto in questo pic-colo trattato, se è rispettato e applicato come si deve, consentirà una riforma completa della nostra comunità.

È da qui che bisogna cominciare: dal nostro rapporto intimo con Dio, giorno dopo giorno, nella nostra volontà di agire per servirLo, nel nostro disinteresse verso gli onori, la gloria e il denaro, nel dono costante e sincero dei nostri beni, del nostro tempo e delle nostre vite.

Hani Ramadan

Ginevra, sha‘bān 1428/ septtembre 2007

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INTRODUZIONE

Lode ad Allāh, Signore dei mondi.

Che Allāh invochi1 su sayyidinā2 Muhammad, il migliore di coloro che Lo ricordano e il signore di coloro che sono riconoscenti, l’Imām dei Messaggeri, il sigillo dei Profeti e la guida dei credenti3, come su tutti i suoi familiari e com-pagni, e su chiunque segua la loro via fino alGiorno del giudizio.

1. LO DHIKR IN OGNI CIRCOSTANZA

Sappi, fratello, che Allāh dia a entrambi la piena riuscita in ogni cosa4, che ogni creatura umana determina la sua vita secondo un obiettivo fondamentale attorno al quale ruotano i suoi

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pensieri, che motiva i suoi atti e verso cui con-vergono le sue speranze, è quello che si chiama: “l’ideale supremo”5 : quando esso è superiore ed elevato genera azioni superiori e gloriose, l’anima di colui che vi aderisce è impregnata di una forma di bellezza spirituale ed essa lo spin-gerà continuamente verso la perfezione, fino aquando ne acquisirà la parte destinatagli.

L’Islām è stato rivelato per risanare l’anima umana, per purificarla ed elevarla verso il piùalto grado possibile di perfezione, esso ha indi-cato chiaramente all’umanità la sua ultima fina-lità e l’ha portata verso l’ideale supremo. Questo ideale è “la Purezza della Presenza di Allāh jalla wa ‘ālā”6 , conformemente al versetto:

Fuggite dunque verso Allāh io sono per voi, da parte Sua, un chiaro ammonitore.Corano, s. 51 (Adh-Dhāriyāt): ā. 50.

Se tu sai questo, nobile fratello, non troverai strano che il musulmano ricordi Allāh in ogni circostanza e considererai un privilegio ricevere dal Profeta (A) (che è di tutti gli esseri creati

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colui che conosce meglio il suo Signore) queste meravigliose ed eloquenti formule compren-denti la menzione del Suo Nome, l’invocazione, il render grazie, la glorificazione e la lode diAllāh, formule dette in ogni circostanza, piccola o grande, importante o minima. Il Profeta (A) in effetti ricordava ar-Rabb in ogni situazione7. Non essere dunque sorpreso quando ci vedi richiedere ai Fratelli Musulmani di seguire la via (Sunna) del loro Profeta (A) e di prenderlo per modello, memorizzando queste formule8 e avvicinandosi così tramite esse ad Al ‘Azīz, Al Ghaffār.

Vi è certamente per voi nel Messaggero di Allāh un esempio perfetto, per colui che aspira ad Allāh, al Giorno ultimo e che ricorda Allāh frequentemente.Corano, s. 33 (Al-Ahzāb): ā. 21.

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2. IL FA.DL DELLO DHIKR E DI COLORO CHE LO PRATICANO

L’ordine di praticare lo dhikr abbondantemente, come il fadl di tale pratica e di coloro che vi si dedicano, sono esposti in numerosi versetti del nobile Corano e in molti ahādīth del grande Messaggero (A). Per evidenziarne il valore, basti constatare la posizione che Allāh ha dato a coloro che compiono lo dhikr nel seguente versetto:

Certo, i musulmani e le musulmane, i credenti e le credenti, gli obbedienti e le obbedienti, i leali e le leali, i costanti e le costanti, quelli e quelle che temono Dio, quelli e quelle che do-nanodigiunano, quelli e quelle che si preservano da

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. l’elemosina (sadaqa), quelli e quelle che

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ogni relazione sessuale illecita, quelli e quelle che menzionano molto Allāh. Allāh ha prepa-rato per loro perdono e immensa ricompensa.Corano, s. 33 (Al-Ahzāb): ā. 35.

Allāh ha ordinato questa pratica ai credenti dicendo:

O voi che credete, ricordate spesso Allāh e glo-rificateLo all’inizio del giorno e alla sua fine. Corano, s. 33 (Al-Ahzāb): ā. 41-42.

Numerosi sono gli ahādīth che menzionano il fadl dello dhikr. Il Messaggero di Allāh (A) disse, riportando le parole del suo Signore ‘azza wa jalla: “Allāh tabāraka wa ta‘ālā dice:

Io sono come il Mio Servitore crede che io sia e sono con lui quando Mi ricorda.9 Così, se egli Mi ricorda in se stesso, Io lo ricordo in Me stesso e se lui Mi ricorda in pubblico Io lo ricordo a un pubblico altissimo (...).Riportato da Al-Bukhārī e Muslim, sulla base della testimo-nianza di Abū Hurayra.

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E come riferisce ‘Abd-Allāh Ibn Busr (1), un uomo disse: “O Messaggero di Allāh! Le pre-scrizioni dell’Islām sono troppe per me, indi-camene quindi una sola alla quale io possa aggrapparmi”10. Il Profeta (A) gli rispose:

Che la tua lingua sia continuamente rinfrescata dallo dhikr di Allāh. Riportato da At-Tirmidhī che lo definisce hasan.

3. L’ADAB DELLO DHIKR11

Sappi fratello che con il termine dhikr non si intende solo lo dhikr orale; anche il pentimento (at-tawba) è una forma di dhikr, la riflessione èuna delle forme più elevate di dhikr, la ricerca del sapere è dhikr e la ricerca del rizq, quando sia mossa da una sana intenzione è dhikr, e qual-siasi cosa in cui Tu agisci mirando interiormente al Tuo Signore e ricordando il Suo sguardo su di Te e il Suo controllo è dhikr. Per questo, colui che sa12, pratica lo dhikr in ogni situazione.

Affinché lo dhikr lasci una traccia sul cuore, è necessario attenersi alle sue regole, altrimenti esso si limiterà a parole vuote. I sapienti hanno enumerato molte di queste regole, di cui le più importanti e prioritarie a cui attenersi sono:

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1. Il timore reverenziale e la compostezza. Il tenere presente il senso delle espressioni che si pronunciano cercando di impregnarsene; coglierne gli scopi e i propositi.

2. Il tenere la voce bassa nella misura del pos-sibile, per non disturbare gli altri, essere del tutto svegli e attenti, con una concentrazione assoluta (fino al punto da non essere distrattida nient’altro), presenti in quello che si sta facendo, perfettamente risoluti.

Il nobile versetto che segue allude proprio a queste regole. Allāh l’Eccelso, dice:

E ricorda il Tuo Signore, in te stesso, supplican-do e con timore, senza alzare la voce, il mattino (presto) e prima del tramonto, e non essere tra coloro che sono negligenti. Corano: s. 7 (Al-A‘rāf), ā. 205.

3. L’armonia con gli altri nella recitazione, se lo dhikr viene praticato in gruppo. Non si deve né andare troppo in fretta (superando gli

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altri) né rimanere in ritardo, né infilarsi nellarecitazione degli altri. Se si arriva quando gli altri hanno già cominciato, si attenda l’ini-zio di una nuova formula per unirsi alla loro recitazione, poi si recuperi, dopo la recita-zione collettiva, ciò che manca. Se invece si rimane indietro durante la recitazione, si reciterà (sottovoce) quello che manca, sino a raggiungere il punto in cui sono arrivati gli altri. Non ci si deve però mai inserire nel mezzo della recitazione di una formula, per evitare che la recitazione sia alterata e che le formule vengano modificate, ciò è ritenutoillecito all’unanimità.

4. La pulizia dei vestiti e del luogo, preoccupan-dosi di praticare lo dhikr in luoghi rispetta-bili e nei momenti adatti affinché ciò favori-sca la concentrazione dell’energia spirituale, la purezza del cuore e l’autenticità dell’inten-zione.

5. Congedarsi con timore reverenziale e in modo composto evitando parole inutili e le distrazioni che eliminerebbero gli effettibenefici e l’influsso dello dhikr.

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Osservando queste regole, il credente trarrà beneficio da quello che avrà pronunciato, egliconstaterà una dolcezza nel suo cuore, quale effetto dello dhikr recitato, una luce per la sua anima, un sollievo del suo petto che si spalancherà dilatandosi e fluirà in lui il fadl di Allāh, se Allāh ta‘ālā lo vuole.

4. LO DHIKR CORALE DI ALLĀH

Troviamo in alcuni ahādīth ciò che ci induce a pensare che riunirsi per fare lo dhikr sia gradito. Così nello hadīth che riporta Muslim, il profeta Muhammad (A) disse:

Un gruppo di uomini non si siede praticando lo dhikr di Allāh ‘azza wa jalla, senza che gli angeli li circondino, che la misericordia li copra, che la quiete discenda su di essi e che Allāh li ricordi a coloro che sono accanto a Lui .

Spesso si riscontra negli ahādīth che quando il Profeta (A) incontrava un gruppo di credenti che stavano praticando lo dhikr di Allāh nella moschea, annunciava loro la ricompensa di Allāh per quello che stavano facendo e non lo impediva.13 Riunirsi per compiere atti di obbe-dienza è dunque un’opera gradita in se stessa.

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A maggior ragione quando questi generano numerosi benefici, come l’armonia tra i cuori,ilconsolidamento dei legami, l’occupare il proprio tempo in modo benefico, l’istruzione dell’anal-fabeta e il rendere visibile una delle pratiche di culto instaurate da Allāh ta‘ālā.

Certo14, il fatto di riunirsi in gruppo per pra-ticare lo dhikr è proibito se ne conseguono comportamenti vietati dalla Sharī‘ah, come disturbare (alzando la voce) chi prega, lasciarsi andare a discorsi futili o al riso, deformare le espressioni, infilarsi nel mezzo della recitazionedi una formula o comportarsi in un qualsiasi altro modo vietato dalla Sharī‘ah. In questo caso si impedisce di praticare lo dhikr in gruppo solo a causa di queste scorrettezze, non per il fatto di farlo insieme.

In particolare, quando lo dhikr collettivo è fatto utilizzando delle formule attestate dalle Tradi-zioni autentiche del Profeta (A), come è il caso

15, sarebbe auspicabile che i Fratelli si riunissero per recitarla, il mat-tino e la sera, nel loro luogo di incontro o in una moschea, evitando gli atti sopra indicati.

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della presente wazīfa

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Colui che non riesce a recitarla in gruppo, la reciti da solo e non la trascuri.

CONCLUSIONE

Ai Fratelli Musulmani, dunque, noi indiriz-

que esclusiva per loro, ma si indirizza a tutti i musulmani, può essere che in essa vi trovino un ausilio nella loro obbedienza ad Allāh, tabāraka wa ta‘ālā. Essa può essere recitata il mattino, dal tempo della preghiera dell’alba (al-fajr) fino al

e la sera, dal tempo della preghiera del pomerig-gio (al-‘asr) fino a dopo la preghiera della notte(al-‘ishā’), da soli o in gruppo. Colui che non riesce a recitarla interamente, non trascuri di leggerne almeno una parte, al fine di non abi-tuarsi a trascurarla e a perderla.

Il wird coranico si legge al momento oppor-tuno, di notte come di giorno. Le invocazioni e gli adhkar che li seguono vanno recitati nelle relative occasioni.

Chiediamo ad Allāh ‘azza wa jalla, per noi e per loro, il pieno successo e il perfetto orientamento.

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ziamo questa wazīfa. Essa non è comun-

tempo di quella del mezzogiorno (az-zuhr),

.

. .

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Chiediamo loro di non privarci del beneficiodelle loro invocazioni in segreto come in pub-blico. Che Allāh invochi su sayydinā Muhammad come sulla sua famiglia e sui suoi compagni.

Ghurrat Ramadan, anno 1355 H.

Hassan Al-Bannā

Guida generale dei Fratelli Musulmani

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Note

salāt (preghiera, da cui deriva il verbo sallā) come riporta anche l’imam Bājī, aveva anche il senso di invoca- zione e di rahma. Quando il soggetto del verbo sallā è Allāh assume (tra gli altri) il significato di emanare la rahma , si domanda ad Allāh di accordare la Sua misericordia, il Suo perdono, la Sua benedizione,la Sua pace, di dare la Sua grazia…Secondo un altro tafsīr (di Ibn Khatīr e Tabarī) la preghiera proveniente da Allah è il fatto di lodare la sua creatura presso “gli abitanti del cielo” ed è misericordia da parte Sua. (Come riporta ‘Asqalānī, in Al-Fath) Quando è il profeta Muhammad (A) che pronuncia Allāhumma salli è un’invocazione ad Allāh al fine che Egliaccordi il suo perdono a una o più creature, pronun-ciata da un credente per il Profeta Muhammad (A) è una richiesta indirizzata ad Allāh di avvicinare (il Profeta) a Lui ancora di più. [commentario dello hadīth (1402) di Bukhārī.]

[Nella sharī‘ah il termine salāt designa soprattutto la preghiera rituale dei musulmani ordinata da Allāh e insegnatici dal Profeta Muhammad (A) (che inizia con takbīr al-ihrām - Allāhu akbar - finisce con - as-salāmu ‘alaykum wa rahmatu-Llāh - ed è composta da movimenti specifici).]

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In realtà esistono altri livelli di comprensione…

. ā1. … wa sall All hu alla-Llāhu ... Il verbo sallā ā . ssignifica comunemente pregare anticamente il termine

Wa Allahu wa-Llāhu

ā

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Per approfondimenti si veda il testo di Mostafa Brahami, Pourquoi prier, pp.12-16, Éditions Tawhid, Lyon, 2006.2. Sayyidinā significa sul nostro signore. Il termine originario è sayyid che significa letteralmente signore, capo e guida, non da intendersi quale equivalente di Dio, ma come indice di una forma di rispetto e di eccellenza spirituale che venivano attribuiti ai leader delle tribù arabe antiche. Con l’avvento dell’Islām assume piuttosto il senso di distinzione morale ed elevatezza spirituale. 3. Testualmente la guida di coloro di cui le fronti e le membra saranno segnate da biancore. Questa luce apparirà il Giorno della risurrezione quale esito del-l’aver praticato correttamente il rito dell’abluzione.4. Letteralmente Husn at-tawfīq.5. Letteralmente l’Esempio Superiore.6. L’espressione originale araba Qudsu hadrati-Llāh si può tradurre anche: la Santità della presenza di Allah o la Santità della Gloria di Allāh. In un’al-tra versione dello stesso testo troviamo al posto di questa un’espressione similare che può essere anche tradotta che sia riconosciuta la Santità della presenza di Allāh.7. Questo hadīth è stato riportato da Muslim, Abū Dāwūd e At-Tirmidhī in questi termini: “ ‘Â’isha (4) disse: ‘Il Messaggero di Allāh (A) evocava Allāh in ciascuno dei suoi momenti’”.8. Letteralmente adkhar plurale del termine dhikr.

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9. Con ricordare si intende compiere lo dhikr in ogni sua forma, invocando Allāh, nominandoLo, pregan-doLo, menzionandoLo, testimoniandoLo, ecc.10. At-Tayyibī disse: “L’intenzione di questo uomo non era in nessun caso di tralasciare le prescrizioni dell’Islām; piuttosto, egli ha interrogato il Profeta (A) perché gli indicasse una pratica a cui attenersi fermamente dopo il compimento degli atti obbli-gatori”.11. Regole da osservare durante lo dhikr e il modo corretto di compierlo. Apri la tua mente e apri il tuo cuore… pensa cosa stai dicendo prima di ini-ziare lo dhikr e fallo nel profondo del cuore.12. Letteralmente Al-‘ārif, l’iniziato, colui il cui cuore nutre una profonda relazione con Allāh, il Quale gli fa comprendere il senso profondo delle cose.13. C’è anche lo hadīth riportato da Abū Sa‘īd Al-Khudrī (1) che disse: “Mu‘āwiya (1) uscì e si imbatté in un gruppo radunato nella moschea. Domandò: ‘Cosa vi ha spinti a riunirvi qui?’ Essi risposero: ‘Il nostro scopo è di praticare lo dhikr di Allāh’. Egli riprese: ‘Giuratelo su Allāh, è la sola ragione?’ Essi risposero: ‘Lo giuriamo su Allāh, è la sola ragione’. Mu‘āwiya proseguì: ‘Non vi ho chiesto di giurare perché dubitassi di voi. Nessuno che avesse un posto simile a quello che occupavo io presso il Messaggero di Allāh (A) ha riportato un numero di ahādīth pari al mio, perciò so bene che il Messaggero di Allāh (A) uscì un giorno e si imbatté su un cerchio formato dai suoi Compagni ai quali domandò: ‘Cosa vi ha spinti a riunirvi qui?’

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Essi risposero: ‘Ci siamo seduti al fine di evocareAllāh, lodarLo per averci guidati all’Islām e per i Suoi benefici’. Egli (A) disse: ‘In effetti io non viho chiesto di giurare perché vi accuso (di mentire), ma in verità l’Angelo Gabriele è venuto a me. Mi ha informato che Allāh ‘azza wa jalla, vi ricorda con fierezza ai Suoi angeli’”. (Riportato da Muslim, At-Tirmidhī, An-Nasā’ī.)14. L’espressione certo, che si potrebbe tradurre più direttamente con sì, indica con chiarezza e sotti-gliezza che Hassan Al Bannā (7) era perfettamente cosciente che nei gruppi di dhikr un certo numero di innovazioni e di eresie potessero insinuarsi. Ed è per questo che, prevedendo certe obiezioni, tiene a precisare le regole che permettono al musulmano di praticare lo dhikr in gruppo, conformandosi stret-tamente ed esclusivamente alla Sunna, la via del Profeta Muhammad (A). Quanto alla soppressione totale di queste pratiche per prevenire le eresie, signi-fica cadere in un altro estremo, in un’altra forma dieresia che consiste nella soppressione di quello che è stato messo in pratica sotto gli occhi del Profeta (A), che incoraggiava i credenti a riunirsi per glo-rificare, lodare e proclamare l’Unicità del Creatore.Gli ahādīth autentici danno interamente ragione a Hassan Al-Bannā (7). [nota di Hani Ramadan].

che il credente si impegna a realizzare recitando lo dhikr.

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15. La wazīfa designa qui il dovere quotidiano .

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INDICE

PRELIMINARE 5

PRESENTAZIONE 7

INTRODUZIONE 131. Lo dhikr in ogni circostanza . . . . . 132. Il fadl dello dhikr e di coloro che lo praticano . 163. L’adab dello dhikr . . . . . . . 184. Lo dhikr corale di Allāh . . . . . . 21Conclusione . . . . . . . . . 23

PARTE 1 : AL-WADHÎFA 29

PARTE 2 : IL WIRD CORANICO 101Il fadl del Corano . . . . . . . . 101Mikdar del wird . . . . . . . . 105Sure di cui è raccomandata la recitazione frequente 108L’adab della recitazione coranica . . . . . 111Sedute di ascolto . . . . . . . . 113Il wird finalizzato alla memorizzazione del Corano 115

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PARTE 3: INVOCAZIONI DEL GIORNO E DELLA NOTTE 1211. Le invocazioni dette al risveglio . . . . 1212. Invocazioni dette mentre si indossa e ci si toglie un

capo di vestiario . . . . . . . . 1243. Invocazioni da pronunciare quando si esce da casa o

vi si entra . . . . . . . . . 1264. Invocazioni da pronunciare mentre ci si reca in

moschea, quando si entra in essa e quando se ne esce 1285. Invocazioni relative ai bisogni naturali e ai rapporti

carnali . . . . . . . . . . 1316. Invocazioni per l’abluzione minore, l’abluzione mag-

giore e l’appello alla preghiera (adhān) . . . 1337. Invocazioni relative al cibo . . . . . 1368. Invocazioni riguardanti la preghiera notturna

(tahaggiud), l’insonnia e i sogni . . . . 1399. Invocazioni relative al sonno . . . . . 14410. Invocazioni da pronunciare dopo la fine della pre-

ghiera (salât) e al termine di una riunione . . 148

PARTE 4 : INVOCAZIONI PER VARIE CIRCOSTANZE 1551. Al-istikhāra . . . . . . . . . 1552. Salât al-hāja . . . . . . . . . 1573. Alcune invocazioni relative al viaggio . . . 1594. Alcune invocazioni relative ai fenomeni naturali 164

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5. Alcune invocazioni relative al matrimonio e ai bam-bini . . . . . . . . . . 167

6. Alcune invocazioni da pronunciare alla vista di cose particolari . . . . . . . . . 168

7. Alcune invocazioni relative al saluto . . . 1718. Invocazioni relative a determinate circostanze della

vita. . . . . . . . . . . 1739. Alcune invocazioni relative alla malattia e alla morte

. . . . . . . . . . . 17910. Salāt at-tasabīh . . . . . . . . 185

ALCUNI WIRD DEI FRATELLI MUSULMANI 1871. Wird dell’invocazione (wird ad-du‘ā’ ) . . . 1872. Wird del legame (wird ar-rābita) . . . . 1883 L’analisi quotidiana delle azioni della giornata (wird

al-muhāsaba) . . . . . . . . 192

LE DIECI RACCOMANDAZIONI DELL’IMĀM SHAHĪD HASSAN AL BANNĀ (7) 195

GLOSSARIO 199

AVVERTENZE 205

RINGRAZIAMO 209

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