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1 MARIO ALBERTO CATAROZZO Le guide di Filodiritto Come preparare discorsi in pubblico e gestirli con efficacia GUIDA PRATICA AL PUBLIC SPEAKING PER PROFESSIONISTI DELL’AREA LEGALE

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MARIO ALBERTO CATAROZZO

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Come preparare discorsi in pubblico e gestirli con efficacia

GUIDA PRATICA AL PUBLIC SPEAKING PER PROFESSIONISTI DELL’AREA LEGALE

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GUIDA PRATICA AL PUBLIC SPEAKING PER PROFESSIONISTI DELL’AREA LEGALE

Come preparare discorsi in pubblico e gestirli con efficacia

MARIO ALBERTO CATAROZZO

Tecniche, principi, regole da seguire per un buon risultato

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L’autore 5

Introduzione 6

Capitolo 1 7Pubblic speaking: piacere e piacersi. Come partire col piede giusto

Puntata 2 12Il pubblic speaking per i professionisti dell’area legale

Puntata 3 15Pubblic speaking come opportunità di visibilità professionale

Puntata 4 17Le riunioni in studio

Puntata 5 20Pubblic speaking: l’arte di toccare le corde giuste

Puntata 6 24E se tu fossi affamto?

Puntata 7 27Le basi della comunicazione

Puntata 8 30Parlare in pubblico, dire cose interessanti e annoiare a morte!

Indice

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Puntata 9 34Sistemi comunicativi e udienza civile e penale

Puntata 10 40L’importanza della prossemica nel pubblic speaking.Alcuni accorgimenti utili per i relatori in ambito giuridico

Puntata 11 42Gli ingredienti per un buon risultato

Puntata 12 44Progettazione dell’intervento

Puntata 13 46Gli elementi del pubblic speaking

Puntata 14 47Le slide del professionista legale

Puntata 15 50La gestione dei tempi

Puntata 16 51Pubblic speaking: gli oratori eccelenti fanno così

Puntata 17 54Come prepare slide efficaci per un convegno giuridico

Puntata 18 57Lettori di slide

Corso Public Speaking 60Corsi soft skills e strumenti di managerialità per professionisti

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L’Autore

MARIO ALBERTO CATAROZZOFormatore • CoaChFormazione e Coaching per il professionista

GUIDA PRATICA AL PUBLIC SPEAKING PER PROFESSIONISTI DELL’AREA LEGALECome preparare discorsi in pubblico e gestirli con

efficacia

Mario Alberto Catarozzo, laureato in Giu-risprudenza, ha una lunga esperienza come trainer, coach e consulente sui temi della co-municazione, negoziazione, leadership, public speaking, crescita personale e professionale. Ha maturato le proprie basi professionali come

product e project manager presso primarie strutture del mondo editoriale, della comunicazione e dei new media dedicate al settore degli studi professionali in oltre quindici anni di attività.Collabora con Enti, Associazioni e Ordini professionali per la formazione dei liberi professionisti sui soft skills e sulle competenze manageriali. Come Coach affianca studi professionali, liberi professionisti e manager impegnati in processi di sviluppo e cambiamento sia come singoli che in team.Svolge attività di trainer in corsi tenuti in aula e presso Studi professionali e aziende (per informazioni visita il sito www.mariocatarozzo.it).È Coach professionista, formatosi presso la NLP Italy Coaching School, dove ha conseguito due specializzazioni, “Team Coach Professionista” e “Life Coach Professionista”, ed ha conseguito la qualifica di “Licensed NLP Coach™” certi-ficata dalla Society of NLP di Richard Bandler. Presso la NLP Italy Coaching School ha conseguito due livelli di specializzazione in PNL (Programmazione Neuro Linguistica), practitioner e Master Practitioner, certificati dalla Society of NLP di Richard Bandler. È coach associato ad AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti.Visita il sito: www.mariocatarozzo.itSeguimi su Twitter: @MarAlbCat

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IntroduzioneMa come, un libro dedicato agli avvocati sul public speaking? Proprio loro che sono i principi dell’eloquio, che fanno del saper parlare un’arte e uno strumento di lavoro? Certo, perché saper comunicare (lett. “mettere in comune”) e saper parlare sono due cose diverse. Non solo, ma saper parlare e saperlo fare in pub-blico è ancora diverso.

In questa breve guida pratica, pensata per dare veloci strumenti di azione e un percorso di miglioramento, non parleremo di retorica o di dialettica, non sco-moderemo quindi il buon Platone, Socrate o Cicerone. Non si tratterà, quindi, di come costruire l’eloquio al fine di avere ragione e di sostenere le proprie argo-mentazioni, compito importantissimo per un legale. Qui affronteremo tutte quelle situazioni in cui il professionista è chiamato a parlare ad una platea di persone, che siano occasioni interne alla vita di studio, per esempio una riunione o momenti formativi, oppure circostanze esterne, quali seminari, convegni, formazione per i clienti, consigli di amministrazione e perché no, udienza.

Vedremo che il public speaking richiede allenamento, competenze e un po’ di preparazione emotiva. Parlare in pubblico è un po’ come essere ogni volta sotto esame, guardati e valutati dal pubblico nelle nostre performance. L’ansia quindi è un fattore naturale, vedremo come gestirla e renderla una risorsa invece che un ostacolo.

Infine, i materiali: basta slide piene di testo, fitte fitte. Si può fare di meglio, anche per chi maneggia materia legale, leggi, articoli, parole.

I contenuti del presente ebook in parte tratti dai miei corsi di formazione sull’ar-gomento e in parte sono post pubblicati sul mio Blog.

Bene, cominciamo!

Mario Alberto CatarozzoFormatore e Coach

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Public speaking:piacere e piacersi.

Come partire col piede giusto

PUNTATA N. 1

Una storia come tante... Continuiamo il nostro viaggio nel public speaking, l’arte di parlare in pubblico, piacere e piacersi. Era da settimane che Franco, un avvocato “giovane den-tro” (come si definiva lui strizzando l’occhiolino alle cinquanta candeline spente da poco), stava preparan-do la relazione per il convegno organizzato dal suo Studio legale. Era tutto perfetto, il palcoscenico era la riforma del lavoro e lui non poteva che essere l’at-tore principale, giuslavorista appassionato. In Studio si muoveva come una lontra in uno stagno di cui co-nosceva ogni anfratto. Era decisamente a suo agio lì. Ogni giorno percorreva l’asse scrivania, biblioteca di Studio, sala riunioni per la messa a punto della gior-nata con i collaboratori; di tanto in tanto una punta-tina in tribunale per non dimenticarsi che esiste an-che quella possibilità. Periodicamente lo aspettava la libreria di strada tra Studio e tribunale che, come un pit stop salutare, lo accoglieva a braccia aperte con lo sguardo di chi ricorda che comprare libri su Internet sarà pure comodo, ma non è bello. Insomma, fin qui tutto bene, piacevolmente sotto controllo. Ma di tan-to in tanto il palcoscenico lo chiamava. Lì mille occhi

Dal Blog - 21.09.2012

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sembravano puntati su di lui e sentiva la pressione che ogni giorno aumentava le sue atmosfere, come in una discesa in un mare che seppur conosceva bene lo agitava sempre. Sapeva di valere 100, ma di rendere 30 quando era lì sotto i riflettori e questo, nel tem-po, era diventata una spina nel fianco. Come tutte le situazioni che memorizziamo con intensità emotiva, le sue performance pubbliche erano diventate per lui ancore di un’emozione che si sarebbe risparmiato vo-lentieri: l’ansia.

Siamo un po’ tutti Franco, che ne dite? Molti di noi vivono situazioni di questo tipo. L’ansia da presta-zione è naturale, anzi attiva quelle risposte da stress (eustress) nel nostro organismo che ci permette di affrontare la situazione al meglio, di essere efficaci, energici e proattivi. Quando l’ansia, tuttavia, da al-leato silenzioso diventa un rumoroso nemico…ecco che le cose cambiano. Le nostre capacità sembrano annichilite. L’ansia agisce come la criptonite su Su-perman.

Che fare? Tante soluzioni sia per prepararsi al meglio (emotivamente e non solo), sia per affrontare nell’im-mediato la situazione. Le vedremo pian piano, post dopo post, ora soffermiamoci sul cosa dire al pub-blico che ci guarda e ascolta nell’incipit del nostro discorso.

“Vi chiedo scusa per l’emozione…”; “Vi chiedo di essere clementi per gli errori che farò, l’emozione, sapete…”; “Non sono abituato a parlare in pubblico, per cui mi vorrete scusare se sarò poco efficace…”; “Non sono uno speaker efficace, lo so, quindi vorrete scusarmi…”.

Ansia da prestazione

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Che ne dite, così va bene? Avete cominciato chie-dendo scusa, vi siete giustificati, avete messo le mani avanti. Secondo voi il pubblico cosa penserà? “Pove-ro”, oppure “che bravo”, o ancora “sì, bravo, vai avanti così…”? No, miei cari. Il pubblico penserà “ah, co-minciamo bene”; oppure “e questo chi lo ha mandato”, o ancora “ma a me cosa frega se non sei abituato, io sono qui per sentire qualcosa di interessante, dai muoviti”; oppure ancora “apperò, cominciamo bene oggi…”.

Che dite, vi ho fatto ulteriormente salire l’ansia ades-so? Rilassatevi, ora vediamo come possiamo affrontare meglio la nostra emozione iniziale, senza “bastonarci” da soli pubblicamente (che poi era, paradossalmente, proprio ciò che temevamo nei nostri più reconditi film mentali).

Scusarsi non va bene, perché non è una buona stra-tegia comunicativa cominciare uno speech sulle di-fensive; inoltre, i “nostri” problemi, al pubblico non interessano, tanto più le nostre difficoltà (soprattutto se manifestate in questo modo). Non creeremo cer-to un “ponte” col pubblico in questo modo. Non è questa la strada dunque per creare il clima giusto nell’audience, né per creare empatia con chi ci ascolta e guarda.

Vediamo dunque come cominciare bene se siamo in ansia, premesso che una buona strategia è lavorare prima sul nostro stato emotivo, in modo da arrivare in uno “stato” ottimale per lo speech. Pensate, per esempio, ad uno sportivo (un tennista ad esempio) che deve affrontare la partita: il primo step è mettersi emotivamente nella condizione ideale per dare il me-glio di sè.

Cosa non fare...

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Una volta in scena, comunque, se sentite forte la pressione dell’ansia abbiamo (almeno) due strade:

• la prima è vivere tale emozione che ci pervade senza ostacolarla, cercare di mandarla via, evitarla, ma allearsi ad essa. Come? Immaginando, per esem-pio, che quell’emozione (che poi siamo noi) sia una calda coperta (Linus insegna) che ci scalda, esattamente come la tuta di un atleta per tenere i muscoli caldi fino a pochi secondi prima dello sprint. 

•La seconda possibilità è di condividere col pubblico l’emozione che stiamo vivendo. Condividerla, non scaricargliela addosso! Quindi non scusarsi, bensì comunicare il proprio stato d’animo in modo che chi ci ascolta possa riconoscersi in quell’emozione umana e che, quindi tutti, conoscono bene. “Sono felice di essere qui con voi oggi, e mi sento sempre emozionato a parlare davanti ad una platea di col-leghi…”; oppure “Ho il privilegio di parlarvi della riforma ed è sempre emozionante essere qui”; oppure ancora “Ogni qual volta sono in questa magnifica sala mi batte forte il cuore, perché mi ricorda tan-ti bellissimi momenti di confronto con il pubblico”; o, per chi preferisce un approccio più sobrio “Vi ringrazio di essere qui, sento sempre forte la responsa-bilità di relazionare a colleghi sulle novità normative perché so quanto è importante per ciascuno di noi essere aggiornati per poter offrire prestazioni profes-sionali eccellenti ai propri clienti”.

Che ne dite, meglio così?

Che siate avvocati, commercialisti, notai, manager, imprenditori, ricordatevi sempre che di fronte a voi, dietro le cravatte e i tailleur ci sono sempre, sempli-

Come aprire al meglio la relazione

Due strade...

Create subito empatia col pubblico

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cemente persone fatte di emozioni, più che di logi-ca.

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Il public speaking per i professionisti dell’area legale

PUNTATA N. 2

Le occasioni di parlare in pubblico per un professio-nista dell’area legale sono prevalentemente legate a contesti quali:riunioni in studio con collaboratoririunioni con clientipresentazioni di progetti e servizi a clienti convegni e conferenze a cui è chiamato ad inter-

venireseminari di aggiornamento economico-giuridici

rivolti a colleghiseminari di aggiornamento tecnico-giuridico per

figure interne alle aziende clientitavole rotondecorsi di formazione (es. per mediatori)docenze universitarie e masterudienze civili e penaliPer quanto riguarda altre figure interne agli studi pro-fessionali, quali office manager, dirigenti e responsa-bili comunicazione, le occasioni di public speaking saranno prevalentemente interne allo studio (riunio-ni e staff meeting), convention di studio, convegni e tavole rotonde.

Le occasioni di parlare in pubblico

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Ciascuna situazione presenta proprie caratteristiche a cui andrà adeguato lo stile di public speaking in fun-zione della tipologia dei partecipanti, della location e degli obiettivi dell’incontro.Possiamo comunque riassumere tre tipologie di rap-porto che si possono instaurare tra speaker e pubbli-co:1. rapporto alto-basso > tipico delle docenze uni-

versitarie, seminari, corsi dove il compito del re-latore è facilitare la comprensione del pubblico;

2. rapporto alla pari > dove l’obiettivo è la condi-visione del sapere;

3. rapporto consulenziale > dove l’esigenza è di fornire risposte e strumenti.

A ciò si può aggiungere la delicata situazione dell’udienza, dove l’avvocato avrà come obiettivo il dimostrare il fondamento delle proprie ragioni por-tando argomentazioni. Qui la retorica e la dialettica giocano un ruolo determinante, ricordando che giu-

docenze convegni clienti

alto>basso target alla pari alto>basso

facilitare condividere rispondere a esigenze concrete

IL VOSTRO PUBLIC SPEAKING

In che rapporto si pone lo speaker rispetto al

pubblico

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dice, giuria, testimoni, ecc. sono persone e come tali fatte di emozioni. Ora se il compito dell’avvocato in udienza non è quello di emozionare (non il principa-le, quantomeno), saper veicolare contenuti creando un clima emotivo favorevole sicuramente offre una marcia in più.

... e in udienza?

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Public speaking come opportunità

di visibilità professionale

PUNTATA N. 3

Il parlare in pubblico in molti casi è lo strumento migliore per farsi conoscere, per avere quindi una vi-sibilità privilegiata e un palcoscenico tutto nostro.Tali occasioni dunque vanno sfruttate al meglio, so-prattutto quando il pubblico è composto da poten-ziali clienti: imprenditori, manager, altri professioni-sti con cui creare network.Il public speaking inoltre, rispetto all’essere autore di pubblicazioni o articoli, non solo fa curriculum, ma avvicina molto il potenziale cliente al professio-nista-speaker. Infatti nell’assistere ad una relazione, ad un convegno vengono coinvolti tutti i nostri sensi e soprattutto tutto il mondo del non verbale, cioè di quella comunicazione che viaggia a livello inconscio o preconscio, ma che fa la differenza nelle relazioni. Il nostro cliente avrà così, ascoltando la nostra relazio-ne, la possibilità non solo di saggiare la nostra bravu-ra “tecnica”, ma anche i nostri modi, la nostra capa-cità empatica, il nostro carisma, tutti elementi che da un articolo o da un libro non potrebbero emergere, quantomeno non così evidenti. Ecco perché il public speaking non va visto, come molti professionisti fanno, come una cosa marginale, da preparare nei ritagli di tempo, una scocciatura da

Un grande palcoscenico…

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togliersi dai piedi quanto prima. Se vogliamo, è la miglior attività di marketing, la più elegante e utile: comunicare la nostra professionalità con i contenuti dimostrando cosa sappiamo fare.Dunque preparare la relazione o l’intervento solo da un punto di vista tecnico-giuridico senza dedicare il giusto tempo a programmare le modalità dell’inter-vento, i tempi, gli strumenti e…noi stessi, può essere un lavoro fatto a metà. Può voler dire non cogliere appieno le opportunità che l’occasione ci offre.

Ricordatevi, probabilmente non si ricorderanno cosa avete detto, ma non possono dimenticare come li avrete fatti sentire.

E poiché anche le persone sono ancore di emozioni, ecco che se avete trasmesso una personalità positiva, piacevole, si ricorderanno di voi in questi termini e al primo incontro risveglierete nelle persone la stessa sensazione provata. Dunque dedicate del tempo a studiare l’audience, cosa si aspetta, da chi è composta e a mettervi nel miglior stato d’animo possibile per creare partnership con l’aula.

Public speaking come formidabile strumento

di promozione

Non si ricorderanno cosa avete, ma come li

avete fatti sentire

Mi ricordo alcuni speaker entrare in aula con tono quasi di sfi-da, del tipo “ora vi faccio vedere io chi sono”, oppure accompagna-ti da una buona dose di ansia, tanto da apparire impacciati come bambini ad una recita di Natale; o altri ancora tirar diritto senza preoccuparsi di chi avessero davanti, come se dovessero portare a termine una missione, costi quel che costi, e nei tempi stabiliti. Stop. Non sono stati, neanche a dirlo, buoni esempi di public speaking.

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Le riunioni in studio

PUNTATA N. 4

Anche il parlare in riunione fa parte del public speaking. Che ad ascoltarci vi siano poche persone o una moltitudine, poco cambia.

Nello studio professionale la riunione (soprattutto negli studi di più piccole dimensioni) viene spesso confusa con il trovarsi a parlare nell’ufficio di uno piuttosto che dell’altro, oppure davanti ad un caffè o a pranzo, “tanto ci parliamo in continuazione” è spesso la giustificazione.In realtà la riunione ha una sua funzione ben precisa e pertanto per essere tale richiede pianificazione, un luogo (sala riunioni), una scaletta, una convocazione, un report finale.Avere in studio un momento prefissato dedicato alla discussione di determinate questioni, al confronto è psicologicamente diverso dal fare le cosa “a braccio”, all’occorrenza, senza programmazione. Tanto più se lo studio comincia ad assumere dimensioni struttu-rate, con diversi collaboratori.La riunione permette infatti di creare momenti di condivisione, di allineare le informazioni, di creare spirito di gruppo, di consolidare il team di lavoro, di motivare. E soprattutto la riunione ben condotta

L’importanza delle riunioni

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permette ai partecipanti di uscire da essa con un “to do”, un piano di azione.Quanto agli obiettivi o funzioni delle riunioni si pos-sono distinguere almeno le seguenti tipologie princi-pali:

1. Riunioni informative2. Riunioni formative3. Riunioni di coordinamento e progettazione4. Riunioni di brainstorming5. Riunioni decisionali6. Riunioni motivazionali

Le riunioni informative, come dice la stessa parola, hanno la funzione principale di trasmettere ai par-tecipanti informazioni, di aggiornare e di allineare tutti intorno ad una novità, evento, cambiamento, contenuto.

Le riunioni formative hanno appunto la funzione veicolare contenuti perché vengano appresi. Alcu-ni studi fanno dei veri e propri corsi di formazione e aggiornamento interni per i propri collaboratori.

Le riunioni di coordinamento sono riunioni ope-rative dove intorno al tavolo siedono tutte le per-sone coinvolte a vario titolo nella realizzazione di un progetto.

Le riunioni di brainstorming sono quelle più “cre-ative”. I partecipanti sono chiamati a condividere le proprie idee e soluzioni al fine di addivenire alla definizione di nuove strategie, di nuove idee e so-luzioni. Le riunioni decisionali sono tutte quelle dirette al raggiungimento di decisioni strategiche od operative per esempio su una pratica, su un caso o su un progetto.

Le riunioni motivazionali hanno la funzione di condividere successi e risultati per focalizzare il

Tipologie di riunione

Riunioni informative

Riunioni formative

Riunioni di coordinamento

Riunioni di brainstorming

Riunioni motivazionali

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team, per rinvigorire lo spirito di gruppo, per te-nere alto lo spirito. Sono riunioni ad alto impatto emotivo dove ciò che si vuole raggiungere è riaf-fermare la solidità del gruppo e il senso di appar-tenenza.

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Public speaking: l’arte di toccare le corde giuste

PUNTATA N. 5

Dal Blog - 31.03.2012

Avete mai provato a soffermarvi su un discorso di un grande personaggio? Pensiamo a Martin Luther King, a Ghandi, a John Kennedy, Ronald Reagan o, per venire ai nostri tempi, a Barack Obama o ad Angela Merkel. Già, se lo fate e vi prendete in mano un loro discorso per analizzarne la struttura e poi ve-derne comodamente in poltrona il loro intervento con tanto di video e di audio vi sarebbe subito chiaro cosa c’è di più nei loro discorsi. Le parole usate, il tono di voce, il ritmo, le pause, lo sguardo, i gesti sono tutti orientati, come i fiati, gli archi, le percus-sioni in un’orchestra verso l’unico obiettivo: emozio-narvi, coinvolgervi, rendervi parte di.

Trasmettere un’emozione, rendere partecipi gli altri, farli sentire parte di un tutto, attori e non spettatori è quello che c’è di più nei loro discorsi rispetto a tanti di politici, dirigenti, personaggi pubblici che spesso ascoltiamo senza che ci restino in mente per più di qualche secondo.

Ricordo bene il principio-cardine del public speaking che insegno ai miei corsi: “Non si ricorderanno di te

Trasmettere emozioni

Un principio da non dimenticare…

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per quello che hai detto, si ricorderanno di te per come li hai fatti sentire”. Già, come li hai fatti sen-tire… Parliamo qui di passione, di coinvolgimento. Parliamo di discorsi dove le parole magicamente non si fermano al timpano ma sembra che viaggino sul-la nostra pelle palmo a palmo come un balsamo. La capacità di usare metafore, di avvalersi del racconto per trasmettere un’idea, un principio, un concetto. Il tempo, nei loro discorsi, è il miglior alleato con cui danzare tra il ricordo di un episodio passato e il pro-getto futuro. E loro, in questi discorsi, sono sempre in prima linea. Parlano di ciò che loro possono fare per il Paese, di ciò che sentono, di ciò che provano. Partono da loro per arrivare a noi. E noi rispondia-mo. Emotivamente, prima di tutto.

Come dimenticare il famoso discorso tenuto a Washi-ngton nel 2009 da Angela Merkel, un vero e proprio elogio della collaborazione americana: “Ringrazio gli americani e i piloti alleati che ascoltarono e accolse-ro l’invocazione disperata del sindaco di Berlino Er-nest Reuter, quando disse «gente del mondo guardate questa città». Per mesi quei piloti distribuirono cibo con un ponte aereo e salvarono Berlino dalla fame”.

Come dimenticare in quel tragico 1963 il discorso a Berlino Ovest di John Fitzgerald Kennedy che par-lava ad una platea di milioni di cittadini spaventati, disperati, affamati: “Ich Bin Ein Berliner”. “Duemila anni fa, nel mondo libero l’orgoglio più grande per un uomo era poter dire io sono cittadino romano. Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio è poter dire sono un cittadino di Berlino”. Avrebbe potuto dire la stessa cosa in tanti modi, ma lo disse in questo modo ed entrò nella storia. Kennedy così, lontano dagli Stati Uniti, conquistò i berlinesi, il mondo e anche le ge-nerazioni future.

I grandi discorsi della storia…

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Che dire di un Ronald Reagan che nel 1987 alla pre-senza dell’allora Presidente sovietico disse parole sem-plici di una forza dirompente: “Mr Gorbaciov, apra questa porta, abbatta quel muro”. Davanti a loro la porta di Brandeburgo. Intorno a loro il muro di Ber-lino.

Potremmo andare avanti, con Obama a Berlino nel 2008, prima di essere eletto Presidente, con un di-scorso che si legava a quello di Kennedy quaranta-cinque anni prima. Già, un candidato alla Presidenza di 46 anni, di colore e che solo 8 anni prima nes-suno conosceva. Un candidato che con i suoi di-scorsi ha portato a votare dai senza tetto ai giovani, dagli afro-americani ai signori di Wall Street. L’idea? Cambiare di nuovo il mondo. Rinnovare la società, prendere al volo la nuova sfida verso la speranza di un mondo migliore. “Non vi parlo da candidato alla Casa Bianca, ma da cittadino americano, da cittadi-no del mondo. (…) I muri tra vecchi alleati da una parte e l’altra dell’Atlantico non possono rimanere in piedi. I muri tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri non possono rimanere in piedi. Quelli tra le razze e le tribù, tra i nativi e gli immigrati; tra i cristiani, i mu-sulmani e gli ebrei, non possono rimanere in piedi. Questi sono i muri da abbattere.” Sì, noi possiamo, ci lascerà il Presidente Obama come motto dopo la sua campagna elettorale.

È questa passione, le emozioni che muovono in noi, gli scenari che aprono davanti ai nostri occhi che ci catturano. Vere e proprie iniezioni di calore, fiducia, speranza. Leggiamoli e rileggiamoli e impariamo. Impariamo che quando vogliamo coinvolgere chi ci ascolta, siamo essi i nostri collaboratori, amici, un pubblico, non si ricorderanno tanto di cosa abbiamo detto, quanto di come li abbiamo fatti sentire.

Public speaking è coinvolgere e condividere un’esperienza

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Dal Blog - 31.11.2011

Emozione, semplicità, coinvolgimento. Per creare messaggi efficaci queste sono le tre componenti in-dispensabili. Che vogliamo comunicare in riunione con il team di studio, che stiamo parlando in un in-contro con un nuovo cliente, sul nostro sito internet, piuttosto che in un convegno, in una presentazione o in un dialogo a due, per catturare l’attenzione dei nostri interlocutori è indispensabile sapere che stia-mo parlando a degli esseri fatti di emozione più che di ragione. Così è l’essere umano.

E poi, delle tre “parti” del cervello ciò che dobbiamo sapere è che è l’Old Brain che decide, cioè la parte più antica e primitiva del nostro sistema nervoso centra-le, quella, per intenderci, in cui risiedono gli istinti primordiali, il cervello che scientificamente prende il nome di “cervello rettile” (perchè comune a tutti i rettili e quindi corrispondente ad una prima fase evolutiva). Questo è il cervello emotivo, quello in cui risiedono gli istinti legati alla sopravvivenza, è l’area in cui si decide la reazione di attacco o fuga di fronte alle situazioni che ci capitano ogni giorno. Insomma, è il pilota che ci ha condotti sino a qua vivi e vegeti nei millenni. Nella nostra evoluzione poi intorno ad esso si è sviluppata un’area cerebrale più recente, il Si-stema limbico, tipico dei mammiferi, anch’esso sede delle emozioni (Middle brain) e infine nell’uomo si è sviluppata la corteccia cerebrale, l’area del pensie-

E se tu fossi affamato?

PUNTATA N. 6

Il messaggio efficace

Chi ha il timone delle nostre decisioni?

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ro (New brain), ciò che distingue la nostra specie da tutte le altre, la sede del pensiero logico, appunto. Le tre, come vecchie sorelle zitelle, interagiscono ogni istante, si parlano, si scambiano informazioni e ci conducono nelle nostre decisioni quotidiane. Per semplificare, la neocorteccia pensa, il sistema limbico sente e il cervello rettiliano decide il da farsi. Mi starete chiedendo: interessante, ma perchè ci dice questo quando avevamo iniziato a parlare di comuni-cazione e di messaggi in riunione, o in un one to one? La ragione è che dobbiamo sapere quando parliamo a chi stiamo parlando delle tre vecchie zitelle, o meglio, dob-biamo sapere chi prenderà le decisioni che ci interessano! Noi dedichiamo tanta energia alle parole – qui mi riferisco alla comunicazione tra presenti – quando in realtà esse contano meno del 10% nella comunica-zione. Perchè? Perchè dopo pochi secondi/minuti i nostri interlocutori perdono l’attenzione su ciò che stiamo dicendo e cominciano a distrarsi, a meno che non siamo in grado di catturare la loro attenzione più a lungo, quindi di emozionarli, meravigliarli e fare in modo che continuino a seguirci nel nostro discorso. Inoltre dedichiamo di solito poca cura a come diciamo le cose, quando invece il paraverbale è molto importante e cambia il significato percepi-to delle parole. Ecco perchè comunicare quando si è in uno stato d’animo alterato non è una buona idea. La stessa parola detta con un tono di voce o con un altro cambia di significato; detta con una intonazio-ne o con un’altra può voler dire cose opposte; an-che il volume e la frequenza hanno poi il loro ruo-lo nel colorare di significato una parola o una frase. Dunque, se volete far capire ad un vostro collabo-ratore dove ha sbagliato, in modo che impari e in futuro non ripeta l’errore, la cosa più sbagliata che potete fare è chiamarlo nel vostro ufficio quando siete ancora arrabbiati, fargli il cazziatone canonico e poi

Un viaggio nel nostro cervello…

E le parole che valore hanno?

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pretendere che lui abbia capito e imparato. Ciò che avete in realtà fatto è spaventarlo (o averci provato quantomeno) e ciò che lui avrà percepito non è il contenuto del messaggio…ma che voi eravate arrab-biati! Si è in sostanza difeso istintivamente dal vostro attacco ed ha perso il contenuto del messaggio. Una volta tornato di là, se un collega gli avesse chiesto “cosa ti ha detto” avrebbe risposto: “era arrabbiato!”. In sostanza sono il “paraverbale” = come diciamo le cose e il “non verbale” = il linguaggio del corpo a parlare direttamente al nostro cervello emotivo, sia a quello limbico che a quello rettiliano e loro, a ciò deputati dalla natura, reagiscono istintivamen-te e inconsciamente. Ma sono loro che decidono! Questo vale anche nella comunicazione scritta, per esempio sul nostro sito web di studio. Se non uti-lizziamo termini che coinvolgono, che colpiscono, di immediato effetto, stiamo sbagliando interlocu-tore. Parlereste mai col cancelliere in udienza spie-gandogli i come e i perchè quando il decisore è il giudice? No! Quindi perchè ostinarci a parlare col cervello razionale quando chi decide non è lui? Se vi metteste per strada col cartello “Ho fame” pochi si fermerebbero impietositi a darvi una moneta. Non li avete coinvolti, non avete parlato col decisore. Se sul quel cartello scriveste: “E se tu fossi affamato?”. Provate e ditemi cosa succede.

Relazionarsi con i collaboratori

Il valore del paraverbale

E nella comunicazione scritta?

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Le basi della comunicazione

PUNTATA N. 7

Fissiamo dunque alcuni punti cardine sulla comu-nicazione interpersonale, valida tanto nella comuni-cazione one to one, quanto nella comunicazione in pubblico.

• PUNTO 1Esistono tre livelli o canali di comunicazione:- VERBALE = ciò che dico, le parole, i contenuti;- PARAVERBALE = come lo dico (tono, frequenza, ritmo, volume)- NON VERBALE = comportamento, postura, si-lenzio, respiro, gesti.

Quali sono i “pesi” di questi canali sull’efficacia della comunicazione? Albert Meherabian, antropologo, in esito ai suoi studi definì questi valori:o la comunicazione verbale incide solo per il 7% sull’efficacia complessiva delle nostra comunicazione;o la comunicazione paraverbale incide il 38%;o la comunicazione non verbale incide per il 55%.

Cosa significa questo? Vuol dire che noi solitamente siamo più attenti al canale meno efficace della comu-nicazione, le parole.

I canali della comunicazione

Il valore dei canali comunicativi

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• PUNTO 2Ciò che ci dice se siamo stati efficaci nella comuni-cazione è il feedback che riceviamo dai nostri inter-locutori.

• PUNTO 3Ciascuno si crea una propria immagine della realtà ricostruendola continuamente secondo filtri di vario tipo. Quindi un valido comunicatore è colui che sa calibrare i propri interlocutori e adattare la propria comunicazione in modo da facilitarne la compren-sione e la condivisione di contenuti con gli interlocu-tori. La PNL (Programmazione Neuro Linguistica) - la disciplina create negli anni ’70 negli Stati Uniti da Richard Bandler e John Grinder) ci insegna che ciascuno si forma la propria “mappa” della realtà che non è il territorio su cui si muove. Ciò che percepia-mo è per noi la nostra realtà soggettiva, quindi sia-mo portati a pensare che sia l’unica valida. Pertanto quando comunichiamo e l’interlocutore non capisce, siamo portati a pensare che sia lui “in difetto”, che sia

Il valore del feedback

Ricostruzioni soggettive della realtà

La PNL

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“stupido” o che “non si impegni abbastanza”. Invece dovremmo provare a modificare tempi, modi, luoghi e canali della comunicazione partendo dal presuppo-sto che seguire la stessa modalità ci porterà agli stessi risultati.

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Parlare in pubblico, dire cose interessanti e annoiare a morte!

PUNTATA N. 8

Dal Blog - 27.04.2012

Di recente ho partecipato ad un seminario di ag-giornamento giuridico. Un pomeriggio intero, quat-tro ore fitte fitte. Dopo mezzora temevo già come si sarebbe svolto il resto del pomeriggio. Le premesse non erano delle migliori. Il relatore apre il seminario seduto saldamente al suo posto, come timone il por-tatile, che per il resto del pomeriggio si dimostrerà il suo miglior alleato, anzi il suo miglior interlocutore, dal momento che buona parte del tempo la passerà a fissare lo schermo mentre legge tratti della normativa e spiega tabelle e schemi accuratamente preparati.

Passata la prima ora, comincio ad osservare le reazio-ni dei partecipanti. Alcuni intercalano con sbadigli i minuti che passano, altri mandano sms, altri hanno la palpebra a metà, complice la digestione in atto e un clima in aula perfetto per una pennichella o giù di lì. Alcuni super motivati vedo che cercano di seguire prendendo freneticamente appunti e quindi fissan-do intensamente le slide proiettate sul grande telone bianco. Nel dubbio di ricevere o meno gli appunti, meglio prenderli.

Del relatore, della sua personalità, al momento non c’è traccia. Preparato, su questo non c’è dubbio. Una

Parlare senza trasmettere emozioni

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quantità di dati normativi snocciolati a pioggia inva-dono le menti degli ascoltatori.

A questo punto non riesco più a seguire, nonostante i tentativi e, deformazione professionale, cerco di uti-lizzare al meglio la situazione osservando, cercando di capire cosa non sta funzionando.

Il contatto tra il relatore e l’audience manca del tutto, non si è mai instaurata, a dire il vero. Quindi manca il supporto emotivo, il clima in aula per veicolare con efficacia qualunque contenuto e messaggio. Manca, in sostanza, il coinvolgimento.

Eppure dice cose interessanti, è il tono di voce a non aiutare. Sono quasi due ore di mono-tono, di voce impostata, calma ma sempre uguale. Poche pause, rit-mo lento e sempre, tutto, noiosamente cantilenante.

Finalmente sento una novità che interrompe il rit-mo: “Pausa caffè ora, ci vediamo tra quindici minu-ti”. Mi alzo per sgranchirmi le gambe e fare quattro chiacchiere con gli altri. Non siamo neanche pochi, ora noto. Almeno una cinquantina. Tutti in silenzio defluiscono dall’aula verso l’agognato caffè a cui si chiederà aiuto per affrontare la seconda parte.

Sento qualche scambio di parole e più di uno si chie-de se alla fine ci daranno degli appunti oppure se stanno facendo bene a segnarsi quanto più possono per avere traccia delle novità. Tutti commentano che è interessante l’intervento, certo un po’ noioso, ma tant’è.

Si riprende e il copione non cambia: seduto dietro il computer l’unico gesto che si sente  è il dito che manda avanti le slide. Finito il seminario un timido applauso decreta il gong e si va tutti via, con un atti-

Senza empatia lo speech perde buona parte del suo valore

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mo di attesa per la risposta alla domanda dal centro della sala: “Ci manderà delle slide?”. Secco si sente un “avrete una dispensa in .pdf che vi verrà inviata via mail”. Beh, almeno quello solleva l’animo e si va.

A molti professionisti capita di dover parlare in pub-blico a platee più o meno vaste. A tutti è capitato di parlare in riunioni con collaboratori o clienti. Saper condividere informazioni, saper trasmettere messaggi comporta innanzitutto il mantenere viva l’attenzione, il coinvolgere l’audience e farla sentire parte attiva. In tutto ciò giocano un ruolo importante la gestua-lità, come si usano le mani per sottolineare concetti, ancorarli nello spazio, condurre la vista e la mente dei partecipanti. Importante è l’uso della voce, saper cambiare tonalità per sottolineare concetti, saper co-struire frasi brevi e unire silenzi a momenti di verve. Per non parlare dell’importanza di saper gestire lo spazio intorno a noi, in piedi davanti alla platea senza tuttavia sembrare una trottola o una canna al vento.

Chi ci ascolta vuole essere attratto non solo da ciò che stiamo dicendo, ma anche da come lo facciamo. Così, usare la tecnica delle metafore, il racconto, gli esempi, un aneddoto e un po’ di humor intelligente può fare la differenza tra chi si limita a leggere le slide e a trasferire piatto piatto un contenuto e chi lo rende interessante e coinvolgente.

Insomma, il bel public speaking è un’arte e per l’au-dience è una manna dal cielo!

Il valore del linguaggio del corpo durante lo

speech

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Sistemi comunicativi e udienza civile e penale

PUNTATA N. 9

SISTEMI COMUNICATIVI

PARAVERBALE CINESTESICO PROSSEMICO

APTICO CRONEMICO VESTEMICO

Facciamo un po’ di chiarezza sui sistemi comunicativi e su alcuni termini e loro significato.La prossemica indica l’organizzazione e la gestione

dello spazio intorno a noi, quindi anche dello spazio relazionale. Riguarda in generale il rapporto tra l’uo-mo e lo spazio. La prossemica è stata studiata inizial-mente dall’antropologo E. T. Hall che studiò appun-to la percezione e l’uso dello spazio (La dimensione nascosta, 1968).Rientrano nella prossemica tutte le attività di gestio-ne dello spazio intorno a noi diretto a modificare la

Prossemica

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PROSSEMICA

ZONA DI INTIMITÀ

ZONA PERSONALE

ZONA SOCIALE

- 50 cm

50 cm – 1 m + 1 m

Sotto certe ÒsoglieÓ la distanza assume signiÞcato relazionale

percezione della c.d. “dimensione psicologica”. Così un uomo che si sente basso può agire metten-dosi scarpe col tacco per “sembrare” più alto. Negli anni ’80 le donne usavano gli abiti con le “spalline” per sembrare più imponenti e quindi importanti. E così anche l’uso della cravatta, del tacco a spillo ecc. rientra nella gestione di quanto diventa estensione del nostro corpo nel nostro percepito e in ciò che vogliamo trasmettere. Siamo qui a cavallo con la ve-stemica di cui parleremo tra poco.Rientra a pieno titolo nella prossemica la distanza relazionale, cioè la distanza fisica tra noi e i nostri interlocutori.Si distinguono:distanza intima: -50 cmdistanza personale: 50 cm- 1mdistanza sociale: + 1 mdistanza pubblica: + 2 m

Cos’è invece la retorica? La retorica è l’arte del ragio-namento che ha origini antichissime. Aristotele con i suoi sillogismi era un retore. Cicerone, Demostene e Lisia furono grandi retori ancora oggi studiati nelle

Le distanze relazionali

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scuole forensi. La retorica è l’arte di argomentare per persuadere, avere ragione.Quali erano le 5 parti per organizzare e argomentare un discorso?- Inventio Dispositio- Elocutio- Memoria - Pronuntiatio (actio)

INVENTIO = ricerca di argomentiDISPOSITIO = organizzazione degli argomenti

trovatiELOCUTIO = dar forma agli elementi del di-

scorsoMEMORIA = tecniche di memorizzazionePRONUNTIATIO = abilità di esposizione

La prossemica nell’udienza penale

Nell’udienza penale, e più in particolare nell’esame e nel controesame dei testimoni, così come nell’in-terrogatorio delle persone indagate o dell’imputato, grande attenzione viene posta al body language, al linguaggio del corpo: espressioni facciali, prossemica, paraverbale, per cogliere ogni aspetto “latente” di co-municazione non verbale. Il Metamodello, quindi la tecnica di porre domande di precisione al fine non solo di raccogliere informa-zioni, ma anche di saggiare la veridicità di ciò che vie-ne detto è centrale per esempio nel controesame dei testimoni. Continue domande, brevi, precise, sinte-tiche, con un ritmo incalzante in modo da dare poco

PREPARAZIONE

ESPOSIZIONE

Prossemica e retorica

Gli elementi della retorica

La prossemica nell’udienza penale

Il Metamodello

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tempo per riflettere e quindi rispondere di istinto.Più in generale la cross examination è una forma di co-municazione processuale utile al giudice e non solo. Quanto è importante per l’avvocato conoscere le re-gole del metamodello per condurre le domande in profondità? Quanto conta saper leggere il linguaggio del corpo dell’esaminato: come tiene le mani, i piedi, le espressioni del volto, i movimenti oculari, le varia-zioni del tono di voce?Quanto è importante per l’avvocato nell’udienza penale saper gestire il proprio spazio, controllare la gestualità in funzione di ciò che vuole trasmettere, saper modulare opportunamente l’intonazione e il volume della voce? Quanto è importante saper strutturare in modo ef-ficace la frase, usare una linguistica utile per entrare in sintonia con il giudice piuttosto che con la giuria popolare in Corte d’Assise?Molto, moltissimo. Se l’obiettivo è raggiungere il risultato, non si tratterà di avere UNO stile come avvocato, bensì di averne TANTI da usare in funzione delle circostanze.Fondamentale poi sarà la capacità dell’avvocato di spostare l’attenzione su un punto piuttosto che su un altro della questione, spostando così il focus con do-mande di precisione, ripetute, brevi e mirate.Certo, capacità di retorica, ma anche linguistiche, di prossemica, cinesiche.Per non considerare l’importanza nel public speaking dell’avvocato penalista dell’uso delle metafore, del racconto e dello humor.Qual è in definitiva il ruolo dell’avvocato?Convincere i propri interlocutori del fondamento della propria tesi attraverso le diverse argomentazioni prodotte e quindi ottenere ragione agli occhi degli giudice in virtù del principio di ragionevolezza. Sia-

La cross examination

L’importanza della linguistica

Il ruolo dell’avvocato nell’udienza penale

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mo nella retorica.Non si tratta dunque, come da alcuni paventato, di “manipolare” la volontà altrui, piuttosto che di inci-dere sugli aspetti psicologici, bensì di unire all’arte oratoria e alla retorica classica, competenze comuni-cative di altre discipline che ne possono completare e potenziare gli effetti. Come diceva Cicerone, ancor più importante dell’ar-te dell’oratoria è saper creare le condizioni perché l’ascoltatore sia ben disposto nei confronti dell’ora-tore e da questo coinvolto emotivamente. Otterrà molto di più se saprà creare empatia.

Vestemica

Indica la gestione della comunicazione che passa at-traverso l’abbigliamento e gli ornamenti. Quindi dal tailleur alla giacca e cravatta, dai tacchi all’orecchino al trucco, al cellulare ecc.

ApticaIndica la gestione del contatto tra gli interlocutori: pacca sulla spalla, abbraccio, carezza ecc. Il contatto fisico parla direttamente alla mente inconscia.

Cronemica

Indica la percezione e la gestione dei tempi nella co-municazione con l’interlocutore. Nel public speaking è fondamentale per mantenere rapport con l’audien-ce mantenere sintonia di tempi tra relatore e pubbli-co, altrimenti si resta soli.

Vestemica

Aptica

Cronemica

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L’importanza della prossemica nel Public Speaking.

PUNTATA N. 10

Dal Blog - 23.02.2013

La maggior parte dei convegni o seminari ci hanno abituato a vedere il relatore saldamente seduto al suo posto dall’inizio alla fine della relazione. Se ciò poi si accompagnava ad un andamento mono-tono del paraverbale ecco che, a prescindere dalla bontà dei contenuti, l’evento risultava in salita. Difficile, infat-ti, mantenere alta l’attenzione in tali condizioni (che è poi ciò che permette di memorizzare i contenuti).Altra musica, invece, quando ci è capitato di parte-cipare a convegni o seminari dove lo speaker riusciva sapientemente a gestire lo spazio intorno a sé, muo-vendosi abilmente verso l’audience o parallelamente ad essa, come un attore consumato su un palcosceni-co. Se poi a ciò si accompagnava un efficace uso della voce e del ritmo del discorso, il risultato non poteva che essere piacevole e coinvolgente.

È utile quindi chiedersi quanto sia importante la prossemica nel public speaking, intendendo con essa la capacità di gestire lo spazio intorno a sé per mi-gliorare l’efficacia della comunicazione tra speaker e pubblico. Spesso, infatti, chi è chiamato a gestire discorsi o relazioni in pubblico si preoccupa sostan-zialmente dei contenuti della relazione, tralasciando altri aspetti che invece sono di estrema importanza e che, a parità di bontà di contenuti, possono decisa-mente fare la differenza sul risultato finale. Uno di

Meglio seduti o in piedi?

Gestire lo spazio

Lo speaker è il protagonista

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questi è appunto la gestione dello spazio intorno al relatore. Stare seduti immobili dietro al computer o ai fogli degli appunti e stare in piedi davanti al pub-blico fa la sua differenza. Non solo. Stare in piedi e gestire con padronanza la postura del proprio corpo, in modo da evitare di dondolare, di muoversi a scatti o in modo scomposto, di sembrare goffi o impaccia-ti, conta eccome. Saper tenere il centro della scena, dal momento che in quel frangente i veri protagonisti siamo noi, trasferirà un senso di padronanza, carisma e autorevolezza. Allo stesso modo, saper coinvolgere il pubblico con la gestualità delle mani, ancorare nel-lo spazio concetti e immagini, dettare i ritmi dello speech, abbracciare tutto il pubblico con lo sguardo, trasmetterà un senso di partecipazione, di coinvolgi-mento e concorrerà a mantenere alta l’attenzione e l’interesse.

Ci sarà una ragione per cui i più grandi speaker del mondo relazionano sempre in piedi. Alcuni si muo-vono padroni della scena e delle emozioni del pubbli-co, altri sono piantati a terra come montagne e tra-smettono quella sicurezza di chi sa bene il fatto suo. In ogni caso, al di là delle parole, saranno le emozioni che riusciranno a trasmettere e condividere col pub-blico che quest’ultimo memorizzerà e ricorderà nel tempo.

Quanto appena detto vale in qualunque ambito, anche nei seminari e convegni giuridici dove, anzi, proprio perché il pubblico è abituato a vedere relato-ri immobili e stabilmente seduti in poltrona, noterà con piacere la differenza e si farà coinvolgere volen-tieri dallo speaker.

Grounding, centratura, respiro, focusing, ancorag-gio sono tecniche che aiutano a raggiungere tali risul-tati con un po’ di allenamento.

Qual è la funzione dello speaker?

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Gli ingredienti per un buon risultato

PUNTATA N. 11

Parlare in pubblico non è sfoggio di sapienza e cultura. L’obiettivo non dev’essere quello di di-mostrare qualcosa, né tantomeno quello di sover-chiare gli altri creando distanza: “io ne so molto di più di voi”. Questo crea antipatia, che è l’opposto dell’empatia; magari può generare rispetto, ma si-curamente poca condivisione e poco rapport. Non è questa, insomma, la strada né del carisma, né del public speaking. Quali sono gli ingredienti?

Quando si diventa un buon oratore?

TEMPO CUORE MENTE è su misura per il pubblico non per noi

obiettivo è condividere non far sfoggio

la preparazione è fatta di domande

non di risposte

INGREDIENTI PER UN BUON RISULTATO

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Quando si diventa dunque un buon oratore? Quan-do si è perfetti?! No di certo. Un buon oratore è com-pleto, non perfetto. Quando cioè ha nel proprio ba-gaglio strumenti diversi per coinvolgere e trasmettere nella diversità dell’audience emozioni e contenuti.

Anche nelle situzioni in cui il parlare in pubblico di-venta uno strumento di visibilità, di self marketing, di promozione della propria attività e del proprio stu-dio, ricordiamoci che l’ascoltatore è una persona e le persone sono fatte di emozioni, più che di ragione. Avere carisma, vuole direavere fascino, avere acsen-dente su chi ci ascolta, non autorità.È la netta differenza tra il leader e i capi: “ti devo scol-tare” o “ti voglio ascoltare”.Certo, poi dalla presenza carismatica deriva un “po-tere” sugli interlocutori, nel senso che si affideranno per farsi guidare.Pensate a ciò che accade nelle riunioni di studio in cui i collaboratori sono obbligati ad ascoltare ciò che dice il dominus di studio o il senior partner per la po-sizione che occupa (princio di autorità).Diverso è il caso dei collaboratori che seguono in riu-nione quanto ha da dire il leader di studio perché è lungimirante ha le idee chiare, sa comunicare e coin-volgere, insomma ha carisma, leadership.

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Progettazione dell’intervento

PUNTATA N. 12

Progettare Gestire

Pubblico Mezzo Speaker Comunicazione

Nell’attività del public speaking vanno distinti due momenti:

1. il momento della PROGETTAZIONE dell’even-to

2. il momento della GESTIONE dell’evento

Nella progettazione ci occupiamo di preparare gli strumenti (mezzo) e di prepararci al pubblico (target) che avremo davanti.Nella fase della gestione, saremo invece all’opera: an-drà qui gestita la comunicazione nei suoi tre livelli (verbale, paraverbale e non verbale) e l’emotività.Per ciò che attiene la progettazione dell’intervento in pubblico, vanno distinte 5 fasi di preparazione:

Fase di progettazione

Fase di gestione

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5 fasi

FASE 1

FASE 2

FASE 3

FASE 4

FASE 5

BRAINSTORMING libertà/solitudine

SELEZIONARE L’ESSENZIALE

CREARE UNA STORIA

chiarezza/focus

storyboard/Þlo conduttore

DARE FORMA ALLA STORIA

ppt/keynote

RIPULIRE DESIGN E CONTENUTI

domande su cosa non è essenziale

La progettazione dell’intervento in pubblico

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Gli elementi del Public Speaking

PUNTATA N. 13

PUBBLICO MEZZO

PRRESENTATORE MESSAGGIO

ELEMENTI DEL PUBLIC SPEAKING

I pilastri del public speaking si possono sintetizzare in quattro punti:PUBBLICO (AUDIENCE)MEZZO (STRUMENTI)PRESENTATORE (SPEAKER)MESSAGGIO (COMUNICAZIONE)

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Le slide del professionista legale

PUNTATA N. 14

Per calare nella realtà di un avvocato o di un commer-cialista il discorso sui mezzi utilizzabili, diciamo che la situazione-tipo vedrà il professionista supportare la propria relazione con slide rappresentate da tutto te-sto. Ciò accadrà sia quando oggetto della relazione è una novità normativa da commentare, piuttosto che quando il corso prevederà un’attività didattica dove trasmettere contenuti.

In questi casi le slide possono essere di aiuto e, ri-spetto ad altre situazioni di public speaking, l’uso di immagini ad effetto verrà meno in aiuto.

Detto ciò, ci sono diverse alternative alla proiezione di slide tutto testo, fitte fitte, ricche di bullet point che annoiano a morte. Per esempio, è possibile pre-disporre delle dispense dove vengono riportati i te-sti normativi oggetto dell’analisi in aula e distribuiti all’inizio della relazione. In tal modo le persone po-tranno seguire la relazione confrontandosi man mano con i testi interessati e lo speaker potrà utilizzare le slide solo per evidenziare i punti cruciali, i passaggi fondamentali.

Una modalità nuova per un professionista potrebbe poi essere quella di affrontare lo stesso concetto su canali rappresentazionali diversi.

Facciamo un esempio: se voglio spiegare l’impor-tanza di una certa norma appena introdotta, potrò

Argomenti giuridici…

Diverse possibilità

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innanzitutto proiettare con le slide le parole chiave della norma evidenziate in colore, mentre il pubbli-co segue sulla dispensa distribuita. A questo punto posso fare degli esempi, annotandoli su una lavagna a fogli mobili. Posso poi utilizzare una metafora per spostare su un altro settore il concetto in modo che resti impresso, che so la tecnologia, lo sport, ecc.

Infine, posso proiettare slide con immagini esempli-ficative, meglio senza testo. Per esempio, se voglio far comprendere l’importanza della digitalizzazione dei documenti, posso proiettare una slide con due im-magini, prima pigne di pratiche sulle scrivanie, poi scrivania pulita con solo un pc a contenere tutto.

Strumenti a supporto

Quando oggetto della relazione sono contenuti tecni-ci o che comunque richiedono un supporto cartaceo da lasciare ai partecipanti, è buona regola comunicare subito ai partecipanti che verranno date dispense o altro materiale in modo che possano prestare atten-zione alla relazione sapendo poi di ricevere gli appun-ti.La scelta di consegnarli subito o alla fine è soggettiva, ciò che conta è far sapere se devono prendere appunti oppure se ciò che verrò detto lo ritroveranno nella dispensa a fine corso. Questo non solo per evitare che non prestino tutta l’attenzione alla relazione, ma an-che perché il dubbio crea ansia e l’ansia è la peggior nemica delle concentrazione e della memorizzazione.

Siate creativi e innovativi

L’importanza delle immagini

Gli strumenti a supporto dello speech

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video: ppt/keynote

lavagna a fogli mobili

lavagna lucida

video: lucidi

handout

microfono

telecomando

STRUMENTI A SUPPORTO

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1) anticipa all’audience i tempi della relazione

2) pausa ogni ora e 45 min

3) speciÞca subito quando risponderai alle domande

4) crea equilibrio tra messaggi in entrata e in uscita

5) taglia la scaletta se i tempi stringono, non accelerare

6) segui una scaletta con passaggi di tempi intermedi

GESTIONE DEI TEMPI

La gestione dei tempi

PUNTATA N. 15

Ecco alcune regola da ricordare:

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Public speaking: gli oratori eccellenti fanno così

PUNTATA N. 16

Dal Blog - 17.09.2012

Partiamo dalla fine, tanto per cominciare. Anche chi se la cava bene nel parlare in pubblico e nel condurre discorsi, il più delle volte dedica buona parte del suo tempo a curare “l’attacco” dello speech. Certo, l’ansia è palpabile e quindi si cerca di porre rimedio a questa sensazione sgradevole iper-preparandosi al suo supe-ramento. È un po’ come se un ciclista temesse parti-colarmente una salita e prendesse una super rincorsa per essere sicuro di farcela. E ce la fa, con un po’ di affanno e di emozione, ma ce la fa. E fin qui tutto sommato, va ancora bene. La conseguenza quasi au-tomatica è che dopo aver curato l’incipit e aver mes-so molta carne al fuoco per il prosieguo dello speech (sempre sospinti dal timore di aver poco da dire e che finiremo quindi prima del tempo, con tanto imba-razzo nostro e del pubblico) ci si dimentica di dare una chiusura altrettanto emotivamente coinvolgen-te. In altre parole, anche dopo un bel discorso, una bella presentazione, si chiude in sordina, di fretta e furia, sottotono. E poiché i due momenti più impor-tanti del public speaking sono l’inizio e la fine dello speech, ecco che ne abbiamo già condannato uno ab origine. L’incipit, l’attacco, è importante, perché il pubblico nei primissimi secondi si forma una prima (e importante) opinione dello speaker e del discorso.

Curate non solo l’incipit

…ma anche la chiusura del discorso

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Tale opinione si poggerà su due elementi: ciò che tra-smette “a pelle” il relatore (empatia/antipatia) e ciò che trasmette il contenuto dello speech (l’interesse e l’attrattività del discorso). Detto in altri termini, chi ben inizia è a metà dell’opera, ma poi deve comple-tarla, altrimenti a metà resta.

Quando il pubblico si alzerà, a fine discorso/presen-tazione, si porterà via non tanto le nozioni tecniche acquisite durante lo speech, quanto una sensazione, un insieme di emozioni. Provate all’uscita da un con-vegno a chiedere ad alcuni partecipanti un’opinione sul convegno stesso e annotatevi ciò che dicono; no-terete come praticamente tutti vi risponderanno con un giudizio di tipo emotivo su ciò che hanno prova-to, sul relatore, sugli effetti del discorso. Vi sarà chi ri-sponderà “è stato molto interessante”, chi “bravo, dav-vero bravo il relatore”, chi “è stato davvero piacevole” o al contrario “interessante l’argomento, ma noioso il re-latore”; altri si spingeranno su considerazioni tempo-rali “talmente coinvolgente che il tempo sembra volato”, oppure “sì sì utile, ma non finiva più”. Infine, i più cinestesici si cimenteranno in giudizi sensoriali del tipo “meglio una bastonata in testa la prossima volta” o “fantastico, mi sento carichissimo, è stato entusiasman-te”. L’incipit ha creato le condizioni migliori (oppure no) predisponendo gli animi dell’audience all’ascolto e alla partecipazione emotiva (empatia) al discorso; la chiusura ha messo il sigillo allo speech consegnan-dolo nelle mani dei partecipanti carico (o meno) di energia, emozione e spinta.

Dunque due buone regole da ricordare sempre: quan-do si inizia uno speech fatelo con la giusta energia, non esagerate stile treno in corsa che travolge tutto ciò che incontra, né procedete incerti, in punta di piedi, cercando di non fare troppo rumore in modo

Cosa si porterà via il pubblico?

Iniziate e chiudete con energia

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che nessuno si accorga di voi e vi chieda qualcosa, spaventati come se foste un ladro di notte in pun-ta in una boutique. Cercate il contatto visivo con il pubblico, abbracciatelo con il vostro sguardo, fatelo sin da subito sentire coinvolto, fate qualche doman-da per instaurare un rapporto e rompere le barriere emotive vostre e loro. Create ponti. E passateci sopra spesso da voi a loro e ritorno.

Seconda buona regola è quella di andare subito al centro del discorso, di puntare al centro del bersa-glio. Evitate quindi premesse su premesse, di girare intorno all’argomento dicendo poi vedremo, di essere vaghi senza dare punti di riferimento a chi vi ascolta. La mente umana necessita di punti di riferimento: cosa stiamo facendo, cosa faremo e perché. E come andrà a finire, quindi cosa ci porteremo a casa stasera da tutto questo. Tradotto meglio la domanda più o meno consapevole che si agita nelle menti di chi vi guarda parlare è: “sto investendo bene il mio tempo (e soldi)? Mi sarà utile questa giornata? Cosa saprò/saprò fare dopo?”.

Bene, ora siete (più) pronti; buon public speaking (per voi e per chi vi ascolterà)!

Puntate subito al cuore del discorso

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Come preparare slide efficaci per un convegno giuridico

PUNTATA N. 17

Dal Blog - 14.02.2013

Sarà capitato a tutti di partecipare ad un seminario o ad un convegno e trovarsi davanti proiettate sli-de piene di testo. A questo punto ci siamo trovati di fronte ad un bivio: decidere di ascoltare la relazione dello speaker e non leggere il testo, oppure optare per la lettura e sacrificare ciò che il relatore stava per dir-ci. I più diligenti hanno cercato di fare entrambe le cose…perdendo necessariamente spezzoni dell’uno e dell’altro.

Che funzioni hanno i materiali visivi, quali le slide, di supporto ad uno speech? Questa dovrebbe essere la prima domanda che un relatore, nella fase di pro-gettazione dello speech, dovrebbe porsi. Due sono le possibili risposte al quesito: le slide sono di mero supporto al discorso che andremo a fare e servono a semplificare, chiarire e facilitare la comprensione dei punti salienti da parte del pubblico, oppure le slide sono il protagonista dell’evento e noi relatori siamo di supporto. In sostanza, in quest’ultimo caso saremo dei lettori di slide.

Una volta chiarito il ruolo che vogliamo avere nel public speaking, dovremo, coerentemente, agire per realizzarlo. Se siamo lettori di slide, allora è giusto

Che funzione hanno le slides?

E lo speaker?

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che l’attenzione del pubblico sia rivolta alle slide, che occuperanno il centro della scena e noi, di lato, fare-mo da rinforzo a quanto il pubblico leggerà. Ma se il ruolo che ci siamo riservati è un po’ più accattivante e centrale, lo scenario sarà completamente ribaltato. Saranno le slide, in questo secondo caso, a fare da sfondo e noi saremo i protagonisti. Se così è, allo-ra le slide non devono “distrarre” l’attenzione dallo speaker, che rimarrà costantemente al centro della scena e che con il suo verbale (ciò che dice: esempi, metafore, casi), paraverbale (come lo dice: sottolinea-ture, pause, enfasi, silenzi), non verbale (linguaggio del corpo: gestualità, postura, espressioni del viso, sguardo, movimenti) coinvolgerà e guiderà l’audien-ce in un vero e proprio viaggio all’interno di una te-matica, anche giuridica.

Questo è infatti uno speech, un viaggio, un proget-to, una storia. E noi, relatori, siamo il Virgilio della situazione che guida i partecipanti nel viaggio. Sem-brerà strano, ma tutto ciò vale anche per seminari o convegni dai contenuti giuridici ed economici. Tut-to sta nel taglio che daremo all’argomento dal punto di vista dello stile e del “senso”. Molti professionisti chiamati a relazionare su un aggiornamento o una disciplina affrontano con ansia il progetto e invece di considerarlo un’occasione per raccontare a modo loro dei contenuti, si “appiattiscono” sull’argomento e si limitano a fare il “compito” focalizzandosi sul tema e non sul pubblico e sul proprio stile. Ciò vuol dire chiedersi come possiamo rendere semplice un argo-mento per chi ascolta, cosa si aspettano di sentire, cosa desiderano portarsi a casa a fine giornata, come possiamo rendere interessante una argomento maga-ri “freddo” di suo, dandogli un nostro “vestito”, uno stile.

Il public speaking è un’avventura insieme al

pubblico

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La conclusione è che le slide, anche dal contenuto giuridico, dovranno essere il più possibile semplici e pulite, contenere solo i concetti-chiave, e che tutto ciò che non è indispensabile che il pubblico “veda”, non dev’essere, ad abundantiam, inserito nelle slide, perché le “sporcherà” e basta. Utilizzare le slide come “coperta di Linus” a cui aggrapparsi in caso di vuoto mentale è comprensibile ma poco efficace per il pub-blico.

Laddove l’argomento sia molto tecnico e richieda un testo di supporto (per esempio normativo), allora si potrebbe pensare di distribuire sin dall’inizio della relazione una breve dispensa col testo della norma e spiegare al pubblico l’uso che ne deve fare durante la relazione. In questo modo si andrà incontro all’ansia del pubblico che, altrimenti, si potrebbe chiedere se ciò che il relatore sta dicendo lo troverà scritto da qualche parte oppure no e, in questo caso, se deve preoccuparsi di prendere appunti per non perdere i contenuti della relazione.

Laddove è necessario avere noi stessi, come relatori, un testo-guida, allora dovremo prepararcelo ad hoc e non utilizzare le slide come testo guida. Slide, dispen-sa e testo per il relatore devono rimanere tre strumen-ti separati con funzioni diverse.

Regola fondamentale: semplicità

Le dispense

Lo schema pilota

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Dal Blog - 7.11.2011

Capita a tutti, prima o poi, di cimentarsi in una pre-sentazione in Power Point o in Key Note di un nostro prodotto, idea o progetto. E tutti, più o meno, ci sia-mo improvvisati designer ed esperti marketing scari-cando sulle slide ciò che avevamo in mente. Spesso molte idee e molto confuse, per cui nel dubbio ab-bondavamo di puntati, numerati, testo e immagini. Meglio andare sul sicuro, ci siamo detti, tante volte mi dovessi dimenticare qualcosa…le slide mi faranno da binario.

Così, le nostre presentazioni sono diventate affolla-te di nozioni e noi ci siamo ridotti a lettori di slide, dove era maggiore il tempo passato a voltare le spalle al pubblico che quello a guardarlo, mantenendo con questo l’opportuno contatto visivo.

A quanti è capitato di andare ad un convegno o un seminario e trovare lo speaker seduto, con il suo bel computer davanti, con voce monotona, pochi gesti, incedere ritmicamente stile litania, e per ore cullarci nel dormiveglia tra concetti astratti e slide affollate?

Chi ha fatto l’università sa bene la differenza tra un

Lettori di slide

PUNTATA N. 18

Slide piene di testo da leggere…

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professore che spiegava mettendo energia, fantasia, passione in quello che diceva e un pizzico di umori-smo e invece il professore seduto immobile con aria seriosa e sguardo fisso che ripeteva con il pilota auto-matico l’ennesima lezione della sua vita.

Dunque progettare e gestire una presentazione è un’abilità che si può imparare e coltivare. È una for-ma di arte anch’essa che può essere molto gratificante per lo speaker.

Alcuni partono avvantaggiati perché possiedono doti naturali del comunicatore, hanno gusto estetico e sanno calcare il palco, altri meno. In ogni caso tutti hanno da imparare e perfezionare il proprio stile.

Innanzitutto dobbiamo distinguere 5 elementi del public speaking e del presentation skills:

• il pubblico

• il mezzo

• l’ambiente

• la comunicazione

• lo speaker

Vanno cioè considerati, prima di cominciare a pro-grammare una presentazione, gli elementi che avre-mo a disposizione e con cui dovremo confrontarci in modo che l’esito sia così come lo abbiamo immagi-nato noi.

Ricordiamoci che una presentazione è fatta per co-municare qualcosa, per trasmettere un’emozione, dei contenuti, un’idea, quindi non è progettata su di noi, ma sul nostro interlocutore, sulla nostra platea. Una presentazione, sia essa ad un convegno, una confe-

Bravi speaker si diventa

I 5 elementi del public speaking

Il public speaking deve essere pensato per il

pubblico, non per noi

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renza, un meeting, un seminario non è sfoggio di cul-tura, non è il momento in cui dobbiamo dimostrare di sapere, è il momento in cui dobbiamo dimosrtare di saper trasferire. Dovremo quindi evitare di con-centrarci unicamente su quello che abbiamo in testa con l’ansia di voler trasmettere tutto, ma su ciò che vogliamo venga recepito. Pochi concetti chiari e forti. Su questo abbiamo grandi maestri della comunica-zione che insegnano, sia nel mondo del marketing, basti pensare a Seth Godin, sia nel mondo dell’Hi Tech, come non citare il grande Steve Jobs, sia tra i conferenzieri, pensiamo a W. Mitchell, sia tra i poli-tici, un esempio oggi è il Presidente americano Barak Obama, in passato lo è stato Bill Clinton e prima ancora J.F. Kennedy.

Per ora ci fermiamo qui, nei prossimi post continue-remo l’analisi dell’arte del public speaking e presenta-tion skills.

Vi saluto con una frase di Buechner: “Possono di-menticare quello che dici, ma non possono dimenticare come li hai fatti sentire”.

Pochi concetti, ma chiari

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Parlare in pubblico può essere una necessità legata alla presentazione di progetti, servizi e idee. Parlare ad una platea è anche una grande opportunità di visibilità per la propria attività professionale. Relazioni, discorsi e presentazioni per con-vegni o riunioni possono essere progettate con efficacia e in poco tempo; l’im-portante è sapere quali strategie utilizzare, quali strumenti, per ottenere quali risultati e, infine, cosa vogliamo che resti del nostro intervento al pubblico. Che si tratti di una relazione tecnica in un convegno, della presentazione di un pro-getto, di una riunione con i collaboratori, dell’intervento in un consiglio di am-ministrazione, ciò che conta è saper dosare in modo sapiente la comunicazione verbale e non verbale, gli strumenti visivi a supporto (slide e filmati), dispense e appunti, tempi e pause, gestendo con padronanza gli stati emotivi e la sintonia con l’audience.

Corso intensivo di una giornata - Durata: 8 hr

Programma

Gli elementi del public speaking

• I 4 elementi del public speaking: il pubblico, il mezzo, il presentatore, il messaggio

Corso Public speaking

Preparare e gestire presentazioni e discorsi in pubblico

Come preparare e gestire le presentazioni in pubblico

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• Strategie di comunicazione in pubblico•Come prepararsi emotivamente•Come preparare gli strumenti a supporto (i programmi di presentazione)•Come gestire le presentazioni visive• Imparare a gestire il tempo e le pause

Il linguaggio e lo stile

•Come entrare in sintonia con l’audience•La linguistica e il linguaggio del corpo•Discorsi, relazioni, presentazioni, seminari, convegni• Scegliere lo stile giusto per coinvolgere l’audience

Progettare

•Le 7 regole d’oro per progettare la nostra presentazione•Progettare in analogico o in digitale?•Ambiente: come preparare l’ambiente della presentazione•Obiettivo: definire l’obiettivo, emozioni e messaggi•Aspettative: definire le aspettative dell’audience: cosa si aspettano?• Storyboard: creare la storia. Ciò che si porterà via il pubblico.•Design: definire lo stile•Creare: mettersi all’opera con le slide: testi, immagini, transizioni•Linguaggio: usare le metafore con eleganza

Gestire

•Le 4 domande che faranno la differenza•Mezzo/presentatore: chi è al centro?•Gestire lo spazio: la relazione audience-presentatore-slide•Pause e tempi della presentazione• Supporti cartacei: dispense e appunti

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All’opera!

•Video di grandi comunicatori della storia e relativi stili• Impostare lo storyboard per le proprie esigenze•Casi pratici di presentazioni proposte dai partecipanti

Corsi di formazione di una giornata per liberi professionisti e studi professionali

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