lucidi lezione 2013 breve
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I
1. Introduzione dell’obbligo di sicurezza ed igiene delle condizioni di lavoro: il contenuto e la natura
1.1. La lettura della disciplina codicistica, ex art. 2087 c.c.
Art. 2087 c.c. – Tutela delle condizioni di lavoro –
Il datore di lavoro è obbligato ad “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità
del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei
prestatori di lavoro”
Il datore di lavoro deve adottare ogni misura idonea ad evitare l’evento dannoso: precetto di carattere
generale e contenuto amplissimo
L’obbligo di sicurezza si estende anche alla personalità morale, comprendendo, così, ad esempio la
protezione (ed il risarcimento del danno) per il c.d. mobbing
Particolarità del lavoro: l’obbligo, ex art. 2087 c.c., si estende a tutti gli aspetti dell’ambiente di lavoro
(elementi interni ed esterni che caratterizzano l’attività e concorrono a determinarne la specifica pericolosità)
Esperienza: misure od accorgimenti che già abbiano dimostrato efficacia protettiva per eventi già verificatisi
ma anche proposte della contrattazione collettiva
Tecnica: obbligo di rapportarsi alle “nuove” conoscenze in materia di sicurezza messe a disposizione dal
progresso tecnico e scientifico
c.d. principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile
II
Le misure che il datore di lavoro è chiamato ad adottare sono, secondo la giurisprudenza
costituzionale, quelle “che, nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni
tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente
acquisiti” , così Corte Cost. n. 312/1996, ovvero si tratta delle
misure generalmente acquisite e praticate nel settore, c.d. standard del settore
ritenendosi, per converso, superata l’interpretazione più rigoristica in termini di doverosità in capo al datore di
lavoro della “massima sicurezza tecnologica disponibile sul mercato”
1.2. La violazione dell’obbligo e la natura della responsabilità datoriale
Dalla violazione dell’obbligo di sicurezza, ex art. 2087 c.c., deriva – per orientamento dottrinale e
giurisprudenziale prevalenti (da ultimo decisione Cass. S.U: n. 6572/2006) – in capo al datore di lavoro un
responsabilità di natura contrattuale
- di tipo civilistico (risarcimento del danno patrimoniale, biologico e c.d. esistenziale)
- di tipo penale (lesioni colpose; omicidio colposo, artt. 589 e 590 c.p.): applicazione necessaria delle
garanzie costituzionali, anzitutto art. 25 Cost., in tema di “necessaria predeterminazione” dei presupposti
nella quale opera
In quanto responsabilità di natura contrattuale
Onere della prova in capo al debitore e l’azione di risarcimento del danno contrattuale è soggetta alla
prescrizione stabilita per le azioni nascenti dal contratto o dall’atto unilaterale, ovvero decennale
III
Il risarcimento spetta però solo per il danno comprovato dal lavoratore
il danno non è mai in re ipsia e non è quindi, sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della
condotta datoriale
il risarcimento del danno (patrimoniale, biologico e c.d. esistenziale) ha funzione riparatoria di un
pregiudizio effettivo e non punitivo dell’inadempimento, da cui non deriva sempre automaticamente un danno
(da ultimo Cass. S.U. n. 6572/2006)
L’art. 2087 c.c. è punto di partenza, e nel contempo, di arrivo delle disposizioni della “legislazione speciale
tecnica”: ovvero, a ben vedere, norma di chiusura del sistema
In altri termini, la disposizione codicistica, non solo non può dirsi implicitamente abrogata dalla specifica
disciplina antinfortunistica, ma risulta specificata e rafforzata dalla speciale normativa tecnica, ovvero dal
nuovo modo di programmare e gestire il dovere di sicurezza a tutto campo (quest’ultimo vero profilo
innovativo delle norme attuative del diritto comunitario)
IV
2. La legislazione antinfortunistica tecnica speciale
2.1. L’evoluzione del quadro normativo nazionale e comunitario
Art. 32 Cost., comma 1, prima parte: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività (…)”
Tra i primi interventi, d.p.r. n. 547/1955 e nn. 302 e 303 del 1956;
Art. 9, L. n. 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori): “I lavoratori, mediante le loro rappresentanze, hanno diritto di
controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere
la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”
direttiva quadro n. 1107/1980, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti chimici,
fisici e biologici durante il lavoro; direttive particolari n. 605/1982 (piombo), n. 477/1983 (amianto), n. 188/1986
(rumore):
tutte recepite con d.lgs. n.277/1991;
direttiva particolare n. 364/1988 (divieto di taluni agenti specifici e/o attività) recepita nel d.lgs. n. 77/1992;
direttiva quadro n. 391/1989 per il miglioramento della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro;
direttive particolari n. 654/1989 (prima), n. 655/1989 (seconda), n. 656 /1989 (terza), n. 269/1990 (quarta), n. 270/1990
(quinta), n. 394/1990 (sesta), n. 54/1992 (settima), n. 57/1992 (ottava), n. 58/1992 (nona), n. 85/1992 (decima), n.
91/1992 (undicesima), n. 104/1992 (dodicesima), n. 103/1993 (tredicesima), n. 24/1998 (quattordicesima), n. 44/2002
(sedicesima), n. 10/2003 (diciassettesima), ed ancora la n. 82/1996 (incidenti con sostanze pericolose);
la direttiva quadro n. 391/1989 e le prime sette direttive sono state recepite dal d.lgs. n. 626/1994, successivamente modificato
dal d.lgs. n. 242/1996;
l’ottava e la nona direttive dai d.lgs. nn. 493/1996 e 494/1996;
la decima dal d.lgs. n. 645/1996;
l’undicesima e la dodicesima dal d.lgs. n. 624/1996;
la tredicesima dal d.lgs. n. 298/1999;
il d.lgs. n. 66/2000 ha recepito le modifiche apportate dalla dir. n. 42/1997 e n. 38/1999 alla sesta direttiva;
V
la quattordicesima direttiva è stata recepita dal d.lgs. n. 25/2002;
la dir. n. 383/1991 è stata recepita dal d.lgs. n. 242/1996 e dal d.lgs. n.276/2003.
La legge comunitaria (legge n. 62/2005) delega il Governo a recepire la direttiva n. 10/2003 relativa ancora alla
protezione dal rumore (modificando il d.lgs. n. 277/1991) e la direttiva n. 18/2003 (protezione dei lavoratori dai rischi di
esposizione all’amianto).
Stante la complessità di un sistema cresciuto a dismisura da tempo e da più parti, proposta di
razionalizzazione delle norme in materia:
“UNICO TESTO NORMATIVO IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA DELLE
LAVORATRICI E DEI LAVORATORI”
approvato con D.Lgs. n. 81 del 2008 e modificato dal D.Lgs n. 106/2009
in attuazione art. 1, Legge Delega n. 123 del 3 agosto 2007
VI
2.2. I principi ispiratori: il passaggio alla c.d. prevenzione soggettiva
La nuova disciplina muove da una valutazione complessiva della situazione all’interno dell’azienda e richiede
l’apporto di tutti coloro che svolgono la propria opera nella stessa, con l’obiettivo di realizzare un sistema
fondato sulla partecipazione di tutti i soggetti coinvolti nell’attività lavorativa, che costituisce quindi uno dei
pilastri sui quali il legislatore ha inteso edificare il nuovo diritto prevenzionale,
c.d. PREVENZIONE SOGGETTIVA, ossia sistema di gestione concertata della sicurezza, nel quale
tutti, ad iniziare dai lavoratori, hanno un ruolo attivo
In contrapposizione al sistema antinfortunistico – delineato dall’art. 2087 c.c., in composizione con l’art. 32
Cost. – c.d. di prevenzione oggettiva, in cui a fronte del datore di lavoro quale debitore di sicurezza, si ravvisa
una posizione di beneficiari esclusivamente passivi dei lavoratori (impostazione confermata dalla
giurisprudenza ed incoraggiata dai primi interventi degli anni ’50, che si limitano a fissare misure c.d.
oggettive di tutela della salute dei lavoratori)
Tale assetto dogmatico, storicamente giustificato dalla constatazione empirica della scarsa preparazione della
manodopera, perde la sua razionalità in relazione al dato della sempre maggiore istruzione dei lavoratori
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2.3. Procedimentalizzazione, programmazione dell’obbligo e pluralità dei soggetti coinvolti
Nella prospettiva essenziale di prevenzione dei pericoli per la salute dei lavoratori centrale sono
l’obbligo di valutare tutti fattori di rischio e
l’obbligo di elaborare un specifico documento di valutazione dei rischi (DVR)
con cui identificare le misure di prevenzione, di protezione attiva e del programma di continua
implementazione delle tutele
Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. s), del D.Lgs. n. 81 del 2008, per “rischio” si intende “ la probabilità di
raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato
fattore o agente oppure alla loro combinazione” ,
così, sostanzialmente, già a mente del D.Lgs. 626/94
Nel contempo, le questioni inerenti la salute e la sicurezza del lavoro vengono ad interessare una pluralirà di
soggetti (anche, estranei al rapporto di lavoro):
datore di lavoro, dirigenti e preposti; responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp); servizi
di gestione delle emergenze e medico competente; lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza; finanche, progettisti, fornitori e installatori
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3. Il dlgs 9 aprile 2008, n. 81 e succ. mod., c.d. “Unico testo normativo in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori”
3.1. Il campo di applicazione
Il campo di applicazione è generalizzato e amplissimo, con riguardo
- a tutti i settori di attività privati o pubblici e a tutte le tipologie di rischio;
- “a tutti i lavoratori e le lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati”,
- anche, ai nuovi rapporti di lavoro subordinato previsti dalla c.d. riforma Biagi (L. n. 30/2003), attuata ai
sensi del d.lgs n. 276/2003 e succ. mod., ovvero ai rapporti con finalità di formazione e di inserimento
(c.d. a causa mista, vedi ex artt. 47 e 54 d.lgs. n.276/2003 ma non c’è esplicita menzione nel TU), e la
somministrazione di lavoro (già, ex art. 23 d.lgs. n. 276/2003).
Per quest’ultima tipologia contrattuale, ovvero nell’ipotesi di prestatori di lavoro somministrati, è
espressamente previsto anche dalle modifiche di riordino (art. 3 del TU, comma 5) che “tutti gli obblighi
di prevenzione e protezione sono a carico dell’utilizzatore”
Si aggiunge, nel campo di applicazione definito dalle modifiche di riordino, anche l’ipotesi del distacco
del lavoratore (disciplinato dall’art. 30 del d.lgs. n. 276/2003), per cui, a mente dell’art. 3 del TU,
comma 6, “tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo
l’obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore dei rischi tipici generalmente
connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali viene assunto”
IX
- finanche, a ricomprendere espressamente (art. 3 del TU, comma 5) il lavoratore a progetto, (disciplinato
dall’art. 61 e ss. del d.lgs n. 276/2003 e succ. mod.), allorquando “la prestazione lavorativa si svolge nei
luoghi di lavoro del committente” (così già prevede art. 66 del d.lgs.n. 276/2003)
ma il campo di applicazione è, altresì, esteso (così, come specificato da art. 3 del TU, comma 5) anche ai
vecchi (e attuali) co.co.co, ex ar 409, n. 3 c.p.c. , senza progetto.
Resta escluso anche dalle modifiche apportate dal T.U – che pure ricomprende il lavoro accessorio, ex
art. 3 del TU, comma 8 – il lavoro occasionale, disciplinato dall’art. 61, comma 2, d.lgs n. 276/2003 e
succ. mod.
- nonché, i lavoratori autonomi (secondo la definizione propria ex art. 2222 c.c.) sia pure limitatamente alla
applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 21 e 26 del TU, rispettivamente rubricati “Disposizioni
relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori
autonomi” e “Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”
X
3.2. I soggetti
3.2.1. Il prestatore di lavoro
Il maggior beneficiario della tutela antinfortunistica è il lavoratore , ovvero “la persona che
indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge una attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione
di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione (…), esclusi gli addetti ai servizi domestici
e familiari” (art. 2, del TU, comma 1, lett. a, prima parte)
(anche soggetti equiparati elencati: così ad es. socio lavoratore di cooperativa, l’allievo di istituti di istruzione
ed universitari e il partecipante a corsi di formazione ove si utilizzino laboratori e attrezzature in genere, ecc)
Secondo l’impostazione già dominante, in dottrina e in giurisprudenza, il prestatore di lavoro – a titolo di
azione individuale di autotutela – ha diritto di rifiutare la prestazione lavorativa in presenza di una condotta,
omissiva o commissiva, del datore di lavoro che metta in pericolo la sua incolumità (in quanto, appunto, la
condotta rileva quale inadempimento contrattuale)
Nondimeno il prestatore è titolare di una quota di debito di sicurezza, particolarmente incentivata dalla
concezione “soggettiva”:
In particolare (in attuazione dei principi generali posti dall’ordinamento comunitario) la legislazione
antinfortunistica speciale pone in capo al lavoratore obblighi di “tipo attivo”, tra i quali, l’obbligo di attivarsi
non solo per la propria sicurezza ma anche per quella dei colleghi; l’obbligo di collaborazione per l’attuazione
della normativa di sicurezza; l’obbligo di utilizzare correttamente i dispositivi di sicurezza e la strumentazione
del lavoro; l’ obbligo di partecipare a corsi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro (e
detta formazione e addestramento costituiscono a tutti gli effetti orario di lavoro ai sensi del D.Lgs. n.
66/2003);
XI
3.2.2., 3.2.3. Il datore di lavoro privato e pubblico, i dirigenti e i preposti
Il datore di lavoro è debitore essenziale e primario dell’obbligo di sicurezza, che deve adempiere
nell’esercizio dei suoi poteri di organizzazione e direzione.
Si tratta, altresì, del soggetto principale destinatario delle disposizioni sanzionatorie definito come il “soggetto
titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, o comunque, il soggetto che, secondo il tipo e
l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva (…), in
quanto colui che esercita i poteri decisionali e di spesa”
Per le P.A. rileva che il legislatore (già ai sensi dell’art. 2, lett. b, seconda parte, decreto n. 626/1994, secondo
la definizione confermata dall’art. 2, comma 1, lett. b, seconda parte, del TU) specifica che “nelle pubbliche
amministrazioni (…) per datore di lavoro s’intende il dirigente al quale spettano poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente
autonomia gestionale”
Norme specifiche (in quanto titolari originari di debito di sicurezza) sono dettate con riguardo al :
- il dirigente, definito ai fini antinfortunistici (art. 2 del TU, comma 1, lett. d) quale “la persona che, in
ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura
dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e
vigilando su di essa”; sicché, costui, nell’ambito delle proprie attribuzioni e competenze, è responsabile
di tutta la tutela antinfortunistica (si veda, art. 18 del TU intitolato “Obblighi del datore di lavoro e del
dirigente”)
- il preposto, identificato, ai fini antinfortunistici, nel soggetto (anch’esso lavoratore dipendente) che
nell’ambito della organizzazione aziendale sovrintende alle attività di un determinato gruppo di
lavoratori (nozione individuata dalla prevalente giurisprudenza, oggi tradotta in definizione legale dal
legislatore del TU, art. 2, comma 1, lett. e)
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3.2.4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
E’ affermato il principio per cui “in tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza” aventi specifici diritti di consultazione, di informazione e di formazione (art. 47
del TU, comma 2)
la prevalente dottrina afferma la dimensione volontaristica della rappresentanza anche perché
mancano strumenti surrogatori in caso di inerzia dei lavoratori interessati
Tra le novità:
- meccanismo di elezione riguardante la previsione di “un’unica giornata nazionale per la salute e sicurezza
sul lavoro, individuata nell’ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale”, c.d. election day, per l’elezione dei Rls
aziendali, territoriali o di comparto ;
- previsione di Rls territoriale, che eletto o designato secondo i criteri previsti dalla contrattazione
collettiva esercita le competenze proprie del Rls “con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del
territorio o del comparto di competenza, nelle quali non sia stato eletto o designato il Rls” e di Rls di sito
produttivo, che ricalca una forma di rappresentanza già sperimentata da Protocolli collettivi specifici (ad
es. previsti per le realtà portuali di Napoli e Genova), in “specifici contesti produttivi, caratterizzati dalla
compresenza di più aziende o cantieri” (quali, “porti”, “centri intermodali di trasporto”, impianti
siderurgici”, “cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno”, ecc.) su iniziativa dei Rls delle aziende
operanti nel sito produttivo medesimo.
XIII
3.2.5. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
Essenziale compito del Servizio di prevenzione e protezione, collocato al primo posto nel catalogo degli
obblighi ad esso facenti capo (vedi art. 33 del TU), è quello della individuazione e della valutazione dei rischi.
Il Spp è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con il decreto 626 del 1994, in attuazione della
direttiva quadro n. 89/391, ed è definito come “insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni
all’azienda, finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori” (art. 2
del TU, comma 1, lett. l), a capo del quale è posto un responsabile del Spp, quale persona che, “designata” dal
datore di lavoro (trattandosi di obbligo non delegabile), è mero coordinatore del Spp.
Esistono diverse opzioni organizzative(si veda art. 31 del TU):
servizio interno, attraverso la designazione da parte del datore di lavoro, all’interno dell’azienda o unità
produttiva, di persone da lui dipendenti, che “non possono subire pregiudizio a causa dell’attività svolta
nell’espletamento del proprio incarico”
servizio esterno, rappresentato da persone o servizi esterni “costituiti anche presso le associazioni dei
datori di lavoro o gli organismi paritetici” è obbligatorio in mancanza di dipendenti che, all’interno
dell’azienda o dell’unità produttiva, siano in possesso delle capacità e dei requisiti professionali” oggi
specificamente individuati dal legislatore del TU.
XIV
3.2.6. Il medico competente e la sorveglianza sanitaria
Il medico competente è soggetto che “in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali”
specificati dal legislatore (si veda l’art. 38 del TU), “collabora con il datore di lavoro ai fini della valutazione
dei rischi” ed “nominato” dallo stesso datore di lavoro – peraltro, in tal caso configurandosi un obbligo del
datore di carattere delegabile – per effettuare la sorveglianza sanitaria nei casi in cui questa è obbligatoria (ai
sensi dell’art. 41 del TU)
Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:
dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore
per lo svolgimento dei compiti di sorveglianza sanitaria;
libero professionista;
dipendente del datore di lavoro
La sua attività è svolta – a tutela degli interessi a valenza costituzionale dell’intera collettività, consacrati
nell’art. 32 Cost., più che di quelli individuali dei lavoratori e del datore di lavoro – nell’esclusivo interesse del
bene “salute”.
Specifiche norme etiche, professionali e giuridiche sono poste a garanzia della indipendenza del
medico competente (principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di
salute occupazionale, ICOH)
XV
La sorveglianza sanitaria – che comprende le visite mediche espressamente indicate dalla legge (si veda art. 41,
comma 2; tra cui visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il
lavoratore è destinato; visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere
giudizio di idoneità sulla mansione specifica; visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal
medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento
a causa dell’attività lavorativa svolta; ecc) – è effettuata dal medico competente
nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive europee, nonché dalle indicazioni fornite dalla
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (quest’ultima istituita in
attuazione dell’art.1 della l. n. 123/2007, ai sensi dell’art. 6 del TU);
qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi
lavorativi
Le visite mediche di cui all’art. 41, comma 2, devono essere realizzare a cura e spese del datore di lavoro e,
comunque, non possono essere effettuate in fase preassuntiva, per accertare stati di gravidanza e negli altri casi
vietati dalla normativa vigente
Gli esiti delle suddette visite mediche sono comunicati – secondo formato specificato (art. 41, comma 5) – per
iscritto dal medico competente al datore di lavoro e al lavoratore.
XVI
3.3. I principi fondamentali della tutela prevenzionale
3.3.1. La valutazione dei rischi e l’elaborazione del documento relativo (DVR)
Ai sensi dell’art. 29 del TU,
il datore di lavoro effettua la valutazione dei rischi ed elabora il relativo documento
“in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente” nei casi
in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, “previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza”
Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, deve, in primo
luogo, valutare “anche nella scelta della attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici
impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro” “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli
collegati allo stress lavoro-correlato, secondo l’accordo europeo dell’8 ottobre 2004
Detta valutazione deve tradursi nella elaborazione di un documento contenente:
a) “una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale
sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
Il legislatore ora specifica che “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore
di lavoro, che vi procede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la
XVII
completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali di
prevenzione”
b) l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione e dei dispositivi di protezione
individuale (…);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire nel tempo il miglioramento dei livelli
di sicurezza
(già ai sensi dell’art. 4, comma 2, del decreto 626 del 1994, cui si aggiungono a mente delle
modifiche del TU, lett. d, e, ed f)
d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione da realizzare e dei ruoli (…) assegnati
unicamente a soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l’indicazione del nominativo del Rspp, del Rls e del medico competente che ha partecipato alla
valutazione del rischio;
f) l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che
richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e
conoscenza del contesto lavorativo”
La valutazione dei rischi ed il documento ad essa inerente, realizzati in concomitanza dell’avvio dell’attività,
devono essere custoditi c/o l’azienda o l’unità produttiva e rielaborati “in occasione di modifiche al processo
produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori” (nonché, nelle ulteriori ipotesi
specificate dalla norma) e detta rielaborazione deve avvenire oggi nel termine specificato “di trenta giorni
dalle rispettive causali” (nuovo 29 del TU, comma 3)
XVIII
Sono esonerate dall’obbligo di elaborare il documento le “aziende familiari e le aziende che occupano fino a 10
addetti”, ma solo “fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto
ministeriale” (quello cui rinvia l’art. 6 del TU, comma 8, lett. f, ovvero, il decreto chiamato a recepire le
procedure standardizzate introdotte dalla stessa norma del TU), e “comunque, non oltre il 30 giugno 2012” .
Invero significativa novità, con l’obiettivo rilevante di semplificazione dell’adempimento, è la previsione di
procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi
tenendo conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore
la cui elaborazione è demandata – entro e non oltre il 31 dicembre 2010 – alla Commissione consultiva
permanente per la salute e sicurezza sul lavoro istituita, presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, dall’art. 6 del TU, cui sono attribuite le funzioni specificate al comma 8.
Nelle more dell’emanazione di tale decreto, tuttavia, tali datori di lavoro (quelli con max 10 dipendenti) sono
obbligati a:
autocertificazione per iscritto della avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e
l’adempimento degli obblighi ad essa collegati, da inviare al Rls
XIX
3.3.2. La programmazione della prevenzione e il rispetto dei principi ergonomici
Ancora, tra i principi generali di tutela (ai sensi dell’art. 15 del TU) vale segnalare
il principio della “programmazione della prevenzione per cui occorre mirare ad un complesso che integra
in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda,
nonché, l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro”
il principio del “rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle
attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono
e quello ripetitivo”
al fine di “adeguare il lavoro all’uomo”, così art. 6, par. 2, lett. d, direttiva quadro n. 89/391
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3.4. La delega di “funzioni”
In materia di igiene e sicurezza del lavoro, la legislazione speciale tecnica (già decreto n. 626/94, come
modificato dal d.lgs n. 242/96; ovvero, oggi, art. 17 del TU) individua un ristretto numero di c.d. obblighi
primari, non delegabili da parte del datore di lavoro, quali:
- la valutazione del rischio e l’elaborazione del documento relativo;
- la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
- l’autocertificazione per le aziende familiari e per quelle che occupano fino a 10 dipendenti dell’avvenuta
valutazione dei rischi e adempimento degli obblighi relativi
ne consegue che ogni altro adempimento va considerato alla stregua di obbligo delegabile ovvero
obbligo che può essere “trasferito” dal datore di lavoro ad altri soggetti attraverso l’istituto giuridico della
delega.
La delega per essere valida deve risultare da un atto scritto recante data certa, cui deve seguire, sempre per
iscritto, l'accettazione del delegato.
Il soggetto preposto all'adempimento dell'incarico deve possedere, inoltre, tutti i requisiti di professionalità
ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate, per le quali egli deve poter disporre di
tutti poteri di organizzazione, di gestione e controllo, oltre all'autonomia di spesa necessaria.
Alla delega deve, altresì, essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
XXI
In altri termini la delega deve possedere il requisito di certezza sia dal punto di vista formale (forma scritta,
data certa, accettazione per iscritto) che dal punto di vista sostanziale (contenuto chiaro e completo soprattutto
in ordine agli obblighi “trasferiti”, poteri decisionali e di spesa)
Il soggetto delegato, inoltre, deve essere persona competente e tecnicamente qualificata non rilevando a tal
proposito – per orientamento giurisprudenziale consolidato – il possesso di titoli di studio o diplomi.
Sono necessari “requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni
delegate”
In presenza di una delega legittimamente conferita, si discute se questa determini un'efficacia liberatoria per il
delegante (delega di mera esecuzione di compiti o delega di funzioni e di responsabilità?)
Il principio condiviso per cui anche in caso di delega sul datore di lavoro grava, in caso di omissione,
comunque una culpa in vigilando trova conferma nella determinazione del legislatore per cui si specifica che
“la delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto
espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite” seppure questo principio sembra oggi mitigato
dalla previsione espressa per cui “la vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui
all'articolo 30, comma 4” e “l’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace
attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4” (così art. 16, comma 3,
modificato dal D.Lgs. n. 106/2009).
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Le pagine precedenti sono elaborate ad uso esclusivo degli studenti del corso.
Sabrina Cassar
Università degli studi di Roma di “Tor Vergata”