luccaa ssinaattrraa aanniimmee · tiva frutto della necessità impellente di trovare della...
TRANSCRIPT
LLUUCCAA SSIINNAATTRRAA
AANNIIMMEE
DDII CCEENNEERREE RRAACCCCOONNTTII
~ 2 ~
Gli occhi di Barbara
Collana di letteratura
n. 13
Comitato di direzione:
Sergio Collura
Salvo Garufi
Enrico Guarneri
Impaginazione e grafica:
Francesca Tosto
~ 3 ~
Secondo una vecchia superstizione, le fotografie possono rubarti
L'ANIMA.
Io, che un'anima non la possiedo ancora,
non mi sono mai interessato di fotografia.
Ma, mi affascina molto la storia del bambino,
che fotografava gli animali, per portarli sempre con sé.
QUESTO LIBRO
è dedicato a lui; e a chi prima di lui ha portato il suo nome.
Nella speranza che nessuno dei due debba mai leggerlo.
~ 4 ~
~ 5 ~
Anime di cenere
Tante storie che si uniscono a formarne una - la
mia - e quella del mondo.
Le anime di cenere sono quelle che lasciano segni
evidenti su di noi solo toccandoci, quelle che sono spaz-
zate via da un semplice soffio di vento.
Le Anime di Cenere bruciano e si consumano,
consumando anche i corpi. Abitano uomini e donne ema-
ciati e stanchi; ma dotati di uno sguardo forte, sereno, al-
tezzoso, a volte arrogante, sempre deciso e determinato.
Mi risulta impossibile descrivere il nostro tempo
prescindendo dai personaggi di questo scritto, insieme
archetipi del genere umano e uomini e donne che ho at-
traversato, con i quali mi sono mischiato, e che hanno fi-
nito per fare parte di me, come in un rito ancestrale, come
se fossi un connettore di pensieri ed emozioni.
Se Calvino, in Le città invisibili, ricordava che “le
città come i sogni sono costruite di desideri e paure, anche se il
filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospet-
tive ingannevoli ogni cosa ne nasconde un’altra”, le storie di
Artemisia, di Zoe, del giovane e degli altri saranno sem-
pre suscettibili, a diversi livelli di lettura, tutte parziali,
tutte per forza di cose filtrate (dal mio modo di racconta-
re, e da quello del lettore di interpretare), tutte in defini-
~ 6 ~
tiva frutto della necessità impellente di trovare della ra-
zionalità nel caos del mondo.
Credo, infatti, che davvero poche siano le ragioni
per perpetuare la nostra esistenza in questa realtà. Prima
fra tutte, il bisogno costante di acquisire conoscenza e
quello - indissolubilmente legato al primo - di trarre dai
casi particolari delle regole dell’essere vivi universalmente
condivisibili (ah, il vecchio Benedetto Croce!).
O, nella fattispecie della mia permanenza, il sem-
plice bisogno di raccontare.
6 Marzo 2015
~ 7 ~
Prologo
Che nel deserto possa improvvisamente esplodere
la vita, che dal nulla possa nascere un giardino, è evento
quanto mai raro; ma scientifico.
Raro come è rara la bellezza, quella bellezza scon-
volgente di certe donne arabe. Rara come la nobiltà d'a-
nimo. Rara, se non unica, come la storia del Principe Pira-
ta.
Il principe aveva sempre trovato assurdo, quasi
ridicolo, che qualcuno si rivolgesse a lui chiamandolo Sua
Altezza Reale. Aveva gli stessi lineamenti, gli stessi modi
degli uomini che gli stavano dinanzi, seguiva le loro stes-
se tradizioni e, nonostante questo, poteva guardarli con
disprezzo, impartire loro ordini umilianti, come se la
morte un giorno non avrebbe avuto una carezza anche
per il suo dolce viso di porcellana.
Con gli anni realizzò cosa avrebbe voluto. Se era
davvero il principe e se poteva avere tutto, avrebbe desi-
derato di vivere in un mondo tutto suo, di pensieri, di
storie, di musiche - le uniche cose che veramente hanno
valore! - come in alto mare, rientrando sulla terra solo per
bere del vino.
Espose ogni suo quesito al saggio di corte.
~ 8 ~
"Tu che sei anziano e hai girato il mondo, hai mai
visto un uomo sempre in alto mare, che ruba ciò che c'è
di valore nella vita, e che torna sulla terra per bere?”
E il saggio:
"Ma certo, l'uomo di cui parli è un pirata."
Decise dunque di diventare un pirata.
Si chiese, poi, quale sarebbe stata la sua nuova ca-
sa. Tornò dal saggio a domandargli se esisteva un luogo
nel quale i contorni e le distanze si confondono, un luogo
nel quale è difficile vivere, nel quale tutti gli uomini sono
uguali e un fiore può sbocciare in un lampo.
"Il posto di cui voi parlate, maestà, è il deserto."
Il pirata del deserto, ecco cosa sarebbe stato da
quel momento!
~ 9 ~
1
Il disgelo era solo l'inizio dello stillicidio di anime.
L'inverno era tornato e la memoria era come sempre ve-
nuta meno, in assenza di cuori caldi e di prosperosi doni
di miele.
Aspetta Zoe, la pensierosa, avvolta nel rosso man-
to rubino di una coperta. Non sa ancora che quella sera
tutti gli angeli hanno da fare. Elimina spietata e fredda
ogni intralcio alla sua ascesa, stanca, provata dal sole
troppo tiepido. Elimina ciò che di superfluo si attanaglia
alla sua schiena.
Nell'altra stanza gli angeli, incuranti di suppliche e
preghiere, spazzolano le proprie ali, perché siano perfet-
te, domani, alla corte del loro padrone.
Il tardo suicida non poté che trovare lei, dunque,
dall'altra parte del telefono, quando telefonò alla ricerca
di un miracolo.
"Sono le due di notte. Se non hai idea di come
farmi godere, o addormentare, nel corso dei prossimi
quindici minuti, ti consiglio di riagganciare…"
Una sigaretta fra le dita, putto dell'ultim'ora. con
un viso da puttana.
~ 10 ~
2
Aveva le mani ancora sporche di vita, quando
pensò alle dolci parole della signora Osaki. Respirò forte
e l'aria fresca dell'alba liberò i suoi polmoni, impregnati
dello zolfo di casa.
Vivo com’era stato molto prima di morire, Lazzaro
tatuato, redivivo underground, avvolto come un neonato
in una t-shirt dei Clash.
Fosse stato davvero uomo…
Cinque monete di debiti per rose da regalare a
labbra di fragola… profumo di biscotti e di virginale pu-
rezza… la sua pelle…
Fosse stato davvero uomo, e davvero vivo, se mai
ci fossero stati uomini vivi!
Eccolo, sulla porta di casa, a chiedere della signora
Osaki. Ma, è già lontana, è già partita. Chi ha il nuovo in-
dirizzo?
Troppe colpe da pagare… debiti karmici… troppi
chilometri da percorrere… chiedere la sua mano…
O dare la propria in pegno, per filtri d'amore ad
una zingara. Se aveva vissuto senza un cuore, pensava,
non sarebbe stato difficile vivere senza un arto.
~ 11 ~
Quella sera il professore gli parlò di come scrivere
di beltà e giovinezza, nonostante la vita stessa. Della far-
falla che sarebbe morta domani. Del supplizio nostro, di
ammirare milioni di battiti d’ali, sempre uguali, come se
non esistesse che oggi, in un eterno presente di farfalla.
~ 12 ~
3
Cercava, nel cuore della notte, di enumerare le sue
amanti.
Quanto può essere triste, squallido, immondo, pe-
netrare nelle anime e scivolare poi via, senza tener conto
di tendini e sangue e carne e grida - invocazioni a un Dio
libidinoso, che non smetta di saziare gli afrori dei piaceri
di Venere -.
Indicazioni preliminari senza protezione: cosa
contare? Non aveva forse passato una vita insieme alla
donna senza nome, incontrata sul treno di sfuggita?
Non l'aveva portata forse con sé, in letti senza a-
more, in giornate fredde di pioggia?
E non era ancora lì, senza nome per passato, solo
seduta sulla poltrona, paga della perfezione dei suoi ricci
neri?
E chi era, del resto, egli stesso?
Il suo spirito si era sfregato su mille pagine di li-
bro, levigandosi, e ad ogni passo, ad ogni sguardo. Ave-
va lasciato un'impronta indelebile su qualcuno, su qual-
cosa.
E magari nessuno avrebbe ricordato più il suo vol-
to, il suo odore. Forse era quello il suo destino, non esi-
stere mai, non essere mai esistito.
~ 13 ~
Non esiste vita al di fuori del ricordo, come in uno
scherzo.
Si alzò dalla scrivania, poco prima dell'alba. La-
sciando ricordi e numeri sul foglio che aveva davanti.
Aveva, ancora, vissuto l'ennesima vita meraviglio-
sa,
All'ombra dei mandorli tristi.
~ 14 ~
4
Né di menta né di zagara odora adesso l'aria.
Amami Artemisia, come il profumo della magno-
lia. Amami come scarpette da ballo sull'ultimo dei palco-
scenici. Amami come fai col freddo e con la pioggia, con i
palmi delle mani verso il cielo – disperatamente -, con oc-
chi accesi, attenti, folli, silenziosi.
Amami Artemisia, Amami più di quanto tu possa
amare il mare, il mare che s’infrange sulla tua pelle ab-
bronzata. Amami Artemisia, portami a bere un mojito
lungo quelle spiagge di cui sempre mi parli, dove sirene
cantano la bossa nova, portami a piangere sulle colonne
d'Ercole.
La nostra auto è già piena del vento di Eolo.
Danzeremo attorno al fuoco per la festa di paese,
eccitati dal nettare degli dei, quello che offristi ai padroni
del monte, ciechi solo per metà.
Amami come se la zagara non dovesse mai appas-
sire. Tessi una tela di baci sulla mia schiena. Stringimi
come il vento stringe i miei passi veloci, stringimi per
quello che farò finta di essere domani.
Sarò radice per te. Non dirò mai più devo andare.
~ 15 ~
Intermezzo
Doveva essere avvenuto in una notte senza luna,
complici gli effluvi della Venere Pagana, i rituali di uno
spirito della foresta, o semplicemente la fame. Un matri-
monio benedetto dalle tenebre come prima del tempo.
Adesso era li, come il ritmo terzinato su quella bat-
teria, a fare ballare le donne.
Il freddo, i suoi capelli castani e gli abiti firmati, il
passato dei suoi avi negrieri, il nuovo mondo, la televi-
sione, le parole, la cioccolata…
Ma rimaneva comunque nero. Ma rimaneva co-
munque jazz.
~ 16 ~
5
Ringrazio mio padre, suo malgrado, per avermi
insegnato la solitudine e l'attesa. Lo ringrazio di essere
stato assente. E della sua convinzione che sempre vada
tutto bene.
Lo ringrazio per aver fatto di me un disilluso, un
uomo capace di accontentarsi.
Ringrazio mio padre della sua incoerenza emotiva,
della sua adolescenza rivissuta nel momento sbagliato.
E per quella sopraggiunta maturità che gli fece ca-
pire di essere stato un pessimo figlio nei miei confronti,
tanto da chiedermi scusa.
L'editore un figlio ce l'aveva. Ma, anche lui era
mio padre. E anche lui mio figlio. Anche suo figlio, in al-
tri tempi e in altri luoghi, era stato un padre e un figlio. Il
passato prossimo si fondeva con il remoto, nella mia
mente tutto si appiattiva in un presente vigile di analisi.
Un'unica entità, esisteva. Ed era padre ed era fi-
glio. Gli stessi occhi ciechi brillavano, bruciando, in-
fiammandosi a discorsi antitetici.
La ruota gira, la corda vibra, ed ecco Vico e Kant a
saltare sul selciato. Un ego smisurato non può entrare in
~ 17 ~
un rifugio da artista, figuriamoci due. Entrambi, padre e
figlio, fragili nelle lacrime dell'uno, mai dell'altro.
Ma, torna il passato che tutto plasma, che riscrive
sulle ferite, con il sangue raggrumato e freddo.
Ed ecco in altre vite e in altri luoghi uno qualun-
que dei miei padri intento a piangere, un altro ad abbrac-
ciarmi, con mani qualunque, con mani banalmente uguali
alle altre. Silenzio, le parole sono sabbia mossa dal vento
irascibile, profumata di calda nostalgia.
Tornano a dormire uno alla volta, spiriti corrotti.
Pervadendo il domani, chiedendo ancora perdono. Santi.
~ 18 ~
6
E, quando rideva, cantava.
Si lasciava attraversare come da un oceano verde.
Malediva iddio e la sua natura per quel paradiso negato,
per l'anelito d’infinito puntualmente disatteso, per la
consapevolezza - più forte in lui che in ogni altro - della
propria corruzione.
Mille occhi e chilometri aveva atraversato. Ogni
paio di occhi gli era sembrato quello giusto. Ma, gli occhi
veramente ciechi, erano i suoi. Incapaci di cogliere la fi-
siognomica del sentimento.
Ma, sapeva, nonostante tutto, che amare fosse più
importante che aver ragione.
~ 19 ~
Intermezzo II
Se tu potessi rimanere immobile in questa posa,
con gli occhi spalancati e sfuggenti al tempo stesso, con il
sorriso di chi sa restare in silenzio, con i tendini della
mano tesi per stringere, chiudere, tenere con te.
Se tu fossi esattamente così, non basterebbe la fa-
me di tutti i miei demoni a placare tutto l'amore che pro-
verei.
~ 20 ~
7
Difficile non annoiarti, ragazzo. Per te tutto è ba-
nale, scontato. Ti basta scollegarti dal mondo artefatto di
zero e uno nel quale vivi, per credere che tutto vada be-
ne. Ti bastano le certezze della crisi insanabile e metafisi-
ca, del deficit della speranza e niente potrebbe andare
meglio di quanto non vada male.
Ma io ho toccato la pelle diafana di dee evanescen-
ti, ed ero anch'io soltanto un ragazzo, allora. A volte non
bastavano le preghiere a contenere la devozione.
A volte non bastava semplicemente aspettare.
~ 21 ~
8
Distinti, unici, altri da tutto, unici fra la folla, di-
stinti dalla barbarie quotidiana …
Li sfioriamo, ne incontriamo a decine senza quasi
accorgercene, eppure un brivido elettrico corre lungo le
nostre schiene, sollecitato dall'elettricità del loro cuore.
Soggiacciono ad altre regole, provano percezioni
diverse dalle nostre. Conoscono altre stanchezze e altre
solitudini.
Provare a trovarli, scovarli come prede per poi ri-
cavarne il loro nettare di arte e poesia è il lavoro che Zoe
vorrebbe fare, da grande.
~ 22 ~
9
Andava a regalargli una notte che mai sarebbe esi-
stita. Andava da lei, un'ultima volta. o almeno era ciò che
si prometteva.
Pioveva, a tratti. A tratti sorrideva, il poeta, lungo
il viaggio. Pensava che mai avrebbe eguagliato in eccen-
trica e sadica originalità gli intrecci di vita di quei giorni.
Pensava alle meraviglie vissute e a quelle ancora da veni-
re.
Trovare se stesso era stato difficile. Adesso avreb-
be voluto condurre con sé grandi spiriti, imprigionati in
esili corpi di cenere. Ripensava a quando, alla fine di ogni
viaggio, si ripeteva di tornare a casa.
Ed, a partire da quel punto, iniziava la sua esisten-
za nuova, come in un battesimo continuo di sudore. A-
tomi sparati nel vuoto da forze cieche, pensiero in movi-
mento.
Conservava il ricordo delle sue particelle, cellule
che esplodono a contatto con l'aria e la luce, dopo aver
tanto vissuto nella penombra di uno studio polveroso.
Cellule che cozzano e si estinguono per poi rivivere.
Rendendolo nuovo, diverso. Ecco, quello avrebbe dovuto
insegnare alle agognate anime di cenere.
~ 23 ~
Come tornare a casa dopo il lungo vagare. Sempre
nuovi, sempre diversi.
Aveva sognato di nastri rossi e della rivoluzione
che avrebbe compiuto insieme a lei.
A volte sorrideva, a volte pioveva lungo il tragitto.
Niente acqua o orgasmi. Solo abbracci cercavano.
~ 24 ~
10
Mi chiedo già ora, Anima Nuova, come farò a
spiegarti fra dieci anni dove affondino le radici della raz-
za nostra.
Dovrei farlo ora, che solo ora capiresti. Adesso
troveresti normale che l'anima di chi già ha portato il
nome nostro ci guidi. Adesso un dolore, proveniente da
qualcosa che non esiste, ti sembrerebbe meno forte. Sol-
tanto ora, Anima Nuova, capiresti quanta luce serva per
illuminare dei ricci neri. E, oltretutto, non avresti pro-
blemi a farlo.
Mi chiedo se saprò riconoscerti, quando diverrai
un'anima fra le tante. Come reagirò, pensando che non
ho salvato proprio te, te che più di tutti avresti potuto
salvarmi.
Siediti accanto a me, accanto all'anima secolare che
porta il tuo nome.
Saprai quanto possa fare male un bacio non dato,
una frase sussurrata, una smisurata ambizione. Saprai
che ci si può addormentare con l'amore della propria vi-
ta, ma che spesso ci si sveglia con una semplice amica. E
che a volte si tratta dello stesso letto, nella stessa stanza, e
della stessa persona.
~ 25 ~
Anima nuova, che tutto, ancora, potresti capire,
saprai quando seminare lacrime che bagnino la terra e
quando raccogliere grida di virtù e forza. Ti volterai e ri-
marrai senza parole, osservando la montagna di schegge
di cuori. Coltiverai la luce, regalandone ai passanti.
Sarai un uomo in più, e un'anima grande. O sarai
semplicemente quello che vuoi.
~ 26 ~
11
Cosa siamo e saremo? Quanti baci ci siamo dati?
Come pagheremo le nostre colpe domani? Chi ha vera-
mente colpa in tutto questo? E di cosa?
Quant’è costata questa notte in euro, in battiti car-
diaci, in rimpianti? Chi ha recitato quale parte? Quanto
ha contato improvvisare e quanto prepararsi a casa? Chi
ha deciso se e quando inserire un lieto-fine?
Chi apparteneva a chi? E quando? Cosa diremo ai
nostri figli e cosa abbiamo detto ai nostri genitori? Per
quanto tempo siamo restati in silenzio? Quanto a lungo
ricorderemo l'uno l'odore dell'altro?
E, soprattutto, cosa ci manca per essere felici?
Quanto tempo resisteremo, senza implorarci vi-
cendevolmente abbracci e carezze? Quanto mi atterrò ai
miei piani quinquennali? Quanto vorrai restare sola?
Da dove viene il nostro malessere ancestrale? Chi
potrà curarci e come? Quanto dovrebbe essere grande ca-
sa nostra per contenere le nostre lacrime?
Soprattutto, quanto sei bella?
~ 27 ~
12
Quando ci si rese conto che era già troppo tardi,
che non sarebbe successo più nulla e che nulla era mai
successo, che gli attimi e i giorni avrebbero continuato ad
inseguirsi e a trascorrere, ma nonostante tutto ciò era tar-
di, tardi per tutto, tardi per cominciare o per finire, tardi
per amare, quando l'umanità tutta aprì gli occhi e si rese
conto di quanto era tardi…
Stamattina mi chiedevo quale fosse la soluzione.
La soluzione a tutti i problemi, la soluzione dell'essere
umani, la soluzione dell'essere vivi.
Un problema che mi attanaglia fin da quando ho
coscienza, fin da quando da bambino chiedevo a mia
madre perché si è vivi.
La risposta è che si è vivi perché non si potrebbe
essere altrimenti.
Paganini suonava divinamente nel lavabo. Nessu-
no da bambino mi raccontava delle storie. Volevo una
semplice storia. Sono solo, nell'immensità dell’universo.
Oggi ho parlato con Nico come quando eravamo bambi-
ni. Mi sarebbe piaciuto dire a tutti loro che gli voglio be-
ne, che forse mai più ci rivedremo. Mi sarebbe piaciuto
~ 28 ~
abbracciarli tutti e ognuno. Mi piacerebbe gridare, rega-
lare loro qualcosa di meglio, un lavoro e una casa. E vive-
re insieme a loro, sempre… che sono stato sempre solo,
indifeso, e che quella è la mia famiglia.
Ma, la felicità non è stasi. Il mondo è bello e feroce.
Il mondo è vivo, è vero, non è uno dei tuoi racconti. Rac-
contami piuttosto di quella volta che hai parlato con gli
dei in una pozza di vomito…
Anche in quel caso quella era la tua famiglia?
Cosa vuoi che sia la tua misera esistenza di fronte
all'immensità del creato? Davvero osi desiderare la felici-
tà?
~ 29 ~
4 Febbraio
E allora chiusi la porta, pensando ancora alle quat-
tro ore che mi separavano dal suo risveglio, mentre tutto
intorno il mondo si faceva più vuoto, senza di lei.
Tutta una notte senza il suo afrore, perchè morire
e basta sarebbe stato troppo semplice. Tutta una notte
senza sfiorarla, temendo di farle male con lo sguardo, di
svegliarla con il rumore del mio battito cardiaco. Tutta
una notte respirando a stento.
Non Parlare. Non farmi alcuna domanda, non
muoverti. Smettila di fissarmi, di attendere con occhi im-
pazienti che io faccia qualcosa.
Sento il tuo respiro vicino, mentre scrivo. Sei die-
tro di me a leggere, sei davanti a me a pretendere, sei tut-
to intorno a me e non sai cosa chiedere.
Presentarmi, fare morire qualcuno. Per Dio, dovrei
fare qualcosa.
Nemmeno io so a cosa credere, se può consolarti.
Certo, i miei pensieri saranno ben più parchi e cupi dei
tuoi, voyeur della pagina imbandita, figlio del fratello
grande.
Sono a terra esangue, esanime, sono là fuori, come
tutti a fingere. Sono in questa stanza, in un millesimo di
~ 30 ~
lucidità, in un anelito di forza. Sono ospite di una casa di-
sabitata e senza finestre.
Sono vivo, e lo so per certo, senza ricorrere ad in-
dagini di mercato. Sono vivo in questa casa presa in affit-
to da nessun padrone. Il mio carcere. Ma anche l'unico
luogo che ancora esista.
Artemisia dice di Amarmi. E' convinta di non es-
ser nulla. E, intanto, cura la gente che, come me, brucia
fino a consumarsi.
E intanto è fatta di diamante, e ha delle costella-
zioni tatuate sulla schiena.
E intanto dice di Amarti. E ti ama.
Prestare dei guanti ad un'anima nuova, perché
possa suonare senza che le sue mani diventino gelide. E
immaginare di prestargli le mie ossute tristi mani, che le
sue sono troppo giovani, per suonare il blues.
~ 31 ~
5 Luglio, l'alba.
Se per ogni uomo ci sono sette donne, altro giro,
altra corsa.
Dal balcone un sole ribelle ti sputa in faccia la sua
boriosa luce di redenzione borghese. Pensi a quanto fosse
poca, la luce raccolta al tavolo, poche ore prima.
Il volo degli uccelli ti rapisce. Elabori soluzioni da
onesto cittadino del lunedì mattina, chiedendoti a cosa
serva volare senza meta, né direzione.
Seni di miele e rugiada non ti bastano più, scivola
il tuo pensiero e va oltre, nella depravazione del toccare il
suo cuore.
Corvi nell'alba di luglio.
Ripensi a quando ventenne entrasti in un night e
chiedesti alla cameriera russa l'indirizzo di Satana.
Ma, raccontato così non sembra neanche una sto-
ria vera.
~ 32 ~
Finito di stampare
Nel maggio 2015
Presso
Il Garufi Edizioni s.r.l.
Via Vittorio Emanuele II, 126
Catania
Contatti: ilgarufi@libero. It
Mobile: 393.4808985