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a.a. 2011-2012 Corso di Storia contemporanea B Lo Stato italiano. Monarchia fascista e Repubblica

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Page 1: Lo Stato italiano. Monarchia fascista e Repubblica Lezione1 Statuto e...Statuto albertino. Istituti di diritto costituzionale qualificanti Istituti della rappresentanza politica recepiti

a.a. 2011-2012

Corso di Storia contemporanea B

Lo Stato italiano. Monarchia fascista e Repubblica

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1

La Monarchia costituzionale

Lo Statuto

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Cronologia

Concessione di Statuti

a. Ferdinando II re delle Due Sicilie compie il salto

e concede uno Statuto [29/1/1848]

b. fanno altrettanto:

- Carlo Alberto re di Sardegna [impegno con - Carlo Alberto re di Sardegna [impegno con

Proclama 8 febbraio 1848; Carta 4 marzo]

- Leopoldo II granduca di Toscana [17 febbraio]

- Pio IX papa[14 marzo].

Soltanto lo Statuto albertino resterà in vigore dopo il

1848, mentre gli altri saranno abrogati dopo la

repressione dei moti rivoluzionari

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Le premesse dello Statuto albertino

- Modelli costituzionali stranieri: Carte octroyée francesi del 1814 e del 1830; costituzione belga 1831; costituzionalismo britannico;

- Redazione dello Statuto: Consiglio di conferenza [ministri e segretari di Stato]conferenza [ministri e segretari di Stato]

- Influsso di Cavour dall’esterno, tramite stampa e reti relazionali

- Re viene molto sollecitato in quella direzione, supera le proprie resistenze per fare fronte all’emergenza (prospettiva di sollevazioni popolari).

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Una costituzione octroyée

Ministro degli interni Borrelli:

“Il faut la donner, non se la laisser imposer; “Il faut la donner, non se la laisser imposer;

dicter les conditions, non les recevoir”;

“Les événements récents avaient changé la

face des choses, en ouvrant la voie à un nouvel

ordre d’institutions”.

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Carlo Alberto, re di Sardegna

Carlo Alberto firma lo Statuto

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Testo dello Statuto albertino. Struttura

- Preambolo

- Articoli 1-23: Forma di governo e architettura costituzionale

[organi costituzionali]

- Articoli 24-32: Diritti e doveri dei cittadini- Articoli 24-32: Diritti e doveri dei cittadini

- Articoli 33-38: Camera Alta [Senato]

- Articoli 39-47: Camera Bassa, elettiva [C.d. Deputati]

- Articoli 48-64: Disposizioni comuni alle 2 Camere

- Articoli 65-67: Ministri

- Articoli 68-73: Ordine giudiziario

- Articoli 71-81: Disposizioni generali

- Articoli 82-84: Disposizioni transitorie

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Statuto albertino. Istituti di diritto costituzionale qualificanti

Forma di governo: monarchia costituzionale e

rappresentativa;

Istituti dello Stato costituzionale: la costituzione come Istituti dello Stato costituzionale: la costituzione come

testo scritto che dichiara la forma di governo, definisce i

supremi organi dello Stato, riconosce ed elenca diritti e

doveri dei cittadini; concepita come legge fondamentale,

perpetua e irrevocabile, contenente norma abrogativa

delle leggi contrarie.

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Statuto albertino. Istituti di diritto costituzionale qualificanti

Istituti dello Stato di diritto recepiti dallo Statuto:

- giuridicizzazione (costituzionalizzazione) dei diritti soggettivi deicittadini;

-uguaglianza giuridica;

- sovraordinazione della costituzione;

- separazione e bilanciamento dei poteri;- separazione e bilanciamento dei poteri;

- inamovibilità dei giudici;

-precostituzione del giudice (giudice naturale);

- partecipazione della rappresentanza dei cittadini alla formazionedelle leggi;

- riserve di legge per oggetti e materie attinenti ai diritti;

- principio di legalità degli atti amministrativi e giudiziari;

- giustiziabilità degli atti amministrativi;

- responsabilità giuridica dei ministri (messa in stato d’accusa).

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Statuto albertino. Istituti di diritto costituzionale qualificanti

Istituti della rappresentanza politica recepiti dallo Statuto:

-Costituzione di una Camera dei rappresentanti elettiva;

- suffragio individuale per l’elezione dei rappresentanti;

- divieto di mandato imperativo;- divieto di mandato imperativo;

- obbligo di convocazione delle Camere da parte del re;

- limiti al potere di scioglimento della Camera da parte del re;

- preminenza della Camera elettiva nella trattazione della materia finanziaria;

- approvazione parlamentare necessaria nel procedimento legislativo;

- elementi di immunità parlamentare.

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Statuto albertino: poteri e salvaguardie del re

- Sacralità e inviolabilità;

- irresponsabilità;

- titolarità e esclusivo esercizio del potere esecutivo;

- nomina dei giudici;- nomina dei giudici;

- potere di grazia;

- partecipazione all’esercizio del potere legislativo (nomina dei senatori; convocazione, scioglimento e proroga delle Camere; iniziativa legislativa; sanzione delle leggi);

- promulgazione delle leggi;

- competenza esclusiva sugli atti di politica estera e militare.

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Statuto albertino: presidi costituzionali

- Impegno del re al rispetto e alla conservazione dello Statuto;Statuto;

- giuramento allo Statuto contestuale alla intronizzazione;

- inamovibilità dei giudici;

- partecipazione della Camera elettiva alla formazione delle leggi.

La carta non prevede altri presidi

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Vigenza dello Statuto

Lo Statuto albertino vige formalmente fino al decreto luogotenenziale 25 giugno 1944

n. 151, che sancisce la convocazione n. 151, che sancisce la convocazione Assemblea costituente; il decreto 151 è considerato dalla storiografia come una

“costituzione provvisoria”, che sostituisce lo Statuto

[F. Bonini, Lezioni di storia delle istituzioni

politiche, Torino, Giappichelli, 2002, p. 106]

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2

La Monarchia costituzionale

L’applicazione dello Statuto nello

Stato liberale(1848-1922)

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Cronologia del “decennio di preparazione”

1848, 4 marzo – Carlo Alberto promulga lo Statuto

1848, 17 marzo – Legge elettorale

1848, 27 aprile – Prime elezioni. Cavour deputato con le elezioni suppletive del 26/6)

1849, 23 marzo – Abdicazione di Carlo Alberto; sale al trono il figlio Vittorio Emanuele II e giura fedeltà allo Statutoil figlio Vittorio Emanuele II e giura fedeltà allo Statuto

1850-1852 – Cavour ministro dell’agricoltura, del commercio, poi anche delle finanze, del governo guidato da Massimo d’Azeglio

1852-1855 – Primo governo Cavour

1855-1859 – Secondo governo Cavour

1860-1861 – terzo governo Cavour

1861, 6 giugno – Cavour muore.

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Il Regno d’Italia: il territorio

1849-1859: “decennio di preparazione”

1859: Seconda guerra d’indipendenza e annessione della Lombardia, plebisciti di Emilia e Toscana;

1860: ratifica annessioni Emilia e Toscana; plebisciti e annessioni del regno di Napoli, Umbria e Marche;

1861, 17 marzo: legge con cui il re di Sardegna assume il 1861, 17 marzo: legge con cui il re di Sardegna assume il titolo di re d’Italia; la capitale resta a Torino

1865: Firenze capitale

1866: annessione di Veneto, Friuli e Mantovano (III g. ind)

1870: occupazione del Lazio e di Roma;

1871: Roma capitale

1919: acquisizione del Trentino-Alto Adige e di Trieste (Trattato di Saint-Germain)

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Formazione dello stato italiano

Vittorio Emanuele Orlando (giurista):

“L’odierno Stato italiano, quantunque nel fatto sorto da un procedimento rivoluzionario, tuttavia formalmente esso vennesicostituendo per mezzo dell’allargamento successivo di un piccolo stato, il quale aveva davvero una vita secolare … Con grande senno politico questa continuità dello stato, sia pure formale, dappoiché altrimenti questa continuità dello stato, sia pure formale, dappoiché altrimenti non poteva conseguirsi, venne gelosamente curata, non mutandosi nel nome dei Re il numero relativo alla serie dei suoi precedecessori”.

[Bonini, Lezioni, p. 116]

NB: anche il numero delle legislature non si interrompe, ma continua dalla prima del 1848

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17 marzo 1861:

Legge 4671 del Regno di Sardegna

“Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e

promulghiamo quanto segue:

Articolo unico:Articolo unico:

Il re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di re d’Italia. Ordiniamo che la

presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli Atti di Governo, mandando a chiunque spetti si osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo

1861”.

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Leggi di unificazione amministrativa

A. Stato di emergenza: dopo l’annessione della Lombardia, nel 1859, si procede all’emanazione di una serie di norme per l’organizzazione politica e amministrativa del Regno dell’Alta Italia. Non è il Parlamento a legiferare, ma il governo [ministero Lamarmora-Rattazzi] a procedere con una serie di decreti-legge, giustificati dallo stato di guerra prima e poi dall’emergenza in cui il Regno si trova [legge sarda 25 aprile 1859, che investe il governo «di tutti i poteri legislativi ed esecutivi per il caso di guerra all’Austria»].

B. I decreti legge di unificazione amministrativa riguardano:

a. Ordinamenti amministrativi periferici e locali;a. Ordinamenti amministrativi periferici e locali;

b. Magistratura;

c. Organizzazione amministrazione centrale;

d. Pubblica Sicurezza;

e. Pubblica istruzione [legge Casati];

f. Opere Pie;

g. Sanità;

h. Processo penale;

i. Processo civile;

l. Elezioni;

m. Contenzioso amministrativo.

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L’allargamento della rappresentanza

leggi elettorali:

- 1848- 1848

- 1882

- 1912

- 1919

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1848: legge elettorale del Regno di Sardegna

Il Regno d’Italia adotta il regio editto del re di Sardegna, 17 marzo 1848 n. 680, che configura un sistema maggioritario uninominale a doppio turno con ballottaggio / il voto è attribuito in ragione del genere, dell’età (25 anni), dell’alfabetizzazione, del censo (almeno 40 lire annue di imposta) e della capacità(ufficiali dell’esercito comunque ammessi) →(ufficiali dell’esercito comunque ammessi) →

Nel 1848 godevano dei diritti politici 77.366 maschi almeno 25enni, su 1 milione circa di cittadini maggiorenni, cioè aventi almeno 21 anni [7,7%]. E’ elettore 1 abitante su 62 [circa 2,2% popolazione complessiva]

[testo in: http://www.dircost.unito.it/root_subalp/docs/1848/1848-680.htm ]

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1861: aumento del numero dei Collegi elettorali

Con l’unificazione i Collegi elettorali vengono Con l’unificazione i Collegi elettorali vengono portati da 204 a 443 e poi a 508, a motivo dell’ingrandimento territoriale del Regno

Può votare l’1,9% della popolazione del nuovo Stato italiano

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1882: prima riforma elettorale

Testo Unico 24/09/1882 (governo Depretis)

Allargamento del suffragio:

a) Abbassamento della soglia d’età a 21 anni;

b) Inclusione di nuove categorie capacitarie:

- tutti coloro che abbiano assolto l’obbligo scolastico;

- tutti i contribuenti per almeno 19,80 lire annue;

- gli appartenenti a ulteriori categorie di professione e merito patriottico;- gli appartenenti a ulteriori categorie di professione e merito patriottico;

- tutti coloro che manifestino la volontà di essere iscritti alle liste elettorali con una domanda autografa certificata da notaio.

c) integrazione di una quota plurinominale per una parte minoritaria dei collegi (più eletti nello stesso collegio, con abbassamento del quorum

necessario).

→ L’elettorato sale al 25% della popolazione maschile maggiorenne (2 milioni di uomini) e al 6,6% della popolazione complessiva

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1912: seconda riforma elettorale

Legge 30/06/1912, n. 665 (governo Giolitti)

Elimina il requisito di censo;

Mantiene un’unica categoria capacitaria: l’alfabetizzazione, attestata dall’assolvimento dell’obbligo scolastico.

Allargamento del suffragio:Allargamento del suffragio:

a) a tutti i maschi maggiori di 30 anni;

b) ai maschi maggiori di 21 anni che abbiano assolto l’obbligo scolastico.

Con questa riforma ha diritto al voto, alle elezioni politiche del 1913, il 23,2% della popolazione italiana.

Si parla di suffragio maschile quasi universale.

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1918-1919: terza riforma elettorale

Testo Unico 02/09/1919, n. 1495 (governo Orlando)

Elimina il requisito di scolarizzazione;

Prevede un’unica categoria di merito patriottico: gli ex soldati mobilitati per la guerra.

Hanno diritto di voto tutti i maschi di almeno 21 anni e tutti gli ex mobilitati.

→ la riforma realizza il suffragio universale maschile; gli eleCori superano gli 11 milioni (27% della popolazione)

Le donne restano escluse, sebbene un progetto di legge per riconoscere loro il diritto di voto sia stato approvato dalla Camera (caduto per scioglimento)

Riforma dei collegi elettorali (54) e ADOZIONE DEL SISTEMA DEL COLLEGIO PLURINOMINALE. In ciascun collegio si eleggono da 5 a 20 deputati.

Si instaura dunque un SISTEMA PROPORZIONALE, con liste, voto di preferenza, e metodo d’Hondt per l’assegnazione dei voti.

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1921: aumento dei seggi

In virtù dell’ingrandimento territoriale derivato

dall’acquisizione del Trentino, dell’alto Adige e di

Trieste i seggi sono portati a 535.Trieste i seggi sono portati a 535.

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Conclusioni sulle norme per il suffragio politico

Il sistema elettorale del Regno d’Italia riflette dapprima una concezione censitaria della capacità politica, tipica dello Stato monoclasse quale era quello Italiano dei decenni centrali dell’Ottocento;

Il suffragio molto ristretto affidava le decisioni Il suffragio molto ristretto affidava le decisioni politiche a rappresentanti dotati di una base elettorale e quindi di una rappresentatività debole.

Prima del 1880 un collegio contava poco meno di 1000 elettori: questa era la base elettorale potenziale di un deputato, il quale poteva essere eletto al primo turno con 330 voti circa.

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Conclusioni sulle norme per il suffragio politico

Nell’ultimo quarto del secolo si registrano

profonde trasformazioni nella società italiana, per

il consolidamento dell’economia industriale-

capitalistica; le classi lavoratrici fanno sentire

sempre più il loro peso;sempre più il loro peso;

→ il suffragio viene allargato con tre successivi

interventi di riforma. Questa trasformazione segna

il passaggio allo Stato pluriclasse.

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Conclusioni sulle norme per il suffragio politico

L’espansione del diritto di voto incide profondamente sui raggruppamenti politici.

A partire dagli anni Novanta i gruppi liberali sono affiancati dai nascenti partiti di massa, di ispirazione socialista e poi, dal primo dopoguerra, cattolica.socialista e poi, dal primo dopoguerra, cattolica.

I partiti di massa spingono per ulteriori assunzioni di responsabilità da parte dello Stato: chiedono allo Stato di farsi carico dei problemi sociali, aumentando la spesa e di conseguenza anche la pressione fiscale.

Questo processo a sua volta tende a espandere i compiti dell’amministrazione pubblica e a rafforzarne il ruolo.

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Limiti del sistema rappresentativo italiano in età

liberale (Martucci)

- l’allargamento del suffragio è lento: questo ritarda l’integrazione dei ceti medi e delle fasce lavoratrici nella vita dello Stato;

- Assenteismo elettorale elevato (circa 40%)

- le elezioni sono pesantemente orientate dai prefetti e dai questori nelle rispettive province: essi esercitano pressioni sull’elettorato a favore del candidato pressioni sull’elettorato a favore del candidato filogovernativo;

- l’assenteismo parlamentare è elevato;

- il re fa un uso eccessivo della proroga delle sessioni parlamentari;

- dalla fine dell’Ottocento si sviluppano tendenze anti-parlamentari che indeboliscono il sistema rappresentativo agli occhi dell’opinione pubblica.

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Assenteismo elettorale nell’età liberale (Bonini, Lezioni di storia delle istituzioni politiche, p. 133)

Elezioni politiche 1880: vota il 59% degli aventi

dirittodiritto

Elezioni politiche 1882: vota il 60,7%

NB pesa l’astensionismo dei cattolici

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Assenteismo parlamentare nell’età liberale (Martucci)

§ Era assente dalle sedute della Camera almeno 1/5 dei deputati,

ma spesso le assenze arrivavano ai 3/5.

§ Anche in occasione del voto su importanti progetti di legge gli

assenti risultano essere molti:

- trasferimento capitale a Roma (1870) assenti 211/508

- legge Coppino sull’istruzione elementare obbligatoria (1877): - legge Coppino sull’istruzione elementare obbligatoria (1877):

assenti 280/508;

- riforma legge elettorale(1881): assenti 190/508.

Secondo Martucci l’assenteismo incideva tanto perché il numero dei seggi

era sovradimensionato appositamente per consentire ai deputati di

non presenziare. Tuttavia esso dava argomenti a quanti criticavano il

sistema rappresentativo e l’operato dei legislatori.

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La proroga delle sessioni della Camera nell’età liberale (Martucci, Storia costituzionale, p. 82)

La proroga è prevista dall’articolo 9 dello Statuto e consiste nel differimento dei lavori della Camera dei deputati. Spesso storicamente un periodo di proroga si è concluso con un decreto di scioglimento anticipato.

Martucci propone questi dati sul periodo che intercorre fra l’inizio dell’VIII legislatura (18/02/1861) alla chiusura della XXVI(10/12/1923), per un totale di 62 anni:dell’VIII legislatura (18/02/1861) alla chiusura della XXVI(10/12/1923), per un totale di 62 anni:

62 anni: durata complessiva;

22 anni: somma dei periodi di lavoro della Camera;

40 anni: somma dei periodi di proroga e di vacanza

Decennio di leadership Giolitti: 4 anni di lavori e 7 di vacanza

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La proroga delle sessioni della Camera nell’età liberale (Martucci, Storia costituzionale, p. 101)

XVI legislatura (1886-1890 / governi De Pretis X-De Pretis XI-

Crispi I-Crispi II)

Sessione 1: 10/6/86 – 4/9/87 proroga; 15 mesi; camera 145

sedute (10/mese)

Sessione 2: 16/11/87 – 4/1/89 proroga; 13,5 mesi; camera 216

sedute (16/mese)

Sessione 3: 28/1/89 – 20/7/89 proroga; 6 mesi; Camera 112

sedute (18/mese)

Sessione 4: 25/11/89 – 3/8/90 scioglimento; 8 mesi; Camera

158 sedute (19/mese)

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Legislature e potere di scioglimentoDurata prevista dallo Statuto: 5 anni (Martucci, Storia costituzionale, p. 100)

26 legislature e non 13 secondo la cadenza quinquennale prevista dallo Statuto

VIII 1861/65 - 4 anni

IX 1865/67 - 2 anni e mezzo

X 1867-70 - 3 anni e mezzo

XI 1870/74 - 4 anni

XII 1874-76 - 2 anni

XIII 1876-80 - 3 anni e mezzo

XIV 1880-82 - 2 anni e mezzoXIV 1880-82 - 2 anni e mezzo

XV 1882-86 - 3 anni e mezzo

XVI 1886-90 - 4 anni

XVII 1890-92 - 2 anni

XVIII 1892-1895 - 2 anni

XIX 1895-97 - 2 anni

XX 1897-1900 - 3 anni

XXI 1900-1904 - 4 anni

XXII 1904-1909 - 4 anni e 3 mesi [sessione unica]

XXIII 1909-1913 - 4 anni e mezzo [sessione unica]

XXIV 1913-1919 - 6 anni [sessione unica]

XXV 1919-1921 - 1 anno e mezzo [sessione unica]

XXVI 1921-1923 - 2 anni e mezzo [sessione unica]

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Il potere esecutivo: la debolezza

dei ministri (Rebuffa, Martucci)

La mancata articolazione in un Consiglio dei ministri

L’assenza di una presidenza solidamente legittimata della compagine ministerialedella compagine ministeriale

Il rapporto debole e instabile del “primo ministro” con il Parlamento, per l’assenza di dispositivi istituzionali di collegamento

I ministri “ostaggio” del re;

→ FREQUENTI CRISI DI GOVERNO

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Periodizzazione politica dell’età liberale

1861-1876 DESTRA AL GOVERNO /

Primi ministri: Ricasoli, Rattazzi, Farini, Minghetti, La Marmora ; Menabrea; Lanza /

Politiche: Ordinamenti di unificazione amministrativa; pareggio del bilancio

Crisi: perde appoggio del sud: la destra non sembra in grado di farsi carico della “questione meridionale; questione statizzazione ferrovie

1876 – 1896 SINISTRA AL GOVERNOconsacrati 1876 – 1896 SINISTRA AL GOVERNO

Primi ministri: De Pretis (11 governi); Cairoli; Crispi (6 governi); Giolitti

Politiche: riformismo per allargare base sociale del consenso e modernizzare il paese; difesa principi di laicità e lotta al clericalismo; istruzione elementare obbligatoria; legge sulle Opere pie; decentramento amministrativo; diminuzione e redistribuzione carico fiscale; sostegno al Mezzogiorno (abolizione tassa macinato 1879); libertà associazionismo operaio; Codice penale Zanardelli; rafforzamento strumenti repressivi per ordine pubblico [stato d’assedio]; politica estera: avvicinamento alle potenze germaniche e espansionismo coloniale (Eritrea)

Crisi: sconfitta nella guerra italo-etiopica

1896-1900 CRISI DI FINE SECOLO

consacrati

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Tendenze autoritarie di fine secoloTendenze autoritarie di fine secolo

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Periodizzazione politica dell’età liberale

1896-1900 CRISI DI FINE SECOLO

Primi ministri: Giolitti, Di Rudinì, Pelloux, Saracco

Operato: depressione economica, crescente

conflittualità sociale, problemi di ordine pubblico;

spinte anti-parlamentari e autoritarie provenienti

dall’esercito e dalla corte, dall’industria, dagli agrari dall’esercito e dalla corte, dall’industria, dagli agrari

meridionali, da settori della piccola borghesia; atti

violentemente repressivi (Bava Beccaris a Milano, 6-9

maggio 1898); progetti di legge per ridurre libertà di

stampa; crisi della monarchia con l’assassinio di

Umberto I (1878-1900, 27 luglio)

Crisi: la linea repressiva non risulta adeguata a

superare la crisi politica, sociale ed economica.

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Periodizzazione politica dell’età liberale.

L’ETA’ GIOLITTIANA

1900-1914 Primi ministri: Zanardelli, Giolitti (6 governi), Tittoni, Fortis, Sonnino, Luzzatti

Politiche:

abbandoni della strategia repressiva e adozione di una strategia di inclusione; tentativo di integrazione del movimento sindacale; integrazione dei cattolici; suffragio quasi universale maschile

espansione economica fino a 1907: boom dell’industria meccanica; intervento dello stato nella amministrazione delle infrastrutture intervento dello stato nella amministrazione delle infrastrutture (statizzazioni, municipalizzazioni) e controllo sugli istituti di credito; protezionismo

ripresa espansionismo coloniale e conquista della Libia

rapporti governo e parlamento: impegno a rafforzare il partito di maggioranza, utilizzo massiccio di pressioni in contesto elettorale; utilizzo della crisi di governo come strumento di pressione sul parlamento

rafforzamento dell’autonomia della magistratura (istituzione CSM).

Crisi: contrasti con la monarchia sull’intervento in guerra; ingresso dell’Italia nel conflitto