l'ingegneria -...

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I COMPONENTI BIOLOGICI sono gli elementi di partenza di un approccio alle biotecnologie modellato sull'esempio dell'ingegneria elettronica. 1111 L'INGEGNERIA DELLA VITA come costruire una fabbrica biologica a cura del Bio Fab Group David Baker, George Church, Jim Collins, Drew Endy, Joseph Jacobson, Jay Keasling, Paul Modrich, Christina Smolke e Ron Weiss Dai successi dell'ingegneria si possono apprendere principi e pratiche per trasformare le biotecnologie da una professione specializzata in un'industria matura E nche se l'espressione «ingegneria genetica» si usa almeno da trent'anni e le tecniche del DNA ricombinante sono ormai un cardine della ricerca moderna, in realtà l'ingegneria ha ben poco in comune con il lavoro che i biotecnologi fanno di nor- ma sulla materia vivente. Uno dei motivi è che gli strumenti disponibili per le costruzioni costituite da «componenti» biologici devo- no ancora raggiungere un livello di standardizzazione e di funzionalità paragonabile a quello di altri settori dell'ingegneria. Un altro motivo ha a che fare con i metodi e la mentalità propri della biologia, che però possono anch'essi essere profondamente influenzati dalla tecnologia. L'ingegneria elettronica, per esempio, ha subito una profonda trasformazione a partire dal 1957, quando Jean Hoer- ni e Robert N. Noyce della Fairchild Semiconductors, una piccola azienda con sede in quella che in seguito sarebbe diventata la Silicon Valley, inventarono la cosiddetta «tecnologia planare». Si trattava di un sistema grazie a cui i metalli e le sostanze chimiche poteva- no essere disposti in strati sottili e incisi all'interno di un wafer di silicio usando calchi chiamati fotomaschere. Questo nuovo approc- cio consentì agli ingegneri di produrre circuiti integrati in modo costante e pulito e di creare una grande varietà di tipologie di circuiti semplicemente modificando lo schema della maschera. Presto gli ingegneri poterono attingere a circuiti elementari già creati da altri per combinarli tra loro a formare circuiti complessi con uno spettro di applicazioni sempre più vasto. www.lescienze.it LE SCIENZE 69

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I COMPONENTI BIOLOGICI sono

gli elementi di partenza di un

approccio alle biotecnologie

modellato sull'esempio

dell'ingegneria elettronica.

1111L'INGEGNERIADELLA VITAcome costruire una fabbrica biologica

a cura del Bio Fab GroupDavid Baker, George Church, Jim Collins,

Drew Endy, Joseph Jacobson, Jay Keasling,

Paul Modrich, Christina Smolke e Ron Weiss

Dai successi dell'ingegneria

si possono apprendere principi

e pratiche per trasformare

le biotecnologie

da una professione specializzata

in un'industria matura

E

nche se l'espressione «ingegneria genetica» si usa almeno da trent'anni e le tecniche del DNA ricombinante

sono ormai un cardine della ricerca moderna, in realtà l'ingegneria ha ben poco in comune con il lavoro che i biotecnologi fanno di nor-

ma sulla materia vivente. Uno dei motivi è che gli strumenti disponibili per le costruzioni costituite da «componenti» biologici devo-

no ancora raggiungere un livello di standardizzazione e di funzionalità paragonabile a quello di altri settori dell'ingegneria. Un altro

motivo ha a che fare con i metodi e la mentalità propri della biologia, che però possono anch'essi essere profondamente influenzati

dalla tecnologia. L'ingegneria elettronica, per esempio, ha subito una profonda trasformazione a partire dal 1957, quando Jean Hoer-

ni e Robert N. Noyce della Fairchild Semiconductors, una piccola azienda con sede in quella che in seguito sarebbe diventata la Silicon

Valley, inventarono la cosiddetta «tecnologia planare». Si trattava di un sistema grazie a cui i metalli e le sostanze chimiche poteva-

no essere disposti in strati sottili e incisi all'interno di un wafer di silicio usando calchi chiamati fotomaschere. Questo nuovo approc-

cio consentì agli ingegneri di produrre circuiti integrati in modo costante e pulito e di creare una grande varietà di tipologie di circuiti

semplicemente modificando lo schema della maschera. Presto gli ingegneri poterono attingere a circuiti elementari già creati da altri

per combinarli tra loro a formare circuiti complessi con uno spettro di applicazioni sempre più vasto.

www.lescienze.it

LE SCIENZE 69

I batteri programmati si dispongono secondo uno schema

ad anello in risposta a segnali prodotti da colonie di cellule

«emittenti» che appaiono rosse [a sinistra), gialle (al centro] orosa (a destra]. «Prati» di cellule «riceventi» ingegnerizzate di

Escherichia coli riconoscono le sostanze prodotte dalle cellule

emittenti poste in mezzo a loro. I batteri riceventi producono

proteine fluorescenti dai colori diversi a seconda della distanza,

rilevata con la concentrazione della sostanza emessa.

Si possono creare schemi sempre più complessi modificando

la posizione iniziale delle colonie emittenti. Questo esempio

di sistema multicellulare complesso può essere usato per

comprendere i meccanismi di segnalazione intercellulare,

per esempio durante lo sviluppo di un organismo. La stessa

tecnologia può essere applicata ai sensori, alla produzione

artificiale di tessuti su tre dimensioni e alla biofabbricazione di

materiali da parte di organismi programmati.

Prima di allora costruire un circuito elettronico significavadover collegare uno per uno i transistor da cui era composto. Eraun processo artigianale, dai risultati incerti, un vero e propriocollo di bottiglia per la neonata industria elettronica. La tecnolo-gia planare, invece, ha continuato a svilupparsi permettendo aiprogressi tecnologici di procedere alla sorprendente velocità de-scritta dalla famosa legge di Moore.

Questa combinazione di fattori tecnologici e metodologici nelprogettare e fabbricare i circuiti integrati a semiconduttori - lacosiddetta chip fab - costituisce per l'ingegneria uno dei para-digmi di maggior successo di tutti i tempi, ed è un valido model-lo anche per un altro settore tecnologico nascente: la produzio-ne di sistemi biologici.

Gli ingegneri genetici di oggi sono ancora nella fase in cuicollegano a mano i componenti dei circuiti. Come ha osservatoTom Knight del laboratorio di intelligenza artificiale del Massa-chusetts Institute of Technology: «La mancanza di standard nelletecniche di assemblaggio del DNA fa sì che ciascuna reazione diassemblaggio sia allo stesso tempo uno strumento sperimentaleper la ricerca in corso, ma anche un esperimento di per sé».

Uniformando i metodi e i componenti dell'ingegneria biologi-ca si potranno creare archivi di elementi progettati ad hoc com-patibili tra loro e si potranno fabbricare i propri prodotti delegan-

Elementi di qualità

Se i transistor sono i componenti di base dei circuiti elettro-nici, i loro equivalenti biologici sono i geni: lunghi filamenti diDNA accuratamente ordinati. Per costruire circuiti genetici perdispositivi biologici avanzati, quindi, occorre sintetizzare lun-ghe sequenze di DNA in modo veloce e affidabile, e a un prez-zo ragionevole.

Vent'anni fa Marvin 11. Caruthers dell'Università del Colora-do a Boulder, basandosi su studi precedenti, elaborò un sistemaper sintetizzare singoli filamenti di DNA sfruttandone le proprie-tà chimiche naturali. Il DNA è composto da nucleotidi che si di-stinguono l'uno dall'altro per il tipo di subunità, detta base, checontengono: adenina (A), citosina (C), guanina (G) e timina (T). Inbase alle loro affinità, le basi si accoppiano - A con T e C con G -a formare i pioli di quella molecola a forma di scala a chiocciolache è il DNA. I vari gruppi chimici creano i legami sia tra le basiaccoppiate sia tra i nucleotidi adiacenti di ciascun filamento.

11 metodo di Caruthers, noto come metodo delle fosforamidi-ti in fase solida, è tuttora alla base di moltissime tecniche di sin-tesi commerciali. Si parte con un singolo nucleotide ancorato aun supporto solido, come una sferetta di polistirolo, sospeso inun liquido. Quando è esposta a un acido, la base del nucleoti-

La bioingegneria è un modo di eio logiche esistenti

do all'esterno la produzione dei componenti. Se il momento dellaprogettazione fosse separato da quello della produzione, gli inge-gneri biologici sarebbero liberi di immaginare dispositivi semprepiù complessi, e per gestire la complessità potrebbero usare i po-tenti strumenti tipici dell'ingegneria, per esempio il computer de-sign. Per questo alcuni membri del nostro gruppo hanno iniziatoa individuare e sviluppare le strumentazioni e le tecniche che po-trebbero diventare le basi di una «biofabbrica», e a promuovere lanascita di una comunità di scienziati che applichino alla biotec-nologia i migliori principi e le migliori pratiche dell'ingegneria.

I sintesi!' ri nvrt

• Il metodo di fabbricazione dei circuiti a semiconduttori è

frutto dell'incontro tra una tecnica flessibile e affidabile,

metodi standardizzati e librerie di componenti a cui i

progettisti possono attingere.

• Grazie a questo sistema gli ingegneri hanno potuto creare

dispositivi elettronici straordinariamente complessi e

potenti, con vaste applicazioni.

• Un approccio simile darebbe agli ingegneri biologici la

possibilità di concepire e costruire sofisticati dispositivi

costituiti da componenti biologici.

• Alcune tecnologie e tecniche per la biofabbricazione sono

state sviluppate e sono già in uso. Ora si cerca di affrontare la

questione della sicurezza e di portare i biologi ad assumere

una mentalità da ingegneri.

70 LE SCIENZE

e a come costruirne di nuovede ancorato diventa pronta per formare un legame chimico conun altro nucleotide presente in soluzione. Anche questo secon-do nucleotide viene esposto a un acido, legandone così un ter-zo e allungando la catena nascente. La ripetizione di questo ci-clo consente di sintetizzare qualunque tipo di sequenza con unafrequenza di errore di circa una base su 100.

Spesso però gli ingegneri genetici hanno l'esigenza di produr-re strutture molto più lunghe di 100 basi. Un complesso genicopuò contare diverse migliaia di basi, mentre il genoma di un or-ganismo anche molto piccolo, come un batterio, arriva a diversimilioni di basi. Molti ricercatori del nostro settore, desiderosi dimetodi di sintesi con rese più alte e frequenze di errore più basse,si sono quindi rivolti alla natura in cerca di aiuto.

Negli organismi viventi il macchinario biologico composto daenzimi come la polimerasi è in grado di costruire e riparare mo-lecole di DNA con una velocità che arriva a 500 basi al secon-do e una frequenza di errore di una base su un miliardo. Il chesignifica una produttività (cioè la resa divisa per la frequenzadi errore) tre miliardi di volte superiore rispetto ai migliori stru-menti esistenti per la sintesi del DNA, che inseriscono una baseogni 300 secondi. Inoltre la copia di un tratto di DNA molto lun-go, come il genoma di un batterio, è eseguita da diverse moleco-le di polimerasi che lavorano in parallelo, riuscendo a produrrecirca cinque milioni di basi in 20 minuti.

George Church, uno degli autori di questo articolo, ha pen-sato di emulare il lavoro in parallelo delle polimerasi, introdu-cendo alcune modifiche alla tecnologia dei microarray. Questiultimi sono supporti rigidi a cui sono ancorati i cosiddetti oligo-

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nucleotidi, molecole di DNA a filamento singolo della lunghezzadi 50-70 basi. Gli oligonucleotidi sono sintetizzati tutti contem-poraneamente sulla superficie del microarray usando il meto-do delle fosforamiditi, distribuiti secondo uno schema reticolarecon una densità che arriva fino a un milione di punti per centi-metro quadrato. Alla tecnologia tradizionale abbiamo aggiun-to l'uso del linker, cioè di una breve sequenza di DNA posta allabase dell'oligonucleotide che può essere tagliata, così da consen-tire il distacco dell'oligonucleotide dal microarray. Ciascun pun-to nel nostro microarray sperimentale è grande più o meno 30micrometri e contiene circa dieci milioni di molecole di DNA.

A questi filamenti abbiamo dato il nome di oligonucleotidi dacostruzione perché le loro sequenze parzialmente sovrapposteconsentono di assemblarli e costruire tratti di DNA più lunghi,per esempio un gene intero. Gli oligonucleotidi che contengo-no errori devono però essere eliminati. A questo scopo, abbiamoelaborato due diversi sistemi di correzione degli errori.

11 primo usa lo stesso metodo di sintesi del microarray per pro-durre gli oligonucleotidi da selezione, con sequenze complemen-tari agli oligonucleotidi da costruzione. Gli oligonucleotidi da se-lezione, una volta sintetizzati, sono rilasciati

I SALUTI DAI BATTERI brillano su questo congegno

che nel 2004 ha partecipato alla competizione

dell'iGEM ed è stato prodotto all'Università del Texas

ad Austin. Gli scienziati hanno incorporato in cellule

di Escherichia coli diverse componenti genetiche

che ricevono la luce e producono colore, in modo

da trasformare un biofilm in una pellicola biologica

che riproduce immagini impresse dalla luce sulla

sua superficie. In continuità con la tradizione della

programmazione informatica, il primo messaggio

prodotto dalla macchina è stato: «Hello World».

www.lescienzeit

dal supporto solido e fatti scorrere sulla superficie del microarraya cui sono legati gli oligonucleotidi da costruzione. Qui si ibride-ranno con gli oligonucleotidi complementari secondo le regoledell'appaiamento tra le basi, formando molecole di DNA a dop-pio filamento. A questo punto saremo in grado di identificare edeliminare le molecole di DNA da costruzione che, avendo erro-ri nella sequenza, non si sono ibridate o lo hanno fatto con errorigrossolani. Si noti che anche gli oligonucleotidi da selezione pos-sono contenere errori, visto che sono costruiti nello stesso mododegli oligonucleotidi da costruzione, ma la probabilità che unasequenza erronea in uno dei due gruppi trovi una complemen-tarità nell'altro è molto bassa. Quindi, usare un gruppo di oligo-nucleotidi come «correttore di bozze» per l'altro gruppo è un ap-proccio efficace, che ci consente di produrre oligonucleotidi conuna media di errori di una base ogni 1300.

I sistemi biologici hanno tutto l'interesse a riprodurre se stes-si in modo accurato, e in effetti il nostro secondo metodo di cor-rezione è preso in prestito dalla natura. Modrich, un altro degliautori, dieci anni fa ha studiato a fondo i dettagli del proces-so di correzione e lo ha chiamato «sistema MutS, L, H». Quando

l'ibridazione di due filamenti di DNA porta aun appaiamento imperfetto tra le basi A-T eG-C, nel punto del disappaiamento la mole-cola assume una forma diversa dalla classicadoppia elica. MutS è una proteina naturale chericonosce e lega queste imperfezioni e, in al-cuni casi, recluta MutL o MutH. Jacobson, unaltro membro del Bio Fab Group, insieme conPeter Carr del Massachusetts Institute of Tech-nology (MIT), ha usato questo sistema per rag-giungere frequenze di un errore ogni 10.000 ba-si di DNA sintetico: un'accuratezza sufficiente aprodurre piccoli complessi genici.

LE SCIENZE ?i

IL VANTAGGIO DELL'ASTRAZIONE

G

li ingegneri biologici possono fare tesoro della

standardizzazione che ha consentito agli ingegneri di

specializzarsi nel progettare o nel produrre circuiti integrati,

e grazie a ciò di gestire problemi complessi a vari livelli di

astrazione. Anche gli ingegneri di una biofabbrica potrebbero

gestire la complessità usando gerarchie di astrazione per

eliminare le informazioni non necessarie. Quindi un bioingegnere

che lavora a livello di sistemi interi deve preoccuparsi solo di

quali dispositivi includere e come collegarli tra loro per far sì che

svolgano la funzione desiderata, senza dover costruire da zero

ogni dispositivo. Allo stesso modo un progettista che disegna

dispositivi deve conoscere le funzioni e la compatibilità delle

singole parti che li compongono, mentre un ingegnere che usa i

componenti deve capire come lavora ogni singola parte, ma non

ha alcuna necessità di sapere come si sintetizza

il DNA che le compone.

LA GERARCHIA DELL'ASTRAZIONE

SistemiCombinazioni di dispositivi biologici che eseguono funzioni codificatedall'uomo. Un sistema di tre invertitori, per esempio, può funzionare daoscillatore.

L „AI. "111h-

Systems

fl

\

DispositiviCombinazioni di componenti che eseguono compiti distinti tra loro. Uninvertitore può ricevere un segnale di ingresso, per esempio «ALTO», econvertirlo nel segnale opposto, «BASSO». Un segnale portante standarde condiviso, polimerasi per secondo (PoPS), fa in modo che i dispositivi

possano essere collegati a formare un sistema.

ComponentiIl materiale genetico che codifica le funzioni biologiche. Un operatore ditrascrizione, per esempio #R0051, è un segmento di DNA che lavora conuna proteina che lega il DNA (in questo caso #C0051) per regolare l'attivitàgenica. I componenti standard, muniti di specifiche chiare, possono esserecombinati tra loro a formare dispositivi di tipo diverso.

DNALe sequenze che compongono i componenti genetici. Possono esseredeterminate dai progettisti di componenti, prodotte al di fuori della

biofabbrica e poi acquisite. Le tecnologie di sintesi veloce con un basso tassodi errore rendono rapida e affidabile la fabbricazione personalizzata di DNA.

Part #: R0051Type: Transcription OperatorFamily: Protein:DNAActivity: 0-2 PoPSRequires: C0051Celi Types: EnterobLicense: Public

acteria

1.1.11111—""al"

aacaccgtgcgtgtttggaacttOatRttptaEcRctFt:gRcilli

t

ggatggttg cca

Oscillator

piare la serie completa di geni che porta alla produzione di ar-temisina nella pianta, e a inserirla nel lievito per produrla ingrandi quantità.

Una volta introdotta nel lievito, la serie dei geni può ancheessere modificata per fare in modo che lavori con più efficien-za rispetto alla pianta nativa. Per ora siamo riusciti a ridisegnarealcuni importanti sottoinsiemi di geni, noti come «via del meva-lonato», per produrre un precursore dell'artemisina con un ren-dimento 100.000 volte superiore rispetto a quello che il processonaturale produce nei batteri. Per un ulteriore incremento dell'ef-ficienza, che arrivi a rendere la cura disponibile su vasta scala,sarà necessario riprogettare l'intero percorso genico dell'artemi-sina con un approccio integrato.

11 sistema completo consiste di nove geni della lunghezza me-dia di circa 1500 basi ciascuno. Qualunque nuova versione, quin-di, conterrà approssimativamente 13.000 basi. Sarebbe inoltreutile poter costruire più di una variante per ogni singolo gene perprovare diverse combinazioni e vedere quale funziona meglio.La sintesi di due sole varianti per ogni gene porta a 512 sequen-ze, per un totale di circa sei milioni di nucleotidi. Si tratterebbe diun obiettivo ambizioso se si usassero le tecniche ordinarie per lasintesi del DNA, ma ricorrendo alla tecnica del microarray è suf-ficiente una sintesi su un unico supporto.

La stessa tecnologia che rende possibile la sintesi di sistemi ge-nici su vasta scala può anche essere impiegata per la creazione dinuove proteine, per esempio nuovi catalizzatori per reazioni disintesi o per la riqualificazione ambientale oppure enzimi alta-mente specifici per la terapia genica o per la distruzione dei pato-geni. 11 gruppo di Baker sta sviluppando metodi computaziona-li per disegnare proprio le strutture di queste nuove proteine, duedelle quali mimano i tratti essenziali presenti sulla superficie delvirus HIV e sono già alla prova come potenziali vaccini.

11 problema è che i modelli informatici non sono abbastan-za avanzati da garantire che le proteine progettate abbiano dav-vero le funzionalità desiderate. I computer possono però gene-rare decine o centinaia di strutture candidate da mettere poi alla

Ma una biofabbrica è molto di più che una serie di tecnologiedi sintesi più veloci: è un nuovo modo di pensare ai macchina-ri biologici esistenti e a costruirne di nuovi, che prende in prestitosia il linguaggio sia i metodi dell'ingegneria.

mattoni biologici

Nel 2000 Michael Elowitz e Stanislas Leibler, allora alla Prin-ceton University, come anche Collins (uno degli autori) e i suoicolleghi Tim Gardner e Charles Cantor dell'Università di Boston,hanno costruito i primi elementi di base - un oscillatore ad anel-lo e un interruttore a leva - per un circuito costituito da compo-nenti biologici. Gli scienziati sapevano da almeno 25 anni che gliorganismi usano circuiti di questo tipo per regolare i propri ge-ni, ma questi due gruppi sono stati primi a produrre con successo«circuiti biologici artificiali» funzionanti.

11 significato di questo termine è illustrato molto bene dal-l'oscillatore ad anello di Elowitz e Leibler, che inizialmente fuprodotto nel tentativo di costruire un orologio biologico sinteticoche aiutasse a capire meglio gli orologi naturali usati dai sistemibiologici. 11 circuito di base consisteva in un anello di DNA, chia-mato plasmide, contenente tre geni: tetR, lad, e X a che codifi-cano rispettivamente per le proteine TetR, LacI, e X cI. Ogni vol-ta che un gene è tradotto in proteina, l'enzima polimerasi si develegare a una regione del DNA, chiamata «promotore», situata amonte del gene stesso; solo allora la polimerasi può trascrivere ilgene in RNA messaggero, che è poi tradotto in proteina. Se la po-limerasi non riesce a legarsi al promotore, il gene non viene tra-dotto e la proteina non viene prodotta.

11 sistema di Elowitz e Leibler è stato messo a punto in modoche le proteine per cui codificavano i tre geni del circuito legas-sero l'uno il promotore dell'altro, selettivamente. Quindi la pro-teina LacI lega il promotore di tetR, mentre la proteina X cI legail promotore di lad e la proteina TetR lega il promotore del ge-ne X ci. Queste relazioni fanno in modo che la proteina prodottada un gene blocchi il legame della polimerasi a un altro gene. La

Una delle sfide del futuro sarà quella di portare sempreiù bioloei ; uu !li i e viceversa

Queste tecnologie - la sintesi in parallelo di oligonucleotidirilasciabili e la correzione degli errori - ci consentono di assem-blare lunghe molecole di DNA abbastanza esatte, in modo moltopiù rapido e meno costoso di quanto sia mai stato possibile fino-ra. Si può quindi ritenere che queste procedure saranno le tecni-che di base per la biofabbricazione, e che potranno portare a mi-glioramenti costanti nel tempo, proprio come la litografia per icircuiti a semiconduttori. A questo punto siamo liberi di concen-trarci su quello che verrà costruito nella fabbrica.

La natura riveau correu,

Uno dei primi obiettivi che ci prefiggiamo è quello di usareuna biofabbrica per esplorare nuove strategie di lotta alle malat-tie. Nei laboratori di Keasling e Baker, entrambi del nostro grup-

po, si cercano nuove cure per la malaria e per l'infezione da HIV,due delle malattie che più affliggono l'umanità. Gli strumenti te-rapeutici che si cercano sono diversi, ma in entrambi i casi il la-voro si basa sulla sintesi di sequenze di DNA lunghe e accurate.Quindi i nostri progetti offrono un esempio di come l'approccioingegneristico della biofabbrica possa cambiare il modo in cui gliscienziati biomedici procedono alla ricerca di nuove cure.

Nel caso della malaria esiste già un trattamento in grado dieliminare il parassita dal corpo di una persona infetta. Si trattadi un «C-15 sesquiterpene», una piccola molecola comunemen-te nota come artemisina che si estrae dall'Artemisia annua, unarbusto diffuso soprattutto nella Cina settentrionale. Le pianteperò la producono in quantità troppo basse perché possa essereimpiegata su larga scala a costi accettabili. Per questo il gruppodi Keasling ha dedicato gli ultimi cinque anni a cercare di co-

prova. Trasformare tutte queste strutture in sequenze geniche ri-chiederebbe la sintesi di centinaia di migliaia di basi, un compitoche per la tecnologia corrente è impegnativo e costoso, ma che èsenz'altro alla portata della prima generazione di biofabbriche.

I progetti appena descritti per la sintesi di DNA e proteine dausare contro la malaria e l'HIV illustrano un approccio reso pos-sibile dalla tecnologia della biofabbrica che può essere appli-cato anche a molte altre malattie, comprese le nuove minacceemergenti. Per esempio, mettendo insieme il sequenziamento delDNA a basso costo e ad alta velocità (si veda Genoma per tutti, diGeorge M. Church, in «Le Scienze» n. 449, gennaio 2006) con lecapacità di sintesi della biofabbrica, si potrebbero caratterizzarecon eccezionale rapidità nuovi virus come la SARS o nuovi ceppiinfluenzali, e si potrebbero preparare vaccini basati sulle proteinevirali molto più rapidamente di quanto sia possibile oggi.

produzione delle tre proteine avviene quindi in un ciclo oscillato-rio: l'abbondanza di proteina LacI reprime l'attività del gene tetR;la conseguente assenza della proteina TetR permette l'espressionedel gene X el, il cui prodotto reprime la produzione di LacI.

Se uno dei prodotti proteici di questo ciclo è legato anche alfunzionamento di un gene che produce una proteina fluorescentee l'intero circuito è inserito in un batterio, si può osservare l'oscil-lazione del meccanismo grazie al fatto che il batterio si accen-de e si spegne a intermittenza come la freccia di un'auto. L'ultimaversione dell'interruttore genetico del gruppo di Collins, invece,può essere usata per programmare i batteri in modo che rilevinoi danni del DNA cellulare e comunichino questa scoperta dispo-nendosi a formare un «prato» verde fluorescente, cioè un biofilm.

La cosa più straordinaria di questi circuiti biologici sintetici èforse il fatto che sono identici, come funzione, ai circuiti costruiti

72 LE SCIENZE

456 /agosto 2006

www.lescienze.it

LE SCIENZE 73

I 'esplorazione di tutte le nuove opportunità che la biofabbrica

i— potrebbe offrire alla medicina, alla produzione di nuovi

materiali e di sensori, al recupero di suoli inquinati, alla

produzione energetica, è solo all'inizio. Ma come tutte le imprese

comporta dei rischi. Una caratteristica dei sistemi biologici è

loro capacità di evolversi e di replicarsi, fenomeno che suscita

comprensibili preoccupazioni sul fatto che i dispositivi biologici

possano causare danni, intenzionali o meno.

Nel 1975 ad Asilomar, in California, si tenne una conferenza

per discutere di preoccupazioni simili in merito alla tecnologia

del DNA ricombinante che all'epoca era nuova. Per la prima volta

gli scienziati avevano la possibilità di estrarre un singolo gene da

un organismo e inserirlo in un altro, dando vita a combinazioni

genetiche non necessariamente presenti in natura. Oggi quella

possibilità è uno strumento essenziale in qualunque laboratorio

di biologia molecolare, anche grazie alle decisioni prese alla fine

della conferenza di Asilomar che attenuarono le paure sull'uso del

DNA ricombinante.

In un certo senso, quindi, le questioni sollevate riguardo alle

nuove tecnologie per la biofabbricazione non sono nuove, ma la

nostra comunità continua a discuterle. Un gruppo di scienziati

e di bioeticisti ha affrontato le implicazioni della genomica di

sintesi durante la conferenza Synthetic Biology 2.0, tenutasi in

maggio all'Università della California a Berkeley. Le conclusioni,

come i risultati di uno studio di 15 mesi, finanziato dalla Alfred

P. Foundation, su rischi, benefici e precauzioni necessarie sono

disponibili on line sul sito www.syntheticbiology.org .

Per ora gli scienziati possono adoperare le precauzioni

consuete di un laboratorio che lavora in sicurezza biologica

e osservare gli stessi codici etici che hanno funzionato per

trent'anni. Naturalmente è facile assicurarsi che ricercatori

responsabili si comportino in modo responsabile. Ma la

preoccupazione è che un giorno la capacità di sintetizzare il

DNA abbia una diffusione così ampia da consentire ai criminali

di creare, per esempio, nuovi patogeni mortali. Questo pensiero

ha spinto Church a proporre un sistema di monitoraggio, che

potrebbe prevedere la registrazione di tutti coloro che lavorano

con la biologia sintetica – così come al momento sono registrati

dal governo degli Stati Uniti tutti i ricercatori che hanno a che

FIALE DI MATTONI BIOLOGICI riprese nella foto contengono frammenti

ai DNA da impiegare per scopi di ingegneria biologica. Queste fiale

sono sicure per l'uso anche nei laboratori che hanno il livello di

fare con i cosiddetti reagenti speciali – o una sorveglianza

sull'acquisto degli organismi di sintesi, della strumentazione e

dei materiali precursori.

Un'altra possibilità è che la biofabbrica possa rappresentare

essa stessa un sistema di massima sicurezza grazie al raffinato

controllo che consente di esercitare. La maggior parte delle

applicazioni descritte non richiedono che gli organismi sintetici

siano esposti all'ambiente, ma nel caso fosse necessario gli

organismi potrebbero essere creati con una codifica genetica

diversa da quella naturale, rendendo impossibile lo scambio

genico con altre forme di vita. Un dispositivo biologico sintetico

potrebbe essere progettato per autodistruggersi dopo un certo

numero di divisioni cellulari, oppure essere costruito in modo

che la sua vita dipenda da un composto chimico non presente

nell'ambiente. In ogni mattone biologico si potrebbe imprimere

una filigrana genetica per identificare e tracciare gli organismi

fabbricati con esso. In altre discipline dell'ingegneria la capacità

di costruire meccanismi di alta precisione permette di accrescere

la sicurezza, per esempio nei sistemi di controllo di volo a

ridondanza tripla presenti sugli aerei. Noi riteniamo che questo

possa dimostrarsi vero anche per i sistemi biologici sintetici

costruiti in una biofabbrica. (Bio Fab Group)

t3

PIÙ SICUREZZA PER SINTESI

SyntheticGenomics,

Rockville, Maryland

Ingegneria perla produzione al

di carburante da microrganismi.

Un piccolo numero di aziende e di organizzazioni applica già i

principi e gli strumenti dell'ingegneria alla produzione biologica

commerciale: la biofabbrica si avvicina alla realtà.

AZIENDA

OBIETTIVO

BioBricks Foundation, Promozione di strumenti, standard eCambridge, Massachusetts componenti per l'ingegneria biologica,

ad accesso libero.

Blue Heron Biotecnology, Sintesi del DNA.Bothell, Stato di Washington

Amyris Biotechnologies, Modifica delle vie metabolicheEmeryville, California perla produzione di farmaci

nei microrganismi.

Codon Devices, Costruzione di dispositivi biologici.Cambridge, Massachusetts

Foundation for Applied

Generazione di nuove proteineMolecular Evolution, e di nuovi materiali.Gainesville, Florida

GLI AUTORI

I membri del BIO FAB GROUP sono DAVID BAKER dell'Università di

Washington, GEORGE CHURCH della Harvard Medical School, JIM

COLLINS dell'Università di Boston, DREW ENDY e JOSEPH JACOB-

SON del Massachusetts Institute of Technology, JAY KEASLING del-

l'Università della California a Berkeley, PAUL MODRICH della Duke

University, CHRISTINA SMOLKE del California Institute of Technolo-

gy, e RON WEISS della Princeton University. Sono amici, colleghi e

a volte collaboratori, come nel caso della scrittura di questo artico-

lo, che hanno firmato come gruppo perché le diverse competenze

di ciascuno, e quindi i loro contributi al progetto della biofabbrica,

impersonano la natura interdisciplinare dell'ingegneria biologica.

Tutti gli autori sono inoltre consulenti scientifici della Codon Devi-

ce di Cambridge, in Massachusetts, la prima impresa commercia-

le che si è lanciata nell'applicazione dei principi di ingegneria al-

la biologia di sintesi. Church, Endy, Jacobson e Keasling sono tra

i fondatori dell'azienda. Endy è fondatore anche dell'organizzazio-

ne no-profit BioBricks Foundation e Keasling ha creato la Amyris

Biotechnologies.

PER APPROFONDIRE

GIBBS W.W., Vita sintetica, in «Le Scienze» n. 430, giugno 2004.

EN DY D., Foundation far Engineering Biology, in «Nature», Vol. 438,

pp. 449-453,24 novembre 2005.

CHURCH G., Let Us Go Forth and Safely Multiply, in «Nature», Vol.

438,p. 423,24 novembre 2005.

ENDY D., DEESE I., THE MIT SINTHETYC BIOLOGIC WORKING GROUP e

WADEY C., Adventures in Synthetic Biology. Un libro a fumetti che

si può sfogliare su Internet all'indirizzo http://openwetware.org/

wiki/Adventures.

Registry of Standard Biological Paris: http://parts.mit.edu .

dagli ingegneri elettrici per testare i nuovi processi di costruzio-ne dei circuiti integrati semiconduttori. Gli ingegneri sanno che icomponenti di base come l'oscillatore o l'interruttore sono com-pleti dal punto di vista della logica. Poter costruire questi sem-plici componenti in modo accurato e affidabile apre le porte al-la possibilità di progettare e fabbricare circuiti ben più complessi.E quando gli ingegneri biologici potranno contare su questi ele-menti di base potranno affrontare progetti più complessi comesistemi multicellulari, strutture a due o tre dimensioni o dispositi-vi con una funzione non biologica.

Weiss, altro componente del gruppo, ha recentemente prodottoun prototipo di sistema multicellulare che potrebbe essere impie-gato, per esempio, nel rilevare la presenza di esplosivi o altre so-stanze, comunicando poi il risultato attraverso un segnale visibile

(si vedi il box a p. 71). Questa macchina consente di programma-re milioni di cellule batteriche dando loro istruzioni e protocol-li sia per comunicare tra loro durante l'esecuzione dei compiti siaper emettere i segnali luminosi in molti modi diversi.

Ispirato da questi primi esempi Endy, insieme a Knight e aRandy Rettberg del MIT, sta curando un registro di componen-ti biologici, il Registry of Standard Biological Paris, simile a quel-lo di cui dispongono i progettisti di microchip. 11 registro potreb-be aiutare a realizzare un ampio spettro di progetti di costruzionibiologiche, e la nostra speranza è che anche altri vi contribuisca-no. Finora il registro contiene più di 1000 «mattoni biologici», al-cuni analoghi a componenti elettronici, per esempio elementi chericevono un certo segnale di input o emettono un output. Abbia-mo anche definito un segnale portante standard, polimerasi per

secondo o PoPS, simile alla corrente elettrica che scorre in un filometallico di collegamento tra due componenti elettronici, in mo-do che gli ingegneri della biofabbrica possano combinare più fa-cilmente e riutilizzare i singoli dispositivi.

Per dimostrare la forza di questo approccio e coltivare questonuovo campo, il gruppo del MIT ha organizzato nel 2003 il primocorso di «ingegneria per biofabbrica» con componenti biologici.Le lezioni si sono presto trasformate in una competizione annua-le a cui quest'estate partecipano le squadre di più di 30 università.Nella sua pur breve esistenza l'ambiente dell'International Gene-tically Engineered Machine (iGEM) ha già prodotto una quantitàdi congegni cellulari sorprendenti, tra cui biofilm che registrano eriproducono una fotografia.

Un'altra realizzazione dell'iGEM messa a punto da Smolke,Collins e Church è un congegno in grado di contare su base di-gitale usando una serie di segmenti di DNA. Bastano 20 «bit» diDNA per contare e segnalare più di un milione (2 20) di diversistati cellulari. Si può incorporare questa tecnologia in un senso-re che a sua volta potrebbe essere connesso a percorsi metabolicimodificati, come quello per l'artemisina nella versione ottimizza-ta dal gruppo di Keasling, che farebbe compiere un salto in avan-ti alla produzione del farmaco.

Costruire la iogia etica

Quando abbiamo iniziato a lavorare alla costruzione dellabiofabbrica non esisteva una tecnica consolidata per produrrelunghe strutture di DNA in modo accurato, rapido e poco costo-so. Oggi questa tecnica esiste, ed è solo una tra le tante presen-ti nella cassetta degli attrezzi, sempre più ricca, dell'ingegneriabiologica. Sono ormai all'orizzonte i primi meccanismi biologi-ci elaborati e modellati al computer, che solo alla fine prendonocorpo sotto forma di strutture biologiche, proprio come i circuitial silicio sono prima progettati e poi incisi.

Come nella costruzione di circuiti elettronici, questo approc-cio ha il vantaggio aggiuntivo di ottimizzare le interazioni tra lediverse componenti e di prevedere la presenza di errori, capaci-tà che diventerà sempre più utile via via che aumenterà la com-plessità dei sistemi costruiti. Un altro vantaggio del progettare inastratto è che un ingegnere biologico non ha bisogno di costruirsiogni singola parte a partire da zero e non deve nemmeno cono-scerne il funzionamento interno, gli basta sapere che è affidabile.

Gli studenti che partecipano a iGEM potrebbero rappresentarela prima generazione di biologi-ingegneri che fin dall'inizio del-la carriera sono stati abituati a pensare a se stessi come appar-tenenti a entrambe le categorie. Un'altra sfida per il futuro saràquella di portare sempre più biologi a pensare come gli inge-gneri (e convertire più ingegneri alla biologia), specialmente perquanto riguarda la condivisione dei componenti. Finora le bio-tecnologie sono state caratterizzate da gruppi di lavoro isolati,che si occupano di sviluppare applicazioni con un unico, precisoscopo, come la produzione di un farmaco. 11 futuro della tecno-logia in campo biologico, invece, renderà necessario il contribu-to di molti gruppi diversi a un sistema unico. La nostra speranzaè che la costruzione di una fabbrica della biologia faciliti questatendenza e stimoli progressi rivoluzionari come quelli raggiuntidall'industria dei semiconduttori.

GLI ESORDI DELLA BIOFABBRICA

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456 /agosto 2006

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