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La Cina tenta di strappare alla Russia il controllo dell’immensa regione ex sovietica. In ballo lo sfruttamento delle risorse energetiche. Ma gli Stati Uniti non stanno a guardare. Le scelte kazake determineranno l’esito della competizione. Articolo pubblicato su Limes 4/08 Il Marchio Giallo e on line su www.limesonline.com.

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IL MARCHIO GIALLO

La Cina tenta di strappare alla Russia il controllo dell’immensaregione ex sovietica. In ballo lo sfruttamento delle risorseenergetiche. Ma gli Stati Uniti non stanno a guardare. Le scelte kazake determineranno l’esito della competizione.

IL NUOVO GRANDE GIOCO IN ASIA CENTRALE di Carlo JEAN

1. L’ASIA CENTRALE STA RIACQUISTAN-

do l’importanza geopolitica del passato, come «cuore della terra» e come teatro delgrande gioco che ebbe nel XIX secolo fra gli imperi zarista e britannico. Oggi è im-portante soprattutto per la Federazione Russa, che la considera sua area di influen-za esclusiva, e per la Cina, che vuole estendere il proprio controllo alla regione. IlCentro di geopolitica della commissione militare centrale cinese la chiama Turke-stan occidentale, considerandola strettamente connessa con il Turkestan orientale,cioè con il Xinjiang. Da qui erano partite le invasioni delle popolazioni turche emongole verso ovest, che raggiunsero l’Ungheria e la Polonia; verso est, dove ledinastie mongole dominarono la Cina superando la Grande Muraglia, e verso sud,dove i mogol fondarono il terzo dei grandi imperi islamici.

L’importanza attuale dell’Asia centrale non è solo economica, fondata cioè sul-le ricchezze naturali della regione, oggi valorizzate con colossali investimenti cine-si, ma anche europei. La regione è rilevante anche come via di transito, con il ripri-stino della vecchia Via della seta mediante corridoi multimodali che, attraverso ilMar Nero e il Caucaso, collegheranno l’Europa con la costa del Pacifico, e aggiran-do a sud la Federazione Russa e la Transiberiana.

2. L’Ue ha superato recentemente gli Usa come volume di commercio con laCina, ma solo l’1% di esso si svolge via terra lungo il corridoio Traceca (TrasportiEuropa centrale-Asia centrale), che collega il Mar Nero con il Caspio, per prosegui-re in direzione est. Tale corridoio paneuropeo si raccorderà con le vie di comuni-cazione stradali e ferroviarie finanziate dalla Carec (Central Asia Regional Econo-mic Cooperation). Questa organizzazione sta gradualmente accrescendo la sua im-portanza economica rispetto alla Sco (Shanghai Cooperation Organization), so-prattutto perché non include la Russia. Comprende otto Stati: Cina, Mongolia,

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Azerbaigian, Afghanistan, e quattro delle cinque repubbliche centrasiatiche, eccet-to il Turkmenistan. Mosca osserva perciò le sue iniziative con notevole sospetto,interpretandole come lo strumento di Pechino per interferire in un’area che consi-dera di suo diretto ed esclusivo interesse.

Con l’apertura di vie di comunicazione verso est e verso ovest, l’intera Asiacentrale e le sue ricchezze sarebbero sottratte al controllo della Russia. Mosca, fi-nora, aveva fortemente beneficiato del monopolio del collegamento della regionecon il mondo esterno, attraverso la sua rete ferroviaria e stradale e i suoi gasdotti eoleodotti, tutti in direzione sud-nord. Gazprom acquistava, fino alla fine del 2007,il gas turkmeno a 50 dollari ogni mille metri cubi e lo instradava verso nord, perimmetterlo sulla sua rete e venderlo all’Europa a oltre 300 dollari. Oggi paga alTurkmenistan 150 dollari ogni mille metri cubi, destinati ad arrivare a 180 a fineanno. Inoltre, con il gasdotto Nabucco, l’Europa potrà accedere direttamente al gasturkmeno. Lo stesso farà la Cina con un grandioso gasdotto che collegherà il Ca-spio con il Xinjiang, e che sarà completato entro il 2012.

Il Carec sta diventando più importante anche della Comunità economica eura-siatica (Eurasec), con cui la Russia aveva cercato di mantenere il controllo, legan-dole a sé, delle economie centrasiatiche. I legami con Mosca si sono poi attenuatiper la marginalizzazione del Trattato di sicurezza collettiva e della Csi, con cui Mo-sca aveva tentato di salvare il salvabile, mantenendo una cintura-cuscinetto a pro-pria protezione, dopo il collasso dell’Urss. La Russia rimane, però, ancora essenzia-le per garantire dall’esterno l’attuale ordine geopolitico, che è a rischio in Asia cen-trale non solo per la debolezza degli Stati e per l’estremismo islamico, ma ancheper le mire egemoniche dell’Uzbekistan. La preminenza di Mosca è anche minac-ciata dall’Occidente e, ancor più, dalla Cina, che confina direttamente con tre dellecinque repubbliche regionali. In tutte Pechino sta effettuando enormi investimenticon i suoi fondi sovrani, concessi in prestito alle grandi compagnie petrolifere eminerarie cinesi.

Il recente accordo con l’Ue del nuovo presidente turkmeno, che dal 2009 hamesso a diretta disposizione dell’Europa dieci miliardi di metri cubi (Mmc) di gasnaturale all’anno, renderà possibile la costruzione del gasdotto Nabucco. Quest’ul-timo sembrava fosse stato messo in forse sia dal progetto del South Stream fra Enie Gazprom, e sia dagli accordi fra quest’ultima e la società turkmena del gas, cheriguardavano la fornitura alla Russia di oltre 30 Mmc di gas all’anno, reinstradatonella rete russa per rifornire Europa e Ucraina. Senza il gas dell’Asia centrale, Mo-sca non sarà in grado di mantenere i propri impegni volti a soddisfare la crescentedomanda di gas europea, il cui consumo dovrebbe raddoppiare nel prossimo ven-tennio. Lo sfruttamento dei nuovi giacimenti gasiferi artici russi, oltre a essere parti-colarmente costoso, richiede l’apporto finanziario e tecnologico dell’Occidente(che a sua volta esigerà dalla Russia reciproche condizioni politiche, affinché Gaz-prom, economicamente, e Mosca, geopoliticamente, non abusino della loro posi-zione dominante) e prevede tempi lunghi. Solo allora, a meno che non si espandail mercato del gas liquefatto (gnl) e che non vengano costruiti i rigassificatori ne-

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cessari e sviluppate tecnologie che lo rendano più conveniente economicamente,Mosca conserverà un forte leverage nei confronti dell’Europa.

Il transito per l’Asia centrale è poi necessario, nel breve-medio periodo, per ilrifornimento delle Forze Nato in Afghanistan. La concessione da parte di Putin, fat-ta durante il summit dell’Alleanza atlantica di Bucarest dello scorso aprile, di con-sentire il transito in territorio russo dei rifornimenti diretti all’Afghanistan rappre-senta un’importante apertura di Mosca nei riguardi dell’Occidente e, forse, un se-gno che le tendenze filoccidentali esistenti in Russia riceveranno con il nuovo pre-sidente Medvedev un rinnovato impulso. Come è sempre avvenuto nella storia, lapressione da est (questa volta della Cina) spinge Mosca a ricercare il sostegno del-l’Occidente e viceversa.

3. La lotta condotta dall’Occidente per la stabilizzazione dell’Afghanistan e perl’eliminazione del radicalismo e terrorismo islamico corrisponde agli interessi diMosca, di Pechino e dei regimi centrasiatici. Nonostante ciò, Cina e Russia sonopreoccupate dell’aumento della presenza americana in Asia centrale, con l’utilizzodi basi aeree in Kirghizistan (e fino al 2005 in Uzbekistan). Esso viene interpretatocome una dimostrazione delle tendenze egemoniche degli Usa. La Sco, oltre a ri-solvere contenziosi di frontiera e stimolare la cooperazione economica e di sicu-rezza nell’antiterrorismo, ha perseguito l’obiettivo di contenere l’espansione dellapresenza militare americana in Asia centrale.

La situazione oggi sta nuovamente cambiando. Tashkent ha accolto con no-tevole soddisfazione la notizia degli attacchi dell’esercito pakistano, finanziatidagli americani, contro i jihadisti rifugiatisi nelle aree tribali al confine con l’Af-ghanistan e dell’uccisione di un paio di centinaia di islamisti uzbeki collegati adal-Qå‘ida. Medesima soddisfazione è stata espressa a Mosca e a Pechino per l’eli-minazione di terroristi ceceni e uiguri. Tuttavia, forti preoccupazioni ha fatto sor-gere nelle due capitali la notizia che il presidente Karimov stia progettando diconcedere di nuovo agli Usa l’uso della base aerea. Con ciò egli sicuramente in-tende complicare il gioco e ridurre le capacità di imposizione di Mosca e di Pe-chino sull’Uzbekistan.

4. In Asia centrale, si svolge quindi un nuovo grande gioco di influenza fraCina, Russia, Stati Uniti e Ue, benché quest’ultima vi sia entrata solo recentemen-te con il menzionato accordo del gas turkmeno per il Nabucco. Negli anni passa-ti era attiva la sola Germania, sia in campo economico che in quello delle forni-ture militari. Mentre attori meno appariscenti, ma non trascurabili, sono anchel’India, interessata ad accedere alle risorse energetiche e condizionare il Pakistanda nord, l’Iran, che mira a penetrare in un’area su cui l’impero persiano esercitòun’importante presenza e in cui vivono i tagiki di etnia persiana e gli azeri, chesono il 24% della popolazione iraniana e di cui Teheran teme il nazionalismo, einfine la Turchia, che rivendica l’identità turca di gran parte delle popolazionidella regione.

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È difficile però prevedere il vincitore di questo nuovo grande gioco che ha inpalio, oltre alle risorse energetiche centrasiatiche anche quelle del Mar Caspio.

Tra gli attori principali restano in lizza Russia e Cina, dopo che gli Stati Unitisono stati distratti dall’Iraq.

5. Mosca gode non solo dei vantaggi già accennati, cioè dell’andamento sud-nord delle infrastrutture di trasporto, ma anche della presenza di milioni di cittadi-ni slavi, di cui si atteggia a protettrice, e della presenza capillare dell’Fsb in tutte lerepubbliche centrasiatiche. Il Cremlino è inoltre in grado di far forte pressione sul-la Georgia, chiave geopolitica dell’accesso dell’Occidente in Asia centrale.

Le debolezze russe rispetto alla Cina sono invece soprattutto finanziarie, maanche economiche e tecnologiche. Inoltre, è in atto in tutta l’Asia centrale un de-flusso delle popolazioni slave, e la crescita di un sentimento antirusso soprattutto inUzbekistan, Kazakistan e Kirghizistan. Con l’apertura del grande gasdotto poi, cheporterà in Xinjiang il gas turkmeno e uzbeko e con il potenziamento dell’oleodottoche unisce il Kazakistan alla Cina, nonché con la ricordata costruzione dei sei assistrada-rotaia fra la Cina e l’Asia centrale, la presenza cinese si accrescerà. I prodottimanifatturieri a basso costo cinesi inonderanno i mercati centrasiatici. E con i lega-mi economici si intensificherà inevitabilmente anche l’influenza politica di Pechino.

6. Per la Cina, dunque, l’Asia centrale è importante non solo per soddisfare ilcrescente bisogno di energia, diversificandolo e, quindi, aumentando la propria si-curezza energetica, ma anche per disporre di linee di comunicazione terrestri, sucui incanalare l’import di materie prime e il commercio con l’Europa. Con la pro-gressiva internazionalizzazione della sua economia, l’inserimento nella globalizza-zione e l’accresciuta domanda di materie prime, a cui si è aggiunta quella di pro-dotti alimentari, la Cina da continente praticamente autarchico si è trasformata inun’isola interdipendente con il resto del mondo. Un’isola nel senso che tutte le suefrontiere (eccetto nell’Estremo Oriente in corrispondenza della Manciuria e dellaCorea del Nord), confinano con zone di difficile transito e prive di vie di comuni-cazione: dalle giungle birmane alla catena dell’Himalaya fino al Pamir e ai desertidella Mongolia. Esse costituiscono oggi barriere difficili da superare per il trafficopesante. È essenziale per la Cina rompere tale isolamento che pone il suo benesse-re, la stabilità interna e, forse, anche la sua unità alla mercé delle marine degli Usae dei suoi alleati. La Cina, però, non può sfidare Washington oltre certi limiti, per-ché ne teme non solo la possibile reazione aeronavale, ma soprattutto quella eco-nomica. Può invece farlo senza rischi nei confronti della Russia, verso la quale nu-tre un sentimento di rivalsa per le umiliazioni subite nel XIX secolo, per il senso disuperiorità che i russi provano tuttora nei confronti dei cinesi e per il risentimentodi quello che a Pechino viene ancora oggi considerato un vero e proprio tradimen-to: Stalin avrebbe indotto la Cina a intervenire alla fine del 1950 in Corea del Nord,senza mantenere poi la promessa di attaccare in Europa, lasciando i cinesi da soli afronteggiare la potenza americana.

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7. Nelle rappresentazioni geopolitiche russe, invece, l’Asia centrale costitui-sce una zona cuscinetto a protezione delle vulnerabili frontiere meridionali del-la Federazione. La regione fa parte integrante del near abroad. E anche neglianni Novanta, nel periodo più buio della Federazione Russa, Mosca ha assicura-to una presenza militare nel Tagikistan, per proteggerlo contro gli attacchi deitaliban e per frenare il traffico di droga. Di essa resta oggi solo la 201a divisionemotorizzata.

I russi distinguono il Kazakistan dalle altre quattro repubbliche ex sovietiche.Esso, con un terzo della popolazione di origine russa, è considerato quasi partedella Federazione, tanto più che i russi ricordano le enormi perdite subite dai sol-dati kazaki nella Grande guerra patriottica, soprattutto nella difesa di Mosca nell’in-verno 1941-42 e nell’assedio di Stalingrado. Il Kazakistan determinerà se l’interaAsia centrale cadrà nelle mani cinesi, oppure se Mosca manterrà una forte influen-za nella regione. Il nuovo primo ministro kazako intende rafforzare i legami con laCina e diminuire la dipendenza da Mosca. Viene così rovesciata la politica di diffi-denza verso Pechino, seguita nella prima metà degli anni Novanta dal presidenteNazarbaev, che decise di spostare la capitale da Almaty ad Astana, per allontanarladal confine cinese e garantirle una maggiore sicurezza.

8. Attraverso il corridoio caucasico azero-georgiano, gli Usa hanno sostenutola loro penetrazione politica ed economica in Asia centrale. Tutti gli Stati della re-gione, oltre a far parte dell’Osce, sono associati al programma Nato di Partnershipfor peace (Pfp), che coordina e rafforza i rapporti bilaterali degli americani (e an-che dei tedeschi) con le varie repubbliche centrasiatiche.

Gli Stati Uniti, però, sono interessati soprattutto alle risorse energetiche con-centrate nelle regioni occidentali dell’Asia centrale, nonché all’utilizzo delle infra-strutture dell’area, almeno finché durerà il conflitto in Afghanistan. Anche se le ba-si aeree locali potrebbero giocare un utile ruolo in caso di conflitto fra Washingtone Pechino, vi è da notare che l’intera pianificazione strategica delle Forze armateamericane tende a ridurre la dipendenza dalle basi all’estero. Quelle dell’Asia cen-trale presentano poi difficoltà logistiche enormi per essere rifornite.

Nessuna regione al mondo, infatti, è tanto chiusa e lontana dagli oceani comequesta. Strategici per gli Usa sono: l’accesso al Caspio e alle sue risorse energeticheattraverso il corridoio caucasico della Georgia, anche per diminuire la dipendenzaeuropea dal gas russo; il contenimento dei fondamentalisti islamici, che potrebbe-ro installare nuove basi d’addestramento in Asia centrale, e, infine, l’apporto logi-stico che i trasporti terrestri regionali potrebbero dare alle operazioni in Afghani-stan, svincolandole da un’eccessiva dipendenza da un Pakistan sempre più instabi-le. Il transito attraverso l’Iran è considerato praticabile solo nel medio-lungo perio-do, qualora i negoziati con Teheran si estendessero dall’Iraq all’Afghanistan. In essile tribù hazara e tagike sostengono il governo Karzai contro il risorgere del poteretalibano. Non è da escludere che l’estensione all’Afghanistan della strategia seguitadal generale Petraeus in Iraq, di appoggiarsi a talune tribù locali per combattere il

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nemico principale degli americani, che rimane al-Qå‘ida, comporti la mobilitazio-ne e il sostegno di questi gruppi etnici.

Per l’Europa, l’Asia centrale ha un’importanza solo economica ed energetica.Prioritario per essa è il ripristino della Via della seta. Ciò spiega il coinvolgimentodella Bers nei progetti sia del Traceca sia della Carec.

9. Le élite centrasiatiche sono preoccupate dei programmi americani di demo-cratizzazione e di regime change, specie dopo aver assistito alle rivoluzioni colora-te in Georgia e in Kirghizistan. Ma anche per le possibili reazioni russe, che po-trebbero anche essere brutali, qualora Mosca venisse messa con le spalle al muro epensasse di perdere il controllo strategico e le risorse naturali centrasiatiche.

Nonostante il pericolo rappresentato dal fondamentalismo democratico degliamericani, i leader centrasiatici considerano favorevolmente la presenza Usa, siaperché equilibra la contrapposizione fra Russia e Cina, determinando una maggio-re flessibilità e, quindi, una loro maggiore libertà d’azione, sia perché rende piùdifficile che l’Asia centrale cada nell’orbita egemonica dell’una o dell’altra grandepotenza regionale.

Esse considerano con favore l’impegno di Washington in Afghanistan contro italiban, che minacciavano di contagiare con il loro radicalismo islamico gli attualiassetti interni e la loro stessa sicurezza. Pensano che solo con l’aiuto occidentalepotranno valorizzare le loro risorse energetiche per promuoverne uno svilupposostenibile nel tempo. Sono però anche tendenzialmente favorevoli alla politica diPechino di rispetto completo della sovranità degli Stati e di indifferenza per il tipodi regime politico interno e il grado di tutela dei diritti umani.

In generale, guardano con favore a una competizione tra potenze esterne perl’accesso alle loro risorse. Con essa, infatti, sperano di trarre vantaggi economici edi ridurre la dipendenza dalla rete dei trasporti e degli oleodotti/gasdotti russi e,quindi, dalla politica di Mosca.

10. Le risorse energetiche e di metalli non ferrosi dell’intera regione sono no-tevoli. Gli alti prezzi degli idrocarburi aumentano l’entità di quelli effettivamenteutilizzabili (cioè delle risorse che sono trasformate in riserve). L’entità esatta dellerisorse esistenti è ancora incerta. Vaste aree della regione non sono state ancoraesplorate. Tutti gli Stati hanno posto notevoli limiti alle attività di ricerca dellemajors occidentali e agiscono soprattutto con compagnie nazionali. I giacimentipotrebbero anche essere maggiori di quanto si pensi. Come ad esempio in Turk-menistan dove si pensava che esistessero riserve per 1,2 miliardi di barili, contro i4 miliardi recentemente stimati.

11. La regione centrasiatica è dunque importante per il gas naturale e per lapossibilità di trasportarlo in Europa o in Cina con gasdotti terrestri. Ma tale possi-bilità è ancora allontanata dal peso della storia, che ha portato a uno sviluppodei gasdotti prevalentemente in direzione nord, a connettersi alla rete russa. Va

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ricordato in proposito il Cac (Central Asia-Center Pipeline), che connette tutti ipaesi dell’Asia centrale per poi raggiungere i gasdotti di Gazprom e, tramite essi,i mercati europei. La produzione potrebbe aumentare notevolmente, allorquan-do entreranno in funzione i nuovi gasdotti diretti a ovest e a est. Essi aumente-ranno la sicurezza energetica sia europea che cinese, con la diversificazione del-le forniture.

A parte la rete connettiva con quella russa, oltre al gasdotto Nabucco, appenaricordato e considerato strategico dalla Commissione Europea, sono oggi già infunzione un oleodotto fra il Kazakistan e la Cina e un gasdotto fra il Turkmenistane l’Iran.

La geopolitica dei gasdotti sta ricevendo un notevole impulso soprattutto periniziativa di Pechino. Da ricordare il colossale gasdotto lungo 2.580 km solo in Asiacentrale con un’iniziale capacità di 30 Mmc/anno per connettere i campi gasiferidell’Amu Darya in Turkmenistan con la Cina occidentale. L’imponente opera, fi-nanziata pressoché integralmente da Pechino e iniziata nel 2007, entrerà in funzio-ne nel 2011.

È stato ipotizzato anche un collegamento dal Turkmenistan e dall’Uzbekistancon il Pakistan e l’India attraverso l’Afghanistan. Denominato Tap (Turkmenistan,Afghanistan, Pakistan), sarà lungo oltre 2 mila km. La sua costruzione è però su-bordinata all’accertamento delle capacità del Turkmenistan di soddisfare anche ladomanda pakistana e indiana, nonché alla stabilizzazione dell’Afghanistan.

12. Con i suoi progetti, la Cina sta tagliando la Russia fuori dalla sezione suddell’Asia centrale, rafforzando anche la sua presenza in Kazakistan. Le importazio-ni energetiche consentiranno a Pechino di aumentare notevolmente la capacità de-gli Stati della regione di acquistare i suoi prodotti manifatturieri a basso costo. Ciòmodificherà di fatto, a favore della Cina, l’equilibrio di potenza esistente in Asiacentrale. Economicamente, la Cina non può essere considerata un alleato dellaRussia, come talvolta la retorica diplomatica indulge ad affermare specie nei co-municati ufficiali diramati dopo le riunioni della Sco.

Nella competizione per il gas centrasiatico, la Russia si trova in condizioni diinferiorità nei confronti della Cina. Se il confronto dovesse inasprirsi, ne risultereb-be rafforzato l’unipolarismo americano, contrariamente a quanto sostenuto dalledichiarazioni antiegemoniche di Pechino e di Mosca. La prima, a ogni buon conto,non può rompere con gli Usa. Infatti, la sua economia non potrebbe più registrarela crescita necessaria per la stabilità sociale e forse anche per l’unità del paese e ilpotere del Partito comunista. Qualora la pressione di Pechino si accrescesse inAsia centrale (e in Estremo Oriente), Mosca sarebbe necessariamente portata adappoggiarsi a Bruxelles e a Washington. In questo caso, l’attuale ordine mondiale,centrato sugli Stati Uniti, ne uscirebbe rafforzato. L’elemento determinante a ri-guardo è rappresentato dalle infrastrutture: a breve termine, da oleodotti e gasdottie, a più lungo termine, da ferrovie e strade. Solo queste ultime potrebbero svilup-pare i legami commerciali e gli scambi di prodotti manifatturieri, rendendo i rap-

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porti più saldi e duraturi di quanto possano esserlo quelli centrati sulle sole espor-tazioni di commodities.

Oggi, degli undici collegamenti dell’Asia centrale con il mondo esterno, soloquello dal Turkmenistan all’Iran e quello dal Kazakistan alla Cina non transitano peril territorio russo. I programmi in corso tendono a far uscire l’Asia centrale dall’orbi-ta di Mosca e di legarla all’Europa, tramite il sistema Mar Nero-Caucaso da un lato, eCina, dall’altro, superando gli ostacoli del Pamir e della catena dello Tientsin.

13. Per taluni studiosi, la Sco sarebbe un’alleanza organica non solo economi-ca ma anche strategica, stretta fra la Russia e la Cina per contrastare l’egemoniaglobale americana. Esso costituirebbe il cuore di una specie di blocco continentaleasiatico. Alle sue ultime riunioni sono stati invitati come osservatori l’India, l’Iran, ilPakistan e la Mongolia. Per altri, invece, la Sco sarebbe un’alleanza già morta, do-po essere egregiamente servita per risolvere, o meglio per congelare, il contenzio-so territoriale fra la Cina e i paesi ex Urss. Per altri ancora, continuerebbe a svolge-re un’utile funzione. Alla Russia, la Sco permette di far parte di un’organizzazionein cui svolge un ruolo paritario con la Cina e di aver un foro permanente di dialo-go con Pechino. Alla Cina consente di sviluppare un’influenza istituzionalizzata inAsia centrale. Infine, la Sco concede agli Stati centrasiatici di sedere in un foro incui le potenziali rivalità russo-cinesi consentono loro una certa flessibilità negozia-le con Pechino e con Mosca.

La massima debolezza della Sco consiste nella contrapposizione esistente fraMosca e Pechino per accrescere il proprio controllo sulla regione. Mentre la strate-gia cinese è sufficientemente chiara, quella di Mosca lo è meno. È dominata dallatattica e dalla contingenza, più che essere diretta da una visione e da obiettivi stra-tegici ben definiti, necessariamente a lungo termine. Si limita a reagire, anziché es-sere pro-attiva. Non si vede come Mosca possa utilizzare la Sco per rallentare l’au-mento della presenza cinese e, soprattutto, per diminuire il sospetto dei dirigenticentrasiatici che ogni iniziativa di Mosca sia finalizzata a riprendere il controllo im-periale sulla regione e a sfruttarne le risorse.

La strategia cinese consiste nell’espandere i suoi legami economici, lasciandoche Usa e Russia si occupino di politica e di sicurezza. Nei confronti dei regimiesistenti, a differenza degli americani, né russi né cinesi sono critici e non inten-dono promuovere democrazia e rispetto dei diritti umani. In particolare, il Cremli-no ha adottato la dottrina detta democrazia sovrana (peraltro criticata dal nuovopresidente Medvedev), la cui essenza consiste nel diffidare le altre potenze dal-l’immischiarsi negli affari interni russi e della regione, che Mosca considera di suoesclusivo interesse.

14. Con il mutamento dell’amministrazione americana è possibile che i toni(se non la sostanza) della politica estera di Washington vengano modificati e chevenga attenuato l’eccezionalismo e lo spirito di missione, che verosimilmente sonostati all’origine di molti degli insuccessi americani in Asia centrale, in particolare la

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cacciata dalla base aerea uzbeka di Khanabad, decisa a causa delle critiche rivoltedagli Usa al presidente Islam Karimov per gli eccidi che avevano seguito la rivoltanella cittadina di Andizhan, nella valle di Fergana, all’inizio del 2005.

Interessante è notare come recentemente siano giunte dall’Uzbekistan apertu-re verso la Nato e gli Usa per una nuova concessione della base, forse anche per lafrustrazione dell’Uzbekistan di non veder completamente sostenute da Mosca lesue ambizioni egemoniche regionali. La Russia tende infatti a privilegiare i rapporticon il Kazakistan considerato dai russi un paese eurasiatico e non dell’Asia centra-le, data anche la sua considerevole percentuale di popolazione slava e l’assenza dimovimenti fondamentalisti che lo caratterizza come zona cuscinetto per la prote-zione del ventre molle dell’immensa Federazione. È per questo che gli sforzi cinesisi stanno esercitando soprattutto nei riguardi del Kazakistan. Le decisioni che ver-ranno prese ad Astana determineranno il futuro geopolitico dell’Asia centrale. De-mografia ed economia fanno pensare che la Cina estenderà la sua influenza sull’in-tero Turkestan occidentale, forse anche con il sostegno degli americani, preoccu-pati dal crescente autoritarismo di Mosca e dal revival del suo nazionalismo.

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