l'illustre bassanese

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BiMeSTRale MonoGRaFiCo di CulTuRa n° 141 · Gennaio 2013 Mons. Giulio de zen DISTRIBUZIONE GRATUITA Fondato nel 1989 www.editriceartistica.it

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[n141] Mons. Giulio De Zen

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Page 1: L'Illustre bassanese

BiMeSTRale MonoGRaFiCo di CulTuRa

n° 141 · Gennaio 2013

Mons. Giulio de zen

DISTRIBUZIONE GRATUITA

Fondatonel 1989

www.editriceartistica.it

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Comune diBASSANO DEl GRAppA

Comune diVAlSTAGNA

Comune diCAmpOlONGO SUl BRENTA

Comune diCARTIGlIANO

Comune diCASSOlA

Viale Venezia, 4 - Bassano del Grappa

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di nervi e procurandogli un leggero difetto allabocca. Appena rimessosi, volle partecipare a unpellegrinaggio Unitalsi a lourdes. C’ero anch’io.Nella prima cerimonia religiosa prese la parolae disse: “Vi chiedo scusa se non mi vedrete sor-ridere, ma non posso più farlo”. Era commosso!A distanza di tanti anni ricordo questa frasecon cui si scusava perché non poteva più dona-re il suo sorriso. Altri tempi, altre persone! maquesto era mons. Giulio De Zen: un pastoreche è rimasto nel cuore della gente, come lasua azione pastorale nella storia della città.

sen. Pietro FabrisSindaco di Bassano dal 1967 al 1975

Con questo numero si completa la serie dedi-cata agli arcipreti abati che guidarono la par-rocchia di Santa maria in Colle nel difficileperiodo dello sviluppo - dalla Ricostruzione,al miracolo economico, fino alla crisi deglianni ’70 - caratterizzato da profonde trasfor-mazioni sociali, che vediamo rispecchiatenelle biografie di mons. Egidio Negrin (n. 114) edi mons. Ferdinando Dal maso (n. 134) oltre chein quella, qui presentata, di mons. Giulio De Zen.Ne è autrice maria Sorio, che ringraziamo peressere riuscita a condensare mirabilmente inqueste pagine il ritratto di don Giulio nella suaazione pastorale, più ampiamente tracciato nelsuo libro Una vita per gli altri. Mons. GiulioDe Zen (2003) di cui mons. pietro Nonis, alloravescovo di Vicenza, nell’introduzione, quiriportata, giudicava «apprezzabile tanto l’af-fettuosa partecipazione quanto la misuratavalutazione dei fatti e dei sentimenti». Un vivo grazie al sen. pietro Fabris, sindacodella città nei primi anni del ministero bassanesedi don Giulio e a mons. Renato Tomasi per latestimonianza resa come suo collaboratoredurante il mandato di Vicario generale dellaDiocesi dal 1988 al 2001.

Giambattista Vinco da SessoDirettore de L’Illustre bassanese

Questo numero de L’Illustre bassanese è dedicatoa mons. Giulio De Zen, il nostro caro vecchioarciprete che ricordiamo per la carica di uma-nità che si rivelava in tutti i contatti e nelle piùdisparate occasioni. posso dire di aver godutofin dal principio della sua stima e amicizia,ovviamente ricambiate. l’ho incontrato per unprimo scambio di vedute, quando è statonominato arciprete di Bassano e si preparavaall’ingresso in città che sarebbe avvenuto il 19gennaio 1973, festa del Santo patrono. Io ero sindaco e lui voleva capire come iniziarequesta nuova esperienza, quali erano i rapporti trala Chiesa, i suoi sacerdoti e la popolazione. Simostrò rispettoso delle istituzioni e delle tradizio-ni e assicurò che la sua azione di apostolato sareb-be stata la continuazione di quella di mons. Dalmaso, dimessosi per motivi di salute. E così fece. In ogni occasione cercava di dare il suo contri-buto al meglio. I suoi consigli risultavano pre-ziosi e così pure i suoi interventi.Così è stato nei momenti di difficoltà econo-mica, nei cambiamenti richiesti dall’applica-zione del nuovo piano Regolatore Generale,nella gestione degli Enti effettuata assieme alComune, nelle attività del Centro Giovanile.Gli incontri avvenivano, il più delle volte, incanonica che era veramente il punto d’incontrodel pastore con il suo gregge in un rapporto digrande apertura e senza ostentazione di superio-rità. parlava con tutti con grande semplicità eaffabilità e sapeva diventare, nei momentiimportanti e delicati, vera guida spirituale. le sue omelie in chiesa e in occasione di ceri-monie civili, come l’annuale commemorazionedei martiri del Grappa, sono ancora vive nellamemoria e apprezzate. I ricordi sono tanti: sullasua preparazione, sulla sua disponibilità e aper-tura. Vorrei rievocarne uno solo, che a mio giu-dizio dà la misura della sua sensibilità. Non erapiù arciprete di Bassano, era Vicario generale inDiocesi e qui aveva subìto l’aggressione daparte di uno squilibrato. Una coltellata lo avevacolpito vicino all’orecchio, tagliando un fascio

l’illuSTRe BaSSaneSeBimestrale monografico di cultura a distribuzione gratuita … dal 1989anno XXV n° 141 Gennaio 2013 - Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n° 3/89 R.p. del 10-5-1989direttore responsabile: Giambattista Vinco da Sesso - Coordinatore editoriale: Andrea minchioRedazione: livia Alberton, Elena Trivini Bellini Hanno collaborato: maria Sorio, mons. pietro Giacomo Nonis, mons. Renato Tomasi, pietro Fabris, maria Teresa leodariStampa: Arti Grafiche Bassano / pove del Grappa - iconografia: divieto totale di riproduzione con qualsiasi mezzoTiratura: 2000 copie - Pubblicità e informazioni: 0424 523199; 335 7067562; e-mail [email protected]

© CoPYRiGHT Tutti i diritti riservati ediTRiCe aRTiSTiCa BaSSano piazzetta delle poste, 22 - 36061 Bassano del Grappa (VI)

mONSIGNOR GIUlIO DE ZENUn pastore rimasto nel cuore della gente

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l’ingresso a Bassanomonsignor Giulio De Zen arriva a Bassano il19 gennaio 1973; esattamente il giorno di que-sto San Bassiano 2013 ricorre il 40° anniver-sario del suo ingresso. Con bolla in data 8 dicembre 1972 il vescovomons. Arnoldo Onisto lo nomina arcipretedella parrocchia di Santa maria in Colle. Unabolla pontificia del novembre 1852 aveva con-ferito “pro tempore” agli arcipreti di Bassanola dignità di abati mitrati, esaudendo l’ardentevoto espresso dal Consiglio comunale neiriguardi della nomina del proprio abate fin dalmaggio 1840. Questo interesse dura fino allanomina di mons. Dal maso (1952). monsignorDe Zen per una disposizione della Santa Sedenon può ostentare le insegne episcopali, mitrae pastorale, concesse un tempo agli abatimitrati. Nell’ottobre del 1972 mons. Dalmaso, per motivi di salute, aveva chiesto ledimissioni dal suo incarico di pastore d’animea Bassano, pur esprimendo il desiderio dirimanere in città come sacerdote privato.Ansia e preoccupazione, miste anche ad unacerta curiosità, ci sono nel Bassanese. Chi saràil nuovo arciprete? Si dice che è uno daVicenza, monsignore di Curia, che dirigel’Ufficio per la pastorale del lavoro, ed èanche cappellano delle carceri. In questi quat-tro mesi in cui la parrocchia è retta da donAntonio Dalla Riva si sono susseguiti tantinomi e fatte tante ipotesi. Non è facile neppu-re per il Vescovo trovare il sacerdote giusto, la

Ringrazio Pietro Fabris che miha dato l’opportunità di ricordaremonsignor Giulio De Zen, arcipretedi Santa Maria in Colle di Bassanodel Grappa dal 1973 al 1989. Di lui ho già scritto nel miovolume “Una vita per gli altri”uscito nel maggio 2003 e che haavuto largo consenso, perchétanti hanno amato don Giulio(così bonariamente si facevachiamare) per la sua umanità, la sua sensibilità, il suo sapermuoversi in mezzo alla gente concordialità, gentilezza, spontaneità.Qui sarò molto più concisa,perché parlerò soprattutto delperiodo da lui trascorso a Bassano,dove ha lasciato un segno indelebile. Solo poche righe personali. L’ho incontrato laprima volta in un periodo particolarmente difficile dellamia vita, nel lontano 1974, quandoè morto mio figlio Alessandro.Lui ha capito il mio dolore, ildolore di mio marito e ci è statoparticolarmente vicino. E’ così che si è creata una profonda amicizia, che con iltempo si è sempre più rafforzata.Per noi è sempre stato un padre,un fratello, un grande amico,anche quando con suo granderammarico ha accettato la nominadi nuovo Vicario generale dellaDiocesi di Vicenza avvenuta il31 dicembre 1988.

Maria Sorio

mONSIGNORGIUlIO DE ZEN

Una vita per gli altri

nostra parrocchia è molto impegnativa.Quando viene fatto il nome, le reazioni sono lepiù disparate, perché i cambiamenti sono sem-pre difficili da accettare. Ecco come il direttointeressato si presenta prima del suo ingressonella lettera alla comunità parrocchiale diSanta maria in Colle, pubblicata in «Vitaparrocchiale» (gennaio 1973, numero specialeper l’ingresso del nuovo arciprete): «mi è gradita l’occasione di porgere a tutti ilpiù cordiale saluto nel Signore. Un saluto par-ticolarmente deferente rivolgo a mons.Ferdinando Dal maso, cui mi lega profondavenerazione, ai carissimi confratelli ed amicisacerdoti, agli zelanti religiosi e religiose e aquanti servono alla comunità bassanese, neidiversi settori e a vari livelli di responsabilità.Verrò tra voi nel giorno del nostro patrono, S.Bassiano. Vengo col desiderio di percorrereinsieme con voi - nel tempo, che al Signore eai Superiori piacerà accordarci - un tratto distrada nella realizzazione del “Regno di Dio”,che è l’impegno specifico di ogni comunitàcristiana. Quel “Regno di Dio”, che è “regnodi verità e di vita, di santità e di grazia, di giu-stizia, d’amore e di pace” e che ci sforzeremoinsieme di approfondire e di dilatare in ciascu-no di noi, nelle famiglie, nei gruppi, negliambienti di lavoro, nelle comunità di educa-zione, di sofferenza. mi auguro che possaessere comune lo sforzo per realizzare l’unio-ne con Dio e la fraternità tra gli uomini, conuna premurosa attenzione ai più deboli e menodotati, in leale collaborazione con quanti cre-dono nell’uomo e operano per lo sviluppointegrale di ogni persona, in servizio disinte-ressato a tutta la bella, nobile gloriosa comuni-tà bassanese. Bassano è a tutti nota per la suasecolare tradizione di fede cristiana e di nobi-li virtù civiche. E’ un tesoro che raccogliamo con trepidazionedalle mani di quanti hanno contribuito a crear-lo e che è nostro comune dovere consegnare,integro e ulteriormente arricchito, alle nuovegenerazioni, per costruire insieme un futurosempre migliore. A voi chiedo il dono di unapreghiera, perché la grazia del Signore mi fac-cia servo docile e fedele al servizio del suodisegno di amore per gli uomini. Alla nostrapatrona, Santa maria, che dall’alto del colle

In copertina: don Giulio De Zen ritratto nel 1957, in una gita in Trentino con i suoi ragazzi di Pressana.

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vigila sulla nostra parrocchia, affido la respon-sabilità pastorale, che mi auguro di poter con-dividere fraternamente con i sacerdoti, religio-si, religiose e con tutta la comunità. Da partemia vi assicuro che già occupate una parteimportante nella mia preghiera, con la qualeinvoco le benedizioni del Signore su tutti e inparticolare su quanti, nel corpo e nello spirito,negli affetti o nelle aspirazioni, hanno bisognodi conforto, di luce, di forza e di grazia. Il vostro Arciprete Abate mons. Giulio De Zen»

ma ecco la cronaca della tanto attesa giornata,il 19 gennaio 1973 (da «Vita parrocchiale»,marzo 1973):«Siamo a San Francesco, la chiesa centrale e lapiù bella della parrocchia. la chiesa è gremita,c’è tanta gente, la più varia, di tutte le catego-rie sociali, che è silenziosamente arrivata senzaparticolari inviti. Questa folla rappresenta lacomunità parrocchiale di Santa maria in Colle,che in certe occasioni si manifesta numerosa ecompatta quando c’è qualche cerimonia cherappresenta gli ideali cristiani. C’è un brusioche si va accentuando man mano che passano iminuti; il corteo dei sacerdoti concelebranti,con paramenti dorati, è già presso il portale diingresso. Ore 18.20. piove sul sagrato e anchelì ci sono persone in attesa; c’è anche il Vicarioeconomo don Antonio Dalla Riva, con il sinda-co pietro Fabris. Ecco che una 125 nera siavvicina, è quella del Vescovo e con lui c’è ilnuovo arciprete. Don Giulio entra avanzandotra il sindaco e monsignor Onisto, mentre lam-peggiano le luci dei fotografi; è sorridente, maevidentemente emozionato e con un po’ diimbarazzo. letta la bolla di nomina, il Vescovoprocede alla consegna dei simboli del ministero

pastorale ed esprime i suoi sentimenti di stimae di riconoscenza verso monsignor Dal maso.poi elenca le doti del nuovo pastore: bontà,equilibrio, pazienza, cultura, ricca umanità. monsignor De Zen si rivolge ai fedeli e parla convoce calda e convincente, è il suo primo messag-gio alla comunità. Ci sono anche spunti persona-li che fanno intuire il travaglio interiore e la pre-ghiera dei giorni che hanno preceduto l’accetta-zione dell’incarico, la chiara consapevolezza deicompiti e delle responsabilità che lo aspettano esoprattutto l’ insistenza sull’importanza dell’uni-tà fraterna dei credenti, di questa comunità cri-stiana che deve saper armonizzare tutti i doni chelo Spirito suscita. le sue parole fanno breccia nelcuore della gente, leggere ma penetranti come lapioggia leggera che cade fuori».

il nuovo arcipretema chi è monsignor Giulio De Zen? Un sacer-dote semplice, umile, che ha dedicato tutta lasua vita agli altri, che ha sperimentato fin dagiovane la sofferenza e che per questo la sa

Seminario di VicenzaMarzo 1942 - IV ginnasio.La banda musicale creatada Francesco Grotto. Don Giulio è in seconda filaa sinistra, intento a suonareil tamburello.

Estate 1944.Foto di gruppo di tutti iseminaristi del Liceo sfollati da Vicenza a causadei bombardamenti e accoltiall’Istituto Scalabrini diBassano. Don Giulio è evidenziato dal cerchietto.

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comprendere, sempre presente nella gioia e neldolore con bontà, comprensione, delicatezza.la fede grande, che, come dice don Giulio nelsuo testamento spirituale, gli è stata inculcatafin da bambino, gli permette di superare ognidifficoltà. ma essa non è derivata solo dalleabitudini o dal credo della sua famiglia, è nellaprofondità del suo essere, deriva dagli sforzidel suo spirito per dare una risposta ai tantiperché della vita. Avviene gradualmente in luiil passaggio da una fede ereditata ad unacosciente, matura, frutto di una scelta persona-le. E’ una fede che ha radici nella convinzioneche in ogni uomo c’è un seme di eternità per-ché creato a somiglianza di Dio. Egli intuisceciò che un sacerdote può essere per gli altri esente in sé il bisogno profondo di donarsi.Questo il suo ritratto interiore, questo ciò checoglie la comunità parrocchiale appena iniziaa conoscerlo. In breve tempo conquista ilcuore della gente. Don Giulio nasce a malo il 19 dicembre 1927,ultimo di quattro figli, Francesco, Rita, mariaTeresa, morta a soli tre anni, che egli affettuo-samente ricorda anche nel suo testamento spi-rituale. poche notizie ci sono sulla sua infan-zia; una breve testimonianza è quella di padreFrancesco Grotto, suo compaesano:«Sebbene fosse mio paesano, ricordo GiulioDe Zen come seminarista. Era un ragazzointelligente, composto e generosamente attivo.Sempre fedele durante le vacanze con il grup-po dei seminaristi per la giornaliera visita alS.S. Sacramento e alla mensile per la preghie-ra del rosario al cimitero e all’incontro con glianziani ricoverati. Agiva con entusiasmo alrinnovamento della biblioteca dell’Oratorioparrocchiale con il ricavato delle vendite di

amarene, come pure per le pulizie del piccolocampo sportivo e le altalene ricreative.Era un bravo disegnatore ed in Seminario,avendolo nel mio gruppo come “prefetto” par-tecipava volentieri alla preparazione del nostrogiornalino con figurine e brevi articoli».Qualcosa mi riferisce anche la sorella Rita: lamamma margherita Fontana e il papàFrancesco sono persone semplici, buone, checon tanto amore creano la loro famiglia, unafamiglia profondamente cristiana che trasmet-te a don Giulio una fede che gli permette diaffrontare con coraggio e serenità i tanti even-ti drammatici della sua esistenza. In un paesecome malo di intensa tradizione religiosa, donGiulio conduce come tutti i coetanei una fan-ciullezza spensierata, fatta di giochi liberiall’aperto, di ritrovi all’oratorio dellaparrocchia e forse anche di marachelle chenon mancano mai quando si è ragazzi. Oltre apadre Francesco Grotto, amico adolescente èpure don Valentino Grolla, che con lui e altriotto giovani provenienti da malo entrano inseminario all’inizio degli anni Quaranta.E’ ancora adolescente quando sente la chiama-ta del Signore e la vocazione matura semprepiù con il passare del tempo e sempre più donGiulio ne diventa consapevole. Il fratello mag-giore, Francesco, è già entrato nella vita reli-giosa come padre missionario saveriano.la morte prematura del padre incide in manie-ra positiva sul suo carattere, rendendolo sem-pre più consapevole della sua scelta. Ora è lamamma da sola che deve pensare ai figli; sonogli anni duri della guerra e la vita è difficileanche per i seminaristi. la sorella Rita ognisettimana percorre in bicicletta la strada cheda malo conduce a Vicenza per portare a

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Bassano, estate 1944.Alcuni seminaristi, intenti

alle pulizie, nel cortiledell’Istituto Scalabrini.

Don Giulio De Zen, a braccia incrociate, è il

secondo da sinistra.

15 luglio 1944. Don Giulio, sempre

all’Istituto Scalabrini diBassano, è ritratto a fianco

di don Luigi Castagna.

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Giulio ciò di cui ha bisogno.Già nell’animo ancora adolescente chiaramen-te si profilano i segni che sempre poi ha fattoemergere: una grande capacità di adeguarsialla volontà di Dio, un carattere forte, deciso ela capacità di trasformare quella forza e quelladecisione in qualcosa di positivo per chi loavvicina. A contatto con gli altri la forza si tra-sforma in dolcezza e comprensione. Sa amaree ha sempre amato tanto, fino agli ultimimomenti della sua vita.l’asprezza della guerra costringe i giovaniseminaristi a trasferirsi all’Istituto Scalabrini diBassano. E’ l’aprile del 1944, qui c’è più pos-sibilità di studiare tranquilli. Don Giulio hasolo 17 anni, è sempre più convinto della suadecisione e le brutture della guerra non posso-no che rafforzare in lui l’amore per il prossimo.poi, quando gli eventi storici si ridimensiona-no, ritorna con i suoi compagni al Seminariodi Vicenza. ma la vita gli sta preparando unadura prova. mentre si trova con gli amici invacanza in un campeggio dell’Alto Adige, lamamma improvvisamente muore. Don Giulionon ha la gioia di avere accanto a sé i genitoriquando il 29 giugno del 1950 celebra “la suaprima messa”. l’ordinazione avviene nellachiesa di Santa Corona, perché la cattedrale èancora semidistrutta dai bombardamenti.Il fratello Francesco è lontano, missionario inBurundi; la sorelle Rita si sposa e si trasferiscea Firenze; don Giulio ora è sacerdote, ma è

solo, completamente solo, finché non gli vieneassegnato dal vescovo monsignor CarloZinato il suo primo incarico in una parrocchia.

Sacerdote a PressanaNell’ottobre 1950 don Giulio giunge apressana, paese a sud della diocesi, perenne-mente immerso nella nebbia durante il periodoinvernale. Vi rimane per otto anni lasciando unsegno indelebile della sua presenza.la guerra è finita, ma c’è tanto da ricostruiresia sul piano materiale che morale. Gli vieneaffidato il compito di curare la gioventù, diridare delle speranze, di creare fondamentache non esistono più, valori che sembranomorti. Il vecchio sacerdote don pietromeneguzzo non ce la fa da solo a sostenere laparrocchia, ha problemi di salute; è però moltosevero, rigorosissimo in certe cose, i sacerdotinon resistono accanto a lui e se ne vanno apiangere dal vescovo. la vita a pressana èimpossibile, ma don Giulio ancora non lo sa econ pochi mobili caricati su un carretto e unavecchia bicicletta traballante arriva a destina-zione. Ha solo 23 anni, è di una magrezzaincredibile, ma ha tanta voglia di ricostruireuna parrocchia che ha bisogno di energienuove. I ritmi giornalieri sono duri: svegliaalle 4.30 del mattino, messa alle 5.30, ambien-te gelido, il riscaldamento non esiste, il cibo èmolto scarso. Racconta mario, il figlio delsacrestano di allora, che freddo, sonno, fame,

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Foto di classe III Liceo(1945-’46): don Giulio è in seconda fila, secondoa partire da destra.

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sono i tre incubi di don Giulio in quel periodo,ma resiste e se la cava anche bene, perché iparrocchiani che lo vedono denutrito provanotenerezza. le mamme lo considerano quasi unfiglio e, quando possono, lo invitano a pranzo,sempre all’insaputa dell’arciprete. ma per don Giulio i problemi sono altri; inpaese c’è non solo povertà, ma in certi casiassoluta miseria. moltissimi sono costretti ademigrare e, sia uomini che donne, se ne vannoin lombardia, Valle d’Aosta, piemonte; alcuniaddirittura in Francia, dove è assai sviluppatala bieticoltura. Don Giulio vive in prima per-sona le difficoltà di quella che è diventata orala sua terra e cerca in ogni modo di aiutare chiparte e piange nel lasciare la famiglia e chirimane e soffre per la lontananza. Tantissimigli scrivono lettere per ricevere una parola diconforto; don Giulio non può rispondere atutti e allora gli balena un’idea: perché noncreare un giornale da spedire mensilmenteagli emigranti e ridurre le spese? Nasce così“Collegamento” per gli amici di pressana lon-tani; in prima pagina c’è sempre una sua lette-ra di conforto e raccomandazione, poi i piùstretti collaboratori fanno una cronaca di tuttociò che succede in paese. Riporto una letterasignificativa, datata 7 giugno 1957:«Carissimo, anche quest’anno pressana è tor-nata a svuotarsi. 83 operai partiti per laFrancia, 120 mondine partite per la risaia,

aggiungi poi la quindicina di nostri militari, imolti e molti che lavorano in piemonte, inlombardia… insomma è un bel salasso! Eogni anno, quando ci sono queste partenze, mitorna sempre in cuore la grande domanda, anziuna serie di domande. Si manterranno buoniquesti cari partenti? Ritorneranno buoni? Inquali ambienti si troveranno? Quali difficoltàavranno da superare? A queste domande iovorrei sempre dare le più belle risposte. Edogni giorno ti ricordo nella S. messa. Guai sequel pane che ti guadagni con tanta fatica, ticostasse la perdita della fede. Guai se ritornan-do alla tua casa, allo scadere del contratto odegli impegni porterai sì un bel gruzzolo disoldi (e ben guadagnati) ma avrai perduto quelpatrimonio di bontà, di onestà, di fede, chedevi stimare più di ogni altra cosa. Sarebbeveramente una perdita grave che i soldi nonpotranno mai ricompensare. li penso, cari, ivostri sacrifici, le vostre fatiche, ed ogni mat-tina, quando celebro la S. messa, li metto nelcalice d’oro, insieme al vino che diverrà ilcorpo di Cristo, o alzando quel calice verso ilcielo, dico: “Signore, per il Sangue di TuoFiglio e per i sacrifici, il sudore, le sofferenzedei nostri militari, dei nostri lavoratori, vicinie lontani, scendano su tutti le tue benedizioni.mantienili in salute e ridonali forti alle lorofamiglie. Custodiscili buoni e fa che ritorninomigliori in braccio ai loro cari.” Se anche tu, dalontano, ti unisci spiritualmente a questa miapreghiera, essa certamente non potrà rimanereinesaudita e strapperà veramente le grazie chechiedo. Il S. Cuore di Gesù, che in questo meseonoriamo particolarmente, ti benedica e ticustodisca come io ti benedico di cuore. Don Giulio»

Il paese un po’ alla volta si spopola sempre piùe don Giulio cerca di essere vicino ai ragazzi eai giovani che hanno bisogno di una guida. Nonha soldi e inventa tutti i modi per raccoglierne.Durante l’inverno, esattamente il 2 gennaio,festa di S. Bovo, protettore degli animali, iniziala benedizione delle stalle, vecchia usanza moltosentita nei paesi di campagna, dove le muccheerano l’unica ricchezza per la famiglia. Questocompito spetta al curato, l’arciprete invece hal’impegno della benedizione delle case.

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Malo, 19 agosto 1947. Don Giulio con la mamma Margherita, il fratello Francesco (anch’eglireligioso) e la sorella Rita.

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mario ricorda che era un lavoro molto fatico-so, ma che don Giulio lo faceva con brio edallegria. Il freddo era terribile, acuito sempredalla fitta nebbia; don Giulio, avvolto in unampio mantello, con un berretto di lana calatofin sopra agli occhi, con un paio di scarponipesanti, dono di qualche buonanima, partiva almattino presto in bicicletta e via. mario loseguiva con una cesta in mano; lì venivamesso ciò che ogni famiglia donava. Eranosempre salami, perché quasi tutti possedevanoun maiale, era l’unica carne che la gente dipressana poteva allora permettersi di mangia-re. Il freddo a volte era talmente intenso chedovevano fermarsi per riuscire a respirare; tal-volta le ruote delle biciclette si piantavano nelfango e riuscivano a districarle a fatica.Arrivavano poi nella stalla, si benedicevanogli animali e ci si fermava soprattutto perriscaldarsi. la stalla era a quei tempi l’unicafonte di calore durante i gelidi inverni. manmano che si passava da una casa all’altra, lacesta si riempiva; ma al ritorno vi rimanevadentro ben poco, perché don Giulio distribui-va quanto aveva ricevuto in dono, a famiglieche vedeva ancor più povere di lui. DonGiulio e mario ritornavano a casa stanchi, mafelici e questo lavoro continuava per unaquindicina di giorni. Al ritorno profumavanodi stalla, ma nessuno in paese ci faceva caso,perché era un profumo a cui tutti erano abi-tuati. Se qualche salame avanzava, venivamesso da parte con grande cura; serviva afare festa con i ragazzi. Erano loro la suagrande preoccupazione, l’obiettivo del suolavoro pastorale.per trattenerli in paese cerca di coinvolgerliallestendo una compagnia filodrammatica,creando con inventiva scenografia, costumi,trucchi. Il teatro ha successo e si guadagna,tutto serve a racimolare soldi ed allora si fannogite a passo Rolle, Cortina, Dolomiti. Si arri-va in montagna, si mangia al sacco e si cam-mina, si cammina molto cantando tra boschi evalli. In mezzo alla natura, al silenzio, alle bel-lezze del creato egli sa fare incontrare Dio airagazzi, quel Dio che non si trova solo tra ibanchi di una chiesa, ma ovunque si sappiavedere. li sprona poi allo studio ed educa lefamiglie a capirne l’importanza.

Trasferimento a VicenzaDon Giulio, dopo otto anni di intensa attivitàpastorale, lascia pressana per una nuova mis-sione. Nel 1958 è a Vicenza. Ecco l’ultima lettera scritta il 28 dicembre1958 su “Collegamento” agli amici lontani:«Carissimi, questa volta non vi scrivo più dapressana ma da Vicenza. mi è tanto graditomandarvi da “Collegamento” un saluto di com-miato. per me “Collegamento” era un gradito eatteso appuntamento mensile con tutti voi; mipareva quasi una amichevole conversazione traamici. E voi avete risposto magnificamente.Tengo ancora le vostre lettere e le conservocome un caro ricordo. Ora vi scrivo da Vicenza.mi hanno incaricato di fare scuola inSeminarietto. Quando insegno il francese miritornano sempre alla mente le tante lettere cheinsieme scrivevamo per i famosi contratti bietico-li. Inoltre devo attendere alle AClI per l’assisten-za ai lavoratori cristiani. Quindi vedete che siamoancora nel nostro campo. perciò non ci diciamo“addio”, ma speriamo di incontrarci ancora. Nelfrattempo continuiamo a tenerci sempre unitinella preghiera e in quel proposito di bontà, dionestà e di fede, che sempre abbiamo cercato ditener vivi con il nostro “Collegamento”. Oratenetevi uniti con don Giuseppe, mio carissimosuccessore, che con tanto amore lavora nellanostra cara pressana. per noi non ci sono interru-zioni, ma il nostro deve essere un cammino con-tinuo sulla strada del bene. Vi saluto caramente.Vi abbraccio ad uno ad uno e vi benedico contutta l’effusione del mio cuore sacerdotale. Don Giulio»

Nel 1958, dunque, don Giulio è a Vicenza. IlVescovo comprende i talenti del giovanesacerdote e gli affida l’incarico di insegnantenel Seminarietto della Cattedrale. la sua vitaprende una svolta nuova, con responsabilitàmaggiori. Nell’ottobre dello stesso anno ènominato Consulente del Segretariato per l’at-tività sociale e vice assistente provinciale delleAClI. È un mondo nuovo, a cui la Chiesadeve rivolgersi con parole nuove e don Giuliosi rende conto quanto sia difficile conciliare lamorale evangelica con la politica.Nel 1966 è nominato cappellano delle carceridi Vicenza. E’ un’esperienza molto profonda

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per lui, perché la sua sensibilità gli dà modo diconoscere i drammi di molte persone. Egli rie-sce lentamente ad entrare nel cuore dei detenu-ti come un fratello a cui vengono fatte le con-fidenze più segrete e posti problemi per lo piùinsolubili. Don Giulio non scoraggia mai nes-suno, non condanna mai, ascolta con attenzio-ne ogni problema come fosse l’unico che deverisolvere e poi con il suo equilibrio interiore,con la sua semplicità, con la sua chiarezza, dàad ognuno la risposta adeguata. Trascorre ore eore dentro le mura del carcere, cercando inogni modo di consolare una parte di umanitàcosì profondamente angosciata. Riceve moltelettere da detenuti, lettere di riconoscenza, diringraziamento, dopo che costoro uscivano dalcarcere. Tanti poi continuano ad avere un rap-porto con lui, lo cercano per essere riabilitatinella società, per poter trovare un posto dilavoro. Don Giulio aveva capito che in carcereil detenuto non doveva essere del tutto isolato,ma avere un minimo di relazione con la socie-tà. Il carcere secondo lui non permetteva allepersone di cambiare; da una parte c’è sì ildovere della pena, ma dall’altra c’è pure ildiritto alla rieducazione e al reinserimento.penso che questa esperienza abbia arricchito la

sua vita sacerdotale, rendendo ancor più pro-fonda la sua naturale sensibilità e la sua predi-sposizione ad entrare nell’animo di ogni perso-na che incontrava, cogliendone gli aspetti piùreconditi. Don Giulio sapeva curare le feritecon dolcezza, senza acuire il dolore e di ognipersona, anche la più malvagia, coglieval’aspetto positivo. Durante il periodo in cui eglifu cappellano a Vicenza, un detenuto fuggì dalcarcere e don Giulio per tutta una notte cercò distabilire con lui dei contatti, di farlo rientrare,per scongiurare una pena peggiore. Centinaia erano coloro che nel palazzo delleOpere sociali in piazza Duomo, lo aspettava-no, gli chiedevano aiuto e don Giulio non hamai detto no a nessuno. Anche più tardi,durante il Sinodo diocesano, in uno dei suoiinterventi, invita i sinodali e tutta la comunitàcristiana della diocesi a riflettere sulla respon-sabilità di tutti nei confronti della imminenteapplicazione della legge sulla amnistia chedoveva andare in vigore nel Natale di quel-l’anno. Si calcolava che dovevano uscire dallecarceri cinque - seimila detenuti. Secondo donGiulio “tutta” la comunità cristiana dovevasentirsi interpellata da questo avvenimento. Ilproblema dei carcerati rimane sempre vivo nel

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In posa, assieme al vescovodi Vicenza mons. Carlo

Zinato, un gruppo di nuovisacerdoti. Don Giulio è ilprimo a destra, nella fila

superiore (29 giugno 1950).

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suo cuore, anche quando altri impegni assorbi-ranno gran parte del suo tempo. Tutto ciò finoall’8 dicembre 1972, quando assume l’incaricodi arciprete abate di Bassano.

l’azione pastorale a BassanoEgli arriva qui in un momento un po’ difficile,surriscaldato dal problema della crisi di unagrande azienda industriale “la Smalteria &metallurgica Veneta”. proprio durante i primitempi del suo ministero iniziano le prime ver-tenze tra la proprietà e il Consiglio di fabbrica.Il lavoro diventa sempre più precario e semprepiù diffusa la cassa integrazione. Don Giulioviene a stretto contatto con il dramma di moltefamiglie. Il Natale del 1975 è ancora vivo nellamemoria dei bassanesi; il giorno prima a tuttele maestranze arrivano lettere di licenziamentoe la più grande fabbrica di Bassano è in liqui-dazione. l’inflazione avanza in Italia e anchenel Bassanese e altre fabbriche entrano in crisi,come la Samet e la Faacme. Don Giulio, cheper anni aveva impegnato le sue migliori ener-gie nella pastorale del lavoro a Vicenza, nonpuò certo rimanere insensibile a quanto stasuccedendo. Egli è a stretto contatto con gliamministratori comunali, profondamente inte-

ressato ai gravi problemi che colpiscono lacittà. la crisi inizia quando è sindaco pietroFabris ed esplode in pieno con martinelli. DonGiulio cerca di creare un clima di cordialità edi reciproca fiducia con il mondo politico esindacale, ascolta proposte e dà suggerimentisempre in maniera concreta e realistica. percinque anni e mezzo vive accanto a monsignorFerdinando Dal maso e lo fa senza invadenza,in un clima di fraternità e riconoscenza perquanto il predecessore ha fatto in parrocchia. Equesto fino al 10 settembre 1978, quando mon-signor Dal maso muore.E’ impossibile qui dire tutto quello che donGiulio ha fatto a Bassano in sedici anni; elen-cherò le cose più importanti, le più evidenti,ma il bene nascosto, ed è stato tanto, lo sannosolo le persone che l’hanno ricevuto.Ogni domenica pomeriggio, dopo la celebra-zione dei Vespri, si recava all’ospedale per por-tare una parola di conforto a chi sapeva amma-lato. Anche gli anziani della Casa di riposo loconoscevano bene e lo aspettavano con ansia,perché molti non ricevevano mai alcuna visita enon avevano più né parenti né amici.Grande attenzione aveva pure per la famiglia.Subito dopo l’arrivo a Bassano il suo primo

Don Giulio, nel 1957, in gita in Trentino con i suoi ragazzi di Pressana.

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impegno è stato quello di farsi conoscere per-sonalmente ed è passato di casa in casa perchéper lui questo era l’unico mezzo valido percapire la gente e conoscerne i problemi.Era solito celebrare ogni mattina la santamessa delle 9 nella chiesa di San Francesco emolte erano le persone che vi partecipavano.Era sua abitudine poi ritirarsi nel suo ufficio elì accogliere chi desiderava un dialogo con lui.Una parola di conforto c’era per tutti e tantisentivano il bisogno di condividere con l’arci-prete pesi che opprimevano l’animo, angosceche spesso non sapevano sostenere da soli. lasua disponibilità all’ascolto è stato certamenteuno dei suoi carismi più grandi.Seguiva personalmente il gruppo di donne diAzione Cattolica. Erano perlopiù madri difamiglia con figli già grandi, nonne che ama-vano ritrovarsi una volta alla settimana per dia-logare. Don Giulio ascoltava tutte e spesso sirecava con loro in pellegrinaggio, quasi sem-pre presso santuari della Vergine per unmomento di raccoglimento e di preghiera.Oltre a pastore d’anime egli è sempre stato pre-sente in campo culturale e sociale.Nel gennaio 1978 egli invita monsignorOnisto, vescovo di Vicenza, a celebrare lamessa di San Bassiano. l’omelia diventa pro-

vocazione per un impegno concreto a sostegnodi tanti giovani in difficoltà.Nel 1980 presenta il volume di monsignormantese Bassano nella storia. La religiosità. Illibro racconta l’evoluzione della comunità cri-stiana fin dalle prime origini, è interessante etrova largo consenso. Nel museo cittadino col-labora alla realizzazione (1988) della sala delTesoro della Chiesa bassanese, partecipa amanifestazioni culturali e a mostre, anima tra ilaici riflessioni sui temi del rinnovamento con-ciliare, dei problemi Chiesa-Territorio.Nel 1981 in Italia c’è il voto per l’aborto. DonGiulio, con una settimana di predicazione, cercadi sensibilizzare la gente, perché a maggio c’è ilreferendum e si tratta di decidere se dire sì o noalla vita. E’ una responsabilità pesante, di cuianche molti cattolici non comprendono la porta-ta. Il risultato crea sgomento in molte coscienzee don Giulio in varie occasioni si batte per rin-novare l’impegno a difesa della vita fin dal suoconcepimento. Aveva grande rispetto per la vita,anche quando sbocciava al di fuori del matrimo-nio; non giudicava mai severamente la donna,cercava solo persone che la potessero aiutare aportare avanti la gravidanza.Il 10 giugno 1984 un avvenimento di straordi-naria importanza coinvolge la Diocesi di

La “Lettera n. 22” e la“Lettera n. 34” nel giornale

“Collegamento per gliamici di Pressana”.

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Vicenza. Il vescovo monsignor ArnoldoOnisto dà vita al 25° Sinodo diocesano pervedere quali scelte fare per il rinnovamentodella Chiesa. lo presenta come una nuovapentecoste per la chiesa vicentina; è un lavorofaticoso e sofferto, che si conclude nel 1987 ein questo cammino di fede non poteva manca-re don Giulio, presidente della III commissio-ne sinodale “la Chiesa cammina con i pove-ri”. Ecco una parte della relazione tenuta inassemblea sinodale da monsignor De Zen:Chiesa e politica di fronte alla povertà.«ma decidersi per i poveri non basta. Gesùchiede di più e cioè che ciascuno di noi si fac-cia volontariamente ‘povero’. E’ il programmadi vita proposto da lui e che i suoi seguacidovranno vivere nel clima delle beatitudini.luca parla di poveri dal punto di vista econo-mico sociale, matteo dal punto di vista spiri-tuale; poveri in ispirito sono quelli che hannoliberato il cuore e la vita da tutti i legamiingombranti e si sono abbandonati totalmentea Dio. la loro è una libertà d’acquisto.Soltanto se è tenuto presente l’uno e l’altroaspetto della povertà, il messaggio di Gesùviene accolto nella sua pienezza. E c’è unlegame tra povertà e liberazione.la povertà non va cercata per se stessa, quasifosse un rifiuto dei doni del Creatore. E’ unascelta di libertà per riconoscere il primato diDio; per imitare Cristo che ‘da ricco si fecepovero per farci ricchi della sua povertà’ (2Cor. 8,9); per costruire uguaglianza, fraternitàcon tutti gli uomini, figli dello stesso padre eperciò fratelli di pari dignità. la povertà èquindi un male da combattere e da vincere perla liberazione degli uomini dal bisogno o dasituazioni indegne dei figli di Dio.ma è anche virtù evangelica da scegliere libe-ramente e da vivere anzitutto da noi, come sin-goli e come comunità e poi da comunicare aglialtri soprattutto con la nostra gioiosa testimo-nianza. Siamo ancora però lontani da questoideale, se il prof. Sarpellon constatava amara-mente nella sua relazione: ‘Se la povertà èsempre meno una beatitudine ricercata dai cri-stiani e dalla Chiesa, essa è d’altra parte unatragedia sempre più grave per chi la deve subi-re contro la propria volontà’.Un’altra domanda è stata presentata: in che

senso i poveri sono portatori di buona novellae di valori positivi? (…)Un secondo tema da approfondire riguardal’impegno della Chiesa per rimuovere la causadella povertà.può sembrare un tema da specialisti e comun-que lontano dalle nostre preoccupazioni pasto-rali e dalle nostre competenze personali. Cicorre comunque l’obbligo di iniziare il nostroimpegno, cercando di conoscere la realtà entrocui vogliamo operare e di individuare i maliche vogliamo curare, secondo il metodo clas-sico del vedere, giudicare ed agire.In questo ci sono d’aiuto le comunicazioni deiproff. musu, Sarpellon e moletta, che ci hannoprospettato cause e meccanismi che generanoe conservano povertà.Alla comunità cristiana si presenta però un pro-blema delicato che spesso provoca tensione tragruppi ecclesiali e persone che operano nelcampo della carità: come coniugare insiemel’assistenza, la promozione umana e la preven-zione?C’è ancora chi ci accusa come Chiesa di esse-re stati nella storia la ‘Croce Rossa’ che hasoccorso amorevolmente le vittime dell’ingiu-stizia. Anche oggi c’è qualcuno che osa scrive-re che, dopo il fallimento dello stato sociale,per i poveri non rimane che la Caritas, perchél’economia deve seguire le leggi ferree delmercato.Dobbiamo andare oltre il buon Samaritano.Non basta piegarsi con amore sulle piaghe deldepredato. Dobbiamo tentare di fermare lemani dell’assassino, lottare per cambiare lecause che provocano e mantengono la povertà.la carità non può non farsi politica, anzi paoloVI definisce la politica la forma più alta dellacarità. per questo non è accettabile un assisten-zialismo che trascuri le cause della povertà.l’assistenza sarà sempre necessaria, perché acerte urgenze, bisogna dare risposte immedia-te. ma contemporaneamente deve procederel’opera di rimozione delle cause sociali, legi-slative, ambientali, che faccia uscire dal-l’emergenza l’assistito e che prevenga la situa-zione di disagio».E proprio alla conclusione del Sinodo donGiulio rinnova il Consiglio pastorale, che è ilpiù rappresentativo di tutti i precedenti.

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19 gennaio 1973: mons.Giulio De Zen, nominatoarciprete abate di SantaMaria in Colle, si apprestaa entrare nella chiesa di SanFrancesco, accompagnatodal sindaco Pietro Fabris.

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In autunno, proprio per realizzare nella vitapratica e rendere concrete le proposte delSinodo, mons. De Zen indice a Bassano unamissione cittadina. lo scopo è sensibilizzaretutte le persone e renderle partecipi di questonuovo cammino insieme e soprattutto raggiun-gere i “cosiddetti lontani”, quelli che non lavo-rano in parrocchia per mancanza di buonavolontà o capacità, ma forse perchè nessuno hamai fatto loro qualche proposta. Ci sono tantiche hanno talenti, che possono arricchire con illoro contributo la comunità; bisogna invitarli apartecipare a questo singolare avvenimento. lamissione cittadina viene programmata e realiz-zata da don Giulio con la massima cura; è aiu-tato da validi collaboratori e soprattutto dalConsiglio pastorale, ora più ampio, più ricco dirappresentanti di ogni gruppo e movimento.l’obiettivo è testimoniare la fede mediante lacondivisione con gli ultimi; ma come realizza-re ciò se molte famiglie dello stesso quartiereneppure si conoscono, se addirittura nello stes-so condominio si ignora quello della portaaccanto? Don Giulio capisce che per conosce-re bene anche le famiglie in difficoltà la gentedeve trovare il modo di incontrarsi, di segnala-re i casi difficili. Decide di creare dei centri diascolto; ogni quartiere ha il suo. Animatori pre-cedentemente preparati e con un programma

ben definito (nulla viene improvvisato), si met-tono a disposizione della parrocchia, o in caseprivate o in qualche istituto religioso, per riunirecoloro che rispondono all’invito dell’arciprete.l’invito è rivolto a tutti indistintamente e inca-ricati lo consegnano personalmente ad ognifamiglia, proprio perché ci sia la certezza dinon trascurare nessuno. E’ un lavoro ben coor-dinato, preciso, la gente non risponde al centoper cento, ma c’è una buona partecipazione.Se al primo incontro c’è qualche perplessità odiffidenza, un po’ alla volta in ogni centro sicrea un clima di maggior libertà, di coesione,c’è meno difficoltà a parlare, ad esprimere ilproprio modo di vedere le cose. A volte lediscussioni si fanno molto animate, ci sonopunti di vista totalmente diversi, ma importan-te è raggiungere l’obiettivo: camminare insie-me! la missione dà i suoi frutti, anche se nonsono immediatamente visibili.Una iniziativa molto particolare è una messaserale nella chiesa di San Francesco, alla qualesono invitati a concelebrare con mons. De Zene il vescovo mons. Onisto, tutti i sacerdoti chenel corso degli anni si sono avvicendati nellaparrocchia di Santa maria in Colle. E’ una ceri-monia suggestiva, commovente, che fa incontrarea distanza di anni sacerdoti, magari trasformatinel fisico, un po’ incerti nel passo, con i capelli

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Un momento della cerimoniad’insediamento di mons.

De Zen, il 19 gennaio 1973,nella chiesa di San Francesco.

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bianchi, ma ancora pieni di vigore interiore evivi nella memoria di tante persone. Bassano hasempre avuto la fortuna di avere dei grandisacerdoti, che è impossibile dimenticare.Durante la celebrazione mons. Onisto conferi-sce ad una coppia di sposi, Giorgio Alberton emaria Sorio, il ministero del lettorato e nomi-na una decina di laici ministri straordinaridell’Eucarestia. Bellissimo è poi il ritrovo insacrestia dove la gente si affolla per salutarequesto o quel sacerdote, che forse non avevapiù rivisto dopo la partenza da Bassano. la missione si conclude con una solenne cele-brazione a fine novembre al Tempio Ossario,in una chiesa gremitissima di fedeli.mons. De Zen nella sua vasta azione pastora-le coordina e suscita interesse nel laicato peranimare molteplici occasioni di riflessione suitemi del rinnovamento conciliare, dei rapportiChiesa - territorio, dei problemi emergenti. E’Vicario foraneo quando sorgono la Scuola diformazione teologica per laici (ne sarà il rap-presentante del Vescovo), il centro Studilarizza, il Circolo Studi cristiani, i corsi diEtica politica a Villa San Giuseppe, le varieiniziative dell’Azione cattolica vicariale.per quanto riguarda il “sociale” mons. De Zenè rispettoso delle competenze altrui, anche senon limita un supplemento di attenzione e di

disponibilità. per statuto è membro dei Consiglidi amministrazione del pirani e del Cremona, èuno dei primi sostenitori del volontariato citta-dino (sono circa una cinquantina i gruppi) eguarda con interesse le iniziative che, anchecon fatica, cercano risposte nuove a bisognitroppo radicati nel mondo dell’emarginazione(droga, handicappati, carcere, alcolizzati).Sul campo “politico” don Giulio dà testimo-nianza di un rapporto Chiesa - mondo riferitoad una precisa ecclesiologia e laicità.Collabora dove non solo gli è consentito, magli è suggerito dalla opportunità del suo mini-stero, stimola i laici ad assumere la lororesponsabilità davanti alla propria vocazionedi cristiani nel mondo, rispetta qualsiasi sceltaorientata al bene comune della società.Grande è anche l’attenzione per il restaurodelle chiese. Durante la settimana santa del1982 si riapre la chiesa di San Francesco,ritornata alla sua bellezza originale dopo unaccurato intervento. Già nel 1977 un’appositacommissione aveva presentato un progettoglobale per i restauri delle chiese del centro stori-co e sarà una delle opere più grandi che donGiulio porterà a termine. Sono ritornate al loroantico splendore anche la chiesa di San Giovanni,la chiesa della Beata Giovanna e soprattutto ilDuomo, inaugurato il 19 gennaio 1988.

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La concelebrazione dellamessa nell’occasione dell’insediamento di mons.De Zen in San Francesco.

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1988: l’anno dei grandi cambiamentil’anno 1988 è denso di avvenimenti, sia per laDiocesi di Vicenza che per la comunità diSanta maria in Colle a Bassano. Il giorno 8maggio la Chiesa vicentina aveva accolto ilnuovo vescovo, pietro Nonis. Carlo Fanton,vescovo ausiliare, dà le dimissioni per raggiun-ti limiti di età ed ora si deve scegliere il succes-sore. A mezzogiorno del 31 dicembre ilVescovo consegna la lettera di nomina dinuovo Vicario generale della Diocesi a monsi-gnor Giulio De Zen. E’ una data storica per lanostra parrocchia, c’è stupore e rammarico;don Giulio inizierà il suo incarico molto presto,il 2 febbraio 1989. Ripetutamente egli avevachiesto di non essere scelto; l’onore a cui loelevava l’alta carica forse lo spaventava, teme-va di non poter essere più un pastore d’anime,ma di svolgere solo un lavoro di ufficio. Inoltrecon gli anni erano subentrati problemi di salu-te; una grave forma di diabete, che don Giulionon aveva mai fatto pesare a nessuno, lo face-va soffrire. Alla fine accetta, con grande soffe-renza, ma accetta, per obbedienza, perché vedenella scelta del Vescovo la volontà di Dio. Ecosì, dopo sedici anni di intensa attività pasto-rale, don Giulio lascia Bassano.la sua vita cambia totalmente, anche per unaserie di avvenimenti che minano seriamente la

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Un momento dell’omelia di mons. De Zen nellamessa d’insediamento, il 19 gennaio 1973, a SanFrancesco.

sua salute. Il primo aprile 1992 è veramente ungiorno determinante, che influisce sul suomodo di essere e di pensare. Uno squilibratoentra in curia e accoltella ripetutamente donGiulio mentre svolge il suo lavoro.l’aggressione mette in serio pericolo la suavita ed egli è certo che è stata la Vergine a sal-varlo, ma tutto cambia per lui. la sua forzafisica ne viene fortemente minata e di questoepisodio ne paga le conseguenze più tardi,quando, nel maggio del 2000, una improvvisaleucemia stronca in pochi mesi la sua vita. Neavverte i primi segni, in giugno, quando guidaa Fatima un pellegrinaggio. Siamo esattamentenella settimana tra il sei e il nove: una bellissi-ma statua della Vergine, realizzata in fusione dibronzo, destinata ad essere collocata sulla cimadel monte Caina, per proteggere dall’alto tuttele popolazioni del Bassanese, viene portata aFatima da un gruppo di fedeli. A Cova di Iria, la sacra immagine viene bene-detta dal Vescovo del luogo nella cappelladelle Apparizioni, alla presenza ufficiale di unadelegazione di sindaci del comprensorio diBassano e di autorità religiose. lo stesso pon-tefice, Giovanni paolo II la incorona più tardia Roma e compone una dedica da mettere aipiedi della madonna. Nostra Signora di Fatimadiventa il simbolo del secolo appena trascorso,delle sue sofferenze e delle sue speranze. Ed èdon Giulio appunto, che guida i pellegrini inquesto viaggio particolarmente significativo. Sisente stanco, affaticato, ma attribuisce questosuo malessere al caldo, alle tante celebrazioni,non pensa assolutamente alla grave malattia chegià ha minato il suo fisico; solo al ritorno aVicenza, quando i sintomi si fanno più insistentie fa alcune analisi del sangue, si rende conto chequalcosa non funziona. le prime indagini dannoun risultato allarmante e don Giulio viene subitoricoverato nel reparto di ematologia per unapprofondimento degli esami. le piastrine delsangue sono bassissime, ma don Giulio, anche sepreoccupato, è sereno, spera, la diagnosi non èancora stata fatta. la speranza di superare questomomento è chiara, perché anche se ha bisogno ditrasfusioni frequenti ha fiducia, tanto che pro-gramma di essere presente sul monte Caina ilgiorno 14 ottobre, data stabilita per la colloca-zione della statua della Vergine. Esprime il

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desiderio di partecipare alla celebrazione, chegli ricorda da vicino la sua Bassano, quellaBassano che si ammira grandiosamente dal-l’alto della vetta; Bassano che egli tanto avevaamato e che sempre, anche a Vicenza, riempi-va una parte del suo cuore. ma quel giornodon Giulio è già in cielo. muore infatti al SanBortolo a Vicenza il 12 ottobre del 2000, pian-to dai bassanesi e da tutta la diocesi.Ecco una parte dell’omelia del Vescovo duran-te la cerimonia funebre, tratta da «la Voce deiBerici» del 22 ottobre 2000:«Don Giulio nella sua vita intera non ha maidetto no. Il suo sì al Signore è stato pieno econtinuo, in una fede salda. Nella sua esisten-za quotidiana di prete viveva come se si sen-tisse ben tranquillo tra le braccia divine. DonGiulio ha sempre detto sì ad ogni persona cheincontrava, al povero che tendeva la mano perl’elemosina, alla persona afflitta che sentivabisogno di consolazione, al disoccupato chechiedeva un interessamento per il lavoro. Atutti i preti che lo avvicinavano. Ogni suo sìera pronunciato soprattutto con il cuore, con ilsuo grande affetto che voleva beneficare ognipersona. E’ umile di cuore perché non ha maicercato il primo posto, piuttosto ha compiuto ilservizio là dove nessuno osava impegnarsi,fedele alla missione affidatagli».

Nel suo testamento spirituale don Giulio espri-me la volontà di continuare ad amare, di ricor-darsi di quanti ha incontrato nella sua vitasacerdotale, di aspettare tutti, per una festaperenne in cielo. Ecco alcune frasi tratte dalsuo ultimo scritto, quando la morte ormai èsempre più vicina:«Sento il bisogno di ringraziare il Signore...lo ringrazio per la Famiglia e singolarmenteper papà Francesco, mamma margherita,padre Francesco, saveriano e Rita, per la vitache mi hanno dato, il bene che mi hanno volu-to, la fede che mi hanno inculcato.lo ringrazio per la vocazione sacerdotale e pergli anni di Seminario, ricchi della premura deisuperiori, educatori, professori.lo ringrazio per cinquant’anni di vita pastora-le... per le tante persone e i molteplici ambientiincontrati... chiedo sinceramente perdono alSignore, ai Confratelli e a quanti ho avvicinato,del male fatto, del bene non fatto o fatto male.Chiedo a Tutti la carità di una preghiera di suf-fragio e prometto di ricordarmi di tutti, insie-me con papà, mamma, padre Francesco,maria Teresa e quanti sono già nel Signore.[...] Arrivederci in paradiso».

Maria Sorio

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Alcune autorità cittadine presenti alla cerimonia d’insediamento di mons. De Zen. Si riconoscono, da sinistra, il sindaco Pietro Fabris, il sen. Onorio Cengarle, l’ing. Giovanni Bottecchia, l’avv. Sergio Martinelli, il rag. Antonio Basso, il prof. Giambattista Vinco da Sesso, il dott. Longo (procuratore della Repubblica), il sig. Giovanni Cosma (primo sindaco di Bassano del Dopoguerra) e la signora Maria Prosdocimo Finco.

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TeSTiMonianze

dall’introduzione al libro Una vita per gli altri.

Mons. Giulio De Zen di Maria Sorio (2003)mons. Giulio De Zen, don Giulio per coloroche avevano la fortuna di essergli amici, èstato, nel periodo in cui fu mio Vicario genera-le nella diocesi di Vicenza, il mio più vicino,sicuro, discreto, affidabile, generoso, umilecollaboratore. Chi sa come stanno le coseall’interno della Chiesa, dove ogni giorno lagrazia del Signore si combina variamente conle nostre debolezze umane, può farsi un’ideaabbastanza precisa, non approssimativa, nonconvenzionale, di quanto sia difficile assumeree svolgere ruoli di primaria responsabilitàsenza perdere di vista l’umanità, sua propria edaltrui: senza montare in superbia, credered’avere facoltà o diritti che non tutti hanno.Come Vicario generale della diocesi, mons. DeZen succedeva ad un uomo di singolare valore,che aveva assunto analoghe funzioni in annilontani, nella Chiesa ancora non tribolata népromossa dal Concilio. Il suo predecessore,mons. Carlo Fanton, che il vescovo CarloZinato aveva voluto accanto a sé come uomo diprimaria se non esclusiva fiducia, chiedendoper lui alla Santa Sede la dignità episcopale, erastato di don Giulio superiore autorevole eamico cordiale, ma aveva costituito un moduloo modello di Vicario generale connotato anzi-tutto dall’autorevolezza, se non dall’autorità, o,come qualcuno diceva dall’autoritarismo chefacilmente contrassegnava, nei tempi passati,l’esercizio delle più alte responsabilità ecclesia-stiche. Nella Casa del clero che il vescovoRodolfi aveva costituito perché accogliesse isacerdoti operanti a servizio della Diocesi nellacittà di Vicenza, don Giulio fu per lunghi anniaccanto al suo predecessore, uomo d’integrosentire ma di non facilissima accessibilità, ono-rato della sua fiducia e sempre pronto, d’altron-de, a quell’obbedienza ecclesiale che era tantopiù apprezzabile in quanto egli, don Giulio,capiva con concreta precisione quali potevanoessere, nei singoli casi, i limiti e gli ostacoli siadel comandare sia dell’obbedire.Non ci siamo mai trovati in aperto disaccordo.ma capii presto che se fosse avvenuto che inostri temperamenti, i modi di vedere e di pen-

sare, si fossero in qualche misura diversificatisino allo scontro, egli avrebbe imposto a sestesso, senza farlo pesare al suo interlocutore,l’accettazione del modo di vedere del superio-re, in questo caso il Vescovo, che gli era since-ramente amico. Avevamo quasi la stessa età:egli era più giovane di me d’alcuni mesi, non ditanto, comunque, da rendere me o lui incapaci diricostruire entro a quadri analoghi le nostre pas-sate esperienze. Egli aveva su di me un vantag-gio: era stato, dentro la Chiesa diocesana, inve-stito di mansioni ed incarichi altamente qualifi-canti, mentre io, nello stesso periodo, svolgevonella mia diocesi di origine funzioni tutto som-mato più semplici, fosse nel Seminario in cuiinsegnavo dal 1950 (anno della nostra ordinazio-ne), fosse l’Azione cattolica, fosse l’insegna-mento prima della religione nelle scuole statali(milano, pordenone), poi la docenza universita-ria, che nulla aggiungeva, nei confronti di lui, almio essere prete (tant’è vero che fui parroco diuna piccolissima comunità, mentre don Giuliofaceva da pastore, alla grande, in Santa maria inColle e in Bassano tutta).l’essere cresciuti, sia pure in ambienti moltodiversi, negli stessi anni, ci portava ad una note-vole facilità di scambio delle opinioni, d’intesanell’affrontare i problemi, di accoglienza reci-proca del modo di dire di essere e di pensare.Considero una grande fortuna aver avuto, dopoil breve periodo in cui mons. Fanton, vescovoausiliare, fu da me pregato di continuare nel-l’incarico di cui già il vescovo Zinato l’avevaonorato, come immediato, quotidiano, rassicu-rante collaboratore mons. Giulio De Zen.Ci incontravamo spesso, quasi tutti i giorni. Econsideravo una gioia, per me, l’averlo miocommensale, in una Casa vescovile che per ilpassato non pareva tanto adusata alla presenzaconviviale dei preti. Ricordo con divertitocompiacimento che un giorno mi confidò, sot-tovoce, d’aver ricevuto una telefonata da uncollega-amico d’una diocesi affine alla nostra,il quale gli chiese ogni quanto tempo incon-trasse il Vescovo, e si mostrò almeno stupitoquando don Giulio gli disse “quasi ogni gior-no, e più volte alla settimana pranziamo insie-me”. la confidenza del mio più vicino, peral-tro rispettosissimo collaboratore, era per meun aiuto-sostegno probabilmente più grande di

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quanto lo fosse il reciproco rapporto con meper lui. Considero davvero una grazia averpotuto lavorare insieme, avvalendomi dei suoipareri sempre ponderati, delle sue intuizionitanto profonde quanto ragionate.Ricorderò sempre l’episodio narrato nel volu-me di maria Sorio, del quale mi sembra apprez-zabile tanto l’affettuosa partecipazione quantola misurata valutazione dei fatti e dei sentimen-ti. l’episodio del dono di un anello prezioso chedon Giulio mi fece un giorno, a distanza ormaibreve -ed egli lo sapeva- dalla sua fine. Credettidoveroso, da parte mia, ri-donare quell’anelloalla diocesi, che lo conserverà in memoria didon Giulio, dato che egli l’aveva ricevuto -evi-dentemente in vista di un episcopato che benavrebbe meritato- da un monsignore vicentino.Eravamo tutt’e due commossi, perché consape-voli dei tempi ormai brevi, della fine imminen-te: eppure non cedemmo, né lui né io, all’emo-zione. Che diamine, eravamo tutt’e due del ’27,classe di ferro…Non vado oltre poiché il libro di maria Sorio ètraboccante di affetto, e insieme seriamente,anche se familiarmente, documentato.

mi limito ad augurare a chi verrà dopo di me,nel compito Dio sa se facile o difficile diVescovo di Vicenza, di potersi avvalere di unVicario generale come quello che laprovvidenza del Signore ha donato a me nellapersona di mons. Giulio De Zen, “amicoincomparabile”, come diceva una lapideromana che abbiamo regalato al museoarcheologico di Vicenza.

Mons. Pietro Giacomo Nonis

Vescovo

❃ ❃ ❃ ❃ ❃

Testimonianza di un amicomi è stato chiesto di tracciare una memoria delservizio di Vicario generale che mons. GiulioDe Zen ha svolto in diocesi, dal 1988 al 2001.Di fatto il compito che mi era allora affidatonella vita pastorale diocesana, mi ha portato alavorare accanto a don Giulio, quasi dall’inizioe fino alla fine del suo mandato, in un rapportoquotidiano di collaborazione, di dialogo, difiducia e di confidenza reciproche, di solida

Mons. Giulio De Zen durante una celebrazione all’aperto davanti alla chiesa di San Giovanni.

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amicizia. la mia memoria di lui e del suo ser-vizio è quindi molto viva e precisa, ma propriola natura particolare del suo impegno, e leimplicazioni delicate che vi sono connesse, ren-dono difficile, se non impossibile, una testimo-nianza pubblica, che vada oltre a quanto è statovisibile a tutti. posso perciò solo parlarne comeun amico parla di un amico, con il riserbo chedeve accompagnare i sentimenti, e non come uncronista, che cerca di riportare fatti e situazioni,per loro natura affidati al rispetto del silenzio.per capire questo, faccio riferimento alle leggidella Chiesa, pensando che don Giulio sorride-rà in cielo, perché esse non erano esattamentela sua prima preoccupazione e il suo territo-rio… In ogni caso giova sapere che, secondo ilCodice di Diritto Canonico, il Vicario genera-le è colui che presta “il suo aiuto al Vescovostesso nel governo di tutta la diocesi” (canone475,§1). A lui compete la stessa potestà esecu-tiva che spetta al Vescovo diocesano, ad ecce-zione degli atti che il Vescovo riserva a se stes-so (v. can. 479,§1). Si tratta quindi di un com-pito esecutivo di governo molto ampio e ele-

vato, ma che va esercitato in una effettiva econtinua comunione con il Vescovo, e perciòin un contesto che chiede grande riservatezzae una dedizione che supera ogni malinteso diautonomia. Di fatto il Vicario generale condi-vide con il Vescovo le decisioni importanti perla vita diocesana, e normalmente si vede affi-data l’esecuzione concreta di tali scelte,soprattutto in riferimento a questioni partico-lari che toccano le persone e le comunità: nonè un esecutore di ordini, ma il primo collabo-ratore del Vescovo, che impegna responsabil-mente nel servizio tutte le proprie capacità,con l’autorevolezza che gli deriva dal manda-to ricevuto. Questo fa capire che don Giulio hatrattato molte situazioni della vita diocesana,spesso complesse, talora cariche di difficoltà edi sofferenza, sempre delicate e bisognose digrande ascolto e rispetto. Di questo compitonon si può fare perciò un resoconto o un bilan-cio, perché non si traduce in azioni, gesti, erelazioni visibili, come accade per un parroco:è il servizio di chi deve farsi presente con sag-gezza nelle realtà più diverse, cercando di

Don Giulio in gita a Folgaria con un gruppo di amici sacerdoti (29 settembre 1984).

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individuare le risposte opportune e possibili,spesso in solitudine, e comunque sempre congrande discrezione, e senza poter contare sulrapporto personale quotidiano e spontaneo che-nella parrocchia- crea legami significativi, edequilibra le vicende e le tensioni.posso però anche ricordare che il Codice diDiritto Canonico stabilisce le qualità che devo-no caratterizzare coloro che vengono scelti perl’ufficio di Vicario generale. Si chiede chesiano in possesso di un titolo di studio adegua-to o di una matura esperienza, e soprattutto“che siano… degni di fiducia per sana dottrina,rettitudine, saggezza ed esperienza” (can.478,§1). E qui ritroviamo il volto e la storia di donGiulio, senza bisogno di ulteriori commenti eprecisazioni. E’ infatti facile riconoscere che lesue doti umane e cristiane, il suo amore allachiesa, la sua attenzione alle situazioni di disa-gio; e l’esperienza vissuta, prima in diversicompiti diocesani, e poi come parroco, glihanno fornito una base importante sulla qualecostruire il suo servizio alla diocesi. Gli aspet-ti che tutti gli riconoscevano erano l’accoglien-za cordiale e la capacità di ascolto: magari nonsempre si riusciva a trovare la risposta allacomplessità delle singole situazioni, ma chi loincontrava usciva con la percezione di essere

stato ascoltato. E sono poi sicuro che il vescovomons. Nonis potrebbe rendere testimonianzadella sua fedeltà senza ombre, e della generosi-tà della sua dedizione.personalmente posso aggiungere l’esperienzadella fiducia con la quale egli sapeva chiedereaiuto a chi gli stava vicino, condividendo iproblemi, con umiltà e disponibilità. Questoatteggiamento si è fatto più evidente dopo iltrauma dell’aggressione subita nel 1992, conle conseguenze psicologiche e fisiche che nesono derivate (e delle quali era consapevole,non senza sofferenza); ma è stato sempre ilsuo modo di affrontare le questioni, anche nelriconoscimento paziente dei limiti che ciascu-no porta con sé. Standogli vicino, so che nellavita di don Giulio, come Vicario generale, cisono stati momenti difficili e carichi di soffe-renza, che solo il Signore conosce fino infondo. ma preferisco comunque ricordare ilsuo sorriso affabile e la sua testimonianza divita. Il resto è un seme gettato nella terra, checontribuisce alla crescita del Regno di Dio,nella Chiesa e nel mondo.

Mons. Renato Tomasi

Arciprete abate di Santa Maria in Colle

L’incontro di mons. Giulio De Zen con Giovanni Paolo II in Vaticano, in occasione dei suoi quarant’annidi sacerdozio. Con loro è presente il vescovo di Vicenza mons. Pietro Nonis (3 giugno 1990).

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QUADRO CRONOlOGICO

VITA DI GIUlIO DE ZEN AVVENImENTI STORICI

Il 16 aprile, in Baviera, nasce Joseph Ratzinger, futuro

pontefice con il nome di Benedetto XVI.

A Natale papa pio XII lancia un radiomessaggio per la pace.

Il 22 agosto papa pio XII emana l’enciclica Humani generis

con la quale condanna alcune moderne correnti di pensiero:

idealismo, storicismo, esistenzialismo e relativismo.

Il 28 ottobre sale al soglio pontificio Angelo Roncalli,

già patriarca di Venezia, che prende il nome di Giovanni

XXIII.

messaggio di papa paolo VI contro la guerra in Vietnam.

Il 16 settembre paolo VI è a Venezia, dove celebra la messa

in piazza San marco e incontra il patriarca Albino luciani.

Il 1° febbraio l’ayatollah Khomeini rientra a Teheran dopo

quindici anni di esilio, accolto dall’entusiasmo della folla.

Umberto Eco pubblica Il nome della Rosa, romanzo storico

ambientato in un monastero benedettino del XIV secolo.

Il 18 febbraio Bettino Craxi e il cardinale Agostino Casaroli

siglano il nuovo concordato tra Italia e Santa Sede.

Il 25 marzo, a presburgo in Cecoslovacchia, si svolge

la Protesta delle candele per la libertà di culto.

Il 15 agosto papa Giovanni paolo II pubblica la lettera

apostolica Mulieris Dignitatem.

Il 1° dicembre, pochi giorni dopo la caduta del muro di

Berlino, Giovanni paolo II riceve michail Gorbaciov.

Giovanni paolo II pubblica l’enciclica Centesimus

annus in occasione dei cento anni della Rerum Novarum

di leone XIII.

la Chiesa cattolica riabilita lo scienziato italiano

Galileo Galilei, condannato nel lontano 1633.

II Giubileo domina tutto l’anno. Indetto con la bolla

Incarnationis mysterium (29 novembre 1998) è dedicato

alla commemorazione del concepimento e della nascita di

Gesù. Il XXVI Anno Santo ordinario viene vissuto dal

mondo cattolico con una partecipazione senza precedenti

e seguito con grande attenzione dai media.

1927

1941

1950

1958

1966

1972

1979

1980

1984

1988

1989

1991

1992

2000

Il 19 dicembre nasce a malo.

Entra in Seminario a Vicenza.

Il 29 giugno è ordinato sacerdote nella chiesa

di Santa Corona.

E’ cappellano a pressana fino al 1958.

E’ nominato insegnante nel Seminarietto della Cattedrale.

In ottobre è nominato Consulente del Segretariato per

l’attività sociale e vice assistente provinciale delle AClI.

E’ cappellano delle carceri di Vicenza.

l’8 dicembre è nominato arciprete abate della

parrocchia di Santa maria in Colle a Bassano.

In gennaio ha un ruolo importante in diocesi

nel Convegno “Chiesa, comunità in servizio”.

presenta il volume di monsignor mantese

Bassano nella storia. La religiosità.

E’ presidente della III commissione del Sinodo diocesano

vicentino, concluso nel 1987.

Il 19 gennaio inaugura il Duomo di Santa maria

in Colle, riportato al suo antico splendore.

Il 31 dicembre è nominato dal vescovo mons. pietro

Nonis Vicario generale della Diocesi.

In agosto è impegnato in un viaggio pastorale

in America latina.

Il 7 e l’8 settembre accoglie a Vicenza, assieme

al vescovo pietro Nonis, Giovanni paolo II

organizzando con meticolosità ogni cosa.

Il 1° aprile, mentre si trova in Curia, subisce una feroce

aggressione da parte di uno squilibrato.

Tra il 6 e il 9 giugno guida a Fatima un pellegrinaggio

di bassanesi per far benedire dal vescovo del luogo,

nella cappella delle Apparizioni, la bellissima statua

della Vergine collocata poi sul monte Caina.

Il 29 giugno festeggia con il Vescovo e tanti confratelli

i cinquant’anni di sacerdozio.

Il 12 ottobre muore all’ospedale San Bortolo di Vicenza,

a causa di una leucemia fulminante.

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N° 117 Antonio Andriolo 2009N° 118 primo Silvestri 2009N° 119 Bortolo Camonico 2009N° 120 I passarin 2009N° 121 Castelli e battaglie di Ezzelino III 2009N° 122 I Giacobbi maggiotto 2009N° 123 marco Sasso 2010N° 124 pietro Bonato 2010N° 125 melchiore Fontana 2010N° 126 Guglielmina Bernardi 2010N° 127 Unitalsi - Gruppo di Bassano 2010N° 128 luigi Chiminelli 2010N° 129 leone Carpenedo 2011N° 130 Efrem Reatto 2011N° 131 pacifico pianezzola 2011N° 132 la Carrozzeria pietroboni 2011N° 133 Gianni Visentin 2011N° 134 mons. Ferdinando Dal maso 2011N° 135/136 Noè Bordignon 2012N° 137 Don Didimo mantiero 2012N° 138 luigina Trentini 2012N° 139 Aristide Nonis 2012N° 140 la Filarmonica Bassanese 2012n° 141 Mons. Giulio de zen 2013

nuMeRi SPeCialiN° I la Carrozzeria Fontana 1990N° II  Il Giardino parolini 1991N° III  Gaetana Sterni (IIa edizione 2001) 1991N° IV  Il C.A.B. 1991N° V la Grande Guerra 1992N° VI Il Club Alpino Bassanese 1992N° VII maria prosdocimo Finco 1993N° VIII lo Scautismo bassanese 1993N° IX  l’arte orafa veneta 1993N° X  Il colore a Bassano 1995N° XI Il castello di Bassano 1996N° XII Il Rotary Club di Bassano 1996N° XIII palazzo e “Illustri” Roberti 1999N° XIV Il Gruppo “Bresadola” 1999N° XV Il lions Club di Bassano 2002N° XVI l’Oreficeria Balestra 2002N° XVII la Fondazione Don Cremona 2002N° XVIII 25 Anni di premio Cultura 2003N° XIX l. Bonfanti e il museo dell’Auto 2003N° XX Antonio Bianchi 2003N° XXI la Società Tennis Bassano 2004N° XXII I 100 anni del Rotary International 2005N° XXIII I 25 anni del panathlon Club Bassano 2005N° XXIV m. Cremona ed E. Vendramini 2006N° XXV la Croce Rossa a Bassano 2007N° XXVI Il CIF di Bassano 2008N° XXVII la Battaglia di Arresto 2008N° XXVIII I 20 anni di Casa Sichem 2009N° XXIX I 25 anni dell’A.I.B. 2010N° XXX le chiese della Fond. pirani-Cremona 2012n° XXXi i Tottene di Bassano 2012

nuMeRi oRdinaRiN° 1 Alberto parolini 1989N° 2 Castellano da Bassano 1989N° 3 Bartolomeo Gamba 1990N° 4 Antonio Gaidon 1990N° 5 Oscar Chilesotti 1990N° 6 Tiberio Roberti 1990N° 7 Giuseppe lorenzoni 1990N° 8 plinio Fraccaro 1990N° 9 pietro Colbacchini 1991N° 10 Bortolo Sacchi 1991N° 11 Giovanni montini 1991N° 12 Giovanni Volpato 1991N° 13 Jacopo Apollonio 1991N° 14 lazzaro Bonamico 1991N° 15 F. e l. dal ponte 1992N° 16 Giovanni miazzi 1992N° 17 Bartolomeo Ferracina 1992N° 18 Antonio marinoni 1992N° 19 Antonio Baggetto 1992N° 20 Jacopo Bassano 1992N° 21 San Bassiano 1993N° 22 Antonio Suntach 1993N° 23 I Remondini 1993N° 24 pietro Stecchini 1993N° 25 Gina Fasoli 1993N° 26 luigi Fabris 1993N° 27 Giambattista Volpato 1994N° 28 Sebastiano Chemin 1994N° 29 Giambattista Roberti 1994N° 30 Ezzelino da Romano 1994N° 31 Teofilo Folengo 1994N°  32 Giusto Bellavitis 1994N° 33 Danilo Andreose 1995N° 34 Giovanna m. Bonomo 1995N°  35 Giuseppe J. Ferrazzi 1995N° 36 Giambattista Verci 1995N°  37 Giuseppe Betussi 1995N° 38 Giambattista Brocchi 1995N° 39 Jacopo Vittorelli 1996N° 40 Domenico Freschi 1996N° 41 Giuseppe Barbieri 1996N° 42 Roberto Roberti 1996N° 43 la Battaglia di Bassano 1996N° 44 Francesco Antonibon 1996N° 45 pietro menegatti 1997N° 46 Giuseppe Frasson 1997N° 47 pietro Fontana 1997N° 48 Giacomo Angarano 1997N° 49 G. Vanzo mercante 1997N° 50 Giovanni Brotto 1997N° 51 Il millennio di Bassano 1998N° 52 I larber 1998N° 53 Orazio marinali 1998N° 54 Angelo Balestra 1998N° 55 Giuseppe Bombardini 1998N° 56 Francesco Vendramini 1998

N° 57 Francesco Roberti 1999N° 58 miranda Visonà 1999N° 59 Guido Agnolin 1999N° 60 Elisabetta Vendramini 1999N° 61 Ottone Brentari 1999N° 62 Achille marzarotto 1999N° 63 Gino pistorello 2000N° 64 Francesca Roberti 2000N° 65 Aurelio Bernardi 2000N° 66 Zaccaria Bricito 2000N° 67 Antonio Viviani 2000N° 68 Domenico Conte 2000N° 69 Domenico maria Villa 2001N° 70 Antonio Bernati 2001N° 71 Tito Gobbi 2001N° 72 Bortolo Zanchetta 2001N° 73 Giovanni Balestra 2001N° 74 pietro malerba 2001N° 75 Ferruccio meneghetti 2002N° 76 Fratel Venzo 2002N° 77 Niccolò leszl 2002N° 78 Antonio marcon 2002N° 79 Gregorio Vedovato 2002N° 80 Bruno Baruchello 2002N° 81 luigi Vinanti 2003N° 82 Sebastiano Baggio 2003N° 83 Virgilio Chini 2003N° 84 luigi Viviani 2003N° 85 Alessandro Campesano 2003N° 86 Giorgio pirani 2003N° 87 Guido Cappellari 2004N° 88 Roberto Cobau 2004N° 89 Francesco Facci Negrati 2004N° 90 luigi Zortea 2004N° 91 Villa morosini Cappello 2004N° 92 Giovanni lunardi 2004N° 93 Alfeo Guadagnin 2005N° 94 Carlo paroli 2005N° 95 Vigilio Federico Dalla Zuanna 2005N° 96 Francesco dal ponte il Vecchio 2005N° 97 pietro e Giuseppe longo 2005N° 98 I Bortignoni 2005N° 99 Giuseppe Zonta 2006N° 100 Giovanni Bottecchia 2006N° 101 Andrea Secco 2006N° 102 Giuseppe Ruffato 2006N° 103 Tommaso Tommasoni 2006N° 104 I fondatori dell’Orfanotrofio Cremona 2006N° 105 prospero Alpini 2007N° 106 Quirino Borin 2007N° 107 Teresa Rossi Rampazzi 2007N° 108/109 pietro Roversi 2007N° 110 Don Domenico Brotto 2007N° 111 Don Antonio Dalla Riva 2008N° 112/113 Guglielmo montin 2008N° 114 monsignor Egidio Negrin 2008N° 115/116 Arpalice Cuman pertile 2008

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