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INFORMAZIONI DELLA DIFESA 6/2013 42 LIBANO, IL SENSO DI UNA MISSIONE Viaggio nel Libano del Sud a seguito del contingente italiano di base a Shama. Nella “Terra dei Cedri”, i nostri militari stanno contribuendo a ristabilire gli equilibri di pace nel paese di Mirko Polisano

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LIBANO, IL SENSODI UNA MISSIONE

Viaggio nel Libano del Suda seguito del contingente italiano di base a Shama.

Nella “Terra dei Cedri”, i nostri militaristanno contribuendo a ristabilire gli equilibri

di pace nel paesedi Mirko Polisano

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La crisi del Mediterraneo e la questione siriana, venute prepotente-mente alla ribalta dell’attualità, ci hanno riproposto il complessoe difficile problema della convivenza tra popoli che abitano il Vi-

cino Oriente. In Libano, la partita è ancora lunga e difficile. Nella “terradel latte e del miele”, come è descritto questo Paese nella Bibbia, da ol-

tre trent’anni sono im-pegnate le Forze Armateitaliane. Il compito deinostri soldati è inqua-drato nella risoluzione1701 dell’Onu, che miraa garantire la piena ces-sazione delle ostilità trail Libano e Israele e rei-terando il proprio fortesostegno per il pieno ri-spetto della Blue Line, lalinea armistiziale tra idue stati che, ancora og-gi, è considerata tra ipunti più instabili e deli-cati del Medio Oriente.Qui, a ridosso del villag-gio di Lagunè, sorge labase “1.31” dove lavora-no i caschi blu italiani.Attualmente, si sta perchiudere la missione“Leonte XIV” guidatadalla Brigata di Cavalle-ria Pozzuolo del Friuli etra pochi giorni ci sarà ildefinitivo passaggio diconsegne con la BrigataGranatieri di Sardegna.In questa FOB (ForwardOperating Base) presidioavanzato nel sul del Li-bano, i militari italiani

Libano - Militari italiani a ridosso dellaBlue Line

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svolgono diverse e impegnative attività, dalle operazioni di demining, valea dire lo sminamento di aree dove è alta la presenza di ordigni anti-uo-mo, alle pattuglie a piedi per monitorare la cosiddetta Tecnichal Fence, larete controllata elettronicamente e posizionata in prossimità della BlueLine. In questa area, a pochi passi da Israele, nulla resta inosservato: te-lecamere, sensori, torrette e allarmi spia. Anche il terreno è un informa-tore: la sabbia viene spianata più volte al giorno da pattuglie israeliane.L’impronta di un piede sulla soffice polvere è segno inequivocabile delpassaggio di qualche straniero. Per noi reporter è difficile e impossibilepoter riprendere o fotografare: gli equilibri passano anche attraversosemplici gesti che potrebbero andare ad infastidire qualcuno. Lungo iltragitto, lo sguardo è attirato dai Blu-Pillar. Si tratta dei barili azzurri conla scritta delle Nazioni Unite che devono essere posizionati per cercaredi tracciare un confine materiale tra i due stati. Le forze armate israelia-ne, ritirandosi, hanno deciso di seminare lungo una fascia di 119 chilo-metri la più grossa quantità di mine mai vista. Sono i soldati italiani adoccuparsi della bonifica, creando così dei corridoi sicuri per permettereil posizionamento dei piloni. Nel corso dell’operazione di bonifica,mentre anche noi stiamo sul campo, gli uomini del 3° Reggimento Gua-

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Libano - Un Blue Pillar posizionato sul terreno

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statori di Udine hanno rinvenuto una mina anti-uomo del quarto tipo,funzionante a pressione. Ne è stato disposto il brillamento per permet-tere l’apertura di varchi di sicurezza in modo di accedere alla Blue Line.Per i militari italiani, tutto questo rientra nella routine quotidiana. In-dossando una specifica attrezzatura e dotati di metal detector, uomini edonne a turni di 15 minuti scandagliano centimetro per centimetro laterra brulla del confine. Ne restano altri 250 di Blu Pillar da posizionare.La decisione definitiva del sito, spetta però alla diplomazia. Ogni mese,a pochi metri dalla Blue Line, si tiene il “Meeting del Tripartito”. Ad unostesso tavolo, tra girate di schiena e volteggi di spalle, siedono Israele, Li-bano e Unifil, la forza militare (letteralmente United Nations Interim ForceIn Lebanon) dell’Onu che dal 19 marzo 1978 è nel Paese dei Cedri pergarantire sostegno alla popolazione e ristabilire un equilibrio di pace.Dal gennaio 2012, a guidare Unifil è un italiano. È il Generale di Divisio-ne Paolo Serra, Force Commander dell’intera missione. È proprio il Gene-

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Libano - Militari italiani controllano il territorio

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rale Serra a presiedere e sovraintendere all’incontro mensile, dove sitenta di instaurare un dialogo tra le parti e un confronto sulle coordina-te per segnare il tracciato della Blue Line. Lo incontriamo nel quartiergenerale di Unifil a Naqoura. Prima il Tripartite Meeting era quasi diserta-to, oggi il dialogo è ripreso. Segno che qualcosa è cambiato? “Arrivanosegnali incoraggianti – ammette il Force Commander di Unifil – soprattuttoper quello che è l’interesse da parte dei due paesi di confermare il rispetto della ri-soluzione 1701 dell’Onu. C’è l’impegno, sia israeliano che libanese, di garantireuna “non-aggressività”. Di per sé, il Tripartito consente di mantenere basso il li-vello di tensione in caso di incomprensioni o “misunderstandings”. In passato,in situazioni del genere, si sviluppava una paura e la paura, poi, generava azio-ni, talvolta superiori, a quelle commesse da una delle due parti”. Dopo una bre-ve interruzione, il comando di Unifil è nuovamente sotto la guida italia-na. Una grande soddisfazione, ma allo stesso tempo una grande respon-sabilità. Per capire il senso di questa missione, definita da più voci unavera e propria “missione di successo”, non si può prescindere dal conte-sto internazionale. L’emergenza del Mediterraneo e la Siria alle porte,nei mesi scorsi, hanno portato, ancora una volta, a puntare l’attenzionee i riflettori su questo paese, considerata la sua posizione strategica chelo rende pedina contesa e discussa di Europa, Medio Oriente e AsiaCentrale. Forse anche per questo, è stato potenziato il pacchetto di sicu-rezza. Da poche settimane, anche la nave Andrea Doria, gioiello dellanostra Marina Militare, è entrata a far parte dei mezzi del dispositivoUnifil. Il cacciatorpediniere è ormeggiato nelle acque antistanti le costedel Libano. Qualcuno, tra la popolazione incontrata nel suk di Tyro, hacommentato così: “adesso ci sentiamo ancora più sicuri”. “Una scelta che dàmaggiore prestigio alla nazione – continua il Generale Paolo Serra – e confer-ma la volontà di mantenere una grande presenza in Libano, come previsto dagliimpegni che una nazione può avere con una nazione amica come il Libano, concui l’Italia è primo partner commerciale. Nave Doria, insieme alle altre otto naviche fanno parte della task-force navale, è un bel ritorno di un vascello italianocon vessillo nazionale come già era stato nel 2006. È una nave di primissima ca-tegoria che con le proprie attrezzature sarà di supporto a Unifil nell’attività svol-ta sul mare. Due le priorità in questo campo: la prima riguarda l’addestramentodelle forze armate libanesi nella loro “marine component”, e la seconda di coadiu-vare sempre le forze armate libanesi nel controllo dello specchio di mare antistanteil Libano nell’impedire il flusso e il traffico di armi e materiali che non sono au-torizzati dal governo”. L’analisi del contesto internazionale è un elementoimprescindibile per comprendere oggi il significato della missione “Uni-fil”: anche gli standard di sicurezza si sono innalzati. Qual è la situazioneattuale del Libano del Sud? “Oggi grazie anche alla scelta del Presidente Sli-mane – afferma Serra – con cui il Libano si dissocia da tutto ciò che accade nel-l’area siriana e grazie anche all’interessamento della comunità internazionale, siè riusciti a lasciare il Paese al di fuori di questo conflitto. In Libano, ci sono circa

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750 mila profughi rifugiati siriani registrati presso l’Alto Commissariato delleNazioni Unite e altrettanti sono ancora in attesa di registrazione. Questo compor-ta gravi problematiche che diventano poi tensioni a livello sociale ed economico.Grandi problemi su cui la comunità internazionale sta intervenendo, indirizzan-do la sua attenzione su tre punti: l’emergenza profughi, il sostegno all’economiae il supporto alle forze armate libanesi. Aiutare quest’ultime, in modo particolare,significa aiutare la spina dorsale del Paese, quella in cui tutte le confessioni tro-vano il loro spazio e il loro modo di agire. Dal punto di vista militare e politico,come Unifil, abbiamo predisposto un piano. Si tratta del cosiddetto “StrategicDialogue”, che prevede che, nel giro di cinque/dieci anni, le Forze Armate del Li-bano del Sud possano prendere parte delle responsabilità che attualmente ricado-no nella risoluzione 1701 dell’Onu. Nello specifico, quelle inerenti il monitorag-gio del “cessate il fuoco”, il supporto al governo e il sostegno alla popolazione ci-vile”. Proprio nell’ambito della cooperazione civile e militari, i baschiblu italiani stanno facendo davvero molto nella loro area di responsabi-lità. A Shama, dove sorge il quartier generale italiano, incontriamo ilsindaco della cittadina che sorge sulle pendici di una collina. Abdelka-der Saffieddine è un politico di Hamal, ha in mano il caratteristico rosa-rio ed è entusiasta del lavoro dei militari italiani. “Questo è un villaggio ita-

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Libano del Sud - Area archeologica di Tyro

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liano – afferma Saffieddine – dove gli italiani sono di casa e nostri graditiospiti. Con i militari italiani non c’è un rapporto di amicizia, ma familiare. Intutti i momenti so di poter contare su di loro. Con loro spero si possa costruire ilfuturo di questo Paese: non solo quello di Shama ma di tutto il Libano. Un futu-ro fatto di speranza e serenità”. Dello stesso avviso anche Abdelhonsen ElHusseini, Presidente di tutte le municipalità di Tyro. “L’Italia è l’animagemella del Libano –avverte El Husseini – per la sua cultura e la sua ospitali-tà. C’è un legame forte tra i nostri popoli e io per dire grazie al popolo italianoraggiungerei le vostre coste anche a nuoto”. Il Libano è la terra delle tantecontraddizioni. Nel nome della sicurezza si nascondono le vere criticitàdel sud del paese. Sidone è l’enclave sunnita e la sacca della resistenzaarmata di Hezbollah e Hamal. Per molti qui, Israele è ancora “lo stato chenon c’è”. La politica e la religione hanno percorsi che si intrecciano. Suuna collina, c’è la tomba dello sceicco Abbad. Venerato e amato dal mu-sulmani. In quella stessa tomba, per gli ebrei c’è il rabbino Ashi. Il sarco-

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Libano del Sud - Coastal Road

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fago è perfettamente diviso a metà e sullo stesso marmo si trovano a pre-gare libanesi, palestinesi e israeliani. Neanche i reticolati fanno più ladifferenza. È un ritrovarsi insieme sotto il segno di una tradizione abra-mitica che lega islam, ebraismo e cristianità. L’ultima controffensiva diIsraele è dello scorso agosto con i missili lanciati nell’area di responsabi-lità dell’Onu. Il dialogo non decolla, ma l’economia è più forte dellaguerra. Le distese dei bananeti non rendono soldi al Libano: i frutti,seppur buoni, non rispondono agli standard europei e dunque non pos-sono essere esportati. Troppo piccoli. In compenso, ci sono le aranceche, chissà per quale giro, arrivano proprio da Israele. Il Libano è ancheun paese che ti sorprende. Qui l’aspettativa di vita è superiore a quelladel vecchio continente. Anche il più scettico dei giornalisti si è dovutoarrendere alla matematica dei dati che sono stati forniti. La politica staattraversando la sua fase di responsabilità. Il primo ministro Najib Mika-ti ha rassegnato le dimissioni, ma il parlamento ha deciso di indire leelezioni per il 2014, a novembre. È stata una scelta bipartisan da parte ditutti i partiti per consentire un sistema elettorale migliore. La vita scorre

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Libano del Sud - Citta di Tyro

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nella sua quotidianità. Il mercato di Tyro è un suk di quelli autentici.Con i profumi delle spezie e i suoi mestieri di una volta, ci inoltriamonelle vecchie strade fatte di polvere, cemento e terra. Ci sono le botte-ghe dove si lavora il ferro e dove si fuma il narghilè. Le donne fanno laspesa come in un qualsiasi mercato. La guerra da qui sembra non esserepassata. Come sembra di essere così lontani da Beirut, la capitale. La cit-tà degli alberghi di lusso è anche quella delle autobombe. I centri com-merciali hi-tech stridono contro la semplicità dei fornai, così come con-vivono le moschee di un islam radicato e le chiese cristiano-maronite.Ritornano le contraddizioni della terra dei cedri. Anche le donne nonhanno più paura. Fatima Eisden è la responsabile di un’associazione chesi occupa dei diritti delle donne e del loro ruolo all’interno della socie-tà. “Lo scopo della fondazione – spiega Fatima Eisden – è quello di migliorarele condizioni delle donne e la loro qualità della vita nel Libano del Sud. L’80%del personale della struttura è composto da donne. C’è ancora da sdoganare unacerta mentalità legata alla tradizione e ad una vecchia cultura popolare: è suquesto che sta lavorando molto l’associazione. Dobbiamo farci forza e andareavanti. Siamo nati in quest’altra parte del mondo e per natura dobbiamo essereottimisti e, sicuramente, ce la faremo”. Il Libano vive la sua eterna condizio-ne di stato cuscinetto. Posizionato tra oriente e occidente, tra città co-stiere e alture montuose, ha vissuto decenni di guerre e stati di allerta.La guardia, da queste parti, non è stata mai abbassata. Toccanti anche leparole del Generale Marco Bertolini, il Comandante del C.O.I. (Coman-do Operativo di Vertice Interforze) che è arrivato in Libano per congra-tularsi con i militari italiani per il loro lavoro in questa terra. “Siete nel-l’ombelico del mondo – ha detto Bertolini rivolgendosi ai tanti soldati pre-senti – in un luogo vicino a casa nostra e non soltanto dal punto di vista geogra-fico, ma anche dal punto di vista culturale e spirituale. Voi siete la miglioreespressione dell’Italia che qui come in Afghanistan non gioca un ruolo di secondopiano. Il nostro è un grande Paese e voi con senso di dovere, responsabilità e ca-pacità ne rappresentate tutto l’orgoglio. Vi siamo vicini ogni giorno e abbiamotrepidato con voi quando qui la situazione si è complicata con l’acuirsi della crisisiriana”. Come tutti gli stati cuscinetto, il Libano subisce il suo destino.Quello di essere conteso da potenze europee ed extraeuropee. Incasto-nato tra Israele, Siria e Iran, la Terra dei Cedri continua a lottare peruna sua stabilità di governance e pace. Il conflitto siriano alle porte hainaugurato un nuovo periodo di crisi e ha puntato i riflettori su questaparte di mondo. La società resta frammentata e polarizzata. Un paese, ilLibano, che va a ricoprire un tassello strategico nel complicato puzzledel Medio-Oriente: le tensioni politiche, però, ad oggi non fermano ilprocesso di pace di Unifil. La situazione resta in un clima di delicatoequilibrio e il futuro del paese passa anche dagli sviluppi prossimi degliscenari internazionali. Sicuramente, l’abbassamento del livello di ag-gressività nei confronti di Israele è un indiscusso buon punto di parten-

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za. La terra brulla, i cedri e le vallate a strapiombo sul mare sono la mor-fologia di queste altre “Terre Sante”, dove la storia e la fede si sono in-contrate più volte: fenici, romani, ottomani, fino ai giorni nostri. Qual-cuno, in tema di strategia militare, sostiene che della missione in Libanonon si parla spesso perché questa è una missione vincente. Tutto vero,nonostante le confinanti aree di crisi. La pace, ora, non è né lontana, néimpossibile. Proprio come accade nel racconto di Kahlil Gibran, quellodove il soldato, guardando verso Oriente, disse alla sua amata: «Guarda,il sole sta sorgendo dalle tenebre».Anche noi, ci auguriamo che una nuova alba per questi popoli arrivipresto.

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Libano del Sud - Corridoi di bonifica dalle mine