lezioni ii

8
I due pilastri della $sica del Novecento, la re- latività generale di cui ho parlato nella prima lezione, e la meccanica quantistica di cui par- lo qui, non potrebbero essere più diversi. Entrambe le teorie ci insegnano che la strut- tura $ne della natura è più sottile di quanto ci appaia. Ma la relatività generale è una gem- ma compatta: concepita da una sola mente, quella di Albert Einstein, è una visione sem- plice e coerente di gravità, spazio e tempo. La meccanica quantistica, o « teoria dei quanti », al contrario, ha ottenuto un successo speri- mentale che non ha eguali e ha portato appli- cazioni che hanno cambiato la nostra vita quotidiana (il computer su cui sto scrivendo, per esempio), ma a un secolo dalla sua nasci- ta resta ancora avvolta in uno strano profumo di incomprensibilità e di mistero. Si usa dire che la meccanica quantistica nasca esattamente nell’anno 1900, quasi ad aprire il secolo di intenso pensiero. Il $sico tedesco Max Planck calcola il campo elettrico in equi- librio all’interno di una scatola calda. Per far- lo usa un trucco: immagina che l’energia del campo sia distribuita in « quanti », cioè in lezione seconda I QUANTI 23

Upload: kis-publishing

Post on 25-Jul-2016

216 views

Category:

Documents


3 download

DESCRIPTION

 

TRANSCRIPT

I due pilastri della $sica del Novecento, la re-latività generale di cui ho parlato nella prima lezione, e la meccanica quantistica di cui par-lo qui, non potrebbero essere più diversi. Entrambe le teorie ci insegnano che la strut-tura $ne della natura è più sottile di quanto ci appaia. Ma la relatività generale è una gem-ma compatta: concepita da una sola mente, quella di Albert Einstein, è una visione sem-plice e coerente di gravità, spazio e tempo. La meccanica quantistica, o « teoria dei quanti », al contrario, ha ottenuto un successo speri-mentale che non ha eguali e ha portato appli-cazioni che hanno cambiato la nostra vita quotidiana (il computer su cui sto scrivendo, per esempio), ma a un secolo dalla sua nasci-ta resta ancora avvolta in uno strano profumo di incomprensibilità e di mistero. Si usa dire che la meccanica quantistica nasca esattamente nell’anno 1900, quasi ad aprire il secolo di intenso pensiero. Il $sico tedesco Max Planck calcola il campo elettrico in equi-librio all’interno di una scatola calda. Per far-lo usa un trucco: immagina che l’energia del campo sia distribuita in « quanti », cioè in

lezione secondaI QUANTI

23

Rovelli_PBA_17x30.indd 23Rovelli_PBA_17x30.indd 23 15/09/2014 11:43:5915/09/2014 11:43:59

pacchetti, grumi di energia. La procedura porta a un risultato che riproduce perfetta-mente quanto si misura (e dunque deve esse-re in qualche modo corretta), ma stride con tutto ciò che si sapeva al tempo, perché l’e-nergia era considerata qualcosa che varia in maniera continua, e non c’era ragione per trattarla come fos se fatta di mattoncini. Per Max Planck, trattare l’energia come fosse fatta di pacchetti $niti era stato uno strano trucco di calcolo, di cui Planck stesso non ca-piva la ragione dell’ef$cacia. È Albert Ein-stein, ancora lui, cinque anni dopo, a com-prendere che i « pacchetti di energia » sono reali. Einstein mostra che la luce è fatta di pacchet-ti: particelle di luce. Oggi li chiamiamo « fo-toni ». Nell’introduzione del lavoro scrive: « Mi sembra che le osservazioni associate alla fluorescenza, alla produzione di raggi cato-dici, alla radiazione elettromagnetica che e-merge da una scatola, e altri simili fenomeni connessi con l’emissione e la trasformazione della luce, siano meglio comprensibili se si assume che l’energia della luce sia distribui-ta nello spazio in maniera discontinua. Qui considero l’ipotesi che l’energia di un raggio di luce non sia distribuita in maniera conti-nua nello spazio, ma consista invece in un nu-mero $nito di “quanti di energia” che sono localizzati in punti dello spazio, si muovono

24

Rovelli_PBA_17x30.indd 24Rovelli_PBA_17x30.indd 24 15/09/2014 11:43:5915/09/2014 11:43:59

25

senza dividersi, e sono prodotti e assorbiti co-me unità singole ». Queste righe, semplici e chiare, sono il vero atto di nascita della teoria dei quanti. Si noti il meraviglioso « Mi sembra... » iniziale, che ricorda l’« Io penso... » con cui Darwin intro-duce nei suoi taccuini la grande idea che le specie evolvono, o l’« esitazione » di cui parla Faraday quando nel suo libro introduce la ri-voluzionaria idea di campo elettrico. Il genio esita. Il lavoro di Einstein viene inizialmente tratta-to dai colleghi come la sciocchezza giovani-le di un ragazzo brillante. Poi sarà per que-sto lavoro che Einstein otterrà il Nobel. Se Planck è padre della teoria, è Einstein il geni-tore che l’ha fatta crescere. Ma come tutti i $gli, la teoria è poi andata per conto suo e Einstein non l’ha più riconosciu-ta. Durante gli anni Dieci e Venti del Nove-cento, è il danese Niels Bohr che ne guida lo sviluppo. È lui a capire che anche l’energia degli elettroni negli atomi può assumere solo certi valori « quantizzati », come l’energia della luce, e soprattutto che gli elettroni pos-sono solo « saltare » fra l’una e l’altra delle or-bite atomiche con energie permesse, emet-tendo o assorbendo un fotone quando salta-no. Sono i famosi « salti quantici ». È nel suo istituto, a Copenaghen, che si raccolgono le giovani menti più brillanti del secolo, per

Rovelli_PBA_17x30.indd 25Rovelli_PBA_17x30.indd 25 15/09/2014 11:43:5915/09/2014 11:43:59

26

cercare di mettere ordine in questi incom-prensibili comportamenti del mondo atomi-co e costruirne una teoria coerente. Nel 1925 appaiono $nalmente le equazioni della teoria, che rimpiazzano l’intera mecca-nica di Newton. È dif$cile immaginare un trionfo maggiore. D’un tratto, tutto torna, e si riesce a calcolare tutto. Solo un esempio: ricordate la tavola periodica degli elementi, quella di Mendeleev, che elenca tutte le pos-sibili sostanze elementari di cui è fatto l’uni-verso, dall’Idrogeno all’Uranio, e stava appe-sa in tante aule di scuola| Come mai sono proprio quelli elencati lì, gli elementi, e co-me mai la tavola periodica ha proprio questa struttura, con quei periodi, e gli elementi hanno proprio quelle proprietà| La risposta è che ogni elemento è una soluzione dell’e-quazione base della meccanica quantistica. L’intera chimica emerge da questa singola e-quazione. A scrivere per primo le equazioni della nuova teoria sarà un giovanissimo genio tedesco: Werner Heisenberg, basandosi su idee da ca-pogiro. Heisenberg immagina che gli elettroni non esistano sempre. Esistano solo quando qual-cuno li guarda, o meglio, quando interagi-scono con qualcosa d’altro. Si materializzano in un luogo, con una probabilità calcolabile, quando sbattono contro qualcosa d’altro. I

Rovelli_PBA_17x30.indd 26Rovelli_PBA_17x30.indd 26 15/09/2014 11:43:5915/09/2014 11:43:59

27

« salti quantici » da un’orbita all’altra sono il loro solo modo di essere reali: un elettrone è un insieme di salti da un’interazione all’altra. Quando nessuno lo disturba, non è in alcun luogo preciso. Non è in un luogo. È come se Dio non avesse disegnato la realtà con una linea pesante, ma si fosse limitato a un tratteggio lieve. Nella meccanica quantistica nessun oggetto ha una posizione de$nita, se non quando in-coccia contro qualcos’altro. Per descriverlo a metà volo fra un’interazione e l’altra, si usa un’astratta funzione matematica che non vi-ve nello spazio reale, bensì in astratti spazi matematici. Ma c’è di peggio: questi salti con cui ogni og-getto passa da un’interazione all’altra non avvengono in modo prevedibile, ma larga-mente a caso. Non è possibile prevedere dove un elettrone comparirà di nuovo, ma solo calcolare la probabilità che appaia qui o lì. La probabilità fa capolino nel cuore della $sica, là dove sembrava tutto fosse regolato da leggi precise, univoche e inderogabili. Vi sembra assurdo| Sembrava assurdo anche ad Einstein. Da un lato, proponeva Werner Heisenberg per il Nobel, riconoscendo che aveva capito qualcosa di fondamentale del mondo, ma dall’altro non perdeva occasione per brontolare che però così non si capiva niente.

Rovelli_PBA_17x30.indd 27Rovelli_PBA_17x30.indd 27 15/09/2014 11:43:5915/09/2014 11:43:59

28

I giovani leoni della banda di Copenaghen erano costernati: ma come, proprio Einstein| Il loro padre spirituale, l’uomo che aveva avu-to il coraggio di pensare l’impensabile, ora si tirava indietro e aveva paura di questo nuovo balzo verso l’ignoto, che lui stesso aveva inne-scato| Proprio Einstein, che ci aveva insegna-to che il tempo non è universale e lo spazio si incurva, proprio lui ora diceva che il mondo non può essere così strano| Niels Bohr, pazientemente, spiegava ad Ein-stein le nuove idee. Einstein obiettava. Imma-ginava esperimenti mentali per mostrare che le nuove idee erano contraddittorie: « Imma-giniamo una scatola piena di luce, da cui la-sciamo uscire per un breve istante un solo fotone... » così iniziava uno dei suoi famosi e-sempi, l’esperimento mentale della « scatola di luce ». Bohr alla $ne riusciva sempre a tro-vare la risposta, a respingere le obiezioni. Il dialogo è continuato per anni, passando per conferenze, lettere, articoli... Nel corso dello scambio, entrambi i grandi uomini hanno dovuto arretrare, cambiare idea. Einstein ha dovuto riconoscere che effettivamente non c’era contraddizione nelle nuove idee. Bohr ha dovuto riconoscere che le cose non erano così semplici e chiare come pensava all’ini-zio. Einstein non voleva cedere sul punto per lui chiave: che esistesse una realtà oggetti-va indipendente da chi interagisce con chi.

Rovelli_PBA_17x30.indd 28Rovelli_PBA_17x30.indd 28 15/09/2014 11:43:5915/09/2014 11:43:59

29

Bohr non voleva cedere sulla validità del mo-do profondamente nuovo in cui il reale era concettualizzato dalla nuova teoria. Alla $ne, Einstein accetta che la teoria è un gigantesco passo avanti nella comprensione del mondo, ma resta convinto che le cose non possono essere così strane, e che « dietro » ci dev’esse-re una spiegazione più ragionevole. È passato un secolo, e siamo allo stesso pun-to. Le equazioni della meccanica quantisti-ca e le loro conseguenze vengono usate quo-tidianamente da $sici, ingegneri, chimici e biologi, nei campi più svariati. Sono utilissi-me per tutta la tecnologia contemporanea. Non ci sarebbero i transistor senza la mecca-nica quantistica. Eppure restano misteriose: non descrivono cosa succede a un sistema $sico, ma solo come un sistema $sico viene percepito da un altro sistema $sico. Che signi$ca| Signi$ca che la realtà essenziale di un sistema è indescrivibile| Signi$ca solo che manca un pezzo alla storia| O signi$ca, come a me sembra, che dobbiamo accettare l’idea che la realtà sia solo interazione| La nostra conoscenza cresce, e cresce davve-ro. Ci permette di fare cose nuove che prima non immaginavamo nemmeno. Ma nel cre-scere ci apre nuove domande. Nuovi misteri. Chi usa le equazioni della teoria in laborato-rio spesso non se ne occupa, ma articoli e convegni di $sici e di $loso$ continuano a

Rovelli_PBA_17x30.indd 29Rovelli_PBA_17x30.indd 29 15/09/2014 11:43:5915/09/2014 11:43:59

30

interrogarsi, anzi sono più numerosi negli ul-timi anni. Che cos’è la teoria dei quanti a un secolo dalla sua nascita| Uno straordinario tuffo profondo nella natura della realtà| Un abbaglio, che funziona per caso| Un pezzo incompleto di un puzzle| O un indizio di qualcosa di profondo che riguarda la struttu-ra del mondo e che non abbiamo ancora ben digerito| Quando Einstein muore, Bohr, il suo gran-dissimo rivale, ha parole di commovente am-mirazione. Quando pochi anni dopo muore Bohr, qualcuno prende una fotogra$a della lavagna nel suo studio: c’è un disegno. Rap-presenta la « scatola piena di luce » dell’espe-rimento mentale di Einstein. Fino all’ultimo, la voglia di confrontarsi e capire di più. Fino al l’ultimo, il dubbio.

Rovelli_PBA_17x30.indd 30Rovelli_PBA_17x30.indd 30 15/09/2014 11:43:5915/09/2014 11:43:59