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L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA SANITARIO SPAGNOLO
REMO ARDUINI
Working Paper n. 2008-06 MARZO 2008
1
Indice
Capitolo 1 I sistemi sanitari europei: cenni pag. 2
Capitolo 2 La situazione in Spagna
2.1 Il modello della sicurezza sociale pag. 8
2.2 L'evoluzione del sistema sanitario spagnolo pag. 11
2.3 Il federalismo spagnolo pag. 15
Capitolo 3 La Legge Generale di Sanità
3.1 I principi generali della legge pag. 25
3.2 La struttura de sistema sanitario nazionale pag. 30
3.3 Il finanziamento del servizio sanitario pag. 37
Bibliografia pag. 39
2
Capitolo 1 I SISTEMI SANITARI EUROPEI: CENNI
Non tutti i sistemi sanitari risolvono allo stesso modo la questione fondamentale del
servizio sanitario: chi accede? A cosa? A spese di chi e di che cosa?
In nessun paese esiste una soluzione completamente privata. Tutti combinano una certa
presenza del settore pubblico e di quello privato.
Al principio, in tutta Europa, si è sviluppato un sistema di sicurezza sociale, che poi si è
evoluto in maniera distinta nei diversi paesi.
Il welfare1 è un sistema generale di servizi, finalizzato all’aumento del benessere sociale
di coloro che si trovano in determinate situazioni giuridiche. Si finanzia grazie alla
ridistribuzione delle ricchezze nazionali ed, in particolare, è rivolto a rimediare casi di
infortunio.
Si possono incontrare diversi tipi di sicurezza sociale, come quella a gestione privata in
contrapposizione a quella a gestione pubblica o statale, quella diretta solo ai lavoratori
rispetto a quella che si può estendere a tutti i cittadini, quella causale, che si sofferma
cioè sulle cause (incidente, malattia..) o quella contingente che si fissa sulla situazione
concreta di invalidità temporanea o permanente o morte, quella carencial o no carencial
con o senza il periodo di franchigia durante il quale l’assicurazione non è ancora
operante e quella soggettiva rispetto a quella oggettiva.
Questi diversi tipi di sicurezza sociale normalmente mescolano tra loro le caratteristiche
secondo le peculiarità di ogni ordinamento giuridico. Solitamente le caratteristiche si
presentano raggruppate in due grandi sistemi: da una parte quello che unisce
l’assicurazione sociale privata con quella lavorativa causale e di responsabilità privata,
dall’altra l’assicurazione sociale pubblica contingente e di responsabilità pubblica.
Questi due modi di organizzazione portano a tipi differenti di welfare: uno che agisce da
copertura o assicurazione dei rischi e l’altro da servizio pubblico.
1 Da "El Sistema Nacional de Salud" di Jose Luis Montes e Jesus Gil Redrado. McGraw-Hill-Interamericana. Cap. 1.
3
Nell’Europa Occidentale, i sistemi sanitari appartengono a questi due gruppi, che
prendono il nome di modello “Beveridge”, modello “Bismark” e un terzo "privatistico"
basato sulle assicurazioni.
Il primo2, che più comunemente è chiamato Servizio Sanitario Nazionale, è finanziato
attraverso le imposte, è caratterizzato da libertà di accesso rivolta a tutti i cittadini
residenti e la gestione è pubblica. I medici appartenenti alle nazioni che adottano questo
tipo di sistema sanitario sono dipendenti pubblici stipendiati o con altra forma di
remunerazione (cosiddetta capitaciòn), mentre gli ospedali ricevono un contributo dallo
stato. Tutti i paesi del nord Europa (Danimarca, Finlandia, Irlanda, Norvegia, Svezia e
Regno Unito) hanno mantenuto o hanno adottato questo modello dopo la seconda
guerra mondiale. Quelli del sud Europa (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna) si unirono a
questo gruppo solo negli anni ’80. si può, quindi, affermare che costituisce il modello
maggiormente diffuso nei paesi avanzati.
Tab. 1: modello “Beveridge”
SISTEMI SANITARI IN EUROPA – MODELLO “BEVERIDGE” SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
* finanziamento attraverso le imposte * libertà di accesso per tutti
* controllo governativo * consistente intervento dello stato nella gestione
* compreso nelle previsioni di bilancio dello stato * medici stipendiati o per capitaciòn
* in parte a carico del settore privato * alcune prestazioni a carico degli utenti
Danimarca Spagna Finlandia Grecia Irlanda Italia3
Norvegia Portogallo Regno Unito Svezia
2 Modello ispirato dal documento "Beveridge" del 1942, nel quale formalizza il sistema di organizzazione adottato dalla Svezia negli anni 30. 3 Per quanto riguarda l'Italia, sono state introdotte profonde modifiche soprattutto in relazione all'abbandono del sistema di pagamento a "piè di lista", che è stato sostituito con l'introduzione del sistema dei D.R.G.
4
Il modello “Bismark”4, invece, che più comunemente è chiamato “Sistema di Sicurezza
Sociale”, si caratterizza per una forma di finanziamento ottenuta attraverso quote
obbligatorie versate a fondi pubblici dalle imprese e dai lavoratori. I cittadini che non
possono accedere a questo tipo di fondi sono coperti o attraverso il sistema impositivo
(e quindi a carico dell’intera collettività) o da assicurazioni private. Le cure mediche
vengono dispensate da medici liberi professionisti pagati per ogni singola prestazione,
mentre gli ospedali ricevono un contributo globale per la loro attività.
Tab. 2: modello “Bismark”
SISTEMI SANITARI IN EUROPA – MODELLO “BISMARK” SISTEMI DI SICUREZZA SOCIALE
* finanziamenti attraverso quote obbligatorie pagate dagli imprenditori e dai lavoratori o mediante imposte * le risorse finanziarie finiscono in “fondi (enti non governativi regolati dalla legge) che si occupano della gestione di queste risorse * i fondi contrattano con gli ospedali, con i medici di famiglia, etc, al fine di ottenere la fornitura dei servizi agli assicurati mediante contratti basati su un contributo o su pagamento per singola prestazione
Germania Austria Belgio Francia Paesi Bassi
Oltre a queste differenze, i due sistemi presentano importanti similitudini. Infatti, se si
guarda alla percentuale di popolazione coperta nei paesi col sistema di “Sicurezza
Sociale” si vede che è andata convergendo verso la universalizzazione, che è invece un
punto di partenza nei paesi con sistemi sanitari nazionali. Alcuni esempi sono riportati
nella tabella seguente.
4 Modello ispirato alla legislazione sociale tedesca. Bismark, abbandonando le abitudini astensioniste tipiche dello stato liberale, istituì un regime di sicurezza sociale a favore dei lavoratori dell'industria che si trovavano in situazioni economiche sfavorevoli. Nel 1883 instaurò la prima assicurazione sociale, quella sulle malattie, nel 1884 quella sugli infortuni sul lavoro e nel 1889 quella sulla vecchiaia e invalidità.
5
Tab. 3: protezione sociale nella sanità. Europa 1960-2000 (% popolazione coperta)5.
Paesi 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1991 2000
Germania 85,0 85,8 88,0 90,3 91,0 92,2 92,2 92,2 90,9
Austria 78,0 92,0 91,0 96,0 99,0 99,0 96,0 99,0 99,0
Danimarca 95,0 95,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Spagna 54,0 55,0 61,0 81,0 83,0 90,0 99,0 99,0 Nd
Francia 76,3 85,0 95,7 96,0 99,3 99,0 99,5 99,5 99,9
Grecia 30,0 44,0 55,0 75,0 88,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Inghilterra 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Italia 87,0 91,0 93,0 95,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Svezia 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Dall’altro lato, nei paesi con un sistema sanitario nazionale, la fornitura dei servizi si
organizzò in modo diretto, mentre in quelli con la sicurezza sociale si fece in modo
indiretto. Nel sistema di fornitura diretta c’è solitamente identità tra chi finanzia e chi
fornisce il servizio sanitario, mentre nel sistema indiretto il finanziatore è un ente
differente dal proprietario del servizio.
Il modello Bismarkiano si basa su un sistema di assicurazioni sociali di malattia e su tre
attori: lo stato, gli assicuratori e gli erogatori. Il secondo modello affida allo stato la
tutela della salute dei cittadini, le funzioni di finanziamento e di erogazione delle
prestazioni, che sono attribuite allo stesso soggetto pubblico che si trova ad operare in
condizioni di monopolio e monopsonio.
Nei primi anni novanta quasi tutti i paesi europei sono coinvolti in, più o meno,
profonde riforme nei sistemi sanitari. Tratto comune delle riforme dei sistemi sanitari è
il processo di decentramento, attraverso il quale i livelli di governo più bassi hanno
visto accresciuto il loro potere in campo sanitario. Tale decentramento ha assunto forme
diversificate: da un lato, si è realizzato attraverso l'attribuzione di competenze
organizzative(così come è avvenuto in Italia) nel perseguimento di obiettivi generali
definiti a livello nazionale; dall'altro lato, il decentramento ha riguardato la legislazione,
5 Da "Informe SESPAS 1993: La Salud y el Sistema Sanitario en Espana". S.E.S.P.A.S.: Sociedad Espanola de Salud Publica y Administraciòn Sanitaria e Irdes, Eco. Salute, OCSE 2004, 1° ed.
6
pur nell'ambito di un quadro normativo definito dal livello di governo centrale che
mantiene la propria funzione di raccolta e assegnazione delle risorse finanziarie.
La tendenza al decentramento viene giustificata da una migliore capacità dei livelli di
governo più vicini ai cittadini di perseguire gli obiettivi di tutela della popolazione.
Questa tendenza presenta il rischio di generare una disomogeneità tra i diversi sistemi
sanitari regionali, mettendo in discussione il fondamento stesso dei sistemi sanitari
europei, che sono ispirati dal principio dell'universalità.
In termini di risorse assorbite, la sanità costituisce uno dei settori più importanti in tutte
le economie sviluppate, mentre resta di dimensioni ridotte nei paesi più arretrati.
nei paesi europei, l'operatore pubblico opera in uno o più dei seguenti ruoli: come
regolatore, come finanziatore e come fornitore di servizi sanitari.
Nella tavola seguente si riportano, per alcuni paesi europei, il rapporto tra spese
sanitarie private e PIL e il rapporto tra spese pubbliche e PIL: le spese hanno avuto una
dinamica crescente negli anni 60, 70 e 80 e poi si è stabilizzata o è diminuita.
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tab. 4
Paese Spesa sanitaria pubblica totale in % PIL spesa sanitaria pubblica in % PIL
1960 1970 1980 1990 1995 1998 1960 1970 1980 1990 1995 1998
AUSTRIA 4,3 5,3 7,6 7,1 8,5 8,0 3,0 3,3 5,2 5,2 6,2 5,8
BELGIO 3,4 4,0 6,4 7,4 8,7 8,6 6,1 6,1
DANIMARCA 9,1 8,5 8,2 8,3 8,0 7,0 6,8 6,8
FRANCIA 4,1 5,7 7,4 8,6 9,6 9,3 2,4 4,2 5,8 6,6 7,3 7,1
GERMANIA 4,8 6,3 8,8 8,7 10,2 10,3 3,2 4,6 6,9 6,7 8,0 7,8
GRECIA 3,1 5,6 6,5 7,5 8,9 8,4 1,5 2,4 3,6 4,7 4,8 4,7
IRLANDA 3,6 5,1 8,4 6,7 7,3 6,8 2,8 4,2 6,8 4,8 5,3 5,2
ITALIA 3,6 5,1 7,0 8,0 7,4 7,7 3,0 4,5 5,6 6,4 5,3 5,5
LUSSEMBURGO 3,5 5,9 6,1 6,3 6,0 3,1 5,5 5,7 5,8 5,5
OLANDA 8,0 8,5 8,9 8,7 5,6 5,7 6,4 6,0
NORVEGIA 2,9 4,4 7,0 7,8 8,0 8,6 2,3 4,0 5,9 6,4 6,7 7,1
PORTOGALLO 2,7 5,6 6,2 7,6 7,7 1,6 3,6 4,1 5,0 5,1
SPAGNA 1,5 3,6 5,4 6,6 7,0 7,0 0,9 2,3 4,3 5,2 5,5 5,4
SVEZIA 4,5 6,9 9,1 8,5 8,1 7,9 3,3 5,9 8,4 7,6 6,9 6,6
REGNO UNITO 3,9 4,5 5,6 6,0 6,9 6,8 3,3 3,9 5,0 5,1 5,9 5,7
Per quanto riguarda la Spagna la spesa sanitaria totale, rispetto al PIL, è cresciuta
sempre; anche la spesa sanitaria pubblica, rispetto al PIL, è aumentata in modo
significativo, raddoppiando dagli inizi degli anni 60 alla fine degli anni 80.
8
CAPITOLO 2 LA SITUAZIONE IN SPAGNA
2.1 Il modello di sicurezza sociale6
In Spagna, si possono incontrare esempi della protezione sociale molto antichi: già nel
XIX secolo iniziano ad affermarsi istituzioni pubbliche per i poveri e società volontarie
di mutuo soccorso promosse dai sindacati operai.
Tuttavia la sicurezza sociale obbligatoria sviluppa in seguito all’industrializzazione. Ciò
aiuta a spiegare perché in Spagna, con uno sviluppo industriale tardivo, la sicurezza
sociale, fino alla fine degli anni settanta, non raggiunge il peso che aveva, invece, in
altri paesi occidentali.
Già dal principio del secolo, con la legge sugli incidenti sul lavoro del 30 gennaio del
1900 la Spagna intraprende la via delle assicurazioni obbligatorie, con finanziamenti
principalmente derivanti dai tributi, adottando quindi il modello di Bismark. Questa
tendenza si consolida dopo la guerra civile, con uno sviluppo nel quale si mantiene un
livello ridotto di protezione e nel quale ancora rimangono esclusi numerosi gruppi di
cittadini. Di seguito sono evidenziate alcune tappe che riguardano lo sviluppo delle
assicurazioni nella penisola iberica durante i primi sessant’anni del novecento:
- 1900. Legge del 30 gennaio sugli incidenti sul lavoro nell’industria;
- 1908. Legge del 27 febbraio: viene creato l’Istituto Nazionale di Previdenza
(INP);
- 1911. Codice delle assicurazioni sociali;
- 1919. Pensionamento operaio e assicurazione obbligatoria sugli incidenti sul
lavoro per coloro che lavorano in mare;
- 1929. Assicurazione obbligatoria per la maternità;
- 1932. Assicurazione obbligatoria sugli incidenti sul lavoro per gli impresari;
6 Da "El Sistema Nacional de Salud" di Jose Luis Montes e Jesus Gil Redrado. McGraw-Hill-Interamericana. Cap. 1.
9
- 1942. Seguro obligatorio de enfermidad (SOE), cioè Assicurazione Obbligatoria
sulle Malattie;
- 1947. Assicurazione sulle Malattie Professionali;
- 1955. Assicurazione per i lavoratori dipendenti;
- 1961. Assicurazione obbligatoria contro la Disoccupazione;
Si può, quindi, affermare che il sistema sanitario spagnolo nasce sessanta anni dopo il
modello tedesco, anche se più limitato solo a lavoratori non qualificati, con salari più
bassi e appartenenti al settore industriale (SOE).
Come conseguenza di questo, si stabilisce una gestione diretta dei servizi, tanto per
quelli mutualistici (atenciòn7 primaria, cioè assistenza primaria) sia per quelli
ospedalieri.
A partire da questo momento, si assiste ad una progressiva espansione sia al resto dei
lavoratori sia ad altri settori, attraverso la creazione di regimi particolari o la inclusione
della forma di assistenza preesistente.
Bisogna aspettare fino al 28 dicembre 1963 per aver il primo tentativo di
universalizzazione del servizio sanitario, con la approvazione della Legge di Base della
Sicurezza Sociale8, che entrerà in vigore solo il primo gennaio del 1967.
Con questa legge si produce un importante salto qualitativo: il superamento degli
schemi propri delle assicurazioni a favore dell’introduzione del concetto moderno di
sicurezza sociale.
I principi di questa legge sono i seguenti:
1. Tendenza all’unità.
2. Partecipazione degli interessati al governo degli enti gestori.
3. Soppressione della finalità del profitto nella gestione.
4. Aumento dei finanziamenti statali.
5. Maggiore attenzione per la prevenzione e la riabilitazione.
7 La atenciòn primaria riunisce quei Centri di assistenza primaria che erogano assistenza medico-generica, pediatrica e infermieristica, ambulatoriale e domiciliare. 8 La Sicurezza Sociale è un organismo che comprende la sanità, le pensioni e l'Istituto Nazionale del Lavoro; non è un ministero come accade in Italia.
10
Si può notare, tra le linee generali di questa legge, una volontà di estendere la
protezione a differenti gruppi di lavoratori.
In seguito a questa legge, sia la copertura sia la rete di assistenza s’incrementa, tanto che
alla fine degli anni settanta, già ne faceva parte l’80% della popolazione.
Cinque anni più tardi, la legge 24 del 1972 sul Finanziamento e Perfezionamento
dell’azione protettrice del Regime Generale della Sicurezza Sociale pone le basi per uno
sviluppo rapido dei contributi e dei servizi, per una progressiva approssimazione della
base contributiva ai salari reali.
A metà degli anni settanta due fenomeni influiscono pesantemente nell’evoluzione del
welfare:
• il ritorno alla democrazia, che spinse i cittadini a rivendicare migliori servizi;
• la crisi economica.
Questi due fattori producono consistenti squilibri sia nel sistema economico sia in
quello di gestione dei servizi.
D’altra parte , la Costituzione approvata il 31 ottobre 1978 stabiliva, nell’articolo 41, il
diritto di tutti i cittadini alla sicurezza sociale, e, nell’art. 149 che la legislazione
fondamentale e il regime economico della sicurezza sociale fosse di competenza dello
stato.
Per questi motivi, tra il 1977 e il 1979, ci fu una profonda riorganizzazione istituzionale
e gestionale, riducendo il numero di enti e specificando le loro funzioni. Si introducono
varie forme di controllo: quella parlamentare (soprattutto attraverso un’anticipata
approvazione dei contributi annuali), quella della Intervenciòn (ente di controllo per la
legalità) e del Tribunale dei Conti, quella dei Sindacati liberi e delle Organizzazioni
Imprenditoriali (attraverso i Consigli degli Enti Gestori).
Questi enti furono creati grazie al Regio Decreto-legge 36/1798 sulla gestione
istituzionale della sicurezza sociale, della Salute e dell’Impiego, in sostituzione
dell’I.N.P. e delle numerose Mutualidades (compagnie di assicurazione di gruppi
professionali) e dei Servizi Comuni che esistevano in quel momento. Nell’intento di
semplificare il sistema degli enti di gestione, questi furono ridotti a tre:
- INSS: per la gestione dei servizi economici;
- INSALUD: per la gestione dei servizi sanitari;
11
- INSERSO: per la gestione dei servizi sociali;
Altre misure legislative furono prese per sanare la situazione della sicurezza sociale:
- la Legge Base sull’Impiego;
- la Legge 31/84 del 2 agosto sulla protezione della disoccupazione;
- la Legge del 31 luglio sulle misure urgenti per razionalizzare la struttura e
l’azione protettrice della sicurezza sociale.
2.2 L'evoluzione del sistema sanitario spagnolo9
La prima norma di carattere generale relativa al settore sanitario è stata la legge del 28
novembre del 1855, che stabiliva un sistema di servizi assistenziali sulla base del libero
esercizio professionale dei medici. Questa legge regolava alcuni organi dell’attività
sanitaria focalizzati ai problemi di salute della collettività: sistemi di quarantena, bagni
termali, igiene pubblica, vaccinazioni, sanità mortuaria, etc. Le competenze sanitarie
venivano attribuite alla Direzione Generale della Sanità (creata pochi anni prima), ai
governatori ed ai sindaci.
Quasi cinquant’anni dopo (durante i quali ci furono numerosi tentativi di riformare la
legge), con il Decreto Regio del 12 gennaio 1904, fu approvata la regolamentazione
generale della sanità pubblica, che non modificò le competenze stabilite dalla legge del
1855, ma soltanto cambiò il nome da Direzione Generale di Sanità in Ispezione
Generale di Sanità.
In questa regolamentazione furono disciplinate le disposizioni sull’igiene, a livello
statale e comunale, mentre a livello provinciale sia quelle sull’igiene che sulla sanità. Si
tratta di una norma progressista che porta ad un doppia organizzazione professionale
(professioni sanitarie libere e ufficiali) con i rispettivi obblighi e nella quale appaiono
per la prima volta le organizzazioni corporative strutturate in Collegi professionali
provinciali.
9 Da "El Sistema Nacional de Salud" di Jose Luis Montes e Jesus Gil Redrado. McGraw-Hill-Interamericana. Cap. 1.
12
Nel 1925 vengono definite due norme regolatrici del settore sanitario, la
regolamentazione della sanità comunale e provinciale, nelle quali si regolano
esaurientemente le competenze delle province, delle circoscrizioni giudiziarie
(comprendenti più comuni) e dei comuni.
La II Repubblica Spagnola, nel 1934 approvò una Legge di Coordinamento dei Servizi
Sanitari, che però ebbe vita molto corta e fu revocata, in parte, dalla stessa Repubblica
e, totalmente, dopo la guerra civile.
In seguito, nel 1944, fu approvata la Legge di Base della Sanità Nazionale.
Questa legge presenta lo stesso schema delle norme del 1855 e del 1904, con una
Direzione Generale di sanità rafforzata, come organo di vertice.
In essa viene ancora di più evidenziata la divisione tra la sanità collettiva, di
responsabilità del governo centrale e quella individuale, di responsabilità di enti locali,
attraverso una struttura di medici titolari incaricati di fornire le prestazioni alle persone
considerate “povere”, che dipende dalle province.
Lo stato si fa carico, attraverso dispensari ed ospedali, della copertura delle malattie
considerate socialmente rilevanti, come per esempio la tubercolosi, la lebbra e la
malaria.
Tale legge dedica uno dei suoi precetti anche al S.O.E., assicurazione obbligatoria di
malattia, creata due anni prima grazie alla legge del 14 dicembre 1942, che consiste in
un sistema di copertura dei rischi sanitari basato sul quote legate al lavoro.
L’assicurazione obbligatoria sulle malattie (SOE) assume via via un numero di
patologie e di assicurati sempre maggiore. E' il gestore autonomo di una grande struttura
sanitaria che costituiva la rete sanitaria più importante del paese. In questo modo, già da
prima degli anni quaranta, si creano dei sottosistemi sanitari differenti e indipendenti.
Precisamente, si crea la rete dipendente dagli enti locali, quella dipendente dallo stato e
quella della sicurezza sociale. I loro obiettivi non sono differenti e nemmeno
complementari e di conseguenza si producono disgregazioni ed inefficienze.
Fino all'entrata in vigore della Legge Generale di Sanità, il sistema sanitario spagnolo è
composto da un gran numero di reti assistenziali e più di 19 Ministeri hanno
competenza in materia!
13
Riassumendo la situazione, si può dire che l'assistenza sanitaria era a base mutualistica,
con un orientamento al “riparo”, caratterizzata da una copertura universale e un
finanziamento per quote. Le sue risorse sono geograficamente mal distribuite in quanto i
maggiori centri ospedalieri sono ubicati nei principali capoluoghi di provincia. Nel resto
del territorio ci sono solo piccoli e insufficienti ospedali. Esisteva un’ampia rete di
centri assistenziali, generali o specializzati, ospedalieri o no, dipendenti dai comuni,
dalle province e da1le università pubbliche.
Nel 1977 si crea, per la prima volta dalla II Repubblica, il Ministero di Sanità e
Sicurezza Sociale, che nel maggio del 1981 diventa Ministero del Lavoro, Sanità e
Sicurezza Sociale e, in dicembre dello stesso anno, Ministero della Sanità e Consumo.
Nel l977 con il Regio Decreto-Legge 36/1978 scompare e si divide l’Istituto Nazionale
di Previsione, dal quale dipende l’assistenza sanitaria della Sicurezza Sociale. In tale
circostanza la gestione dell’assistenza sanitaria viene assegnata all’Istituto Nazionale
della Salute (INSALUD).
Il trasferimento delle competenze di promozione, prevenzione e pianificazione
territoriale agli Enti preautonomicos10 inizia nel 1979, mentre quello per le comunità
autonome già si è concluso. Nel 1981, inizia invece il procedimento di trasferimento
della gestione dell’assistenza sanitaria della sicurezza sociaIe, con la Regione della
Catalogna.
La riforma dell’assistenza primaria inizia nel 1984 grazie al Decreto Regio 137/1984.
Fino a quel momento l’assistenza primaria viene esercitata in centri con strumentazione
tecnica insufficiente e in spazi non idonei, dai medici generici e dai pediatri che
lavoravano in maniera individuale e con una frequenza di due ore e mezzo giornaliere.
Questa riforma, invece, rende possibile la costituzione di squadre di assistenza primaria,
in cui sono presenti anche medici generici, pediatri, personale infermieristico e altri
professionisti sanitari, che lavoravano in centri sanitari. La loro attività è rivolta sia alla
domanda sanitaria sia alla zona che è stata loro assegnata, con una frequenza di 40 ore
settimanali.
10 Enti non ancora autonomi, che però lo diventeranno a breve e godono quindi di particolari agevolazioni.
14
Nel 1986, viene approvata la Legge Generale sulla Sanità, grazie alla quale ci fu un
cambiamento radicale nella filosofia politica dell’assistenza medico-sanitaria, poiché
con essa il sistema di sicurezza sociale viene trasformato nel Sistema Nazionale di
Salute, nel quale sono integrate il resto delle reti assistenziali già esistenti.
Storicamente il finanziamento dell’assistenza sanitaria è a carico dei bilanci della
sicurezza sociale. Nel 1989, s’inizia a modificare il modello, finanziando l’assistenza
sanitaria attraverso il 30% a carico della sicurezza socia1e e il 70% a carico del bilancio
generale dello stato. Infatti, se nel 1975 la spesa sanitaria pubblica rappresenta il 3,8%
del P.I.L.; nel 1995 è del 5.7% del P.I.L. I contributi sanitari si quintuplicarono
passando da 695.000 milioni di pesetas nel 1982 a 3,5 bilionili di pesetas nel 1996.
Per quanto riguarda la copertura: nel 1977, era coperta solo il 77% della popolazione
dalla Sicurezza sociale, nel 1995 lo era il 98,5% dal Sistema Nazionale di Salute.
Viene modificato anche il procedimento per ottenere la specializzazione (attraverso un
decreto regio), prima regolato solo a livello nazionale; tra il 1980 e il 1994 l’offerta
annuale di formazione di specialisti si moltiplicò di 2,5 volte (nel 1980 erano disponibili
2077 posti, contro i 5000 del 1995).
A partire da tale riforma fu creato un organo scientifico-tecnico di appoggio al sistema
naziona1e di salute: l’Istituto di Salute “Carlos III”, con la caratteristica di essere un
organismo autonomo sotto la vigilanza del Ministero di Sanità e Consumo, nel quale si
integrano la Scuola Nazionale di Sanità e il Fondo di Investigazione della Sicurezza
Sociale.
Giunti a quest’ultima tappa della storia del sistema nazionale spagnolo si possono
schematizzare le due fasi principali:
- Prima della Legge Generale sulla Sanità: coesisteva all’interno del sistema pubblico
una molteplicità di reti assistenziali senza coordinamento tra di loro:
• la funzione pubblica della sanità era di competenza dello stato, che la svolgeva
attraverso una rete di ospedali;
• l'assistenza sanitaria della sicurezza sociale dipendeva dal Ministero del Lavoro,
con la sua propria rete assistenziale;
• l’assistenza di tipo benefico dipendeva principalmente dagli enti locali, che a
loro volta avevano creato g1i ospedali generali;
15
• altre reti di assistenza le cui competenze venivano attribuite a diversi
dipartimenti
• del governo: la sanità militare, gli ospedali universitari e la sanità penitenziaria.
- Dopo la Legge Generale sulla Sanità: tutte le reti vennero integrate nel Sistema di
salute nazionale.
2.3 Il federalismo spagnolo
Finora si è parlato dell’evoluzione generale avuta dal sistema sanitario in Spagna.
Un’attenzione particolare è opportuno venga dedicata al decentramento del servizio
sanitario, che è una delle sue caratteristiche principali, in quanto è un decentramento di
competenze che va al di là del semplice decentramento che si può trovare anche in molti
altri paesi, come ad esempio in Italia, ma è un fatto radicato nella storia spagnola.
Infatti, non si ferma all’aspetto amministrativo, ma si tratta di un vero decentramento di
carattere politico.
A differenza di quanto succede nella maggior parte degli stati federali, infatti, i
parlamenti e i governi autonomi assumono competenze legislative ed esecutive in
merito a molte politiche pubbliche, senza assumere anche una corresponsabilità a livello
fiscale.
Nella stessa Costituzione viene data molta enfasi alle autonomie, tanto che le
responsabilità e le competenze dei governi locali, così come i modi di organizzazione e
di funzionamento, passano ad essere regolati dalle comunità autonome (CC.AA.), che
possiedono la capacità legislativa e politica per trasformarli.
Lo sviluppo globale di tale processo di decentramento11 implica quindi, in primo luogo,
la costituzione di nuove istituzioni rappresentative, di gestione ed esecutive nelle
CC.AA, che abbiano piene competenze politiche ed amministrative per la formulazione
ed esecuzione delle politiche pubbliche.
11 Da "Descentralizaciòn y Reforma sanitaria in Espana (1976-1994). Intensidad de preferencias y autonomìa politica como condiciones para el bueno gobierno" di Ana Rico Gòmez. Instituto Juan March Estudios e Investigaciones. Cap. 3.
16
Il decentramento sanitario avvenne in Spagna nel periodo compreso tra il 1976 e il
1986. Fu il risultato di due cambiamenti istituzionali importanti nello Stato spagnolo: la
riforma del settore sanitario pubblico e il decentramento territoriale. Tali riforme si
svilupparono in un contesto di ristrutturazione generale delle istituzioni pubbliche, che
provocò la necessità di un nuovo regime democratico.
Da un lato, la ristrutturazione sanitaria fece parte di un processo più ampio di
ristrutturazione territoriale dello stato, tradizionalmente centralizzato. In questo senso il
modello di stato delle autonomie, citato dalla Costituzione spagnola del 1978, suppone
l’introduzione di alcune caratteristiche proprie del modello federale di governo. Tale
modello si può intendere come la risposta politica ed istituzionale alle aspirazioni di
autogoverno delle regioni tradizionalmente nazionaliste come la Catalogna e il Paese
Basco.
Dall’altro lato, il processo di decentramento costituisce uno degli elementi centrali della
riforma sanitaria iniziata negli armi settanta e che si completò nel 1986 con
l’approvazione della Legge Generale di Sanità.
La riforma sanitaria socialista ha previsto un cambiamento nel modello d’intervento
pubblico, che sfociò principalmente nella transizione da un sistema di sicurezza sociale
a un servizio di salute nazionale.
Un fatto distintivo e specialmente rilevante di questa riforma sanitaria è che le due
modificazioni più importanti (l’universalizzazione dell’accesso e il decentramento a
livello delle comunità autonome dei servizi sanitari) non si estesero ad altre politiche
rilevanti quali i servizi per i disoccupati e le pensioni. Inoltre, la riforma sanitaria
spagnola risulta particolarmente interessante in quanto i poteri legislativi ed esecutivi
trasferiti, a livello regionale dal governo, la dotano di un carattere distintivo rispetto agli
altri paesi (eccetto, parzialmente, il caso italiano).
Sia il decentramento che la riforma sanitaria suppongono modificazioni istituzionali
importanti che modificano la distribuzione del potere politico.
Tale cambiamento istituzionale fu favorito dall’esistenza di gruppi sociali e politici con
capacità di mobilitazione politica e dall’esistenza di un’opinione pubblica maggioritaria
che concesse appoggio ai gruppi suddetti.
17
Le riforme, più volte tentate, non ebbero successo per la mancanza di consenso generale
sugli obbiettivi centrali (il modello d’intervento pubblico nel settore sanitario, la
questione relativa al ruolo del settore privato nella fornitura di servizi pubblici e il
modello concreto di decentramento da adottare) durante il governo dell’Unione di
Centro Democratica (UCD) alla fine degli anni settanta, mentre divennero motivo
principale di conflitti tra governo e opposizione negli anni ottanta.
Il problema del decentramento deriva dall’esistenza in Spagna di comunità linguistiche
ed etniche con distinte identità culturali e rivendicazioni nazionaliste con un profondo
radicamento storico.
Un fatto particolare della storia spagnola è l’associazione del decentramento con
l’ideologia liberale del secolo XIX; i poteri amministrativi municipali a questo riguardo,
stabiliti per la prima volta nella Costituzione del 1812, sono, a partire da allora,
soppressi dai governi conservatori e ripristinati dai liberali. Il decentramento locale si
converte così in un tema politico di gran valore simbolico e acquista tinte democratiche
e progressiste, al contrario di ciò che avvenne in altri paesi europei. La confluenza tra
l’ideologia liberale e il primo anarchismo moderato durante l’ultimo quarto del secolo
spiegano l’instaurazione della I Repubblica spagnola, di tipo federalista, durante la
quale le rivendicazioni di autogoverno a livello regionale e locale acquistarono
un’intensità senza precedenti. Durante la II Repubblica una delle misure più
problematiche per la sua stabilità fu il decentramento di importanti competenze
politiche e amministrative a favore della Catalogna. solo la guerra civile impedì che tale
decentramento si estendesse anche al Paese Basco (compresa Navarra) e alla Galizia,
regioni in possesso di requisiti per ottenere un governo autonomo, come previsto nella
Costituzione Repubblicana. La repressione delle aspirazioni nazionaliste di queste tre
regioni e il ritorno a un forte centralismo durante la dittatura di Franco ebbe come
effetto l’accentuazione dell’associazione tra decentramento e democrazia, che diventerà
più evidente durante la transizione democratica negli anni settanta.
In campo sanitario, il franchismo ebbe un ruolo innovatore, anche se la sua politica
sanitaria non fu evidente fino alla fine degli anni settanta.
Come già abbiamo visto, all'inizio degli anni quaranta sono state approvate due leggi
sanitarie importanti: nel 1942, quella sull’Assicurazione Obbligatoria sulle Malattie
18
(SOE), che sancì l’assistenza sanitaria gratuita per i lavoratori con mezzi economici
insufficienti (circa un 25-30% della popolazione spagnola); nel 1944, la Legge Base di
Sanità, che prevede la riforma globale dei servizi di salute pubblica e il controllo delle
malattie infettive.
Durante questo periodo il regime di Franco ampliò progressivamente la quantità di
popolazione coperta dall’assistenza pubblica gratuita, che passò da un 25%, nel 1945 a
un 50%, nel 1965. Il sistema si basava principalmente sui contributi degli imprenditori e
dei lavoratori e fino alla fine degli anni sessanta la fornitura dei servizi si realizzò
principalmente attraverso accordi con centri sanitari pubblici e privati. Tra il 1962 e il
1972 furono introdotti tre cambiamenti importanti attraverso una serie di misure
legislative: l'inserimento dell’assistenza sanitaria nel sistema di sicurezza sociale appena
creato, un ampliamento rilevante della copertura pubblica e la creazione di un’estesa
rete di ospedali e centri sanitari propri da parte della sicurezza sociale per la fornitura
dell’assistenza sanitaria pubblica.
Un cambiamento significativo in questo campo fu realizzato nel 1963 grazie alla Legge
Base della Sicurezza Sociale (fu però applicata a partire dal 1967) e alla legge sugli
ospedali del 1962. La prima legge citata, completata con una serie di misure approvate
per legge nel 1972, prevedeva l’inclusione dell'assicurazione sulle malattie nel sistema
di Sicurezza Sociale. La principale conseguenza di ciò fu la soppressione della
condizione di povertà come requisito per accedere al sistema sanitario pubblico. La
seconda legge, invece, segnò l’inizio di un rilevante investimento pubblico nelle
infrastrutture sanitarie, che consolidò la posizione della rete sanitaria della sicurezza
sociale come fornitrice principale di servizi sanitari.
Paradossalmente il rilevante ampliamento della copertura e della rete sanitaria si
realizzò, durante questi anni, senza che esistesse un cambiamento esplicito del modello
sanitario a livello politico: in realtà il regime di Franco non ebbe mai come obiettivo la
copertura di tutta la popolazione attraverso il sistema sanitario pubblico.
La prima proposta esplicita sulla riforma politica nel settore sanitario pubblico da parte
delle autorità franchista si realizzò nel 1975 con l’elaborazione di un progetto di riforma
globale del sistema sanitario pubblico, proposto dalla Commissione interministeriale per
la riforma sanitaria il 26 dicembre 1974. Tale documento fu consegnato al governo nel
19
novembre del 1975, lo stesso mese in cui morì Franco. Le direttive principali
riguardavano l’unificazione organizzativa e la regolamentazione amministrativa dei
servizi sanitari pubblici, il rafforzamento dell’assistenza primaria e della prevenzione e
l’inclusione dell’assistenza psichiatrica.
Un elemento rilevante per spiegare l’intento di riforma, che iniziò nel 1975, fu il
considerevole aumento, dal principio degli anni settanta, delle contestazioni da parte di
fazioni contrarie al regime, capitanate, in campo sanitario, da gruppi di giovani medici
ospedalieri. I primi conflitti si originarono in regioni periferiche di tradizione
nazionalista e le rivendicazioni avevano come oggetto l’autonomia politica e
l’estensione universale del settore pubblico sanitario.
Tra il 1976 e il 1978, gli anni critici della riforma politica democratica, il processo di
riforma sanitaria continuò. In primo luogo, venne incluso un ampio comma sulla
riforma sanitaria nel IV Piano di Sviluppo (pubblicato nel 1977 e mai applicato). In
secondo luogo, la pubblicazione di due importanti studi preparatori di riforma: il Libro
Bianco, sulla riforma del welfare e il Libro Rosa, sulle risorse, le necessità e le opinioni
dei cittadini sulla riforma sanitaria.
Tali progressi si realizzarono in un contesto politico di aumento crescente delle
rivendicazioni politiche. Nel settore sanitario la conflittualità si manifestò, in primo
luogo, con una serie di scioperi del personale sanitario. A questi conflitti si unirono le
richieste di sindacati e collettivi di medici per ottenere una maggiore partecipazione alla
riforma sanitaria, così come manifestazioni regionali che chiedevano il decentramento
di competenze sanitarie.
Tra il 1976 e il 1977, alcuni gruppi di medici elaborarono le prime proposte di riforma
che difendevano apertamente la creazione di un modello di Servizio di Salute Nazionale
somigliante a quello britannico, il decentramento e la democratizzazione del settore
pubblico sanitario.
I modelli sanitari alternativi più innovativi ed influenti durante questi anni arrivarono
dalla Catalogna, dove già esisteva un’importante tradizione politica e tecnica in campo
sanitario. Inoltre, il ripristino, nel 1977, delle istituzioni di governo della Catalogna,
soppresse dal 1939 dal governo franchista, darà una spinta rilevante alle proposte di
riforma catalane, che avranno un periodo di massimo sviluppo tra il 1978 e il 1980.
20
Il governo centrale iniziò, nell’aprile del 1978, la creazione degli enti “preautonomi”
nelle “comunità di via lenta”12. Questo processo iniziò pochi mesi dopo il ripristino, nel
novembre del 1977, delle istituzioni storiche di autogoverno alla Catalogna e al Paese
Basco (alla "Generalitat” e al Consiglio Generale Basco). L’idea politica su cui si
basava questo processo era quella di costituire un modello territoriale di stato uniforme
e simmetrico, con il quale temperare i possibili effetti sull’unità dello stato, derivanti dal
decentramento delle comunità storiche.
Infine, si pervenne ad una soluzione politica di compromesso che riguardò un disegno
costituzionale di stato simmetrico e duale, che concedesse particolari poteri politici alle
regioni con rivendicazioni di autogoverno più intense, mentre accordasse una gamma
minore di funzioni e poteri, di solito esecutivi, alle altre regioni spagnole, alcune delle
quali di recente formazione e di scarsa tradizione storica. A causa di questi disaccordi
politici, il modello istituzionale di decentramento dello Stato, delineato nella
Costituzione del 1978, presentava vari problemi funzionali per il modello di sanità
decentrata:
1. la distribuzione di competenze non era ben definita e questo rendeva
problematico il processo di decentramento;
2. l’assenza di previsioni concrete sulle durate e altri requisiti che garantissero
l’esecuzione ordinata e omogenea del processo di decentramento; di
conseguenza il processo di reintegrazione delle risorse necessarie per applicare
le competenze sanitarie risultava discontinuo e disordinato. Ad eccezione della
12 In ambito della distribuzione di competenze sanitarie tra il governo centrale e le Comunità Autonome, bisogna evidenziare che a quelle regioni con un'identità nazionale più marcata è stato concesso uno status speciale. In questo gruppo dobbiamo innanzitutto menzionare catalogna, Paese Basco e Galizia, che accedettero a questo status attraverso il riconoscimento, implicito nella Costituzione, dei risultati, favorevoli all'autonomia, dei referendum che si svolsero in queste comunità durante il periodo repubblicano. ciò dà loro il diritto di accedere direttamente al massimo livello di competenze previsto nella Costituzione. Successivamente accedette a tale status anche Andalusia (attraverso un referendum), Navarra (grazie al riconoscimento dei suoi diritti storici), Canarie e Valenzia (per delegazione del governo centrale). Il resto delle regioni ebbero, in una prima tappa, un accesso relativamente limitato, anche se era loro riconosciuto il diritto ad accedere al massimo livello di competenze trascorso un periodo di tempo fisso e dopo aver ottenuto determinati requisiti legali difficili da conseguire. Tale distinzione presente nella Costituzione ha portato a chiamare il primo gruppo di comunità come "Comunità di via rapida" o "Comunità di primo grado" e il secondo "Comunità di via lenta" o "Comunità di secondo grado". Normalmente però si fa riferimento all'articolo della Costituzione con il quale ciascun gruppo di comunità ottiene l'accesso all'autonomia: le Comunità di via rapida, via accedono con l'articolo 151 della Costituzione, mentre le altre con l'articolo 143.
21
Catalogna, che ricevette il trasferimento delle competenze nel 1981, quello
relativo alle altre comunità avvenne tra gli anni 1984 e 1994 e coincise con
l’entrata del partito socialista negli esecutivi autonomi dell’Andalusia, della
Comunità Valenciana, del Paese Basco e di Navarra. Due eccezioni furono
rappresentate dalle Canarie e dalla Galizia, che ottennero i trasferimenti
rispettivamente nel 1994 e nel 1991, cioè 15 anni dopo l’inizio del processo di
decentramento delle competenze sanitarie;
3. l’asimmetria che riguardava i poteri che si trasferivano ai due grandi gruppi di
comunità menzionati. Infatti, i limiti che riguardavano i poteri trasferiti alle
regioni senza tradizione storica né rivendicazioni nazionali segnalate generavano
una serie di rilevanti inefficienze; in primo luogo, ostacolavano la completa
integrazione delle differenti reti e funzioni sanitarie sotto una stessa autorità
politica ed amministrativa, il che portò ad un insufficiente sfruttamento
dell’economie di scala e ad un difficile coordinamento amministrativo; in
secondo luogo i limitati poteri delle comunità dell’articolo 143 costituirono un
pretesto per il governo centrale per mantenere e rafforzare le proprie strutture
amministrative. Ciò in quanto lo Stato era ancora incaricato di formulare ed
eseguire la maggior parte della politica sanitaria nel gruppo delle comunità con
minori competenze, il che portò, inoltre, alla duplicazione di strutture
amministrative.
La Costituzione spagnola del 1978 era quindi caratterizzata dalla mancanza di
definizioni specifiche in merito alla devoluzione, così come lo erano anche gli strumenti
legislativi approvati durante i primi anni di democrazia.
Il servizio sanitario pubblico spagnolo comprende, dagli anni quaranta, due distinte reti
istituzionali, entrambe caratterizzate da una considerevole frammentazione
organizzativa e direttiva: quella che si occupa dell’assistenza sanitaria e quella
incaricata dalla sanità pubblica.
La piu importante, sia in termini di spesa sia di personale è la prima. La seconda rete,
quella incaricata dalla sanità pubblica, comprende i servizi pubblici sanitari esistenti
storicamente in Spagna prima della creazione della sicurezza sociale, quelli di salute e
22
di igiene pubblica, quelli di assistenza sanitaria di tipo benefico (diretti a quei gruppi
con risorse economiche insufficienti) e i centri per malattie infettive e mentali.
Secondo la Costituzione, lo stato è competente per la formulazione della legge quadro,
nonché per il coordinamento generale della Sanità e detiene piene facoltà legislative ed
esecutive nella sanità exterior (intesa come parte dell’organizzazione mondiale della
sanità). Nell’ambito dell’assistenza sanitaria della sicurezza sociale la Costituzione
riserva allo stato la formulazione della legge quadro ed il regime economico e
patrimoniale, senza danno per le Comunità Autonome. Infine, riguardo
all’organizzazione dell'amministrazione pubblica, lo stato è competente della
formulazione della legge quadro relativa al regime giuridico del settore pubblico e del
personale dello stesso settore.
Durante la prima legislatura democratica, cioè dall’aprile del 1979 all’ottobre del 1982,
ci furono dei progressi in materia di decentramento e di riforma. Il processo di
devoluzione dei poteri alle comunità iniziò, nel 1979, e già dal principio si notò il suo
carattere problematico.
Dal punto di vista tecnico la devoluzione dei poteri provocò problemi, poiché richiese
capacità di finanziamento e di informazione, capacità professionali, di sforzo e di tempo
che superavano quelle disponibili in quel momento.
Durante il primo governo democratico fu tentata due volte la riforma della sanità, ma
senza esito. Era stato proposto un modello che non risultava compatibile con le
aspettative di una parte della popolazione; il secondo tentativo di riforma fu bloccato
per problemi finanziari e di disaccordo tra le parti politiche.
Successivamente, il governo iniziò a promuovere alcune misure di riforma attraverso
dei decreti, avendo dovuto abbandonare la via della riforma legislativa. Furono
approvati tre tipi di misure importanti tra il 1978 e il 1982. In primo luogo l’INP,
organo centrale di finanziamento e gestione dei programmi della sicurezza sociale, si
divise in vari istituti ed enti indipendenti (la tesoreria generale della sicurezza sociale,
incaricata del finanziamento e della gestione economica dei servizi);
l’Istituto Nazionale di Sicurezza Sociale (INSS), incaricato della gestione delle pensioni
e di appoggiare la tesoreria nelle sue funzioni; l'Istituto Nazionale della Salute
(INSALUD), incaricato della gestione dei servizi sanitari; l’Istituto Nazionale
23
d’impiego (INEM), per la gestione dei servizi di disoccupazione; e l’Istituto Nazionale
dei Servizi Sociali (INSERSO), per i servizi sociali). Un secondo tipo di misure furono
quelle per aumentare la copertura pubblica ad altri collettivi ed il terzo quelle relative al
decentramento delle competenze sanitarie a favore delle comunità autonome.
Tale processo iniziò nel settembre del 1979 con il trasferimento di competenze sanitarie
e d’igiene ai governi autonomi di Catalogna e dei Paesi Baschi. Una nuova ondata di
trasferimenti sempre in questo periodo, riguardò le competenze dell’AISNA, che furono
trasferite nel luglio del 1980 alla Catalogna, nel settembre al Paese Basco, e
successivamente, nel 1982, alle altre Comunità.
La riforma affrontò quattro questioni politiche principali:
1. il modello di finanziamento e di gestione dell’assistenza sanitaria;
2. la definizione dei servizi di base del sistema sanitario pubblico e delle
condizioni per ottenere l’accesso all’assistenza;
3. l’unificazione delle molteplici reti di centri sanitari pubblici e la specificazione
del ruolo futuro dei centri privati a loro relazionati;
4. l’elaborazione del modello definitivo di decentramento sanitario, insieme al
disegno della legge quadro e dei meccanismi di controllo dello Stato sull’attività
legislativa delle Comunità.
Il modello, già formulato negli anni 70, dava risposte chiare a questi quattro obiettivi:
1. la separazione organica della sicurezza sociale e il finanziamento con carico al
bilancio dello Stato;
2. l’accesso universale e gratuito alla totalità dei servizi;
3. la fornitura dei servizi attraverso centri pubblici;
4. la centralizzazione delle responsabilità legislative, di pianificazione e di
finanziamento, accompagnata ad un decentramento regionale relativo alla
gestione.
L’accordo definitivo fu raggiunto infine il 2 aprile del 1985 e, come risultato, venne
introdotta una serie di modificazioni sostanziali al modello inizialmente presentato: la
riforma del sistema di finanziamento, l’estensione totale della copertura e della rete
pubblica diventarono obiettivi a lungo termine; l’accesso al sistema sanitario pubblico
dei gruppi con maggior rendita non fu più gratuito; infine il finanziamento della
24
sicurezza sociale rimase all’interno del finanziamento sanitario e si considerò, inoltre, la
possibilità di stabilire tasse per determinati servizi sanitari.
Il plenum del Congresso approvò il testo definitivo della legge il 18 marzo 1986, che
poi venne promulgato ufficialmente il 25 aprile. Nel periodo compreso tra la primavera
del 1984 e l'estate del 1986, il Ministero di Sanità approvò alcune importanti misure di
riforma incluse nella Legge Generale di Sanità attraverso ordini e decreti. Alcuni
esempi: la riforma della medicina di base, l'ampliamento dell'accesso sull'assistenza
sanitaria pubblica a differenti collettivi, l'organizzazione e la gestione degli ospedali,
l'integrazione degli ospedali clinici, la regolazione delle incompatibilità del personale
sanitario e la creazione di commissioni e convegni di coordinamento e cooperazione con
le Comunità Autonome senza trasferimenti da INSALUD.
25
Capitolo 3 LA LEGGE GENERALE DI SANITA’
3.1 I principi generali della legge
La creazione del Sistema di Salute Nazionale avvenne grazie alla Legge Generale di
Sanità13 n. 14 del 25 aprile 1986, nella quale viene affermato il diritto alla protezione
della salute, che significa dovere in difesa della salute, intesa come il bene maggiore che
possiedono gli individui e la comunità in cui si trovano.
La Legge Generale di Sanità crea un sistema sanitario pubblico: il Sistema di Salute
Nazionale (S.N.S.), il cui asse sono le comunità autonome, poiché tale sistema è
concepito come l’insieme dei servizi di salute delle dette comunità, adeguatamente
coordinati.
Questa legge stabilisce due livelli assistenziali: la medicina di base e l’assistenza
specialistica e fa leva sull’integrazione effettiva dei servizi pubblici d’assistenza e, in
particolare, su quelli della sanità nazionale e della sicurezza sociale. Inoltre, elabora una
distribuzione di competenze, riservando allo stato i poteri di direzione e di
coordinamento, mentre i servizi sanitari rimangono sotto la responsabilità delle
comunità autonome, che in questo campo, sostituiscono i comuni, anche se questi
mantengono le loro competenze tradizionali in materia di sanità ed igiene ambientale.
La legge stabilisce anche una novità nel sistema sanitario pubblico: le aree di salute,
struttura fondamentale del S.N.S., sotto la cui responsabilità ci sono i centri, gli
stabilimenti e tutti i servizi prestati in essi. Per ottenere la massima operatività ed
efficacia le aree sono suddivise in zone Basiche, dove le squadre di assistenza primaria
conducono le loro attività.
La legge prevede la facoltà di libera scelta del medico nell’assistenza primaria, la
creazione di una rete integrata di ospedali appartenenti al settore pubblico e il vincolo al
13 Da "El Sistema Nacional de Salud" di Jose Luis Montes e Jesus Gil Redrado. McGraw-Hill-Interamericana. Cap. 2.
26
S.N.S. da parte degli ospedali privati che ne facciano richiesta (quando lo giustifichino
le necessità di assistenza). Si riconosce, inoltre, il diritto al libero esercizio della
professione e alla libertà di impresa nel settore sanitario.
Altri aspetti importanti della legge sono l’integrazione delle attività di salute mentale nel
sistema sanitario generale e l’estensione della copertura sanitaria della sicurezza sociale
alle persone in essa non incluse e a quelle senza risorse economiche sufficienti.
Riassumendo, le componenti base del S.N.S. sono:
1. l’estensione della copertura sanitaria pubblica a tutta la popolazione;
2. l’uguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari e, in particolare, la non
discriminazione per ragioni geografiche, il che significa equità di distribuzione
delle risorse;
3. il principio di solidarietà, cioè “paga di più chi ha di più;
4. il S.N.S. viene finanziato in gran parte dalle entrate dello Stato;
5. il coordinamento e la integrazione di tutte le risorse sanitarie pubbliche in un
unico sistema, in modo che sia coerente, armonico ed efficace;
6. l’integrazione della politica di promozione della salute e di prevenzione delle
malattie insieme ai servizi medici e farmaceutici;
7. il decentramento in comunità autonome.
Per conseguire tale modello la Legge Generale di Sanità non stabilisce un termine
determinato e dichiara che l’applicazione della riforma deve essere graduale.
Tale sistema di salute nazionale copre più del 98,5% della popolazione (nel 1979 la
popolazione coperta era l’82%). I suoi servizi hanno le seguenti caratteristiche: è
assicurata l’assistenza su tutto il territorio nonché a livello internazionale coi paesi con i
quali sia stato sottoscritto un patto di reciprocità; non esiste un periodo di franchigia,
durante il quale l’assicurazione non è ancora operante, per accedere ai servizi; è
assicurato il ricovero per motivi medici o chirurgici fino al momento della dimissione,
indipendentemente dalla durata, dalle spese di degenza giornaliere e da altre
caratteristiche.
L’utente non contribuisce al costo del servizio nel momento dell’utilizzo (fatta
eccezione per i farmaci prescritti a livello ambulatoriale e per i pazienti non pensionati
che contribuiscono col 40% del prezzo della medicina). Le medicine per i pazienti
27
cronici e sieropositivi hanno una riduzione del 10% sul prezzo. I pazienti pensionati per
qualsiasi causa (anzianità o invalidità) e i malati ricoverati negli ospedali non pagano le
medicine che vengono loro somministrate.
Il costo del sistema sanitario è complessivamente basso; la Spagna è uno dei paesi della
Unione europea che destina meno contributi per persona per la protezione sociale, che
dedica meno percentuale del P.I.L. alla sanità e la cui spesa pro capite nella salute è tra
le più basse.
tab. 5: spesa sanitaria14
Paese % spesa sanitaria sul P.I.L.
% spesa sanitaria pubbl. sulla spesa
sanitaria totale
spesa pro capite per la salute ($)
Germania 8,1 73 1486 Belgio 7,5 83 1227 Danimarca 6,3 83 1053 Spagna 6,6 78 777 Francia 8,8 74 1532 Grecia 5,5 76 402 Olanda 8,2 71 1286 Irlanda 7,0 75 748 Italia 7,7 76 1236 Lussemburgo 7,2 91 1393 Portogallo 6,7 62 555 Regno Unito 6,2 84 972
Da un'indagine svolta su un campione significativo, è emerso che per l'85% della
popolazione spagnola il modello è incontestabile e il miglioramento dei servizi si può
fare solo dall'interno, rendendo maggiore la libertà di scelta, perfezionando la
organizzazione e razionalizzando i servizi: solo un 13% dei cittadini ricorrono a privati
per l'assistenza sanitaria.
Il Titolo VIII della Costituzione stabilisce la distribuzione delle competenze relative alle
funzioni sanitarie e obbliga a distinguere tre campi per considerare il processo di
14 Fonte. OCDE, 1993.
28
trasferimenti: la sanità e l’igiene, l’assistenza sanitaria della sicurezza sociale e
l’Amministrazione Istituzionale della Sanità Nazionale (AISNA).
I trasferimenti di funzioni in materia sanitaria iniziarono con gli Enti Preautonomi della
Catalogna e del Paese Basco. Il tema principale della discussione fu la delimitazione
delle competenze e delle funzioni da trasferire, poiché in questa prima tappa delle
autonomie nei decreti regi di Trapasso non comparivano i mezzi personali, materiali e di
bilancio trasferiti.
Attualmente il processo di trasferimenti in materia di sanità ed igiene è concluso,
formalizzandosi attraverso vari Decreti Regi. Nella seguente tabella ne sono citati solo
alcuni.
tab. 6: trasferimenti di sanità e Igiene
Comunità Autonoma Norma
Andalusia D.R. 1118/1981 sul trasferimento di competenze, funzioni e servizi alla Giunta
dell'Andalusia, in materia di sanità.
Baleari D.R. 2567/1979 sul trasferimento delle competenze al Consiglio Generale delle
Isole Baleari in materia di sanità e cultura.
Castiglia-La Mancia
D.R. 331/1982 sul trasferimento di competenze, funzioni e servizi
dell'Amministrazione di Stato alla Giunta delle Comunità della Regione
Castigliano-Mancega e alla Provincia Generale di Aragona in materia di sanità.
Catalogna
D.R. 2210/1979 sul trasferimento di competenze dall'Amministrazione dello
Stato alla Regione della Catalogna in materia di agricoltura, cultura, sanità e
lavoro.
Galizia
D.R. 1634/1980 sul trasferimento di funzioni e servizi dall'Amministrazione dello
Stato alla Giunta della Galizia in materia di lavoro, industria, commercio, sanità,
cultura e pesca.
Madrid D.R. 1359/1984 sul trasferimento di funzioni e servizi dall'Amministrazione dello
Stato alla Comunità Autonoma di Madrid in materia di sanità.
Navarra D.R. 1697/1985 sul trasferimento dei servizi dell'Amministrazione dello Stato
alla Comunità Forale di Navarra in materia di sanità.
Paese Basco
D.R. 2209/1979 sul trasferimento di competenze dall'Amministrazione dello
Stato al Consiglio Generale del Paese Basco in materia di agricoltura, sanità e
lavoro.
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I trasferimenti15 dall'Organo di Amministrazione Istituzionale della Sanità Nazionale
(AISNA), poiché si tratta di un ente autonomo, dipendono dal Ministero di Sanità e
Consumo e attualmente sono già conclusi, grazie a ciò che stabilisce l'articolo 148.1.21
della Costituzione spagnola in relazione al trasferimento di competenze alle Comunità
autonome in materia di sanità ed igiene.
Tale processo iniziò nel 1980 con le comunità autonome di Catalogna e del Paese
Basco, alle quali furono trasferiti tutti i dispensari e i centri ospedalieri. Nel l982, si
proseguì con Aragona, Asturie, Baleari, Pastiglia-La Mancia, la Comunità Valenciana,
Estremadura e Murcia, solo che a questi enti, non ancora autonomi, furono trasferiti
solo i dispensari. A partire da questo momento il processo fu interrotto fino al 1985,
anno in cui vennero emessi altri Decreti Regi che trasferirono ad alcune Comunità
Autonome sia dispensari che ospedali, mentre ad altri solo dispensari ed a un altro
gruppo ancora, entrambi, ma non nella loro totalità.
I centri ospedalieri non trasferiti alle Comunità Autonome furono, in seguito, integrati
in INSALUD.
Nella Costituzione, la sicurezza sociale appare come una delle competenze di titolarità
dello stato centrale, alle quali hanno accesso solo le Comunità che hanno utilizzato la
strada dell’ articolo 151. La stessa Costituzione stabilisce la possibilità che il resto delle
Comunità possano accedere alle competenze di titolarità statale o attraverso la Legge
Organica di ampliamento delle competenze o, trascorsi cinque anni, grazie alla
decisione della sua assemblea legislativa per la riforma dei loro statuti al fine di
ampliare le loro competenze all’interno del limite stabilito dall’articolo 149.
In seguito a quanto detto, dal momento in cui cambiò il modo di finanziamento
dell’assistenza sanitaria, fino a pochissimi anni fa, una volta approvati gli Statuti di
Autonomia delle 17 comunità esistenti, solo sette (Andalusia, Catalogna, Galizia e il
Paese Basco attraverso l’articolo 151, Canarie e Comunità Valenciana grazie alla Legge
Organica di ampliamento delle competenze, Navarra per quanto disposto nella Legge
Organica di Reintegrazione e Miglioramento delle Prerogative), potevano ricevere
15 Da "Tranferencias a las comunidades autònomos en materia de sanida y consumo" del Ministero di Sanità e Consumo, Madrid: Direcciòn General de Alta Inspecciòn y Relaciones Institucionales, 1994.
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trasferimenti in materia di sicurezza sociale, poiché le 10 rimanenti dovevano aspettare
che si compissero i requisiti costituzionali.
La situazione cambiò nel 1989, anno in cui l’assistenza sanitaria iniziò ad essere
finanziata dal bilancio dello stato per la maggior parte, in contrapposizione al sistema
precedente in cui era finanziato con quote della sicurezza sociale. Ciò significa che
l’assistenza sanitaria si separò dalla sicurezza sociale e, quindi, dall’ambito previsto
dall’articolo 149 e venne ad essere regolata dall’articolo 148 della Costituzione, che
permise a tutte le Comunità di accedere a tale competenza.
Rispetto ad INSALUD, invece, i trasferimenti sono stati fatti per le seguenti Comunità:
Catalogna, Andalusia, Paese Basco, C. Valenciana, Galizia, Canarie, Navarra e C.
Forale mediante un Decreto Regio.
3.2 La struttura del sistema sanitario nazionale
Il sistema sanitario non solo coordina le differenti attività sanitarie16, ma cerca anche di
integrare le diverse strutture e servizi pubblici in un unico sistema, che è l’insieme dei
servizi sanitari dell’amministrazione statale e di quelli delle comunità autonome.
Tale procedimento d’integrazione iniziò con gli ospedali dipendenti dal Ministero
dell’Educazione (ospedali clinico-universitari) e continuò con quelli della Croce Rossa,
quelli provinciali e con i centri dell’Antica Amministrazione Istituzionale della Sanità
Nazionale.
Le vaste competenze sanitarie delle CC.AA. portarono alla creazione del Consiglio
Interterritoriale del Sistema Nazionale di Salute, organo permanente di comunicazione
ed informazione dei diversi sistemi di salute con l’Amministrazione statale.
La legge dà ampio potere pianificatore alle CC.AA., mentre quello di gestione è lasciato
principalmente alle amministrazioni pubbliche. Relativamente al loro potere
pianificatore, le comunità autonome devono:
16 Da "Manual de Administraciòn y Gestiòn Sanitaria" di Fernando Lamata. Cap.8.
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1. dividere il territorio in aree di salute responsabili della gestione dei centri e dei
servizi in esso costituiti e dello sviluppo di attività sanitarie, sia nell’assistenza
primaria sia in quella specialistica;
2. elaborare un Piano di salute diretto al conseguimento degli obiettivi stabiliti dal
servizio di salute. L’insieme di questi piani di salute costituiranno il Piano
Integrato di Salute, che raccoglierà in un unico documento i piani statali, quelle
delle CC.AA. e quelli congiunti tra ogni comunità e amministrazione Centrale.
L’organizzazione dei servizi all’interno dell'area di salute è di competenza delle singole
CC.AA.
Le comunità autonome, in virtù della loro competenza in materia di igiene e sanità
stabilite dalla Costituzione, stabiliscono nei loro statuti autonomi come sviluppare la
legge quadro dello stato.
Tali statuti contengono un riferimento alle loro competenze e in generale al
coordinamento ospedaliero.
Nel Titolo III la Legge Generale di Sanità fa riferimento alla struttura del sistema
sanitario17:
1. art. 52: le CC.AA. dispongono degli organi di gestione e controllo del proprio
Servizio di Salute pubblico;
2. art. 49 e 50: le CC.AA. devono organizzare i loro servizi di salute;
3. art. 55: nell’ambito delle loro competenze le CC.AA. devono regolare
l’organizzazione, le funzioni e l’assegnazione dei mezzi, di persone e di
materiali in ogni servizio di salute;
4. art. 56: le Aree dì Salute sono le strutture fondamentali del sistema sanitario,
responsabili della gestione dei centri, dei servizi e programmi che in essi si
svolgono; inoltre si stabilisce che ogni C.A. deve costituirne alcune nel proprio
territorio, al fine di organizzare un sistema sanitario coordinato ed integrale;
l’unico limite fissato per la sua definizione è di un’Area per provincia e per una
popolazione compresa tra i 200000 e i 250000 abitanti;
17 Da "El Sistema Nacional de Salud" di Jose Luis Montes e Jesus Gil Redrado. McGraw-Hill-Interamericana. Cap. 2.
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5. art. 62: per essere più efficaci nel funzionamento e conseguire la massima
operatività le aree di salute devono dividersi in area base di salute, luoghi in cui i
Centri di salute18 svolgono le loro attività di assistenza primaria; ogni area di
salute è vincolata o dispone di almeno un Ospedale Generale.
Il SNS garantisce un’ampia e completa gamma di prestazioni sanitarie, dalla
consultazione medica e infermieristica (nell’assistenza primaria), al più complesso
trapianto degli organi. Si tratta di un insieme di servizi in cui si cerca di armonizzare la
prevenzione, le cure e la riabilitazione alle malattie e in cui, inoltre, si cerca di dare
maggior importanza alla protezione individuale e collettiva della salute.
I servizi forniti dal SNS sono contenuti nel DR 63/1995 e sono interamente a carico dei
fondi pubblici; se un Comunità Autonoma ritiene di offrirne altri gratuiti, può farlo, ma
attingendo alle proprie risorse economiche.
Il decreto specifica che se concorrerà qualcuna delle seguenti circostanze nelle cure o
attività, queste non saranno incluse nel servizio sanitario:
1. se non esiste sufficiente conoscenza scientifica sulla sicurezza ed efficacia
clinica;
2. se l’efficacia della prevenzione, del trattamento o della cura della malattia non è
sufficientemente provata, così come la speranza del miglioramento di vita,
l’eliminazione o la diminuzione del dolore;
3. se si tratta di attività di riposo, di sport o di miglioramento estetico.
I servizi garantiti dal SNS sono equivalenti a quelli forniti dai paesi più avanzati. Si
dividono in "atenciòn primaria", "atenciòn especializada" (assistenza specialistica),
servizio di farmacia e servizi complementari19.
La prima si svolge in consultori, in centri di salute e a domicilio, sia in regime normale
sia di urgenza. In essa sono inclusi anche programmi sanitari diretti a gruppi
determinati, in funzione del sesso e dell’età. Ci sono, per esempio, servizi per la donna,
per l’infanzia (educazione sanitaria e vaccinazioni), programmi preventivi di carattere
generale, etc. Una novità rispetto al passato è rappresentata dai servizi dentali dedicati
all’ infanzia. 18 I Centri di salute svolgono, attraverso lavori di squadra, tutte le attività dirette alla promozione, alla cura e alla riabilitazione della salute, sia individuale che collettiva, rivolta agli abitanti della Zona Base. 19 Informe SESPAS 1993: La salud y el sistema sanitario in Espana.
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La “atenciòn especializada” dà assistenza sia ambulatoriale, sia ospedaliera, in regime
normale e di urgenza (è incluso anche il ricovero psichiatrico). A queste cure si accede,
solitamente, in seguito all’assistenza primaria, che quindi può essere metaforicamente
intesa come la porta d’accesso a questo secondo grado di servizio.
Include diversi servizi: la emoterapia, la diagnosi attraverso sistemi radiologici (raggi
RX, tac, risonanza magnetica), la radioterapia, il trattamento della fertilità, le cure
prenatali, la frantumazione renale, i laboratori, la radiologia intesa come diagnosi e cura
(vedi angiologia), il controllo delle nascite.
I servizi di farmacia riguardano sia le medicine ospedaliere che extra-ospedaliere.
I servizi complementari, invece, si riferiscono a servizi di orto-protesi (quali i veicoli
per gli invalidi e le protesi), al trasporto sanitario (in caso di urgenza o d’impossibilità
fisica), a trattamenti dieto-terapici complessi (come i disturbi metabolici congeniti),
all’ossigenoterapia a domicilio.
Si è più volte parlato di assistenza primaria, specialistica e degli altri livelli in cui si
struttura il sistema sanitario spagnolo.
Vengono di seguito specificati meglio i diversi livelli:
• Assistenza primaria20
E' l’assistenza sanitaria alla quale si rivolgono in prima battuta i pazienti per cercare una
risoluzione ai loro problemi di salute, è quindi la prima assistenza offerta dal sistema
sanitario alla popolazione. In Spagna operano a questo livello medici generali, pediatri e
infermieri generali.
Con la Legge Generale di Sanità si stabiliscono alcune misure innovative del sistema.
Innanzitutto, vengono stabilite le unità territoriali di riferimento (l’area di salute,
struttura fondamentale del sistema nella quale confluiscono i servizi dei due livelli di
assistenza (primaria e specialistica), e l'"area basica" di salute, dove agisce e si
organizza l’assistenza primaria, come già precedentemente esposto).
Le aree basiche21 di salute rurali presentano un insieme di piccoli centri chiamati
consultori che corrispondono ai singoli comuni che costituiscono l'area basica di salute.
20 Da "Manual de Administraciòn y Gestiòn Sanitaria" di Fernando Lamata. Cap. 11. 21 Tratto dalla rivista "Prospettive Sociali e Sanitarie" n.16 del 1995.
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L’équipe di assistenza primaria è l’insieme degli operatori, sanitari e non, che erogano il
servizio di assistenza sanitaria primaria alla popolazione che risiede nell’ambito
territoriale dell’area basica di salute.
Il medico ed il pediatra lavorano in collaborazione con un’infermiera, dedicano circa
otto ore al giorno all’attività distrettuale per le visite ambulatoriali urgenti, le visite
programmate, le visite domiciliari programmate e la sezione di aggiornamento su casi
clinici (un’ora al giorno). Le visite domiciliari urgenti sono eseguite da un medico a
turno che per quel giorno è esentato dal lavoro di routine.
Nel Centro di assistenza primaria sono presenti alcune specialità (laboratorio, Rx,
riabilitazione, ginecologia, odontoiatria) in grado di eseguire sia prestazioni urgenti che
programmate, di supporto all’ attività di base.
Il Centro di assistenza primaria funziona abitualmente 12 ore al giorno e assicura la
copertura delle urgenze notturne e festive. L’équipe gestisce in modo collegiale i casi
più complicati e attiva, se necessario, il ricovero ospedaliero. In questo caso, l’utente è
indirizzato allo specialista ospedaliero competente per la decisione sulla necessità del
ricovero e per la prenotazione dello stesso. Allo stesso modo l’équipe di assistenza
primaria agisce da promotore dei percorsi assistenziali alternativi presso i centri socio-
sanitari, i centri di salute mentale e i centri designati per programmi sanitari specifici.
La struttura fisica e funzionale nella quale opera l’assistenza primaria è definita dalla
Legge Generale di Salute come il Centro di salute. Le sue funzioni sono:
1. ospitare le strutture per i consulti e i servizi personali relativi alla popolazione
assegnata;
2. facilitare il lavoro di squadra dei professionisti sanitari della zona;
3. migliorare l’organizzazione amministrativa dell’assistenza alla salute nella sua
zona di influenza;
4. ospitare le risorse materiali indispensabili per indagini complementari a quelle
disponibili nella zona;
5. servire come centro di riunione tra la comunità e i professionisti sanitari.
La squadra di assistenza primaria, definita come l’insieme di professionisti sanitari e
non che agiscono nell’area basica di salute, è composta da: medici generali, pediatri,
diplomati in infermeria, assistenti di zona e ausiliari di infermeria; farmacisti e
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veterinari; assistenti sociali; personale amministrativo; altri lavoratori a seconda delle
esigenze.
Le sue attività fondamentali sono:
1. realizzare le diagnosi di salute nella zona;
2. realizzare le attività per la promozione della salute, delle prevenzione delle
malattie e del reinserimento;
3. prestare assistenza sanitaria ambulatoriale, domiciliare e di urgenza alla
popolazione iscritta;
4. realizzare il servizio di farmacia;
5. prescrivere analisi complementari;
6. indicare ed autorizzare il passaggio alle differenti specializzazioni ambulatoriali,
ospedaliere o di urgenza;
7. dichiarare la situazione di incapacità lavorativa transitoria;
8. contribuire all’educazione sanitaria della popolazione;
9. valutare le attività ed i risultati ottenuti;
10. partecipare ai programmi di salute mentale, lavorativa e ambientale;
11. realizzare attività di formazione;
12. elaborare le statistiche sanitarie che le competono;
13. scrivere i certificati medici che le competono.
• Assistenza specialistica22
Secondo la Legge Generale di Sanità, l’ospedale si deve far carico sia dei ricoveri che
dell’assistenza specialistica e complementare richiesta dal suo bacino d’utenza.
I centri ospedalieri hanno funzioni assistenziali, di promozione della salute, di
prevenzione delle malattie, di investigazione e di insegnamento complementari a quelle
realizzate dai centri di assistenza primari.
L’assistenza specialistica si è sviluppata fondamentalmente su due livelli, quello
ospedaliero e quello extra-ospedaliero.
Per quanto riguarda il primo dei due livelli, la varietà e la dipendenza dei centri
ospedalieri portò alla duplicazione delle risorse assistenziali in alcuni casi, alla loro 22 Da "Manual de Administraciòn y Gestiòn Sanitaria" di Fernando Lamata. Cap. 12.
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carenza in altri e a un cattivo utilizzo in altri ancora, tutto ciò dovuto alla mancanza di
coordinamento. Per questo fu formulata una mappa sanitaria, con l’intento di rimediare
a tale situazione. Questa prevede una struttura territoriale con aree geografiche urbane e
rurali, attraverso le quali poter realizzare una medicina integrata, grazie all’utilizzo
armonico di tutte le risorse.
Il livello extra-ospedaliero riguarda l’assistenza specialistica prestata in forma
ambulatoriale al di fuori degli ospedali. Si sviluppò principalmente in seguito alla
creazione dell’assicurazione obbligatoria sulle malattie (1947-1948).
In seguito alla LGS gli ospedali pubblici si integrarono in un’unica rete, quella di
INSALUD.
Negli ultimi anni, sono state adottate differenti misure al fine di modificare i servizi del
servizio specialistico; si sono sviluppate forme alternative di servizi di assistenza, diretti
sia a migliorarne la qualità che a diminuirne i costi per aumentare la soddisfazione dei
clienti (creazione di unità di breve degenza per realizzare interventi chirurgici in regime
ambulatoriale; sviluppo di servizi ospedalieri a domicilio per l’assistenza di pazienti
terminali, cronici e chirurgici che non necessitano il ricovero; assistenza agli anziani
malati cronici); sono state applicate nuove forme di gestione dei centri (contratti
programma, determinazione di un portafoglio di servizi in ogni centro per poter
conoscere le attività degli ospedali e permettere accordi esterni, incorporazione di
professionisti sanitari nella gestione); è stato approvato un catalogo di servizi sanitari
del SNS per definire le modalità di assistenza che vengono considerate assistenza
specialistica, per stabilire le vie di accesso all’assistenza specialistica (assistenza
ambulatoria specialistica su indicazione del medico di assistenza primaria, assistenza
ospedaliera su richiesta del medico specialista o attraverso i servizi di urgenza), per
determinare il contenuto dell’assistenza ospedaliera (che comprende la realizzazione di
esami clinici, interventi chirurgici, il trattamento delle possibili complicazioni, la
riabilitazione).
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• Assistenza sanitaria d’urgenza23
I servizi d’urgenza sono utilizzati per:
1. richiesta di assistenza a domicilio;
2. richiesta di ambulanza per il trasporto di un paziente dal domicilio al centro
sanitario;
3. consulenza urgente in un centro di salute per una ferita, una distorsione, o
qualsiasi altra causa;
4. consulenza urgente in ospedale per un problema di salute che si presenta in
forma acuta e con una sensazione di gravità.
• I servizi farmaceutici24
L’assistenza sanitaria sei SNS include i servizi di farmacia. Tali servizi vengono offerti
attraverso la ricetta ufficiale fornita dalla Sicurezza Sociale, con il pagamento del
conferimento corrispondente per quanto riguarda i pazienti ambulatoriali, o in forma
totalmente gratuita, per i pazienti ricoverati.
3.3 Il finanziamento del servizio sanitario.
Prima del 1989 il SNS25 veniva finanziato soprattutto attraverso la partecipazione alla
spesa da parte dei lavoratori. Da tale anno la parte preponderante dei finanziamenti
arrivò dal bilancio dello Stato, che comprende anche la partecipazione “ad esaurimento”
della Sicurezza Sociale. Questa partecipazione è diminuita anno dopo anno e, nel 1997,
era solo del 15%.
Negli ultimi decenni, la spesa sanitaria totale nei paesi dell’Unione Europea è cresciuta
di quasi il 150%, arrivando a rappresentare, nel 1993, il 7,81% del PIL.
23 Da "Manual de Administraciòn y Gestiòn Sanitaria" di Fernando Lamata. Cap. 13. 24 Da "Manual de Administraciòn y Gestiòn Sanitaria" di Fernando Lamata. Cap. 14. 25 Bengoechea E. e Del Llano J. E. "Las cifras del sistema sanitario: el gasto sanitario y su evoluciòn en Espana (1980-1944). En: Informe SEPAS 1995. SG Editores. Barcelona, 1995.
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L’aumento della spesa sanitaria26 si può spiegare attraverso diversi fattori:
1. l’invecchiamento della popolazione;
2. il cambio degli agenti di mortalità;
3. i maggiori prezzi relativi del settore;
4. l’incorporazione di nuove tecnologie e l’utilizzo di quelle già esistenti.
Come conseguenza di tale incremento di spesa nei paesi dell’UE a partire dal 1975, una
volta raggiunto l’obiettivo di estendere la copertura sanitaria alla maggior parte della
popolazione, molti governi hanno elaborato riforme per i loro sistemi sanitari dirette al
contenimento dei costi relativi e al miglioramento dei loro sistemi. Infatti a partire da
questa data si osserva una diminuzione nel tassi di crescita delle spese sanitarie, sia
nella componente pubblica sia nella spesa totale.
Le soluzioni che hanno proposto gli esperti, e che sono state utilizzate, in sintesi sono:
1. misure sulla domanda: tra le quali i sistemi di partecipazione degli utenti al
finanziamento dei servizi sanitari (il ticket);
2. misure sull’offerta: sono quelle che sono state più efficaci per il controllo della
spesa sanitaria; sono strumenti di organizzazione e gestione diretti ai
professionisti sanitari per incrementare la loro efficienza.
Il sistema sanitario spagnolo è finanziato prevalentemente dalla fiscalità generale e
regionale e, in misura assolutamente trascurabile, da altre fonti.
26 Da "El Sistema Nacional de Salud" di Jose Luis Temes Montes e Jesus Gil Redrado, McGraw-Hill-Interamericana. Cap. 5; "El Presupuesto Sanitario en contexto de la Seguridad Social. Presupuesto y Gasto Pùblico (1993) di Sanfrutos N.
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Bibliografia
Bengoechea E. e Del Llano J. E., Las cifras del sistema sanitario: el gasto sanitario y su
evoluciòn en Espana (1980-1944). SG Editores, Barcelona, 1995
Gòmez A. R.. Instituto Juan March Estudios e Investigaciones, Descentralizaciòn y
Reforma sanitaria in Espana (1976-1994)
Informe S.E.S.P.A.S. 1993: La Salud y el Sistema Sanitario en Espana, S.E.S.P.A.S. e
Irdes, Eco Salud, OCSE 2004, 1° ed.
Lamata F., Manual de Administracion y Gestion Sanitaria
Ministero di Sanità e Consumo, Tranferencias a las comunidades autònomos en materia
de sanida y consumo, 1994
Montes J. L. e Redrado J. G., El Sistema Nacional de Salud, McGraw-Hill
Interamericana
Prospettive Sociali e Sanitarie, n. 16, 1995